La storia di Davide - Gli amici di Eleonora ONLUS

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La storia di Davide - Gli amici di Eleonora ONLUS
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Storia di
DAVIDE
I quaderni di Eleonora
Consenso informato e
accanimento terapeutico
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Finalità:
Offrire assistenza psicologica gratuita ai bambini gravemente malati ed alle loro famiglie. Fornire assistenza
legale gratuita alle vittime di abusi medici. Favorire il dibattito pubblico sui temi dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico, e in generale sulle questioni bioetiche.
Calata San Marco 4 · 80133 NAPOLI
Tel. 081 5513233 · Fax 081 5518092
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noidonne
n° 11 Anno 64
Edizione fuori commercio · Finito di stampare ottobre 2009
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Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 360
del Registro della Stampa 18/03/1949
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Tiziana Bartolini
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PRESENTAZIONE
Mina Welby
Voglio credere che il finire del giorno non sia altro
che la promessa di un’alba vicina,
voglio credere le tenebre della lontananza
altro non siano che un tenero presagio,
una trepida certezza carica di sofferta felicità,
di limpida gioia.
Piergiorgio Welby (13.12.1998)
Nel cimitero del mio paese nativo nelle Dolomiti ci sono tante piccole
tombe di bimbi, chi appena nato, chi morto di grave malattia. Molte erano le
storie che, ancora bambina, avevo sentito raccontare. Crescendo mi chiesi
sempre più spesso sul perché di queste morti non “opportune”.
Per ogni vita che cresce nel grembo materno sogniamo un futuro. È come
un seme che germoglia, fiorisce, diventa frutto. Una crisalide che nasconde
la farfalla.
Per il piccolo Davide fu diverso.
Davide, nelle sua terribile sofferenza, è diventato, a sua insaputa e suo
malgrado, un piccolo eroe. Nei suoi ottanta giorni di vita, in gran parte di terribile solitudine, non era accudito di continuo dall’affetto caldo di una madre,
ma era ostaggio per molte ore della tecnologia. Non trovo altro senso nella
sua breve vita che quello di essere diventato monito per l’umanità, perché
non infligga inutili sofferenze alle sue creature.
La sua famiglia, i suoi amici parlano oggi con la sua voce, “abbiate pietà
per noi, piccoli, che abbiamo solo il pianto per difesa. Se il nostro vivere, appena iniziato in inaudita sofferenza, è un morire imposto da matrigna natura,
lasciateci volare via e consolatevi con la presenza del nostro ricordo”.
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A MASSIMO E MARIA RITA
Claudio Lunghini e Margherita Rocco, Genitori di Eleonora
Quando abbiamo appreso dalla stampa nazionale del dramma che stavano
vivendo Maria Rita e Massimo Marasco, abbiamo ripercorso mentalmente i
terribili giorni trascorsi al capezzale di Eleonora, soli, abbandonati e spesso
umiliati ed offesi.
Maria Rita e Massimo hanno dovuto subire in sequenza il dramma di un
grave errore medico che li avrebbe privati in poco tempo del loro amato Davide, lo strazio di un’inutile accanimento terapeutico, fino a subire l’umiliazione
della revoca della patria potestà.
Per l’ennesima volta, un medico invece di rispettare il giuramento fatto, si
è rifugiato nella tecnica della “medicina difensiva” senza tentare il dialogo
con la famiglia e con loro scegliere la migliore soluzione terapeutica per il piccolo Davide, segnato da un’ingiusto quanto ineludibile destino.
Concluso il dramma con la morte del piccolo Davide, abbiamo immediatamente cercato un contatto con Massimo e Maria Rita per creare quella solidarietà e quello stato di empatia che solamente chi ha vissuto drammi tanto
devastanti può reciprocamente realizzare.
Ci siamo conosciuti ed è subito nata una reciproca stima ed amicizia; da
quegli incontri è nata l’idea di ricordare il sacrificio di Davide con alcune importanti iniziative: un Convegno Nazionale sul suo caso, un’Associazione che
porti il suo nome per la ricerca e lo studio sulla sindrome di Potter, la pubblicazione di un libro per rendere nota la sua storia.
Da Foggia parte inoltre un messaggio di speranze ed un’invito alle Isitituzioni, affinché non abbiamo più a ripetersi casi come questi.
Termini come alleanza terapeutica, appropriatezza delle cure, principio di
precauzione hanno un senso se la politica, gli operatori sanitari ed assistenziali
e le Associazioni di volontariato sapranno fare un passo indietro, cercare sempre e comunque il dialogo, evitare di rendersi invisi ai più quando si affrontano
le scelte del fine vita.
Quelli descritti sono principi troppo sensibili eticamente per essere regolamentati con rigore da norme di legge, l’art. 32 della Costituzione è il faro da
cui deve partire l’azione legislativa, il resto deve essere lasciato alla libera
scelta degli individui.
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Mai l’uso di un termine come “diritto lieve” fu più appropriato.
Le famiglie come le nostre non sono più disposte a subire attacchi tanto
ignobili come le accuse rivolte a Beppino Englaro e sua Moglie, o quelli subiti
a mezzo stampa da Maria Rita e Massimo, da tal On. Volontè, che giudicava
fatti senza conoscerli.
ESIGIAMO RISPETTO E DIRITTI!!!
Per questo è nata AMIDA che, con numerose altre Associazioni, con la Luca
Coscioni e Gli Amici di Eleonora, intendono ricordare e supportare il quotidiano
sacrificio di tanti piccoli indifesi, delle loro famiglie e di quanti li aiutano.
Essi sono i testimoni e gli ambasciatori della necessità di una grande rivoluzione culturale e morale che deve attraversare il Paese in tutti i suoi comportamenti.
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I GIORNI DI DAVIDE
Maria Rita Vigilante*
Era solo un controllo di routine. Ero al quinto mese, fino ad allora la gravidanza era andata bene. Ma le cose non andarono come avrebbero dovuto.
Mancava il liquido amniotico. Le cause, disse il ginecologo, potevano essere
la rottura del sacco amniotico o la mancanza dei reni del bimbo. Constatò che
non c’erano perdite di liquido e mi consigliò di restare a letto per una settimana. Se c’era un forellino nella parte alta della placenta, disse, tra una settimana il liquido amniotico sarebbe aumentato.
Passò una settimana, rifeci l’ecografia, ma la situazione non cambiò. Se
avessi voluto, mi avvertì il ginecologo, avrei potuto interrompere la gravidanza.
La cosa mi sconvolse. Ero confusa, cercavo una soluzione al problema.
Il giorno dopo, d’accordo con il mio ginecologo, mi rivolsi ad un noto ecografista della mia città, il quale dopo un’ora e mezza di ecografia, dopo aver
cambiato tre ecografi, mi disse: «Ora possiamo andare a mangiare perché ho
visto i reni».
Uscii dall’ambulatorio un po’ più sollevata ma con l’intenzione di sentire
un terzo parere.
Informandomi su internet scoprii che in questi casi si effettua l’oligoinfusione (una flebo di acqua fisiologica direttamente nella placenta), e di link in
link arrivo al nome di un professore di Roma specializzato in diagnosi e terapie
fetali.
Chi meglio di lui può dirmi cosa sta succedendo?, pensai.
Decisi di andare da lui non perché non mi fidassi del mio ginecologo, ma
solo perché a Roma c’era la possibilità di fare questa oligoinfusione che a
Foggia non fanno.
Arrivai nello studio di questo famosissimo professore e mi accorgo da subito di avere a che fare con un uomo molto cattolico. Il suo studio era pieno
di immagini sacre, statue della Madonna e riviste religiose. In sala di attesa
c’erano foto di bambini che questo medico aveva salvato o comunque aiutato
a nascere tramite la fecondazione artificiale. Non c’erano, aggiungo con il
senno di poi, le foto di tutti i bambini malformati che sono nati e poi morti grazie alla sua mancata diagnosi.
* Madre di Davide.
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Mi ricevette, gli spiegai tutta la situazione, e nel momento in cui gli parlai
di un possibile aborto lui andò su tutte le furie. «Chi le ha detto che deve abortire? Io ho salvato il 60% di bambini nati in oligoanidramnio, ho pubblicato
anche un libro. Non si preoccupi signora, risolveremo tutto».
Andammo in un’altra stanza e cominciò l’ecografia. Ammise che il liquido
manca ma sostenne che il bambino cresceva nella norma, cosa che solitamente non succede in questi casi. Mi disse che non riusciva a visualizzare la
vescica, ma che non dovevo allarmarmi perché la vescica è un muscolo, e
non si vede quando è vuota.
«Forse il bambino ha appena fatto la pipì», mi disse. Non fece nessun accenno alla mancanza dei reni, anzi aggiunse: «Senza liquido è difficile distinguere gli organi ma grazie al colore riesco a individuare le arterie renali, quindi
è meglio che ci vediamo presso il policlinico Gemelli per effettuare una oligoinfusione.»
Il 6 febbraio tornai a Roma.
Prima della flebo, un’assistente del professore mi fece una ecografia. La
mia prima domanda fu: «Riesce a vedere i reni?» e lei mi rispose: «Sì signora,
uno lo vedo, l’altro non ci riesco per via della posizione trasversale del bambino».
Dopo un po’ arrivò il professore, il quale rivolse la stessa domanda alla
sua assistente: «Hai visto i reni?», e lei gli risponde di si. Allora il professore le
fece i complimenti dicendole: «Hai visto?, sei diventata più brava di me!».
Successivamente mi fecero l’oligoinfusione e l’ecografia morfologica, eseguita dallo stesso professore, che alla fine mi disse: «Gli organi sono strutturalmente tutti presenti».
La stessa frase la ripeté a mio marito che era fuori dal reparto.
Dopo questa notizia io e mio marito decidemmo di portare avanti la gravidanza.
Il 27 di febbraio feci l’ultima ecografia a Roma.
Al policlinico Gemelli questa volta non c’è il dottore cattolico, ma un altro
medico che mi disse che il bambino pesava 1 Kg e che quindi cresceva più
della norma. Anche lui però non mi parlò affatto dei reni. Anzi, nella sua ecografia risultava presente la vescica.
Tornai a Foggia dove il mio ginecologo, dottor Zingariello, mi monitorava
ogni settimana. Agli inizi di aprile mi parlò della eventualità di far nascere il
bambino pretermine. Ne parlò con il dott. Magaldi della Utin, al quale raccontò
tutta la storia fetale e i suoi dubbi sulla presenza reale dei reni nel bambino.
Insieme decisero di farlo nascere il 28 di aprile in modo da non fargli correre grossi rischi per la prematurità.
Davide nasce il 28 di aprile, dunque.
Lo portano subito in terapia intensiva dove viene intubato e gli vengono
inseriti due drenaggi nella pleure.
Gli somministrano del surfattante per espandere i polmoni.
La situazione è grave ma nessuno dei medici presenti sembra accorgersi
della sindrome di Potter. La sera il medico di guardia ci riferisce che il bambino
dalla nascita aveva fatto solo 30cc di pipì ma, aggiunge anche che nei prematuri una insufficienza renale può essere normale.
Il giorno dopo il parto sono riuscita ad andare a conoscere Davide. È stata
l’esperienza più difficile della mia vita.
Di solito il primo approccio con un figlio è emozionante e pieno di gioia,
quello con Davide è stato doloroso.
Il bambino era pieno di tubicini e cerotti non riusciva ad aprire gli occhi. Il
suo materassino tremava e di conseguenza faceva saltare il suo corpicino. I
macchinari spesso suonavano e io, che non conoscevo niente di quel mondo,
mi allarmavo sempre pensando che quel suono stesse preannunciando la fine
di mio figlio.
Al di là di tutto però era bellissimo, bruno e pieno di capelli neri.
Potevo solo tenergli la manina e accarezzarlo all’interno dell’incubatrice.
Mi piacerebbe sapere se capiva che ero io in quel momento.
Solo dopo qualche giorno veniamo informati che Davide ha la sindrome di
Potter. I medici ci spiegano che con questa sindrome non ci sono speranze di
vita. Il primario dice che siamo degli egoisti se vogliamo salvare il bambino a
tutti i costi, che cominciando la dialisi avremmo consegnato il bambino ad
una vita d’inferno, ci chiede di lasciarlo morire in pace come avrebbe fatto lui
se Davide fosse stato suo figlio. Se ci fosse stata una sola possibilità di salvarlo, assicura, si sarebbe mobilitato a trasferirlo anche in capo al mondo benché intubato.
Il giorno successivo ci convoca telefonicamente in ospedale. Quando arriviamo ci dice che Davide respira autonomamente e che quindi è giuridicamente trasportabile. Ci chiede dunque di autorizzarlo per il trasferimento in
un ospedale in grado di dializzare il bambino. Ci parla dell’eventualità di trasferirlo al “Bambin Gesù” di Roma dove, ci dice, nove casi su undici erano arrivati al trapianto. Gli chiediamo se questi casi sono di sindrome di Potter e ci
risponde che sono bambini affetti da insufficienza renale. A questo punto gli
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facciamo notare che la sindrome di Potter non è paragonabile ad una insufficienza renale perché in questo caso tutto l’apparato urinario è assente. Restiamo comunque d’accordo che ci saremmo risentiti la sera.
Quando ci rincontriamo, il dott. Magaldi ci chiede di firmare il consenso al
trasferimento (senza sapere esattamente dove), agitandoci la penna sotto il
naso con molto nervosismo. Non firmiamo. Abbiamo bisogno di capire cosa
sta succedendo, fino al giorno prima eravamo stati invitati affettuosamente a
metterci l’anima in pace, ora vogliono che autorizziamo un trattamento sanitario che, per quello che ne sappiamo (e per quello che ci hanno detto fino ad
ora), non ha alcuna speranza di successo. Intendiamo chiedere qualche ora
di tempo per parlare con il primario del “Bambin Gesù” di Roma. Ci concede
questo tempo, chiedendoci di prenderci la responsabilità qualora fosse succeso qualcosa a Davide durante la notte.
Torniamo a casa ma. Due ore dopo arrivano i carabinieri che ci notificano
il ricorso che il dott. Magaldi ha fatto al Tribunale dei minori di Bari per avere
la potestà del bambino.
Detto, fatto. Ottiene immediatamente la potestà ma non trasferisce il bambino con la stessa velocità ma bensì 24 ore dopo senza neanche avvisarci.
Sappiamo del trasferimento quando il bambino è già in dialisi.
Quando abbiamo saputo che Davide era a Bari siamo andati su tutte le
furie.
Non abbiamo avuto il diritto nemmeno di sapere del trasferimento e quindi
di andare con nostro figlio.
E se Davide fosse morto durante il trasporto?
Non avremmo avuto il tempo neanche di salutarlo per l’ultima volta.
Abbiamo telefonato immediatamente all’ospedale Giovanni XXIII di Bari,
un gentile medico del reparto, il dottor Giordano, ci ha tranquillizati dicendo
che Davide era in dialisi e che la situazione, benchè grave, era sotto controllo.
La mattina seguente ci precipitiamo a Bari.
Quando arriviamo Davide era nella sua camera e per la prima volta riusciamo a vederlo nudo. Era pieno di piaghe, ematomi, aveva persino sul viso
una ferita da cerotto. Nel reparto di terapia intensiva di Foggia devono aver
pensato che era carne che sarebbe morta quindi che non era il caso di perdere
tanto tempo con le cure delle piaghe.
I medici e gli infermieri del Giovanni XXIII sono tutti molto bravi gentili e
premurosi. Si prendono cura di Davide, gli infermieri lo coccolano tanto da
comprargli anche un regalino (ma, purtroppo, il reparto non è adatto ad ospi-
tare un neonato nelle condizioni di Davide. Il bambino aveva bisogno di una
UTIN perché quando I bambini vengono estubati passano alla terapia sub intensiva non al nido o nel caso di davide al reparto di nefrologia).
La dialisi è soft e prolungata nel tempo, anche 10-11 ore.
Dopo qualche giorno il bambino, durante la dialisi, comincia a stare male,
non satura più bene.
Viene contattato un bravo neonatologo della Utin del policlinico il quale ci
dice che il bambino è in pre-agonia e che dobbiamo prepararci alla sua morte.
Davide in quella circostanza aveva bisogno di essere intubato, invece i
medici hanno ascoltato le volontà del suo tutore che ha chiesto di non intubare
(lo stesso dottore che voleva salvarlo: ennesima incoerenza).
Intanto Davide si riprende.
La dialisi continua ogni giorno tra alti e bassi, il bambino comincia a bere
un po’ di latte dal biberon e mostra sempre tanta vivacità.
Per venti giorni siamo stati pendolari perché nostro figlio Antonio non aveva
ancora finito la scuola poi, il 31 maggio ci siamo trasferiti a Bari.
Abbiamo trovato accoglienza presso un’appartamento messo a disposizione dall’Agebeo (Associazione Genitori Bambini Ematoncologici). Abbiamo
conosciuto il presidente dell’Associazione, Michele Farina, sua moglie Chiara
e altri loro amici, tutte persone splendide. Da questa associazione abbiamo
avuto un grande aiuto, anche un sostegno psicologico e tante coccole e regalini per I nostri figli, anche per Davide.
Questi giorni a Bari sono stati giorni duri, la mattina ci recavamo in ospedale con gli altri due bambini.
Quasi sempre Davide era in dialisi, allora non ci rimaneva che aspettare.
La maggior parte delle volte i bambini mangiavano in ospedale.
Nella camera di Davide non c’era un tavolo per far mangiare i bambini ma,
una scrivania colma di medicine dove facevo spazio per appoggiare il piatto.
In ospedale ci trattenevamo fino a sera. Visto che non avevo un posto per far
mangiare i bambini, decidemmo però di cambiare un po’ le abitudini.
La mattina andavamo in ospedale, a pranzo tornavamo a casa per poi tornare in ospedale fino a sera.
I bambini erano nervosi, il più grande girava tutto il reparto con i giocattoli
in cerca di un compagno di giochi.
Ma tutto questo al primario del reparto non andava bene, mi voleva in
ospedale 24h su 24h, voleva ricoverare anche gli altri due bambini, a lui non
interessava il mio stato di salute, del perché gli altri due bambini dovevano
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essere ricoverati in ospedale benché sanissimi, a lui interessava solo che qualcuno stesse sempre accanto a Davide perché non c’era abbastanza personale.
Io facevo il possibile, la sera non mi reggevo neanche in piedi ma, a quanto
pare, al primario tutto questo non importava, mi trattava come se io non avessi
il piacere di stare con mio figlio, come se io inconsciamente (come dissse un
medico) non volevo accettare questo figlio. Tutte cose assurde che andavano
ad aumentare la tensione nervosa.
Infieriva sempre contro di me, addirittura, un giorno, una dottoressa mi
disse che se di notte fosse entrato uno psicopatico e avesse portato via il
bambino, la responsabilità sarebbe stata mia.
Altri medici, decisamente più ragionevoli, mi dicevano di stare a casa con
gli altri bambini mentre Davide faceva la dialisi. Insomma una confusione totale, non facevo mai la cosa giusta.
Quando me lo permettevano, mi prendevo cura di Davide, facendo quello
che ogni mamma dovrebbe fare.
Gli cambiavo il pannolino, gli passavo la crema profumata sul corpo, gli
facevo bere un po’ di latte, ma oltre non potevo fare viste le condizioni del
bambino e alla rete di tubicini.
Quando lo tenevo in braccio o quando lo accarezzavo i valori del suo respiro e del battito cardiaco si stabilizzavano.
Nel frattempo il nostro avvocato Michele Vaira chiede e ottiene il 31 di
maggio dal tribunale dei minori di Bari il nostro reintegro della potestà genitoriale.
Per noi non è affatto una vittoria poichè il giudice ci ridà la potestà ma con
delle condizioni: avremmo dovuto seguire le indicazioni dei medici, altrimenti
ci sarebbe stata nuovamente revocata la potestà genitoriale.
Dopo la decisione del giudice di affidare il bambino al dott. Magaldi, la notizia è apparsa su tutti i giornali, da quelli locali a quelli nazionali, tutti i telegiornali hanno diffuso la notizia.
La trasmissione Primo piano trasmessa dalla Rai ha dedicato alla storia di
Davide una serata, Uno mattina ha dedicato un piccolo spazio.
Ci siamo trovati a dover affrontare giornalisti, telecamere, un mondo per
noi lontano. Alcuni giornalisti erano un po’ troppo invadenti altri invece erano
gentili e comprensivi. Comunque tutti ci hanno dato una mano e non possiamo
fare altro che ringraziarli.
Il 18 giugno Davide ha tre crisi respiratorie, io ero con lui.
I medici mi chiesero di uscire dalla stanza e poi cominciò un via vai. Per
circa un’ora nessuno mi ha detto cosa stava succedendo, poi finalmente la
porta si apre e la dottoressa di guardia mi dice che sono stati costretti a intubare il bambino.
La volta scorsa avevano chiesto il parere al suo tutore, questa volta non si
sono preoccupati di chiedere il mio parere, il parere di chi quel bambino lo ha
partorito.
Quella notte Davide viene trasferito presso la Utin del Policlinico di bari.
Un reparto eccezionale, medici preparati e con un grande cuore non solo
nei confronti di Davide ma anche nei confronti nostri.
Si instaura subito un buon rapporto, una dottoressa, a differenza del primario della nefrologia, mi convince ad andare a riposare, di tornare per un
paio di giorni a Foggia perché si rende conto che ero distrutta.
Il giorno successivo siamo stati convocati dal primario della Utin, il prof.
Nicola Laforgia.
Anche lui ci fa subito una buona impressione, ci parla con molta sincerità
senza farci illudere, è sempre molto disponibile a dare qualunque tipo di chiarimento, con lui non c’è stata mai nessuna discussione perché si è dimostrato
comprensivo da subito.
Nonostante gli orari stabiliti per entrare nella Utin, a noi dava il permesso
di rimanere finché volevamo.
Un giorno Davide ha estirpato da solo la cannula che serviva per la dialisi
e per le terapie così, finalmente, sono riuscita a prenderlo in braccio senza limiti, senza aver paura di tutti quei tubicini, l’ho potuto coccolare un po’ di più
abbiamo potuto fare delle foto, l’unico ricordo di Davide che ci rimane.
Passano i giorni e le condizioni di vita del bambino sembrano stabili tanto
che il nefrologo comincia a proporci di sottoporre Davide ad un intervento per
applicare un sondino nel peritoneo e di conseguenza iniziare la dialisi peritoneale.
Noi non siamo d’accordo, anche perché lo stesso nefrologo nei giorni precedenti ci aveva riferito che se Davide non fosse arrivato a 3 kg di peso non
si sarebbe potuto pensare di passare alla dialisi peritoneale. Davide pesava
intorno ai due chili e duecento grammi.
Nonostante la nostra disapprovazione abbiamo dovuto firmare il consenso
perché altrimenti il giudice ci avrebbe tolto nuovamente la potestà e Davide
avrebbe comunque subito l’intervento.
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Il problema più grande è l’anestesia, ma anche questa volta Davide ne
esce bene.
Il nefrologo comincia a parlare di dover iniziare la dialisi peritoneale, che
dovevamo imparare bene a farla noi genitori e che di lì a breve avremmo potuto portare Davide a casa.
A quel punto torniamo a Foggia, prepariamo il corredino, la carrozzina e la
camera per accogliere Davide con tutta l’attrezzatura per la dialisi.
Tutto inutile perché mentre eravamo presi da questi preparativi ci giunge
una telefonata dal policlinico: “Signora, oggi Davide sta male, ha cominciato
a vomitare sangue”.
Ci precipitiamo a Bari e ci rendiamo conto che è arrivata la fine.
La dialisi della mattina è stata sospesa per poi riprenderla nel pomeriggio.
Chiediamo al nefrologo un atto di umanità, di lasciarlo stare, di non riprendere la dialisi. Niente da fare!
Dopo un po’ riprendono la dialisi per terminarla nel giro di poco perché il
bambino stava male.
La mattina seguente le condizioni peggiorano anche a livello respiratorio.
È il 17 luglio.
La mattina del 18 luglio riceviamo una telefonata dalla Utin: “venite, Davide
sta male”.
Giusto il tempo di prenderlo in braccio per l’ultima volta.
Davide muore tra le mie braccia alle ore 5:00 del 18 luglio 2008.
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IL CASO DI DAVIDE MARASCO
Dr. Leonardo Zingariello
ANALISI DEL CASO MEDICO-GINECOLOGICO
La signora Maria Rita Vigilante, madre di due figli, un maschio e una femmina, partoriti con tagli cesarei (il primo per distocia cervicale e gestosi), nel
2007, all’età di 33 anni, è gravida per la terza volta (ultima mestruazione
19/08/07).
I primi controlli ostetrici fanno ridatare la gravidanza a circa -1,5/2 settimane, con impianto ed evoluzione della stessa nella norma.
Ma già nel corso della 14ª settimana di gravidanza si comincia ad evidenziare una riduzione del liquido amniotico (oligoidramnios), che viene confermato ad ogni controllo successivo.
Si prendono in considerazione le possibili cause dell’oligoidramnios: l’agenesia renale bilaterale (mancata formazione dei reni), la rottura precoce delle
membrane amnio-coriali e l’insufficienza placentare.
In un’epoca così precoce della gravidanza la causa più probabile è l’agenesia renale bilaterale, ma la difficoltà dello studio ecografico ostetrico, per la
stessa riduzione del liquido amniotico, induce la signora Maria Rita Vigilante
e suo marito Massimo Marasco ad intraprendere altre indagini di approfondimento.
La paziente si sottopone l’11/01/2008, in altra sede, all’ecografia morfologica, per lo studio della morfologia degli organi fetali.
L’esame evidenzia il severo oligoidramnios, l’assenza di malformazioni
fetali (compatibilmente con l’oligoidramnios stesso) e la presenza delle arterie
renali al Power Doppler, che, indirettamente, indica la presenza dei reni. L’indagine flussimetrica fa apprezzare una riduzione del flusso diastolico a livello
dell’arteria uterina (IP 2, 1) e la parziale riconversione del circolo sanguigno
all’estremo cefalico del feto (IP dell’arteria cerebrale media 1, 1). Il tracciato
flussimetrico del sangue nell’arteria ombelicale risulta nella norma. La conclusione dell’esame depone, quindi, per l’insufficienza placentare, cioè l’oligoidramnios può essere una conseguenza del cattivo funzionamento della
placenta.
Una successiva ecografia ostetrica, eseguita il 17/01/2008, alla 20ª settimana di gravidanza, in un diverso Centro ecografico, evidenzia un feto con
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sviluppo nella norma, l’oligoidramnios completo, la presenza delle arterie renali
fetali, ma non evidenzia la vescica fetale. Pertanto, alla paziente viene consigliato il completamento diagnostico mediante amnioinfusione (infusione di soluzione fisiologica nella cavità amniotica), per migliorare lo studio morfologico
degli organi fetali.
Tale indagine viene eseguita il 06/02/2008, presso l’Università Cattolica
Del Sacro Cuore, Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma, Istituto
di Clinica Ostetrica e Ginecologica, Servizio di Medicina Perinatale. Si infondono 300 cc di fisiologica, ottenendo un AFI post-amnioinfusionale di 118 mm.
L’esame evidenzia: biometria fetale nella norma, per un’età gestazionale
di 23 settimane. Vescica a piccolo riempimento. Visualizzata l’arteria renale
destra. Ombre renali apparentemente visualizzate, ma data la scarsa ecogenicità dovuta alla riduzione del liquido amniotico, non è possibile escludere
che tale reperto sia da attribuire alle ombre surrenaliche.
Il 27/02/08 la paziente si sottopone ad ulteriore controllo ecografico,
presso lo stesso Servizio di Medicina Perinatale, che fa evidenziare: stomaco
e vescica a piccolo riempimento.
L’amnioinfusione non si accompagna a scolo di liquido dai genitali e ciò
fa escludere la rottura delle membrane amniocoriali.
Alla 35ª settimana di gravidanza, epoca che determina una buona prognosi
per il neonato, in accordo con il neonatologo e con la signora Maria Rita Vigilante e suo marito Massimo Marasco, si decide di far nascere il piccolo Davide
mediante taglio cesareo, per ridurre il rischio delle complicanze dell’oligoidramnios.
Alla nascita, il 28/04/2008, Davide pesa gr 2050 e le indagini, prontamente
eseguite, fanno diagnosticare l’agenesia renale bilaterale.
Il neonato viene trasferito presso l’ospedale di Bari Giovanni XXIII, per
l’emodialisi, ma il 18/07/2008 si verifica il suo decesso.
L’esame autoptico del 19/07/2008 mostra, tra l’altro, l’agenesia dei reni
e dei surreni, bilateralmente, l’agenesia della vescica, l’emorragia alveolare
massiva bilaterale dei polmoni e alterazioni facciali (sindrome di potter).
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COMMENTO ALLA CONDIZIONE DI OLIGOIDRAMNIOS
Il liquido amniotico protegge il feto dai traumi esterni e dall’azione compressiva delle contrazioni uterine, perché consente la distribuzione uniforme,
su tutta la superficie del feto, delle variazioni della pressione proveniente dal-
l’esterno; crea, intorno al feto, una condizione termica costante e, infine, la
presenza di liquido amniotico tra la superficie fetale e la parete amniotica consente al feto la possibilità di movimenti ed impedisce il formarsi di aderenze
tra le parti fetali e la membrana amniotica (cosiddette briglie amniotiche).
Nelle primissime fasi di sviluppo della gravidanza, il liquido amniotico deriva direttamente dalla secrezione delle cellule di rivestimento della cavità
amniotica primitiva. Successivamente, per tutto il primo trimestre della gravidanza, il liquido amniotico proviene dal plasma materno e fetale, per trasudazione dai capillari sanguigni, negli spazi interstiziali delle membrane, da cui
si versa nella cavità amniotica.
Nel secondo trimestre di gestazione il liquido amniotico è secreto e riassorbito anche attraverso la cute del feto, almeno fino a quando l’epitelio superficiale di rivestimento rimane così sottile da mantenere visibile il derma
sottostante, che appare rosso perché ricco di vasi. Attraverso le pareti di questi, il plasma del sangue fetale trasuda senza difficoltà, perciò la composizione
chimica del liquido amniotico in questo primo periodo è pressoché sovrapponibile a quella del sangue materno e fetale ed il suo volume è correlato a
quello del feto.
Dunque, fino alla 20ª settimana di gravidanza, la produzione e lo scambio
del liquido amniotico avvengono attraverso la cute, l’apparato digerente e
quello renale del feto. Dopo la 20ª settimana permane la partecipazione degli
apparati digerente e urinario, si estingue, progressivamente, il passaggio del
liquido attraverso la cute, mentre si aggiunge la partecipazione dell’apparato
polmonare e del funicolo ombelicale, che si arricchiscono di spazi intercellulari,
attraverso i quali è possibile lo scambio tra il liquido amniotico e il sangue
materno e fetale.
Oggi abbiamo dati precisi sul volume raggiunto dal liquido amniotico nelle
varie epoche della gravidanza, grazie all’esame ecografico, innocuo perché
non invasivo, basato sugli indici di quantificazione SDP (single deepest pool)
o AFI (amniotic fluid index).
Si parla di oligoidramnios quando la quantità di liquido amniotico è inferiore a 200 ml prima del termine della gravidanza.
Le cause dell’oligoidramnios sono rappresentate dall’agenesia renale bilaterale e l’ostruzione delle vie urinarie, l’insufficienza placentare e la rottura
prematura delle membrane amniocoriali.
L’agenesia renale bilaterale e l’ostruzione delle vie urinarie sono una
causa precoce di oligoidramnios. In questo caso aumenta il rischio che si for-
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mino briglie amniotiche, le quali possono causare amputazione di piccole parti
del feto o deformità da compressione.
La causa più frequente di oligoidramnios è l’insufficienza placentare, con
ritardo di crescita intrauterina del feto (IUGR: intrauterine growth retardation).
In questo caso l’anomalia è prevedibile fin dalla 20ª settimana di gestazione,
ma si manifesta dopo la 30ª-31ª settimana.
Infine, ricordiamo la rottura delle membrane amniocoriali che può causare
l’oligoidramnios in varie epoche di gravidanza.
In tutte queste condizioni la vitalità del feto diminuisce progressivamente
e insorge l’ipoplasia polmonare. Conviene quindi non attendere il termine della
gravidanza e anticipare la nascita del feto, ad un’epoca di buona vitalità dello
stesso.
L’apparato genitourinario è uno dei sistemi in cui più frequentemente si
verificano anomalie congenite. Lo 0,65 % dei nati vivi presenta malformazioni
delle vie urinarie.
Sino all’avvento dell’ecografia, la gestione clinica di questa patologia era
basata sul suo riconoscimento post-natale e sui dati nefrologici derivabili nell’adulto.
L’utilizzo dell’ecografia ha rivoluzionato l’approccio diagnostico, permettendo il riconoscimento precoce delle patologie malformative ed un follow-up
della loro evoluzione già durante la vita intrauterina.
Per escludere o sospettare una anomalia dell’apparato urinario è necessaria la valutazione ecografia sistematica dei seguenti aspetti:
1) Quantità del liquido amniotico.
La riduzione del volume del liquido amniotico, senza altre patologie
che la possano giustificare (rottura prematura delle membrane o insufficienza placentare), può essere il primo segno di sospetto di patologia urinaria.
Dopo la 13ª settimana di gestazione l’urina fetale rappresenta uno dei
maggiori costituenti del liquido amniotico.
All’assenza precoce di liquido amniotico si associa la difettosa o
mancata formazione dei polmoni fetali (ipoplasia polmonare), che costituisce la complicanza più frequente e severa di tale patologia malformativa urinaria.
2) Visualizzazione della vescica fetale.
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CONCLUSIONI
L’incidenza dell’agenesia renale è circa 1:3000-1:10000 nati, con un rischio di ricorrenza nelle gravidanze successive del 2,5 %. È più frequente nei
maschi (2.5 a 1). L’agenesia renale monolaterale è più comune di quella bilaterale.
I reni contribuiscono a formare il liquido amniotico a partire dalla 14ª16ªsettimana.
L’agenesia renale bilaterale comporta ridotta produzione di liquido amniotico, determinando la sequenza dì Potter, caratterizzata da anomalie facciali,
malformazioni degli arti e ipoplasia polmonare.
La sindrome di Potter è il risultato di un grave oligoidramnios prolungato,
indipendentemente dalle cause della riduzione del liquido amniotico.
Le anomalie facciali comprendono una piega cutanea che inizia su ciascun
occhio e si estende alla guancia, lungo il canto interno;un naso ricurvo alla
punta; una depressione prominente tra il labbro inferiore e il mento; orecchie
ad impianto basso ed aspetto prematuramente vecchieggiante.
Le malformazioni degli arti comprendono un’anomala posizione delle mani
e dei piedi, iperestensione o curvatura delle gambe, piedi equini o fusi e lussazione dell’anca.
I polmoni sono piccooli ed ipoplasici e possono essere causa di morte
dopo la nascita, per insufficienza polmonare.
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Con l’ecografia transaddominale la vescica fetale può essere visualizzata a partire dalla 13ª settimana di gestazione, mentre l’ecografia
transvaginale consente di anticipare tale identificazione.
3) Visualizzazione dei reni fetali.
I reni sono visibili a partire dalla 14ª settimana, però non sempre sono
distinguibili; diventano più evidenti a partire dalla 20ª settimana.
4) Vascolarizzazione renale.
Mediante Color Doppler è possibile evidenziare il decorso delle arterie
renali a partire dall’aorta addominale.
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BIBLIOGRAFIA
DANESINO V. – ARDUINI D., Patologia malformativa fetale degli apparati urinario, digerente e
scheletrico. In: La Clinica Ostetrica e Ginecologica. Candiani G.B. – Danesino V. – Gastaldi
A. Ostetricia. Seconda edizione. MASSON, 194-196, 1996.
I quaderni di Eleonora I 3
FINE C. – DOUBILET P.M., Ecografia delle anomalie fetali genitourinarie. In: Atlante di ecografia
ostetrico-ginecologica. Volume 2. Fleischer A.C. – Romero R. – Manning F.A. – Jeanty P. –
Everette James A. Jr. MENARINI, 234-236, 1989.
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PANELLA I. – PANELLA M., Membrane fetali e liquido amniotico. Fisiopatologia. In: La Clinica
Ostetrica e Ginecologica. Candiani G.B. – Danesino V. – Gastaldi A. Ostetricia. Seconda edizione. MASSON, 58-59, 65-66. 1996.
JEANTY P., Rappresentazione ecografica della normale anatomia fetale. In: Atlante di ecografia
ostetrico-ginecologica. Volume 1. Fleischer A.C. – Romero R. – Manning F.A. – Jeanty P. –
Everette James A. Jr. MENARINI, 83, 1989.
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LA VICENDA GIUDIZIARIA
Avv. Michele Vaira
Il versante giudiziario della vicenda di Davide Marasco, pur nella sua relativa semplicità, ha destato non poco interesse nella pubblica opinione, suscitando polemiche per il trattamento riservato ai genitori del piccolo da parte
dell’Autorità Giudiziaria.
Due i provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni: il primo pochi
giorni dopo la nascita di Davide (10 maggio 2008), un’ordinanza urgente con
la quale si sospendeva la potestà parentale dei genitori e si nominava tutore
del minore il dott. Rosario Magaldi.
Il secondo provvedimento, di reintegra della potestà, fu emesso il 31 maggio 2008.
Entrambe le decisioni giudiziarie hanno sollevato un vespaio di polemiche
da parte dei mass-media e della società civile e di alcune personalità politiche,
di diversa sensibilità ed estrazione, per l’apparente assurdità del primo e per
i vincoli che, pur restituendo la potestà ai legittimi genitori, il Tribunale ha inteso porre sulle loro scelte.
Il provvedimento di sospensione della potestà, per quanto profondamente
ingiusto (Maria Rita e Massimo sono due ottimi genitori, prudenti e responsabili), è stato inevitabile, alla luce delle premesse che vi erano alla base: l’urgenza (che impone ai magistrati una decisione sommaria), la scarsa
conoscenza della patologia, l’inesatta informazione giunta dall’Ospedale di
Foggia.
Quest’ultimo elemento è la chiave di lettura del primo provvedimento: il
dott. Magaldi (poi nominato tutore) ha riferito al magistrato di turno che i genitori di Davide avevano “negato l’assenso” al trasferimento del piccolo presso
l’Ospedale di Bari, trasferimento necessitato dalle “gravissime condizioni” del
minore.
Questo dato, come sarà spiegato successivamente alla magistratura e alla
stampa, era inesatto, perché i genitori avevano solo chiesto dodici ore di tempo
per informarsi, capire, decidere quale fosse la strada migliore da percorrere.
Sulla base dell’urgenza, del pericolo di vita, dell’asserita riluttanza dei genitori a dare il proprio assenso, qualunque magistrato avrebbe deciso nello
stesso modo.
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Nei giorni successivi, il giudice titolare del procedimento, dott.ssa Celeste
Calvanese, giudice attento e scrupoloso, nel valutare la nostra istanza di reintegro nella potestà, ha deciso di incontrare i coniugi Marasco, al fine di conoscere le loro intenzioni, e ha assunto informazioni dai medici curanti
dell’Ospedale di Bari, dove era stato trasferito Davide in quel momento.
Il provvedimento di reintegro, giunto dopo pochi giorni, è stato nel bene e
nel male il frutto di queste attività “istruttorie” del Giudice.
Nel bene, perché la dott.ssa Calvanese ha conosciuto e apprezzato lo spessore umano dei coniugi Marasco, già ottimi genitori di altri due figli, restituendo
loro la potestà paretale, fino a quel momento sospesa e affidata al tutore.
Nel male, perché sulla base delle informazioni assunte dai medici di Bari
il Giudice ha inteso “prescrivere” ai genitori di “aderire” a tutte le indicazioni
dei sanitari.
Quest’ultima prescrizione, esercizio di prudenza del magistrato (virtù tanto
rara quanto fondamentale nell’esercizio della giurisdizione), si fonda anch’essa
(come il primo provvedimento di sospensione) su un’informazione, o meglio
su un parere, del tutto fuorviante di un medico. Così come il medico dell’Ospedale di Foggia aveva comunicato al magistrato un “mancato assenso dei genitori”, così i medici baresi hanno riferito al magistrato procedente che
risultava utile continuare ad accanirsi sul bambino (contrariamente a tutta la
comunità scientifica nazionale, che suggeriva una mera terapia del dolore).
In quei giorni a Bari abbiamo compreso il significato vero del termine “fanatismo”.
Qualcuno dei medici pensava di passare alla storia per aver stabilito il record di “sopravvivenza” (non di vita, sia chiaro) di un bambino nato con la sindrome di Potter. Altri medici parlavano con disinvoltura di un futuro possibile
trapianto.
Il fanatismo dei medici, che addirittura innanzi alle telecamere parlavano
di un bambino in condizioni “normali”, si è prontamente trasferito sulla
stampa: circolavano, infatti, storie false su ragazzi nati con la sindrome di Potter ormai maggiorenni, sottoposti felicemente a trapianti di organi, a medici
che ne avevano curati dozzine. Tutte fandonie.
Intanto, i genitori di Davide, la loro famiglia, i loro amici, cercavano di apprendere direttamente notizie e informazioni davvero scientifiche, da medici
e accademici di riconosciuta serietà, che liquidavano queste notizie per quelle
che erano, ovvero speculazioni.
Ho cercato invano di far convocare il Comitato etico dell’Ospedale, per discutere alla presenza nostra, del Magistrato del tribunale e dei nostri esperti
(tra cui il sen. Ignazio Marino), delle reali condizioni di Davide.
Tutto inutile. La dirigenza dell’Ospedale ha preferito negare questa possibilità, consentendo al fanatismo dei propri medici di occupare le prime pagine
dei giornali.
Un fanatismo successivamente trasferito agli ambienti più bigotti e privi
di scrupoli della politica italiana, che hanno strumentalizzato una vicenda
umana dolorosa per affermare la loro “cultura della vita” e la loro presunta
“cristianità” (dimenticando che tratti distintivi di quest’ultima sono la misericordia, la carità, il perdono, e non la violenza e il dileggio).
Grida ancora vendetta un vergognoso articolo di tale Luca Volontè, parlamentare della Repubblica, che invece di censurare i festini a luci rosse (a base
di cocaina) dei suoi cattolicissimi amici di partito, si è permesso di scrivere
un articolo dal titolo “L’incredibile cinismo di quei genitori di Foggia”.
Non lo abbiamo querelato solo perché inutile, essendo coperto dall’immunità parlamentare, avendo egli espresso il proprio farneticante parere su una
specie di giornale politico.
Ma è giusto che si sappia cosa quell’uomo ha avuto il coraggio di dire,
senza sentire la necessità, poi, di scusarsi:
«A Foggia è nato un piccino con la sindrome di Potter … un bimbo vivo
che respira da solo e vorrebbe scalare il mondo… sino all’età di dieci anni
dovrà sottoporsi a dialisi e poi sarà trapiantato e starà benone. I genitori vogliono consegnarlo invece alla morte. Non sarebbe giusto curarlo per dieci
anni per poi guarirlo, meglio accopparlo subito così si spende meno, si ha un
impiccio in meno… Davide vivrà, lo ha deciso il Tribunale e il medico se ne
prenderà cura, sempreché i genitori non montino una campagna per il funerale
del proprio figlio» (Liberal, 30 maggio 2008).
Ecco spiegate le “prescrizioni” del Tribunale. Comprensibili, considerato il
clima che si viveva in quei giorni.
Dal mio punto di vista, quello legale, l’obiettivo era comunque raggiunto.
Ristabilita la potestà e quindi la possibilità di scegliere il centro medico più
adatto, la prescrizione di consultarsi con i medici non era un ostacolo: il Tribunale non ci obbligava a consultare i medici di Bari, ma semplicemente “i
medici”.
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A Bologna, a Firenze, a Milano, a Genova avremmo trovato certamente dei
medici realisti, che non si ponevano come obiettivo di entrare nel Guinness
dei primati, ma semplicemente di limitare le sofferenze di Davide.
Non c’è stato il tempo di trasferirlo. Davide è morto il 18 luglio 2008.
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DOCUMENTI
[1] PRIMO PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE
PER I MINORENNI DI BARI
Il Tribunale per i minorenni di Bari, riunito in Camera di Consiglio in persona
dei Signori:
1) dott. Antonella Triggiani
Presidente
2) dott. Concetta Potito
Giudice
3) dott. Simona Fasano
Giudice Onorario
4) dott. Alessandro Costantini Giudice Onorario
letti gli atti relativi al minore Marasco Davide, nato il 28/04/08 a Foggia;
considerate le gravisime condizioni cliniche del minore che rendono necessario il suo trasporto presso un centro specializzato, già contattato dai sanitari
degli OORR di Foggia; considerato l’attuale mancato assenso dei genitori del
minore al trasporto dello stesso, ma valutata la necessità di procedere inaudita
altera parte e senza ulteriori approfondimenti del caso, se pur in via meramente cautelare in ragione della gravità ed urgenza della situazione; ritenuto
che la situazione sanitaria del minore, potrà richiedere numerose autorizzazioni ai vari trattamenti e che, in virù di tanto, sia pur in via meramente cautelare, i genitori vadano sospesi dalla potestà, con nomina di tutore provvisorio,
PQM
lette le richieste iniziali del PM ed applicati gli artt. 333 e ss. c.c., 23 e ss.
d. l. l. 448/88, 38 disp. att. c.c. e 737 e ss. c.p.c., così provvede in via provvisoria ed urgente:
1) sospende MARASCO MASSIMO e VIGILANTE MARIA RITA dalla potestà
genitoriale sul figlio minore MARASCO DAVIDE, come sopra generalizzato;
2) nomina tutore provvisorio …
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3) autorizza sin d’ora il trasferimento del minore presso il centro contatta[a cura del servizio sociale di Foggia, di concerto con gli OORR] to sai
sanitari che l’hanno in cura;
4 attribusce al presente decreto efficacia immediata;
5) manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza, le comunicaziale [?] al PM e le notifiche urgenti ai genitori, al tutore provvisorio,
al SS di Foggia, alla Direzione Sanitaria degli OORR di Foggia.
Bari, 10 maggio 2008
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Il Giudice estensore
Concetta Potito
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Il Presidente
Triggiani
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Davide è nato il 28 aprile agli Ospedali Riuniti di Foggia. Subito dopo la
nascita è stato trasportato in terapia intensiva neonatale per uno pneumotorace. Nelle ore, nei giorni successivi le notizie si sono susseguite, in un crescendo che ha via via eroso la speranza: Davide forse non ha i reni, Davide
certamente non ha i reni, Davide ha la sindrome di Potter. Nome simpatico
per una malattia terribile. I bambini affetti da sindrome (o sequenza) di Potter
non hanno i reni, hanno i piedi torti, non hanno o hanno poco sviluppati gli
ureteri e la vescica, hanno malformazioni al viso (facies di Potter) e, nel 60%
dei casi, malformazioni intestinali ed anorettali. Nel caso di Davide, a ciò si
aggiunge l’altissima probabilità di danni cerebrali per mancanza di ossigeno
durante il parto. La prognosi per la sindrome di Potter è “costantemente infausta” (R. Domini-R. De Castro, Chirurgia delle malformazioni urinarie e genitali, Piccin, Padova 1998, p. 96). Quasi tutti i bambini affetti da questa
malattia muoiono subito dopo il parto. Nel caso di Davide, le cose vanno diversamente. Il bambino sopravvive alle prime ore. Nei giorni successivi le sue
condizioni polmonari migliorano, fino a non rendere più necessaria la respirazione artificiale.
Nel raccontare i nudi fatti abbiamo tralasciato di riferire lo stato d’animo
dei genitori. Non occorre spendere molte parole: ognuno può figurarselo. I genitori di Davide passano dalla felicità per la nascita al dolore, alla speranza
che cerca di alimentarsi frugando nelle pieghe dei resoconti dei medici. I quali,
però, di speranze non ne lasciano. L’indicazione che ricevono dai sanitari è
chiara: un bambino con quella malattia non può sopravvivere, insistere sarebbe egoismo. Si rassegnano, comprendono. È doloroso, ma bisogna fare i
conti con la realtà. Quando Davide comincia a respirare da solo, la situazione
cambia di colpo. Ai genitori, che con non poca sofferenza hanno accettato una
situazione così disperante, si chiede ora di fare una scelta: evitare ogni ulteriore trattamento, oppure autorizzare la dialisi. Non è una scelta facile. Nessun
genitore vorrebbe arrendersi alla morte del figlio. Ma la dialisi è forse, in questo
caso, una forma di accanimento terapeutico. Una terapia dolorosa ed invasiva
che con ogni probabilità non eviterà a Davide la morte. I genitori sono confusi.
Non è facile passare dalla gioia al dolore alla speranza alla rassegnazione. Né
è facile capire cosa è bene e cosa è male per Davide. Chiedono tempo. Vorrebbero discuterne con il comitato etico dell’ospedale. Nella rivista eMedicine*
* http://www.emedicine.com/ped/TOPIC1878.HTM
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[2] PETIZIONE. UNA FIRMA PER DAVIDE
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si legge che nel caso di sindrome di Potter con pneumotorace “può non essere
indicato un ulteriore trattamento”, e che “la decisione dev’essere presa dopo
una discussione con i genitori”. Così vanno probabilmente le cose all’estero;
non in Italia. Nessuna discussione, nessuna riunione del comitato etico. Con
un atto di forza incomprensibile ed umanamente deprecabile, il primario del
reparto di terapia intensiva degli Ospedali Riuniti si rivolge al Tribunale per i
Minori di Bari per chiedere la sospensione dei genitori di Davide dalla potestà
genitoriale, ottenere di esserne nominato tutore e autorizzare, in quanto tutore,
il suo trasferimento presso un ospedale attrezzato per la dialisi. Viene accontentato. Con provvedimento del 10 maggio il Tribunale per i Minori di Bari sospende la potestà genitoriale dei genitori di Davide. La decisione è presa
“inaudita altera parte e senza ulteriori approfondimenti del caso”, dice il provvedimento. Che vuol dire: senza ascoltare i genitori di Davide e senza nemmeno chiedersi cos’è una sindrome di Potter.
Ora Davide si trova presso l’ospedale Giovanni XXIII di Bari. Vi è stato trasportato senza che i genitori venissero informati; hanno saputo dove si trovava
il figlio solo a trasferimento avvenuto. Ai medici dell’ospedale di Bari, persone
umane e premurose, non sono stati forniti i numeri di telefono dei genitori di
Davide.
Le condizioni di Davide sono attualmente disperate.
Non è facile, in situazioni così gravi e difficili, fare la cosa giusta. Sbagliare
è comprensibile, sempre; in questi casi lo è di più. Ma è difficile non scorgere
in alcuni passaggi della storia che è stata raccontata una incomprensibile insensibilità nei confronti di persone che si sono trovate ad affrontare un grande
dramma umano. Il provvedimento di sospensione della potestà genitoriale è
offensivo e umiliante, ed ha arrecato una grande sofferenza psicologica a persone già duramente provate.
Per questo chiediamo che il provvedimento venga sospeso e che venga
riconosciuto ai genitori di Davide Marasco il diritto di dire la loro sul futuro di
loro figlio e sui trattamenti medici cui sottoporlo.
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[3] IL NEFROLOGO: I GENITORI DEVONO ESSERE CONSULTATI
IL MAGISTRATO: NON DIAMO VERSIONI PARZIALI DEI FATTI
«Nel prendere decisioni così importanti e gravose per la famiglia, come la
dialisi, che riguardano la vita di neonati con gravi malformazioni, serve sempre
il consenso dei genitori». È il parere del nefrologo Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, in merito alla vicenda del neonato pugliese affetto
da sindrome di Potter.
«La maggior parte dei neonati con questa sindrome – spiega Remuzzi –
muore in utero anche perché all’assenza dei reni sono associate altre malformazioni. Per coloro che sopravvivono, ci sono altre complicanze polmonari,
che determinano frequenti infezioni», sottolinea l’esperto nefrologo. «Il trapianto di rene – aggiunge – potrebbe in teoria essere una prospettiva ma non
è possibile prima dei 24 anni e finora nessun neonato con questa sindrome è
arrivato alla sostituzione d’organo. Per tutte queste ragioni – sottolinea il nefologo lombardo – le decisioni mediche vanno prese con i genitori, che dovranno essere convinti delle scelte da fare. Ci sono genitori che farebbero
qualunque cosa se ci fossero prospettive, ma quando non ce ne sono occorre
grande prudenza e comunque avere sempre il loro consenso».
Sulla delicatissima vicenda, che investe molteplici profili giudiziati, etici,
religiosi e scientifici, interviene la presindente dell’Associazione nazionale magistrati di Bari, Isabella Ginefra, che mette in guardia da rischi di «accuse facili»
ai giudici: «Ho appreso la notizia di stampa – afferma il rappresentante della
magistratura associata -, corredata con titoli di forte richiamo ma a mio parere
poco rispondenti ai fatti. L’impostazioen giornalistica della notizia non prende
in considerazione anche il punto di vista dei colleghi del Tribunale per i minorenni, che hanno emesso il provvedimento in questione».
In altre parole, il presidente della giunta distrettuale barese dll’Anm ribadisce che «si rischia di dare una versioen dei fatti parziale» e che la decisione
è stata adottata «non da un singolo giudice ma da un collegio che ha amesso
un provvedimento, non dimentichiamolo, cautelativo per il minorenne, insomma urgente e in quanto tale non definitivo».
La dottoressa Ginefra, che è pubblico ministero presso la Procura della
Repubblica di Bari, ammette che «i giudici non possono parlare dei provvedimenti che adottano» e che «questa regola, che è una norma di legge, rende
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Carlo Stragapede | La Gazzetta del Mezzogiorno, 29 maggio 2008
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obiettivamente meno facile il lavoro dei giornalisti di acquisire le notizie. In
ogni caso – evidenzia la presidente dell’Anm – l’Associazione che rappresento,
e che si appresta ad affrontare l’argomento nella prossima riunione della
giunta, invita i giornalisti alla cautela nella impostazione delle notizie riguardanti decisioni della magistratura, soprattutto quando riguardano argomenti
particolarmente delicati», conclude la dottoressa Ginefra.
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[4] «MA LA FAMIGLIA NON PUÒ ESSERE ESCLUSA»
Senatore Pd, chirurgo, trapiantologo, esperienza di sala operatoria in Italia
e negli Stati Uniti da dove è rientrato per Palazzo Madama. Ignazio Marino,
se da specialista venisse chiamato al giudice per un parere che cosa direbbe?
«Direi che è una situazione incompatibile con la vita. Oltre alal dialisi, questo neonato deve essere aiutato a respirare in modo artificiale. E questo almeno fino ai 9-10 chili di peso. Solo allora vi sarebbero le condizioni minime
per un trapianto di reni. In letteratura scientifica, però, nessun neonato colpito
dalla sindrome di Potter risulta arrivato al momento del trapianto».
Quindi?
«Quindi, a mio avviso, il quesito è soltanto giuridico. Ma di accanimento
terapeutico, in base alle più aggiornate conosenze, in questo caso si può parlare. E non si possono certo escludere i genitori, una volta chiaramente affidati,
dal partecipare alla decisione».
Negli Stati Uniti che cosa avrebbero fatto?
«Quello che si fa normalmente di fronte a queste situazioni: includere i genitori nella decisione, spiegando il percorso ipotizzabile a tre giorni, tre settimane, un mese... I genitori vengono aiutati a decidere se accettare l’uso di
tecnologie sproporzionate rispetto al risultato che ci si può attendere. Peraltro,
la diagnosi certa si può avere alla ventesima settimana di gestazione. I medici
già allora dovrebbero informare i genitori».
Secondo i punti di vista, si tratta di «lottare fino all’ultimo per salvare una
vita» o di «prolungare un’agonia». Quale definizione è più adatta?
«Se il neonato di Foggia ha una sindromne di Potter, io direi la seconda».
Ma proprio non è possibile sperare?
«Il problema non sono solo i reni mancanti ma anche gli ureteri (i condotti
che uniscono i reni alla vescica, nrd) e la vescica. Cioè l’intero apparato che
fiorma la pipì, per usare termini comuni. Il feto, com’è noto, non respira con i
polmoni che entrano in funzione solo al momento della nascita. Ora, la loro
maturazione avviene grazie al liquido amniotico in cui galleggia il feto e che
è formato proprio dall’apparato urinario fetale. Quindi, con un Potter, non si
forma il liquido che permette la maturazione dell’apparato respiratorio. In conclusione, alla nascita il bimbo non riesce nemmeno a respirare. Solo le macchine lo tengono in vita. E, per arrivare al fatidico trapiantoo deve almeno
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Mario Pappagallo | Corriere della Sera, 29 maggio 2008
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toccare i 9-10 chili. Particolare non insignificante, in un neonato l’ago per la
dialisi va inserito o in un grosso vaso o addirittura nell’atrio destro del cuore.
Speranze? Un miracolo».
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[5] LE MONTAGNE RUSSE DELL’EMOZIONE
Sei lì, davanti a una scatola rettangolare di vetro. Dentro, pochi centimetri
di tuo figlio, il cappellino di lana, i tubicini che finiscono con le «farfalline» e
gli aghi piantati negli arti, gli apparecchi di cui hai imparato il nome e anche
a cosa servono: l’ambu, il saturimetro... Da giorni lo stesso rituale: stai lì,
aspetti, guardi con affetto, accarezzi con gli occhi, ti agiti se un macchinario
incomincia a emettere un suono d’allarme, interroghi con lo sguardo medici
e infermieri, ti innervosisci se non ti sembrano abbastanza celeri nel rispondere alle tue mute richieste d’aiuto.
In questi giorni hai imparato anche che alle domande non si hanno risposte. Non le capisci, non le capiresti. Sai soltanto che tutte le speranze, i sogni,
le fantasie che avevi riposto nell’immediato futuro sono svanite, cancellate da
una sindrome che ha il nome di un maghetto e che a te, ma soprattutto a lui,
ha riservato il peggiore degli incantesimi: Potter. I medici da giorni ti dicono
che non c’è nulla da fare, anzi sì, che forse ce la fa ma bisogna aspettare, che
devi avere fiducia, ma senza farti illusioni, che puoi sperare. Le montagne
russe dell’emozione rischiano di portarti al corto circuito nervoso. Ti fai forza,
cerchi di far coraggio a tua moglie che a sua volta vive le tue stesse emozioni
decuplicate dal fatto di esser mamma e vuole esserti d’aiuto nel difenderti dal
ciclone che ha spazzato la vostra vita.
Ti hanno detto che non bisogna più chiedere: «Come sarà? Che vita avrà
mio figlio?». La parola «sano» ti hanno imposto di dimenticarla. L’unica domanda ammessa, che però resta inutile perché nessuno può darti risposta
certa è: «Ce la farà?». Lo vedi lì, nella sua cassetta di vetro, e speri che lui benché così piccolo - abbia la forza e il coraggio che a te stanno iniziando a
mancare.
E ti interroghi se è vita e che vita puoi offrire, può offrire questo mondo, a
chi nasce senza reni, ureteri e vescica. A chi ha i piedi torti e non potrà né
correre né camminare. Vedi gli altri neonati ed è evidente che sono diversi. Ti
trovi a pensare che tuo figlio non potrà giocare come gli altri, con gli altri. Lo
guardi e a volte pensi che senso abbia il calvario che sta vivendo, martoriarlo
con gli aghi che lo bucano come un puntaspilli perché non trovano le arterie,
infliggergli ogni sorta di (necessario) fastidio. Sai che non soffre perché è sedato, ma «senti» il suo dolore, i suoi lamenti.
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Mario Celi | Il Giornale, 29 maggio 2008
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I quaderni di Eleonora I 3
Poi - dopo un mese - ti vengono a parlare di una possibilità, di una cura
lunga e difficile, ma anche di una speranza. L’ennesima, dopo che te le avevano tolte tutte. E mentre ti interroghi, non sai decidere, cerchi una risposta
tra cuore e cervello e ti rendi conto della tua pochezza, di quanto sei in balìa
degli altri, di quanto poco conosci e sai, ecco che un giudice dice che non sei
un buon genitore, che non lo è tua moglie, che il medico ha ragione «a prescindere», che non esiste accanimento terapeutico, che di certo non si fa sperimentazione sulla pelle dei neonati. Che decide lui, magistrato, e non tu padre,
non tu madre.
E allora continui a star lì davanti a quella cassetta di vetro, con lo sguardo
assente e il sorriso un po’ ebete, a guardare tuo figlio e ad aspettare. Che i
medicinali funzionino, che lui inizi a rispondere alle cure, che avvenga il «miracolo». Che qualcosa accada. Non sai cosa fare, non puoi far altro.
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[6] DAVIDE E LA BIOPOLITICA
Il dottor Depalo, direttore dell’unità che ha in cura Davide, sprizza ottimismo. Intervistato da Studio Aperto, dice che si tratta solo di attendere che il
bimbo cresca, per fargli un bel trapianto di reni. Non è attestato un solo caso
di bimbo affetto da sindrome di Potter che sia vissuto fino al trapianto, ma
questi sono dettagli, dati di fatto cui non è il caso di dare troppa importanza.
Di fatti si muore. Abbiamo bisogno di immergere la nostra vita nella speranza,
nel mistero, nella grazia. Nell’imprevisto, nel miracolo. Così tutto diventa più
bello, più colorato. Più commovente. Pare già di vederlo, Davide, bello grande,
con il suo rene in prestito. Davide che esce con la fidanzatina, Davide che
gioca al pallone, Davide che va a trovare il dottor Dipalo e gli dice grazie, grazie
di aver sperato.
Lunedì scorso l’ho incontrato di sfuggita, il dottor Depalo. Ha detto che voleva parlare con me, perché questi sono problemi di cui i medici devono parlare con i filosofi.
I medici, i filosofi.
Una volta - scrive Foucault nella sua Storia della sessualità (volume I: La
volontà di sapere), il potere aveva il diritto di prendere: di afferrare ricchezze,
beni, tempo e, al limite, la vita. Il potere condannava a morte. Uccideva. A partire dall’età classica, nota ancora Foucault, il potere ha subito però una trasformazione. Non è più soltanto un potere che sottrae, che toglie; è un potere
che dà, che gestisce, che regola. Il vecchio potere toglieva la vita, il nuovo potere la dà. Una volta il potere faceva morire, oggi fa vivere. Questo potere, che
Foucault chiama biopolitica, ha due forme: l’anatomo-politica, ossia il controllo
e l’addomesticamento del corpo umano, e la bio-politica della popolazione,
che regola la vita, la salute, la longevità eccetera di una intera popolazione.
«È ora sulla vita e lungo tutto il suo svolgimento che il potere stabilisce la sua
presa; la morte ne è il limite, il momento che gli sfugge; diventa il punto più
segreto dell’esistenza, il più ‘privato’»1. Il punto più segreto. Una zona d’ombra
* (http://minimokarma.blogsome.com)
1
M. Foucault, Storia della sessualità, volume I: La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 2005, p. 122.
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Antonio Vigilante | Minimo Karma* , 29 maggio 2008
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I quaderni di Eleonora I 3
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che sfugge al potere; un angolo di mondo non illuminato dalla ragione. Una
carogna, la morte: oggi più che mai.
La lotta di un medico contro la morte è segnata anch’essa, oggi, dalla biopolitica. È lotta del potere contro ciò che ostinatamente resiste ad esso.
Un ulteriore cambiamento, legato alla nascita della biopolitica, è per Foucault
il passaggio dalla legge alla norma. La legge punisce: chi la trasgredisce paga,
al limite, con la vita. La norma non può essere armata. La biopolitica amministra la vita, non minaccia la morte. Ed ecco allora la norma, che non condanna, ma regola, amministra, misura; «l’istituzione giuridica s’integra sempre
di più ad un continuum di apparati (medici, amministrativi, ecc.) le cui funzioni
sono soprattutto regolatrici»2. Un continuum di apparati. Il giudice, il medico.
Non il filosofo, probabilmente.
Un bimbo nasce con una malattia mortale. Senza scampo. In tempi di potere, lo avrebbero lasciato crepare in pace. In tempi di biopolitica, la morte va
combattuta, la vita amministrata. Anche quella di quel bambino. Anche se si
sa bene che non ha speranze. Che nessuno si metta in testa di morire senza
autorizzazione. Di sfuggire al potere. Il medico è l’agente del biopotere incaricato di amministrare la vita del bimbo. Se incontra ostacoli, ricorre al giudice.
Anche il giudice amministra la vita. Fa parte dello stesso apparato di biopotere.
Un continuum, dice Foucault. Non c’è da meravigliarsi che agisca con tanta
sicurezza. Quasi con sdegno, si direbbe. Chi osa ostacolare l’amministrazione
della vita? C’è davvero qualcuno così folle da desiderare che la morte sia semplicemente la morte?
Il provvedimento con il quale il Tribunale per i Minori di Bari ha tolto la
patria potestà ai genitori di Davide è un atto di esecrazione. Il che non vuol
dire, soltanto, che è una gravissima umiliazione. Vuol dire che pone i suoi destinatari al di fuori della sfera del sacro. La madre di Davide ha voluto fortemente il figlio, anche a costo di grandi sacrifici; lo ha portato in grembo per
otto mesi, lo ha partorito a rischio della sua stessa vita. Il senso comune riconosce nel legame tra la madre e il figlio qualcosa di prezioso, di poetico, di
misterioso, anche. Di sacro. Ora quel legame viene spezzato con un atto politico. È intervenuta una colpa, che rende la madre indegna. E questa colpa,
questa ybris è l’esitazione nel riconoscere alla biopolitica la presa sulla vita
umana. Non è possibile alcuna discussione, su questo punto. Nessuno può
mettere in dubbio il diritto dei medici e dei giudici - il continuum della biopo2
Ivi, p. 128.
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La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
litica - di amministrare la vita umana. Essi sono i difensori della sacralità della
vita. La vita è sacra nella misura in cui sta nella campana di vetro della biopolitica. È sacra fin dal concepimento, come assicura il prete (che è anche lui
parte del continuum). Chi lo nega - o esita - sta al di fuori del sacro. È esecrabile. Ed esecrato. Così Welby, così i genitori di Davide.
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[7] LETTERE AI GENITORI DI DAVIDE
I quaderni di Eleonora I 3
Stefano Lorenzetto*
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Leggo su The Merck manual, il testo medico di dignosi e terapia più consultato al mondo: «L’agenesia renale bilaterale è incompatibile con la vita».
Ma Davide ha appena un mese, non ha letto il manuale Merck, e ci dimostra
che l’agenesia è compatibile con la sua vita. Lo ha deciso in solitudine il 28
aprile, il giorno in cui è nato senza reni. Quando ha rischiato di non farcela,
hanno deciso per lui prima i medici e poi un giudice, revocando la patria potestà ai genitori che non erano in grado di dedicere sulle cure emergenziali.
La vedova Welby, l’associazione Luca Coscioni, e chissà chi altri nelle prossime
ore, vorrebbero che venisse restituita a papà e mamma l’autorità di decidere
per Davide.
A chi tocca decidere sulla vita? Ai medici, vien da rispondere. Sono loro I
manutentori della vita. Bisogna lasciar fare a chi sa fare. Non ci affidiamo forse
ai piloti d’aereo per volare sul mondo? O agli ingegneri per essere certi che le
case stiano su? Eppure alla fine ogni volta mi dico: a nessuno. Non ce l’ha
nessuno questo potere di decidere della vita propria e altrui. Già facciamo fatica a decidere delle nostre cose: quali studi intraprendere, come educare un
figlio, persino che vestito indossare. Figurarsi sul bene supremo. La vita non
è mia, non è tua. Noi, I provvisoriamente viventi, possiamo solo trasmetterla.
Preservarne lo stampo, credetemi, è già tanto. Siamo uomini preistorici che
mantengono acceso il fuoco. La vita è questa: il fuoco che si spgne senza mai
estinguersi. Perciò non chiedetevi, quando la fiamma s’affievolisce con l’avanzare degli anni o appare un baluginio fin dal suo primo apparire, se sia giusto
soffocarla definitivamente, un soffione e via. Chiedetevi piuttosto in che modo
ravvivarla.
AI genitori di Davide, che non riescono a intravedere questo lumicino nel
buio dell’ora presente, vorrei raccontare di un bimbo gravemente malformato
di cui mi parlò suor Giuliana Galli del Cottolengo. Secondo i medici sarebbe
dovuto sopravvivere poche ore. Il padre disse alla madre che era nato morto.
Invece quelal creatura si sviluppò, crebbe, si dimostrò intelligente, trovò una
volontaria che lo adottò e lo amò nonostante il particolare aspetto fisico.
* Editorialista
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Non decidete per vostro figlio. Non potete farlo. La vita di Davide non vi
appartiene, e non certo perché così ha decretato un giudice: non vi apparteneva già più nell’attimo in cui gliel’avete regalata.
Cara Maria Rita e Massimo,
io vedo la cameretta che avevate preparato. Vedo i completini e il fasciatoio
e la pasta di Fissan accanto alle pile di pannolini. Vedo i peluche e i regali dei
parenti: scarpine e vestitini che non userete mai. E questo mi basta a dire che
il vostro dolore è troppo grande perché nessuno si possa mettere tra voi e il
vostro bambino, nato malato un mese fa.
Io non so cosa farei al posto vostro perché nessun genitore sa cosa farebbe
al posto vostro. Vi hanno detto che la vita delpiccolo Davide è segnata. Ha la
sindrome di Potter, è senza reni, ureteri e vescica, ha malformazioni polmonari
che non lo faranno vivere. Di voi non so altro se non ciò che scrivono i giornali
di ieri. Ho letto i pareri dei medici: qualcuno dice che solo un miracolo può
salvare Davide. Altri che i pochissimi sopravvissuti con questa malattia muoiono dopo qualche settimana. Altri ancora che si può tentare un trapianto al
raggiungimento dei 9-10 chili di peso, ma nessun bimbo è vissuto così a lungo.
Fino ad allora, comunque, la vita di Davide sarà un calvario di tubicini e cateteri
infilati fino a dentro il cuore per fare 12 ore di dialisi al giorno.
Ognuno dica pure la sua. Tanto si sa che in queste cose la verità non esiste.
Se ci fosse una sola verità, se fossimo certi della vita o della morte di Davide
non saremmo qui a parlarne. Si tratta di lottare fino all’ultimo per salvare una
vita o di protrarre un’inutile agonia? Nessuno lo sa. Almeno io non lo so.
Io non so cosa farei, ma una cosa la so cari Maria Rita e Massimo: io sto
dalla vostra parte. E penso che nessun giudice può imporvi di sottoporre il
bimbo alla dialisi. Nessun giudice può nominare un tutore senza neppure avvisarvi. Perché poi? Perché avete preso tempo per decidere. Siete stati tropo
lenti.
Nessuno è padrone della vita del proprio figlio. Neppure voi lo siete. Figuratevi se possono esserlo un giudice, la burocrazia e lo Stato. Lo stesso Stato
che da una settimana impedisce il riconoscimento di una bambia nata ad Alessandria. La madre è in coma. Il padre uccel di bosco. I nonni vorrebbero por* Giornalista
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Caterina Soffici*
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tarla a casa e tenerla con loro. Ma la piccolina rischia di finire in un istituto
perché giuridicamente non è figlia della donna che la portava in grembo
quando è stata investita da un’auto pirata e ridotta in fin di vita. Per al legge
la bimba non è figlia di nessuno.
La stessa legge che vi impedisce di decidere la sorte di vostro figlio.
I quaderni di Eleonora I 3
Giordano Bruno Guerri*
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Carissimi – e non per modo di dire – Maria Rita e Massimo, alla vostra disgrazia si aggiunge quella di vivere in uno Stato schizofrenico. Il quale, per
esempio, sequestra due bambini ai genitori per un disegno osceno ma lascia
ogni giorno migliaia di piccoli rom in balia delle loro famiglie, che li usa per
furti e accattonaggio. Uno Stato schizofrenico, che consente l’aborto di un feto
già formato e perfettamente sano, ma non consente a nessuno la libera scelta
di morire quando la vita che gli rimane è soltanto dolore e impotenza. Uno
Stato con un sistema sanitario malato, che non è sempre in grado di leggere
malformazioni gravissime in un’ecografia, ma che vuole tentare la cura di un
bambino incurabile.
Alla vostra disgrazia si aggiunge – anche – essere diventati un caso, sul
quale si eserciteranno le compatte schiere di favorevoli e contrari, di esperti
di tutti e di esperti di niente. Anch’io, come vedete, che però non so proprio
cosa dirvi. Diciotto mesi fa, prima che nascesse il mio primo figlio, allora sì
che lo avrei saputo. Vi avrei detto di risparmiare, a un essere indifeso e che
certamente amate più di voi stessi, le sofferenze fisiche e mentali di una vita
straziata. Oggi che quel mio bambino è nato, non saprei che fare, al posto vostro. E per questo vi parlo di me, ché sarebbe davvero troppo arrogante parlare
di voi, per voi.
Guardando il nostro piccolo, perfetto e felice, un giorno la mia compagna
mi ha detto, a bruciapelo: «Se il prossimo bambino dovesse avere dei problemi,
lo terrei lo stesso». Le ho dato ragione, pensando che comunque avremmo
riempito d’amore, più amore ancora, il figlio sfortunato. Poi, a mente fredda,
torna il dubbio. È inutile dirsi che una vita, purchessia, è meglio di una non
vita. Si tratta di una bella teoria, ma che dovrebbe fare i conti ogni giorno –
ogni minuto – con la mancanza di quella gioia.
* Scrittore e storico
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Vi posso soltanto augurare un miracolo., che non vi verrà né dalla scienza
né dal cielo, ma da voi stessi. Dalla vostra coscienza e dal vostro amore di
genitori. Infine, una certezza ce l’ho: quella che lo Stato che si è sostituito a
voi, se salverà vostro figlio, dovrà anche garantirgli l’assistenza e la cura quotidiana. Ma non lo farà: e in questo sta la ferocia della sua decisione.
Sono una consulente familiare, lavoro come volontaria presso il Centro di
Aiuto alla Vita Mangiagalli, che ho fondato nel 1984. Ho incontrato tante donne,
tante coppie in difficoltà per i motivi più vari. Si aspettano in genere da me un
consiglio come fosse una zattera a cui attaccarsi per non andare a fondo. Consigli però non ne ho dati mai, perché la ricetta del buon vivere non è in possesso di alcuno. Qualcosa ho fatto, ho accolto, ho ascoltato, ho cercato di
intrecciare una relazione d’aiuto, non mi sono sostituita mai perché la vita è
di chi la vive con tutte le fatiche, le sofefrenze, le emozioni di ciascuno. So
che la relazione di aiuto serve a far acquisire una consapevolezza e a condividere le condizioni profonde dell’altro. La consapevolezza per me è come una
bussola: se ricercata e ottenuta indica la direzione.
I genitori di Davide gli hanno dato la vita, il dono più grande per ciascuna
persona. Ora si tratta di «affidarsi» o semplicemente di «fidarsi». A volte essere
madri o padri non è sufficiente, altri posseggono competenze o strumenti specifici per tentativi di terapia.
Di una cosa sono sicura, la loro sofferenza è un po’ anche la mia. Vorrei
attraverso le parole, creare una dimensione di affetto. Penso e mi immagino
ciò che, voi genitori, potete aver provato nei lunghi mesi che hanno preceduto
la nascita di Davide. Qualche giorno di ritardo, i primi dubbi, gli accertamenti
del caso, e poi la scoperta che una nuova vita si stava affacciando per far
parte della società degli uomini.
Una nuova vita, cellule che si riproducevano alal velocità della luce, la
prima visita dal ginecologo, finalmente l’ecografia. Non conosco la vostra storia, non so nulla di questa gravidanza. Vi immagino sette-otto mesi fa davanti
allo shermo dell’ecografo e mi pare di sentire la voce del medico che vi indica
il corpicino del piccolo Davide che nuota e si rigira all’interno dell’utero della
* Fondatrice del Centro di Aiuto alla Vita della Mangiagalli di Milano
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Paola Bonzi* | Il Giornale, 30 maggio 2008
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I quaderni di Eleonora I 3
sua mamma. Un posto sicuro dove poter crescere per arrivare a vedere la
luce. Che cosa riserverà il futuro? Davide, per te i genitori avrebbero certamente desiderato un futuro di crescita, di sorrisi, di piccole parole pronunciate
balbettando, e poi e poi... Del futuro non possiamo sapere ma solo sperare.
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[8] LA MORTE DELLA COMPASSIONE
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci sono malformazioni incompatibili con la vita per le quali la rianimazione non deve essere intrapresa o le cure intensive devono essere interrotte perché configurerebbero
solo un atto di accanimento terapeutico, tra queste la Sindrome di Potter o
agenesia renale bilaterale. In questa condizione i reni del feto non si sono sviluppati, la vita fetale è permessa dalla placenta ma la vita extrauterina è impossibile. Anche altri organi subiscono danni per la mancanza dei reni, tra
questi polmoni e scheletro.
I bambini con sindrome di Potter non hanno reni, hanno polmoni iposviluppati e mal funzionanti, hanno dimorfismi del viso e dello scheletro, altri settori dell’apparato urinario possono mancare. Se rianimati e tenuti in vita hanno
necessità di essere ventilati con un respiratore e di eseguire dialisi. Queste
terapie, comunque aggressive, invasive, dolorose, possono forse funzionare
per giorni o settimane, dopo di che l’unica ipotesi può essere il trapianto renale, trapianto che, ancorché possibile, è gravato nel primo anno di vita da
enormi insuccessi ed espone il neonato ai danni della terapia immunosoppressiva.
A mia conoscenza, non vi sono casi di sindromi di Potter rianimate, dializzate, trapiantate e quindi sopravvissute. Per questo motivo, l’OMS suggerisce
la non rianimazione alla nascita. Questo non significa che i neonati non debbano esser curati, ma che per loro sono indicate le cure palliative, scelta terapeutica con la stessa dignità delle cure intensive. Parte integrante del
trattamento diventa anche la cura della famiglia prestando ascolto e dando
assoluta priorità ai desideri dei genitori. Tali concetti fanno parte del patrimonio
culturale dei neonatologi di tutto il mondo e sono espressi nelle linee guida
per la rianimazione neonatale (ILCOR) che sono la base del nostro comportamento assistenziale, sono ribadite da insigni studiosi (Leuthner S 2004, Avery
2004, per citarne due). Il parere dei genitori, se palesemente in contrasto con
i diritti del figlio, può esser saltato solo di fronte a terapie salva-vita, non certo
a tentativi sperimentali.
* (http://temi.repubblica.it/micromega-online)
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Maria Serenella Pignotti | Micromega* on-line, 30 maggio 2008
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I quaderni di Eleonora I 3
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Quando muore la compassione può accadere che il tran-tran delle macchine di una terapia intensiva, il luccichio di aghi e rubinetti, l’invasione di tubi
e cateteri, rubi una persona alla sua famiglia, tolga un neonato dalle braccia
di sua madre, sottoponga a cure inutili, palesemente inutili, universalmente
considerate inutili, una creatura che sta morendo. Quando i medici diventano
SOLO laureati in medicina, può accadere che suggeriscano al giudice di strappare quel bambino dalle braccia, dalla tutela, dall’amore di chi lo ha messo al
mondo.
Quando i giudici non ascoltano, o ascoltano chi non conosce veramente
ed onestamente la medicina, può accadere che regalino quel neonato ad una
“struttura” togliendolo, per decreto, ad una madre.
In questo mondo delirante, che ha perso di vista l’uomo e la sua umanità,
nell’ipotesi migliore per mancanza di amore e compassione, nell’ipotesi peggiore perché sacrifica un bambino e la sua famiglia a logiche di tecnologia,
pubblicità, sperimentazione, fanatismo, è stato fatto un male infinito ad un
bambino ed ai suoi genitori: il bambino sottoposto, per decreto, a cure inutili
e dolorose; i genitori perché strappati da quel figlio, accusati della peggiore
accusa: agire contro l’interesse del proprio bambino. I dubbi di quei genitori
non solo sono legittimi, ma segno di grande profondità: genitori veri che hanno
compreso l’enorme problema del figlio e che vogliono fare appieno il loro dovere: dare un consenso solo dopo essersi profondamente convinti sulla migliore assistenza per il loro bambino.
La rianimazione per forza, e soprattutto nelle malformazioni incompatibili
con la vita, è un atto di inaudita violenza che non sarebbe tollerato in nessun
paese civile del mondo e non trova appoggio in alcuna comunità scientifica
che io conosca. Le cure palliative sono scelte terapeutiche a tutti gli effetti,
ben definite e con precise indicazioni. Mi auguro fortemente che quel Tribunale
renda quel figlio a quei genitori, che la comunità si scusi, che quel padre e
quella madre, così infinitamente scossi dalla nascita di un bimbo con tali problemi e destinato ad una inevitabile fine precoce, ancor più traumatizzati dalla
pressante idiozia di cure intensive senza senso, irresponsabilmente distrutti
da un giudizio immeritato di incapacità genitoriale, possano perdonare un
mondo di laureati in medicina che ha dimenticato la compassione.
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[9] L’INCREDIBILE CINISMO DI QUEI GENITORI DI FOGGIA
Nello scontro tra Cartagine e Roma, c’è anche lo scontro tra I sacrifici
umani al demone Baal e le tante deità imperiali. I bambini e I giovanetti romani
erano tutelati, nessuno si sarebbe azzardato a sacrificarli come un impiccio o
un avanzo da gettare nel cestino. A Foggia è nato un piccino con la sindrome
di Potter (senza reni e uretri), un bimbo vivo che respira da solo e vorrebbe
scalare il mondo. Se tutto andrà bene, sino all’età di dieci anni Davide dovrà
sottoporsi a dialisi e poi sarà trapiantato e starà benone. I genitori vogliono
consegnarlo invece alla morte, interrompere le cure e lasciarlo morire... lui
che vuol vivere. Con loro, oltre ai radicali, il solito suono stridulo dei compassionevoli sacerdoti della «perfezione», del bambino pubblicitario, settebellezze
e successi. Non sarebbe giusto curarlo per dieci anni per poi guarirlo, meglio
accopparlo subito così si spende meno, si ha un impiccio in meno e poi si
consente la vita più agiata agli «adatti». Cartagine sacrificava i fanciulli al demone per aggraziarselo, in Italia si sacrificano i neonati al «dio» consumistico
della perfezione. Strano solo che nessuno si chieda se i sacerdoti di tale criterio
siano essi stessi imperfetti e, aggiungo, con molte rotelle fuori posto. Davide
vivrà, lo ha deciso il tribunale e il medico se ne prenderà cura, sempreché i
genitori non montino una campagna per il funerale del proprio figlio.
Sarebbe una terribile prova del regresso civile italiano. Ma la storia di Cartagine e Roma, dovrebbe essere, nell’Europa «non più cristiana» di oggi, custodita e rammentata al cospetto delle malvagità sovrumane che vengono
perpetrate con l’eutanasia infantile. Il Belgio sta per seguire nel precipizio
l’Olanda, la scelta di ampliare l’eutanasia ai minorenni per legge e l’Europa
che non impedisce il partito pedofilo olandese, ben si guarda di richiamare il
Belgio al rispetto della vita nata, dei bambini.
L’Europa sta allevando in seno gli spettri che portarono alle due guerre
mondiali del secolo scorso. Certo non sarà la Germania a intervenire, sconvolta
dalla tentata vendita su Ebay del piccolo Martin per un euro. Se in Olanda si
registrano negli ultimi anni centinaia di casi di neonati «aiutati a morire», già
nel 2005 nel Regno che fu di Baldovino, la metà delle morti dei neonati è dovuta ad eugenetica. Ippocrate è morto, il quinto comandamento del Sinai è
* Deputato dell’UDC
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
di Luca Volontè* | Liberal, 30 maggio 2008
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I quaderni di Eleonora I 3
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sepolto quando parli di bambini, più o meno sofferenti o «fastidiosi». Della mirabolante stravaganza della teoria evoluzionistica darwiniana che sta portando
all’uomo-scimmia in Inghilterra abbiamo già scritto. Nel caso dell’eugenetica
infantile, ci troviamo a registrare che i migliori combattenti a favore della pena
di morte siano al tempo stesso gli sponsor della «pianificazione familiare» e
dell’omicidio infantile. «La razza dominante», gli «adatti» devono poter riprodursi tra loro senza impicci e evitando di innamorarsi e magari sposarsi con
«cani rognosi». Riuscire ad accoppare i neonati non fa altro che far avanzare
la specie... verso la fornace di Cartagine. Le leggi belghe tutelano più la produzione tipica di insalata che la vita e l’infanzia. «Neonati aiutati a morire» dai
medici. Nemmeno un sospetto che volessero vivere? No perché la legge «autorizza ad eliminare le vite non degne di essere vissute», esattamente come
si trova scritto nel saggio di Binding e Hoche del 1920 che stava alla base
dello sterminio nazista. L’eugenetica, diceva Chesterton, è come il «veleno,
una cosa con cui non si può venire a patti».
L’eugenetica ha aperto le porte del manicomio in quei paesi, tant’è che se
scampi alla morte da neonato, devi stare molto attento da ragazzino e da giovane in quei paesi. Infatti, una volta sfuggito al boia ginecologico, da bambino
ad Amsterdam non potrai andare nei parchi pubblici dopo le 16.00, perché da
quell’ora solo ai maggiorenni è permesso l’accesso per kamasutra e ammucchiate in pubblico. Evitato anche questo pericolo, giunti alla giovinezza ci si
deve guardare dal formare gruppi di coetanei chiassosi, si potrebbe incorrere
nel «mosquito», un micidiale dispositivo sonoro per allontanare giovani dai paraggi, con la frequenza di 17 mila hertz. E poi discutiamo di «bullismo» tra i
giovani europei? Dopo una vita da «braccati» c’è da attendersi solo la loro misericordia, quando in età adulta si vendicheranno con medici, scienziati, teorici
e genitori del genocidio infantile. Nei Paesi Bassi gli zoccoli voleranno ad altezza d’uomo. L’Europa che consente l’omicidio dei propri cittadini, seppur in
fasce, rischia di diventare un unico e immenso campo di concentramento, non
meno terribile, solo più scientifico. Una fornace immensa, un culto terribile
eppure una benedizione religiosa del Reverendo George Exoo, gay e protestante d’Inghilterra. Siamo proprio sicuro di aver fatto bene a vietare la caccia
agli stregoni?
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[10] SECONDO PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI
DI BARI
- letti gli atti relativi al minore Marasco Davide, nato a Foggia il 28 aprile
2008, figlio di Massimo e Maria Rita Vigilante;
- richiamato integralmente il proprio precedente decreto provvisorio n.
cron. 10535/08 del 10 maggio 2008, pronunciato al solo fine di consentire
l’immediato trasferimento del predetto minore presso altra struttura ospedaliera ideonea a somministrargli i trattamenti necessari (terapia dialitica) per
la sua sopravvivenza, in un momento in cui i genitori, evidentemente e comprensibilmente provati dalla grave situazione riguardante il piccolo, non avevano ancora risolto le loro riserve in ordine all’assenso a tale trasferimento;
- preso atto che dall’ulteriore attività istruttoria espletata è emerso che
pur permanendo una prognosi riservata, il piccolo Davide è sottoposto alle terapie del caso (trattamento dialitico extracorporeo e terapia medica) presso
l’Ospedale Giovanni XXIII di Bari – Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi Pediatrice – ove è stato trasferito in data 11 maggio c. a., con il pieno consenso
e la costante collaborazioen dei genitori, i quali anche ins ede di ascolto hanno
ribadadito la loro volontà di continuare a collaborare con il personale medico,
affinché il loro piccolo possa icevere tutte el cure idonee a garantigli la sopravvivenza;
- preso atto del parare positivo espresso nella seduta del 21 maggio c. a.
dal Comitato Etico Indipendente dell’Ospedale Policlinico Consorziale di Bari,
in merito alla prosecuzione del trattamento terapeutico in corso in favore del
minore;
- ritenuto, allo stato, non più sussistenti i presupposti per il mantenimento
del provvedimento limitativo della potestà genitoriale sopra richiamato;
- ritenuto, tuttavia di dover impartire prescrizioni ai genitori e, nel contempo, di dover prevedere forme di sostegno e monitoraggio sia da parte del
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Il Tribunale per i Minorenni di Bari, riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori:
Dr. Antonella Triggiani
Presidente
Dr. Celeste Calvanese
Giudice relatore
Dr. Francesca Jovene
Giudice Onoraria
Dr. Ezio Provaroni
Giudice Onorario
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competente servizio sociale che dei sanitari della struttura ospedaliera presso
cui il piccolo attualmente trovasi ricoverato;
ritenuta l’urgenza di provvedere;
P. Q. M.
Applicati gli artt. 332-336 c. c. e 737 c. p. c., sentito il pubblico ministero
in sede, così provvede in via provvisoria ed urgente:
reintegra i genitori Marasco Massimo e Viilante Maria Rita nella potestà
genitoriale sul figlio minore Marasco Davide;
revoca la nomina di tutore provvisorio al dott. Rosario Magaldi;
prescrive ai genitori di continuare a prestare la massima collaborazione
nei confronti dei sanitari aderanto a tutele [sic] le ibndicazioni che saranno
loro impartite, con l’avvertenza che in caso di inottemperanza potranno essere
adottati nuovamente nei loro confronti provvedimenti limitativi della potestà
genitoriale;
incarica i sanitari dell’Azienda Ospedaliera Giovanni XXIII di Bari di aggiornare costantemente questo Tribunale sulle condizioni di salute del piccolo Davide, segnalando direttamente eventuali situazioni di pregiudizio;
impegna l’amministrazione comunale di Foggia, affinché per il tramite del
proprio servizio sociale svolga accurata attività di sostegno e monitoraggio in
favore dell’intero nucleo del minore, sollecitando interventi, ove possibile
anche di tipo economico, atti a rendere più agevole per i genitori l’esercizio
della loro funzione genitoriale;
attribuisce al presente decreto efficacia immediata;
manda alla cancelleria per la comunicazione al P. M. e per le notifiche con
il mezzo più celere, ai genitori presso il procuratore costituito, al dott. Magaldi,
al Presidio Ospedaliero, Giovanni XXIII – Dipartimento di Medicina Pediatrica
– ed al Servizio Sociale del Comune di Foggia.
I quaderni di Eleonora I 3
Bari, 30 maggio 2008
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Il giudice estensore
dr Celeste Calvanese
Il presidente
dr Antonella Triggiani
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[11] L’INCREDIBILE CINISMO DELL’ONOREVOLE LUCA VOLONTÈ
Ho detto che non mi va di parlare di Davide, che quella di Davide deve tornare ad essere una storia privata, che non è il caso di far polemiche: ma le
baggianate che scrive l’onorevole Luca Volontè su Liberal del 30 maggio non
è possibile lasciarle passare senza replica. «L’incredibile cinismo di quei genitori di Foggia», titola; e aggiunge: «Dove può condurre l’eutanasia: far morire
un figlio appena nato». Comincia da lontano, Volontè: da Roma e Cartagine,
per giungere poi a Foggia, dove «è nato un piccino con la sindrome di Potter
(senza reni e uretri), un bimbo vivo che respira da solo e vorrebbe scalare il
mondo». E qui c’è una prima baggianata. La sindrome di Potter non comporta
solo assenza di reni e degli ureteri, ma anche una serie di altri problemi, tra i
quali l’ipoplasia polmonare. Per questo è superficiale dire «respira da solo».
Se non fosse stato aiutato a respirare, Davide sarebbe morto da un pezzo.
Continua, Volontè: «Se tutto andrà bene, sino all’età di dieci anni Davide dovrà
sottoporsi a dialisi e poi sarà trapiantato e starà benone». L’ignoranza di Volontè è pari solo alla sua protervia. Non si ha notizia di un solo bambino che
sia giunto fino al trapianto. Trapianto che non va fatto a dieci anni, ma molto
prima. Il primo trapianto, almeno; perché poi bisognerà farne un altro. Come
faccia Volonté a dire che poi starà benone, non si sa. Lo invito a trovare un
solo bambino di dieci anni con la sindrome di Potter. Uno su sei miliardi di abitanti del pianeta terra. Quando lo avrà trovato, provi a chiedergli se si sente
benone. Ancora: «I genitori vogliono invece consegnarlo alla morte, interrompere le cure e lasciarlo morire… lui che vuol vivere». Terza baggianata: la più
grossolana, la più offensiva. I genitori di Davide non hanno mai detto di voler
interrompere le cure e lasciar morire il bambino. Quando è stato loro chiesto
il consenso alla dialisi hanno chiesto tempo per riflettere e per discuterne con
il comitato etico; tempo che non è stato loro concesso. Ai giudici, ai giornalisti,
a chiunque volesse ascoltare hanno dichiarato che non intendono sospendere
le cure, ma rivendicano il diritto, in caso di peggioramento del quadro clinico,
di decidere insieme ai medici cosa è meglio fare. Già una volta, di fronte ad
una crisi respiratoria, è stato deciso di non intubare Davide. Decisione che è
* (http://minimokarma.blogsome.com)
* (http://temi.repubblica.it/micromega-online)
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Antonio Vigilante | Minimo karma* , 4 giugno 2008; poi con il titolo
Cinismo clerical, in Micromega** on-line , 7 giugno 2008
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I quaderni di Eleonora I 3
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stata presa dai medici del Giovanni XXIII e dall’allora tutore, dottor Magaldi. I
genitori erano esclusi dalla decisione.
Dice ancora, Volontè, che oggi «in Italia si sacrificano i neonati al ‘dio’ consumistico della perfezione». Chissà se è in linea con la logica consumistica,
di fronte ad una gravidanza difficile, e contro l’esplicito invito ad abortire, sottoporsi a visite mediche ed esami costosi, per dare una speranza a quel feto.
Se i genitori avessero seguito una logica consumistica, Davide non sarebbe
mai nato. Sarebbe stato abortito, e amen. I genitori avrebbero risparmiato
soldi, sofferenza e l’umiliazione di farsi offendere da questo tale, che giunge
a parlare di persone «con molte rotelle fuori posto» (i genitori di Davide e quelli
che danno loro ragione) e dire che «Davide vivrà… sempre che i genitori non
montino una campagna per il funerale del proprio figlio». In pieno esaltazione
parla poi di eugenetica, di eutanasia, di Binding e Hoche, di campi di concentramento, e termina il crescendo con una domanda che è la degna conclusione
di un articolo delirante: «Siamo sicuri di aver fatto bene a vietare la caccia agli
stregoni?».
Ricapitoliamo. Tu partorisci. Partorisci soffrendo. A rischio della tua vita.
Tuo figlio è malato, ti dicono che deve morire. Tu soffri. Soffri. Poi, all’improvviso, ti dicono che no, bisogna dializzarlo. Tu ti chiedi che succede, fino a ieri
ti hanno detto che deve morire, forse non gli hanno nemmeno pulito il culo
perché tanto era carne deperibile (quando è arrivato al Giovanni XXIII aveva
una grossa escoriazione), e invece tutto a un tratto vogliono il tuo consenso.
Chiedi tempo per capire, e ti tolgono la potestà genitoriale. Arriva il giudice a
dirti che non sei più sua madre. Protesti, rivendichi il diritto di dire la tua su
quella carne che hai partorito a costo della tua vita - ed arriva l’onorevole a
dirti che sei cinica, che non hai le rotelle a posto, che vuoi uccidere tuo figlio.
Non so cosa è diventato questo paese. Dove è finito il volto della gente?
Chi guarda più i volti? Se lo sarà immaginato il volto dei genitori di Davide,
questo tizio, prima di scrivere le sue baggianate? Si sarà fermato un attimo a
riflettere sul fatto che stava per parlare di due persone colpite da una sofferenza tra le maggiori che si possano immaginare? Che esercizio ha dovuto
fare per mettere da parte la compassione, per cancellare la comprensione,
per annullare il rispetto? Perché questo oggi risulta così dannatamente facile?
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[12] RODOTÀ: «SVUOTATA LA POTESTÀ GENITORIALE»
Mi pare che questa vicenda che riguarda Davide, questo bambino nato
con questa malattia di Potter, sia molto singolare per il modo in cui poi il Tribunale per i minori di Bari ha ritenuto che si debba decidere, perché qui hanno
voce in capitolo i medici, ha voce in capitolo il tribunale, ha voce in capitolo il
comitato etico presso il tribunale, ha voce in capitolo il servizio sociale dell’amministrazione di Foggia, gli unici che sono condannati al silenzio sono i
genitori ai quali viene formalmente restituita la patria potestà, ma in realtà
debbono attenersi rigorosamente a ciò che il Tribunale ha prescritto pena il
ritorno alla privazione della patria potestà. Ora questa è una materia nella
quale certamente si intrecciano molti e delicati problemi.
In primo luogo, se siamo difronte, come molti hanno sottolineato, in particolare Ignazio Marino, a un vero e proprio caso di accanimento terapeutico in
presenza del quale come prevede lo stesso codice deontologico dei medici
non dovrebbe essere continuato il trattamento, anzi il medico avrebbe il dovere
di non proseguire il trattamento perché se non lo facesse incorrerebbe in un
procedimento disciplinare per violazione di quanto è previsto, per esempio,
dall’art. 14 del codice di deontologia medica, quindi siamo in una situazione
estrema nella quale la voce dei genitori, il colloquio dei genitori con i medici,
mi pare che sia un elemento essenziale della situazione che abbiamo difronte.
Farne i destinatari di decisioni giudiziarie di decisioni mediche mi pare che
contrasti anzitutto con il naturale senso di... non pietà, ma di un rapporto che
deve esistere tra genitori e figli, che queste persone non abbiano il disprezzo
per la vita sottolineato da tutta la vicenda precedente, le notizie ricevute durante la gravidanza, la volontà di portarla a compimento.
Quindi non c’è stato nessun disprezzo della vita in tutta questa vicenda e
dunque l’esclusione radicale, la gestione di questo corpo di questo bambino
assunto dal tribunale e poi dato ai medici con espulsione radicale, insisto, dei
genitori mi pare che non vada nella direzione giusta.
Secondo lei, soprattutto la seconda sentenza del tribunale, cioè quella con
cui restituisce la patria potestà ai genitori, ha un qualche profilo anche di in* Giurista e politico, è stato tra le altre cose membro del Gruppo europeo per l’etica delle scienze e
delle nuove tecnologie.
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Stefano Rodotà*
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costituzionalità perché un po’ la restituisce ma in realtà la elimina nello stesso
tempo.
Si, in realtà più che di incostituzionalità, qui si dovrebbe dire che c’è stata
una sorta di contraddizione interna a questa decisione, nel senso che viene
restituita ma senza che alla potestà genitoriale restituita ai genitori di questo
bambino sia poi dato un effettivo contenuto perché in questa materia, i genitori
sono espropriati dalla possibilità di esprimere volontà, opinioni, di dare indicazioni diverse da quelle che invece il tribunale stabilisce essere competenza
esclusiva del medico, tant’è che si dice «prescrive ai genitori di continuare a
prestare la massima collaborazione nei confronti dei sanitari, aderendo a tutte
le indicazioni che saranno loro impartite», cioè loro debbono attenersi altrimenti, mancando l’ottemperanza, coma si dice sempre nella decisione, potranno essere adottati nuovamente nei loro confronti provvedimenti limitativi
della potestà genitoriale.
Questa potestà genitoriale, nella decisione non c’è, è solo formalmente restituita ma sostanzialmente non c’è nessuno dei contenuti che caratterizzano
la potestà genitoriale, ecco dove sta la contraddizione molto evidente, perché
la possibilità di collaborazione implica che ci sia, da parte dei genitori, la possibilità di manifestare una volontà influente sul processo che si sta svolgendo
quindi, processo nel senso proprio... la vicenda che riguarda il bambino, non
il processo in senso giudiziario e quindi qui mi pare che ci sia una contraddizione molto forte e il problema è dunque quello di stabilire, perché qualcuno
lo ha detto, che in queste materie poi, l’unica decisione rilevante è quella del
medico, trattandosi di minore vengono esclusi completamente i genitori.
Questa, mi pare francamente una forzatura che modifica profondamente
il senso della potestà genitoriale in questa materia, perché si dovrebbe giungere alla conclusione che, tutte le volte che per un minore ci si trova di fronte
ad una questione radicale di vita o di morte, i genitori non possano manifestare
la propria volontà, e questa è rimessa unicamente ad una serie di soggetti
esterni che intervengono secondo quella che è la linea indicata dal Tribunale
dei minori di Bari. Mi sembra che non sia una linea che possa essere condivisa.
Intervista trascritta dalla versione audio pubblicata su Micromega* on-line
il 7 giugno 2008.
* (http://temi.repubblica.it/micromega-online)
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[13] «NESSUN MIRACOLO IL MIO DAVIDE È FORTE»
Maria Rita non toglie gli occhi dall’incubatrice dove si trova suo figlio Davide. Stretta nel suo camice, non si fa sfiorare dal chiacchiericcio dei medici
intorno a lei, né dal televisore alle sue spalle che trasmette il telegiornale.
Quando si ferma per parlare sorride a stento. Davide ha un giorno in più, il
quarantesimo, quello che gli ha fatto stabilire un record.
Signora, oggi è un giorno fortunato. Se la sente di parlare di miracolo?
No, ormai non credo nei miracoli. E ogni giorno che passa ho difficoltà addirittura a credere che esista Dio. Altrimenti non avrebbe dato tante sofferenzae a mio figlio. Davide sta costruendo il suo destino da solo, giorno dopo
giorno. Lo sta facendo con la sua forza, lottando da solo.
Ma i medici dicono che se supera i tre chili Davide può tornare a casa.
In realtà è tutto da vedere, le condizioni di Davide non sono per niente
semplici. La dialisi peritoneale, quella che può fare a casa, richiede prima un
intervento, per inserire un catetere nell’addome di mio figlio. Non tutti i pazienti
riescono a tollerarlo, altrimenti si farebbero curare tutti a casa.
Non se la sente di pensare al futuro?
Ormai viviamo giorno dopo giorno. Davide ha tantissimi problemi di salute.
All’inizio lo davano per spacciato. Oltre alla sindrome di Potter, ha anche un
problema al cuore, che è comune nei prematuri. Non gli si chiude il dotto di
Botallo, e i medici di Foggia lo hanno completamente ignorato, anche questo».
Maria Rita si slaccia lentamente il camice, continua a parlare. La sua calma
va oltre la rassegnazione, è la stessa accettazione della quotidianità che permette a Davide di lottare.
Come organizza i ritmi con suo marito? Restare entrambi in reparto per
tutto il giorno?
Ora ci siamo trasferiti a Bari, non potevamo più andare su e giù da Foggia.
Prima lasciavamo i nostri due figli dalla nonna, ma avevano completamente
perso l’orientamento, non riconoscevano più la famiglia. Erano diventati nervosi, irritabili. Egoisti, come i bambini sanno essere, perché non si rendono
conto di quello che sta succedendo al loro fratellino».
E ora?
La storia di Davide. Consenso informato e accanimento terapeutico
Anna Puricella | La Gazzetta del Mezzogiorno, 8 giugno 2008
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I quaderni di Eleonora I 3
«Io ho deciso di lasciare il lavoro per restare accanto ai miei figli. Per me
la famiglia è fondamentale. Con mio marito ci stiamo organizzando, facciamo
in modo che almeno un dei due sia col loro, vogliamo capire quale sia la soluzione migliore per non far mancare nulla neanche a loro due. È importante
per una madre essere con i figli nei momenti salienti della giornata, al risveglio
per preparargli la colazione, durante il pranzo, per il bacio della buonanotte. E
io voglio esserci, per loro due. Mi raccomando, questo lo scriva».
Si riallaccia il camice, Maria Rita, si alza dalla sedia per tornare a guardare
suo figlio. «Non mi voglio illudere, ma nessuno mi vieta di continuare a sperare».
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INDICE
PRESENTAZIONE ......................................................................................................
Mina Welby
3
A MARIA RITA E MASSIMO ......................................................................................
Claudio Lunghini e Margherita Rocco
5
I GIORNI DI DAVIDE ..................................................................................................
Maria Rita Vigilante
7
IL CASO MEDICO DI DAVIDE MARASCO ....................................................................
Dr. Leonardo Zingariello
15
LA VICENDA GIUDIZIARIA ........................................................................................
Avv. Michele Vaira
21
DOCUMENTI ..............................................................................................................
25
[1] PRIMO PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI ......
25
[2] PETIZIONE. UNA FIRMA PER DAVIDE ..........................................................
27
RASSEGNA STAMPA
[3] IL NEFROLOGO: I GENITORI DEVONO ESSERE CONSULTATI
IL MAGISTRATO: NON DIAMO VERSIONI PARZIALI DEI FATTI......................
Carlo Stragapede
29
[4] «MA LA FAMIGLIA NON PUÒ ESSERE ESCLUSA» ........................................
Mario Pappagallo
31
[5] LE MONTAGNE RUSSE DELL'EMOZIONE ......................................................
Mario Celi
33
[6] DAVIDE E LA BIOPOLITICA............................................................................
Antonio Vigilante
35
[7] LETTERE AI GENITORI DI DAVIDE ................................................................
Stefano Lorenzetto
Caterina Soffici
Giordano Bruno Guerri
Paola Bonzi
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[8] LA MORTE DELLA COMPASSIONE ................................................................
Maria Serenella Pignotti
43
[9] L'INCREDIBILE CINISMO DI QUEI GENITORI DI FOGGIA ..............................
di Luca Volontè
45
[10] SECONDO PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI ..
47
RASSEGNA STAMPA
[11] L'INCREDIBILE CINISMO DELL'ONOREVOLE LUCA VOLONTÈ ......................
Antonio Vigilante
49
[12] RODOTÀ: «SVUOTATA LA POTESTÀ GENITORIALE» ......................................
Stefano Rodotà
51
[13] «NESSUN MIRACOLO IL MIO DAVIDE È FORTE» ..........................................
Anna Puricella
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