Sono commosso e fiero di servire questo popolo
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Sono commosso e fiero di servire questo popolo
Il Vescovo ai cremonesi alla processione della Sacra Spina: «Sono commosso e fiero di servire questo popolo» «Sono commosso e fiero di servire questo popolo che stasera ha vissuto così il Venerdì Santo. Un segno di unità tra le comunità parrocchiali, per le quali ringrazio i parroci e le famiglie. Un segno di fede e di devozione, vissuto con grande dignità e consapevolezza. Grazie! Grazie perché mi educate, mi trasmettete la fede che avete ricevuto». Sono state queste le prime parole che il vescovo Napolioni ha rivolto ai tanti cremonesi che gremivano la Cattedrale al termine della tradizionale processione serale del Venerdì Santo per le vie cittadine. La processione si era svolta poco dopo le 21, una volta che i ministranti e i sacerdoti avevano raggiunto il presbiterio. Dietro la croce in tanti si sono messi in cammino. Un folto e variegato insieme di persone delle diverse parrocchie cittadine. Basti pensare che mentre la testa del gruppo iniziava il passaggio nei pressi dei Giardini Pubblici, dopo aver percorso largo Boccaccino, via Mercatello e corso Mazzini, l’ultima parte della processione ancora doveva lasciare piazza del Comune. Dopo i fedeli laici, lo spazio riservato alle religiose, cui seguivano i ministranti e i sacerdoti della città con i parroci nei loro piviali. Tra loro anche il vicario zonale, don Gianpaolo Maccagni. Quindi i canonici del Capitolo, seguiti dal vescovo emerito mons. Dante Lafranconi. Subito dietro due turiboli fumiganti aprivano la strada al baldacchino sotto il quale vi era il vescovo Antonio Napolioni, che reggeva la preziosa reliquia: secondo la tradizione un frammento della corona di spine usata da Cristo, donata, subito dopo l’elezione al Soglio di Pietro, da Gregorio XIV alla città di Cremona, della quale era stato vescovo. Dietro il baldacchino il gonfalone del Comune di Cremona e la rappresentanza dell’Amministrazione comunale, formata dal sindaco Gianluca Galimberti con la moglie, l’assessore Barbara Manfredini, il consigliere Luca Burgazzi e il comandante della Polizia Locale Pierluigi Sforza. Seguivano alcuni altri fedeli e tra loro anche alcuni anziani in carrozzina, ospiti della casa di riposo di via Massarotti che hanno potuto prendere parte a questo momento tradizionale per la città di Cremona grazie alla disponibilità di alcuni volontari. Il lungo corteo dopo essere passato per corso Cavour, via Verdi e piazza Stradivari ha imboccato via Baldesio per raggiungere nuovamente piazza del Comune e fare ingresso in Cattedrale. Circa un quarto d’ora è stato necessario per consentire l’ingresso a quanti erano in processione. In una Cattedrale gremita, con tutti i posti a sedere occupati, nella navata centrale così come nel transetto settentrionale e le navate laterali affollate di gente, ha preso la parola il Vescovo che ha focalizzato l’attenzione principalmente su due aspetti. Anzitutto il riferimento ai fatti tragici che hanno segnato questo inizio di Settimana Santa, proprio come avvenne nel 2009, quando il Lunedì Santo ci fu il terremoto a L’Aquila. Proprio con riferimento a quell’evento il Vescovo ha proposto una preghiera che, proposta quel giorno nella Liturgia delle Ore, lo aiutò a vivere quel momento difficile: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio”. E qui il riferimento alla debolezza umana. «Dio l’ha condivisa – ha detto il Vescovo –. Non l’ha solamente tollerata: l’ha trasformata. Per cui gli possiamo dire: fa’ che la nostra umanità riprenda vita. Quante volte abbiamo ripreso vita! E quante volte ancora la possiamo riprendere! Non si compra in un negozio e neppure in chiesa, ma fiorisce in noi perché Lui c’è, perché la sua morte, quella sua spina, quel suo dolore, non è un dolore qualsiasi, non è una morte qualsiasi. È la misericordia di Dio che splende. È la verità di Dio che è crocifissa. È l’amore di Dio che è eterno». E poi ha proseguito: «C’è un modo concreto anche per assaporare e partecipare questa vita più forte della morte: accoglierci! Mettere da parte i pregiudizi, guardarci con benevolenza, tendere la mano». Quindi, facendo riferimento alla parabola del padre misericordioso, ha affermato: «Quante energie di vita sono nascoste anche dentro i nostri momenti di dolore! Perché è la passione del Figlio di Dio che manda avanti le nostre anime, le attira, le rende forti, le rende attente a quelle degli altri, ci impasta gli uni con gli altri. L’Eucaristia ci nutre: fa di noi il suo corpo. Noi completiamo la sua passione che dà vita al mondo». In secondo luogo mons. Napolioni si è soffermato sulla data del 25 marzo, che al di fuori della Settimana Santa sarebbe la festa dell’Annunciazione. «Eccola lassù – ha detto il Vescovo, indicando l’affresco nel catino absidale – più in alto possibile l’hanno voluta i nostri padri e gli artisti che lavoravano per esprimere la fede dei nostri padri. Qualcosa sta nascendo. Nella morte di Cristo il terreno è fecondo: il grembo di Dio e della Chiesa è gravido di vita nuova. Noi qui diciamo un grande sì alla vita. È vita anche la morte, anche al di là della morte la vita trionfa». «Pregustiamo allora – ha detto ancora – non solo la celebrazione della Pasqua, domani notte, il giorno di domenica, ma in tutte le situazioni in cui ci troveremo a lottare tra la vita e la morte, saremo provati e spremuti. Il Signore concepisce sempre una novità per noi: il Figlio! Crescerà suo Figlio dentro le nostre macerie, dentro i nostri apparenti fallimenti. Abbandoniamoci a Lui! Farà della nostra terra e dei nostri giorni, giorni santi, una terra santa, un luogo santo. Non perché siamo bravi, ma perché siamo continuamente purificati e rigenerati da Lui che è sempre nuovo, è sempre giovane, è sempre all’inizio della vita». «È l’augurio più grande che vi faccio – ha concluso –: vivere insieme queste ore, questi giorni e tutto quello che il Signore ci darà da vivere stupendoci sempre di più di quanto Egli è fedele ai suoi figli: non li abbandona. Non solo li consola, ma li rigenera nel profondo. La celebrazione si è conclusa con la raccolta di offerte per le necessità della Chiesa in Terra Santa e la benedizione episcopale con la reliquia della Sacra Spina. Photogallery Mons. Napolioni nell'azione liturgica del Venerdì Santo: «Gesù ha il posto d’onore?» Nel pomeriggio di venerdì 25 marzo in Cattedrale il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto l’azione liturgica della passione e morte del Signore. Una celebrazione semplice e austera, iniziata e conclusa nel silenzio. Molti i fedeli che hanno preso parte alla liturgia, caratterizzata da tre momenti: la liturgia della Parola con il Passio secondo Giovanni, l’adorazione della croce e i riti di comunione. Alla celebrazione era presente anche il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi, il vicario generale, mons. Marchesi, il delegato episcopali per la Pastorale, don Irvano Maglia, i canonici del Capitolo, con il presidente mons. Giuseppe Perotti e il parroco della Cattedrale mons. Alberto Franzini, i superiori del Seminario e alcuni altri sacerdoti. Le offerte raccolte sono state destinate ai bisogni della Chiesa in Terra Santa. La mensa eucaristica senza tovaglia, l’altare maggiore disadorno di croce e candelieri, il Vescovo senza bastone pastorale. In questa ambientazione la processione d’ingresso ha raggiunto il presbiterio in silenzio, con i sacerdoti che si sono prostrati dinanzi all’altare nudo. Dopo le letture il racconto della passione, proclamato dal diacono don Francesco Gandioli insieme ai seminaristi Nicoli Premoli e Arrigo Duranti. «Noi conosciamo bene il racconto della Passione del Signore – ha detto il Vescovo nell’omelia – ma dove lo mettiamo nella nostra vita? Lo mettiamo tra i riti del Venerdì santo? Tra le cose da fare per essere buoni cristiani in questo momento dell’anno? O lo mettiamo nel tesoro più intimo della nostra persona, della nostra famiglia, tra i ricordi più cari, insieme ai morti, ai santi e ai cari delle nostre famiglie? Gesù ha il posto d’onore? Noi dobbiamo decidere che cosa fare di questo racconto, dove metterlo, quanto dipendere da esso per vivere». Spunto per la riflessione sono stati quindi alcuni passaggio della prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, con una forte provocazione: «Anche noi qualche volta vorremmo togliere di mezzo il Crocifisso. Non tanto dalle scuole, o dagli ospedali, ma dal nostro modo di pensare e di fare. Quando la chiamata a essere misericordiosi è troppo. Quando siamo stanchi di perdonare. Quando vorremmo giustizia. Quando non siamo pronti a porgere l’altra guancia». Infine uno sguardo a Maria a cui Cristo affida Giovanni come figlio, segno dell’umanità affidata alla Chiesa. «È un abisso – ha spiegato mons. Napolioni – questo mistero di comunione tra il padre e il figlio. L’unica strada che possiamo percorrere per avvicinarsi a questo mistero è la mamma». «E allora – ha proseguito – ci mettiamo anche noi, con i nostri dubbi e con il nostro smarrimento, con il silenzio necessario di queste ore del Venerdì Santo, nell’abbraccio di Maria. Perché Gesù ci dice: ecco tua madre, non avere paura, è la Chiesa. E dice a lei, presentandogli ciascuno di noi, soprattutto chi più soffre, chi è più solo e più disperato: ecco tuo figlio. Ma lo dice alla Chiesa, non solo alla Madonna!». Quindi ha concluso: «Aiutaci, Signore, a essere talmente accanto a te, in braccio Maria, da diventare anche noi un volto materno per chi soffre, per chi non ce la fa, per chi muore nella disperazione». È seguita la preghiera universale durante la quale si è pregato non solo per la Chiesa, ma anche per i cristiani di altre confessioni, per i non credenti in Dio e per la pace e la concordia del mondo. Poi l’ingresso della croce, per il secondo grande momento dell’azione liturgica: l’adorazione del patibolo su cui fu conficcato il Cristo. Per tre volte il vescovo Antonio ha osteso il sacro legno e l’assemblea si è inginocchiata in segno di venerazione. Quindi il gesto di affetto più comune e più semplice: il bacio del Crocifisso. Prima il vescovo Napolioni, quindi mons. Lafranconi e gli altri sacerdoti; infine l’assemblea. Quando il diacono, rivestito della continenza rossa, dall’altare della Santissimo ha portato l’Eucaristia al centro della Cattedrale (il venerdì santo è giorno in cui non si celebra la Messa). Preparata la mensa e pregato il Padre Nostro si sono svolti quindi i riti di Comunione. Infine una orazione, senza benedizione da parte del Vescovo, ha concluso la celebrazione. Che si è sciolta nel silenzio così come era iniziata. Photogallery Venerdì Santo la Colletta pro Terra Santa: un «dovere antico che ci procura la gioia di aiutare fratelli» i nostri Durante quest’anno della misericordia, risuona ancora più forte l’invito a partecipare alla Colletta del Venerdì Santo, l’iniziativa che permetta alla Chiesa universale di raccogliersi intorno alla Terra Santa, sia spiritualmente, sia con un aiuto concreto. Significativo il contesto del Venerdì in cui si ricorda la passione e la morte del Signore, durante la quale il male e la sofferenza sembrano trionfare anche sul Figlio di Dio; lo sguardo cristiano spinge però ad allargare l’orizzonte alla speranza, nell’attesa che da quel sepolcro rinasca la vita. È in questa prospettiva che i fedeli di tutte le chiese locali sono invitati a rivolgere l’attenzione proprio verso luogo dal quale è scaturita questa salvezza, terra sempre più martoriata da conflitti e divisioni. In tutto il Medio Oriente ogni giorno sfollati, rifugiati, anziani, ammalati vivono in contesti di bisogno costante e molte famiglie sono messe a dura prova a causa delle persecuzioni. Nonostante questo «la Terra Santa è luogo di dialogo – afferma il card. Leonardo Sandri, prefetto delle Congregazione delle Chiese Orientali – abitata da uomini che non smettono di sognare e di costruire ponti, nelle quale vivono comunità cristiane dove si proclama il vangelo della pace». Attorno a queste comunità e alla loro condizione di emarginazione e di sofferenza si raccolgono, dunque, tutte le comunità cristiane, invitate anche da Papa Francesco a non restare indifferenti e, innanzitutto, a pregare per quanti in quelle zone sono vittime di violenza, solitudine e angoscia. «Questa terra chiama in causa la nostra carità da sempre, e oggi con accresciuta urgenza – continua il card. Sandri nella lettera ai vescovi all’inizio di questa Quaresima -. Perché ogni persona che là vive e opera, ha bisogno delle nostre preghiere e del nostro aiuto concreto, per essere sostenuta nell’impegno di lenire le ferite continuando con fiducia l’impegno di realizzare la giustizia e operare per la pace». Le offerte raccolte durante i riti santi saranno dunque destinate ad interventi, sostegni ed emergenze che riguardano non solo Israele, ma anche i Territori Palestinesi, il Libano, la Siria e molti altri paesi limitrofi, dove sono in aumento i cristiani che vivono in condizioni di estrema necessità. Tra gli obiettivi è particolarmente importante quello di intensificare e favorire la presenza cristiana in Medio Oriente, ma importante risulta anche e la conservazione dei luoghi di culto. Il ricavato della Colletta verrà come sempre affidato alla Custodia Francescana, incaricata storicamente non solo al mantenimento dei Luoghi Santi ma anche alla cura delle strutture pastorali, educative, assistenziali e sanitarie. Tra le opere ultimate con gli aiuti della Colletta dello scorso anno molte sono scuole, laboratori artigianali, centri giovanili, di formazione e luoghi di assistenza medicosanitaria per la popolazione locale. Tra gli edifici realizzati, anche complessi abitativi per ospitare bisognosi e giovani coppie, che hanno così la possibilità di formare una famiglia nella loro terra d’origine. Alcune opere, poi, sono rivolte agli edifici e ai luoghi di culto frequentati dai pellegrini, come ad esempio la realizzazione di scavi archeologici, di impianti di illuminazione e varie opere di ristrutturazione che si rendono necessarie visto il costante afflusso di visitatori. Non meno importanti i fondi destinati alle situazioni di emergenza e al sostegno delle piccole comunità locali dei territori vicini a Israele, che necessitano la realizzazione e la ricostruzione di opere e strutture. L’iniziativa della Colletta diviene allora per i cristiani gesto concreto che permette di farsi più prossimi ai fratelli martoriati dalle ancora numerose croci del nostro tempo. Un’occasione che permette di accostarci ancora di più al mistero della Passione e della morte di Cristo, che si riflette ancora oggi in quanti, innocenti e indifesi, soffrono e perdono la vita. Come afferma il card. Sandri, «la Colletta per la Terra Santa richiama un dovere “antico”, che la storia di questi ultimi anni ha reso ancora più urgente, ma ci procura la gioia di aiutare i nostri fratelli». Mons. Napolioni nella Messa in Coena Domini: «La medicina di Gesù per le nostre violenze e divisioni è invitarci tutti a cena» Ha voluto puntare l’attenzione sui giovani e sugli oratori aprendo il Triduo Pasquale. Per questo il vescovo Antonio ha scelto una rappresentanza di giovani animatori per lavare loro i piedi. Non solo: per baciarli. Perché – ha detto citando il profeta Isaia – «come sono belli i piedi di chi porta il lieto annuncio: della pace, della giustizia, dell’amore fedele di Dio». Poi, riprendendo le parole di Gesù nel Vangelo, l’invito: «Lavatevi i piedi gli uni gli altri tornando a casa», ai bambini che si incontrano in oratorio o agli anziani e agli ammalati. Nella Messa in cui si commemora l’Ultima Cena il vescovo Napolioni ha voluto idealmente invitare tutti a cena: un momento atteso e di festa. Ma quante cene sono invece rovinate dalle notizie di disgrazie, violenze e paure che, in modo ancor più forte in questi giorni, propongono i telegiornali. «Sarebbe troppo comodo spegnere e continuare a far finta di niente – ha affermato il Vescovo –. La cena del Signore non è la cena di chi fa finta che tutto vada bene, ma è la cena che rappresenta davvero la condizione della nostra vita». Con un riferimento alla propria fanciullezza e ai richiami dei genitori che magari dopo qualche marachella mandano a letto senza cena, il Vescovo ha indirizzato lo sguardo all’idea di punire per correggere anche a fronte di chi semina odio. Una logica che, però, non è quella di un Dio che si ferma a tavola anche con il peccatore. «Un Dio amante della vita, venuto a dare la sua vita perché noi l’avessimo in abbondanza – ha proseguito – ci impegna e ci attira ad amare e servire ancora di più la vita, a invitaci a cena gli uni gli altri». L’attenzione si è poi indirizzata al termine “l’ultima cena”. Con una precisazione: «Quella cena è talmente “ultima” che contiene tutto il nostro tempo fino al ritorno del Signore. È la cena definitiva, è la cena per eccellenza, è la cena che sfocerà nel banchetto celeste. E infatti Gesù oggi fa cena con noi! Ancora, in ogni Eucarestia, in ogni incontro umano, ci dice: “Aprimi la porta, io vengo da te”. Quella cena non si è più conclusa». Poi lo sguardo si è focalizzato tutto sui 13 giovani a cui il Vescovo ha lavato i piedi: Sara Alvergna, Silvia Calvi, Alberto e Camilla Cigoli, Elena e Marco Dasti, Barbara e Lorenzo Guarneri delle parrocchie di S. Agata e S. Ilario e Luca Bona, Anna Bonali, Michele Mazzoni, Simone Rebessi e Marco Verdelli di S. Sebastiano. In particolare il Vescovo si è soffermato sul fatto che di lì a poco avrebbe baciato loro i piedi, citando il profeta Isaia: «come sono belli i piedi di chi porta il lieto annuncio, della pace, della giustizia, dell’amore fedele di Dio». Perché «voi – ha detto mons. Napolioni – e i vostri amici in tutte le nostre parrocchie e negli oratori lo fate con i ragazzi e con i bambini. Non richiedete la carta d’identità! Non chiedete se vanno a messa tutte le domeniche, se no non aprite l’oratorio. Li prendete come sono! E immagino vengano anche bambini e ragazzi di tante nazionalità, di tante culture. Quelli di cui a volte noi diffidiamo, quelli ai quali abbiamo paura ad aprire le porte di casa e delle nostre città. Ma in quell’ultima cena Gesù ha preparato un posto per tutti! La sua medicina per le nostre violenze e divisioni è invitarci a cena tutti, nutrirci tutti, darci pace e vita a tutti. E voi lo state facendo! Come per gioco: ma è un gioco che costruisce un futuro di pace. E allora vi benedico. E vi chiedo di non mollare. E chiedo alla comunità di esservi vicino, perché gli oratori sono delicati e non sono proprietà del curato, del vicario o di un gruppetto di ragazzi: sono la porta aperta sul futuro della nostra civiltà, perché sia accogliente e solidale, coraggiosa nel testimoniare e convinta di custodire la forza necessaria per vincere il male». «Lavatevi i piedi gli uni gli altri tornando a casa – ha quindi concluso il Vescovo –. Baciate anche voi i piedi dei ragazzi che giocano nel campetto o che danzano nella palestra. Così come chi torna a casa dagli anziani e dagli ammalati riconosca in quelle membra sofferenti del corpo di Cristo il sacramento della presenza del Figlio di Dio tra noi. Veramente non siamo soli! Nulla ci può separare dall’amore di Cristo. Possiamo talmente nutrirci di noi da essere ancora il segno visibile dall’amore di Dio per questo mondo». Cuore della celebrazione è stata quindi la liturgia eucaristica. Accanto a mons. Napolioni il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi, e il vicario generale, mons. Mario Marchesi. E poi i canonici del Capitolo, il delegato episcopale per la Pastorale, i superiori del Seminario e don Michele Martinelli, vicario di S. Sebastiano e referente cittadino per la Pastorale giovanile. Dopo le comunioni un altro gesto caratteristico di questa celebrazione: la processione verso la Cappella del Santissimo per la reposizione dell’Eucaristia. Dopo un momento di adorazione l’assemblea si è quindi sciolta nel silenzio. Photogallery La prima settimana santa del vescovo Napolioni in Cattedrale Con la celebrazione della Domenica delle Palme il nuovo vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, ha aperto i suggestivi e impegnativi riti della Settimana Santa in Cattedrale. Le liturgie, che saranno trasmesse tutte in diretta streaming sul portale diocesano, saranno nel segno della tradizione, pur con qualche significativa novità. Giovedì 24 marzo S. Messa del Crisma – L’Eucaristia, concelebrata da tutti i presbiteri della diocesi, che rinnoveranno le promesse sacerdotali, inizierà alle 9.30 con la processione dal Palazzo Vescovile. Nell’omelia mons. Napolioni ricorderà gli anniversari di ordinazione. Quest’anno festeggia il 70° mons. Francesco Lucchi, mentre celebrano il 50° don Mario Dellacorna, don Luigi Parmigiani, don Giuseppe Salomoni e don Giovanni Sanfelici. Ricorda il 25° don Davide Ferretti e due sacerdoti che, pur non essendo incardinati a Cremona, svolgono il loro ministero pastorale nel territorio diocesano: don Anton Jicmon (cappellano della comunità cattolica romena) e il camilliano padre Giuseppe Ripamonti (collaboratore nell’unità pastorale di Casalmorano). Non mancherà una preghiera di suffragio per i sacerdoti scomparsi durante i dodici mesi precedenti: don Giancarlo Gremizzi, don Massimo Morselli, don Alessandro Fagnani, mons. Alberto Pianazza e mons. Carlo Abbiati. Durante l’omelia saranno benedetti gli oli santi che, al termine della Messa, il Vescovo consegnerà ai Vicari zonali perché siano distribuiti in tutte le parrocchie. Accanto a mons. Napolioni, prenderanno posto sul presbiterio il vescovo emerito mons. Dante Lafranconi, il vicario generale mons. Mario Marchesi, i delegati episcopali, i canonici del Capitolo, i vicari delle undici zone pastorali, i sacerdoti che festeggiano un particolare anniversario di ordinazione. Il servizio liturgico, così come per tutte le liturgie della Settimana Santa, sarà garantito dagli studenti di Teologia del Seminario Vescovile di Cremona, sotto la direzione del segretario e cerimoniere episcopale don Flavio Meani. I canti dell’assemblea saranno diretti da don Graziano Ghisolfi e accompagnati all’organo dal maestro Fausto Caporali. Saranno presenti alcuni cantori del Coro della Cattedrale. La celebrazione sarà trasmessa in diretta streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it in sinergia con il centro di produzione radiotelevisiva diocesano TRC. Alle 12.15, in Seminario, mons. Napolioni pranzerà con tutti i sacerdoti della diocesi. S. Messa in Coena Domini – Alle ore 18 in Cattedrale il vescovo Napolioni celebrerà la Messa “in Coena Domini” con il suggestivo rito della lavanda dei piedi, non più ai bambini della parrocchia della Cattedrale, ma a un gruppo di giovani che negli oratori della diocesi svolgono il delicato compito di educatori. La liturgia, concelebrata dal Capitolo della Cattedrale, sarà animata con il canto dal Coro della Cattedrale diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi; all’organo il maestro Fausto Caporali. La celebrazione sarà trasmessa in diretta radiofonica su RCN e via streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it in sinergia con il centro di produzione radiotelevisiva diocesano TRC. Venerdì 25 marzo Liturgia delle Ore – La giornata si aprirà in Cattedrale alle 8.45 con la preghiera della Liturgia delle Ore presieduta dal Vescovo insieme al Capitolo della Cattedrale. Azione liturgica della Passione e Morte del Signore – Alle ore 18 in Cattedrale mons. Napolioni presiederà l’azione liturgica della Passione e Morte del Signore caratteritizzata dalla lettura dialogata della passione secondo l’evangelista Giovanni e dall’adorazione della Croce. La celebrazione sarà trasmessa in diretta radiofonica su RCN e via streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it in sinergia con il centro di produzione radiotelevisiva diocesano TRC. Processione della Sacra Spina – Alle ore 21 si terrà la processione cittadina con la reliquia della Sacra Spina. La processione, alla presenza delle massime autorità del territorio, si snoderà da piazza del Comune in largo Boccaccino, via Mercatello, corso Mazzini, piazza Roma (lato sud), corso Cavour, via Verdi, piazza Stradivari, via Baldesio e di nuovo piazza del Comune. La conclusione della processione come sempre di nuovo in Cattedrale, dove il Vescovo terrà l’omelia e impartirà la benedizione con la preziosa reliquia. I canti saranno proposti dal Coro della Cattedrale, diretto da don Graziano Ghisolfi. Le offerte raccolte durante l’intera giornata saranno devolute ai bisogni della Chiesa in Terra Santa. Sabato 26 marzo Liturgia delle Ore – La giornata si aprirà in Cattedrale alle 8.45 con la preghiera della Liturgia delle Ore presieduta dal Vescovo insieme al Capitolo della Cattedrale. Veglia di Pasqua – Alle ore 21.30 mons. Napolioni presiederà la solenne Veglia pasquale, che avrà inizio nel cortile del palazzo Vescovile con la liturgia della luce. Quindi proseguirà in Cattedrale. Accanto al Vescovo il vicario generale e il Capitolo della Cattedrale. Dopo l’omelia, il Vescovo amministrerà i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana a 11 catecumeni provenienti da Albania, Costa d’Avorio e Camerun e che risiedono a Cremona, Bonemerse, Cassano d’Adda, Casirate d’Adda e Scandolara Ravara. Si tratta di Bardhi Kaci, Elegantina Pjetri Kaci (marito e moglie), Fran Biba, Dominique Annette Naossi Nadia, Sylvestre Yao N’Goran, Rudina Mecaj, Marie Beurge, Franck Dongo, i coniugi Todi Prendi e Juliana Prendi e Carine Yedo Assoma. La liturgia sarà animata con il canto dal Coro della Cattedrale accompagnato all’organo dal maestro Fausto Caporali. Direzione affidata al maestro don Graziano Ghisolfi. La celebrazione, che sarà come sempre trasmessa in diretta radiofonica su RCN e via streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it in sinergia con il centro di produzione radiotelevisiva diocesano TRC, sarà proposta anche in televisione da Cremona1 (canale 211 del digitale terrestre). Domenica 27 marzo S. Messa di Pasqua – Alle ore 11 in Cattedrale il Vescovo presiederà il solenne Pontificale al termine del quale impartirà la benedizione apostolica con annessa indulgenza plenaria. Accanto al Vescovo il vicario generale e il Capitolo della Cattedrale. Presente il Coro della Cattedrale, diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi. L’accompagnamento sarà affidato agli organisti Fausto Caporali (al Mascioni) e Marco Ruggeri (al Positivo). La liturgia sarà trasmessa in diretta dall’emittente televisiva Cremona1 (canale digitale 211), oltre che su RCN e via streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it. Vespri di Pasqua – Alle ore 17, infine, il Vescovo presiederà i Secondi Vespri di Pasqua a conclusione del Triduo Pasquale, alla presenza dei canonici del Perinsigne Capitolo della Cattedrale presieduto da mons. Giuseppe Perotti. L’animazione musicale sarà a cura del Coro della Cattedrale. Il Vescovo al Crisma: «Prebisterio unito per affrontare le sfide del mondo di oggi» «Una speciale manifestazione di Gesù vivo nella sua Chiesa» così mons. Napolioni ha definito la sua prima Messa Crismale in terra cremonese concelebrata nella mattinata del 24 marzo, giovedì santo, in Cattedrale, con il presbiterio diocesano. Una celebrazione corale, quasi un’epifania della Chiesa, corpo di Cristo, organicamente strutturato in diversi ministeri e carismi che hanno la loro radice nell’iniziazione cristiana. Non a caso nella suggestiva liturgia sono stati benedetti gli oli per i battesimi e le Cresime oltre che quello degli infermi. Accanto a mons. Napolioni il vescovo emerito Dante, il vicario generale, mons. Mario Marchesi, i delegati episcopali, i canonici del Capitolo, gli undici vicari zonali che proprio al termine della celebrazione hanno ricevuto dalle mani del presule gli olii da distribuire nelle varie parrocchie e alcuni presbiteri che quest’anno festeggiano un particolare anniversario di ordinazione. Alle 9.30, oltre 200 sacerdoti, in fila per quattro, sono usciti dal portone dell’episcopio al canto delle litanie dei santi della Chiesa cremonese e hanno attraversato una piazza del Duomo assolata e piena di cremonesi incuriositi per questo strano spettacolo. Nel massimo tempio cittadino le invocazioni dei santi hanno lasciato spazio alle possenti note dell’organo Mascioni, suonato dal maesto Fausto Caporali, e al solista che ha intonato il canto di ingresso: «Popolo sacerdotale, assemblea santa, stirpe sacerdotale, popolo di Dio, canta al tuo Signore». Parole tratte dalla prima lettera di Pietro che ben hanno introdotto alla celebrazione. Dopo i riti iniziali, con il Gloria gregoriano intonato dalla numerosa assemblea in camice e stola bianca, le letture offerte dai seminaristi diocesani e il Vangelo proclamato da un diacono permanente ha preso la parola mons. Napolioni. All’inizio della sua omelia il Vescovo ha ricordato che proprio in Cattedrale, il 30 gennaio scorso, è stato consacrato con il crisma di salvezza. «Lo stesso olio – ha precisato – aveva unto le nostre mani di sacerdoti, destinandoci alla missione di Cristo, pastore e sposo della Chiesa. Lui, l’unico Salvatore, fa di tutti i battezzati, il suo Corpo, il Suo regno di sacerdoti, il nuovo popolo di Dio». In questo senso la Messa crismale è «una speciale manifestazione di Gesù vivo nella sua Chiesa». Sempre riandando a quell’ultimo giorno di gennaio mons. Napolioni ha ricordato quel «Fate quello che dirà», impegno solenne ricevuto dalla Vergine Maria: «Era uno speciale invito all’ascolto, alla conoscenza reciproca, per discernere la volontà di Dio su Dio». E i primi passi del vescovo Antonio in terra lombarda sono stati molto positivi: «Ringrazio il Signore per la bellezza di questo nuovo inizio: voi e le vostre comunità mi avete accolto a braccia aperte, con tanta fede. Avete reso più facile il distacco, per abbandonarmi totalmente a ciò che Dio mi prepara qui, con voi». Mons. Napolioni partendo dall’incomprensione della gente di Nazaret verso Gesù che predica nella sinagoga ha ricordato i dialogi delle scorse settimane tra lui e i sacerdoti, negli incontri nelle zone pastorali. Da essi emergeva: «il disagio che proviamo, portando avanti con generosità programmi e stili pastorali collaudati da secoli, compiti cui siamo stati preparati sistematicamente dagli anni di seminario, mentre il mondo cambia ad una velocità impressionante, chiedendoci un rinnovamento che a volte tentiamo, ma spesso senza convinzione. Percepiamo intorno a noi occhi silenziosi che chiedono – senza saperlo – diversi volti di Chiesa: le tradizioni degli anziani, i problemi delle famiglie, le sfide dei giovani, persino la triste scomparsa dei bambini». Di fronte al dramma dell’incomprensione Gesù che fa? Non fugge, ma nemmeno offre risposte frettolose: «Andò, invece, a farsi un gruppetto di discepoli, amici con cui condividere giorni tra la folla, notti nel deserto, speranze e fallimenti. Non li scelse tra i migliori, ma “li chiamò perché stessero con Lui e per mandarli a predicare”. Inventò il presbiterio!». E il suo presbiterio Gesù lo riunisce nel Cenacolo, una casa dove tutto è pronto per una cena speciale. E nella consapevolezza che la Chiesa nasce e rinasce dalla case il presule ha invitato i preti ad aprire le proprie abitazioni ai confratelli che vivono accanto: «Ho sofferto – ha confidato – nel sentire da tantissimi di voi che, anche nella stessa parrocchia, ciascuno vive in casa sua, mangia da solo». « Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, Giuda e gli altri sono stati coinvolti da Gesù in un’esperienza quotidiana – e non necessariamente comoda – di familiarità, per un efficace apprendistato della fede, della comunione e della missione. Questi sono gli obiettivi che il Concilio Vaticano II ci ha riconsegnato, perché pienamente corrispondenti alla volontà di Dio. E corrispondenti al bene della gente, che tutto il resto può procurarselo da sé e altrove». Per mons. Napolioni la risposta alle sfide della missione è anzitutto: essere presbiterio. «La varietà di doni e vicende che ci caratterizza, accolta lavandoci i piedi vicendevolmente, con la delicatezza che vince il riserbo, può dare la gioia di una splendida polifonia. Questa Chiesa se lo è certamente riproposto ogni anno, con la guida dei Pastori che mi hanno preceduto. Proviamoci ancora, con l’umiltà che l’odierna complessità impone, ma anche con serena curiosità nei confronti delle sorprese che Dio ci prepara». In questa prospettiva mons. Napolioni ha annunciato la consegna a ogni sacerdote di una sua lettera nella quale egli chiede consiglio circa le scelte future da compiere. Poi essendo una “festa di famiglia” c’è stato spazio per ricordare gli anniversari di ordinazione: i 70 di sacerdoti di don Francesco Lucchi, il 50° di don Mario Dellacorna, don Luigi Parmigiani, don Giuseppe Salomoni e don Giovanni Sanfelici, e il 25° di don Davide Ferretti, don Anton Jicmon e padre Giuseppe Ripamonti. Senza dimenticare chi ora è già nella liturgia celeste: don Giancarlo Gremizzi, don Massimo Morselli, don Alessandro Fagnani, don Vittorio Bergomi, mons. Alberto Pianazza e mons. Carlo Abbiati il cui funerale è stato celebrato il mercoledì santo proprio in Cattedrale. «Chiedo scusa – ha proseguito il presule – ai religiosi e alle religiose, ai diaconi e ai fratelli laici, se oggi ho concentrato la mia attenzione soprattutto sul presbiterio. E’ il primo compito che la Chiesa mi affida, ed è anche un bene per tutto il popolo di Dio». E infine un ultimo pensiero ai preti: «Che ciascuno possa accorgersi che “non poteva capitarmi niente di più bello della vocazione sacerdotale!”. Se questa coscienza trasparirà appena un po’ nel nostro stile di vita, non mancheranno vocazioni alla nostra Chiesa». Omelia del vescovo Napolioni: leggi il testo La solenne liturgia è proseguita con le rinnovazione delle promesse sacerdotali, la preghiera per il vescovo e per tutti i presbiteri e la benedizione degli oli. Tre grosse anfore in argento sono state portate dinanzi al Vescovo da alcuni diaconi. Prima è stato benedetto l’olio degli infermi, poi quello dei catecumeni e infine, il Sacro Crisma a cui è stato aggiunto del balsamo profumato. La Messa è continuata con la liturgia eucaristica e i riti di comunione. Prima della benedizione mons. Napolioni ha consegnato agli undici vicari zonali un confanetto contenente le ampolle degli olii da distribuire in tutte le parrocchie della diocesi. E prima della benedizione finale mons. Napolioni ha riservato una sorpresa ai suoi sacerdoti. Il presule, infatti, ha chiesto al Coro San Vincenzo Grossi di Pizzighettone, diretto da Roberta Ghidoni, di eseguire il canto “Un prete contento”, scritto dalla stata direttrice e musicato da Lodovico Saccol in occasione del canonizzazione di don Vincenzo Grossi avvenuta il 18 ottobre 2015 in Vaticano. Un modo simpatico per formulare ai presbiteri gli auguri pasquali e per indicare loro l’esempio di un prete cremonese, che ha raggiunto la santità nella quotidianità del suo ministero pastorale. Il Coro, nato nel novembre 1996, conta 44 cantori con età compresa dai 4 ai 12 anni provenienti dall’unità pastorale di Pizzighettone, ma anche dai paesi limitrofi. La giovanissima compagine vanta esibizioni in tutta Italia comprese alcune presenze in televisione insieme al Piccolo Coro «Mariele Ventre» dell’Antoniano di Bologna. E mentre si formava la processione finale il presule ha incontrato brevemente i cresimandi presenti ai quali ha chiesto di proseguire con gioia il loro itinerario alla scoperta di Gesù anche dopo la Cresima. Le parole del Vescovo ai cresimandi La bella giornata sacerdotale si è conclusa in Seminario con il pranzo fraterno. Photogallery: processione d’ingresso dei sacerdoti liturgia della Parola benedizione degli oli santi liturgia eucaristica e consegna degli oli canto “Un prete contento” e incontro con i cresimandi saluti del Vescovo ai fedeli presenti Il Vescovo ai mille del PalaSport: «Non pompieri ma incendiari della misericordia di Dio» Alla fine è stato un lungo, caloroso abbraccio quello che i giovani cremonesi hanno riservato al vescovo Antonio durante la sua prima veglia delle palme celebrata nel tardo pomeriggio di sabato 19 marzo, al Palazzetto dello Sport di Cremona. L’evento, promosso dall’ufficio di pastorale giovanile, diretto da don Paolo Arienti, con l’ausilio dei collaboratori della Federazione Oratori nella caratteristica casacca gialla, ha avuto un inizio davvero suggestivo: la «costruzione» della croce della Gmg ad opera di due giovani che hanno visto la loro vita segnata dalla sofferenza, ma che hanno contemplato anche l’alba della risurrezione. Da un parte Filippo, 19 anni, reduce da una battaglia vinta contro la leucemia e dall’altra Iannik, profugo dalla Costa D’Avorio, testimone di uno degli infiniti viaggi della speranza per il Mediterraneo che per tante persone. E mentre i due giovani sollevavano la croce al centro della scena dal grande video è stato proiettato uno stralcio del messaggio di Papa Francesco per la Gmg di Cracovia del luglio prossimo dal titolo: «Beati i misericordiosi». Accolto da una vera ovazione da stadio, mentre il coro giovanile della diocesi, diretto da Mauro Viola, intovana “Emmanuel”, il noto inno della Gmg del grande Giubileo del 2000, intorno alle 18.10 è entrato il vescovo Antonio, accompagnato da don Francesco Gandioli, diacono del Seminario che nel prossimo giugno sarà ordinato sacerdote. Mons. Napolioni subito dopo il saluto liturgico ha ricevuto il saluto di un collaboratore F.O.Cr., Giovanni, a nome di tutti i ragazzi presenti. «Siamo contenti di incontrarla – ha esordito il giovane – e di lasciarci guidare dal suo entusiasmo e dalla sua preghiera». E poi ancora: «Questa sera vorremmo che il protagonista di questo incontro, l’ospite atteso, fosse Gesù Cristo, con il suo Vangelo di profezia, con la sua chiamata ad un amore vero, operoso e forte». E infine: «Grazie vescovo Antonio, per i primi passi che sta compiendo con noi nella Chiesa cremonese, e grazie per l’aiuto che anche stasera ci vorrà donare. La fede a volte per noi è difficile, e lei lo sa. Sia per noi maestro di una fede vera. La accogliamo un po’ come un nostro padre, proprio oggi che è la festa del papà». Ad iniettare ancora più entusiasmo, ma anche voglia di riflettere e meditare il canto dei Queen “Somebody to love”. Un invito ad amare che si è concretizzato nello svelamento del quadro del Buon Samaritano di Vincent Van Gogh. Un giovane lettore, quindi, ha rammentato provocatoriamente quanto le 14 opere di misericordia al giorno d’oggi siano considerate desuete, arretrate rispetto ad un mondo che si fa da sé e che lascia fatalmente indietro chi non è adatto. Meglio dunque sfruttare l’uomo piuttosto che servirlo, relegarlo a rango di oggetto o considerarlo come Pinocchio come una bambola che si può manovrare. Un breve, ma simpatico mimo di Stefano Priori e Sonia Balestrero, ha illustrato come la relazione vera conduca a considerare l’altro non tanto come una marionetta da manovrare, ma una persona da amare e ad accogliere. Allora le opere di misericordia non sono un qualcosa fuori dal tempo, ma realtà che si concretizzano nella cura verso l’altro. Come nel caso di Irene e Davide che spendono il loro servizio civile nella Casa dell’Accoglienza di Cremona accanto ai profughi e ai richiedenti asilo, oppure di Benedetta neuro psico motricista alla Casa del Sole di Mantova che si occupa di bambini diversamente abili, o di Angelo, educatore alla Tenda di Cristo di Acquanegra Cremonese, che ha perdonato la madre dopo che lo aveva abbandonato da piccolo con il padre dializzato e malato di cuore. Storie semplici che dicono che amare e possibile e che la vita può essere una chiamata, una vocazione. Le parole degli uomini hanno quindi lasciato lo spazio alla Parola di Dio. Il diacono Gandioli ha proclamato un brano del Vangelo di Marco nel quale Gesù invita i suoi discepoli a «servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Mons. Napolioni nella sua omelia, vero e proprio dialogo con i mille del PalaSport, ha toccato tutti i grandi temi cari ai giovani: i dubbi di fede, il senso vero della felicità, il servizio come autentica realizzazione della propria vita, la misericordia come unica strada per conquistare pace e felicità. Il vescovo Antonio, che all’inizio ha ricordato di aver vissuto tutta la sua vita sacerdotale in mezzo ai giovani, ha spronato in modo particolare i ragazzi a non vivere una vita stile «zapping», senza un filo rosso, ma di affidare a Cristo i propri desideri sapendo però che il Signore non può agire senza l’assenso della libertà umana. Quindi l’invito a «diventare grandi» senza però sgomitare o calpestare gli altri ma imparando da Gesù, il quale proprio sulla Croce manifesta che la vera realizzazione dell’uomo è nel dono totale di sè. E poi una domanda chiara: «Ci state ad aiutare il Vescovo e i sacerdoti a rendere trasparenza dell’amore di Cristo questa nostra Chiesa? Servire è amare! È vero che amare è un verbo ambiguo e abusato tanto che il papa usata il termine «Misericordiare» cioè tirare fuori la propria tenerezza verso chi più ha bisogno». «Bisogna trasmettere al mondo questo fuoco di misericordia – ha proseguito -. Non pompieri, ma incendiari non teneroni ma testimoni della misericordia ricevuta e donata». «Da dove viene la forza della Croce? Essa, come insegna il Santo Padre Francesco, è il segno più eloquente della misericordia di Dio: nella croce possiamo toccare la misericordia del Signore, possiamo lasciarci toccare dalla sua misericordia». La riflessione del vescovo Napolioni Parole che subito si sono tramutate in preghiera con una suggestiva adorazione della Croce. Il vescovo e i collaboratori della F.O.Cr. si sono posizionati in ginocchio dinanzi al grande legno mentre dallo schermo venivano proiettate immagini eloquenti di giovani e ragazzi la cui dignità è calpestata dalla cattiveria dell’uomo, ma anche fotografie di giovani con occhi pieni di speranza. Silenzio, canto e parole hanno unito in un’unica voce mons. Napolioni e i mille del PalaSport. C’è stato poi spazio per la raccolta delle offerte che quest’anno andrà a favore di Casa di Nostra Signora che una volta ristrutturata ospiterà donne in difficoltà in ricerca di un riscatto sociale. Le parole del Vescovo prima della consegna delle Palme Mons. Napolioni ha quindi consegnato ai rappresentati di tutti gli oratori e le associazioni – presenti in modo massiccio i Neocatecumenali e gli Scout – la palma e un “gancio” che ricorda la prossima Gmg di Cracovia. È stato proprio il vescovo Antonio ad annunciare che in Polonia alla fine di luglio andranno oltre 500 giovani cremonesi. Infine i ringraziamenti di don Paolo che ha anche ricordato l’immenente ordinazione di don Francesco: a lui è stato consegnato un calice e una patena ed è stata strappata la promessa di celebrare un’Eucaristia per i giovani della diocesi. Il saluto del Vescovo prima della benedizione finale La benedizione episcopale ha quindi concluso la prima parte della serata. Dopo la cena al sacco è stato messo in scena lo spettacolo “La sosta”, a cura del Teatro Minimo: una rivisitazione in chiave moderna della parabola del buon samaritano. Riflettori puntati su un locale che, a causa di un improvviso temporale, diventa luogo di incontro di alcuni personaggi. Costretti a condividere alcune ore insieme, scoprono che sono molti i punti che hanno in comune, legati alla strana vicenda di un barbone trovato sofferente sulla strada. Solo una sempre più approfondita conoscenza del gruppo permette di leggere quella vicenda con un’attenzione ben diversa. Claudio Rasoli Photogallery della serata: foto dei gruppi all’arrivo in attesa della veglia incontro con il Vescovo (1 parte) incontro con il Vescovo (2 parte) altre visuali delle veglia consegna delle palme spettacolo “La sosta” Mons. Napolioni nella veglia di Pasqua: «Rischiamo di fermarci a un Cristo sepolto e vivere un Cristianesimo che non produce vita» Per il prima volta il vescovo Antonio Napolioni ha conferito in diocesi i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Lo ha fatto nella solenne veglia pasquale di sabato 26 marzo, nella quale ha battezzato, cresimato e comunicato 14 catecumeni originari di Albania, Costa d’Avorio, Camerun e Iran. Segno di una «Chiesa viva», ha affermato il Vescovo sottolineato come solo l’incontro con volti e parrocchie ha saputo far nascere il desiderio di entrare a far parte della comunità dei discepoli di Cristo. Per questo mons. Napolioni ha voluto rivolgere un particolare ringraziamento non solo a don Antonio Facchinetti, responsabile diocesano per il Catecumenato, ma anche a tutti i parroci, i catechisti, i garanti e le famiglie che hanno accompagnato il percorso dei catecumeni. «Siete e siamo una Chiesa viva – ha detto il Vescovo – dove Cristo è vivo e parla e chiama e dona la fede a nuovi fratelli e sorelle». La lunga veglia è iniziata alle 21.30 nel cortile del Palazzo Vescovile dove, nella totale oscurità, è iniziata la liturgia della luce con il Vescovo che prima ha benedetto il fuoco e poi ha preparato il cero, simbolo di Cristo Risorto, dalla cui fiamma sono state accese le candele dei fedeli. Quindi, in processione verso la Cattedrale, per tre volte il diacono don Francesco Gandioli ha innalzato il grande cero acclamando a Cristo luce del mondo. La terza volta l’ha fatto nella navata centrale, ai piedi dell’altare. Solo allora anche le luci del massimo tempio cittadino sono stata accese. Poi, una volta incensato il cero pasquale, don Gandioli ha cantato l’Exultet, l’antico inno del preconio su musica di don Antonio Parisi. Ha quindi preso avvio la seconda parte della veglia, quella della liturgia della Parola, ascoltando i sette lunghi brani biblici che hanno ripercorso la storia della salvezza fino al solenne canto del Gloria, che ha di nuovo “sciolto” le campane e inondato di luce la Cattedrale. Poi la lettura dell’epistola di Paolo e il suggestivo annuncio dell’Alleluia con la proclamazione del Vangelo della Risurrezione. «Moltiplicassimo all’infinito il colore, la musica, i profumi, i segni della festa – ha esordito il Vescovo nell’omelia – per quante sono le cattedrali e le chiese della terra non basterebbe a esprimere lo stupore e la gioia per quello che questa notte custodisce e ci dona. Non solo la memoria di un fatto: Gesù risuscitò dai morti. Ma ciò che quel fatto ha reso possibile nel tempo, fino alla fine dei tempi». Mons. Napolioni guardando alla Risurrezione ha riflettuto su cosa significa nascere di nuovo. Eppure spesso l’uomo vive atteggiamenti del tutto opposti: «Ancora oggi in nome di Dio, o magari usando come scusa il nome di Dio, – ha ricordato il Vescovo – si uccide, si semina odio. Ancora oggi bestemmiamo Dio in mille modi: non tanto con le labbra, ma con la nostra vita. Profaniamo il tempio di Dio che è un ogni bambino, ogni creatura, il più povero, il più debole». E poi ha proseguito: «Abbiamo le nostre storie, le nostre culture, ma tutti rinasciamo da quell’acqua». «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati», ha ricordato ai catecumeni mons. Napolioni che, guardando all’etimologia del termine “puro”, ha proseguito: «Un cuore infuocato non congelato. Dunque non un cuore che, per paura, non tocca la vita, non si sporca, non si compromette. Ma un cuore che, come quello di Gesù, si spacca, si apre e genera la salvezza, la fraternità, la misericordia, il perdono, la speranza. Solo chi si lascia infuocare dallo spirito di Dio fa questa esperienza». Un cuore nuovo, dunque, non a motivo di «un trapianto», ha scherzato il Vescovo, ma a motivo del cambiamento che deriva dall’adesione al Vangelo. «Voi non avete un cuore di pietra – ha detto ancora – nessuno di noi pensa di averlo. Ma capita di indurirci tutte le volte in cui pensiamo di farcela da soli e assecondiamo i nostri istinti e diventiamo testardi e non dialoghiamo più: in famiglia non ci si capisce più e gli altri sbagliano sempre e crescono tra noi i muri, le divisioni e i conflitti. Diventiamo di pietra! Il cuore di carne che Gesù ci offre è il suo. Non è semplicemente intenerire i nostri sentimenti, ammorbidirci. No, ci dice: Io vivrò in te, tu puoi condividere tutto di me. Certo, passando per la croce, per la via stretta, unendoci alla sua passione, godendo del suo rapporto con il Padre, lasciandoci accendere dal suo stesso spirito». Poi il riferimento alla terza comunità neocatecumenale di S. Ilario e S. Agata presente con indosso le vesti bianche conferite proprio nei giorni precedenti dal Vescovo. «Alcuni fratelli – ha spiegato mons. Napolioni – indossano una veste bianca perché sono al culmine di un lungo cammino di riscoperta del Battesimo. Siamo pronti a morire e risorgere? Siamo pronti a diventare vivi del Cristo risorto e di un Cristianesimo che, dunque, non possiamo cercare tra i morti?». E ancora: «A volte rischiamo di fermarci a un Cristo sepolto e a vivere un Cristianesimo che non produce vita. Voi, invece, stasera – ha detto ancora rivolto ai catecumeni – ci aiutate a diventare tutti più vivi, più presenti, più palpitanti con la nostra umanità fatta di limiti e di peccati, ma abitata e trasfigurata dal Signore risorto che, non solo ci rigenera nel Battesimo, ma ci nutre continuamente con i Sacramenti, con l’Eucaristia: ci fa diventare il suo corpo, la sua presenza viva. Ecco perché la veglia pasquale è la madre del cammino della Chiesa». Infine un auspicio: «Mi auguro – per me e per voi e per tutti – che questa celebrazione ci seduca, cioè ci innamori di Cristo, ci porti a Lui, ci unisca a Lui e faccia di noi un segno visibile di Lui risorto. Non avremo il coraggio di dire, come san Paolo, “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Forse non riusciremo a dire “Per me vivere è Cristo e morire è un guadagno”. Ma lo Spirito Santo può dilatare il nostro cuore e può far crescere la nostra fede fino a pensieri e sentimenti come questi. Perché ce ne accorgeremo che solo in lui trova senso la nostra vita, solo in Lui vivente noi siamo vivi e immortali». La celebrazione è proseguita con la liturgia battesimale, aperta dalla chiamata degli eletti da parte di don Facchinetti. Il gruppo più consistente di Cremona: dalla parrocchia di S. Michele Rudina Mecaj, originaria dell’Albania, e Marie Beugre e Franck Dongo, della Costa d’Avorio; così come Carine Yedo Assoma, del Cambonino. Di origini ivoriane anche Sylvestre Yao N’goran di Bonemerse e Joelle Kouassi Ahou e Ange Gouanet Rostan di Piadena. Originari dell’Albania Todi Prendi e Juliana Prendi (di Scandolara Ravara), così come Bardhi Kaci e Eglantina Pjetri Kaci (di Casirate d’Adda) e Fran Biba (di Cassano d’Adda). Da Cassano anche Dominique Annette Naossi Nadia, originaria del Camerun. Originaria di Tehran (Iran) Fariba Zahmatkesh Oladi, di Casalmaggiore. Dopo il canto delle litanie, la benedizione dell’acqua e la professione di fede, ogni catecumeno, accompagnato dai propri padrini o madrine, si è avvicinato al fonte, posizionato al centro del presbiterio, per ricevere sul capo l’acqua benedetta, che mons. Napolioni ha imposto attingendo l’acqua dal fonte con la propria mano. La consegna della veste bianca da parte del Vescovo e della candela accesa con la fiamma del cero pasquale ai padrini e alle madrine, perché la consegnassero ai neobattezzati, hanno evidenziato la nuova dignità di figli di Dio di questi 14 adulti. A seguire mons. Napolioni ha amministrato il sacramento della Confermazione. Dopo la liturgia eucaristica, invece, i nuovi cristiani l’hanno ricevuto la Prima Comunione, sotto forma delle due specie. Insieme a mons. Napolioni hanno concelebrato il responsabile diocesano del Servizio per il Catecumenato, don Antonio Facchinetti, alcuni dei canonici del Capitolo con il presidente mons. Giuseppe Perotti e diversi altri sacerdoti, tra cui il rettore del Seminario, don Enrico Trevisi, e il direttore spirituale don Primo Margini, il delegato episcopale per la Pastorale, don Irvano Maglia, e i sacerdoti che hanno seguito il cammino dei catecumeni, oltre a don Franco Regonaschi (collaboratore parrocchiale a S. Ilario e S. Agata) e don Pierangelo Pedretti (incardinato nella diocesi di Roma) che insieme agli altri membri della terza comunità del Cammino neocatecumenale di S. Ilario lo scorso 21 marzo a Palazzo Vescovile hanno ricevuto da mons. Napolioni la veste bianca al termine del percorso di riscoperto del Battesimo durato 25 anni. La solenne veglia pasquale si è conclusa con un particolare saluto alla Madre del Risorto: mentre mons. Napolioni incensava la pala dell’Assunta che troneggia nell’abside, il Coro della Cattedrale (che sotto la direzione del maestro don Graziano Ghisolfi ha accompagnato l’intera liturgia, supportato dal suono dell’organo e di una tromba) ha intonato il “Regina coeli laetare”, il tipico canto mariano del tempo di Pasqua. Photogallery: Lucernario in Palazzo Vescovile e in Cattedrale Liturgia della Parola Battesimo dei Catecumeni Cresima dei Catecumeni Liturgia eucaristica «Lasciamoci prendere per mano dal vuoto di Dio»: l'invito del vescovo Antonio all'apertura della Settimana Santa Come in tutte le parrocchie della diocesi, anche in Cattedrale è stata celebrata dal vescovo Antonio la Santa messa della Domenica delle Palme, che apre la Settimana Santa, dopo le cinque settimane di Quaresima. Prima di iniziare la liturgia eucaristica in Duomo, presso la chiesa di San Girolamo, in via Sicardo, mons. Napolioni ha benedetto i rami di ulivo, dopodiché è stato proclamato il Vangelo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, avvenuto nei giorni precedenti la sua passione, morte e risurrezione. I fedeli, seguendo i presbiteri che recavano in mano rami di palme, hanno formato la processione che è entrata in Cattedrale dopo aver attraversato la gremita piazza del Duomo, tra la curiosità dei passanti. Tra i concelebranti anche il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi. A caratterizzare la celebrazione, la lettura della Passione secondo Luca, proclamata dalle voci dei diaconi Eliseo Galli e Cesare Galantini insieme a don Francesco Gandioli, che il prossimo giugno sarà ordinato sacerdote. Dopo il Passio, mons. Napolioni ha voluto riflettere sul modo in cui celebrare questa Pasqua, ormai alle porte, attraverso la quale la misericordia di Dio si manifesta e mostra tutta la sua bellezza. È duplice il significato di questa particolare giornata che inaugura la Settimana Santa: è sia domenica delle Palme, sia domenica di Passione. È dunque occasione di festa, di accoglienza, dove al centro c’è una folla che acclama, una città che fa spazio, dove si manifesta l’entusiasmo dei semplici, che vedono in Gesù il possibile messia. Ma è anche domenica di sofferenza – ha continuato il Vescovo – nella quale si ricorda, attraverso le parole di san Paolo, che Cristo svuota sé stesso. «Non è il Dio dei nostri applausi, delle nostre piazze. È un Dio che fa spazio, allarga l’orizzonte, si mette da parte e paga per tutti». Il vescovo Antonio ha dunque richiamato lo stile proprio del cristiano, che non deve pretendere di avere il controllo di tutto, lasciando invece agire l’amore di Dio. «Lasciamoci prendere per mano dal vuoto di Dio per fare vuoto anche dentro di noi», è stato l’invito di mons. Napolioni, all’inizio della Settimana Santa. L’affollamento di pensieri, le cose da fare devono lasciare spazio allo stupore, alla contemplazione del grande mistero di Dio. In questo viene in aiuto il Vangelo della Passione di Luca che raffigura questo atteggiamento con tre delicate pennellate: il pianto delle donne, la preghiera del ladrone e il perdono che Gesù rivolge ai suoi uccisori. Questi devono essere gli sguardi attraverso i quali vivere in pienezza la prossima Pasqua di Risurrezione. Durante la Settimana Santa il Vescovo presiederà in Cattedrale la Messa crismale con tutti i sacerdoti della diocesi (giovedì mattina) e le celebrazioni del Triduo pasquale che culmineranno con la Veglia di Pasqua, solenne celebrazione e centro di tutto l’anno liturgico, nella quale saranno battezzati undici catecumeni adulti. Photogallery Il Vescovo nel Pontificale del 27 marzo: «Mi auguro che Cremona sia una città della Pasqua» «Oggi sono molto emozionato e contento, perché il vescovo è il testimone del Risorto«». È con queste parole che mons. Antonio Napolioni ha aperto l’omelia della solenne Messa pontificale di Pasqua, presieduta in Cattedrale nella mattina di domenica 27 marzo. E subito il riferimento è andato al suo predecessore, anch’egli presente in presbiterio, e alla successione apostolica garanzia di quel lieto annunzio che è il cuore della Pasqua. «Io, Antonio, – ha affermato il Vescovo – non potrei essere testimone del Risorto se non avessi ricevuto da Dante, e lui da Sandro e ogni vescovo da colui che l’ha consacrato, il Vangelo, la notizia, il fatto, ciò che i primi discepoli hanno visto e udito». «Questa notizia che viene da lontano e che è affidata alla Chiesa si incarna in noi». Poi lo sguardo è andato alla bella Catterdale, «innalzata per la fede nel Risorto». «Tra un po’ compirà mille anni. Pensavo: resisterà ancora per secoli e, magari quando verranno un giorno da qualche altro pianeta e la vedranno, racconterà la nostra fede. Mi auguro non come quelle bomboniere bellissime che mettiamo sull’armadio e si impolverano. Da fuori questa Cattedrale è ricamata nella pietra, dentro canta le meraviglie di Dio. Ma se non ci fossimo noi a renderla viva, a riempirla, e a riaprirla sul mondo e sulla città, se non la facessimo vivere come casa di Dio e dei suoi figli, sarebbe triste, sarebbe la conferma di una storia inutile quella che è stata raffigurata con tanta arte, che è solo un museo». E ha continuato: «Mi auguro che Cremona sia bella come i suoi cremonesi e i cremonesi siano vivi come la loro cattedrale. Mi auguro che Cremona sia una città della Pasqua». «Una città della Pasqua – ha precisato – perché in essa si custodisce e si trasmette la gioia della fede, la certezza della fede e il dinamismo della fede». Facendo riferimento alle letture mons. Napolioni si è quindi soffermato su tre verbi: partire, correre e salire. Il riferimento è stato anzitutto a Pietro che, dopo il tradimento, ha saputo trovare il coraggio e partire per la missione di annunciatore del Regno. «Possiamo ripartire! – ha affermato il Vescovo – È un nuovo principio di vita quello che il Signore risorto ha posto nella storia. Non semplicemente il suo lieto fine, ma il nostro lieto inizio. L’inizio della speranza, l’inizio della capacità d’amare, l’inizio di una nuova giustizia». Poi la corsa delle donne dopo la scoperta della tomba vuota e la corsa degli apostoli al sepolcro. «Noi corriamo troppo per ciò che non ci dà speranza! – ha messo in guardia il Vescovo – Dobbiamo ritrovare la capacità di correre con l’anima, laddove il Signore ci dà appuntamento, dove si rivela, dove ci rincuora, dove si chiede di essere le sue mani e i suoi piedi per coloro che lo cercano e non ne hanno l’esperienza. Correre là dove c’è bisogno di servire, di amare, di annunciare il Vangelo». Infine «salire», rivolgendo il pensiero alle cose di lassù, ma non per una fuga dalle responsabilità: «I cristiani che credono nel Cristo morto e risorto – ha precisato il Vescovo – non si estraneo dalla storia, ma ne conoscono l’orizzonte definitivo. Sanno dove porta la sequela di lui. Queste verità ci fanno mobilitare allora tutte le energie della mente, del corpo, dello spirito per vivere pienamente l’oggi che c’è stato dato, ma senza paura che i giorni che passano ci sottraggano qualcosa». Da qui l’augurio per questo giorno di Risurrezione: «Viviamo allora il giorno di Pasqua – ha concluso il Vescovo – come un Natale, con un nuovo indirizzo, come un nuovo punto di partenza per noi e per le situazioni che più sentiamo appesantite e ingarbugliate. Preghiamo il Signore, che ci dona il suo spirito, perché ci suggerisca le parole e i gesti, i silenzi e i sorrisi, tutto ciò che sarà opportuno per testimoniare che davvero Lui il risorto e che la nostra vita ha un senso grande al quale egli è fedele, lo porterà a compimento. Questo giorno fatto dal Signore non tramonterà. E allora anche la notte non farà più paura». Insieme al vescovo Antonio hanno concelebrato l’Eucaristia l’emerito, mons. Dante Lafranconi, e i canonici del Capitolo, insieme anche al delegato episcopale per la Pastorale. A caratterizzare il canto della medievale “Sequenza di Pasqua” prima della proclamazione del Vangelo e l’aspersione dei fedeli con l’acqua benedetta all’inizio della celebrazione: la stessa acqua che durante la veglia pasquale è servita per battezzare 14 catecumeni che proprio mons. Napolioni ha voluto ricordare nella preghiera dei fedeli, insieme a tutti i ragazzi che nelle prossime settimane riceveranno, nelle proprie parrocchie, i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. La Messa, che ha visto la presenza per il servizio d’ordine dell’Associazione nazionale carabinieri, è stata animata con il canto dal Coro della Cattedrale, diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi. L’accompagnamento musicale è stato affidato agli organisti Fausto Caporali (al Mascioni) e Marco Ruggeri (al Positivo), insieme al trombettista Giovanni Grandi. Il servizio liturgico, coordinato dal cerimoniere vescovile don Flavio Meani, era affidato, come per tutte le celebrazioni della Settimana Santa, ai seminaristi diocesani, con il diacono don Francesco Gandioli che ha servito all’altare. La celebrazione, trasmessa in diretta televisiva su Cremona1, come le liturgie dell’intera Settimana Santa è stata trasmessa anche via radio su RCN e in streaming audio-video sul nostro portale, grazie alla sinergia con il centro di produzione televisiva diocesano diretto da mons. Attilio Cibolini. Alle 17 in Cattedrale l’ultimo appuntamento del Triduo Pasquale, con il canto dei Secondi Vespri di Pasqua presieduti dal vescovo Napolioni alla presenza dei canonici del Perinsigne Capitolo della Cattedrale.