Albert Schweitzer - Casa del Giovane
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Albert Schweitzer - Casa del Giovane
B I O G R A F I A lbert Schweitzer Quello che puoi fare tu è solo una goccia nell'oceano, ma è ciò che dà significato alla tua vita. (Albert Schweitzer) A ALBERt SCHwEItzER Albert Schweitzer nacque a Kaysersberg, in quella zona dell'Alsazia del Sud appartenente al dipartimento dell'Alto Reno, il 14 gennaio 1875. Era un bambino malaticcio, tardo nel leggere e nello scrivere, faceva fatica a imparare. Da fanciullo riusciva egregiamente solo nella musica, a sette anni compose un inno, a otto cominciò a suonare l'organo, a nove sostituì un organista nelle funzioni in chiesa. Aveva pochi amici, ma dentro di sé coltivava già una spiccata e generosa emotività, estesa anche agli animali, come dimostra la preghiera che, sin da bambino, rivolgeva a Dio invocandone la protezione verso tutte le creature viventi. La scelta di vita Nel 1904, dopo aver letto un bollettino della società missionaria di Parigi che lamentava la mancanza di personale specializzato per svolgere il lavoro di una missione in Gabon, zona settentrionale dell'allora Congo, Albert sentì che era giunto il momento di dare il proprio contributo e, un anno dopo, all'età di trent'anni, si iscrisse a Medicina, per specializzarsi a trentotto in malattie tropicali. Schweitzer aveva le idee chiare anche sulla sua destinazione una volta ottenuta la laurea in medicina: Lambaréné, una città del Gabon occidentale. In una lettera scritta al direttore della Società Missionaria di Parigi, Alfred Boegner – di cui l'anno prima aveva letto un articolo sulla drammatica situazione delle popolazioni africane afflitte da lebbra e malattia del sonno, bisognose di un'assistenza medica – Schweitzer spiegò la sua scelta: «Qui molti mi possono sostituire anche meglio, laggiù gli uomini mancano. Non posso più aprire i giornali missionari senza essere preso da rimorsi. Questa sera ho pensato ancora a lungo, mi sono esaminato sino al profondo del cuore e affermo che la mia decisione è irrevocabile» I missionari furono inizialmente scettici sull'interesse dimostrato dal noto organista per l'Africa. La risposta di Schweitzer fu quella di impegnarsi a raccogliere fondi per conto proprio, mobilitando amici e conoscenti e tenendo concerti e conferenze per realizzare il sogno di costruire un ospedale in Africa. Imbarcatosi a Bordeaux sul piroscafo Europa, approda, il 16 aprile 1913, a Port Gentil ed attraversando l'Ogoouè, giunge sulla collina di Andendè, insediato dalla missione evangelica parigina di Lambaréné, dove accolto dagli indigeni appronta alla meglio il suo ambulatorio ricavato da un vecchio pollaio, con una rudimentale ma efficace camera operatoria, cui venne attribuito il suo stesso nome: Ospedale Schweitzer. Ad accompagnarlo in questa sua avventura è una giovane donna, di origine ebrea, che di Schweitzer sarebbe diventata la moglie e la compagna di vita: Hélène Bresslau, conosciuta nel 1901 a una festa di nozze. Albert e Hélène si sposarono nel 1912, dopo che Hélène ebbe ottenuto il diploma di infermiera, conseguito per L e immagini Albert Sch Una grand accompagn del bello e I primi centri di raccolta per i malati erano costruiti con mezzi di fortuna e con materiali poveri. Questa scarisità di mezzi non ha frenato il desiderio di Albert Schweitzer di impegnarsi nella sua missione ALBERt SCHwEItzER realizzare il sogno comune con il marito. Cominciano ben presto ad arrivare ogni giorno almeno una quarantina di pazienti. Albert ed Helene si trovano di fronte malattie di ogni genere legate all malnutrizione, così come alla mancanza di di cure e medicinali: elefantiasi, malaria, dissenteria, tubercolosi, tumori, malattia del sonno, malattie mentali, lebbra. Per i lebbrosi, molto più tardi, nel 1953, coi proventi del Nobel per la Pace, costruirà il Village Lumiere, ormai fatiscente e bisognoso di essere abbattutto e ricostruito. I primi anni in Africa e la deportazione Nel 1913 il medico si imbarcò finalmente per Lambaréné con la moglie, accompagnato da numerose critiche da parte dei suoi familiari. Le giornate di Schweitzer passavano poi a curare la malattie (lebbra, febbre gialla, ulcera tropicale, vaiolo...) che affliggevano la popolazione di Lambaréné. I suoi inizi nel cuore dell'Africa furono assai difficili: oltre a dover lottare contro la natura che lo circondava, piogge torrenziali, animali feroci o infidi come serpenti e coccodrilli, dovette vincere la diffidenza degli indigeni prima, e poi la loro ignoranza. Non fu facile avvicinare gli ammalati che si fidavano solo dei loro stregoni (con cui in seguito sviluppò un rapporto di amicizia); le cure del medico bianco non erano da principio ben accolte. La prima operazione di Schweitzer, su un trentenne nero, colpito da un'ernia che gli stava andando in peritonite, si svolge infatti in un clima surreale. Una volta che il paziente è stato sedato, Schweitzer, nel silenzio della popolazione nera che seguiva l'operazione, si muove con gesti precisi, conscio che se provocherà la morte di quell'uomo anche la sua sorte sarebbe stata compromessa. L'operazione, la prima di una lunghissima serie, andrà a buon fine. Poi, quando si riversarono a frotte nelle sue baracche per farsi curare, non seguivano le istruzioni del medico bianco, a volte le pomate che dovevano essere usate per la cura della pelle venivano mangiate, altre volte ingoiavano in una volta sola un intero flacone di medicinale. Schweitzer costruì a poco a poco un villaggio, i malati vi giungevano da ogni parte, spesso con le loro famiglie e tutti venivano ugualmente accolti, le loro usanze rispettate e così le loro credenze. Piano piano conquista la fiducia della gente di Lambaréné, e non solo. Dal profondo della foresta, da villaggi lontani anche centinaia di chilometri, arrivano malati desiderosi di cure. Schweitzer diventa una figura di riferimento, e le notizie di quello che sta facendo nel cuore dell'Africa più nera smuovono l'opinione pubblica mondiale. Per problemi politici legati alla Prima guerra mondiale dovette interrompere la sua attività. Ma avendo sempre a cuore la sua missione sapeva che prima o dopo sarebbe giunto il momento di ripartire. hweitzer al pianoforte. de per la musica ha nato la ricerca e del vero nella sua vita La notte, al lume di una candela dedicava del tempo allo studio per meglio dedicarsi agli altri La copertina che il Time. prestigiosa rivista americana, ha dedicato al medico che si è dedicato ai più poveri. ALBERt SCHwEItzER Il ritorno in Africa Il 14 febbraio 1924 Albert lasciò Strasburgo per raggiungere di nuovo l’agognata missione di Adendè il 19 aprile. Dell’ospedale non era rimasta che una baracca: tutte le altre costruzioni avevano ceduto col passare degli anni o erano completamente crollate. Organizzandosi per fare il medico di mattina e l’architetto nel pomeriggio, Albert dedicò i mesi successivi alla ricostruzione, tanto che nell’autunno del 1925 l’ospedale poté già accogliere 150 malati e i loro accompagnatori. Alla fine dell’anno l’ospedale operava a pieno ritmo, ma un’epidemia di dissenteria obbligò il suo fondatore a trasferirlo in una zona più ampia, tanto da doverlo costruire per la terza volta. il 21 gennaio del 1927 furono trasferiti gli ammalati nel nuovo complesso. Albert racconterà così la commozione della prima sera nel nuovo ospedale: ‘’Per la prima volta da quando sono in Africa, degli ammalati sonno alloggiati come si conviene per degli uomini. È per questo che levo il mio sguardo riconoscente a Dio, che mi ha permesso di provare questa gioia. Carisma, versatilità e tempra morale Complessivamente Albert fece diciannove viaggi a Lambarenè. Ovunque andasse era oberato di impegni: in Africa oltre che medico, era anche il costruttore e l’amministratore dell’ospedale. In Europa insegnava, sosteneva concerti e conferenze, scriveva libri per raccogliere fondi per la sua opera. Spesso veniva insignito di lauree Honoris causa e di molteplici riconoscimenti, tanto che la rivista time lo considerò ‘’il più grande uomo del mondo’’. Non era stato né il primo né l’unico medico ad inoltrarsi nella foresta vergine, ma il suo pensiero, il suo spirito, la sua personalità erano diventati un riferimento per molti,che in tutto il mondo condividevano i suoi ideali, tanto che vari professionisti seguendo il suo esempio si misero a servizio di opere umanitarie o missionarie in Africa. La sua tempra fisica, il suo carattere fermo unito a grande sensibilità e intelligenza, il rispetto per ogni forma di vita, la perseveranza, la fede, la musica d’organo e ogni opera che compiva vivendola appassionatamente, erano i motivi del suo successo. Ciononostante il grande uomo, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, rimaneva notevolmente umile e timido. Confessò a un suo corrispondente svizzero: ‘’..soffro di essere famoso e cerco di evitare tutto ciò che attira su di me l’attenzione’’. Premio Nobel Nel 1952 fu insignito del Premio Nobel per la Pace con il cui ricavato fece costruire il villaggio dei lebbrosi inaugurato l'anno successivo con il nome di Village de la lumière (villaggio della luce). Nei pochi momenti liberi che aveva, lavorando fino a tarda ora, si dedicava alla lettura e allo scrivere, ma anche questi avevano come scopo finale il mantenimento del suo ospedale a Lambaréné. La morte Il 4 settembre 1965 morì, ormai novantenne, poco dopo sua moglie, nel suo amato villaggio africano di Lambaréné. Migliaia di canoe attraversarono il fiume per portare l'ultimo saluto al loro benefattore, che sarà seppellito presso l'ansa del fiume. I giornali occidentali ne annunciarono la morte: "Schweitzer , uno dei più grandi figli della terra, si è spento nella foresta". Il posto di Schweitzer sarà preso dal successore da lui designato, walter Munz, un medico svizzero che a soli ventinove anni, nel 1962, aveva abbandonato una vita tranquilla e agiata in Europa per dare una mano a Lambaréné. L e sue parole “Non vivi in un mondo tutto da solo. Ci sono anche i tuoi fratelli.” va di sole che o i g g a nr l io “Nessu ma il germog no di o, sog perdut sveglia ha bi are. esso ri po per spunt sso al e tem è conc pare al e r p m Non se re di parteci e abbia to ch semina . Ogni opera ede.” o if raccolt re è frutto d valo “La ve rità no tutti i m n ha ora, è d i specia omenti, l m en momen ti in cu te dei inoppo i ci sembra rtuna. ”