Comunicazioni Ricordo che da bambino mischiavo l`acqua col vino
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Comunicazioni Ricordo che da bambino mischiavo l`acqua col vino
Comunicazioni Ricordo che da bambino mischiavo l’acqua col vino e che quando crebbi non lo feci più. Berlo assoluto mi rendeva orgoglioso, suscitava in me l’allegria, ma poi, mi accorsi che non era certo quella la strada giusta per sedare l’inquietudine giovanile, che insieme ai dubbi, se vissuta con intelligenza, poteva portarmi lontano. Spesso a certe cose non si rivolge particolare attenzione e pian piano, senza accorgersene, ci si ritrova impelagati fino al collo. Un giorno però, mentre ero in Toscana a fare un giro con mia moglie, in un periodo appena posteriore alle prese di coscienza sopra elencate, cominciai a scoprire il mondo del vino sotto altri punti di vista. Arrivammo al paese che era in cima alla collina passando per una stradina secondaria contornata da vigneti e sbucammo nella parte più remota e meno battuta dai ‘turisti del vino’. Venendo su non potemmo fare a meno di notare all’inizio di ogni filare di viti delle bellissime piante di rosa che ingentilivano in modo inconsueto i terreni coltivati. Di primo acchito pensammo che era opera delle donne che partecipavano alla fatica dei campi coi loro compagni poi però, parlando con un simpatico signore anziano del luogo, scoprimmo che le piante di rosa si beccavano con anticipo le stesse malattie delle viti e in questo modo i contadini potevano correre ai ripari con opere di prevenzione. Camminando abbracciati lungo le stradine del centro storico incrociammo vari locali . I più erano bugigattoli che vendevano vino sfuso di buona qualità accompagnato da ottime bruschette e da crostini con salsa toscana al pomodoro e origano e in uno di quei locali incontrammo l’omino anziano che ci spiegò il perché delle rose all’inizio dei filari. Parlando con lui del più e del meno ci disse che se eravamo lì non potevamo fare a meno di visitare la cantina sociale, una delle più grandi e suggestive dell’intera regione. Ci indicò la direzione, lo ringraziammo per la disponibilità e ci avviammo verso la piazza principale, che era dominata da un grandioso palazzo sotto al quale si celavano le volte della famosa cantina. Entrammo e vedendolo dall’alto, seppur sepolto nella semioscurità, si poteva notare per intero tutta la maestosità del luogo. Fu una vera visita guidata e seguimmo un percorso dietro al cicerone tra i meandri di quello che sembrava essere il regno di Bacco. Il vino riposava in enormi botti mai viste e ad acuire l’udito, nel silenzio della cantina, ci sembrava di sentire il rumore di quel riposo. Contornati dal profumo delle doghe di rovere e di castagno impregnate di vino giungemmo alla degustazione dove facemmo assaggini molto più elaborati rispetto a quelli di prima, seguiti da bicchieri di Nobile. Comprammo qualche bottiglia e pensai che era bello averle tutte per me. Usciti dalla cantina ci facemmo indicare una buona trattoria e fu in quel luogo che assaggiammo dei piatti deliziosi e avemmo modo di trovare la vera comunanza tra cibo e vino. Ci servirono del cinghiale stufato e del fagiano alle bacche di mirtillo e salsa rosa. Il Nobile scendeva giù dopo gli assaggi di carne e con essa si sposava creando nella bocca un’idea, un connubio tra la tenerezza della carne, le bacche nere e il nero del vino e al di la di quello che possono dire i veri sommelier in merito ai complessi sapori carpiti dai loro palati raffinati, direi che in quel caso vino e cibo comunicavano veramente tra loro, donando alla mente le immagini delle terre da dove venivano. Uscimmo dal locale abbracciati, parlavamo e comunicavamo anche noi. La macchina ci aspettava per riportarci nella nostra camera d’albergo. Camminavamo osservando le stelle e volendo esprimere ora le sensazioni provate in quella giornata, direi che nell’ipotetico quadro della vita poserebbero in un angolo pieno di luce, tinto dai nobili colori dell’autunno...