dopo di noi - Fondazione Cariplo

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Sostenere i disabili e le loro famiglie nella costruzione di
prospettive di vita autonoma (dopo di noi)
8. Sostenere i
disabili e le loro
famiglie nella
costruzione di
prospettive di vita
autonoma (dopo di
noi)
Il problema
I temi che si definiscono “dopo di noi” – legati alle potenzialità e prospettive di vita
autonoma dei disabili - hanno un impatto sociale estremamente rilevante. In primo
luogo va sottolineato che, per motivi largamente dibattuti nell’ambito della riflessione
sulle trasformazioni del welfare, la vita media delle persone con disabilità si è
allungata e continuerà ad allungarsi in maniera estremamente significativa. Con ciò
aumenterà il numero di disabili che sopravviverà ai soggetti - tipicamente i genitori
– che si sono fatti carico di loro, creando una nuova domanda di cura. In secondo
luogo, il carico di una persona con disabilità e i problemi legati alla preparazione di un
suo futuro autonomo, sono spesso difficili da sostenere per le famiglie. Risulta quindi
evidente che la rilevanza del problema del “dopo di noi” va considerata soprattutto
in relazione all’impatto sulle reti familiari.
La complessità del problema deriva dal fatto che la disabilità esprime domande
che investono numerosi ambiti della vita della persona e del contesto in cui essa è
inserita e richiede di conseguenza una pluralità di risposte. Purtroppo, questa varietà
di domande si è tradotta di fatto in una frammentazione di norme, di organizzazioni, di
percorsi che interessano le persone con disabilità. Almeno nelle regioni del Nord, il
problema evidente non è tanto quello dell’esistenza e della qualità dei singoli servizi,
quanto piuttosto la scarsità o la totale mancanza di punti di riferimento stabili in tutte
le fasi della vita del disabile e della sua famiglia. Prima ancora che aiuti, sostegni
diretti o servizi, la famiglia chiede al contesto sociale una accoglienza complessiva
e la possibilità di integrazione nella quotidianità di una comunità di persone. Per
le famiglie, gli interlocutori “naturali” ed essenziali per rispondere ai bisogni dei
propri figli disabili sono gli enti locali; tuttavia la debolezza della programmazione e
la scarsità di risorse degli enti pubblici si ripercuotono sulla capacità di questi ultimi
di realizzare validi percorsi di aiuto. Alla famiglia manca spesso una bussola, una
mappa per non perdersi e soprattutto per potersi avvalere delle risorse di cui ha
diritto e che vengono effettivamente erogate.
In molti casi, l’angoscia provocata dalla preoccupazione per ciò che accadrà al
disabile con la scomparsa dei familiari viene gestita dalle famiglie senza una
strategia. Il tema è molto complesso perché fa riferimento a numerosi aspetti: dalla
preoccupazione relativa a chi si potrà prendere cura del congiunto disabile, alla
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domanda sulla qualità delle cure, fino alle questioni patrimoniali (ad esempio il nodo
del trasferimento del patrimonio familiare al proprio figlio). Tale problema non riceve
ancora una risposta istituzionale strutturata: esiste di fatto un “buco” nella rete dei
servizi territoriali che può essere affrontato costruendo progetti individualizzati
attraverso il coinvolgimento esplicito e diretto della famiglia e del disabile.
Le ragioni dell’intervento della Fondazione
Di fronte ad una situazione che può essere definita di “domanda crescente e
progettualità debole”, la Fondazione può svolgere un ruolo molto articolato. In
primo luogo la Fondazione può fungere da catalizzatore di progetti, per giungere ad
una identificazione di modelli di intervento, favorendone una migliore specificazione
e contribuendo ad individuare soluzioni ai problemi di sostenibilità economica degli
interventi. In secondo luogo la Fondazione può contribuire a diffondere i vari modelli
di intervento, le pratiche migliori e tutte le indicazioni che favoriscano l’interazione tra
i soggetti interessati e la diffusione delle migliori pratiche.
Obiettivi
Le finalità complessive del Piano di Azione possono essere così sintetizzate:
1.
Fornire prospettive alle famiglie di disabili, aiutando le famiglie a pensare
le strategie di gestione del “dopo” molto prima che si manifesti la crisi della
capacità di cura. Gli interventi del PdA dovranno quindi rafforzare le capacità di
vivere il presente, programmando il futuro.
2. Favorire il raggiungimento dell’autonomia possibile da parte dei disabili.
L’elemento cruciale di questo obiettivo è quello di garantire la continuità affettiva
anche dopo la scomparsa dei genitori.
Strategie
Il Piano di Azione prevede l’identificazione, la messa a punto, il rafforzamento di un
ventaglio di modelli per affrontare il tema. Prevede inoltre azioni che favoriscano
la diffusione e il consolidamento sul territorio di questi modelli. E’ quindi di grande
importanza definirne alcune caratteristiche.
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famiglie nella
costruzione di
prospettive di vita
autonoma (dopo di
noi)
1.
L’impostazione seguita dalla Fondazione fino a questo momento, in sintonia con
il dibattito sul tema e con i risultati e le indicazioni emersi dai progetti finanziati
in questi anni, è quella della centralità della famiglia nella preparazione del
“dopo di noi”. Più specificamente, il PdA promuoverà e diffonderà modelli che,
partendo dalle famiglie e attraverso percorsi individualizzati, consentano la
convergenza sul disabile e sulla famiglia stessa di tutti gli interventi e i supporti
necessari.
2. Un approccio siffatto evoca il problema della “regia” che favorisce l’interazione
tra la famiglia e i diversi soggetti pubblici e privati. Occorre ricordare che,
con l’approvazione della legge 6/2004, è nata una nuova figura giuridica per
l’assistenza di disabili, l’amministratore di sostegno, che ha il compito di
tutelare gli interessi economici degli assistiti aiutandoli nelle scelte di vita.
Obiettivo è soprattutto il miglioramento della qualità della vita futura del
disabile e non semplicemente la salvaguardia del suo patrimonio. Proprio
l’amministratore di sostegno (che può essere un familiare del disabile), senza in
alcun modo prefigurare soluzioni rigide, potrebbe svolgere il ruolo di “regista”
delle azioni per conto della famiglia.
3. Emerge chiaramente il tema della creazione di una rete di risposte, erogate
da diversi soggetti, al fine di garantire adattabilità e flessibilità alla varietà dei
bisogni (in un chiaro progetto unitario entro cui ogni attore e ogni utente sappia e
possa ritrovarsi adeguatamente).
4. Tutti i modelli di intervento devono essere sostenibili economicamente.
L’affermazione non è scontata e l’identificazione e la sperimentazione di soluzioni
efficaci deve essere studiata con attenzione a partire da una esatta stima dei costi
che già la pubblica amministrazione sostiene per i singoli disabili.
La Fondazione può promuovere un ventaglio di azioni articolato. Le principali possono
essere così sintetizzate.
Esistono già progetti significativi. La Fondazione, in particolare, è deposito di progetti
che delineano le “buone pratiche” e potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel
mettere a disposizione tali informazioni e fare in modo che si crei interazione tra
i vari soggetti interessati. La valutazione di tali esperienze è già stata avviata dalla
Fondazione, i suoi risultati dovranno essere oggetto sia di una prima modellizzazione
che di una ampia discussione fra i soggetti rilevanti (famiglie, organizzazioni,
istituzioni, esperti).
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Più in generale, è importante attivare o valorizzare le reti di soggetti che si
occupano di disabilità già esistenti sul territorio, costruendo tavoli di confronto in
cui coinvolgere l’ente pubblico (sia a livello regionale che comunale). Promuovere
i rapporti tra pubblico e privato e attivare collaborazioni con enti, istituzioni,
organismi pubblici e privati che condividono lo spirito e le finalità dell’iniziativa ha lo
scopo sia di completare l’offerta di singoli servizi e interventi per ogni territorio che
di favorire una risposta di sistema alle singole famiglie. Le fondazioni comunitarie
potrebbero svolgere un ruolo importante in questa attivazione territoriale.
Appare inoltre decisivo che le famiglie e i disabili siano pienamente informati sui
diritti, sui servizi, sulle risorse, sui possibili strumenti di sostegno e sulla qualità
delle risposte che sostituiranno la famiglia nella cura dei disabili, anche per garantire
che le risposte non abbiano carattere custodialista ma promozionale.
La Fondazione può anche contribuire ad individuare e diffondere soluzioni gestionali
sostenibili nel tempo, avviando un progetto specifico che conduca all’individuazione
e all’impiego di modalità di conduzione che possano abbattere i costi di gestione e,
nel contempo, arricchire la realtà abitativa.
A partire dalla centralità delle famiglie e attraverso la costruzione della rete, la
Fondazione può sperimentare soluzioni trasparenti e partecipate per la gestione
di patrimoni legati alla soluzione di problemi di singole persone disabili. Tra le
proposte esistenti vi sono quelle di approfondire la caratteristiche dell’esperienza
spagnola delle Fondazioni di Tutela in cui operano degli “amministratori” del
patrimonio di soggetti disabili; quella di formare un team di avvocati, notai (il
consiglio notarile di Milano si è già espresso favore di questa ipotesi) ed esperti
per lo studio del trust (uno strumento di pianificazione patrimoniale di origine
anglosassone, conosciuto in Italia solo da pochi anni, ma che ha vissuto un
grandissimo sviluppo); quella di costituire fondazioni di partecipazione il cui
patrimonio è costituito in parte dalle abitazioni dei genitori dei disabili a cui
garantire un futuro. I risultati finali dovrebbero essere: l’individuazione e la
sperimentazione di adeguati strumenti giuridici e gestionali atti a fornire le
garanzie di salvaguardia, nel tempo, sia degli investimenti che della qualità della
vita; l’individuazione e l’impiego di soluzioni finanziarie per garantire al disabile la
valorizzazione di eventuali averi ai fini di una rendita adeguata alle sue esigenze
per tutto l’arco della sua vita; la definizione di sistemi di governance atti a garantire
le parti nel tempo.
Si può lavorare sull’attivazione di un ampio ventaglio di soluzioni che si avvalgono degli
ausili che la moderna tecnologia mette a disposizione.
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prospettive di vita
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E’ possibile intervenire su una vasta gamma di bisogni formativi che attraversano
il problema, operatori, amministratori di sostegno, famiglie, anche potenziando la
formazione universitaria già esistente. Attraverso i colloqui con gli enti è emersa
infatti la necessità di favorire una formazione specifica per gli operatori che devono
occuparsi di residenzialità.
L’attività di fondo del PdA è in generale quella di promuovere modelli che, partendo
dalle famiglie e attraverso percorsi individualizzati, consentano la convergenza
sul disabile e sulla famiglia stessa di tutti gli interventi e i supporti necessari. A
questo scopo è indispensabile che questo PdA, innovativo e sperimentale, abbia una
costante ed attenta supervisione attraverso attività di monitoraggio e una valutazione
costante di singoli progetti di strumenti e di politiche.
Tutte le attività sperimentali dovranno essere oggetto di progetti specifici promossi
dalla Fondazione che, nei diversi casi, selezionerà gli interlocutori privati più adatti e
svilupperà un rapporto costante con le istituzioni. La Fondazione dovrebbe comunque
mantenere un bando aperto per tutta la durata del PdA che miri a sostenere progetti di
risposta al problema del “dopo di noi”.
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