Seminario Registrazione 2012

Transcript

Seminario Registrazione 2012
1
2
INDICE
STORIA DELLA REGISTRAZIONE
6
INTRODUZIONE
10
Il project studio
10
Vantaggi di un Project studio
Lo studio portatile
Scegliere la strumentazione
Analogico vs Digitale
10
10
10
11
I MICROFONI
13
Linee guida
13
Tipologie di microfono
La risposta direzionale
Diagrammi polari
Risposta in frequenza
Una selezione di microfoni
13
15
16
17
18
I CAVI
22
Caratteristiche
Cavi di alimentazione
Cavi di segnale o audio
22
22
23
Cavi di potenza
La qualità
Tipo di connettori
23
23
24
IL PREAMPLIFICATORE MICROFONICO
26
DIRECT BOX (D.I.)
27
REAMP BOX
27
LE CUFFIE DA STUDIO
28
La cuffia ad alta fedeltà dinamica ed elettrostatica
I componenti di una cuffia
28
28
Caratteristiche tecniche delle cuffie
28
I MONITOR DA STUDIO
30
Introduzione
Bass Reflex
Baffle infinito
Diffusori attivi e passivi
30
30
30
31
Le tecnologie costruttive dei coni
31
LA TECNOLOGIA AUDIO DIGITALE
32
Le caratteristiche della forma d’onda
Il campionamento
La quantizzazione
32
33
33
DAW (DIGITAL AUDIO WORKSTATION)
34
La scheda audio
34
Protocolli per driver audio
Latenza
Controller DAW
I formati dei file audio
Frequenze di campionamento per i file audio
36
36
36
37
37
Quantizzazione dei file audio
Software per DAW
Elaborazione digitale del segnale (DSP)
Schede di accelerazione
I Plug-in
37
38
38
38
39
3
IL MIDI
Cosa è il midi
I cavi
40
40
I messaggi midi
I canali midi
Messaggi di canale
Interfacce midi
Le tastiere elettroniche
41
41
41
41
42
I controller a tastiera
I controller a percussione
42
42
REGISTAZIONE DEL SINTETIZZATORE e LE TASTIERE AUDIO E MIDI
43
Introduzione
Registrazione sintetizzatori e tastiere in modalità Audio (ripresa diretta )
L'equalizzazione
43
43
43
Registrazione sintetizzatori e tastiera Midi/Usb e controller
44
TECNICHE DI RIPRESA MICROFONICA
45
Introduzione
Tipologie di microfonazione
Microfonaggio stereofonico “introduzione”
La tecnica X-Y (90°, 135° e 180°)
45
46
47
47
La
La
La
La
La
47
48
48
48
49
tecnica ORTF
technica NOS
tecnica a microfoni distanziati (Spaced Pair)
tecnica Blumlein
tecnica M-S (mid-side)
Tecnica OSS
REGISTRARE LA BATTERIA
49
50
Tecniche minimalistiche
Glyn Jones Tecnique
51
51
John Bonham
Tecniche moderne di registrazione
La Cassa
51
52
52
Cordiera
Il charleston
Il Tom
Il timpano
Panoramici Sinistro e Destro (Overhead)
Floor
Microfoni d’ambiente
Trigger
54
54
55
55
55
56
57
57
I CONTROLLER A PERCUSSIONE (BATTERIA MIDI)
58
REGISTRARE IL BASSO
60
Introduzione
Equalizzazione e compressione
60
60
La ripresa diretta
Uscita del preamplificatore
Cassa microfonata
Multimicrofonazione
D.I. assieme alla microfonazione
60
61
61
61
61
Utilizzo dei virtual instrument
62
REGISTRARE LA CHITARRA ACUSTICA
Introduzione
La ripresa con un solo microfono “alla vecchia”
La microfonazione stereo con tecnica XY
4
40
63
63
63
64
La microfonazione stereo con tecnica ORTF
La microfonazione stereo con tecnica Spaced Pair (3:1)
64
64
La ripresa diretta (D.I.)
La ripresa diretta assieme ai microfoni
65
65
REGISTRARE LA CHITARRA CLASSICA
66
Introduzione
Microfonazione mono
La microfonazione stereo: tecnica XY, tecnica MS e ORTF
66
66
66
Microfonazione alternativa
La ripresa diretta
La ripresa diretta assieme ai microfoni
67
67
67
REGISTRARE LA CHITARRA ELETTRICA
68
Introduzione
Scegliere il microfono
68
69
Posizionamento microfonico
Close miking con un microfono
Utilizzo di due microfoni in close miking
Utilizzo di due microfoni con distanze differenti
Fare attenzione alla fase dei microfoni
69
70
71
71
71
REGISTRARE LE VOCI
73
Preamplificatori
Filtro anti riflessioni
Ambiente
Qualche suggerimento:
Registrare la voce in pratica
73
74
75
75
75
De-esser
Equalizzazione
Applicare effetti alla voce
Cori e parti multiple
75
75
75
75
LA REGISTRAZIONE E L’EDITING MEDIANTE SOFTWARE
76
MIXAGGIO
82
MASTERING
83
Introduzione
83
Lo Studio e l'ingegnere di Mastering
Procedimento
Loudness war
83
84
84
MASTERIZZAZIONE SU CD
85
Introduzione
Storia
85
85
Glass mastering
Il mastering seriale
85
85
FARE CONOSCERE LA NOSTRA MUSICA ON LINE
86
Introduzione
iTunes
Cosa serve per pubblicare la nostra musica:
86
86
86
Il tempo richiesto per essere pubblicati:
La proprietà delle registrazioni
Come proteggere la vostra musica dal plagio
ISRC
Scegliamo il nostro distributore
86
87
87
87
87
Quanto posso guadagnare per ogni brano e ogni album venduto?
Vendere legalmente download di brani cover
87
88
5
STORIA DELLA REGISTRAZIONE
• 1857: Il primo esempio di “macchina di registrazione”
di un evento sonoro è stato quando il francese Léon
Scott de Martinville realizzò uno strumento (Il
Fonautografo) che produceva un “tracciato” grafico,
simile a quello dei vecchi sismografi, rappresentante
l’andamento di un suono ad esso applicato per mezzo
di un sistema vibrante. Questo strumento non era
ovviamente in grado di riprodurre il suono da cui
ricavava il grafico, inoltre non esisteva ancora uno
strumento (il microfono) che consentisse la ripresa
diretta di un evento sonoro.
• 1876: Ad opera del fisico scozzese A. G. Bell e un anno dopo nel
laboratorio dell’americano T.Edison, vedeva la luce il primo
ripetitore telegrafico: un disco coperto di carta che ruotava su un
piatto mentre uno stilo sospeso ad un braccetto vi incideva una
serie di punti disposti a spirale. Edison notò anche che ad una
certa velocità lo stilo emetteva dei suoni che ricordavano la voce
umana. Il 17 Novembre dello stesso anno Edison ed il suo gruppo
di ricerca presentano allo “Scentific American” il primo prototipo
di Fonografo, che renderà “la parola suscettibile di essere
ripetuta all’infinito mediante registrazioni automatiche”. Era
costituito da un imbuto (il “microfono”) in fondo al quale c’era una lamina metallica che
raccoglieva i suoni e li trasmetteva in forma di vibrazioni ad uno stilo che incideva dei
solchi su un cilindro coperto da un foglio di rame messo in rotazione manualmente. In fase
di lettura avveniva il processo opposto, il cilindro ruotava e lo stilo vibrava in funzione dei
solchi applicando le vibrazioni alla lamina e quindi all’imbuto che li restituiva all’esterno.
Anche C. Cros, nello stesso periodo in Francia, lavorava ad una macchina parlante che
avrebbe chiamato Paleofono se fosse nata. Il 1876 è anche l’anche l’anno di nascita del
telefono e della comunicazione via cavo, avvenuta il 10 Marzo a Boston, nel laboratorio di
Alexander Bell.
• 1888 Nelle intenzioni di Edison il Fonografo doveva servire come
registratore vocale per la dettatura di lettere e telegrammi
(“Dettafono”) ma non riscosse successo commerciale; così l’inventore
tedesco E. Berliner decise di modificare ad uso musicale la macchina
edisoniana, adottando soluzioni tecniche da lui rivedute di Martinville
e Cros e dando vita al Grammofono, specificamente pensato per la
riproduzione musicale domestica. Nello stesso anno (su Electrical
World dell’8 Settembre 1888) Oberline Smith descrisse per la prima
volta degli esperimenti da lui effettuati sulla registrazione magnetica,
adoperando un elettromagnete e una striscia di materiale isolante
coperta di polvere di ferro. Egli illustrò anche un modello grafico di una macchina in grado
di eseguire tali registrazioni: attraverso un telefono il suono veniva inviato come segnale
elettrico ad una testa di registrazione che li trasferiva su un supporto magneticamente
sensibile che scorreva davanti ad essa.
• 1890 anche alcune società americane proposero versioni riviste del Fonografo originale,
che permettevano l’ascolto di musica in luoghi pubblici al costo di pochi centesimi: erano i
Juke-Box. Edison si oppose fermamente a questi impieghi della sua invenzione, secondo
lui la sminuivano portandola al livello di puro oggetto di divertimento, in seguito dovette
ricredersi ma ormai il Grammofono aveva definitivamente surclassato la sua macchina a
cilindri. Anche il ripetitore telegrafico semplice si evolve, grazie all’approfondimento degli
studi sulle onde radio dell’italiano G. Marconi, grazie al quale nasce il Telegrafo senza fili,
6
in grado di inviare segnali codificati a oltre 1 km di distanza; il nuovo telegrafo sarà
impiegato da subito per le comunicazioni marittime.
• 1894: Valdemar Poulsen, operaio meccanico presso la “Telegraph Company” di
Copenhagen, riprende l’idea di Oberline e la mette in pratica brevettando nel 1898 il
“Telegrafono”, primo registratore magnetico a nastro funzionante.
• 1896: Eldridge Johnson realizza una versione di grammofono a motore.
• 1900: La duplicazione in serie delle registrazioni arriva grazie a Thomas Lambert che
mette a punto un sistema basato su un cilindro di rame inciso per elettrolisi (matrice) da
cui ricavare per stampaggio a caldo un secondo cilindro in cera (master) da usare per le
copie in cascata su cilindri di celluloide.
• 1902: La Zonophone propone il disco doppia faccia, che porta la durata complessiva della
registrazione a poco meno di 10 minuti.
• 1904: Nasce l’etichetta tedesca Odeon per la sua commercializzazione.
• 1906: L’era dell’amplificazione elettronica vede la luce con l’arrivo del
primo tubo a vuoto, il triodo, (due anni prima era nato il diodo, che però
non permetteva di amplificare) a firma di A. Fleming, una cui versione
potenziata viene sviluppata e usata come amplificatrice telefonica dalla
AT&T per il suo primo servizio di telefonia transcontinentale.
• 1909: Sarà la Odeon a “suggerire” il termine di album per i dischi in
vinile, quando pubblicherà la suite completa dello “Schiaccianoci” di
Tchaikovsky su 4 dischi doppia faccia in una confezione speciale simile ai
cofanetti moderni.
• 1911: Un invenzione importante per il miglioramento della riproduzione
del suono è la costruzione del primo altoparlante a bobina mobile, il
Magnavox Loudspeaker, per mano di Edwin Pridham e Peter Jensen.
• 1915: Prima dimostrazione pubblica del Magnavox Loudspeaker al
Golden Gate Park di San Francisco.
• 1917: I due ricercatori Edwin Pridham e Peter Jensen in società con la
Sonora Phonograph Corp. fondano la Magnavox Company. Amplificazione
e altoparlanti ad uso professionale vengono in seguito sviluppati dalla
AT&T.
• 1927: e uno dei nomi che in seguito diverrà sinonimo di buoni altoparlanti a basso costo si
affaccia sulla scena, ovviamente nel settore radio: la Jensen Radio Manufacturing Co. nota
anche per la qualità dei suoi condensatori.
• 1928: È l’anno di presentazione, da parte della Neumann, del suo microfono a capacità,
mentre in Germania iniziano i primi esperimenti sui semiconduttori che porteranno poi alla
nascita del transistor.
• 1929: la RCA inizia la stampa dei dischi in vinile "Vitrolac" delle colonne sonore destinate
alle trasmissioni radiofoniche, la Magnavox migliora il disegno delle bobine dei propri
altoparlanti, riducendone il ronzio; la RCA e la Victor si uniscono in società.
• 1931: La RCA cerca di porre in vendita i dischi Vitrolac registrati alla velocità professionale
di 33-1/3 giri, in sostituzione di quelli a 78 giri allora comunemente diffusi, ma senza
successo, lo standard di registrazione su disco a 33 giri resterà invece invariato per tutte
le emittenti radiofoniche fino alla sua definitiva sostituzione, col nastro magnetico.
• 1934: Viene realizzato il nastro magnetico dalla società tedesca BASF in formato bobina
da 50 mt (dopo una gestazione durata 5 anni), viene ufficialmente presentato l’anno
seguente al Radio Fair di Berlino, assieme al magnetofono sviluppato 5 anni prima dalla
Allgemeine Elektrizitatsgesellschaft (AEG). Il nuovo supporto presenta l’enorme vantaggio
di essere cancellabile e ri-registrabile molte volte, peculiarità alla base del suo notevole
successo in seguito.
7
• 1941: La qualità di registrazione dei magnetofoni AEG viene significativamente migliorata
grazie all’introduzione dei circuiti di bias ad alta frequenza negli stadi di registrazione.
• 1945: Il Klipschorn viene brevettato, proponendo un nuovo concetto di diffusore acustico
ed è l’inizio dell’era Hi-Fi.
• 1947: Nei Bell Telephone Laboratories, gli esperimenti sui
semiconduttori portano alla nascita del transistor bipolare
(BjT). Il primo LP microsolco da 12 pollici 33 giri, viene
presentato l’anno seguente dalla Columbia, con una capacità
di 23 minuti per lato e incisi con apparecchiature di
produzione Philco.
• 1948: Il Magnecord PT-6 e il Model 100 Ampex sono la
prima serie di tape-recorder americani derivati dal tedesco
AEG K-4. L’anno seguente è la volta del 45 giri da 7 pollici
“Extended play” introdotto dalla RCA-Victor; da questo
momento in poi la maggior parte delle etichette discografiche inciderà unicamente sui tre
standard di rotazione 33, 45 e 78 rpm.
• 1949: Viene venduto il primo amplificatore finale Mc-Intosh: il 50W1 “Unity Coupled
Amplifier”, che fa uso di una coppia di valvole 6L6 in PP per una potenza di uscita di 50
Watts.
• 1951: Troviamo i primi registratori portatili come il prototipo Nagra o il Grundig Reporter.
Nel campo dei diffusori acustici l’evoluzione prosegue con l’adozione della sospensione
pneumatica, adottata sul 2 vie AR-1, bookshelf sviluppato da Edgar Villchur e Henry Kloss,
fondatori della Acoustic Research (AR).
• 1954: La Regency TR-1 è la prima radiolina a transistor
costruita.
• 1958: La registrazione stereofonica viene
universalmente introdotta come standard, dando vita
alla nuova generazione di apparecchiature Hi-Fi Stereo.
• 1960: La sperimentazione sulla “Computer Music”,
nasceranno i primi Sintetizzatori, una sorta di organo
elettronico integrato in un computer; macchine allora
molto complesse a causa dell’elevato numero di parti da
cui erano composte e dal conseguente enorme numero di cavi di collegamento.
• 1962: Nel frattempo anche il formato nastro magnetico si evolve e alla classica bobina si
affiancano le cartucce Fidelipac 4 tracce, con tape da 1 o da 3-3/4 di pollice e durata fino
a 2 ore.
• 1963: La Compact Cassetta, viene presentata dalla
Philips, e fa uso di un nastro BASF di elevata qualità da
1/8 di pollice.
• 1965: Il Fidelipac viene sostituito dal più performante
formato 8 track con nastro da ¼ di pollice. Lo stesso
anno la Sony mette in commercio il primo VTR (Video
Tape Recorder) con nastro da ½ pollice a traccia
elicoidale.
• 1966 è l’anno di nascita del Dolby A per la riduzione del
rumore di registrazione su tape-recorder professionali.
• 1968 si aggiunge il Dolby B destinato ai registratori domestici e l’anno seguente il sistema
è adottato sulle cassette preincise.
• 1972: Philips presenta un lettore di Laserdisc dimostrativo, che fa uso di una nuova
tecnologia di registrazione: la magneto-ottica digitale.
8
• 1975: Sony presenta il sistema di videoregistrazione consumer Betamax; un anno dopo è
la volta della JVC, che propone il suo VHS.
• 1976: Si assiste al definitivo passaggio alla registrazione magneto-ottica all’interno degli
studi di registrazione e nel broadcasting. Il primo figlio legittimo di questa nuova
tecnologia di scrittura/lettura numerica sarà il Compact Disc, che vede la luce in forma
ancora embrionale, proprio nello stesso anno ad opera della Philips; in questo
rivoluzionario supporto (grande circa quanto un comune 33 giri) le informazione musicali
non sono più archiviate sotto forma di incisioni o aree magnetizzate continue direttamente
derivate dal suono originario ma come la successione di microscopici solchi a forma di
punto o linea larghi 0,9 millesimi di millimetro incisi da un laser su un supporto di plastica
il cui lato opposto è ricoperto da un sottilissimo strato metallico ad elevato potere
riflettente. In lettura un laser di bassa potenza “illumina” la sequenza di punti e linee
assegnando il valore “1” ai solchi e il valore “0” agli spazi tra questi, se ne ricava dunque
una lunghissima sequenza di “1” e “0” (bit) che costituiscono i dati da cui estrarre e
ricostruire il segnale musicale originario (conversione D/A). Il Compact Disc
rappresenterà, come per i nastri magnetici 38 anni prima, un notevole salto avanti in
termini di versatilità e praticità d’uso: è possibile adesso la ricerca continua (e
praticamente immediata) di un brano qualsiasi o una parte di esso all’interno di una
registrazione (cosa impossibile per i nastri, memorie ad accesso solo sequenziale), non
esiste inoltre usura mancando il contatto diretto con la superficie del disco della testina di
lettura, consentendo teoricamente il riascolto di un brano un numero infinito di volte senza
perdere in qualità. Anche la qualità del suono è nettamente migliorata e grazie all’elevato
rapporto segnale/rumore delle incisioni numeriche, il fruscio di fondo è pressoché assente.
• 1979: Il TPS-L2 Walkman è il primo e storico portatile a cassette introdotto da Sony, con
una qualità di riproduzione paragonabile a quella di una buona piastra a cassette da
tavolo, è stato il walkman rimasto più a lungo in produzione (circa 20 anni) ed era dotato
di una raffinata meccanica.
• 1982: Esce ufficialmente il formato CD con due lettori da tavolo: il Sony e il Toshiba.
• 1984: Arriva il Discman SONY, il Compact Disc diventa portatile. Un nuovo supporto di
registrazione digitale, derivato direttamente dai recorder digitali a bobine usati nel
professionale.
basato sull’adozione di una meccanica video di
• 1987: È il DAT (Digital Audio Tape)
dimensioni ridotte, aveva una qualità del suono pari a quella del CD e voleva porsi come il
sistema di registrazione domestica di riferimento e successore della Compact Cassetta;
tuttavia non si affermò mai in ambito amatoriale, a causa dei costi elevati delle cassette
vergini e dei registratori DAT, ma venne adottato soprattutto da musicisti e tecnici del
suono per la creazione di master e demo.
Il resto è storia recente...
9
INTRODUZIONE
Nel corso della storia della registrazione musicale, il procedimento che porta dalla
registrazione in se stessa al prodotto finale è cambiato in modo radicale. In passato tale
processo richiedeva l’utilizzo di uno studio di registrazione professionale. Con l’introduzione
dei circuiti integrati, della produzione e del marketing di massa è cambiato l’approccio alla
produzione musicale. Al giorno d’oggi qualunque musicista, fonico o produttore può avere il
proprio project studio, basato su computer fisso o portatile. Questa a mio parere ha
rappresentato una rivoluzione, che ha fornito la possibilità di avere un’ampio controllo
artistico e indipendenza. Una persona che non ha familiarità con la registrazione musicale o
con l’ambiente dello studio può essere intimorita dalla quantità e varietà di attrezzature
utilizzate. Comunque una volta che si comincia a familiarizzare con questo ambiente e con
tutte le tecnologie e strumenti che offre, si noterà un ordine ben preciso nell’allestimento
dello studio, in cui ogni parte dell’attrezzatura ha un ruolo definito dallo schema complessivo
della musica e della produzione audio. Il periodo che stiamo vivendo ci fornisce una
incredibile varietà di scelte, che hanno l’economicità e le possibilità tecniche per farci
realizzare tutto il nostro potenziale creativo. Come sempre, pazienza e duro lavoro sono
necessari per padroneggiare queste tecnologie ma arrivati al livello necessario ci aiuteranno
a fare musica.
Il project studio
La progressiva riduzione dei costi di produzione dei sistemi di registrazione analogici e
digitali ha inevitabilmente portato i progettisti a concepire sistemi più mirati all’utilizzo
personale. Il risultato è che si ha la possibilità di avere un’adeguata strumentazione per
registrare, comporre e produrre musica a costi accessibili e nella comodità della propria
abitazione, il tutto seguendo il concetto che “non è necessario avere uno studio da svariate
migliaia di euro per fare buona musica”.
Vantaggi di un Project studio
Uno dei vantaggi più evidenti è quello di poter registrare quando, dove e come si vuole oltre
al fatto del beneficio di poter lavorare in una struttura individuale.
Un gruppo o un singolo artista potrebbe prendere in considerazione di effettuare presso il
proprio o altrui project studio la fase di pre-produzione ed investire il budget in un mixaggio
di più alto livello.
Lo studio portatile
Uno dei risultati più eclatanti dello sviluppo tecnologico è la possibilità di portarsi con sé lo
studio di registrazione. Con la potenza di calcolo raggiunta dai computer portatili collegati
ad interfaccia audio USB o Firewire è davvero possibile registrare e produrre audio di alta
qualità praticamente sempre e ovunque.
Scegliere la strumentazione
All’inizio ci si trova di fronte a una scelta davvero ampia, in commercio ci si trova di fronte a
una scelta davvero ampia. Questo ci fa capire che non esiste il prodotto perfetto e ci sono
molteplici scelte che possono portare alla realizzazione di un ambiente di lavoro che si
adatta alle nostre esigenze.
10
E questo dipende dalla scelta di:
- Lavorare con sistemi basati su hard disk oppure con registratori a nastro.
- Utilizzare apparecchiature analogiche, digitali oppure entrambi i tipi.
- Affidarsi a piattaforma PC o Mac.
- Usare un software piuttosto che un altro.
Analogico vs Digitale
Uno dei luoghi comuni più diffusi tra gli appassionati, ma spesso anche tra gli addetti ai
lavori dell’audio è che il digitale suoni peggio dell’analogico, che in qualche modo la
registrazione digitale e/o i processori di segnale digitali manchino d’anima e non riescano a
catturare l’essenza e la tridimensionalità del suono come le vecchie bobine.
Si tratta di due approcci, due metodologie di lavoro che non possono essere assolutamente
comparate, perché constano di un insieme di procedure talmente diverse da rendere i
risultati non paragonabili. Il punto di vista migliore è quello di chi cerca di sfruttare i
vantaggi offerti da entrambi i mondi, cioè la velocità e l’elasticità del digitale con la
riconoscibilità universale del suono analogico.
Il punto principale a vantaggio del suono analogico è che le nostre orecchie sono
naturalmente abituate ad esso (anche se è tutto da dimostrare per le generazioni di
giovanissimi cresciuti con l’ipod e l’mp3), perché le registrazioni che hanno fatto la storia
della musica del secolo scorso sono di questo tipo.
Certi timbri, certi suoni sono diventati marchi di fabbrica e sono tuttora visti come modelli
da imitare: si pensi nell’ambito della musica Rock al famigerato suono della batteria di John
Bonham dei Led Zeppelin.
Da questo punto di vista il digitale fa quello che può, cioè copia.
Questa copia manca però dell’imprevedibilità insita nel mondo reale, dove spostare un
microfono di 20cm può creare effetti imprevedibili, magari disastrosi, però in qualche modo
creativi.
Al momento questo è proprio ancora il limite maggiore di tutta la tecnologia audio digitale,
ma da un altro punto di vista tutta questa prevedibilità si traduce in vantaggi non da poco:
- Facilità di editing
- Conservazione perfetta del segnale
- Recall del progetto
- Scambio di progetti tra studi di registrazione differenti
- Costi molto inferiori rispetto l’analogico
- Velocità di approccio iniziale
- Comodità d’uso...
Tutto questo per dire che in realtà la polemica sulla superiorità dell’audio analogico o
dell’audio digitale, che periodicamente ritorna di attualità, non ha praticamente nessun
senso…
Una persona con un minimo di esperienza saprà sempre quali vantaggi di un mondo o
dell’altro sfruttare.
11
Registratori analogici
La necessità di memorizzare in qualche modo un'informazione associata all'onda sonora ha
portato alla realizzazione di diversi sistemi di registrazione e uno di questi è il registratore
analogico. Questo mezzo ha subito nel corso del tempo innumerevoli modifiche dovute a
continue innovazioni, tuttavia i principi generali di costruzione sono rimasti sempre gli stessi
assieme alle modalità di impiego. Nonostante l'uso di tali macchine stia progressivamente
scomparendo per lasciare il posto a tecniche digitali vale la pena conoscerne il
funzionamento di base in quanto in alcuni grandi studi di registrazione vengono ancora
utilizzate.
-
Funzionamento: L'obiettivo è quello di memorizzare un'informazione che in qualche
modo rappresenti la forma dell'onda sonora e renda possibile in un secondo tempo
la sua riproduzione. Per fissare le idee supporremo che l'onda da memorizzare sia la
solita sinusoide avendo sempre presente che questo caso è estendibile senza grossi
problemi al caso di una forma d'onda complessa. Supporremo di aver già 'catturato'
la forma d'onda con un microfono e di averla dunque convertita in un segnale
elettrico. Le testine del registratore contengono al loro interno un'induttanza
attraverso la quale scorre la corrente che proviene dal microfono. Il nastro
magnetico è costituito da vari materiali che vedremo nel dettaglio fra poco, qui ci
interessa un preciso strato costituito da una molteplicità di particelle magnetiche
dotate di una polarità ossia di un polo negativo e di uno positivo. Quando il nastro
scorre lungo la testina, questa per mezzo dell'induttanza che ha al suo interno,
polarizza le particelle magnetiche ossia le dispone secondo la direzione imposta dalla
polarità della corrente. Dunque la disposizione delle particelle sul nastro
magnetizzato rappresenta l'informazione che ci serve per ricostruire in seguito il
segnale originario. Infatti in fase di riproduzione, un'altra testina, diversa da quella
usata per la registrazione, viene in contatto con il nastro magnetico che induce una
corrente all'interno dell'induttanza in essa contenuta. Questa piccola corrente
indotta, opportunamente amplificata e riprodotta da un altoparlante riproduce l'onda
memorizzata durante la fase della registrazione.
-
Modalità di funzionamento: I registratori analogici professionali sono dotati di 3
testine, una per la riproduzione, una per la registrazione e una per la cancellazione
del nastro. Quest'ultima si rende necessaria in quanto la registrazione su un nastro
precedentemente registrato potrebbe creare un effetto memoria e impedire che la
nuova magnetizzazione avvenga in modo corretto.
Le tre testine con le loro denominazioni sono:
-
Testina di cancellazione (Erase): Cancella un segnale registrato ridisponendo le
particelle magnetiche in maniera casuale.
-
Testina di registrazione (Sync): E’ in grado di operare in registrazione su certe tracce
e in riproduzione su altre. Ciò come vedremo consente di effettuare delle
sovraincisioni.
-
Testina di riproduzione (Repro): E’ disegnata 'ad hoc' per la riproduzione di un
segnale. In fase di registrazione possiamo ascoltare il segnale che proviene dalla
testina di sync mentre per avere un controllo sulla qualità del suono registrato
ricorriamo sempre alla testina di riproduzione.
Vi sono 3 modalità di funzionamento del registratore a seconda delle operazioni che
dobbiamo compiere, vediamole nel dettaglio:
12
-
Modalità Input: Questa modalità viene utilizzata durante le fasi preliminari della
registrazione per impostare i livelli. Dallo schema si vede come il segnale di ingresso
vada nella testina di sync e come una copia del segnale venga spedito all'uscita
monitor.
-
Modalità Repro: Questa modalità viene impiegata nella fase di riproduzione. Si vede
come il segnale di uscita provenga direttamente dalla testina Repro e dunque sia
riprodotto con la qualità massima. Questa configurazione dunque è ottimale per
eseguire il mixdown mentre non viene mai utilizzata per la registrazione.
-
Modalità Sync: In questo caso viene utilizzata solo la testina di sync. Alcune tracce
vengono riprodotte, altre vengono registrate ed è dunque possibile eseguire delle
sovraincisioni.
I MICROFONI
E’ un trasduttore che trasforma l’energia delle onde sonore in un segnale elettrico. La
qualità della ripresa microfonica dipende da variabili esterne come la collocazione del
microfono, l’ambiente acustico della ripresa oppure da variabili interne del microfono, come
le caratteristiche costruttive e la qualità. Per soddisfare la necessità di un gran numero di
applicazioni, situazioni, generi musicali e non per ultimo gusti personali, troviamo in
commercio una notevole varietà di microfoni. Quando si sceglie un microfono e il suo
posizionamento si possono seguire delle linee guida, non ci sono regole...
Linee guida
- Non ci sono regole, solo linee guida. Non bisogna dimenticarsi di sperimentare altre
soluzioni per ottenere soluzioni più adatte al nostro gusto personale.
- Se il suono che otteniamo non è quello che ci si aspettava è consigliabile effettuare varie
prove ed esperimenti prima di registrare la nostra take definitiva, la filosofia “tutto verrà
sistemato in fase di mixaggio” porta a dover correggere situazioni problematiche. (Non è
il caso di una registrazione al fine di un reamping...)
La regola perfetta è: Buon musicista - Buona strumentazione - buona ripresa microfonica buona acustica = Registrazione eccellente. Se uno di questi fattori è al di sotto degli altri,
influenzerà negativamente il risultato.
Tipologie di microfono
Per prima cosa dobbiamo dividere i microfoni in tre famiglie principali:
- Microfoni dinamici.
- Microfoni a condensatore.
- Microfoni a nastro.
Esistono anche altri tipi di microfoni che si utilizzano di rado in campo musicale: Il tipo
piezoelettrico, normalmente utilizzato nei registratori audio di basso costo, quelli di tipo
elettromagnetico utilizzati per impianti uditivi e per ultimi quelli a carbone, che data la
stretta banda passante, la scarsa fedeltà e il rumore non vengono più utilizzati.
Microfoni dinamici
Il microfono dinamico è strutturalmente simile ad un piccolissimo altoparlante, con
funzionamento inverso: sfrutta il fenomeno dell'induzione elettromagnetica per convertire il
movimento di una membrana (la parte destinata a raccogliere le pressioni sonore,
normalmente costituita da una pellicola di mylar, poliestere dello spessore di pochi decimi di
mm) in forza elettromotrice, grazie ad un avvolgimento di filo conduttore sottilissimo
meccanicamente fissato alla membrana stessa chiamato bobina mobile. Tale struttura è
immersa nel campo magnetico generato da un nucleo di magnete permanente. Il
movimento della bobina mobile nel campo magnetico genera, ai capi del filo di cui è
composta. Una corrente elettrica proporzionale all'ampiezza dei movimenti
dell'avvolgimento e quindi, in definitiva, alla magnitudo del segnale acustico: questa
corrente costituisce il segnale elettrico audio il quale, tramite un cavo oppure via radio,
viene trasferito alla consolle o agli outboard. I modelli più conosciuti: Shure SM57,
Sennheiser 421, AKG D112, Shure SM58...
13
Microfoni a condensatore
A differenza del dinamico questo sfrutta le variazioni di capacità del condensatore, realizzato
con una lamina metallica o di plastica metallizzata costituente l'armatura fissa del
condensatore, ed una seconda, mobile, (la membrana). La capsula del microfono a
condensatore, avendo caratteristiche di alta sensibilità, si presta a prelevare suoni anche a
grande distanza: per tale uso è possibile accentuare le caratteristiche direzionali del
microfono. Il microfono a condensatore, il cui principio di funzionamento si basa sulla
variazione di un campo elettrico, per funzionare occorre un’alimentazione che viene
utilizzata per generare il campo elettrico necessario (generalmente si chiama "phantom").
Molto spesso tali microfoni, specialmente se di buona qualità, sono composti da due moduli
separati: il modulo di alimentazione (con batteria da pochi volt, fino ai 48 volt dei microfoni
professionali) ed il modulo microfono vero e proprio che può essere ad una, due o quattro
celle, per distanze piccole, medie e grandi. La batteria potrebbe non essere necessaria nel
caso in cui l'amplificatore al quale viene allacciato sia provvisto di alimentazione phantom:
questo metodo permette di fornire l'energia necessaria al preamplificatore contenuto
all'interno del microfono. Anche se la maggior parte dei microfoni a condensatore utilizzano
un transitore ad effetto di campo (FET: Field Effect Transistor) per diminuire l’impedenza
della capsula, alcuni modelli più vecchi e più costosi usano delle valvole a gas rarefatto
messe all’interno della capsula. Questi microfoni di solito sono molto apprezzati dagli studi o
dai collezionisti per il loro suono valvolare, di solito danno una piacevole colorazione tonale,
che consiste nella distorsione armonica e in altre caratteristiche che si incontrano quando si
usano le valvole.
Alcuni modelli in commercio sono: Neumann U87, Sontronics STC-1, AKG C414, AKG
C451...
Microfoni a nastro
Usano un nastro sottile e, a volte, ondulato sospeso in un campo magnetico. Il nastro è
collegato da un circuito elettrico all'uscita audio del microfono cosicché le sue vibrazioni nel
campo magnetico possano generare un segnale elettrico.
Sia il microfono a nastro che quello a bobina mobile hanno in comune la caratteristica di
produrre il suono per induzione magnetica. Una piccola indiscrezione: Essendo un tipo di
microfono molto sensibile quello a nastro, lo si utilizza davanti agli amplificatori da chitarra
utilizzando un filtro anti pop, lo stesso adoperato nella registrazione delle voci, questo
perchè lo spostamento dell’aria fatto dal cono della cassa può provocare problemi allo
stesso.
Alcuni modelli in commercio sono: Royer Ribbon, Sontronics Delta, SM Pro Audio C04...
14
La risposta direzionale
Riferisce alla sua variazione in sensibilità per diversi angoli di incidenza del suono rispetto
all’asse centrale del microfono stesso. Tale diagramma polare o risposta polare del
microfono è usato per definire graficamente la sensibilità del microfono rispetto alla
direzione di provenienza di un suono, su 360°.
La direzionalità di un microfono può essere:
- Il microfono omnidirezionale: è un dispositivo sensibile alla pressione; il suo diaframma
reagisce in maniera eguale a tutte le variazioni di pressione sulla sua superficie, senza
operare discriminazioni basate sulla posizione della sorgente. Immaginiamo che un suono
provenga dalla direzione A, e che il microfono abbia una uscita di 10 mV. Se un suono dello
stesso livello viene emesso anche dalle direzioni 6, C e D ed il microfono da la stessa uscita
di 10 mV, il microfono viene detto omnidirezionale o non direzionale: il microfono
omnidirezionale fornisce, cioè,lo stesso segnale indipendentemente dalla direzione di
provenienza del suono. Questo tipo di microfono è molto adatto per uso comune. È inoltre
particolarmente adatto ad essere usato da chi non abbia molta esperienza nell’impiego di
microfoni o per raccogliere tutti i suoni di un ambiente durante registrazioni dal vivo.
Tuttavia poiché non è possibile puntare il microfono omnidirezionale verso una sorgente
sonora, non è adatto a raccogliere suoni particolari in un ambiente con molto rumore o
reazioni acustiche. È bene sapere inoltre che il microfono omnidirezionale da pochi rumori
di schiocco e non dimostra l’effetto di prossimità che accentua le basse frequenze quando
certi microfoni vengono posti troppo vicini alla sorgente del suono.
- Il microfono unidirezionale (Cardioide): E’ un dispositivo a gradiente di pressione; ciò
significa che il sistema è sensibile alle differenze di pressione che si presentino
frontalmente o ai lati rispetto al diaframma. A differenza del tipo omnidirezionale, un
microfono direzionale ha una sensibilità che varia a seconda della direzione di provenienza
del suono. Riportando i valori di uscita su di un grafico circolare il diagramma risultante
acquista la forma di un cuore, cioè il microfono è sensibile solo ai suoni provenienti da
certe direzioni. In tale modo, quando vi è molto rumore, è possibile puntare il microfono in
una certa direzione per raccogliere i suoni desiderati ignorando i rumori non desiderati. La
maggior parte dei microfoni oggi in uso è di questo tipo. Quando sì colloca il microfono
unidirezionale vicino alla sorgente sonora si deve fare attenzione al fatto che esso è
piuttosto soggetto ai rumori di schiocco ed ha la tendenza ad accentuare le basse
frequenze. La particolare caratteristica del microfono a cardioide (elevata sensibilità dei
suoni provenienti dal davanti e dai fianchi contro una brusca attenuazione di quelli
provenienti dal retro) è molto vantaggiosa in alcune applicazioni, per esempio, se la
registrazione viene effettuata in una stanza ad alta riverberazione, una minore sensibilità
posteriore e laterale riduce di molto gli echi.
- Bidirezionale (Otto): Questo tipo di microfono viene largamente usato negli studi
radiofonici ed il diagramma della direzionalità assume la forma tipica di un otto. A
differenza degli altri microfoni è sensibile alla differenza di pressione che si presenta
frontalmente e posteriormente. La famiglia dei microfoni a nastroha il diagramma polare
sempre a otto, mentre in quelli a condensatore solamente quelli dotati di doppia capsula.
- Superdirezionale (Supercardioide e ipercardioide): Possiede un angolo direzionale molto
stretto ed è particolarmente adatto a raccogliere suoni provenienti da una ben precisa
direzione. Usando questo microfono, l’operatore può puntarlo verso la sorgente sonora
desiderata. Un corretto impiego dei microfoni richiede una completa conoscenza delle loro
caratteristiche elettroacustiche, che qui di seguito si espongono.
15
Diagrammi polari
Per diagramma polare (o figura polare) si intende la sensibilità di un microfono in base alla
direzione di provenienza di un suono. Infatti un microfono può rispondere diversamente a
un suono in base all’angolo d’incidenza. Nelle specifiche tecniche di un microfono viene
descritto il diagramma polare che può essere diverso per ogni modello. L’area descritta può
essere leggermente diversa a seconda delle frequenze. Questo è vero soprattutto per i
microfoni a condensatore a diaframma largo. Alcuni microfoni detti “multipattern” hanno la
possibilità di cambiare il diagramma polare attraverso un selettore.
I diagrammi polari più comuni sono:
-
Omnidirezionale (o omni): il microfono è ugualmente sensibile in tutte le direzioni.
Si usa per riprese ambientali.
-
Cardioide: il microfono è sensibile frontalmente e un po’ ai lati. Si usa nel caso di
riprese frontali di un singolo elemento, oppure accoppiando due microfoni con le
stesse impostazioni, per ricreare una ripresa stereo.
-
Supercardioide: sensibilità massima frontale, media laterale e scarsa posteriore.
-
Ipercardioide: sensibilità come il cardioide, con l’aggiunta di una zona di buona
percezione posteriore.
-
Bidirezionale (figura a 8): il microfono è particolarmente sensibile a una sorgente
sonora posta frontalmente o posteriormente, escludendo così i suoni dai lati.
Ominidirezionale
Cardioide
Ipercardioide
Supercardioide
Bidirezionale
Qualche esempio di microfoni con diagramma polare diverso tra loro:
Il classico Shure SM57 è un cardioide, mentre l’AKG C414 tramite lo switch può passare da
omnidirezionale a cardioide, ipercardioide, a bidirezionale (o figura ad otto). I microfoni a
nastro come il Royer R121, Shure KSM353 hanno solamente un diagramma polare ad otto...
16
Risposta in frequenza
La curva di risposta in frequenza in asse di un microfono è la misurazionedel suo output su
tutto lo spettro dell’udibile, dato un segnale in ingresso costante in asse.
Tale curva, che è rappresentata graficamente come livello di uscita (in decibel) rispetto
all’intero spettro delle frequenze (da 20Hz a 20KHz), dà informazioni importanti e definisce
come un microfono reagisce a determinate frequenze.
Bisogna precisare che entrano in gioco anche altri fattori, molti dei quali non possono essere
misurati in modo preciso; il giudizio finale sulle caratteristiche sonore di un microfono spetta
soprattutto all’orecchio del fonico.
Un microfono può essere progettato per rispondere in maniera eguale a tutte le frequenze.
In questo caso si dice che ha una risposta in frequenza piatta (flat).
Altri microfoni possono enfatizzare o sminuire la risposta nella parte alta, nella parte media
o in quella bassa dello spettro audio.
Qualche esempio:
Esempio della risposta in frequenza di un AKG C451
Esempio della risposta in frequenza di un AKG C12 VR
17
Una selezione di microfoni
L’elenco dei microfoni seguente rappresenta quelli che normalmente utilizzo e che sono stati
mostrati durante il seminario. Ci permette di studiare più approfonditamente alcuni
microfoni professionali usati per la registrazione musicale e sceglierli per le loro qualità
timbriche e costruttive. Questa lista non è completa dato che esistono, letteralmente,
centinaia di microfoni, ciascuno con la sua forma, le sue caratteristiche timbriche e il suo
utilizzo particolare.
SHURE SM57
Il picco presente nella sua risposta alle medie frequenze e la buona risposta in frequenza
alle basse rendono questo microfono ideale per il rullante, i tom della batteria e per le
chitarre elettriche.
Specifiche:
- Trasduttore: Dinamico a bobina mobile.
- Diaframma: Piccolo.
- Diagramma polare: Cardioide.
- Risposta in frequenza: 40 - 15KHz.
AKG D112
Utilizzatissimo per riprendere la cassa, tom o il timpano della batteria, il cono
dell’amplificatore per basso, Sax baritono e per altre sorgenti con frequenze basse ma con
alto livello di uscita.
Specifiche:
- Trasduttore: Dinamico a bobina mobile.
- Diaframma: Grande.
- Diagramma polare: Cardioide.
- Risposta in frequenza: 30 - 17KHz.
18
Electro Voice RE20
Molto utilizzato per riprendere la cassa della batteria, voci potenti, amplificatori per
chitarra... lo si può trovare anche nelle radio utilizzato dagli speaker e DJ...
Specifiche:
- Trasduttore: Condensatore.
- Diaframma: Grande.
- Diagramma polare: Cardioide.
- Risposta in frequenza: 45 - 18KHz.
Sennheiser MD421
Questo è un microfono molto versatile ed è utilizzato tantissimo sui tom e timpano della
batteria, ma anche sugli ampli delle chitarre, talvolta accoppiato con il classico Shure SM57.
Specifiche:
- Trasduttore: Dinamico.
- Diaframma: Medio.
- Diagramma polare: Cardioide.
- Risposta in frequenza: 30 - 17KHz.
Shure Beta 91A
Questo è un microfono boundary molto caratteristico a superficie semi-cardioide con
preamplificatore interno. Utilizzato per riprendere la cassa della batteria e altro...
Specifiche:
- Trasduttore: Condensatore.
- Diaframma: Grande.
- Diagramma polare: Semi-Cardioide.
- Risposta in frequenza: 20 - 20KHz.
19
AKG C451 B
Utilizzatissimo come panoramico della batteria mono e in configurazione stereo, per
riprendere il charleston della batteria, bellissimo con le chitarre acustiche in coppia stereo.
Specifiche:
- Trasduttore: Condensatore.
- Diaframma: Piccolo.
- Diagramma polare: Cardioide.
- Risposta in frequenza: 20 - 20KHz.
Neumann U87Ai
Forse il microfono più famoso, ogniuno di noi l’avrà visto su MTV, dove il cantante canta
davanti ad uno di questi . Il diagramma polare può essere omnidirezionale cardioide o ad 8.
Specifiche:
- Trasduttore: Condensatore.
- Diaframma: Grande.
- Diagramma polare: Multipolare.
- Risposta in frequenza: 20 - 20KHz.
Behringer ECM8000
Questo è un microfono utilizzato per le misure acustiche, con una risposta in frequeza
piatta. Viene utililizzato da qualche fonico per riprendere il concerto dalla postazione mixer.
Specifiche:
- Trasduttore: Condensatore.
- Diaframma: Piccolo.
- Diagramma polare: Omnidirezionale.
- Risposta in frequenza: 15 - 20KHz.
20
AKG C414
Un microfono utilizzatissimo per voci, chitarre, panoramici... un vero standard.
Il diagramma polare può essere selezionato in cirque modalità:
Omnidirezionale, cardioide, ipercardioide e a figura ad 8. In questa maniera abbiamo una
grande possibilità grazie ad un microfono così versatile.
Specifiche:
- Trasduttore: Condensatore.
- Diaframma: Grande.
- Diagramma polare: Multipolare.
- Risposta in frequenza: 15 - 20KHz.
Omnidirezionale
Iper - Cardioide
Super - Cardioide
Cardioide
Figura ad otto
21
I CAVI
I cavi che utilizziamo di alimentazione, audio o di potenza, rappresentano una componente
molto importante del nostro set-up e vanno considerati parte fondamentale per ottenere un
suono di qualità. Non ha senso avere pedali di qualità e cavi di bassa, al contrario cercare
invece di mettere in risalto ogni componente, ottenendo così una buona qualità generale.
In base al budget che abbiamo deciso di spendere per realizzare il nostro set-up, il 10%
(indicativamente) investiamolo in giusta misura nei cavi sia di collegamento sia di potenza.
Caratteristiche
I cavi non hanno solamente il compito di trasportare il segnale da un componente a un altro
o condurlo al nostro cabinet, ma hanno la delicata responsabilità di disperdere la minor
quantità di segnale possibile; non solo, ma anche quella di alterare il meno possibile il
segnale che conduce. La dispersione elettrica, fenomeno molto più comune di quanto si
possa pensare, è dovuta a tre motivi attinenti la fisica: Cattivo conduttore e/o Cattivo
isolante. Ovvio dunque che la qualità dei materiali impiegati nella costruzione dei cavi, e
un’attenta procedura della lavorazione fa la differenza tra quello che potrà dimostrarsi un
buon cavo, oppure no. Ci sono aziende specializzate nei cavi audio come Gorge L’S,
Fulltone, Evidence Audio… mosse certamente da una forte passione per il loro lavoro, si
occupano esclusivamente nella costruzione e produzione di cavi di alta qualità, questo
dovrebbe farci riflettere sull’importanza, spesso sottovalutata, che rivestono i cavi, preposti
a garantire maggior trasparenza possibile nella conduzione del segnale elettrico. Negli ultimi
trenta anni, i cavi audio hanno, giustamente, assunto notevole importanza e considerazione
da parte degli appassionati e delle aziende che producono componenti audio di alta fedeltà.
Oltre tutti i dati tecnici come l’induttanza (misura la proporzione tra la tensione e la sua
derivata), l’impedenza (misura la proporzione della corrente e della tensione), la maniera in
cui ad esempio i cavi di potenza possano condizionare il Fattore di smorzamento di un
amplificatore, in altre parole la capacità dell’amplificatore di controllare gli altoparlanti, tutti
dati comunque importanti, ma la nostra valutazione finale deve essere data dall’ascolto. Per
ovviare ai tre motivi cui è legata la dispersione elettrica, importante per i cavi audio, sono i
materiali scelti nella costruzione del cavo, la cura riposta nella costruzione, la loro
schermatura dalle interferenze, non essere corruttibile dalle risonanze, la geometria con la
quale il cavo è lavorato. Siccome la semplicità è sinonimo d’intelligenza, mai usare cavi
audio più lunghi del necessario: se si ha bisogno di tre metri di cavo per raggiungere la
nostra pedaliera, inutile utilizzarne sei...
Cavi di alimentazione
Sono i cavi che collegano gli apparecchi alla rete elettrica (220 volt), sono detti cavi di
alimentazione. Nella quasi totalità degli amplificatori tranne il caso in cui il cavo sia inserito
all’interno del circuito senza la possibilità di staccarlo, noi utilizziamo cavi chiamati VDE
femmina, utilizzando i classici connettori C13 (sul cavo) e C14 (presa posta
nell’amplificatore). Mentre all’altra estremità del cavo, la presa che andremo a inserire, avrà
la classica spina a tre poli Schuko (CEE 7/7) detta “tedesca” oppure la classica spina a tre
poli italiana (tipo L). Attenzione a utilizzare prese Schuko inserite nelle prese tradizionali
oppure cavi con terminazione a due poli, saranno sprovvisti di messa a terra.
22
Cavi di segnale o audio
Sono quelli che collegano un apparecchio audio a un altro (Preamplicatore-finale, pedalinotestata…). I cavi audio che utilizziamo per la chitarra o nella catena dei nostri pedali sono di
tipo schermato per segnali sbilanciati, sono messi insieme normalmente con connettori di
tipo jack mono maschio da 6,3 mm (1/4”) e le relative femmine. Sempre della famiglia jack
possiamo trovare in commercio i connettori mini-jack da 3,5 mm (1/8”) oppure super minijack da 2,5 mm. Mentre una famiglia a parte sono i classici cannon (XLR) maschio o
femmina…
Cavi di potenza
I cavi di potenza sono quelli che collegano il finale di potenza o testata al cabinet.
A differenza dei più comuni cavi di segnale utilizzati per mettere insieme la nostra pedaliera,
non hanno bisogno di essere schermati e al loro interno hanno fili elettrici di sezione più
grande. Siccome devono sopportare un transito di corrente superiore proporzionalmente alla
potenza erogata. In effetti nei cavi di segnale sono applicate tensioni di qualche millivolt,
nell’ordine di qualche milliampere, mentre nel caso dei cavi di potenza la corrente che
circola è dell’ordine di qualche ampere.
I cavi di potenza possono avere due tipi di connettori:
Jack mono: Come quello in precedenza descritto, notate nella foto il cavo senza calza
d’isolamento, che per questi tipi di segnale non ce nè alcun bisogno.
Speackon: Normalmente utilizzato per gli amplificatori da basso che hanno potenze
superiori rispetto a quelli per chitarra. Il connettore speackon a differenza del jack mono ha
un sistema di bloccaggio.
La qualità
Alcune aziende utilizzano rame OFHC, il modo scelto dalla maggior parte dei costruttori di
cavi è usare conduttori più spessi, o nel caso di fili intrecciati, di aumentare lo spessore del
conduttore aggiungendo più fili al gruppo che compone il conduttore. n’altra cosa che può
influenzare è il materiale isolante, gli isolanti hanno un effetto udibile sulla qualità del
suono. Non tutta l’energia del segnale che passa attraverso un cavo è trasmessa
direttamente. Una sua parte andrà a caricare l’isolamento del cavo, esattamente come se
fosse il dielettrico di un condensatore. La maggior parte di questa energia è semplicemente
immagazzinata fino a che il segnale non invertirà polarità e poi sarà iniettata, sfasata di
180°, sul percorso del segnale cancellando una parte del segnale trasmesso o creando del
rumore. Il resto dell’energia sarà trasformata in calore.
23
Tipo di connettori
- Jack (TRS) mono: E’ assolutamente il più utilizzato dal chitarrista, la dicitura TRS deriva
dai termini inglesi Tip (corrisponde alla punta), Ring (la parte centrale, l’anello) e Sleeve
(la manica, la parte finale del connettore).
Come dicevamo poco sopra il jack maschio è formato dalla punta, dove scorre il nostro
segnale, la manica dove è collegata la massa e un anello normalmente di plastica che ha lo
scopo di separare i due componenti.
Jack (TRS) stereo: A differenza del tipo mono, abbiamo due anelli nella sezione della
manica, quindi facilissimo da riconoscere. Il jack è formato dalla punta, dove scorre il nostro
segnale Positivo/Caldo (Sinistro), il primo anello (quello vicino alla punta) dove è collegato il
segnale negativo/freddo (Destro) e la manica dove troviamo collegata la massa.
- Jack (TRS) tri canale: A differenza del tipo mono, abbiamo tre anelli nella sezione della
manica. Il jack è formato dalla punta, dove scorre il segnale del canale Sinistro, il primo
anello (quello vicino alla punta) dove è collegato il segnale del canale Destro, il secondo
anello dove abbiamo il segnale ausiliario (AUX) e la manica dove troviamo collegata la
massa.
Funzione
24
1
Manica
2
Anello
3
Punta
4
Anelli isolanti
XLR (Cannon): Il connettore XLR che si usa comunemente per il collegamento di microfoni,
ma è utilizzato anche per linee audio bilanciate che per segnali sbilanciati creando un corto
circuito tra il polo di massa e quello freddo (-).
E’ composto da tre poli ed è chiamato XLR-Line è progettato per connettere il polo numero 1
(massa) prima degli altri. Questo permette di collegare senza introdurre ronzii di massa,
come succede per esempio con i connettori di tipo RCA.
Pin
Funzione
1
Massa (Schermatura del cavo).
2
Polarità normale (Caldo).
3
Polarità inversa (Freddo).
RCA mono, stereo e composito: Il nome "RCA" deriva dalla prima ditta produttrice, la Radio
Corporation of America, spesso viene utilizzato nel campo video ma compare spesso anche
in ambito audio. Il connettore RCA è mono ed è cablato su cavo coassiale, a differenza del
jack stereo può trasportare un solo canale. Nell’uso digitale come connettore S/PDIF
trasporta invece entrambi i canali. Il connettore bianco corrisponde al canale Sinistro o
mono (nel caso in cui lo utilizzassimo mono), mentre il connettore rosso corrisponde al
canale destro. Il connettore è composto di una protuberanza centrale (maschio) o da un
foro (femmina), circondati da un anello, separati da un isolante di plastica o ceramica.
Il bloccaggio della connessione non è meccanico, ma avviene a pressione, sfruttando la
piccola differenza di diametro dell'anello esterno. Da notare che, a differenza di connettori
professionali come il tipo XLR, il polo centrale viene in contatto con l'altro connettore prima
della massa, per cui accade spesso che durante la connessione si verifichino ronzii o soffi, se
questa avviene ad apparecchiature accese. I connettori RCA sono conosciuti anche come
prese cinch o connettori phono. Quest'ultimo termine deriva dall'abbreviazione della parola
inglese phonograph (giradischi), poiché lo scopo iniziale delle connessioni RCA era il
collegamento di un giradischi a un ricevitore radio, usato come amplificatore. Nel caso in cui
abbiamo a diposizione un cavo stereo bisogna che ricordiamo che il cavetto bianco è
destinato per il canale sinistro mentre quello rosso per il canale destro.
Qui sotto nelle foto trovate i vari tipi in commercio, mono (generalmente bianco), stereo
(Bianco/sinistro e Rosso/destro) e per video composito (Giallo) assieme all’audio stereo.
25
IL PREAMPLIFICATORE MICROFONICO
Normalmente, questo componente molto importante nella nostra catena del suono, rimane
spesso discriminato ma è un elemento da non sottovalutare per ottenere una buona qualità
da una registrazione.
Un preamplificatore microfonico è un dispositivo che prepara il segnale di un microfono ad
essere elaborato da altre apparecchiature.
I segnali microfonici sono normalmente troppo debole per essere trasmessi alle unità di
registrazione. I preamplificatori aumentano il segnale del microfono a livello di linea (ossia il
livello di intensità del segnale richiesto da tali dispositivi), prevenendo il rumore indotto che
altrimenti farebbe distorcere il segnale.
I preamplificatori microfonici sono generalmente chiamati preamplificatori microfonici,
preamplificatore microfonico, preamplificatore, pre e pre microfonici.
Il preamplificatore si può presentare sia come outboard esterno come ad esempio la classica
Launch box della API serie 500, oppure possiamo trovare il pre alloggiato all’interno di una
scheda audio esterna, infine come sezione interna di una consolle (mixer) di piccole o grandi
dimensioni.
Un microfono come spiegato nel precedente capitolo è un trasduttore e come tale, è la fonte
di gran parte della colorazione di un mix audio.
La maggior parte dei tecnici del suono potrebbe affermare che un preamplificatore
microfonico influisce anche sulla qualità del suono di un mix audio e sul suono stesso dovuto
all’aggiunta di colorazione che ha il preamplificatore stesso nei confronti del suono.
La qualità del preamplificatore in un lavoro in studio è fondamentale per la riuscita finale del
lavoro, per cui è molto importante verificare che il proprio pre non produca un eccessivo
rumore e sia in grado di rendere una buona gamma dinamica, questi due fattori
garantiscono la qualità stessa del preamplificatore.
Come per molte altre apparecchiature (vedi soprattutto i compressori), un preamplificatore
valvolare, ben progettato e realizzato in modo rigoroso, può dare degli eccellenti risultati,
ma anche molti modelli a transistor sono ormai di livello eccellente.
I controlli che possiamo trovare all’esterno di un preamplificatore microfonico possono
essere:
- Il Gain: Regola il segnale in ingresso, nei modelli più costosi abbiamo anche un trim per
le regolazioni più precise.
- Phase (Pol. oppure il simbolo ø): Questo pulsante serve per l’inversione di fase del
segnale in uscita, (nell’ipotesi tessimo registrando la cordiera del rullante e fosse in
controfasce con il microfono posto sopra).
- Phantom o 48 volt: Per utilizzare ad esempio un microfono a condensatore, il pad per
attenuare il segnale in ingresso (di norma a -10 dB).
- D.I. : Se la nostra unità può funzionare come D.I. avremo uno switch apposito oppure
alcune unità più complesse hanno ingressi indipendenti altre hanno un ingresso xld jack
combo.
26
DIRECT BOX (D.I.)
Una unità DI, DI box, Direct Box o semplicemente D.I. è uno strumento tipicamente
utilizzato negli studi di registrazione per il collegamento di un segnale ad alta impedenza
sbilanciato, come ad esempio l’uscita jack della nostra chitarra elettrica, ad un ingresso di
linea bilanciato come può essere ad esempio un pre mic di un mixer.
Quindi il signale della chitarra in uscita alla D.I. sarà bilanciato e a bassa impedenza.
Di norma in una commune D.I. il signale della chitarra electrica passerà ad 50 kΩ a
100-200 Ω che è previsto di norma sull’ingresso di un mixer.
Questo permette al segnale di essere inviato tramite cavi lunghi (es.10m.) con una minore
perdita di signale, (soprattutto alle alte frequenze) e minori interferenze di segnale.
In commercio possiamo trovare sia unità passive che attive, la differenza tra loro è il tipo di
trasformatore utilizzato all’interno.
Gli unici controlli che possiamo trovare su una unità Direct box sono il “Ground Lift” per
evitare i loop di massa oppure nei modelli più costosi un selettore del filtro per la
colorazione del suono.
In alcune unità più costose come ad esempio la “Red Eye” della Little Lab troviamo un Passthrough, che è anche comunemente indicato come by-pass il quale splitta il segnale in
ingresso facendolo uscire invariant, quindi avremo un segnale bilanciato (XLR) ed uno
sbilanciato (Jack mono).
REAMP BOX
La tecnica del remping è sempre più diffusa in studio, mira ad acquisire una traccia con la
nostra esecuzione perfettamente dry, così come esce dal jack della nostra chitarra.
In pratica mentre registriamo la traccia con il nostro suono, utilizzando effetti e
personalizzazioni varie in modo tradizionale, mandiamo anche un segnale “nudo e crudo” al
banco opportunamente bilanciato (con una comune D.I.) e lo teniamo da parte.
In pratica registriamo quello che l'amplificatore sente uscire dalla chitarra, il semplice suono
prodotto dai pickup, privo di preamplificazione.
In caso di necessità potremo prendere questa traccia e riamplificarla. Così facendo ci
preserviamo la possibilità di registrare in un secondo momento più tracce praticamente
identiche ma con suoni e/o setup diversi.
Con questa tecnica saremo in grado di salvare una buona esecuzione e di registrare
nuovamente la parte precedentemente eseguita con altri amplificatori e/o effetti.
Per utilizzare un segnale di linea proveniente dal nostro computer direttemente
nell'amplificatore scopriremo la necessità di dover utilizzare un attenuatore di linea (Reamp
Box) per correggere l'impedenza del segnale e sbilanciarlo, diciamo che il suo
comportamento è l’inverso della D.I. Box.
La cosa davvero interessante è il fatto di poter far risuonare la stessa identica esecuzione su
un numero indeterminato di amplificatori, pedali e processori.
27
LE CUFFIE DA STUDIO
La cuffia ad alta fedeltà dinamica ed elettrostatica
La prima è costituita da una coppia di altoparlanti del tutto simili a quelli utilizzati nei
diffusori audio, ma di ridottissime dimensioni.
Le elettrostatiche sono di costruzione più complessa e per funzionare hanno bisogno di una
tensione ausiliaria, fornita da un circuito alimentatore, rispetto alle dinamiche presentano
una risposta in frequenza più lineare, ma sono anche più costose e delicate. Questa
caratteristica permette un'amplissima estensione in frequenza, dichiarata da 6 Hz a oltre
40 kHz; in alcuni modelli di altri produttori, il limite superiore di frequenza dichiarato supera
i 100 kHz. Molti audiofili considerano le cuffie il miglior trasduttore per l'ascolto di musica
registrata, opinione comunque non condivisa in modo unanime.
Occorre altresì dire, che è nella fase di missaggio di un brano musicale stereofonico che
viene ottimizzata la riproduzione, privilegiando l'ascolto con una coppia di diffusori oppure
con una cuffia, con la presa diretta binaurale del suono con testa artificiale, tramite
sofisticate procedure si può ottenere l'identica riproduzione spaziale del suono, sia con una
coppia di diffusori che con una cuffia.
I componenti di una cuffia
La struttura di questo tipo di cuffie per alta fedeltà è composta da un archetto flessibile che
può essere in metallo o plastica, ai lati del quale sono fissati i padiglioni contenenti gli
altoparlanti. Da parte del costruttore vengono adottati vari accorgimenti volti ad offrire sia
un buon comfort, dato che l'oggetto può essere tenuto sulle orecchie anche molte ore, sia
offrire le migliori prestazioni di ascolto.
Sulla sommità della testa non poggia direttamente l'archetto di supporto dei padiglioni,
bensì un secondo archetto parallelo al primo, costituito da materiale morbido, in modo
analogo è costituita la guarnizione dei padiglioni volta a chiudere quasi ermeticamente
l'orecchio all'interno di questi. Un parametro espresso in dB indica il grado di isolamento
acustico rispetto all'ambiente esterno; questa caratteristica veniva tenuta in grande
considerazione negli anni 60-70 da una delle società considerate pioniere in questo campo,
la statunitense Koss. Per ottenere buona qualità del suono riprodotto al pari dei diffusori, i
padiglioni devono avere massima rigidità e insensibilità alle vibrazioni: solitamente sono
realizzati in resine plastiche ad alta densità.
Alcuni modelli incorporano nei padiglioni piccoli potenziometri per permettere la regolazione
del volume audio. Lo sdoppiamento del cavo stereofonico può avvenire all'esterno dei
padiglioni oppure all'interno di uno di questi, in questo caso si ha il vantaggio di avere
l'ingresso del cavo unicamente in un solo padiglione.
Caratteristiche tecniche delle cuffie
Esistono quattro parametri principali da prendere in considerazione per valutare la qualità
delle cuffie.
- Risposta in frequenza: Ossia la gamma di frequenze che la cuffia è in grado di riprodurre.
Una buona cuffia deve poter offrire la possibilità di ascoltare tutti i suoni percepibili
dall’orecchio umano. Il range di suoni teoricamente percepibile dall’uomo va dai 18 Hz ai
22 KHz.
Si parla, in questo caso, di “percezione teorica” perché, in realtà, solo un “orecchio” ben
allenato, “sano” e giovane riesce a percepire tutti i suoni compresi in questa gamma
dinamica.
Pertanto una buona cuffia dovrebbe avere una Risposta in frequenza di almeno 20/22 KHz,
ancora meglio se la Risposta in frequenza è pari a 18/22 KHz. Risposte in frequenza più
“ampie” sono del tutto inutili, poiché l’orecchio umano non riesce a percepire suoni emessi a
frequenze più basse e più alte rispetto alla gamma 18/22 KHz.
- Linearità in frequenza: Ovvero quanto sia costante il livello di suono emesso, spaziando tra
i due estremi di frequenza dichiarati, ottenere la linearita assoluta non è possibile, in
qualche punto nel range di frequenza dichiarato si avranno delle esaltazioni o attenuazioni
del segnale riprodotto, lo scostamento medio rispetto ad un segnale di riferimento è
espresso in dB, minore è il valore, migliore risulta la linearita della cuffia.
Questo dato, sempre fornito allegato agli amplificatori, non sempre viene fornito dai
produttori di cuffie e diffusori, il miglior modo di rappresentarlo è fornirlo sottoforma di
grafico, come avviene per gli amplificatori.
28
-La Sensibilità: In modo analogo ai diffusori, quanta pressione acustica espressa in dB
riesce a fornire, dato un preciso valore di tensione applicato. Questo dato indica il massimo
livello di suono riproducibile fedelmente.
Più il valore in dB è elevato (più è alta la Sensibilità), più alto è il volume di suono riprodotto
in modo fedele.
Delle buone cuffie dovrebbero avere una sensibilità pari o superiore ad 85 dB. Le cuffie
audio ad alta fedeltà hanno generalmente un valore di sensibilità molto elevato e compreso
tra i 95 db ed i 109 dB (ottimo valore); alcune cuffie ad altissima fedeltà dichiarano valori
pari o superiori a 110 dB.
- L’impedenza: Una grandezza elettrica simile alla resistenza ma relativa ad un circuito che
lavora con correnti alternate, entrambe le grandezze si misurano in ohm.
Maggiore è il valore dell’impedenza, più “fatica” fa la corrente a passare attraverso le cuffie
(per un dato valore di tensione): a parità di volume di uscita selezionato sulla sorgente
audio, una cuffia con impedenza maggiore riprodurrà un suono più attenuato, ma di qualità
superiore perché filtrato e “depurato” maggiormente dal circuito della cuffia.
In sostanza, a parità di volume selezionato sull’impianto audio, una cuffia con impedenza 32
Ω, riprodurrà un suono meno forte ma più puro (cioè di maggiore qualità e meno distorto)
rispetto ad una cuffia con impedenza 16 Ω. Infatti, dato che W=V*V/R, dove (R) è
l'impedenza in ohm della cuffia, a parità di volt (V) in uscita emessi da un amplificatore
"ideale", o comunque con impedenza di uscita molto più bassa del carico applicato, allora
una cuffia da 16 Ω rispetto a quella da 32 Ω, emetterà due volte più “energia sonora” (W)
rispetto alla 32 Ω.
Questo ipotizzando che la resa delle membrane sia assolutamente uguale come uguale sia il
peso della bobina, e che tutta la potenza elettrica assorbita si trasformi identicamente in
potenza acustica (ciò non si verifica mai nella realtà).
Quindi una stessa cuffia con ohm più bassi, a parità di tutto il resto, attaccata alla stessa
sorgente audio suona proporzionalmente più forte, a parità di volume della manopola
(quindi è comoda soprattutto nei casi in cui la tensione disponibile è bassa: walkman, MP3
portatili, telefonini etc), ma distorce due volte di più il suono con l’aumentare del volume.
Ma non si usano solo cuffie a bassa impedenza perché 16 Ω, come anche a volte i 32 Ω,
sono un carico "piccolo" per molte sorgenti audio professionali che hanno un’alta impedenza
d’uscita e quindi possono “stressare” il finale di una cuffia con bassa impedenza (che può
quindi suonare male o anche danneggiarsi). In pratica è come se, ad una sorgente audio
progettata per un carico da 16 Ω si collegassero in più cuffie da 16 Ω in parallelo (ottenendo
quindi un’impedenza inferiore): teoricamente dovrebbe suonare più forte ma il diverso
fattore di carico ohmico farebbe bruciare l’impianto.
Ci sono anche altre implicazioni legate ai differenti valori di impedenza qualora si colleghino
le cuffie ad un amplificatore di potenza tramite delle resistenze di attenuazione, ma il
discorso diventerebbe lungo, per cui può bastare l’uguaglianza: impedenza più bassa (a
parità di potenza erogata) = volume più alto = suono meno definito" (con la riserva che
però non tutti gli apparecchi gradiscono nella stessa misura questo sovraccarico dovuto alle
basse impedenze, tipo 16 Ω).
Pertanto la scelta di questo parametro è relativa (varia a seconda delle esigenze) e, anche
se generalmente le cuffie di qualità presentano sempre valori d’impedenza molto alti
(superiori ai 45 Ω), il 32 Ω è universalmente riconosciuto come un valido compromesso tra
energia richiesta e qualità audio fornita.
29
I MONITOR DA STUDIO
Introduzione
Nel corso degli anni sono stati sviluppati metodi e tecnologie costruttive diverse. Il metodo
più semplice tuttora usato è costituito da una cassa a forma di parallelepipedo con una delle
facciate (detta baffle) utilizzata per alloggiare gli altoparlanti.
Esistono principalmente due tecniche costruttive per quanto riguarda i monitor da studio:
Bass Reflex
Fin dagli anni quaranta per la riproduzione della musica si è usato un diffusore chiamato
Bass Reflex, una cassa dotata di fori e/o tubi di accordo che sfrutta un principio fisico
chiamato risuonatore di Helmholtz, questo tipo di cassa offre in genere una buona efficienza
in bassa frequenza con potenza elettrica relativamente bassa, per contro, deve avere
dimensioni piuttosto grandi. Di dimensioni ancora maggiori sono i diffusori caricati da un
condotto a tromba, che può essere dritto o ripiegato, disposto frontalmente all'altoparlante
oppure posteriormente.
Ambedue le facce del cono dell'altoparlante (quella anteriore e quella posteriore) producono
un suono. E' un suono però in controfase: se immaginiamo le onde sonore, mentre davanti
l'onda è al suo massimo, quella dietro è al suo minimo, e così via. Questa sfasatura
comporta la tendenza ad annullare il suono se si lasciano liberi i bordi degli altoparlanti. Da
qui l'idea di montarli su uno schermo. Questo schermo (per ridurre l'ingombro) è stato
ripiegato su sè stesso.
A qualcuno è venuta un'idea: "perchè mai far uscire il suono da dietro? Visto che è suono di
buona lega, prodotto dallo stesso cono che produce il suono anteriore, perchè considerarlo
solo un fastidio?" Si è pensato di poter "rinforzare" il suono anteriore usando quello
posteriore. Il problema era semplicemente quello di rifasarlo. Ovvero, fare in modo da
imporgli un certo ritardo: in modo che quando il cono va avanti, arrivi all'esterno anche il
suono che era stato prodotto una frazione di secondo prima, quando l'altoparlante stava
andando indietro. Quando il cono va indietro, ecco che arriva sulla faccia della cassa il suono
(ritardato) che era stato prodotto quando l'altoparlante andava avanti. In questo modo il
suono non tende ad annullare, bensì a rinforzare, il suono!
Baffle infinito
Negli anni cinquanta col diffondersi di apparecchi ad alta fedeltà, si ebbe l'esigenza di avere
casse con dimensioni compatibili all'ambiente d'ascolto domestico, si iniziò a usare il
sistema a sospensione pneumatica, una piccola cassa chiusa ermeticamente, contenente
altoparlanti di nuova generazione.
Nonostante le ridotte dimensioni, questo sistema presenta una buona linearità, il principale
svantaggio è la bassa efficienza che impone l'utilizzo di maggior potenza di amplificazione a
parità di volume sonoro generato rispetto al bass reflex. Nella spiegazione del bass reflex si
diceva che uno schermo per impedire l'afflusso di aria dev'essere abbastanza grande. Se lo
si ripiega dietro in modo che si chiuda su se stesso, ecco che lo schermo diventa "infinito".
In questo caso non vi è infatti alcun limite allo schermo, che gira tutto attorno
all'altoparlante. Una cassa chiusa viene quindi chiamata "baffle infinito" o "a schermo
infinito". In una cassa chiusa l'elemento critico è senza dubbio la quantità di aria contenuta
nel suo interno. Vi sono naturalmente altri eleenti critici (es. la frequenza di risonanza della
cassa, il fattore di merito del sistema...) ma quellos pecifico per quel che riguarda una cassa
chiusa è proprio il suo volume in litri. La massa dell'aria incide naturalmente sulla
cedevolezza dell'altoparlante, sulla sua capacità di smorzamento, sull'ampiezza della
escursione del cono... che sarà frenato o meno a seconda di quanta aria ha dietro. Il volume
di aria ha effetti anche sulla frequenza di risonanza dell'altoparlante, perchè questa dipende
da alcuni dei parametri appena citati. Quindi, un conto è la risonanza di un altoparlante se
viene misurata in aria libera, un'altra se è misurato quando è montato in una cassa da 5
litri, altra ancora se l'altoparlante è montato in una cassa da 50 litri.
Tenete conto di questo quando leggete le specifiche di un altoparlante sciolto in un
catalogo! La forma della cassa è meno critica rispetto a quella aperta. Ma il volume è molto
critico, e va calcolato con apposite formule.
Credo che queste interessino poco ai fini pratici, e quindi evito di occupare spazio
postandole in questa sede. Si tenga conto di quanto detto ampiamente nelle puntate
precedenti: che per casse di dimensioni ridotte, l'aria presente nella cassa costituisce parte
integrante del sistema di sospensione del cono!
30
Diffusori attivi e passivi
Per le esigenze del mercato professionale alcuni costruttori hanno integrato all'interno della
cassa anche l'amplificatore definendo il sistema diffusore attivo.
Il diffusore attivo è molto apprezzato da chi lavora in esterni per la compattezza, la facilità
di trasporto e il ridotto cablaggio che presenta.
Nel mercato consumer e amatoriale questo tipo di diffusore è presente in misura molto
minore. La qualità del suono in un diffusore attivo e uno passivo è sostanzialmente identica,
essendo la sistemazione dell'amplificatore all'interno oppure all'esterno del diffusore,
ininfluente sulla qualità del suono.
Fanno eccezione i sistemi attivi equalizzati, i quali possono essere utilizzati solo con le
amplificazioni appositamente dedicate e già dotate di compensazione delle irregolarità della
risposta in frequenza.
Le tecnologie costruttive dei coni
-
Gli altoparlanti magnetodinamici: Una bobina percorsa dalla corrente di segnale,
solidale alla membrana che così sollecitata emette il suono, è immersa in un flusso
magnetico generato da un magnete permanente, montati in cassa chiusa o
variamente accordata sono attualmente i più usati.
-
L'elettrostatica: Già in uso negli anni quaranta, viene impiegata ancora oggi; in
generale una sottile membrana di diverse dimensioni è preposta alla riproduzione di
alcune frequenze. La membrana è posta tra due griglie che sono alimentate con un
differenziale elettrico di alcune migliaia di volt, mentre la membrana stessa che
presenta una superficie conduttiva è alimentata dalla sola tensione del segnale
elettrico destinato a generare il suono. il vantaggio di questa soluzione è quello di
una membrana acustica pilotata in ogni suo punto, di contro ci sono diverse
limitazioni ma in generale da molti appassionati il suono elettrostatico in particolare
riferito alla riproduzione delle note medio alte è considerato impareggiabile.
-
Isodinamica: Questa non necessita di tensioni di polarizzazione, in quanto il campo
magnetico necessario è generato da una serie di magneti permanenti distribuiti su
tutta l'area della membrana, è quindi un metodo a metà strada tra quello
elettrostatico e quello magnetodinamico, il prefisso iso sta a significare che il campo
magnetico è distribuito uniformemente su tutta la membrana. l'altoparlante è
costituito (per le frequenze basse e medie) da un foglio di mylar dello spessore di 12
micron, su cui è ricavata per metallizzazione la bobina, posizionata tra magneti
permanenti, per le frequenze alte è impiegato l'alluminio, sotto forma di nastro dello
spessore di 25 micron, anch'esso posto tra magneti. Vi sono poi altoparlanti a nastro
o planari realizzati con tecnologie particolari anche molto diverse tra loro. Il mobile
che costituisce un diffusore, costruito con altoparlanti magnetodinamici, deve avere
caratteristiche di buona rigidità e insensibilità alle sollecitazioni meccaniche cui è
sottoposto dai trasduttori. Il materiale più usato è il legno nelle sue molteplici
varietà, materie plastiche composite, miscele di resine con aggiunta di polvere di
marmo, grafite. Sarebbe ottima anche la pietra se non fossero problematici il peso e
la lavorazione, viene usata solo per la realizzazione della base o del piatto rotante in
alcuni modelli di giradischi di fascia Hi-end, negli anni cinquanta i diffusori di un
costruttore inglese avevano doppie pareti in legno con l'intercapedine riempita di
sabbia.
31
LA TECNOLOGIA AUDIO DIGITALE
Anche se il campo dell’audio è complesso, i suoi fondamentali non sono così difficili da
comprendere. Un sistema audio digitale lavora campionando un segnale analogico, cioè
misurando le tensioni istantanee di tale segnale, a dati intervalli e convertendo questi
campioni in una serie di parole digitali. In seguito, rilevando le variazioni di tensione nel
tempo presenti in un segnale analogico, questo flusso di parole binarie può essere
immagazzinato e rappresentare il segnale originario. Dopo essere stati salvati, i dati
possono essere elaborati e riprodotti, cosa che ha cambiato per sempre i metodi della
riproduzione audio.
Le caratteristiche della forma d’onda
- L’ampiezza: E’ il segnale al di sopra o al di sotto della linea centrale della forma d’onda,
come ad esempio la sinusoide pura, rappresenta l’ampiezza del segnale. Maggiore è la
distanza maggiori saranno le variazioni di pressione o di segnale elettrico all’interno di un
mezzo. L’ampiezza di una forma d’onda può essere misurata utilizzando diversi standard.
Valore picco-picco o Valore efficace o più comune RMS che fu sviluppato per approssimarsi
al livello di segnale percepito dalle nostre orecchie.
- La frequenza: Il tempo in cui un suono o un segnale elettrico ripetono un ciclo di
estensione dell’ampiezza dal massimo punto positivo a quello negativo è nota come
frequenza del segnale. All’aumentare del numero di ripetizioni in un determinato periodo
di tempo, aumenta la frequenza e l’intonazione percepita e viceversa al diminuire di
questo numero.
- La velocità: La velocità di un’onda a viaggiare attraverso l’aria. Questa velocità dipende
dalla temperatura e aumenta di 0,6 m/s per ogni grado Celsius.
- La lunghezza d’onda: E’ l’effettiva distanza nel mezzo di trasmissione fra l’inizio e la fine
del ciclo.
- La riflessione del suono: In modo molto simile alle onde luminose, il suono si riflette su
una superficie con un angolo uguale a quello iniziale di incidenza e in direzione opposta.
Questa proprietà fondamentale è una delle pietre miliari del complesso studio
dell’acustica.
- La diffrazione del suono: Il suono ha la proprietà intrinseca di diffrangersi attorno o
attraverso una barriera acustica fisica. In altre parole, il suono può curvare attorno ad un
oggetto in maniera da ricostruire la forma d’onda originaria sia come frequenza sia come
ampiezza. Anche se il segnale trova un grande impedimento, può nondimeno
incominciare a ricostruirsi come lunghezza d’onda, ampiezza e può irradiarsi fuori
dell’apertura come se essa fosse il punto d’origine.
- La risposta in frequenza: Il diagramma che rappresenta le caratteristiche di uscita di un
-
dispositivo è noto con il nome di curva della risposta in frequenza.
Questo diagramma è utilizzato per rappresentare graficamente come si comporta un
dispositivo quando è attraversato da un suono e come influisce sulla colorazione del
suono. Se l’ampiezza in uscita è la stessa a tutte le frequenze, la curva sarà piatta (flat).
Se la curva dovesse abbassarsi o alzarsi in corrispondenza di alcune frequenze, si
vedrebbero immediatamente dei picchi e degli avvallamenti nel grafico stesso.
- La fase: Se si hanno per esempio due onde che si uniscono per riprodurre un unico
suono, esse avranno ampiezze relative diverse in qualunque istante temporale. Nel caso
in cui queste inizino il loro ciclo in due punti diversi, si dice che sono reciprocamente fuori
fase. Le variazioni di fase si misurano in gradi e si possono definire come il ritardo fra
due o più forme d’onda.
- Il contenuto armonico: Fino a questo punto la discussione è stata incentrata su un’onda
sinusoidale, composta pertanto da una sola frequenza, che produce un suono puro con
una certa intonazione. Il fattore che permette di riconoscere i diversi strumenti musicali è
32
-
la presenza di molte frequenze diverse nell’onda sonora da questi emessi (detti parziali),
oltre a quella che corrisponde alla nota suonata e che viene detta fondamentale. I
parziali che hanno frequenza maggiore rispetto la fondamentale sono detti armonici pari,
perchè sono multipli interi della fondamentale.
Quelli che non rispettano tale relazione sono detti armonici dispari che al contrario dei
pari contribuiscono a creare dissonanze e sonorità più aspre. Dato che le forme d’onda
emesse dagli strumenti musicali contengono armonici con diverse ampiezze e relazioni di
fase, queste forme d’onda assomigliano ben poco a quella sinusoidale di una singola
frequenza.
- L’inviluppo: Il timbro è l’unica caratteristica che permette di cogliere la differenza fra
strumenti musicali. Ciascuno strumento ha il suo inviluppo caratteristico e assieme al
timbro determina il suono particolare dello strumento stesso. L’inviluppo di una forma
d’onda descrive la variazione di intensità nel tempo in cui la nota viene suonata.
L’inviluppo è composto da quattro sezioni: Attack, Decay, Sustain e Release.
I principi basilari dell’audio digitale
Sono state esaminate due caratteristiche fondamentali del suono, la frequenza e l’ampiezza.
L’audio digitale può essere classificato in due componenti simili, il campionamento e la
quantizzazione.
Il campionamento
Nel campo analogico, i segnali sono prodotti, registrati, archiviati e riprodotti come
variazione di livello di tensione continue nel tempo. Il processo di registrazione digitale,
invece, non opera in maniera continua.
Una registrazione digitale prende, al contrario, campioni periodici della forma d’onda
mutevole di un segnale e trasforma questi livelli di segnale campionati in una successione
binaria per essere elaborate in un secondo momento.
All’interno di un sistema audio digitale, la frequenza di campionamento è definita come
l’insieme delle misurazioni del segnale analogico. Il tempo di campionamento non è altro
che il tempo che intercorre fra ciascun campione.
Se la frequenza è troppo bassa, si perdono troppi dati importanti, al contrario all’aumentare
della frequenza si possono memorizzare più informazioni presenti nel segnale.
Note: Teorema di Nysquit: Secondo il teorema, per codificare fedelmente in modo digitale la
banda di frequenza desiderata, la frequenza di campionamento prescelta deve essere
almeno due volte la massima frequenza che si intende registrare.
Un segnale audio con banda passante di 20 KHz richiederà una frequenza di campionamento
di almeno 40000 campioni al secondo.
La quantizzazione
Nel processo del campionamento digitale, rappresenta la componente di ampiezza del
segnale. E’ una tecnica che converte i livelli di tensione di un segnale analogico continuo,
con lo scopo di immagazzinare in modo digitale il segnale.
33
DAW (DIGITAL AUDIO WORKSTATION)
Negli ultimi anni, l’espressione workstation audio digitale (DAW) è stata usata per indicare
un sistema di registrazione integrato basato su hard disk, che può essere su piattaforma
Mac o PC, consiste di tre componenti: un computer, un convertitore digitale, e un software
per l'editing audio.
Il computer funziona come macchina host per la scheda audio e fornisce la potenza
necessaria per processare le informazioni audio. La scheda audio funziona da interfaccia,
generalmente convertendo il segnale audio in digitale, e può fare da assistente per le
modifiche audio.
Questo sistema offre le seguenti funzioni:
-
Registrazione multi traccia, editing e mixaggio.
-
Programmazione di sequenze, editing e scrittura MIDI.
-
Elaborazione del segnale utilizzando plug-in.
-
Emulazione di strumenti tramite VSTi
-
Integrazione con dispositivi esterni.
-
Trascrizione in partitura delle parti.
I software dedicati alla registrazione e l'editing sono svariati ad esempio Apple Logic Pro,
Avid Pro Tools, Steinberg Cubase, Motu Digital Performer...
La scheda audio
La scheda audio è il componente hardware che dal punto di vista sonoro collega il computer
con il mondo esterno, in pratica permette di registrare suoni e di emetterne.
La scheda audio acquisisce suoni attraverso appositi ingressi input o pre microfonici (se
disponibili), convertirli A/D (da analogico a digitale) trasformando il segnale analogico in
ingresso in dati digitali utilizzabili dal computer.
L’informazione digitale è poi nuovamente trasformata in segnale elettrico tramite un
convertitore D/A (da digitale ad analogico), per essere mandata attraverso le uscite
(output) verso il sistema di ascolto (casse acustiche, cuffie…).
Chiaramente molte schede audio anche acquisire e inviare audio direttamente in digitale,
tramite specifici input/output (I/O).
Le schede audio si possono dividere in tre famiglie:
Scheda audio integrata: I chip audio integrati delle schede madri attuali, sono sicuramente
migliori di quelli di alcuni anni fa e tutto sommato suonano discretamente. Al di la di alcuni
limiti tecnici, il problema principale di queste soluzioni sta nella mancanza di ingressi e
uscite di un livello qualitativo adeguato per la produzione musicale, il loro uso in questo
senso è dunque sconsigliato.
34
Interfaccia audio USB e FireWire: Molti prodotti in commercio sia di livello amatoriale che
professionale, utilizzano questo tipo di connessioni. Le interfacce audio USB e FireWire (400
o 800) sono esterne (dotate di proprio case) e quindi di facile portabilità.
Schede audio PCI e PCIe: Queste schede si connettono alla scheda madre tramite le porte
PCI o PCI Express, rimanendo quindi all’interno del case del computer, sono in genere
dotate di un apposito collegamento verso i connettori I/O o verso una unità di controllo
esterna.
Caratteristiche di una comune scheda audio
Analizziamo le caratteristiche principali di una scheda audio:
-
Ingressi microfonici: Quindi ingressi bilanciati dotati di preamplificatore microfonico
su connettore XLR/Cannon. Servono per collegare i microfoni, se a condensatore è
necessario utilizzare l’alimentazione Phantom a +48 volt.
-
Ingressi strumentali (Hi-Z): In molte schede audio recenti gli ingressi microfonici
adottano connettori combo, che combinano XLR e jack TRS per accettare sia segnali
microfonici che strumentali o a livello di linea. Questi ingressisono input ad alta
impedenza, per il collegamentodi chitarre o bassi elettrici.
-
Ingressi a livello di linea: Basati in genere su connettori jack da ¼ di pollice o
connettori RCA, servono per collegare tastiere, drum machine, preamplificatori
esterni…
-
Uscite Main Out: Le uscite Left e Right possono essere bilanciate (meglio) o
sbilanciate, queste uscite servono per pilotare le nostre casse per l’ascolto.
-
Uscite: Queste uscite possono essere bilanciate o sbilanciate e possono servire per
utilizzare ad esempio effetti hardware esterni.
-
I/O digitali: Molte schede audio moderne sono dotatedi ingressi e uscite digitali per
trasmissioni in formato S/PDIF, ADAT, AES/EBU o altro).
-
I/O Midi: Basati su connettori di tipo DIN a 5 poli, servono per il collegamento di
tastiere, controller o altre apparecchiature midi. Va detto che oggi molta
strumentazione midi può essere collegata al computer anche tramite USB.
-
Out Phones: Questa è l’uscita cuffie nei modellimpiù costosi ne passiamo trovare
due.
-
Frequenza di campionamento e risoluzione in bit: Definiscono in pratica
l’accuratezza con cui una scheda è in grado di digitalizzare l’audio analogico e di
operare con quello digitale. Ormai la maggior parte dei modelli in commercio
garantisce un campionamento di 96KHz con una risoluzione di 24 bit, si tratta di un
livello qualitativo alto, considerato che in studi professionali si lavora spesso a
48KHz e 24bit.
-
Gamma dinamica: Espressa in dB, specifica l’estensione dinamica della scheda, più è
elevato questo valore più la scheda è capace di riprodurre fedelmente la dinamica
del segnale, dai 100 dB in poi si tratta di buoni lavori.
35
Protocolli per driver audio
Con questa espressioni si identificano tutti quei programmi specifici che stabiliscono
standard per la trasmissione di dati fra il software e l’hardware che compongono il sistema.
Alcuni fra questi protocolli sono elencati qui di seguito:
-
WDM: La sigla significa Windows Driver Model, è un tipo di implementazione di
driver supportata da Microsoft. I componenti hardware e software compatibili con
questo protocollo possono trasferire audio da e verso il computer utilizzando le porte
standard in dotazione del computer stesso.
-
ASIO: La sigla significa Audio Stream Input Output. E’ l’architettura che sta alla
base della tecnologia VST. Supporta diverse quantizzazioni e frequenze di
campionamento, funzionalità multicanale e di quantizzazione.
-
MAS: E’ una estensione sviluppata da Motu per Mac.
-
Core Audio: Questo driver della Digidesign per Mac supporta le modalità full-duplex
per registrazione e riproduzione di audio fino a 96KHz e 24 bit.
Latenza
Il termine si riferisce al verificarsi di ritardi, misurati in ms. in un segnale audio che
attraversi la circuiteria apposita della interfaccia digitale, della CPU, della struttura di
mixaggio o nella sezione di smistamento verso le uscite di una daw.
Se si ascolta un segnale audio direttamente dal computer e ci si accorge di ritardi che si
verificano tra il segnale in ingresso e quello effettivamente ascoltato, può far andare fuori
tempo il musicista.
Grazie a computer sempre più veloci, al miglioramento dei driver audio e della loro
programmazione, i tempi di latenza sono ormai quasi impercettibili.
Per non incappare in questi problemi occorre regolare il buffer della scheda audio in modo
che la latenza sia prossima ai 0ms. senza che si verifichino fenomeni di scattering.
Controller DAW
Uno dei punti deboli degli audio digitali e delle workstation, come molti utilizzatori fanno
rilevare, è la mancanza di controlli hardware a portata di mano e facili da usare.
Negli ultimi anni comunque, le maggiori case costruttrici hanno cercato di risolvere il
problema con dispositivi hardware quali le interfacce di controllo per DAW.
36
I formati dei file audio
Nell’ambito della produzione audio esistono innumerevoli formati di file. Qui di seguito
riportiamo un’elenco di tutti quelli che non usano alcuna compressione.
- Wawe (.wav): Il formato Microsoft supporta si a file mono che stereo, con svariate
frequenze di campionamento e quantizzazione.
- Broadcast Wawe (.waw): Identici ai wawe ma in più si possono inserire nel file
informazioni ben precise e alcune righe di testo per informazioni addizionali.
- Wawe 64 (.waw64): Sviluppato dalla Sony questi file hanno le stesse caratteristiche dei
wawe sopra menzionati, tranne che usano valori a 64 bit al posto dei 32 bit. Possono
contenere più informazioni e quindi sono preferibili per registrazioni molto lunghe tipo
surround.
- Aiff (.aiff): Sviluppato da Apple hanno le stesse caratteristiche dei Broadcast Wawe.
Frequenze di campionamento per i file audio
Come abbiamo spiegato sopra la frequenza di campionamento di un file audio è
strettamente legata all’accuratezza con cui viene catturato il suono stesso. Queste le
frequenze più utilizzate:
-
44.1KHz: E’ lo standard dei cd audio ed è considerata la minima accettabile per la
produzione audio professionale.
-
48KHz: Questo standard fu adottato all’inizio soprattutto su dispositivi digitali. Al
momento è la più utilizzata nella registrazione audio.
-
96KHz: La possibilità di avere quantizzazioni a 24 bit ha portato a spingere la
frequenza di campionamento sempre più in alto. Lo standard a 96KHz è usato nei
DVD-Audio.
-
192KHz: Anche questa frequenza è utilizzata nei DVD-Audio.
Nota: E’ bene ricordarsi che nel momento in cui faremo il nostro mix down audio o bounce
come lo si voglia chiamare l’audio dovrà corrispondere a 16 bit/44.1KHz. Quindi molti
professionisti tendono a lavorare con progetti impostati direttamente a 44.1 KHz per non
dover perderebit e qualità a lavoro ultimato, esistono quindi varie scuole di pensiero.
Quantizzazione dei file audio
La quantizzazione di un file audio è direttamente proporzionale al numero di step utilizzati
per la codifica del segnale audio. Con il risultato il bit rate o bit depth è direttamente
correlato con:
-
La precisione di codifica, in un determinato intervallo di tempo, del segnale
campionato.
-
Il rapporto segnale/rumore e quindi l’estensione dinamica del segnale stesso.
Fra tutti i valori di quantizzazione possibili elenchiamo i due più utilizzati:
-
16 bit: E’ considerata la minima accettabile per la riproduzione audio professionale.
Costituisce lo standard per i cd audio.
-
24 bit: Poichè offre un’estensione dinamica di 145,8 dB rispetto ai 97,8 dB del 16
bit, questo standard viene utilizzato nella produzione audio professionale, nelle
registrazioni ad alta definizione e nell’audio per DVD.
37
Software per DAW
La workstation digitale è uno dei prodotti vincenti nell’ambito dell’audio digitale
professionale. Queste applicazioni offrono importanti risorse per la registrazione, l’editing e
il mixaggio che si basano su:
-
Ampia possibilità di registrazione ed editing di file audio, nonchè di definizione delle
regioni e del relativo posizionamento.
-
Creazione ed elaborazione di sequenze midi e di partiture musicali.
-
Mixaggio ed effetti in tempo reale.
-
Automazione del mixaggio e degli effetti.
-
Sincronizzazioni tra vari dispositivi.
-
Utilizzo del sistema Rewire.
-
Utilizzo dei VST... ecc...
Elaborazione digitale del segnale (DSP)
Oltre a tagliare, incollare regioni all’interno di un file audio, è possibile modificareuna parte,
una traccia o un intero file audio mediante tecniche di elaborazione digitale del segnale
(DSP). Queste in breve, operano in due modalità:
-
Real Time: Questo processo si basa sulle capacità d calcolo della CPU per effettuare
complessi calcoli di elaborazione del segnale audio digitale, i fase di riproduzione. I
risultati di calcolo non vengono scritti su hard-disk quindi non si spreca tempo nel
processare i file e permettono di modificare gli effetti usati o annullare le operazioni,
senza modificare il file originale.
-
Non Real Time: Si utilizza questo tipo di processo per quelle elaborazioni troppo
complesse per essere eseguite durante l’ascolto, questo viene detto in gergo azione
distruttiva perchè viene modificato il file originale.
Schede di accelerazione
Sono soluzioni per ridurre il sovraccarico della CPU, in parole povere sono plug-in che
utilizzano CPU esterne dal sistema con hardware separati, alloggiati tramite PCI express,
esternamente con cavi firewire o usb oppure nei laptop tramite PCMCI.
38
I Plug-in
Molti effetti DSP sono prodotte da terze parti e si configurano con le applicazioni della
workstation che li ospita con piattaforme plug-in quali:
-
AU: Sviluppata da Apple per il sistema operativo OSX.
-
VST: Creato da Steinberg può funzionare sia su piattaforma Mac che Pc.
-
MAS: Formato per Mac sviluppato da Motu.
-
RTAS: Progettato per Pro Tools LE può essere utilizzato sia su Mac che Pc.
-
TDM: Formato utilizzabile esclusivamente su Pro Tools con DSP digitali a latenza 0.
39
IL MIDI
Cosa è il midi
E’ un linguaggio di comunicazione in grado di far dialogare strumenti elettrici, controller
computer e altri dispositivi fra loro. Il midi è utilizzato per tradurre, in messaggi equivalenti,
parametri di performance o di controllo legati a una esecuzione, per esempio suonare una
tastiera, selezionare un numero di patch o variare una modulazione, che vengono inviati a
dispositivi compatibili e che possono svolgere le seguenti funzioni:
-
Controllare la generazione del suono.
Controllare l’ascolto dell’audio digitale.
Controllare il transport.
Trasmettere messaggi di tempo.
Triggerare eventi.
I cavi
Il vero punto di forza del midi è la capacità di trasmettere dati che possano essere
agevolmente compresi e/o registrati da dispositivi hardware o software. Possono essere
trasmesse informazioni relative a un numero massimo di 16 canali, fra strumentio
apparecchiature, attraverso un cavo o porta.
Questi collegamenti possono essere effettuati in modi diversi, fra i quali:
-
Un cavo o una porta midi.
Una connessione di tipo USB.
Una connessione di rete.
Cavo midi: Il cavo midi standard è formato da due connettori maschio DIN a 5 piedini a
ciascuna estremità. La massima lunghezza utilizzabile di un cavo è di 15m. questo per non
avere problemi di degradazione del segnale e interferenze esterne che tendono a verificarsi.
Prese midi: Esistono tre tipi di porte, MIDI IN, MIDI OUT e MIDI THRU.
Porta MIDI in: Riceve i messaggi da una sorgente esterna e trasmette al dispositivo questi
dati di performance, di controllo e di tempo.
Porta MIDI out: Trasmette i messaggi midi da un dispositivo ad un’altro strumento o
dispositivo midi.
Porta MIDI thru: Fornisce una copia esatta dei dati in arrivo alla porta midi in e trasmette
questi dati a un’altro dispositivo midi che segue nella catena.
Cavo USB: Molte se non tutte le recenti interfacce possono trasmettere dati midi ad un
computer mediante i protocolli USB 2. Questi dispositivi possono trasmettere, ad alta
velocità, dati di performance o di controllo a un computer.
Cavo mLAN: Fra tutte le tipologie di connessione brevettate che risolvono problemi di
velocità, la mLAN della Yamaha sembra avere le caratteristiche migliori, in quanto permetto
il trasferimento di dati audio digitali multicanale e di dati midi, mediante un solo cavo. E‘ in
grado di trasferire fino a 100 canali di dati audio digitali e 256 porte dedicate a dati midi.
40
I messaggi midi
Sono messaggi organizzati in gruppi di otto bit, detti byte trasmessi in modo seriale e usati
per portare una serie di istruzioni di performance o di controllo a uno o a tutti i dispositivi
midi all’interno del sistema. Nelle specifiche midid sono definiti solo due tipi di byte:
- byte di stato (status byte): Usato nei messaggi midi come identificatore, per comunicare
al dispositivo ricevente e quale canale vengono indirizzati.
- byte di dati (data byte): Usato per codificare il valore numerico effettivo corrispondente al
byte di status in arrivo.
I canali midi
Tutte le volte che un dispositivo viene programmato per corrispondere ad un canale midi
ben preciso, esso ignora tutti i messaggi di performance trasmessi sugli altri canali.
Supponiamo di avere una tastiera midi controller, in sintetizzatore e un campionatore
collegati fra di loro in catena midi. Supponendo di aver programmato il sintetizzatore per
ricevere i dati sul canale midi numero 3 e il campionatore sul canale 5. Se ordiniamo al
controller di trasmettere sul canale 3, il sintetizzatore riceve i dati e comincia a suonare,
mentre il campionatore li ignora. Analogamente, se ordiniamo al controller di trasmettere
sul canale 5, il campionatore riceve i dati e comincia a suonare, mentre il sintetizzatore li
ignora. Dividendo la tastiera in modo che le ottavepiù basse trasmettano messaggi sul
canale 3 e quelle più alte sul canale 5, è possibile eseguire parti musicali differenti su
entrambi gli strumenti contemporaneamente.
Messaggi di canale
I messaggi di canale sono utilizzati per trasmettere dati in real time attraverso un sistema
midi collegato e sono generati tutte le volte che si esegue una parte su un controller. I
messaggi contengono sette tipi diversi di informazione:
- Note On: Indica l’inizio di una nota midi.
- Note Off: Indica il rilascio (fine) di una nota midi.
- Polyphonic key pressure: Corrisponde ai cambiamenti di pressione applicati ai singoli tasti.
- Channel pressure (o aftertouch): Messaggio che trasmette la pressione sul tasto che
questo è già stato abbassato.
- Program change: Viene usato per cambiare i suoni o preset.
- Control change: Consente di modificare in tempo reale i parametri di performance di uno
strumento midi.
- Pitch bend: Trasmette la variazione di intonazione crescente e calante.
Interfacce midi
Anche se tutti i computer e gli strumenti elettronici sono basati sul codice binario, i
computer non sono in grado di comunicare con gli strumenti midi se non hanno un
dispositivo che traduca i messaggi seriali in strutture di dati compatibili. Questo dispositivo
si chiama interfaccia midi.
41
Le tastiere elettroniche
Sono i più comuni strumenti midi. In parte ciò è dovuto al fatto che sono stati i primi
dispositivi a essere sviluppati ampiamente e il midi fu inizialmente inteso per registrare e
controllare i loro parametri interni. Le tastiere midi possono essere suddivise in due grandi
famiglie, il sintetizzatore e i campionatori digitali:
- Il Sintetizzatore: E’ uno strumento musicale elettronico che usa molteplici generatori
sonori mediante diverse tecnologie e algoritmi, per creare forme d’onda complesse, che
vengono combinate e generano innumerevoli timbri diversi. I primi sintetizzatori erano
analogici e i loro suoni erano ottenuti mediante somma e sottrazione di forme d’onda,
mentre la sintesi per modulazione di frequenza apparve nel 1982, anno in cui venne
prodotto lo Yamaha DX-7. Con l passare degli anni la tecnologia si è sviluppata con sistemi
a rack controllati da master keyboard esterna.
- Il campionatore: Può essere visto come un sintetizzatore wawetable che permette di
registrare audio, editarlo caricarlo nella ram. Dopo essere stati caricati questi suoni
possono essere messi in loop, modulati, sottoposti a filtraggio e amplificati modificando
così alla forma d’onda che all’inviluppo.
I controller a tastiera
Queste tastiere sono progettate per controllare sintetizzatori, campionatori, moduli e altri
dispositivi ancora, sia hardware che software, all’interno di un sistema midi.
I controller a percussione
Sono utilizzati per trasformare in dati midi le caratteristiche timbriche e l’espressività
proprie di una parte musicale eseguita con la batteria. Esistono innumerevoli tipi di
controller a percussione, dai più semplici fino a quelle più complesse che si avvicinano come
forma ad un set di batteria tradizionale.
42
REGISTAZIONE DEL SINTETIZZATORE e LE TASTIERE AUDIO E MIDI
Introduzione
Negli anni il sintetizzatore ha giocato un ruolo importantissimo per la definizione
sonora in tutti i generi musicali , caratterinzando tantissimo l'impronta di un
gruppo. L'evoluzione del midi e della registrazione non hanno fatto altro che
alleggerire e semplificare il metodo di ripresa delle tastiere dalla classica ripresa
audio, all'impulso di dati da sorgenti midi (sequencer , midi file smf ecc..) ai piu'
conosciuti ed usati
controller
USB utilizzatissimi tutt'oggi per semplificare al
massimo la registrazione del nostro sintetizzatore o strumento preferito tramite
Software.
Registrazione sintetizzatori e tastiere in modalità Audio (ripresa diretta )
la registrazione delle tastiere e sintetizzatori in modalità audio sta piano piano
riducendosi in quanto con l'ingresso delle nuove tecnologie sempre in evoluzione
possiamo avere tutto i nostro banco suoni a portata di mano tramite i nostri
software e un controller midi-usb. La ripresa audio delle tasitere è utilizzata
principalmente per i live , le dimostrazioni e per registrare strumenti di "vecchia"
generazione o non dotati di interfaccia midi ma solo audio.
Chiaramente non potremo mai registrare un Hammond C3 originario tramite usb o
midi ma dovremmo micofonarlo a dovere. Comunque sia molti ancora utilizzano
questa tecnica di ripresa anche su strumenti di nuova generazione per ottenere
timbriche piu' corpose ed aggressive dal sapore "live"come riff incisivi di lead Synth.
Per registrare sintetizzatori , tastiere e workstation in maniera diretta dobbiamo per
primo utilizzare delle D.I Box, per l'esattezza due una per canale Sinistro (left) e
l'altro per il canale Destro (right) le quali fungono da interfaccia tra il nostro
stumento e la console commutando le uscite sbilanciate (jack-TRS) in uscite
bilanciate a bassa impedenza (cannon-XLR) .
In questo modo utilizzando le Direct Box isoliamo il percorso audio da fonti
elettriche evitanto i cosiddetti "Rumori di Massa".
L'equalizzazione
Dopo la ripresa diretta o in fase di mixaggio va affrontata accuratamente e con
cautela cercando di non snaturalizzare troppo il suono visto e considerato che se si
registra una tastiera o sintetizzatore in modalità audio lo si fa sempre per avere
quel tipo di sonororità, quindi occorre essere ben consapevoli del suono e del
genere che si sta registrando.
43
Registrazione sintetizzatori e tastiera Midi/Usb e controller
Questa tecnica di registrazioni è utilizzatissima nella maggior parte degli studi di
registrazioni e dalla maggior parte dei tastieristi moderni.
Basta utilizzare un’interfaccia midi collegata alla nostra console oppure l'utilizzando
un cavo usb, se il nostro strumento ne è dotato e procurarci il nostro software
preferito, il gioco è fatto.
Vediamo come collegare il tutto:
44
-
Utilizzando synth dovremo collegare due cavi Midi dal nostro strumento
all'interfaccia midi collegata alla nostra console.
Il primo cavo midi va inserito nella OUT midi dello strumento e collegato
nella IN midi dell' interfaccia, il secondo cavo invece deve essere inserito
nella IN midi dello strumento e collegato nella OUT midi dell'interfaccia.
Creiamo tramite il nostro programma di registrazione la traccia midi ed
assegniamoli il suono che desideriamo e cominciamo la rripresa.
In questa maniera si ottiene un "Sent e Return" Midi che permette al
Sofware di registrare e percepire il segnale ed il flusso di dati midi e l'altro di
fare suonare direttamente il virtula intrument del software che abbiamo
imputato alla nostra traccia midi registrata a dovere.
-
Tastiera midi/usb controller: utilizzare un cavo usb ,collegarlo al nostro
controller o strumento ed inserirlo nella porta USB del nostro computer.
( sono supportate usb 1.1/2.0/2.1/3.0) il procedimento di registrazione è lo
stesso che andremo ad effettuare come un collegamento tramite cavi midi ,
unica differenza che il cavo Usb commuta già tutte le informazioni di invio e
ricezione delle uscite midi In e midi Out.
Se il nostro strumento non è dotato di uscita USB ma solo midi e non
disponiamo di interfacce Midi esistono devi cavi creati apposta che fungono
da Interfaccia Midi OUT/IN e USB.
L'equalizzazione dopo la ripresa puo' essere modificata in svariati modi sulla
traccia midi ma fate sempre attenzione e cura a quello che volete ottenere.
TECNICHE DI RIPRESA MICROFONICA
Introduzione
Ciascun microfono ha caratteristiche sonore proprie dovute alla sua costruzione e alle sue
specifiche tecniche. Molti fra questi modelli e tipi possono essere utilizzati per svariate
applicazioni e sta al fonico scegliere quello più adatto al suo lavoro.
Si possono seguire due diverse filosofie nella scelta del tipo e del modello di microfono da
usare:
- Scegliere un numero limitato di microfoni che possono comunque essere utilizzati per
molte applicazioni.
- Dotarsi di un numero elevato di microfoni, ognuno dei quali è adatto per riprendere un
determinato strumento o una particolare situazione sonora.
Il primo approccio è l’ideale se si lavora in un project studio o se si è agli inizi della propria
attività ma è comunque usato da moltissimi professionisti di grande esperienza.
La seconda filosofia si sposa con le necessità di studi professionali, ma bisogna sottolineare
che la scelta del microfono giusto è solo l’inizio del lavoro.
Il posizionamento del microfono ha un ruolo importante nel cercare di ottenere la sonorità
voluta.
Non si può affermare che un posizionamento sia giusto o sbagliato. La registrazione deve
essere aperta a innovazioni e sperimentazioni, due fattori più importanti fra quelli che
contribuiscono a mantenere vitali sia l’industria che la musica stessa.
Abbiamo spiegato ampiamente nel capitolo dedicato ai microfoni che ci sono cinque
tipologie di pattern polari, che influiscono ovviamente sul posizionamento microfonico e la
scelta sarà correlata direttamente anche dalla distanza del microfono dalla sorgente sonora.
La scelta del microfono giusto è una delle più importanti per il fonico e si ripercuoterà in
maniera decisiva anche in tutte le fasi successive alla registrazione.
Il microfono infatti scolpisce il suono, o per così dire lo ‘dipinge‘, in modo decisivo,
applicando una sorta di curva di equalizzazione molto naturale, perchè agisce a livello
meccanico.
Questo stampo che viene imposto sull’audio è l’occasione più grande che abbiamo per
ottenere ciò che vogliamo da un suono, per ottimizzarlo in prospettiva dell’utilizzo che ne
vogliamo fare.
Ripetendo come al solito che non esistono regole fisse e che sta alle orecchie di ciascuno
giudicare, possiamo tranquillamente affermare che nel 99% dei casi la scelta del microfono
giusto funziona meglio rispetto all’applicazione di una curva di equalizzazione successiva.
Scegliendo il microfono giusto, adatto al suono che dobbiamo riprendere, si risparmiano
interventi di equalizzatore che alla lunga snaturano e appiattiscono la fonte sonora.
Questo concetto è basato molto sull’esperienza e su di una visione generale ed in
prospettiva del progetto a cui si sta registrando.
Mi spiego meglio: ci sono delle occasioni in cui si vuole registrare il suono di uno strumento
in maniera più neutra possibile perchè non si sa ancora bene quale sarà il suo ruolo nel
missaggio finale, o viceversa ci sono altre occasioni in cui fin dall’inizio è chiarissimo quali
caratteristiche dovrà avere.
Nel primo caso si cercherà di fare riprese audio più ‘trasparenti‘ possibile, con microfoni che
non colorano particolarmente il suono, nel secondo si cerca invece di dare al materiale la
giusta impronta già dall’inizio.
Ovviamente nessuno può prevedere il futuro, ma in molti generi musicali esistono
consuetudini che determinano fin dall’inizio quale sarà il timbro di uno strumento. Per
esempio nessuno si sognerebbe di fare suonare una cassa jazz allo stesso modo di una
cassa heavy metal.
Scegliere il microfono giusto in questa prospettiva diventa una questione di esperienza e di
conoscenza del tipo di musica ed infatti molto spesso i fonici di ripresa sono specializzati in
generi particolari, che conoscono in maniera approfondita.
Proprio per questo l’attività di un fonico non può prescindere da una conoscenza il più larga
possibile dei microfoni a sua disposizione, ed il consiglio è quello di cogliere ogni occasione
possibile per provare e sperimentare personalmente.
45
Tipologie di microfonazione
Microfonaggio distanziato: In questo caso uno o più microfoni sono posizionati ad almeno un
metro dalla fonte sonora, distanza che può essere superiore a seconda delle dimensioni
degli strumenti da riprendere. Questa tecnica è spesso utilizzata per la ripresa di un
orchestra o un coro, ma anche nel caso di si voglia riprendere l’ambiente “room” di una
batteria. La ripresa si basa anche sulle caratteristiche acustiche dell’ambiente, per ottenere
un suono più naturale e donare al mixaggio una veridicità al suono.
Questi i due risultati che si possono ottenere:
-
Riprendere una gran parte dello strumento o del gruppo musicale e perciò preserva
il bilanciamento tonale complessivo dello strumento o del gruppo.
-
Permette di includere l’ambiente nella ripresa del microfono e di combinarlo con il
segnale del suono diretto. Quindi si crea un mix dei due fino ad un bilanciamento
ottimale.
Quest’ultima tecnica può dare alcuni svantaggi se le caratteristiche acustiche della sala non
sono particolarmente buone. Per evitare tale problema si può agire nei seguenti modi:
-
Correggere le riflessioni usando pannelli assorbenti o riflettenti.
-
Posizionare il microfono più vicino alla sorgente ed aggiungere riverberazione
artificiale.
Un’altro problema che possiamo incontrare avendo messo il microfono ad una altezza
casuale è quello di avere in registrazione un suono cupo a causa delle cancellazioni di fase
che si verificano fra il suono diretto e e il suono riflesso dal pavimento o dalle altre superfici
vicine. Allontanando il microfono dal pavimento si otterrà una riduzione delle cancellazioni,
al contrario se lo si avvicina il percorso del segnale sarà minore e quindi si allarga lo spettro
delle frequenze a cui si verificano le cancellazioni di fase.
Microfonaggio ravvicinato: In questo caso il microfono o i microfoni vengono posizionati a
una distanza compresa tra i 3 e i 90 cm. dalla sorgente sonora. Ricordiamoci che
muovendolo il microfono lungo l’asse
orizzontale, anche di qualche centimetro può
cambiare il bilanciamento tonale risultante, prendiamo per esempio il cono del cabinet da
chitarra, andando verso dal centro all’esterno il suono risulterà man mano sempre più
“scuro” quindi una perdita di basse frequenze e un aumento delle basse. Mentre se
spostiamo il microfono lungo l’asse opposto quindi allontanandoci dalla fonte sonora,
cambiera l’effetto di prossimità, prendiamo per esempio la registrazione della voce, se il
cantante si avvicina ad una distanza inferiore ai 5 cm. l’intensità dei bassi aumenta
sensibilmente arrivando ad una enfasi inattesa, un banale accorgimento potrebbe essere
quello di utilizzare in studio un filtro anti-pop che oltre ad eliminare fastidiosi rumori,
consente di mantenere il cantante ad una distanza consigliata. Queste le linee guida:
-
Spostare il microfono lungo la superficie della sorgente sonora, fino a che otteniamo
il bilanciamento tonale desiderato.
-
Posizionare ad una distanza maggiore dalla sorgente sonora, per riprendere una
porzione maggiore del suono complessivo dello strumento.
-
Cambiare microfono.
-
Equalizzare il segnale.
Microfonaggio d’accento: E’ quando aggiungiamo ad un microfono distante un secondo
vicino allo strumento che vogliamo rendere più presente all’interno magari di un’orchestra
per certo passaggio...
Microfoni d’ambiente: Un microfono d’ambiente è posizionato ad una distanza tale che il
suono riverberato, o suono della stanza, è prevalente al suono diretto.
Tale microfono è spesso costituito da una coppia di cardioidi in tecnica stereofonica oppure a
8 (Blumlein), che di solito è mixata in una registrazione stereo per fornirle un riverbero
naturale e la percezione sonora dell’ambiente.
46
Microfonaggio stereofonico “introduzione”
In questo contesto si riferisce all’uso di due microfoni per ottenere una immagine
stereofonica comprensibile. Questa tecnica può essere utilizzata sia in un microfonaggio
distanziato o vicino. Consiste nel posizionare due microfoni di fronte a un strumento in
collocazione sinistro-destro ad una distanza a seconda delle dimensioni dello strumento, per
ottenere così un’immagine stereo. Con questa tecnica i microfoni devono essere della stessa
marca e modello, questo per non avere differenze di fase tra i due canali, dovute alle
differenze di tempi di un microfono, rispetto all’altro. Le tecniche più comuni per un
microfonggio stereofonico:
La tecnica X-Y (90°, 135° e 180°)
Viene chiamata anche microfonazione a “microfoni coincidenti”, si utilizzano due microfoni
cardioidi, dello stesso identico tipo, modello e costruzione, sono posizionati in modo che le
loro membrane siano più vicine possibile senza che si tocchino e con un’angolazione
reciproca di 90° (Vedi foto), 135° oppure 180°. Nel caso del metodo più comune dei 90°
l’asse centrale dei due microfoni è rivolto perpendicolarmente verso lo strumento e gli
output dei microfoni devono essere indirizzati in modo identico a destra e a sinistra on il
pan. Anche se i microfoni sono così vicini, l’immagine stereo risultante è eccellente e spesso
migliore a quella della tecnica a microfoni distanziati. L’angolazione dei due microfoni oltre a
90° può essere a 135° e 180° vediamo le differenze sonore che si ottengono:
- Angolazione di 90°: L’immagine stereofonica è alquanto ristretta e riproduce la
riverberazione dell’ambiente prevalentemente al centro dei monitor.
- Angolazione di 135°: L’estensione stereo sarà più ampia e la riverberazione diffusa in
modo uniforme.
- Angolazione di 180°: Daranno un suono più sfuocato e sarà esaltata la riverberazione ai
lati estremi del monitor.
La tecnica ORTF
Prende il suo nome dall’ufficio di ricerca della Radio Televisione Francese, Office de
Radiodiffusion Télévision Française, in cui fu sviluppata negli anni ‘60. L’idea che sta alla
base delle ricerche che furono effettuate era quella di ottenere un suono registrato più
naturale possibile, il più simile possibile a quello percepito dalle nostre orecchie. Questa
tecnica prevede l’utilizzo di due microfoni con pattern a cardioide con le capsule poste ad
una distanza di 17 cm l’uno dall’altra, inoltre i due microfoni devono essere posti ad un
angolo convesso, cioè aperto, di 110 gradi. L’angolazione ed il posizionamento devono
essere precisi per poter ottenere risultati mono-compatibili.
47
La technica NOS
Prende il suo nome da Nederlandse Omroep Stichting (in italiano: Fondazione Radio
Televisiva Olandese), molto simile alla tecnica ORTF utilizza due microfoni a cardioide
angolati a 90° e distanziati di 30cm. rispetto alla tecnica francese offre una maggiore
estensione stereofonica. Le sue applicazioni sono varie, tenendo conto che come regola di
base permette di riprendere uno strumento o un insieme di strumenti da una certa distanza
senza perderne il fuoco a sfavore del suono d’ambiente.
La tecnica a microfoni distanziati (Spaced Pair)
Sono usati prevalentemente due microfoni posti su di una linea parallela, frontalmente alla
sorgente sonora. La distanza tra i microfoni dipende dalla dimensione della sorgente sonora.
La regola è di mantenere il rapporto 3:1 tra la distanza tra i microfoni tra di loro e la
distanza dei microfoni dalla sorgente sonora. Queste tecniche impediscono di avere una
compatibilità mono dunque vengono utilizzate solo in determinati contesti.
La tecnica Blumlein
Questa tecnica, inventata negli anni trenta dall'inglese Alan Dower Blumlein, usa due
microfoni bidirezionali (figura ad otto) coincidenti angolati a 90°. Si avrà un'ottima
localizzazione degli strumenti nello spazio stereofonico, un'accurata estensione della
riverberazione ed un reale senso della profondità.
Questa tecnica basa la sua resa dell'effetto stereo sulla presenza delle riflessioni che
vengono captate dai lobi posteriori dei due microfoni. Vengono usati due microfoni con
diagramma polare a figura di 8 denominati 1 e 2 e posizionati come nella figura sottostante.
L'angolo tra i due diaframmi è fissato a 90 gradi. Il microfono 1 punta verso la parte sinistra
del campo sonoro mentre è sollecitato dalle riflessioni della parte destra. Il discorso inverso
vale per il microfono 2. Questa tecnica risulta particolarmente efficace in presenza di
ambienti di elevata resa acustica in cui la presenza delle riflessioni contribuisce in modo
determinante alla colorazione del suono. Sul mixer i due segnali vengono tenuti separati e
convogliati direttamente sulle uscite.
48
La tecnica M-S (mid-side)
Questa tecnica prevede l'utilizzo di due microfoni, uno con diagramma polare cardioide e
uno a figura di 8 posizionati come nella figura sottostante. Il microfono cardioide riproduce il
segnale proveniente da davanti mentre quello a figura di 8 riproduce i segnali laterali.
Per decodificare questi segnali sul mixer viene utilizzato lo schema descritto nella figura a
sinistra sottostante.
Decodifica dei segnali Mid Side:
Il segnale centrale viene riprodotto tale e quale mentre quello proveniente dal microfono a
figura di 8 viene separato in due.
Una parte viene mandata all'altoparlante di sinistra mentre l'altra viene invertita di fase e
successivamente mandata all'altoparlante di destra dopo che entrambe sono state attenuate
di 3 dB (ciò compensa il fatto che il segnale è stato inizialmente sdoppiato).
La mono-compatibilità è assicurata dal fatto che sommando i due segnali, quello
proveniente dal microfono a figura di 8 si elide. L'ampiezza dell'immagine sonora viene
stabilita dai controlli panoramici che operano sui due segnali laterali.
Si avrà otterrà:
Canale sinistro=centrale + laterale (L=M+S), canale destro=centrale -- laterale (R=M-S).
Tecnica OSS
La sigla è l’abbreviazione di Optimum Stereo Sound, vengono impiegati due microfoni
omnidirezionali posti ad una distanza di 16,5 cm con un angolo di 90 gradi. Tra i due
microfoni viene posto un disco di schiuma acustica di materiale non riflettente, lungo 28 cm
e spesso 1 cm denominata Jecklin disk dal nome del suo inventore l’ingegnere svizzero
Jurge Jecklin, che simula la presenza della testa umana, isolando così i due canali tra loro.
Il sistema ha la peculiarità che all’aumento della frequenza i microfoni risultino sempre più
separati, questa dote aiuta a sentire i bassi al centro delllo stereo in modo tale da far
risaltare nel mix i vari strumenti.
Il sistema viene posizionato relativamente vicino alla sorgente sonora, crea una
riproduzione molto definita e naturale, dovuta al fatto che il disco accentua le caratteristiche
di direzionalità all'aumentare della frequenza, come avviene per l'orecchio umano.
49
REGISTRARE LA BATTERIA
In generale, il set di batteria è composto da cassa, rullante, tom, timpano, charleston e un
certo numero di piatti. Un set completo di percussioni è un insieme di strumenti vicini tra
loro e strettamente correlati, quindi è difficile rendere in registrazione quello che è il
corretto bilanciamento spaziale e timbrico. Il suono potente di un set di batteria rock, con il
quale abbiamo ormai familiarità è il risultato di un esperto bilanciamento fra tecniche di
esecuzione, intonazione appropriata e posizionamento microfonico. Se una di queste
variabili mancasse,risulterebbe difficile la ricerca di un buon suono di batteria. Come regola
generale si può dire che una batteria male accordata avrà comunque un brutto suono anche
con un microfonaggio corretto. Molti fonici concordano sulla separazione tra gli strumenti
ripresi, evitando il più possibile i rientri fra i vari elementi che costituiscono la batteria.
Come scegliere i microfoni: Si possono utilizzare le seguenti caratteristiche per adattare
meglio un microfono alle varie parti del set di batteria, trovate le spiegazioni dettagliate nel
capitolo precedente “I microfoni”:
-
Risposta in frequenza.
Diagramma polare.
Effetto di prossimità.
Risposta ai transienti.
Prendiamo in esempio una multi registrazione, quindi dopo la nostra pre-produzione ricca di
click, tracce guida e molta pazienza, passiamo allo step successivo, la registrazione della
batteria. Il batterista in questo caso, suonerà in studio da solo in una stanza. Avendo in
cuffia il click con la base oppure i musicisti che suonano assieme al batterista ma in un’altra
stanza per non avere problemi di rientri microfonici.
- Disposizione della batteria in studio: La prima cosa che si sottovaluta spesso è la
posizione dello strumento all’interno di una sala, questo a mio parere è sbagliato. Se
abbiamo la possibilità di poter registrare la nostra batteria in una sala abbastanza
grande, abbiamo la possibilità di utilizzare la riverberazione naturale degli ambienti, che
in ambito rock è molto utile. Spesso si posiziona la batteria nel punto più distante e
riflettente della stanza (vedi fig. sottostante), anche in un angolo, così si ha la possibilità
di sfruttare la diagonale per mettere i microfoni d’ambiente nella posizione opposta della
batteria e allo stesso tempo di evitare le riflessioni fastidiose che si genererebbero se
mettessi lo strumento parallelo alle pareti. In questo modo riesco a riprendere tutte le
riflessioni dell’ambiente. Rispettare la simmetria nelle riprese microfoniche è sempre di
aiuto, quindi come è illustrato nella figura cercheremo di disegnare un ipotetico triangolo
equilatero dove agli angoli si troveranno i nostri due microfoni ed all’angolo opposto la
batteria. Questa è solamente una guida non una regola, sperimentate...
50
Tecniche minimalistiche
Glyn Jones Tecnique
Quasi sempre i risultati migliori dal punto di vista della credibilità del suono si ottengono con
setups minimali, con pochi microfoni ben posizionati. Questo è particolarmente vero nel
caso della registrazione della batteria, dove le tecniche di microfonazione multipla e
ravvicinata possono creare effetti poco ‘realistici’ (ma a volte è proprio ciò che si sta
cercando!). Esiste al contrario una tecnica particolare, molto veloce da approntare, che
permette di ottenere ottimi e credibili risultati in breve tempo usando solamente 3
microfoni, aggiungendone un altro o anche due se si vuole avere un maggiore controllo del
suono e se si ha più tempo a disposizione . Comunque con un setup a tre si ottengono già
ottimi risultati. L’inventore a cui attribuirla è Glyn Jones, un fonico che negli anni ‘60 ha
lavorato ’solamente’ con i Beatles, gli Who ed i Rolling Stones, tanto per citare i suoi crediti
più famosi. La premessa obbligatoria a questo punto è che per utilizzarla ci vuole
assolutamente un buon batterista ed una sala ripresa che suoni quantomeno in maniera
decente, questo almeno per un paio di motivi.
Prima di tutto perchè il controllo delle dinamiche e del bilanciamento dei vari tamburi e
piatti viene demandato totalmente al musicista, visto che non ci sono microfoni in grado di
poterlo alterare significativamente egli è responsabile in tutto e per tutto di come il suo kit
’suona’. Secondariamente perchè la riverberazione della stanza diventa parte integrante del
suono, un impronta che sarà impossibile eliminare dopo la registrazione.
La tecnica prevede un posizionamento particolare di due microfoni con pattern a cardiode, il
primo circa un metro, un metro e mezzo sopra al timpano, il secondo una trentina di
centimetri sopra i toms. Questi due microfoni devono essere il più simili possibile, meglio se
sono un ‘matched pair’ garantito dal produttore. La parte più complicata, e qui bisogna
essere precisi al centimetro, è quella di fare in modo che ENTRAMBI i microfoni siano
equidistanti dal centro del rullante e contemporaneamente dal punto dove il battente del
pedale della grancassa colpisce la pelle. Questa operazione si può comunque facilmente
eseguire utilizzando uno di quei metri da sarta oppure in mancanza d’altro con un cavo
microfonico, l’importante è che la misurazione sia precisa. Se la distanza non è uguale
infatti si presenteranno di sicuro problemi di sfasatura tra i microfoni per quello che riguarda
il suono della cassa e del rullante. Quello che invece vogliamo ottenere e che, una volta
‘pannati’ i due microfoni uno tutto a destra ed uno tutto a sinistra, l’effetto sia di avere sia
la cassa ed il rullante ancorati al centro esatto del panorama stereofonico. Il terzo microfono
deve essere posizionato sulla grancassa, per garantire una copertura adeguata delle
frequenze basse. Tutto qui. In pratica si tratta di acquisire un pò di destrezza nel posizionare
due microfoni equidistanti dalla cassa e dal rullante, e di sperimentare un pò col
piazzamento in modo che tutte le parti della batteria siano ben riprese.
Il suono garantito da questo approccio piace sempre molto ai batteristi perchè riconoscono
nella registrazione quello che sentono mentre stanno suonando.
John Bonham
La versione dei Led Zeppelin di When the Levee Breaks (originariamente scritta negli anni
‘20 da Kansas Joe McCoy e Memphis Minnie) è diventato un classico riferimento per il
potente suono della batteria di John Bonham, che non assomigliava a nulla di mai sentito in
precedenza. Quel tipo di sonorità farà scuola e diventerà una sorta di standard per gli anni a
venire, un riferimento fondamentale da cui chiunque registri musica rock non può
prescindere, tanto che l’inizio di When the Levee Breaks sarà campionato da una infinità di
artisti hip hop, tra cui i Beastie Boys. La prima variabile da considerare è John Bonham
stesso, infatti una parte determinante di quel suono è il groove del batterista, il fatto che il
rullante e la cassa abbiano sempre abbastanza tempo per fare ‘respirare il suono’ tra un
colpo e l’altro. Inoltre, a differenza di quanto si farebbe al giorno d’oggi, la parte di batteria
non è suonata sopra una traccia click, ma il senso ritmico è libero, completamente slegato
da riferimenti meccanici cosa che si percepisce chiaramente in alcuni passaggi.
In questo Bonham era maestro perchè sapeva dove rallentare e dove accelerare in maniera
naturale per servire al meglio lo scopo della canzone. Molto peculiare anche l’ambiente dove
la canzone è stata registrata, nella tromba delle scale dell’edificio di Headley Grange dove i
Led Zeppelin stavano registrando il loro quarto disco. In pratica il fonico Andy Johns sistemò
John Bonham al piano terra e posizionò due microfoni Beyer M160 al terzo piano della
rampa di scale. Il risultato fu spettacolare, specialmente dopo che Johns compresse il
segnale dei due microfoni con due A&DR F700 e vi aggiunse un effetto eco, direttamente
dall’unità Binson che Jimmy Page spesso utilizzava.
51
Tecniche moderne di registrazione
La Cassa
Ci sono varie scuole di pensiero per quanto riguarda la ripresa della cassa, la prima prevede
l’utilizzo di un solo microfono dinamico a cardioide come l’AKG D112 o il classico
Electrovoice RE20, un’altra possibilità è l’accoppiata dinamico + condensatore, il grande
vantaggio di questa tecnica è il poter riprendere l’attacco della cassa con il microfono
dinamico mentre il corpo della cassa con un boundary a condensatore come lo Shure Beta
91 appoggiato sulla coperta di lana oppure un microfono a condensatore a membrana larga
come il classico Neumann U87. I contro di questa tecnica sta nel posizionamento giusto dei
due microfoni, se mal realizzato, genera segnali non perfettamente in fase. Un’offerta
vincente è l’Audio-Tecnica AE2500 che avendo al suo interno due capsule montate
perfettamente in fase ci aiuta di gran lunga ad ottenere un risulatato perfetto. Infatti il
centro della capsula dinamica e allineata al decimo di millimetro con quella a condensatore
l’onda sonora colpendo simultaneamente entrambi i trasduttori non si ha problemi di fase, in
più avendo due uscite separate possiamo miscelare i due suoni a nostro piacimento durante
il mixaggio. La posizione di default del microfono è più o meno al centro della cassa, con il
centro della capsula rivolta verso il punto ove batte il batacchio del pedale, ovviamente
inclinato, perché il foro non è quasi mai al centro della pelle. In questo modo si evita di
riprendere l’effetto respiro dato dalla pressione sonora dello strumento se il microfono fosse
messo perpendicolare all’asse della pelle. Se si vuole ottenere un suono più appuntito, si
avvicina molto la capsula alla pelle battente, perdendo però molte basse, mentre se si vuole
ottenere l’effetto contrario lo si allontana, tanto che alcune volte lo si tiene quasi fuori, quasi
a metà della pelle opposta. Una volta scelto il microfonaggio che più ci piace possiamo
lavorare con l’equalizzatore, attenuando le frequenze fra i 300 e i 600 Hz si può ridurre il
suono cartonato, mentre se si enfatizzano le frequenze fra i 2.5 e 5 KHz si otterrà la
cosiddetta punta. Altri tipi di microfonatura o tecniche sono per esempio l’utilizzo del
Subkick Yamaha, che assomiglia ad un rullante con dentro un cono da NS10 e lo si posiziona
molto vicino alla pelle anteriore mettendolo in controfase sul preamplificatore, per donare
maggiore punch soprattutto sulle medio-basse verso i 100 Hz. Mentre i microfoni valvolari
a capsula larga sono utili per riprendere la prima riflessione bassa e tantissime armoniche,
l’importante è che riprendano bene le frequenze intorno ai 30-40 Hz.
Note: E’ buona pratica portare con se del WD40, per ovviare ai cigolii degli elementi mobili
della batteria (soprattutto il pedale della cassa).
Esempio di microfonazione con un solo microfono: AKG D112, Shure Beta 91A e EV RE20.
Esempio di multi microfonazione: Electron Voice RE20, Shure Beta 91A e Yamaha Sub-Kick.
52
Il Rullante
Il microfono più utilizzato è il classico Shure SM57, come linea guida si cerca di puntarlo
verso la zona percossa dalla bacchetta del batterista, se per esempio si vuole ottenere un
suono molto gonfio e senza bordo, lo si avvicina molto al punto di percussione.
Mentre nel caso più estremo , abbiamo solo questo microfono a disposizione lo puntiamo,
sempre con le caratteristiche sopra descritte, anche molto vicino al bordo, così per
risonanza del metallo riprendo anche un pelo di cordiera.
Bastano piccoli spostamenti della capsula per ottenere suoni differenti…
I microfoni più utilizzati sono: Shure SM57, Shure Beta 56, Neumann KM86...
Note: Il continuo scampanellio fastidioso (chiamato armonico) può essere attenuato in molti
modi diversi.
Esistono in commercio degli smorzatori (ad anello), che rendono più grave il suono dello
strumento. In mancanza di questi, si possono attaccare con del nastro adesivo uno o più
fazzoletti di carta sulla parte superiore della pelle, a pochi centimetri dal cerchio.
Per questo strumento il posizionamento del microfono è fondamentale per ottenere un buon
suono.
Microfonaggio standard utilizzando il classico Shure SM57, nelle foto posizionato in tre modi
differenti.
Sperimentare con vari tipi di microfoni...
Nulla vieta di utilizzare una coppia di microfoni o posizionare più microfoni e scegliere in un
secondo momento il suono a secondo del mix e il suono più idoneo...
53
Cordiera
Molto importante è la tensione della cordiera, la retina metallica che è posta al contatto
della pelle inferiore del rullante: essa definisce moltissimo le frequenze alte, il più delle volte
a condensatore facendo attenzione ad attenuarlo di almeno 10dB o anche più e controllare
che il diagramma polare non sia ad otto perché avremmo dei rientri di cassa che non
gioverebbero al suono globale e il secondo accorgimento dato che il microfono rispetto a
quello superiore precedentemente spiegato è sfasato di 180°, di solito è bene intervenire
sulla fase dal mixer. La posizione del microfono sottostante deve essere al centro della pelle
a circa due dita, se si vuole riprendere anche il suono della pelle, sempre per effetto di
prossimità, li allontano se voglio solo riprendere la retina. Alcuni batteristi amano riprendere
anche il suono del fusto, mettendo il classico microfono a condensatore in prossimità del
piccolo foro del rullante, naturalmente leggermente inclinato e decentrato rispetto ad esso
per evitare l’effetto popping, cioè quell’effetto dovuto al flusso d’aria che andrebbe a
sovraccaricare la capsula, saturandola. I microfoni più utilizzati sono: AKG C414, AKG C451,
Shure SM57... Considerazioni aggiuntive sulla ripresa della cassa e rullante: L’utilizzo del
preamplificatore per decidere la sonorità è fondamentale in questi due componenti:
lasciandolo lavorare rilassato, quindi lontano dal clip interno, è possibile mantenere la
registrazione flat, lavorando sull’accordatura e sulla posizione dei microfoni. Avvicinandosi
invece al punto di clip, tanto da far accendere saltuariamente il relativo LED, è possibile
saturare un pò il suono e aggiungere la distorsione armonica tipica di quel preamplificatore,
così da colorare il timbro. Soprattutto nel jazz si tende a non saturare i preamplificatori, per
avere la migliore ripresa possibile degli strumenti.
Il charleston
Microfono con polarità cardioide, a condensatore con capsule sia strette che di larghe
dimensioni. Posizionato verso il punto in cui batte la punta della bacchetta, perchè aiuta a
riprendere meglio il suo attacco, a circa 5/10 cm. inclinandolo di circa 30° rispetto alla
posizione del piatto ed evitando di direzionarlo verso il rullante. Inoltre bisogna fare in modo
di non fargli riprendere l’aria spostata dalla chiusura dei due piatti, per evitare il cosidetto
popping, ovvero una forte pressione esercitata dall’aria sulla capsula con conseguente
saturazione della stessa, in tal caso utilizziamo l’attenuazione del microfono. I microfoni più
utilizzati sono: Neumann KM185, AKG C451, AKG C414, Sonntronics STC-01...Sempre in
fase di registrazione normalmente si inserisce un equalizzatore, tagliando la parte bassa con
un filtro passa alto a circa 200Hz con campanatura molto ripida. In questo modo, prima di
registrare il segnale, non si farà altro che eliminare i rientri inutili per questa traccia.
54
Il Tom
Normalmente per ottenere il più possibile la stessa sonorità dei fusti è consigliabile l’utilizzo
di microfoni uguali, sia per i tom che per il timpano. Di norma si utilizzano microfoni
dinamici, che possano sopportare forti estensioni dinamiche, visto che questo strumento,
come per tutti gli elementi della batteria, esercita molta pressione sonora. Come
posizionamento microfonico, se vogliamo ottenere molto attacco si sfrutterà l’effetto
prossimità avvicinando avvicinandolo molto il microfono alla pelle battente, tenendolo sul
bordo del cerchio e inclinandolo verso il centro. Mentre se vogliamo ottenere un suono più
tondo e profondo inclineremo il microfono verso la parte della pelle più vicina al rim,
riprendendo in questo modo soprattutto la risonanza della pelle. I microfoni che si utilizzano
di solito in ambito professionale sono i Sennheiser 421 versatili e molto direzionali. Se
vogliamo ottenere un suono con più attacco possiamo utilizzare il classico Shure SM57… Di
norma si utilizza un gate in fase di ascolto (quindi non influirà la registrazione…), inserito
nell’insert del canale della nostra workstation, questo per togliere la risonanza che
producono questi strumenti per conduzione degli altri elementi, altrimenti avremmo sempre
una coda medio bassa che copre la definizione della ripresa microfonica. L’attacco del gate
sarà veloce, il rilascio circa due secondi e ovviamente la soglia sarà tarata in base al livello
di ritorno, in modo che faccia aprire il nostro canale solo all’arrivo del tom in considerazione.
Il timpano
Le tecniche di microfonazione sono identiche a quelle utilizzate sui tom...
Panoramici Sinistro e Destro (Overhead)
La quantità di microfoni necessari dipende sempre dalla disposizione del musicista o dalla di
disposizione della batteria. Se il set è nello standard possiamo utilizzare due microfoni a
condensatore attenuati a -20dB e direzionando la capsula circa parallela alla superficie sulla
quale viene battuta la bacchetta, mantenendo una sorta di triangolo equilatero tra il primo e
l’ultimo piatto per lato. Un’altra tecnica di ripresa è quella di metterli quasi sulla testa del
batterista a XY o ORTF, ma indirizzati dalla parte opposta del rullante, cassa e tom, in forma
cardioide a paia coincidenti. Si può aggiungere un terzo microfono condensatore a capsula
stretta sul piatto che servirà come strumento ritmico, come il ride per esempio, posizionato
sempre nella parte battente, più vicino degli altri microfoni dei piatti, aumentando così la
separazione. Normalmente non si equalizza in ripresa, a questi microfoni al massimo si può
aggiungere un semplice passa alto a circa 200Hz, anche perché questi microfoni oltre a
riprendere i piatti, caratterizzano molto il suono della nostra batteria, il rientro per esempio
del rullante e dei tom è rilevante, rimandiamo in fase di mixaggio l’equalizzazione completa.
55
Quì abbiamo la possibilità di provare e sperimentare le tecniche sopra descritte:
- Tecnica a microfoni distanziati: Microfoni posizionati ad una distanza di 40/50 cm dai piatti
e rivolti leggermente verso il rispettivo lato esterno della batteria. E' buona norma
osservare la regola 3:1 e cioè la distanza della sorgente sonora (nel nostro caso i piatti)
deve essere un terzo rispetto alla distanza tra i due microfoni.
- Microfonazione X-Y: Si tratta di utilizzare una coppia di microfoni della stessa marca e
modello (possibilmente matchati dal costruttore), questa tecnica ci da una ripresa
stereofonica fedele, riducendo notevolmente le cancellazioni di fase che invece potrebbero
aversi utilizzando la tecnica a microfoni distanziati.
- Microfonazione ORTF: Si tratta di utilizzare una coppia di microfoni della stessa marca e
modello (possibilmente matchati dal costruttore), questa tecnica ci da una ripresa
stereofonica fedele, riducendo notevolmente le cancellazioni di fase che invece potrebbero
aversi utilizzando la tecnica a microfoni distanziati.
Floor
Questo è una microfonazione che si utilizza di rado ma può essere molto utile secondo me
per chi registra in ambienti piccoli e non può microfonare la stanza come descritto nel
punto sottostante, cioè con due microfoni distanti almeno 2 m. davanti alla batteria. Si può
utilizzare un microfono a condensatore se a membrana grande è meglio, posizionato 30 cm.
sopra la testa del batterista e direzionato verso il centro del set, inclinato verso il bordo
superiore della cassa.
La traccia del floor in fase di mixaggio, la si può utilizzare
con un volume basso e
compresso tantissimo 20:1, per definizione si dice “drogare la stanza”...
56
Microfoni d’ambiente
Come abbiamo accennato all’inizio, dove spiegavo il posizionamento della batteria in studio,
cerchiamo di mettere la batteria nel punto più distante e riflettente della stanza, anche in un
angolo, così si ha la possibilità di sfruttare la diagonale per mettere i microfoni d’ambiente
nella posizione opposta della batteria e allo stesso tempo di evitare le riflessioni fastidiose
che si genererebbero se mettessi lo strumento parallelo alle pareti. In questo modo riesco a
riprendere tutte le riflessioni dell’ambiente.
Non è mai facile trovare la giusta fase tra ambiente e suono diretto. Un metodo che si usa di
norma è quello di mettere comunque i microfoni nel modo più simmetrico possibile tra loro
e lo strumento. Alle capsule dovrebbero arrivare la stessa pressione sonora con le
medesime caratteristiche sia in frequenza che in intensità.
Ho fatto questo esempio perchè è la situazione che si trova più comunemente in tutte le
nostre abitazioni e perchè fisicamente è la più facile da capire. Rispettare la simmetria nelle
riprese è sempre di aiuto.
Bene la nostra batteria è posizionata non ci rimane che microfonarla.
Se abbiamo una stanza che non ci permette l’utilizzo dei microfoni d’ambiente non fa nulla.
Trigger
Molta gente pensa che i trigger in studio vengano utilizzati solamente per sostituire suoni
con campioni presi da librerie di terze parti ma non è così, infatti oltre a usarli come
riferimento per le tracce di quantizzazione, essendo dei piezoelettrici hanno il vantaggio di
avere un evidente transiente di attacco con pochissimo sustain, per cui questi transienti
possono essere aggiunti alle tracce riprese dai microfoni classici se occorre, normalmente
questo succede per la cassa, rullante e cordiera.
Un modello molto utilizzato di trigger sia in studio che live è prodotto dalla ditta ddrum.
57
I CONTROLLER A PERCUSSIONE (BATTERIA MIDI)
Il sequencing della batteria e delle percussioni MIDI e' stata, fin dagli inizi, una delle
occupazioni piu' frequenti dei programmatori; infatti, l'utilizzo della batteria MIDI in luogo di
quella "vera" e' stata ed e' tuttora considerata una manna dal cielo per quanti, per ragioni di
tempo, spazio o denaro, non possono permettersi di registrare una batteria acustica o di
impiegare un batterista che suoni una batteria triggerata.
Agli inizi, il realismo dei suoni percussivi di batterie elettroniche e tastiere lasciava molto a
desiderare e cio' contribui' allo sviluppo di uno stile di programmazione che non aveva nulla
di realistico ma che ancora oggi e' un segno distintivo di alcuni generi musicali; piu' tardi,
con l'avvento dei lettori di campioni, i suoni sono diventati molto piu' fedeli agli originali ed
e' anche migliorato il controllo espressivo (tramite la risposta dinamica ed i multilayers).
Si e' allora posto il problema di programmare in modo da imitare lo stile esecutivo di un
batterista affinche' nelle registrazioni una batteria MIDI sembrasse "vera".
Ora e' ovvio che, avendo la possibilita' di scegliere, nessuno scambierebbe un batterista in
studio con la sua simulazione.
Qualche consiglio utile per ottenere delle tracce di batteria MIDI realistiche:
L'ascolto: Certamente, il primo passo da fare per programmare in maniera realistica se
non si è batteristi e' imparare dall'originale, ascoltare attentamente le registrazioni dei
batteristi preferiti.
Guardarli attentamente mentre suonano consente di capire al meglio cio' che e' possibile
fare con due mani, due piedi e un drumset (semplice o elaborato che sia).
Se se ne ha la possibilita', si puo' chiedere ad un buon batterista di spiegarvi, magari
rallentandone l'esecuzione, come si fa quel bellissimo fill o quel groove tanto efficace.
Se poi si ha addirittura la possibilita' di imparare qualche rudimento, tanto meglio.
Soffermarsi sulle dinamiche, quali sono i colpi accentati e quali quelli appena accennati,
quali sono le ghost notes e cosi via e' fondamentale perche' il realismo delle tracce MIDI
sara' tanto piu' evidente quanto meglio si riesce a simulare queste caratteristiche esecutive.
Non ultimo, un ascolto attento arricchisce notevolmente il bagaglio di fills e grooves
utilizzabili.
I suoni: La grossa diffusione del GM ha portato ad una standardizzazione dei suoni di
batteria e della loro mappatura sulla tastiera.
Se si ha accesso solo a questi suoni (o se si ha l'esigenza di programmare in GM) si perde la
possibilita' di utilizzare i multilayers e di rendere al meglio alcune sfaccettature esecutive
ma si possono comunque ottenere buoni risultati.
Se invece si possiede un campionatore o un lettore di campioni piu' avanzato si hanno piu'
possibilita' di scelta, ed espressive che pero' costringono ad una accuratezza ancora
maggiore, soprattutto nella programmazione delle dinamiche.
La struttura: Se si lavora ad una base MIDI in cui e' importante la massima fedelta'
all'originale bisogna semplicemente ascoltare il brano annotando il tempo (4/4, 3/4, 5/8...)
ed eventuali cambiamenti, il numero di battute dei vari grooves utilizzati, i rallentamenti e
le accelerazioni di bpm e la posizione di breaks, fills e quant'altro il batterista abbia suonato
nella registrazione originale.
Se invece si sta lavorando su brani in cui si ha maggiore liberta' d'azione, bisogna decidere
stile di esecuzione, grooves da utilizzare, posizione durata e tipo di breaks e fills.
La programmazione vera e propria: I programmatori MIDI possono seguire, per la
batteria come per tutti gli strumenti, due approcci: quello nota per nota e quello "live".
Naturalmente il primo si basa sull'immissione manuale, nota per nota, mediante un qualsiasi
editor del sequencer (piano roll, score, event) mentre il secondo consiste nella registrazione
58
in tempo reale dalla batteria midi (o altro controller MIDI) dei grooves e fills sul sequencer.
Io utilizzo un approccio misto: una prima fase "live" ed una seconda nota per nota.
Nel caso in cui l'intero groove sia stato immesso nota per nota ci si puo' aiutare anche nelle
dinamiche con il groove quantizing; spesso questi algoritmi possono essere settati per agire
non solo sulla posizione e sulla durata delle note ma anche sulle dinamiche. Una accorta
regolazione dei parametri puo' dare ottimi risultati.
Come per i groove, anche per la programmazione di fills e breaks l'approccio utilizzato e'
una scelta soggettiva. Personalmente preferisco costruire i fills step by step regolando
manualmente le dinamiche e aiutandomi eventualmente (non molto spesso in realta') con il
groove quantizing.
A questo punto la traccia di batteria e' pressoche' completa ma si puo' pensare di andare
oltre alla ricerca della "simulazione perfetta".
Un primo accorgimento riguarda i piatti: in questa fase aggiungo alla traccia crash, splash e
china cymbals facendo attenzione a mantenere una coordinazione realistica, tenendo
presente che generalmente quando si suona un piatto non e' possibile passare di nuovo
all'hi-hat o al ride immediatamente; generalmente lascio che il "batterista virtuale" torni su
hi-hat o ride dopo 1/4 o 1/8 a seconda della velocita' del brano.
Un secondo accorgimento riguarda le variazioni: cerco sempre di simulare quelle piccole
discontinuita' nei grooves, tipici dei batteristi "veri" come rullatine e raddoppi sull'hi-hat,
piccoli flams sul rullante prima dei colpi di cassa e cosi' via; cerco di distribuirli sulla traccia
badando a non esagerare (e' molto facile farsi prendere la mano...) per fare in modo che i
grooves suonino meno meccanici.
Il terzo accorgimento riguarda la velocita': inserendo nella traccia dei piccoli cambiamenti di
velocita (+/- 2 bpm al massimo) di una o mezza battuta casualmente lungo il brano cerco di
simulare le naturali fluttuazioni che caratterizzano l'esecuzione di un batterista che suoni col
click-track.
59
REGISTRARE IL BASSO
Introduzione
Il basso gioca un ruolo molto importante in un arrangiamento pop o rock ( e anche in altri
generi…) m, in quanto contribuisce insieme alla batteria alla creazione della parte ritmica
del brano, più precisamente il basso per sua natura diviene anello di congiunzione
fondamentale fra ritmica e armonia di una composizione. Ovviamente è importante
registrare con uno strumento intonato e accordato con cura, la logica vorrebbe che
venissero utilizzate corde nuove a garanzia di una risposta timbrica migliore. Ci sono
svariate tecniche per riprendere il basso elettrico, in diretta con una D.I. microfonando
l’amplificatore oppure come nel caso delle chitarre utilizzando i plug-in. Se si suona con il
plettro, gli armonici aggiuntivi possono spingersi fino a 4 KHz. Se si suona con il plettro o
con la tecnica dello slap, si ha un attacco più brillante e più deciso, se si suona con le dita si
ha d’altro canto una sonorità più morbida. Nella moderna produzione musicale il basso
elettrico è spesso registrato in diretta per avere il suono più pulito possibile. Così come nel
caso della chitarra elettrica, anche il basso elettrico può essere microfonato all’amplificatore
o ripreso attraverso una D.I. box. Se si microfona l’amplificatore si scelgono solitamente
microfoni dinamici per la loro sonorità più dura e profonda. I più recenti dinamici a
diaframma grande tendono ad attenuare i transienti ad alta frequenza . L’equalizzazione del
suono del basso può aumentare la sua chiarezza, se si agisce sulla fondamentale compresa
fra 125 Hz e 400 Hz e se si enfatizzano gli armonici compresi fra 1.5 KHz e 2 KHz. Nel
fraseggio di un bassista l’output di una nota può essere inferiore a quello della nota
successiva, provocando quindi delle cadute di frequenza nella linea di basso. Un
compressore regolato per avere un rapporto input/output di 4:1, un attacco veloce 8-20 ms.
e un tempo di rilascio più lento 250-500 ms. spesso rende uniformi questi livelli e conferisce
forza e presenza alla linea di basso.
Equalizzazione e compressione
Specie nell’ambito del pop e del rock, una buona linea di basso deve suonare decisa, netta,
solida e piena. Partendo ovviamente da una ripresa adeguata, possiamo agire con EQ e
compressore per avvicinarci a questo obiettivo.
-
Equalizzazione: L’equalizzazione dopo la ripresa o in fase di mixaggio va affrontata
con una certa cautela e avendo ben in mente quel che si vuole ottenere, va evitato il
rischio di anaturare il timbro o peggio il ruolo stesso dello strumento. Un approccio
abbastanza comune è quello di incrementare la gamma media a circa 250 Hz alla
ricerca di un suono che esca nel mix senza affollarlo di basse.
-
Compressione: Si può scegliere di utilizzarla in fase di registrazione o di mixaggio,
un compressore che lavora bene può aiutare molto a rendere la traccia di basso più
decisa. Le regolazioni di partenza del compressore potrebbero essere: Rapporto di
compressione 3:1, spostandoci verso valori più estremi, non è raro arrivare anche a
10:1. Un attacco piuttosto veloce partendo da cira 5-10 ms. e un rilascio abbastanza
lentodi circa 250 ms. fino a poco meno di un secondo.
La ripresa diretta
Nel caso in cui vogliamo registrare il basso in maniera diretta, dovremo utilizzare però una
D.I. La Direct Box funge da interfaccia fra uno strumento con uscita analogica e la consolle
audio nei seguenti modi:
- Riduce il segnale dello strumento che è a livello di linea portandolo a livello microfonico in
modo da poter utilizzare l’ingresso microfonico della consolle.
- Cambia l’alta impedenza di uscita di uno strumento (in linea sbilanciata) nella bassa
impedenza (in linea bilanciata) richiesta dal modulo di ingresso della consolle.
- Isola elettricamente il percorso del segnale audio, riducendo quindi la possibilità di
innescare un anello di massa o di avere ronzii e rumori di fondo.
60
Basta un cavo jack e tutto funziona senza bisogno di complicarsi la vita. L'ingresso della
scheda audio non deve aver alcun requisito particolare: può essere un ingresso di linea e
non microfonico, perché appunto l'uscita del basso é a livello di linea e non necessita di
preamplificazione, e non é necessario che sia bilanciata, in quanto comunque l'uscita del
basso é sbilanciata.
Uscita del preamplificatore
L'amplificatore infatti può avere uscita sia jack TRS sia cannon XLR. In quest'ultimo caso
l'uscita é bilanciata, ed é meglio che lo sia anche l'ingresso sulla scheda; nel caso jack
dipende, bisogna consultare i manuali in quanto esternamente é impossibile distinguere
uscite jack bilanciate/sbilanciate. In scheda arriverà un suono equalizzato dal basso e anche
dall'amplificatore. Nel caso in cui ci fossero controlli addizionali (compressore, limiter...),
questi influenzeranno ovviamente anche l'uscita.
Cassa microfonata
Come microfono possiamo usare lo stesso usato per la cassa della batteria, ovvero Shure
Beta 52 o AKG D112, fra i tanti. Per il posizionamento, se ragioniamo come abbiamo già
visto per la cassa della batteria, non saremo tratti in inganno. Infatti mettendo il microfono
entro 5-15 cm dal cono si avrà un attacco nitido, mentre mettendolo più distante, l'attacco
sarà più graduale.
Multimicrofonazione
Nel caso in cui volessimo utilizzare più microfoni potremmo mettere ad esempio il classico
Shure SM57 accoppiato ad un AKG D112, facendo attenzione sempre alla fase tra i due
microfoni. Possiamo anche accoppiare un colse-miking assieme ad un microfono a
condensatore posto almeno ad un metro di distanza dalla cassa, questo per registrare anche
l’ambiente.
D.I. assieme alla microfonazione
Alcuni bassisti amano utilizzare un microfono sempre accoppiato al segnale diretto della D.I.
Cercando nella microfonazione del cono da 10, 12 o 15 pollici che sia e non il twetter della
cassa, riprendendo così il corpo e non le alte frequenze... Per fare questo bisogna
correggere la fase tra D.I. e microfono con un allineatore di fase o tramite software con dei
plus-in dedicati o “manualmente”.
61
Utilizzo dei virtual instrument
Un’altra tecnica può essere quella di utilizzare amplificatori virtuali mediante plug-in interni
al nostro sistema DAW, tipo Ampeg SVX, Guitar Rig, MarkBass... Nessuno ci vieta in un
secondo momento, avendo registrato il segnale originale del pick-up di fare un reamp con
un amplificatore vero.
Utilizzo degli hardware a modelli fisici
Un’olteriore tecnica può essere quella di utilizzare amplificatori virtuali hardware tipo Pod
Bass... Nessuno ci vieta in un secondo momento, se abbiamo registrato anche il segnale
originale del pick-up di fare un reamp con un amplificatore vero.
Microfonazioni e tecniche particolari
Come già detto é utile se il bassista fa uso di tecniche tipo slap, in cui il rumore delle corde
sui tasti contribuisce al suono complessivo dello strumento.
Andrà bene in linea di massima un microfono dinamico tipo lo Shure SM57 o meglio un
condensatore.
Puntatelo direttamente dove la mano del bassista colpisce le corde, a circa 20 cm.
Ovviamente é importante che il bassista non si muova più di qualche centimetro, per evitare
sbalzi di volume.
Se si registra sia la cassa dell'amplificatore che le corde, fare attenzione a non mettere
l'amplificatore davanti al bassista, altrimenti nel microfono per le corde entrerà il suono
dell'amplificatore.
Subkick
Una tecnica un pò particolare è l’utilizzo del Subkick, prodotto da marche come Yamaha,
Tama... assomiglia ad un rullante con dentro un cono, nel caso della Yamaha un NS10 e lo si
posiziona molto vicino alla griglia o tela della cassa, invertendo la fase sul canale del nostro
mixer o scheda audio.
Note: Utilizziamo questo espediente per donare maggiore punch soprattutto sulle mediobasse verso i 100 Hz.
62
REGISTRARE LA CHITARRA ACUSTICA
Introduzione
Registrare un buon suono di chitarra non è difficile anche con poca ed economica
attrezzatura se si sa quello che si fa e se alcune condizioni vengono rispettate.
Così anche in un homestudio con una minima selezione di ‘attrezzi del mestiere’ si possono
ottenere ottimi risultati.
La prima cosa da tenere bene a mente è che il suono della chitarra nasce principalmente
dalle mani di chi la suona, e questo concetto vale sia per la chitarra elettrica che per la
chitarra acustica. In parole povere è il musicista che si crea il suo suono, il fonico deve solo
ottimizzarlo perchè conviva insieme agli altri.
Un set di corde nuove rispetto a d una muta vecchia vibra producendo una serie di extra
frequenze armoniche, che mano a mano che la chitarra viene suonata tendono a
scomparire.
I tasti meritano poi una speciale attenzione perchè possono essere rovinati o consunti e
causare una vibrazione irregolare o stoppata della corda, magari solo in alcune posizioni,
impedendo al tono di svilupparsi in maniera completa. Il consiglio è sempre quello di fare
vedere lo strumento ad un liutaio di fiducia, che magari con poco lavoro riesce ad
ottimizzarvi tutta la tastiera.
Prima di tutto è fondamentale controllare l’accordatura della chitarra prima di ogni nuova
take, usare un accordatore elettronico in maniera quasi ossessiva in studio di registrazione è
quasi obbligatorio perchè variabili esterne come la temperatura sono sempre in agguato.
La ripresa con un solo microfono “alla vecchia”
Naturalmente, le tecniche di ripresa di oltre 40 anni fa erano assai diverse dagli standard
attuali: oggi si ricorre alla multi microfonazione della chitarra, con più trasduttori posizionati
vicino alle zone calde dello strumento (uno prende il corpo, un’altro la definizione dello
strumming, un’altro ancora per l’ambiente...).
Mentre all’epoca si prediligeva l’uso di un solo microfono, capace di catturare un suono già
equilibrato e bilanciato nelle frequenze.
Ricordiamoci che per quanto riguarda le chitarre acustiche l’apertura situata nella parte
anteriore della chitarra serve da passaggio per le basse frequenze comprese fra 80Hz e
100Hz.
Un microfono posizionato troppo vicino a tale apertura tende ad avere una sonorità
innaturale e rimbombante.
Per ottenere una ripresa più naturale in queste condizioni, si può applicare all’output del
microfono un filtro roll-off per tagliare le frequenze basse, dai 5 ai 10 dB a 100Hz.
Microfonazione mono
Il posizionamento e le tecniche di microfonazione possono variare a seconda dello
strumento e del suono che vogliamo ottenere.
Richiede una certa sperimentazione per avere un bilanciamento tonale completo.
Una ripresa ottimale può essere ottenuta posizionando un solo microfono a condensatore
per l’eccellente risposta in frequenza e ai transienti, ad una distanza compresa tra i 15 e i
40 cm in corrispondenza dell’attaccatura del manico in corrispondenza del corpo, ma
dipende molto dal tipo di chitarra che si registra.
Con più avviciniamo i microfoni alla buca otterremo più basse ed un suono più scuro mentre
avvicinandoci verso la parte opposta si otterrà un suono più brillante.
63
La microfonazione stereo con tecnica XY
L’uso della tecnica XY sulla chitarra prevede il posizionamento dei microfoni (con
configurazione cardioide) inclinati tra loro di 90° ad una distanza di circa 50-60 cm dalla
tavola dello strumento, posizionati in corrispondenza della buca. Buona norma è verificare,
prima di entrare in registrazione, che non ci siano “buchi” nell’immagine stereo. Se questo si
dovesse verificare, la soluzione è ridurre l’inclinazione tra i due microfoni.
La microfonazione stereo con tecnica ORTF
La tecnica ORTF può essere adattata per microfonare la chitarra se si desiderano riprendere
anche quei “rumori” che ne caratterizzano la naturalità (ad esempio, fruscio delle dita).
Particolarmente utilizzata nella musica leggera, questa configurazione prevede due
microfoni direzioniali posti a circa 20-40 cm dallo strumento e direzionati uno verso la
tavola, sotto il ponticello, e l’altro al manico, tra il VII e il IX tasto.
La microfonazione stereo con tecnica Spaced Pair (3:1)
Con questa tecnica i microfoni possono essere posti anche a grande distanza gli uni dagli
altri, dipende dalla grandezza dello strumento che dobbiamo riprendere. La regola è di
mantenere il rapporto 3:1 tra la distanza tra i microfoni tra di loro e la distanza dei
microfoni dalla sorgente sonora. Queste tecniche impedisce di avere una compatibilità mono
dunque vengono utilizzate solo in determinati contesti.
64
Multi microfonazione
Prendiamo per esempio l’utilizzo di tre microfoni differenti tra loro:
-
Microfono 1: Condensatore con diaframma largo a circa un metro di distanza e ad
una altezza circa la testa del musicista (nella foto è quello posto più lontano).
-
Microfono 2: Diaframma piccolo posto vicino alla chitarra, per dare più presenza allo
strumento, pur cercando di mantenere un equilibrio realistico tra le frequenze.
Affincato ad un microfono con diaframma largo e colorato può rilevarsi utile per
aggiungere un pò più di punch, senza rinunciare all’aria della ripresa più lontana.
-
Microfono 3: Microfono a condensatore posto all’altezza dell’attaccatura del manico
rispetto al corpo dello strumento ed a una distanza di circa 20-25 cm.
La ripresa diretta (D.I.)
Nel caso in cui la nostra chitarra acustica avesse un preamplificatore interno con piezo,
microfono, capsula o tecnologia mista, possiamo
registrare senza l’uso di microfoni,
utilizzando però una D.I. La Direct Box funge da interfaccia fra uno strumento con uscita
analogica e la consolle audio nei seguenti modi:
-
Riduce il segnale dello strumento che è a livello di linea portandolo a livello
microfonico in modo da poter utilizzare l’ingresso microfonico della consolle.
-
Cambia l’alta impedenza di uscita di uno strumento (in linea sbilanciata) nella bassa
impedenza (in linea bilanciata) richiesta dal modulo di ingresso della consolle.
-
Isola elettricamente il percorso del segnale audio, riducendo quindi la possibilità di
innescare un anello di massa o di avere ronzii e rumori di fondo.
La ripresa diretta assieme ai microfoni
Mixando il segnale di una coppia stereofonica di microfoni con il segnale diretto della D.I. si
può ottenere più presenza e attacco nel suono. Bisogna comunque fare attenzione che i
campioni dei microfoni non siano disallineati rispetto alla D.I. Un trucchetto può essere
quello di calcolare il ritardo delay del segnale e inserirlo nella traccia della D.I. che avendo
ad esempio un piezo a contatto con lo strumento invierà il segnale prima rispetto ai
microfoni posti distanti. Questa accortezza rende possibile un miglior controllo nella fascia
medio-bassa dei 250-500 Hz, quella che spesso impasta e confonde il suono. Normalmente
in fase di mixaggio si tiene il segnale diretto della D.I. più basso rispetto ai microfoni.
65
REGISTRARE LA CHITARRA CLASSICA
Introduzione
Dalla teoria alla pratica, prendiamo qui in esame le principali possibilità per microfonare
correttamente una chitarra classica.
Va premesso, per completezza, che le possibilità sono molteplici, prenderemo, quindi, in
esame, le due situazioni più comuni.
Spendo due parole sui tipi di microfono, la chitarra è uno strumento che, per sua natura, ha
una gamma dinamica limitata, pertanto necessita una fedeltà di ripresa elevata, soprattutto
in studio. Si raccomanda, in queste situazioni, l’uso di microfoni a condensatore a
diaframma largo, ma svolgono un egregio lavoro pure quelli a diaframma ristretto e il tipo a
nastro.
Microfonazione mono
Generalmente la posizione migliore per una classica, se vogliamo usare un solo mic, è con
un condensatore al 10° - 12° tasto, con il mic che va inclinato leggermente verso la buca
per recuperare un po' di basse e messo fuori asse rispetto al manico (e successivamente
inclinato in modo che la capsula punti sempre sul manico) per modificare la risposta sulle
medie.
Ovviamente non sono assolutamente operazioni meccaniche, ma vanno fatte ad orecchio ed
a gusto... il che prevede che tu possa sentire ciò che stai facendo mentre posizioni i
microfoni.
Quindi ti conviene armarsi di una cuffia e decidere il posizionamento mentre ascolti il
segnale che stai riprendendo.
La microfonazione stereo: tecnica XY, tecnica MS e ORTF
La microfonazione stereo darà all’ascoltatore un’immagine sonora completa e dettagliata,
catturando il maggior numero di armoniche possibili.
Le possibilità sono sostanzialmente tre:
La microfonazione stereo con tecnica XY
Tecnica XY: Sulla chitarra prevede il posizionamento dei microfoni (con configurazione
cardioide) ad una distanza di circa 25÷60 cm dalla tavola dello strumento, posizionati in
corrispondenza della buca ed inclinati tra loro di 90°. Buona norma è verificare, prima di
entrare in registrazione, che non ci siano “buchi” nell’immagine stereo.
66
La microfonazione stereo con tecnica ORTF
Tecnica ORTF: Può essere adattata per microfonare la chitarra se si desiderano riprendere
anche quei “rumori” che ne caratterizzano la naturalità ad esempio, fruscio delle dita.
Particolarmente utilizzata nella musica leggera, questa configurazione prevede due
microfoni direzioniali posti a circa 20-40 cm dallo strumento e direzionati uno verso la
tavola, sotto il ponticello, e l’altro al manico, tra il VII e il IX tasto.
La microfonazione stereo con tecnica MS
Tecnica MS: Più efficace rispetto alla tecnica XY, in quanto, se centrato in modo corretto,
consente un’immagine più dettagliata del suono in tutta la sua gamma. Il centro focale dei
microfoni resta in prossimità della buca, laddove l’intensità delle vibrazioni è maggiore. Il
microfono direzionale viene posto in primo piano, a circa 25 cm dalla tavola, mentre il
microfono a figura 8 è posto subito dietro.
Microfonazione alternativa
Una tecnica alternativa può essere quella di microfonare lo strumento utilizzando un
mcrofono a condensatore a diaframma largo puntato verso la fascia inferiore del corpo della
chitarra, donando al suono un maggior bilanciamento della parte media.
La ripresa diretta
Nel caso in cui la nostra chitarra classica avesse un preamplificatore interno con piezo,
microfono, capsula o tecnologia mista, possiamo registrare senza l’uso di microfoni,
utilizzando però una D.I.
La ripresa diretta assieme ai microfoni
Come spiegato nel precedente capitolo, bisogna fare attenzione che i campioni dei microfoni
non siano disallineati rispetto alla D.I. quest’ultimo invierà il segnale prima rispetto ai
microfoni posti distanti. Questa accortezza rende possibile un miglior controllo nella fascia
medio-bassa dei 250-500 Hz, quella che spesso impasta e confonde il suono. Normalmente
in fase di mixaggio si tiene il segnale diretto della D.I. più basso rispetto ai microfoni.
67
REGISTRARE LA CHITARRA ELETTRICA
Introduzione
Come abbiamo accennato prima a riguardo delle chitarre acustiche, registrare un buon
suono di chitarra non è difficile anche con poca ed economica attrezzatura se si sa quello
che si fa e se alcune condizioni vengono rispettate. Molto spesso i musicisti, magari spinti
dai negozianti di strumenti musicali, sono convinti che comprando questa o quella marca di
chitarra ed amplificatore automaticamente il risultato sonoro delle loro performance sia
migliore, ma le cose non stanno esattamente così. Alcune regole di base possono però
essere applicate a tutti gli strumenti per migliorarne il suono, prima di tutto bisogna che la
chitarra sia in buone condizioni, con corde nuove, tasti di forma regolare e manico non
‘imbarcato’. Non mi stancherò mai di ripetere quanto un nuovo set di corde vibri producendo
una serie di extra frequenze armoniche, che mano a mano che la chitarra viene suonata
tendono a scomparire. I tasti meritano poi una speciale attenzione perchè possono essere
rovinati o consunti e causare una vibrazione irregolare o stoppata della corda, magari solo
in alcune posizioni, impedendo al tono di svilupparsi in maniera completa. Il consiglio è
sempre quello di fare vedere lo strumento ad un liutaio di fiducia, che magari con poco
lavoro riesce ad ottimizzarvi tutta la tastiera. Per quello che riguarda il manico vale lo stesso
discorso, cioè fare una visitina da un liutaio di fiducia. Prima di tutto è fondamentale
controllare l’accordatura della chitarra prima di ogni nuova take, usare un accordatore
elettronico in maniera quasi ossessiva in studio di registrazione è quasi obbligatorio perchè
variabili esterne come la temperatura sono sempre in agguato. Poi, problema che
ovviamente non riguarda le chitarre acustiche, è sempre necessario stare all’erta e
controllare che non ci siano interferenza elettriche, specialmente con pickups a singolo
avvolgimento (single-coil). Spesso queste interferenze sono causate dall’equipaggiamento
dello studio, ed è necessario spostare la posizione della chitarra finchè non si trova un punto
dove il disturbo è minimizzato. In particolare i monitors a tubo catodico dei PC, sembrano
essere una fonte perenne di questi disturbi, ed a quel punto la soluzione è semplice:
spegnete il monitor. Una delle tendenze che spesso abbiamo notato da parte di molti fonici è
quella di cercare di spostare alla fase di missaggio un eventuale inserimento di effetti come
delay, wha wha o distorsioni particolari, e questo dal punto di vista del fonico è positivo
perchè lascia molte opzioni possibili per il mix. Ma dal punto di vista del brano e della
interpretazione questa scelta in alcuni casi è controproduttiva, perchè per il chitarrista a
volte la performance è in relazione diretta con il suono che sta producendo al momento. Il
consiglio è di registrare due canali, uno pulito ed uno effettato, in modo da avere sia la
libertà di poter cambiare il suono in mix, sia l’interpretazione originale così come è
effettivamente ’sentita’ dal chitarrista.
Microfonaggio della cassa
Ci sono svariate tecniche per riprendere un amplificatore per chitarra elettrica, prendiamo
per esempio le tecniche più utilizzate. Le fondamentali di una comune chitarra elettrica
vanno dal E2 al D6, ha in pratica una risposta in frequenza che oscilla circa tra gli 80Hz e 2
kHz con armoniche che si estendono fino ai 20 kHz. Non è detto che tutte queste frequenze
debbano e possano essere amplificate. A tutto questo va sommata la limitata risposta in
frequenza, dai 5 ai 6 kHz della quasi totalità degli amplificatori. Attenzione non è che le
chitarre non suonano oltre questi range di frequenze, anzi… Sostanzialmente dobbiamo
conoscere questi aspetti per avere una visione più ampia degli aspetti critici del nostro
strumento. Quando posizioniamo il microfono davanti all’ampli il microfono percepisce il
suono nel punto in cui è stato posizionato, quindi consiglio di ascoltare con l’orecchio in
coincidenza del posizionamento microfonico, ovviamente senza farsi male, sono dell’idea
che non c’è bisogno di tenere l’ampli a manetta per avere un buon suono. Non per uscire
dal discorso ma non dimentichiamoci mai che quando registriamo un suono, questo deve
essere visto nell’ottica ed in funzione del mix finale di tutto il brano. Spesso dobbiamo
adeguarci a timbriche che non ci piacciono prese singolarmente, ma che si sposano
perfettamente con il sound del brano che vogliamo ottenere. Un altro suggerimento che mi
sento di dare è che è meglio registrare subito il suono più corretto possibile. E’ vero che le
moderne tecniche di mixaggio permettono la quasi totale manipolazione del suono, ma
anche vero che tolgono dinamica, spessore e feeling. Se la mia parte da registrare prevede
un chorus ed un delay io voglio registrare con gli effetti, altrimenti rischio di perdere il
feeling con il brano. Pensiamo ad effetti di tremolo molto sostenuti. Il mio tocco andrà di
conseguenza al tremolo che percepisco.
68
Scegliere il microfono
Molti amplificatori per chitarra non raggiungono il "loro" suono fino a quando non si arriva al
clipping el segnale che dà quel caldo, gustoso crunch, con il rischio però di ammassare
decibel e pressione sonora.
I microfoni che si possono utilizzare sono di tre tipi differenti:
-
I microfoni dinamici danno una risposta definita, con bassi molto caldi (a causa della
vicinanza) e, spesso, una presenza di medio alte, che conferisce una maggiore
chiarezza alla ripresa e una maggiore spinta sulle medie. Attenzione anche qui non
dobbiamo confondere la chiarezza del suono con il dettaglio. La definizione ed il
dettaglio di alcune frequenze si ottiene di fatto con microfoni concettualmente
differenti. Oltre allo Shure SM57, la perenne scelta tra microfoni per amplificazione
cassa comprende l'Electro-Voice RE20, il Sennheiser MD421 e l'MD409, a questi si
aggiunge un nuovo concorrente, l'Audix i5.
-
I microfoni condensatori offrono una più alta estensione sugli alti e sui bassi
fornendo una risposta di frequenza più piatta. Il Neumann U87 è lo standard per
quel che riagurda i microfoni con largo condensatore, raramente visto fuori dagli
studi di registrazione. La sua eredità la raccoglie tra gli altri l'TL103. L'AKG C 414,
in tutte le sue forme e variazioni, ha solcato i palchi per parecchi anni, molo usato
soprattutto come panoramico per le batterie o per i pianoforti. L'AT4050 di AudioTechnica e il primo condensatore di grossa taglia a irrompere sul palco, usato
specificatamente per chitarre elettriche, seguito da vicino dallo Shure KSM32.
-
I microfoni a nastro (Ribbon), con pattern bidirezionale 'figure-of-eight', hanno un
suono trasparente che permette di far uscire nettamente il carattere con naturale
attenuazione negli alti. Il Royer R-121 è il primo ribbon moderno a trovare un vasto
consenso, e due anni fa , la compagnia produttrice ha distribuito una versione "live"
rinforzata con un nastro più spesso. Recentemente, il nuovo Shure KSM313 ribbon si
è guadagnato il suo spazio, così come il nuovo Audio Tecnica AT4081 ribbon mic.
Altoparlante
L’altoparlante fa percepire i suoni trasformando la corrente in vibrazioni, è un attuatore che
converte un segnale elettrico in onde sonore. Si può quindi definire un trasduttore
elettroacustico. Il suono in sostanza è generato da una serie di compressioni e rarefazioni
dell'aria, compito dell'altoparlante è generare tali compressioni e rarefazioni nell'ambiente
d'ascolto. I coni più diffusi per chitarra sono da 10” e 12” mentre l’impedanza può essereda
4, 8 o 16 Ohm. In commercio possiamo trovarne di svariati modelli con risposta in
frequenza differente tra loro. Qui sotto uno spaccato di un classico cono.
Posizionamento microfonico
Il motivo per cui si porta spesso a microfonare tra il centro del cono e il bordo è che nel
centro il timbro è brillante, mentre è impastato al bordo. La maggior parte della superficie
del cono restituisce un suono ben bilanciato, e il timbro si mescola e riequilibria
allontanandosi dal cono lungo il suo asse. Bisogna sperimentare e scegliere il
posizionamento adeguato per il suono che abbiamo in mente e sia il più possibile funzionale
per il mix del brano dove verrà collocato.
69
Close miking con un microfono
Per close miking si intende un posizionamento vicino al cono, quindi entro i 20cm dal cono.
Il posizionamento vicino “close miking” massimizza la combinazione timbrica senza effetti
comb-filtering. Infine, la vicinanza riduce la possibilità di incappare in altre sorgenti sonore
vicine, inclusi altri amplificatori adiacenti, mantenendo il microfono in relativo isolamento.
Qualche linea guida per la microfonazione:
1 - Un primo approccio può essere il posizionamento di uno
Shure SM57 dritto verso il centro del cono e distante
qualche centimetro dalla tela.
2 - Ora spostiamo il microfono di qualche cm. rispetto al
centro del cono e mantenendo la stessa distanza dalla tela,
in modo che punti la circonferenza esterna del
copripolvere. In questo modo otterremo un suono
leggermente più scuro.
3 - Spostiamo nuovamente il microfono verso l’esterno
ottenendo un suono più scuro ancora.
4 - Un’altra tecnica molto utilizzata è quella di posizionare
il microfono verso il centro del cono ed inclinarlo verso
l’esterno fino a quando non si ottiene il giusto timbro che si
sta cercando.
5 - Un’ulteriore posizionamento è quello di posizionare il
microfono tra il cerchio esterno e il centro, poi inclinarlo
verso il centro dell’altoparlante fino ad ottenere gli acuti
voluti.
70
Utilizzo di due microfoni in close miking
Accoppiare microfoni differenti può fornire un contrasto sonoro utile enfatizzando differenti
aspetti del suono grazie altre differenze timbriche dei microfoni stessi.
I classici accoppiamenti in studio sono la combinazione di un condensatore e di un
microfono dinamico, come ad esempio l’abbinamento di due microfoni dinamici come lo
stesso 57 ed il Sennheiser MD421 (Vai, Lukather...).
Catturare lo stesso suono quasi nello stesso punto, può eliminare le cancellazioni di fase
anche alle più alte frequenze. Il contrasto può fornire grande controllo sul suono senza
dover ricorrere ad un uso eccessico dell'equalizzatore.
Utilizzo di due microfoni con distanze differenti
Accoppiare microfoni distanti tra loro può fornire un contrasto sonoro utile enfatizzando
differenti aspetti del suono, I classici accoppiamenti in studio sono la combinazione di un
condensatore e di un microfono dinamico, come ad esempio un SM57 e un condensatore,
come l'AKG C 414.
Utilizzando con questa accoppiata l’attacco preciso del dinamico in close miking e il corpo
del microfono a condensatore posto a una distanza di circa 25-40 cm.
Fare attenzione alla fase dei microfoni
Abbinando due o più microfoni possiamo incappare in problemi di fase, anche se entrambi in
close miking, ottenendo il classico suono sfuocato dovuto alle cancellazioni di fase stesse,
infatti un cattivo posizionamento fa si che ci sia un annullamento delle frequenze.
Il mio consiglio è quello di partire ottenendo il giusto pisizionamento e un buon suono con il
microfono principale per il nostro gusto personale.
Successivamente muovere il secondo microfono allontanandoci e avvicinandoci verso il cono
affinchè non otterremmo la massima correlazione di fase tra i due microfoni.
Come abbiamo scritto nel capitolo della cassa della batteria molti fonici per risolvere questo
problema utilizzano degli allineatori di fase come il Radial Phazer, Little Lab IBP...
71
Utilizzo dei virtual instrument
Un’altra tecnica può essere quella di utilizzare “solamente” amplificatori virtuali sottoforma
di software, tipo N.I.Guitar Rig, Line6 Pod Farm...
il Physical Modeling, vale a dire l’emulazione del comportamento di determinate
apparecchiature meccaniche od elettroniche mediante raffinati algoritmi, è la parola d’ordine
per la maggior parte delle novità musicali.
È una tecnologia che beneficia dell’enorme potenza di calcolo dei computer attuali e
permette di ricreare un effetto, o il suono di uno strumento, tramite la ricostruzione digitale
dei fenomeni che si sviluppano all’interno del oggetto in questione.
Si presentano come un rack virtuale di effettistica e catena di amplificazione e con la
possibilità opzionale di controllo remoto tramite una pedaliera esterna. Può lavorare in
modalità stand-alone o all’interno di un software host.
Siamo quindi al cospetto di una possibile svolta epocale nella quale, sempre più spesso, si
cominceranno a vedere chitarristi che invece di collegare pedali ed alimentatori,
sfodereranno solo portatile e scheda audio…
La comodità e possibilità più geniale di questo sistemaè che in un secondo momento,
avendo registrato il segnale originale del pick-up possiamo fare un reamp con un
amplificatore vero.
Utilizzo degli hardware a modelli fisici
A differenzadi quelli appena descritti questi amplificatori virtuali sono del tipo hardware,
Line 6 Pod, Digidesign Eleven Rack... sono le marche più conosciute.
Come nel caso precedente, avendo registrato il segnale del pick-up, potremo fare un reamp
con un amplificatore vero oppure semplicemente cambiare il suono con lo stesso hardware.
72
REGISTRARE LE VOCI
Microfoni
I microfoni più “adatti” alla registrazione del cantato sono quelli a condensatore: i pregi
principali consistono nella fedeltà della ripresa e nell’eccellente risposta alle frequenze
medio alte e alte. Ma nel caso di cantanti estremamente ‘potenti’ un buon microfono
dinamico, come il classico Shure SM58, potrebbe farci ottenere un’ottima registrazione della
voce, ma perderemmo certamente qualcosa in termini di accuratezza e brillantezza.
Preamplificatori
La voce in genere sia che usiate un microfono dinamico che uno a condensatore verrà molto
condizionata dal tipo di preamplificatore utilizzato. Basta una semplice prova utilizzando il
preamplificatore incorporato di una scheda audio di ottima qualità e utilizzando quest’ultima
“solamente” come convertitore e collegando in un line-in un preamplificatore esterno di
ottima qualità, ancor di più se di tipo valvolare che riesce a scaldare la voce, magari
“sporcandola” leggermente, ma dando qualcosa in più nella fredda perfezione della
registrazione digitale.
Filtro antipop
Vi sarà capitato spesso, in situazioni in cui viene usato un sistema di amplificazione audio
per voce, di notare come ci siano momenti in cui alcuni dei suoni pronunciati producano
delle distorsioni o facciano ‘schioccare‘ il microfono con il tipico suono simile al ‘pop’ di una
bottiglia che viene stappata.
Questi suoni sono semplicemten sgradevoli in situazioni dal vivo come convegni, discorsi,
lezioni univeritarie etc, ma sono letali in studio di registrazione. Questo perchè una volta
registrati è difficile liberarsene senza processare l’audio in maniera pesante così come
abbiamo precisato in passato, in un altro articolo.
Quindi la soluzione migliore è quella di estirpare il problema alla radice, tramite i famosi filtri
anti-pop, chiamati anche retine, che altro non sono che veri e propri ’scudi’ fisici che
impediscono ai suoni più aggressivi di raggiungere il microfono. In questo modo gli
improvvisi sovraccarichi di energia di un cantante o di un narratore, presenti soprattutto nel
suono della lettera ‘P’ vengono smorzati e resi inoffensivi.
73
Filtro anti riflessioni
Il Reflexion Filter o filtro anti riflessioni è fondamentalmente una piccola struttura mobile
per registrare le tue sorgenti con una ridottissima influenza dell'ambiente.
Non è altro che un pannello posto dietro al microfono, per mezzo di un sistema regolabile di
fissaggio a morsa, che viene fornito con il prodotto.
La funzione principale è di aiutare ad ottenere una registrazione "dry" della voce o degli
strumenti. Particolarmente utile in studi senza un adeguato trattamento acustico, può
essere anche utilizzato per realizzare takes nella control room, per esempio in quelle
situazioni in cui il performer deve poter manovrare le apparecchiature, oppure in sale prova
per ridurre i disturbi di riflessioni, ed altri suoni, sui microfoni.
I vari strati assorbono e diffondono le onde sonore in maniera tale che, progressivamente,
sempre una minore energia sonora passi attraverso ogni strato.
Questo riduce la quantità di energia che raggiunge le pareti non trattate ed altre superfici,
in tal modo ci sarà una minor quantità di energia sonora riflessa ed un minor "ambiente"
che andranno ad incidere sulla ripresa microfonica.
Il Reflexion Filter, inoltre, aiuta a prevenire che suoni riflessi possano raggiungere la parte
posteriore del microfono.
La sua forma e le sue dimensioni sono state attentamente testate per massimizzare
l'assorbimento, lasciando la caratteristica polare del microfono inalterata.
Cuffie
Ovviamente, per registrare il cantante ascolterà il mix e la propria voce in cuffia: è
premesso che le cuffie siano di buona qualità, è essenziale trovare un buon bilanciamento
fra volume del mix e voce ripresa, ma ancora di più che siano del tipo chiuso per non
incappare in rientri fastidiosi della base in ascolto nel microfono della voce.
Alcuni cantanti possono preferire avere un riverbero temporaneo sulla loro voce in cuffia
mentre registrano, l’effetto ovviamente verrà inserito nella mandata del canale, all’interno
del nostro programma di registrazione oppure inserita nel mixer della nostra scheda audio
(se possibile…), in questo modo la registrazione risulterà dry.
Compressore in fase di registrazione
Molti fonici utilizzano sempre un compressore in fase di registrazione non solo per
controllare le dinamiche del cantante, ma per imprimere al suono il ‘timbro’ di certi
compressori noti come il LA3A, il 1176, il Distressor...
Qualche linea guida: Un settaggio iniziale potrebbe essere una ratio di 2:1 attacco e rilascio.
In questo modo si arriva alla fase del missaggio con una direzione precisa e con la
possibilità di concentrarsi su direzioni artistiche piuttosto che tecniche.
74
Ambiente
Qualche suggerimento:
- Cercate di registrare in un ambiente silenzioso, i microfonia condensatore sono
estremamente sensibili e capteranno molti rumori di fondo.
-
L’ambiente dovrebbe essere abbastanza secco, senza riverbero naturale a meno non
sia voluto.
Si possono notare differenze sostanziali tra una registrazione in ambiente trattato e non, il
suono è più a fuoco e definito. Per ovviare questi problemi in un ambiente non trattato si
possono utilizzare dei filtri anti riflessioni, che vengono montati direttamente sull’asta del
microfono, hanno una forma a semicerchio dove è inserito nella parte interna verso il
microfono del materiale fonoassorbente di tipo piramidale. L’ambiente della registrazione ha
una sua importanza, specialmente quando viene applicata una compressione, esso
diventerà parte fondamentale del suono. Fonici famosi preferiscono sale grandi rispetto alle
tipiche piccole ‘vocal booths’(cabine di registrazione), per la loro risposta.
Registrare la voce in pratica
In genere si posiziona la capsula del microfono leggermente più in alto rispetto la bocca del
cantante, che starà a una distanza di 10-4° cm dalla stessa, a seconda del suo stile di canto
e delle sue preferenze; un cantante abituato a registrare, in genere, modificherà la sua
distanza dal microfono durante l’esecuzione, adattandola alle varie parti. Come sempre,
cercate di ottenere un buon livello di registrazione senza sforare mai gli 0dB, oltre i quali in
ambito digitale avviene distorsione: in questo senso può essere utile utilizzare un
compressore in ingresso.
De-esser
Uno dei problemi più frequenti della linea vocale è l’eccessiva presenza di sibilanti,
tipicamente dati dalle “s”. In fase di mixaggio è di uso comune l’utilizzo di un de-esser
aiutato da un compressore multi banda che agisca specificatamente su alcune frequenze,
riuscendo così ad abbassare le sibilanti.
Equalizzazione
Di norma si tende a lasciare la voce il più naturale possibile, agendo in maniera leggera
sull’equalizzazione della stessa, aiutando così a correggere piccoli aspetti e nel valorizzare la
qualità della voce.
Applicare effetti alla voce
Gli effetti più utilizzati come accennato sopra sono il compressore e il riverbero.
-
Compressore: Come punto di partenza consiglio di impostare il compressore con un
attacco veloce e un rilascio più lento, iniziando con un rapporto moderato, tipo 2:1.
-
Riverbero: Questo effetto è utile per dare profondità alla voce, scaldarla e renderla
pèiù coesa con il resto, di norma si preferisce un riverbero leggero per non
impastare il tutto, ma si tratta di gusti personali.
Cori e parti multiple
I cori sono un’aggiunta molto importante alla traccia vocale e all’arrangiamento del pezzo.
Di solito nel mix i cori avranno un volume molto più basso della voce principale e saranno
adeguatamente pannati a sinistra e a destra in modo che la voce solista risalti al centro del
panorama stereo. Potete sperimentare tantissime soluzioni diverse per i cori che aiutano
molto ad aprire certe parti di canzone.
Potete anche registrare più volte una singola parte vocale, per poi pannare le varie versioni
ottenendo così un effetto naturale di chorus.
75
LA REGISTRAZIONE E L’EDITING MEDIANTE SOFTWARE
Una volta installato il software che abbiamo scelto dobbiamo configurarlo al meglio:
Impostare l’hardware audio: Quasi tutte le schede audio hanno una o più applicazioni che
permettono di configurare gli ingressi hardware secondo le proprie esigenze. Generalmente
le opzioni sono:
-
Selezione ingressi/uscite attivi.
Impostazione della sincronizzazione word clock (se disponibile).
Monitoraggio via hardware on/off.
Impostazione livelli di ogni ingresso (molto importante!).
Impostazione livelli delle uscite.
Selezione dei formati digitali d’ingresso e uscita.
Impostazione dei buffer audio.
Configurare le porte d’ingresso e uscita: Una volta scelto il driver e definite le impostazioni
descritte in precedenza, bisogna specificare ingressi e uscite utilizzati e dar loro un nome. Si
consiglia di assegnare alle porte dei nomi riferiti alla configurazione dei canali, perchè ciò
facilita il trasferimento dei progetti tra computer diversi, in altri studi, ad esempio...
Monitoraggio: Monitorare significa ascoltare il segnale d’ingresso mentre si prepara la
registrazione o nel corso della registrazione stessa. Ci sono tre metodi di monitoraggio:
-
-
Monitoraggio esterno: Per un monitoraggio esterno mediante un mixer esterno per
missare la riproduzione audio con il segnale d’ingresso.
ASIO Direct Monitoring: Se l’hardware audio utilizzato è ASIO 2.0 compatibile, esso
può supportare la funzionalità ASIO Direct Monitoring. In questa modalità, il
monitoraggio vero e proprio avviene nell’hardware audio che invia il segnale
d’ingresso in uscita.
Tramite software: In questo caso, l’audio passa dall’ingresso del programma
(attraversando eventuali effetti) ed arriva in uscita. In questo modo si può
controllare il livello di monitoraggio dal software ed aggiungere gli effetti solo al
segnale monitorato.
Fattori del sistema che influenzano le prestazioni:
-
-
RAM: In linea generale, maggiore è il quantitativo di RAM installato sul proprio
computer.
CPU e cache del processore: Naturalmente è meglio un computer con un processore
il più veloce possibile, Ci sono comunque numerosi fattori che influiscono sulla
velocità apparente di un computer: tipo e velocità del bus, dimensione cache del
processore e, ovviamente, tipo e la marca del processore stesso.
Hard disk e controller: Il numero di tracce sull’hard disk che si possono registrare e
riprodurre nello stesso momento dipende anche dalla velocità dell’hard disk stesso e
dal relativo controller
Hardware audio e driver: L’hardware e il relativo driver possono avere un certo
effetto sulle normali prestazioni. Un pessimo driver può ridurre le prestazioni del
computer, ma la differenza più evidente tra i vari driver emerge con la latenza. Si
raccomanda ancora di usare sempre hardware audio dotato di un driver ASIO
dedicato!
Impostazioni dei buffer audio: I buffer audio determinano come l’audio è inviato e ricevuto
al/dall’hardware audio. La dimensione dei buffer audio influenza sia la latenza che le
prestazioni audio. In generale, più piccolo è il buffer minore è la latenza. D’altro canto, però,
con buffer piccoli aumenta il consumo di risorse del processore; se i buffer audio sono
troppo piccoli ci possono essere rumori, interruzioni o altri problemi di riproduzione audio.
Configurare i bus: Per trasferire l’audio all’hardware audio, i software utilizzano un sistema
di bus di ingresso e uscita. I bus di ingresso consentono di inviare l’audio dagli ingressi
dell’hardware audio al programma; ciò significa che quando si registra l’audio, ciò avviene
sempre tramite uno o più bus di ingresso. I bus di uscita permettono d’inviare l’audio dal
programma alle uscite dell’hardware audio. quando si riproduce l’audio, ciò avviene sempre
tramite uno o più bus di uscita.
76
Impostare canali gruppo ed FX: Con i software daw è possibile creare canali gruppo o FX, i
più evoluti di questi consentono di creare anche sotto-bus per canali gruppo ed FX. Ciò è
molto utile ad esempio, se si hanno canali gruppo o FX in formato surround e si desidera
assegnare al loro interno dei canali stereo a specifiche coppie di canali.
Strumenti/effetti esterni: I programmi professionali supportano l’integrazione di effetti e
strumenti esterni, (ad esempio reverberi hardware) nel flusso del segnale del sequencer,
definendo prime le porte delle mandate e dei ritorni necessarie per creare il collegamento
adatto stereo o mono che sia.
La Finestra Progetto è la finestra principale del software, grazie alla quale è possibile avere
una panoramica complessiva del progetto ed eseguire operazioni di navigazione ed editing
su larga scala. Ciascun progetto ha la propria Finestra Progetto.
Le tracce: La Finestra Progetto è divisa verticalmente in tracce, con una linea tempo
(timeline) che si muove in orizzontale da sinistra a destra. Sono disponibili i seguenti tipi di
tracce:
- Audio: Qui si registrano e riproducono eventi e parti audio. Ogni traccia audio ha un
canale audio corrispondente nel Mixer. Una traccia audio può avere un numero
qualsiasi di tracce d’automazione per automatizzare i parametri dei canali nel Mixer,
le impostazioni degli effetti in insert, ecc.
- Cartella: Le tracce cartella sono dei contenitori per altre tracce e facilitano
l’organizzazione e la gestione della struttura della traccia. Esse consentono inoltre
l’editing simultaneo.
- Canale FX: Le tracce canale FX servono per aggiungere gli effetti in mandata. Ogni
traccia canale FX può contenere più effetti – inviando le mandate dell’effetto da un
canale audio a un canale FX, si invia l’audio dal canale audio all’effetto sulla traccia
canale FX. Ciascun canale FX possiede una striscia di canale corrispondente nel
Mixer – in sostanza un canale ritorno effetto.
- Canale gruppo: Una traccia canale gruppo non contiene eventi veri e propri, ma
visualizza impostazioni e curve d’automazione del rispettivo canale gruppo. Ogni
traccia canale gruppo ha una striscia di canale corrispondente nel Mixer. Nella
Finestra Progetto le tracce canale gruppo sono organizzate in tracce in una speciale
cartella Tracce Gruppo. Assegnando più canali audio a una traccia canale gruppo, si
può eseguire un submix, per poi applicare gli stessi effetti, ecc...
- Instruments: Crea una traccia per un instrument dedicato, rendendo più facile e
intuitiva la gestione dei VST Instrument. Le tracce instrument hanno la rispettiva
striscia di canale nel Mixer. Ogni traccia instrument può avere un numero qualsiasi di
tracce d’automazione nella Finestra Progetto. Tuttavia, Volume e Pan sono
automatizzati nel Mixer.
77
-
-
Midi: Qui si registrano e riproducono parti MIDI. Ogni traccia MIDI ha la rispettiva
striscia di canale MIDI nel Mixer. Una traccia MIDI può avere un numero qualsiasi di
tracce d’automazione per automatizzare i parametri dei canali del Mixer,
impostazioni effetti in insert e in mandata, ecc.
Marker: Le tracce marker visualizzano i marker, che possono essere spostati e
rinominati direttamente nella Finestra Progetto. Ogni progetto può avere solo una
traccia marker.
Arranger: La traccia arranger serve per arrangiare il progetto, evidenziandone
sezioni e determinandone l’ordine di riproduzione.
Righello: Le tracce righello contengono righelli aggiuntivi che visualizzano la linea
del tempo da sinistra a destra. Si può usare un numero qualsiasi di tracce righello,
ciascuna con un diverso formato di visualizzazione, se si desidera.
Metrica: Gli eventi Indicazione Tempo possono essere aggiunti e modificati nella
traccia metrica, o nell’Editor Traccia Tempo. Ogni progetto può avere solo una
traccia Metrica.
Tempo: È possibile creare variazioni di tempo in un progetto usando la traccia
tempo. Ogni progetto può avere solo una traccia Tempo.
La toolbar:La toolbar presenta strumenti e comandi rapidi per aprire varie impostazioni e
funzioni del progetto, dai più semplici play, rec, stop, loop... alle funzioni più avanzate come
lo scorrimento automatico, il cross zero e altri...
Il righello: Il righello in cima al display eventi indica la linea del tempo (timeline).
Inizialmente, il righello della Finestra Progetto utilizza il formato di visualizzazione
specificato nella finestra di dialogo Impostazioni Progetto, usato da tutti gli altri righelli e
display di posizione nel progetto. Tuttavia, è possibile selezionare un formato di
visualizzazione indipendente per il righello. Misure, secondi, campioni...
Gestione dell’audio: Quando si lavora con dei file audio, è fondamentale capire come l’audio
viene gestito all’interno del software. Quando si eseguono operazioni di modifica o di
processamento (detto anche processing) su materiale audio, si lavora sempre con una clip
audio, creata automaticamente in fase di importazione o durante la registrazione. Questa
clip audio si riferisce a un file audio sull’hard disk che rimane integro. Ciò significa che
l’editing e il processamento audio sono “non-distruttivi”, nel senso che è sempre possibile
annullare le modifiche o ritornare alle versioni originali dei file.
Editing audio: Gli eventi si possono duplicare, è possibile tagliare, copiare o incollare gli
eventi selezionati, rinominare gli eventi, incollare tra loro gli eventi, ridimensionare gli
eventi con la funzione di modifica della durata, bloccare gli eventi, mettere gli eventi in
mute, rimuovere gli eventi, duplicare le tracce
Barra di trasporto: La barra di trasporto contiene le funzioni di trasporto principali di
Cubase, oltre a molte altre opzioni relative alla riproduzione e alla registrazione.
La registrazione
Abilitare le tracce alla registrazione, attivare la registrazione
Il monitoraggio
In questo contesto, “monitorare” significa ascoltare il segnale d’ingresso durante la
registrazione. Sono disponibili fondamentalmente tre modi per farlo: Esternamente
(ascoltando il segnale prima che entri nel software) o usando la funzione ASIO Direct
Monitoring. Monitorando nel software, il segnale d’ingresso viene missato con la
riproduzione audio. Il vantaggio è che si possono regolare il livello di monitoraggio e il
panning nel Mixer e aggiungere effetti ed EQ al segnale monitorato come durante la
riproduzione (usando la striscia di canale della traccia – non il bus di ingresso!).
Lo svantaggio del monitoraggio nel software è che il segnale monitorato è ritardato dal
valore della latenza (che dipende da hardware audio e dai driver).
Per il monitoraggio in Cubase, serve quindi un hardware audio a bassa latenza. La latenza
hardware si può vedere nella finestra di dialogo Impostazioni Periferiche (pagina VST Audio
System).
78
Registrazione audio
È possibile registrare l’audio usando uno dei seguenti metodi generali di registrazione. Al
termine della registrazione, si crea un file audio nella cartella Audio all’interno della cartella
di progetto. Nel Pool, si crea una clip audio per il file audio e sulla traccia di registrazione
appare un evento audio che riproduce l’intera clip. Infine, viene calcolata un’immagine per
la forma d’onda dell’evento. Se la registrazione è stata lunga, tutto ciò può richiedere
parecchio tempo.
Utilizzo del metronomo
Il metronomo genera un click in uscita da usare come riferimento tempo. I due parametri
che regolano le impostazioni di tempo del metronomo sono il tempo e l’indicazione tempo,
come impostate nella traccia tempo e nella traccia metrica, oppure nell’Editor Traccia
Tempo. Il metronomo può usare un click audio riprodotto dall’hardware audio, oppure
trasmettere dei dati MIDI ad un dispositivo collegato che riproduce il click, o entrambe le
opzioni.
È anche possibile configurare un preconteggio che verrà riprodotto quando si avvia la
registrazione a partire dalla modalità Stop. Il preconteggio può avere base tempo musicale
o lineare.
- Per attivare il metronomo, attivare il pulsante Click nella barra di trasporto.
Si può anche selezionare l’opzione “Metronomo Attivo” nel menu Trasporto o usare il tasto di
comando rapido corrispondente (di default [C]).
- Per attivare il preconteggio, fare clic sul pulsante Preconteggio nella barra di trasporto.
Si può anche selezionare l’opzione “Preconteggio/Click” nel menu Trasporto o definire un
tasto di comando rapido per questa opzione.
La quantizzazione: La quantizzazione è una funzione che consente di spostare il materiale
audio o MIDI registrato, portandolo sulla posizione musicalmente rilevante più vicina nella
griglia. La quantizzazione può essere usata semplicemente per correggere degli errori,
oppure anche in un modo creativo.
Creazione delle dissolvenze: Per gli eventi audio sono disponibili due tipi principali di
dissolvenze (chiamate anche fade-in e fade-out): dissolvenze basate sugli eventi, create
usando le maniglie delle dissolvenze e dissolvenze basate sulle clip, create da un processo
audio.
Il mixer: E’ un normale ambiente per il controllo di livelli, pan, Solo/Mute, ecc., per canali
MIDI e audio. Inoltre, è un ambiente molto comodo per configurare l’assegnazione di
ingressi/uscite per più tracce o canali contemporaneamente.
Alcune funzioni del Mixer non sono:
- Configurazione e utilizzo degli effetti audio.
- Configurazione e utilizzo degli effetti MIDI.
- Automazione di tutti i parametri del Mixer.
Mixdown di più tracce audio (completo di automazione ed effetti, se si desidera) su un
singolo file audio.
I software professionali vengono forniti con una notevole varietà di effetti plug-in inclusi.
Questo capitolo contiene dettagli generali su come assegnare, usare e organizzare gli effetti
plug-in.
79
Gli effetti audio possono essere usati in Cubase come segue:
-
Come effetti in insert: Un effetto in insert viene inserito nella catena del segnale di
un canale audio, che significa che l’intero segnale del canale passa attraverso
l’effetto. Questo rende gli insert adatti per quegli effetti per i quali non si desidera
missare il segnale originale ed effettato (dry e wet), come ad esempio effetti di
distorsione, filtri o altri effetti che vanno a modificare le caratteristiche tonali o
dinamiche del suono. È possibile avere fino a otto diversi effetti in insert per canale
(lo stesso vale per i bus di ingresso e uscita – per registrazioni con, rispettivamente,
effetti ed effetti master).
-
Come effetti in mandata: Ciascun canale audio possiede otto mandate per gli effetti,
ciascuna delle quali può essere liberamente assegnata a un effetto. Gli effetti in
mandata sono pratici per due motivi: è possibile controllare il bilanciamento tra il
suono originale (diretto) e il suono processato, in maniera individuale per ciascun
canale usando le mandate, e più canali differenti possono usare lo stesso effetto in
mandata. In Cubase, gli effetti in mandata sono gestiti mediante le tracce canale FX.
-
Effetti in insert: Come indica il nome, gli effetti in insert sono appunto “inseriti” nel
percorso del segnale audio – ciò significa che i dati del canale audio verranno fatti
passare attraverso l’effetto. È possibile aggiungere fino a otto diversi effetti in insert
in maniera indipendente per ciascun canale relativo all’audio (tracce audio, tracce
canale gruppo, tracce canale FX, canali VST Instrument o canali ReWire) o bus di
uscita. Il segnale passa attraverso l’effetto in serie, dall’alto verso il basso, secondo
il percorso di segnale.
-
Effetti in mandata: Come indica il nome, gli effetti in mandata stanno al di fuori del
percorso del segnale di un canale audio, cioè, i dati audio da processare devono
essere inviati all’effetto (l’opposto degli effetti in insert, i quali sono inseriti nel
percorso del segnale del canale).
Le automazioni
In estrema sintesi, con il termine automazione si intende la registrazione di valori per un
particolare parametro del Mixer o di un effetto. Quando viene creato il mix finale, non ci si
deve preoccupare di dover modificare di persona il controllo per questo particolare
parametro – lo farà il software.
Modifica del tempo e della metrica
Ogni volta che si crea un nuovo progetto, il programma imposta automaticamente il tempo
e la metrica. Le impostazioni relative al tempo e alla metrica possono essere visualizzate in
due modi: nelle tracce dedicate all’interno della Finestra Progetto, oppure nell’Editor Traccia
Tempo.
80
Modalità di Tempo: Prima di addentrarsi nel dettaglio delle impostazioni di tempo e metrica,
è necessario comprendere le diverse modalità di tempo.
Per ogni traccia che utilizza questa funzione, si può specificare se essa utilizza una base
tempo lineare o musicale. Per tracce con base tempo lineare, il tempo può essere fisso
lungo l’intero progetto (questa è definita “Modalità Tempo Fisso”) oppure seguire la traccia
tempo (definita “Modalità Traccia Tempo”), la quale può contenere variazioni di tempo.
Modifica del tempo e della metrica
Per modificare le impostazioni di tempo e di metrica è possibile usare le impostazioni sia
dell’Editor Traccia Tempo che delle tracce tempo e metrica. Le descrizioni fornite di seguito
sono valide in entrambi i casi. L’unica eccezione è costitutita dal cursore di registrazione
tempo.
Fare il mixdown o il bounce del progetto: La funzione Esporta Mixdown Audio di Cubase
consente di eseguire un mixdown dell’audio, dal programma a dei file sul proprio hard disk,
in un’ampia varietà di formati. Nella sezione Selezione Canale, è possibile scegliere i canali
(o bus) da esportare.
Esportazione Multicanale: E’ possibile decidere di eseguire un mixdown di più canali in un
solo passaggio. Per ciascun canale, verrà creato un file individuale.
81
MIXAGGIO
Introduzione
Il missaggio è una delle procedure più complesse e delicate, dov'è possibile recuperare una
produzione mediocre, ma anche distruggere un eccellente lavoro. Il procedimento chiamato
missaggio è la fase della produzione dove, una volta ultimata la registrazione di tutti gli
strumenti, si passa a combinare e bilanciare tutte le singole tracce mediante una consolle
(mixer), potendo così controllare tutti i parametri relativi al suono. Diversi periodi
corrispondono a differenti modalità di missaggio, a partire da quello cosiddetto dei "polipi",
fino ad arrivare al mix completamente "automatizzato".
Nel primo caso, fonico, produttore, artista, musicisti, e chi più ne ha più ne metta,
armeggiavano come dei polipi sulla consolle di missaggio spostando fader e schiacciando
pulsanti per modificare manualmente e in tempo reale le fasi del mix. Nei casi successivi,
man mano che la tecnologia avanzava, un computer grazie alle automazioni sostituiva le
mani, permettendo agli addetti ai lavori di concentrarsi sull'ascolto del prodotto anziché
sulle operazioni di missaggio.
Spesso, in fase di pre-produzione, si commette l'errore di valutazione del tipo: "va bene
così, tanto in missaggio lo mettiamo a posto!". Niente di più sbagliato! La ripresa degli
strumenti è fondamentale per ottenere un buon mix, tanto più è corretta ed equilibrata la
registrazione, tanto più il missaggio sarà efficace. E' bene, se il tempo e il budget lo
permettono, realizzare un "rough mix" (cioè un missaggio di massima) ed ascoltarlo per
qualche giorno, per avere, più chiara possibile, la direzione da prendere in fase di
missaggio. Per prima cosa, all'inizio di un mix, dovremo settare la consolle (o mzer virtuale)
e azzerare tutte la sue parti, EQ, compressori, mandate, fader ecc...
Pulire le testine dei registratori analogici e demagnetizzarle, registrare all'inizio del nastro
multitraccia dei toni di riferimento (100 Hz, 1000 Hz e 10 KHz a 0 dB).
Fatto questo, alcuni fonici preferiscono aprire tutti i canali e iniziare ad equilibrare il tutto, in
continua relazione con tutto. Altri amano aprire canale per canale e apportare le necessarie
variazioni al suono che vi è registrato e successivamente compararlo con gli altri. In ogni
caso, dopo un periodo di tempo estremamente variabile, si arriva ad un ascolto
sufficientemente equilibrato da permettere al produttore e/o all'artista di cominciare,
assieme al fonico, il missaggio creativo.
Si possono aggiungere compressori ed equalizzatori, per ottenere un livello e una sonorità
adeguata, bisogna effettuare un accurato posizionamento stereofonico delle varie tracce
registrate, cercando di mantenere la spazialità propria degli strumenti, onde evitare di
renderli innaturali.
Man mano che il mix comincia a prendere forma, vengono aggiunti gli effetti: chorus,
flanger, delay e riverberi, per creare separazione e profondità differenti fra gli strumenti, ed
allo stesso tempo amalgamarli al meglio. Per avere la certezza che il mix abbia un suono
ottimale anche in altri ambienti e con ascolti non professionali vanno fatti tutti i dovuti
confronti tra, big monitor, near field, mono o stereo e, se possibile, altri ascolti quali piccoli
registratori portatili, cuffie e impianti stereo d'automobili.
Si può, ora, passare alla fase di automazione, dove la daw memorizzerà tutte le aperture e
chiusure dei canali e le relative variazioni di volume previste, e se si dispone di una consolle
dotata di total recall, potremmo salvare anche tutti gli altri movimenti relativi
all'equalizzazione, compressione, mandate agli effetti, panpottaggio, fade-in e fade-out del
master fader.
Un occhio di riguardo va posto alle controfasi. Le stesse, se la consolle è dotata di un
correlatore di fase, sono immediatamente segnalate, al contrario bisognerà controllare tutti i
canali stereofonici ascoltandoli in mono e valutare la possibile perdita di volume o di
definizione.
Nel caso ciò si verificasse, si potranno correggere apportando delle modifiche che consistono
nella leggera chiusura dei panpot, se il problema è di proporzioni contenute, fino ad arrivare
alla totale inversione di fase di uno dei due canali in oggetto. Dopo aver ascoltato e
riascoltato per giorni e giorni, alle volte per settimane, lo stesso brano, apportando continue
modifiche e correzioni, saremo pronti per trasferire il missaggio sul supporto master,
controllando il volume di registrazione che dovrebbe essere prossimo allo 0 dB.
Potremmo, altresì, usare un compressore stereo, inserito sul master fader della consolle,
per contenere eventuali picchi di dinamica indesiderati. Fare un missaggio è certamente un
lavoro complesso, delicato che comporta una notevole concentrazione e dispendio d'energia,
ma essendo la fase finale della produzione è anche quella che da, a mio avviso, maggiore
soddisfazione.
82
MASTERING
Introduzione
Grazie allo sviluppo del digitale nell'audio, è aumentata la possibilità di intervenire a
posteriori su un qualsiasi aspetto di una registrazione senza alcuna perdita qualitativa, anzi,
spesso ottenendo risultati migliori del materiale di partenza.
Sempre più fonici di ripresa cominciarono a trascurare l'accuratezza della ripresa
microfonica pensando di poter colmare eventuali lacune in fase di editing e di missaggio. Al
loro pari anche in fase di missaggio si tendeva a trascurare alcuni dettagli produttivi
pensando che sarebbe stato il mastering, ultimo anello della catena, a dover da solo definire
o stravolgere completamente il suono di un brano.
Oggi, dopo un ventennio di audio digitale, sappiamo perfettamente che è fondamentale che
ogni stadio della catena produttiva di un disco lavori al suo meglio se si vogliono ottenere
buoni risultati, inoltre è risaputo che l'anello più debole della catena è sempre il primo,
quindi nel nostro caso la registrazione della sorgente sonora.
Il Mastering non ha la possibilità di stravolgere completamente il lavoro fatto in precedenza,
d'altro canto è vero che partendo da tracce ben registrate e ben mixate è possibile ottenere
un ottimo suono finale con un buon mastering.
Gran parte delle leggende metropolitane legate al mastering sono nate alla fine dello scorso
decennio quando si è iniziato ad attuare dei bruschi interventi di compressione dinamica in
fase di mastering.
Queste scelte operative erano dettate dalle case discografiche che volevano che i loro brani
suonassero a volumi più sostenuti.
Era più facile che un brano con un volume maggiore attirasse l'attenzione degli ascoltatori di
una stazione radio. In effetti psicoacusticamente, risulta che le persone in genere trovano
inconsciamente più piacevoli i brani con una pressione sonora maggiore.
Il risultato fu l'appiattimento dinamico dei dischi dell'epoca. Andando ad analizzare la forma
d'onda di un brano dai primi anni novanta in poi, scopriremmo che essa non presenta picchi
ma rimane perlopiù vicina agli 0 dB, limite invalicabile dell'audio digitale.
È abbastanza paradossale che con la nascita del compact disc, supporto che dispone di una
gamma dinamica superiore a quella dei supporti precedenti, si sia scelto - e si scelga ancora
- di utilizzare pochissima gamma dinamica, in pratica solo gli ultimi decibel a fondo scala,
facendo sì che una canzone suoni forte dall'inizio alla fine.
È fondamentale precisare che quanto descritto è appannaggio quasi esclusivamente della
musica pop. Per quanto concerne la musica jazz, quella classica ed altri generi di musica
perlopiù acustici, questa problematica non è mai sorta in quanto gli interventi di mastering
su questi generi tendono a non snaturare il carattere spettrale e dinamico delle
registrazione, ma si limitano solamente ad adattare al meglio i brani al supporto.
Lo Studio e l'ingegnere di Mastering
Lo studio di Mastering professionale di solito ha una dotazione di macchine minima,
confrontata con quella di uno studio di registrazione professionale. In realtà le poche
macchine presenti sono più che sufficienti a svolgere il lavoro di mastering. Inoltre è
possibile che si siano investite cifre molto più grandi per le poche macchine presenti nello
studio di mastering, dato che si tratta di dispositivi costosissimi, spesso artigianali o
costruiti su misura per lo studio, in ogni caso non di strumentazione facilmente reperibile.
D'altro canto, oltre ai supporti necessari per leggere il premaster, la strumentazione base è
di solito costituita da un compressore (spesso multibanda), un limiter, un equalizzatore ed
un processore dell'immagine stereofonica.
Un altro motivo per il quale lo studio di mastering ha un arredamento più essenziale rispetto
a quello di registrazione risiede in ragioni di ordine acustico.
In uno studio di mastering l'ambiente d'ascolto, al pari dei diffusori, è la cosa che conta di
più; l'acustica della stanza deve essere curata al massimo al fine di permettere un ascolto
quanto più lineare possibile. Il suono, emesso da monitor di estrema qualità, non deve
avere la possibilità di essere riflesso da oggetti presenti nella stanza, quindi anche
l'arredamento sarà minimale e ben studiato.
Il fonico di mastering (ingegnere di mastering per gli anglofoni), al pari del fonico di
registrazione, ma ancora più di questo, deve avere un'ottima conoscenza tecnica unita ad
uno spiccato senso estetico.
Al fonico di mastering tocca l'ultima parte tecnico-creativa per la realizzazione dell'album. Il
fonico di mastering non ha le orecchie affaticate dai continui ascolti in fase di missaggio
quindi è più facile individuare al primo ascolto le possibile pecche all'interno del missaggio.
83
Procedimento
Ovviamente è fondamentale disporre di tracce ben missate poiché il mastering non è in
grado di stravolgere totalmente gli equilibri all'interno di un brano.
Una volta presa nota di quello che deve essere corretto, il fonico lavorerà affiancato dal
produttore del disco il quale, avendo in mente il suono definitivo dell'album, supervisionerà
le scelte del fonico per raggiungere il risultato finale.
Di solito le operazione base del mastering sono le seguenti:
1. Trasferire le tracce audio registrate su una Digital Audio Workstation. Questo è opzionale
in quanti molti preferiscono eseguire il mastering analogico dal nastro.
2. Mettere in sequenza le tracce interponendo tra esse le pause desiderate.
3. A questo punto è possibile eseguire tutta una serie di operazioni sull'audio ove
necessario:
- Livellare i volumi
- Editare piccoli difetti
- Ridurre i fruscii di fondo
- Limitare i picchi dinamici delle tracce
- Comprimere la dinamica
- Espandere la dinamica
- Regolare l'ampiezza dell'immagine stereofonica
- Aggiungere un'ambienza
- Effettuare assolvenze ad inizio brano e/o dissolvenze a fine brano
- Uniformare lo spettro delle diverse tracce
- Uniformare la dinamica delle tracce e far sì che sfruttino al massimo tutta la gamma
dinamica messa a disposizione del supporto.
- Tipicamente la catena di processori nei quali passa l'audio è così costituita:
- Equalizzatore>Riverbero>Compressore>Eccitatore Armonico>Processore di
immagine stereofonica>Limiter>Dither
- Ovviamente è possibile tanto invertire l'ordine dei processori (fatta eccezione per il
dither che deve chiudere la catena) quanto bypassare l'utilizzo di alcuni di questi,
secondo le esigenze.
4. Trasferire l'audio nel formato finale del master effettuando, se necessario, il dithering
delle tracce.
Riveste particolare interesse ai fini della bontà del mastering, la creazione dell'opportuna
ambienza, anche per simulare virtualmente lo spazio dove l'ascoltatore debba immaginare
che si stia eseguendo la riproduzione.
A tal fine sono di ausilio i processori DSP di immagine stereofonica, che elaborando
opportunamente il segnale, riescono, tramite ritardi temporali, differenziazione di livello e
variazioni di fase, a generare una olografia sonora comunque complessa, e secondo le
necessità imposte dal tecnico del suono, determinando una collocazione spaziale dei suoni
che coinvolge gli spazi anteriori e posteriori oltre che quelli laterali, dei diffusori stessi.
Loudness war
L'espressione loudness war (o loudness race), in italiano traducibile in guerra del volume, si
riferisce alla tendenza dell'industria musicale a registrare, produrre e diffondere musica,
anno dopo anno, con livelli di volume progressivamente più alti, per creare un suono che
superi in volume i concorrenti e le registrazioni dell'anno precedente. La tendenza ad
incrementare il volume medio della stessa canzone (in questo caso Something dei Beatles,
masterizzata su cd 4 volte dal 1983) come dimostrato dalle forme d'onda illustrate in questa
immagine. (Cliccare per vedere l'animazione) Questo fenomeno può essere osservato in
varie aree dell'industria musicale, in particolare nella diffusione e nella pubblicazione di
album su CD e DVD. Nel caso dei compact disc, la guerra deriva dal desiderio di artisti e
produttori di creare dischi che suonino ad un volume sempre più alto o perlomeno maggiore
di quello degli artisti e delle etichette discografiche concorrenti. Tuttavia, dato che
l'ampiezza massima del livello sonoro di un cd non può superare un certo limite, il volume
complessivo può essere aumentato soltanto riducendo la gamma dinamica. Tutto ciò è fatto
spingendo il materiale sonoro con un volume più basso ad un livello più alto, mentre i picchi
di volume più alti vengono o distrutti o notevolmente compromessi. L'uso estremo di questa
compressione può introdurre distorsioni e clipping nella forma d'onda della registrazione.
84
MASTERIZZAZIONE SU CD
Introduzione
Per creare un disco ottico, il primo passo è creare una immagine del disco con un file
system completo per il CD, e quindi masterizzarla sul disco con un programma specifico.
L'immagine è un singolo file, memorizzato nel disco rigido, che contiene tutte le informazioni
da scrivere sul disco. Molti programmi creano l'immagine e la masterizzano in un'unica
operazione, e per questo gli utenti finali non riconoscono la distinzione. Comunque, la
creazione di un'immagine di un disco è un processo che richiede tempo, memoria, sia
sull'HD che di CPU. La maggior parte dei programmi di masterizzazione eliminano
l'immagine del disco -dopo la masterizzazione, anche se l'utente può impedire che il
programma cancelli l'immagine del disco, per crearne altre copie senza doverne ricostruire
l'immagine ogni volta. Ci sono anche programmi che non scrivono tutto il disco in un solo
passaggio, ma consentono di scrivere una parte alla volta, consentendone l'utilizzazione
come un floppy disk. Alcuni OS riconoscono un'immagine come un filesystem, e possono
essere montate come dei normali dischi. Questa caratteristica può essere usata per testare
una immagine prima di masterizzarla, in modo da controllare se vi siano errori. Un
Compact-Disc , più brevemente CD è un supporto di memorizzazione digitale composto da
un disco di resina plastica trasparente, generalmente di 12 centimetri di diametro, che
racchiude al suo interno un sottile foglio di materiale metallico sul quale sono incise le
informazioni come successioni. Queste incisioni possono successivamente essere lette per
mezzo di un laser. Per questo motivo sono detti anche dischi ottici.
Storia
L'origine del CD risale all'anno 1979, quando fu inventato, congiuntamente, dalle aziende
Sony e Philips.
La genesi del CD è dovuta alla ricerca, da parte del mondo della telefonia, di un sistema
efficiente di moltiplicazione per le informazioni, attraverso la numerizzazione e
semplificazione dei segnali.
L'applicazione congiunta del sistema numerico binario al suono e del laser diede vita al
compact disc.
Elenco dei formati CD esistenti:
-
CD-Audio
-
CD-Rom: per la masterizzazione dei dati
-
CD-R: per la masterizzazione
-
CD-RW: masterizzazione riscrivibili
Glass mastering
Nella replica industriale il cd viene “fabbricato” dal policarbonato mediante speciali linee di
pressaggio . Per la produzione dei cd mediante replica è necessaria una matrice (glass
master) che si ottiene attraverso un processo chimico-fisico. Dal master del cliente si crea il
file immagine che viene poi trasferito mediante un raggio laser (laser beam) su uno speciale
disco di vetro (glass). Il supporto subisce quindi un processo chimico di sviluppo in modo da
creare le tracce che contengono i dati e sulla superfice fotosensibile sviluppata viene
applicato uno strato di argento protettivo. A questo punto è necessario un bagno galvanico
dove la matrice raggiunge la sua dimensione e viene staccata dal glass, per diventare lo
stamper che servirà a fabbricare i dischi sulle linee di replicazione.
Il mastering seriale
Per piccole tirature o per produzioni urgenti, al posto della replica, Media.Go suggerisce e
utilizza la duplicazione seriale. Media.Go garantisce l’assoluta qualità dei supporti realizzati,
grazie all’utilizzo di sistemi proprietari nel
controllo del processo produttivo (”serial
mastering”). Al posto del “glass master” Media.Go crea un clone seriale che riproduce
perfettamente il contenuto del cd o dvd: questa matrice elettronica viene trasferita
industrialmente su cd-r e dvd-r di altissima qualità, fabbricati appositamente. Un rigoroso
controllo qualità e il processo di analisi supporto/dati garantiscono al 100% il prodotto, al
pari della replica industriale. Il supporto duplicato viene poi serigrafato e confezionato
esattamente come quello da replica.
85
FARE CONOSCERE LA NOSTRA MUSICA ON LINE
Introduzione
Fino a pochi anni fa era indispensabile avere della buona musica, era indispensabile avere
sofisticate apparecchiature o investire in costose sedute di registrazione, tutto ciò dopo aver
lungamente meditato sulle proprie composizioni, interpreti, arrangiamenti, testi ed altro
ancora. Ma le fatiche più grandi dovevano ancora arrivare.
Per vedere pubblicata la vostra musica, occorreva innanzitutto realizzare provini
convincenti, fare il possibile per avere un appuntamento con un responsabile artistico e
sperare in un interesse da parte della casa discografica.
Fatto questo, un produttore artistico vi avrebbe spronato a realizzare molti brani imponendo
talvolta tagli o linee compositive o cambiamenti del testo, scegliendo a proprio piacimento
eventuali collaboratori esterni per registrazioni, missaggi, servizi fotografici, video.
Sicuramente l'esperienza del produttore o della casa discografica sarebbe stata preziosa per
distillare un ottimo prodotto, trovare i più validi professionisti per ultimare la vostra opera, e
soprattutto avrebbe utilizzato una collaudata rete di distribuzione per far arrivare il vostro
album alla gente.
Ma non esisteva un'alternativa, e la strada era molto, molto selettiva. Spesso la casa
discografica censurava o desiderava modificare i contenuti. Altre volte li prendeva così
com'erano, li stampava ma non li promuoveva.
iTunes
Essere in vendita su iTunes significa oggi essere in vendita in tutto il mondo, senza problemi
di approvvigionamento, senza ritardi nella distribuzione, ed entrare in tutte le case
attraverso il computer. Significa che chiunque potrà ascoltare 30 secondi di ogni vostro
brano prima di acquistarlo, e che questo brano potrà essere venduto in tutto il mondo.
iTunes non è una casa discografica.
Non dirà "si" o "no" ai vostri brani, ne oserà dire "manca lo special" o "il ritornello arriva
troppo tardi" o "non è radiofonico". Deve solo far viaggiare la vostra musica verso il pubblico
e far rientrare i guadagni delle vendite a chi ha realizzato l'album. Non vuole essere il vostro
editore o il vostro produttore, quindi non firmerete con iTunes nessun contratto artistico o
editoriale.
Cosa serve per pubblicare la nostra musica:
La cosa primaria è che il vostro singolo o album, finito e missato e con copertina, non è
necessario aver stampato l'album ma sia sufficiente avere nel computer i files audio dei
brani e quelli grafici della copertina.
-
E’ indispensabile avere un conto corrente, una carta di credito o Pay Pal. Rivolgetevi
alla vostra banca per chiedere una carta di credito valida per effettuare gli acquisti
online.
-
Vi servirà anche un “codice a barre”, detto anche “UPC code” che identificherà il
vostro album - obbligatorio per la vendita su iTunes.
-
Avere un “codice ISRC” per ogni brano, in quanto sarete voi stessi la vostra casa
discografica, e questo codice contrassegnerà il vostro repertorio.
-
La copertina del disco o singolo, questa sarà
la prima cosa a colpire
l'immaginazione, prima ancora di aver potuto ascoltare i contenuti. Quindi fate il
possibile per realizzare un prodotto professionale, che suoni bene, che lasci
soddisfatto l'ascoltatore.
-
L'album dovrà essere stampato fisicamente almeno in un piccolo numero di copie,
(se volete che venga distribuito in tal modo). Di recente, alcuni piccoli distributori
hanno deciso di dare a tutti l'opportunità di esser pubblicati su iTunes senza
nemmeno dover uscire di casa per andare alla posta, effettuando tutti i passaggi
tramite computer.
Il tempo richiesto per essere pubblicati:
Il tuo lavoro sarà distribuito digitalmente in un paio di giorni circa, da quando terminerai le
procedure che richiedono non più di qualche ora di lavoro effettivo, qualche spedizione e
l'attesa di alcune mail fino al momento in cui vedrai in vendita il tuo disco in tutto il mondo,
passeranno mediamente un mese.
86
La proprietà delle registrazioni
Innanzitutto devi esser proprietario delle registrazioni. Questo significa che, anche se i brani
che hai cantato fossero dei Beatles o di Michael Jackson, la registrazione della base musicale
e della voce deve essere di tua proprietà, effettuata con i tuoi strumenti e da te realizzata o
finanziata.
E' importante anche non aver utilizzato campionamenti da altri dischi. Né voci, né parti di
altri album usciti sul mercato, per non rischiare spiacevoli denunce.
Ricordate che i vostri brani saranno esposti nei "cassetti virtuali" del più grande negozio di
dischi al mondo, e se non seguite queste regole, in quattro e quattr'otto una major potrebbe
farvi scrivere da un avvocato per obbligarvi a ritirare subito dal commercio il vostro lavoro
edb eventualmente chiedervi il risarcimento dei danni.
Al contrario, i suoni inclusi nelle drum machine e i loop che si trovano sul mercato, prodotti
dalle grandi case o presenti nei sequencer sono liberamente utilizzabili.
Come proteggere la vostra musica dal plagio
La più tradizionale delle vie è quella garantita dall'iscrizione alla SIAE. Per chi ha intenzione
di realizzare molta musica e lavorare seriamente, consiglio vivamente di iscriversi versando
una quota associativa. Una volta pagata l'iscrizione, potrai depositare il tuo brano tramite il
"bollettino di dichiarazione" modello 112 e inviarlo ad una delle sedi SIAE insieme ad una
stampa o un manoscritto della musica (basta la melodia con gli accordi) e al testo letterario
della tua canzone. Ricorda che, in caso di plagio, la SIAE assume una posizione imparziale e
l'unica cosa che potrà fornire è la ricevuta di quando hai depositato il brano
insieme alla fotocopia della partitura che hai depositato, con un timbro e la
data di accettazione del vostro brano nel repertorio SIAE.
ISRC
Questo codice è il più importante requisito per poter vendere il tuo album negli stores
online. Per essere distribuiti su iTunes e gli altri negozi, bisogna avere un codice
identificativo registrato presso l'organizzazione americana GS1. Senza di questo, i negozi
online non accetteranno che il tuo brano venga pubblicato.
E devi ottenere questo codice prima di pubblicare il tuo disco su iTunes. Ogni brano in
vendita ha un codice ISRC esclusivo. Puoi scaricare un documento in formato Pdf dove
troverai la definizione precisa del codice ISRC e il suo uso, così come viene descritto presso
il sito ufficiale per l'assegnazione dei codici http://www.fimi.it/pdf/ISRC.pdf
Scegliamo il nostro distributore
Sempre più aziende hanno ormai rapporti con iTunes, alcune di queste sono piccole case
discografiche, altre sono solo e semplicemente dei distributori. Attraverso un distributore,
non ci sarà bisogno di un contratto artistico (cosa indispensabile nel caso di una casa
discografica o una piccola etichetta), la musica rimarrà totalmente di vostra proprietà e
avrete la garanzia al 100% che la vostra musica verrà pubblicata, in un tempo
relativamente breve.
In pratica sarete voi la vostra casa discografica, e in aggiunta al minor numero di vincoli
contrattuali, avrete anche una percentuale maggiore sulle vendite.
Quanto posso guadagnare per ogni brano e ogni album venduto?
iTunes pagherà il vostro distributore per ogni brano e per ogni album.
Ricordate che tutti gli album su iTunes vengono venduti allo stesso prezzo
indipendentemente dal numero di canzoni, e se l'album contiene meno di 10 canzoni, il
prezzo di vendita sarà dato dal prezzo di vendita per un brano moltiplicato per il numero di
brani presenti nell'album.
-
CDBABY: Estremamente semplice ed affidabile, si paga una quota di 39 dollari +
l'acquisto a parte del codice a barre per 20 dollari. La quota è per sempre, non vi
saranno richieste altre spese. All'atto dell'iscrizione si può scegliere tra la semplice
distribuzione online sui più di 50 grandi stores, o - spedendo 5 copie del cd a
Portland, negli Stati Uniti - avere in aggiunta la distribuzione del tradizionale cd con
custodia in tutto il mondo - via posta - per chi lo vuole acquistare sul sito. Per ogni
album venduto digitalmente CDBaby trattiene il 9%, per ogni cd con custodia
trattiene 4 dollari. www.cdbaby.com
87
Pubblicare la propria musica mediante CD Baby
Da quando avrai effettuato il pagamento, controlla la posta con una certa frequenza. Ti verrà
assegnato il “BAR CODE” o UPC”, inseriscilo se puoi nella grafica del cd che farai stampare, o se il
tuo cd è gia stato stampato. Una volta pronto il tuo pacco con i 5 cd, fai un robusto imballo e
spediscilo a quest'indirizzo: CDBaby5925 NE 80 AvePortland, OR 97218-2891. Quando i cd
arriveranno in sede, sarai contattato via mail, CDBaby completerà le procedure. Dopo tre o quattro
giorni che i cd saranno arrivati negli Stati Uniti, sarà completata la procedura, realizzata la tua
pagina, e il tuo cd sarà in vendita nello store online CDBaby.com. Dopo un altro mese circa, l'album
sarà in vendita su iTunes., e a poco a poco verrà inserito anche negli altri store online. Le pagine del
tuo account si arricchiranno di altri dettagli, potrai vedere il contatore che indica quante persone
hanno visitato la tua pagina, e da che link provenivano. Potrai vedere quanto hai incassato, con le
voci singole per album, per brano, per mese, separate tra cd fisici e album scaricati digitalmente.
Potrai leggere se le persone che hanno acquistato il tuo cd hanno lasciato un commento. E ogni
lunedì sera, se avrai guadagnato più di 20 dollari (o della cifra da te decia nelle pagine
dell'iscrizione), CDBaby ti pagherà con la formula che hai scelto.
Pubblicare cover
Se nel tuo album hai utilizzato un brano già conosciuto e cantato da altri artisti (cover), famoso o
meno che sia, è bene sapere alcune cose. La legge ti permette legalmente di registrare, cantare e
mettere in commercio canzoni già famose, e per ciò che riguarda il territorio italiano non c'è bisogno
di nessun permesso. L'indispensabile è che gli autori e gli editori del brano originale percepiscano
una piccola parte del guadagno, e la Siae serve a garantire questo. Non potrai utilizzare
campionamenti o parti originali di altre incisioni. Per poterlo fare devi avere il permesso della casa
discografica del brano da cui hai tratto il campionamento, e questo permesso ha un costo, spesso
elevato e proporzionale all'importanza dell'artista e del brano che hai utilizzato nel campionamento.
Non ti è permesso inoltre registrare una canzone che contenga miscelati testi o musiche di più di
una canzone contemporaneamente, o che contenga elementi originali insieme a un brano già
pubblicato. La cosa non vale solo per i brani i cui autori sono deceduti da più di settant'anni.
Vendere legalmente download di brani cover
Se registri una versione cover di una canzone, hai diritto per legge a commercializzare la tua
registrazione, e il proprietario del copyright del brano non può impedirtelo. Il Copyright Act prevede
la cosiddetta “Licenza obbligatoria” per i download e le vendite di CD, il che significa che se ti attieni
alla procedura prescritta dalla legge, puoi distribuire la tua registrazione di quella canzone su un CD
o via Internet. Questa Licenza obbligatoria concerne soltanto le vendite negli Stati Uniti. Altri utilizzi
di master, quali streaming, download condizionali e simili, non sono soggetti a tale Licenza
obbligatoria. In quei casi occorre una licenza a parte concessa dall'editore.
Come fare:
- Risalire al proprietario/ai proprietari del copyright della canzone: l'editore.
- Devi spedire una lettera per ciascuna canzone per la quale ti interessa ottenere una licenza
obbligatoria 30 giorni prima di avviare la distribuzione dei tuoi download.
88
89
90