LA SCULTURA GRECA: GLI IDOLI CAMPANIFORMI, I KOUROI E

Transcript

LA SCULTURA GRECA: GLI IDOLI CAMPANIFORMI, I KOUROI E
Liceo Scientifico N. Copernico
Casarini Gaia
cl.1^ C
Anno Scolastico 2015/2016
LA SCULTURA GRECA:
GLI IDOLI
CAMPANIFORMI,
I KOUROI E LE KORAI
Gli idoli campaniformi.
Il primo periodo dell’arte greca viene chiamato Periodo di
Formazione o Geometrico perché in ogni opera si trovano
decorazioni geometriche (semplici come triangoli, rombi e
rettangoli o più complesse come losanghe, svastiche,
greche e meandri). Questo periodo si estende dal XII
secolo all’ VIII secolo a. C. .
Le sculture risalenti all’ XIII secolo a. C. sono chiamate idoli
campaniformi, per la loro caratteristica forma che
conferisce loro il nome.
Queste statuette, ritrovate nei territori della Beozia, sono
di piccole dimensioni (circa 30 cm) e realizzati in avorio o
terracotta. Si pensa derivino da idoli cretesi del Minoico
Tardo, fra i quali il più conosciuto è la Dea di Myrtos. Gli
idoli-campana avevano molte caratteristiche in comune:
tratti molto stilizzati, una testa piccola dalla quale si
sviluppano mento e naso particolarmente aguzzi e le
orecchie forate, un collo lungo e sottile e le braccia
sproporzionate che scivolano sui fianchi curvi. A differenza
degli idoli minoici però, quelli greci avevano le gambe,
collegate al busto tramite dei fili metallici o dei cordoncini.
Questo fa dedurre che fossero degli idoli rituali appesi,
grazie ad un foro posto dietro alla testa, come campanelle
per far allontanare gli spiriti ma anche come amuleti o
giochi. Molto spesso si trattava di figure femminili:
numerose statue avevano capelli lunghi raccolti in trecce e
piccole protuberanze a simboleggiare i seni. Le decorazioni
venivano realizzate con della vernice nera stesa con un
pennellino sottile su tutta la superficie con tratti stilizzati,
come dice lo Stile Geometrico, ma anche con figurazioni
naturalistiche.
Le due statuette più celebri sono entrambi due figure
femminili.
La prima è decorata con rettangoli, greche e animali fra cui
le cicogne e i ragni sull’abito e con svastiche sulle braccia
che potrebbero indicare un’antica tradizione di tatuaggio.
Idoletto votivo risalente al VII sec. a. C., rinvenuto in una
tomba della Beozia e conservato al Louvre.
La seconda invece ha gli arti superiori piegati e riporta una
teoria di donne con le braccia alzate alternate a fiori
stilizzati sul vestito e delle svastiche sul collo.
Idoletto votivo risalente alla fine dell’ VIII sec. a. C., rinvenuto in Beozia e conservato al Louvre.
I kouroi e le korai.
Nel secondo Periodo, detto Arcaico, la scultura si dedica
alla rappresentazione della figura umana attraverso due
modelli, uno maschile e uno femminile. Essi erano
posizionati sopra le tombe a scopo commemorativo. Da
questa sua prima finalità, infatti, nasce il loro nome
originale, apollino, sostituito successivamente dal termine
tuttora utilizzato. Alcuni di essi sono stati rinvenuti nei
santuari dedicati al dio Apollo. Altri invece sono dedicati ad
altri dei o utilizzati come segnacoli tombali (questo è il caso
del Kouros di New York, segnacolo di una tomba in una
zona rurale dell’Attica). Si ispirano all’arte egizia e agli
xoana, statue lignee di culto risalenti alla Grecia antica che
rappresentano le divinità alle quali vengono dedicati i
santuari nei quali si trovano e che sono giunte sino a noi
solo attraverso copie in pietra o marmo. La loro
realizzazione parte da un blocco di pietra nel quale
vengono tracciate delle griglie e, gradualmente, vengono
tolti gli strati di materia inutili. Il loro fine principale però è
rappresentare la kalokagathia cioè l’ideale di “bello e
buono” e, proprio perché indicano un modello, sono molto
simili fra loro. Inizialmente erano più grandi rispetto agli
uomini reali ma con il tempo le dimensioni si sono ridotte.
La figura maschile è rappresentata dal kouros posto in
posizione eretta con lo sguardo in avanti e gli occhi aperti,
le braccia tese lungo il corpo e con le mani chiuse a pugno.
Per conferire equilibrio alla statua, il giovane accenna il
passo con la gamba sinistra. Queste caratteristiche
sembrano essere collegate al mito di Dedalo secondo cui in
queste statue l’immagine umana avrebbe preso vita
liberandosi dalla rigidità primitiva. La donna invece era
rappresentata dalla kore con un abito lungo fino ai piedi,
tenuto leggermente con la mano destra mentre quella
sinistra era portata al petto. I piedi, in questo caso, sono
uniti ma, come accade nei kouroi, il viso è caratterizzato
dal sorriso arcaico. Secondo alcuni studiosi, il sorriso era
correlato con la pace interiore del soggetto della statua
facendo prevalere interpretazioni di tipo psicologico, in
seguito l'impiego del sorriso venne ricondotto
principalmente all'incapacità degli scultori di rendere
realmente curve le superfici e quindi a problematiche di
tipo tecnico: la curvatura delle labbra portava ad
arrotondare tutte le fattezze facciali particolarmente
quelle della bocca stessa e degli occhi.
Quando si parla di scultura, si divide il tempo in tre periodi:
• Scultura dorica
• Scultura attica
• Scultura ionica
Scultura dorica.
Il primo periodo va dal VII al VI secolo a. C. e contiene
kouroi prevalentemente nudi con lineamenti
geometrici e forme massicce. I rappresentanti più
importanti risalgono al VI secolo e sono i fratelli Kleobi
e Bitone, due statue in marmo pario che stanno a
indicare una negazione del tempo e del cambiamento.
Un’ iscrizione trovata sulla base di uno dei due in
realtà ha smentito le parole di Erodoto dimostrando la
vera identità dei due giovani Dioscuri, Castore e
Polluce e il loro autore, Polimede. I loro corpi sono
nudi per mostrare la forza, statici, le teste squadrate e
sproporzionate contengono visi schiacciati e capelli
raccolti in dodici trecce riportate sia davanti che dietro
le spalle con la tecnica della perlinatura. Le braccia
sono leggermente flesse mentre le gambe sinistre
sono spinte in avanti. Anche i muscoli, come ad
esempio i polpacci, le spalle e i toraci, sono massicci e
tozzi mentre gli occhi sono spalancati e le arcate
sopraccigliari molto pronunciate. I lineamenti seguono
la geometria: i pettorali sono dati da due linee curve,
la curva epigastrica è data da un semplice tratto così
come per l’ inguine e le rotule. Nonostante siano state
scolpite a tuttotondo, la visuale prediletta è quella
frontale.
Dioscuri, Castore e Polluce, kouros risalenti al Vi sec. a.
C. e rinvenuti a Delfi nel 1893-1894. Visuale anteriore.
Dioscuri, Castore e Polluce, kouroi risalenti al VI sec. a.
C. e rinvenuti a Delfi nel 1893-1894. Visuale
posteriore.
Scultura attica.
Si sviluppa nella seconda metà del VI secolo a. C. e
inizia a dare importanza all’anatomia dei corpi,
sempre più spesso vestiti. Ciò lo si nota nel
Moscophoros un kouros che trasporta sulle spalle un
vitello, destinato ad un sacrificio o premio di una gara.
In questa statua la muscolatura è ben delineata e
levigata, anche grazie all’abito che lo ricopre unendo i
gomiti ai fianchi e che viene definito panneggio
bagnato per la sua forte aderenza al corpo. La testa ha
dimensioni più piccole ma è più particolareggiata, con
occhi realizzati in pasta vitrea e avorio. Ha inoltre un
accenno della barba sul mento e ovviamente il sorriso
arcaico. Sul marmo dell’Imetto, il materiale di cui è
fatto, si trovano tracce di policromia. Questo dimostra
che, come i templi, anche le statue erano anticamente
dipinte. Il vitello, aiuta, insieme alle trecce, a
sostenere il capo e a renderlo più stabile.
Moscophoros, kouros risalente al 570-560 a. C. ca,
ritrovato nella necropoli del Dipylon e conservato nel
Museo dell’Acropoli ad Atene.
Scultura ionica.
Questa, sviluppata in tutto il VI sec. a. C. durante il
quale è avvenuto il culmine nelle korai dell’Acropoli, è
molto influenzata dalla tradizione orientale: le
proporzioni sono più fini e slanciate e l’anatomia dei
corpi ancora più dettagliata conferiscono al kouros
ancora più armonia alle opere. Vengono infatti
stondati tutti gli spigoli nati dall’incontro dei diversi
piani creando così strutture cilindriche. La testa è data
dall’unione di un cranio curvilineo, un volto ovale, due
occhi posti in posizione obliqua e il sorriso arcaico.
Il Kouros di Milo è la miglior dimostrazione. Giunto a
noi quasi totalmente integro ma fratturato alle caviglie
e ai piedi, ha un viso più sottile e un corpo meno
squadrato rispetto ai primi modelli artistici. I capelli
sono raccolti in trecce dietro alla testa e, anche se
corroso, il viso è giovanile e mostra in modo
accennato il sorriso arcaico.
Kouros di Melos, risalente al 540 a. C. ca e di autore
sconosciuto, viene conservato al Museo Archeologico
Nazionale di Atene.
Un esempio di Kore, invece è la Hera di Samo,
raffigurante la dea Hera acefala, donata, secondo
un’iscrizione incisa lungo il bordo del velo, da un
aristocratico. Ha principalmente una forma cilindrica e
ripresenta la geometria sul panneggio decorato con
linee diagonali che vanno a contrastare quelle verticali
del chitone. Come nelle altre korai, un braccio è teso e
l’altro, andato perso, è appoggiato al petto forse con
una melagrana nella mano mentre i piedi sono
leggermente scoperti alla fine del chitone.
Hera di Samo, kore risalente al 570-560 a. C. ca e di
autore sconosciuto, è conservata al Museo del Louvre,
Parigi.
La fine di questa produzione scultorea porta a
cambiamenti all’interno della società e alla creazione
di una nuova figura umana indicata dalla
rappresentazione dell’Efebo di Crizio del 480 a. C. .