Monitoraggio e trattamento del dolore in area chirurgica

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Monitoraggio e trattamento del dolore in area chirurgica
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA SENESE
Ospedale senza Dolore
Coordinatore: Amerigo Brogi
Manuale Qualità
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monitoraggio e trattamento del dolore
in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso
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LA DOCUMENTAZIONE BIBLIOGRAFICA
Monitoraggio e trattamento del dolore
in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso
in età adulta e pediatrica
Coordinatore: Angela Annesanti, Francesco Tani
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INDICE
Argomenti
La fisiologia del dolore
La visita del paziente con dolore: l’esame fisico
La visita del paziente con dolore: la raccolta dei dati anamnestici
La misurazione del dolore
I fattori di rischio perioperatorio, postraumatici e le risposte fisiopatologiche
Il trattamento farmacologico del dolore post operatorio
Strategie non farmacologiche
Farmaci ed allattamento al seno
Bibliografia
Pagina
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D.B. A
LA FISIOLOGIA DEL DOLORE
Il dolore è una percezione cosciente e sensoriale come l'olfatto o l'udito. Come tale dipende da elementi somatici,
psichici e socioculturali a partire dagli stimoli interni ed esterni rispetto all'organismo. La fisiologia del dolore è
pertanto correlata con la fisiologia dei sensi. Sul piano fisiologico il dolore non è controllato solo dal sistema
nervoso ma anche dalla matrice tissutale e dai sistemi ormonale e immunitario, a livello somatico, nonché da
aspetti psichici e sociali, come descrive il grafico riportato di seguito.
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Modello fisiologico del dolore
La corteccia cerebrale ed il sistema limbico
Elaborazione di segnali algesici nel dolore
Gli stimoli algogeni (dolorifici, nocicettivi) sono percepiti come tali a livello della corteccia cerebrale, dopo essere stati elaborati.
Come tutti gli stimoli, anche quelli "dolorifici" passano prima il talamo dove vengono integrati e quindi smistati.
•
•
Una parte giunge alla corteccia cingolare anteriore e crea la base della sensazione.
Un'altra parte si porta nel sistema limbico, dove la sensazione, confrontata con i ricordi (inconsci), influisce sul
comportamento e sull'umore. La percezione ha luogo nella corteccia prefrontale dove si creano le sfumature emotive
della sensazione e del comportamento.
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In un approccio generale a questo contesto si possono riconoscere nel cervello due strutture fondamentali, entrambe coinvolte
nella sensazione del dolore.
•
•
La corteccia cerebrale
Il sistema limbico
La corteccia cerebrale gestisce gli eventi coscienti e cioè:
•
•
•
i processi cognitivi
le attività pianificate
i movimenti intenzionali
I segnali algogeni (come tutti i segnali sensoriali) raggiungono la corteccia tramite il talamo. La percezione cosciente del dolore
ha luogo unicamente nella corteccia cerebrale: al "dolore puro" della corteccia cingolare anteriore vengono aggiunte le
sfumature emotive da parte della corteccia cerebrale prefrontale
Il sistema limbico ed il dolore
Alterazione del dolore nel sistema limbico
Il sistema limbico è un'assieme di strutture complesse che circondano il tronco cerebellare.
Sempre a partire dal talamo, i segnali algogeni raggiungono il sistema limbico, dove vengono elaborati come elementi emotivi e
inconsci. Le più importanti stazioni per l'elaborazione dei segnali algogeni sono:
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L'ippocampo, che ha un ruolo centrale nella formazione e nell'elaborazione dei "ricordi"
L'ipotalamo, che controlla fra l'altro l'ipofisi e quindi lo stato ormonale dell'organismo
L'amigdala, che stabilizza l'umore e regola l'aggressività e il comportamento sociale
La proiezione dei segnali algogeni al sistema limbico è la base per l'effetto che ha il dolore sullo stato d'animo (il dolore rende
irrequieti e tristi). Tuttavia, il sistema limbico determina anche la percezione cosciente del dolore (chi è euforico o sotto choc
non sente dolore) e vicerversa (chi è ipocondriaco o ansioso sente in modo accentuato anche minimi dolori).
Il dolore acuto e cronico
Evoluzione del dolore acuto in dolore cronico
È evidente che il dolore acuto ha una funzione difensiva: evita nuovi stimoli su una parte lesa.
Il dolore acuto è un sintomo di una ferita, di una lesione o di una degenerazione organica. L'approccio terapeutico corretto è
quello di curare la malattia a monte e di mitigare i dolori con strumenti adatti al dolore acuto. Se un dolore acuto per lungo
tempo rimane invariato e / o se le condizioni socio-psicologiche sono alterate, esso si trasforma in dolore cronico, dove minimi
stimoli bastano per mantenere un grande dolore (di tipo limbico).
Il dolore cronico è una malattia e non un sintomo, l'approccio terapeutico, pertanto, dovrebbe essere molto diverso rispetto
al dolore acuto.
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I modelli di dolore acuto e cronico
Elaborazione somatica del dolore acuto e cronico
Nel dolore acuto (nocicettivo) sono maggiormente coinvolti:
•
•
•
•
•
•
•
nocicettori
riflessi spinali
integrazioni talamiche
corteccia cingolare anteriore
riflessi e intenzioni corticali
reazioni ormonali
reazioni vegetative
Anche la parte limbica è coinvolta, ma in minore misura.
Nel dolore cronico invece sono coinvolti maggiormente la corteccia prefrontale e il sistema limbico, mentre i nocicettori, il
tratto ascendente e la corteccia cingolare sono meno coinvolti. Il dolore percepito è come quello acuto (risulta indistinguibile) e
anche le reazioni ormonali e vegetative: in questo caso, però, al dolore si aggiungono grande irrequietezza e tristezza.
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Le reazioni ai segnali nervosi algogeni
Reazioni ai segnali algogeni
Le reazioni ai segnali algogeni sono molteplici: riflessi motori, reazioni neurovegetative, ormonali e immunitarie, fino alle
reazioni di carattere psichico e sociale. Tutte queste reazioni fanno parte di circuiti di regolazione sistemica.
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I nocicettori e la trasmissione dei segnali
Tipi di nocicettori
I nocicettori sono neuroni con "terminali liberi". I "terminali" (ma sarebbe meglio dire "iniziali") si trovano ovunque nel tessuto
connettivo lasso, in particolare nei tessuti connettivi dermici, mucotici, viscerali, vasali e di periostio. È sbagliato pensare che le
sensazioni dolorose siano create esclusivamente dai nocicettori: questi ultimi, infatti, esistono in stretta vicinanza con altri
neuroni sensoriali, di tatto, di temperatura e di vibrazione e sono raggruppati negli stessi nervi e gangli. Nel loro percorso dalla
periferia al midollo e fino alla corteccia cerebrale sono concatenati tra di loro per produrre alla fine una sensazione più o meno
chiara. Non esiste un percorso netto di segnali solo nocicettivi.
I nocicettori forniscano segnali anche per stimoli fisici (pressione, trazione, temperatura) e stimoli chimici (acidità, alcalinicità
esagerati).
Si distinguono due tipi diversi di neuroni nocicettivi:
•
•
Neuroni C
Neuroni A-delta
I neuroni A-delta sono ben mielinizzati (isolati) e a conduzione rapida, mentre i neuroni C (non mielinizzati) sono a conduzione
lenta. Si riesce a distinguere coscientemente il tipo di fibra dal tipo di dolore: dopo uno stimolo doloroso la prima sensazione è
chiara, pungente, acuta, superficiale mentre la seconda (più tardi) è ottusa duratura e profonda.
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I nocicettori e sostanze
Neurotrasmettitori intorno alle sinapsi spinali
La trasmissione dei segnali potenziali di un neurone nocicettivo viene operata tramite glutammato-peptidi con la mediazione di
calcio (Ca), che aprono i cancelli del Sodio / Potassio (Na / K), il che provoca la depolarizzazione del neurone successivo. Gli
oppioidi (come la morfina) inibiscono questo processo.
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IL DOLORE CRONICO
Regolazione spinale del dolore
La regolazione spinale di un segnale algogeno è complessa: un segnale riflesso torna immediatamente agli organi prossimi alla
fonte del segnale algogeno (ghiandole, muscoli vasali, viscerali e locomotori). Nello stesso tempo il segnale attraverso il midollo
(neurone afferente) giunge nel cervello dove viene integrato, controllato ed elaborato. La risposta torna lungo un neurone
efferente al relativo interneurone che, in base alla 'decisione' del cervello, amplifica o smorza la risposta nel neurone attivato.
Il primo riflesso è dunque una risposta pronta e incondizionata. Poi la risposta viene corretta secondo il "parere" del cervello e
può essere amplificata fino al panico o smorzata fino alla letargia.
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La cronicizzazione
Tipi di cronicizzazione del dolore
Fisiologicamente il dolore cronico si basa su diversi aspetti noti e forse su altri ancora ignoti:
•
•
•
•
cronicizzazione periferica
cronicizzazione spinale
cronicizzazione limbica
sensibilizzazione percettiva
La cronicizzazione del dolore è un grande problema terapeutico. Si parla di "dolori cronici" o di "malattia del dolore" quando il
dolore persiste per più di 6 mesi (altri autori parlano di sei settimane).
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Fino a oggi si conoscono diversi meccanismi che sono coinvolti nella patogenesi del dolore cronico:
•
I neuroni nocicettivi dopo un certo periodo di stimolo nocivo persistente secernono mediatori immunitari. Interviene
allora il sistema immunitario per smaltire qualcosa che forse non c'è (o non c'è più) e le cellule immunitarie iniziano a
rilasciare sostanze algogene, chiudendo un circolo vizioso periferico.
•
La persistenza degli stimoli nei primi neuroni afferenti causa delle variazioni metaboliche, che tengono aperti i canali di
trasmissione nei neuroni spinali.
•
•
Nel sistema limbico i neuroni coinvolti formano nuovi dendriti.
Infine, i "filtri" tra sistema limbico e sistema corticale si aprono per lasciar passare le sensazioni di dolore finché le altre
sensazioni non passano quasi più. Il processo fisiologico sembra essere simile a quello della cronicizzazione spinale e si
parla quindi di sensibilizzazione percettiva.
La cronicizzazione periferica
Mediatori immunitari e sostanze algostimolanti
Nella cronicizzazione periferica viene mantenuta l'infiammazione per il circolo vizioso dei mediatori immunitari a partire dai
neuroni nocicettori (es. sostanza P) => sostanze algostimolanti dal sistema immunitario (es. istamina). Per interrompere
questo circolo occorrono antiinfiammatori come il Cortisone oppure Enzimi proteolitici. L'istamina (un ormone tessutale liberato
dalle cellule immunitarie) induce la produzione e secrezione di "sostanza P", la quale è il messaggero che spinge i vasi capillari a
dilatarsi e ad aumentare la duttilità (edemi).
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La cronicizzazione spinale
Cronicizzazione del dolore nei neuroni spinali
Normalmente i segnali nocicettivi arrivano tramite fibre A-delta e C nel bottone sinaptico e liberano glutammato. Il glutammato
apre dei ricettori AMPA e NMDA. Tramite i ricettori AMPA entra sodio Na+ nel neurone del corno dorsale e lo depolarizza. I
ricettori NMDA rimangono "bloccati" per la presenza di magnesio Mg+. Se dei dolori persistono a lungo, il potenziale elettrico
medio del neurone si abbassa. Questo toglie il blocco di Mg nei recettori NMDA e lascia entrare calcio Ca2+ nel neurone, il che
induce una serie di processi:
•
•
•
attiva la proteinkinasi (enzima) che lega fosforo P ai ricettori AMPA: facilita il passaggio di Na
favorisce l'espressione di alcuni geni e la produzione di proteine (CREB, IEG)
in casi estremi induce la morte cellulare per apoptosi o necrosi
Se ci sono abbastanza recettori AMPA fosforilizzati e le modifiche cellulari sono rilevanti, il dolore diventa cronico anche senza la
presenza di stimoli dai neuroni nocicettivi.
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La cronicizzazione limbica
Cronicizzazione limbica: crescita di dendriti
La cronicizzazione limbica si basa su due processi:
•
La plasticità dei dendriti. Dove passano parecchi segnali in continuazione crescono dei dendriti nuovi e il sentiero man
mano diventa un'autostrada: il soggetto diventa fisiologicamente ipersensibile ai segnali dolorifici e iposensibile a tutti
gli altri.
•
La selettività dei filtri tra sistema limbico (ancora inconscio) e cortex (potenzialmente conscio), che aumenta con la
ripetività dei segnali. Sempre di più il soggetto percepisce tutti segnali arrivanti (di diverso tipo) e prevalentemente
quelli dolorifici. Sembra che il processo sia simile alla cronicizzazione spinale.
Questo meccanismo diventa fatale quando altri stimoli frustranti sul piano psicosociale si aggiungono a quelli dolorifici o quando
è carente la presenza di stimoli appaganti.
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Le cause del dolore
Modello delle cause di dolore
Essendo il dolore la punta percepibile di un intero iceberg di processi sottostanti, per lo più inconsci ed enormemente complessi,
la ricerca di una "causa" specifica può a volte diventare assai problematica. È chiaro che la complessità dei processi in gioco
comporta numerose difficoltà a livello terapeutico, ma a parziale consolazione resta il fatto che proprio grazie a questa
complessità sono diverse le possibilità di interventi efficaci.
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Modello complessivo delle cause e degli effetti somatici del dolore
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D.B. B
LA VISITA DEL PAZIENTE CON DOLORE: L'ESAME FISICO
L'esame fisico del paziente affetto da sintomatologia dolorosa richiede da parte del medico una certa esperienza specie
nell'esame neuromuscoloscheletrico. Sebbene il dolore possa riconoscere molteplici cause, in generale l'esame fisico del sistema
nervoso, muscolare e scheletrico rimangono quelli fondamentali. Per lo studio del dolore viscerale è importante seguire una
corretta procedura mediante esami clinici e di laboratorio. Resta fondamentale, comunque, una visione d’insieme dello stato di
salute in relazione al sintomo-dolore.
I PUNTI FONDAMENTALI DELL'ESAME FISICO
È bene che l'esame fisico venga effettuato in maniera sistematica E dovrebbe comprendere i seguenti punti:
La selezione dei dati
Il medico dovrebbe predeterminare i principali elementi da esaminare. Per esempio, i sintomi riguardanti la regione
lombosacrale (mal di schiena) richiedono l'esame del tratto lombosacrale della colonna vertebrale, dei riflessi degli arti inferiori,
e delle condizioni neurologiche. In caso di pazienti che presentano un dolore diffuso e la cui storia clinica suggerisce un
probabile disturbo generalizzato, come ad es. in una sindrome algica miofasciale o una fibrosite, è necessario un esame più
completo delle articolazioni periferiche, dei tratti cervicale, toracico e lombosacrale della colonna vertebrale, la valutazione della
deambulazione ed esami neurologici. Quindi, la scelta dei dati da esaminare è il passo più importante dell'esame fisico.
La raccolta dei dati
L'esaminatore procede quindi a raccogliere sistematicamente i dati selezionati. È necessario ricercare ulteriori anomalie che
potrebbero richiedere uno studio più approfondito. Per esempio la scoperta di iperreflessia degli arti inferiori può rendere
necessaria la ricerca di un interessamento corticospinale, quali i segni di Babinski, e di un interessamento del cordone posteriore
del midollo spinale, per cui sarebbero necessari esami della sensibilità propriocettiva e vibratoria. Nel corso di questo approccio
pratico e sistematico, i dati vengono raccolti in diverse fasi e con il paziente in diverse posizioni. Per esempio, si possono
ottenere informazioni mentre il paziente è seduto, in posizione clinostatica, ortostatica ed infine osservandone la
deambulazione.
L’analisi ed integrazione dei dati
Poiché i dati vengono raccolti in diversi momenti, l'esaminatore deve integrare le informazioni raccolte, scegliere quelle
significative, delineare un quadro clinico che risponda ai dati anamnestici, ed infine stabilire la possibile fisiopatologia. I dati
contraddittori possono richiedere altri esami. Per esempio, durante la visita iniziale, si può scoprire l'atrofia di un gruppo di
muscoli a cui non corrispondono anomalie neurologiche. L'esame più attento di altri gruppi di muscoli innervati dallo stesso
nervo periferico o dalla radice nervosa che innerva il muscolo atrofizzato può essere utile per determinare se esiste un quadro
clinico di atrofia neurologica o se si tratta semplicemente di atrofia da non uso.
La identificazione del problema
L'esame fisico si prefigge lo scopo di ottenere i dati appropriati e di correlare i reperti con le informazioni anamnestiche. Lo
scopo finale dell'esaminatore è quello di identificare e diagnosticare la patologia sottostante. Effettuata la diagnosi, passi
successivi sono la ricerca e l'attuazione della soluzione al problema.
I PRINCIPI GENERALI
L’esame della storia clinica del paziente
Fin dall'inizio dell'esame fisico, il medico dovrebbe disporre di un'anamnesi sufficientemente dettagliata ottenuta direttamente
dal paziente o integrata con un sistema di raccolta di dati, come ad esempio un questionario sul dolore. L'esaminatore deve
valutare tutti i dati a disposizione e informarsi circa le risposte date dal paziente nel questionario, notando i dati contrastanti ed
incoerenti che il questionario più facilmente del colloquio mette in evidenza.
Occorre prendere nota del comportamento emotivo del paziente durante il colloquio anamnestico e l'esame fisico. Le
informazioni anamnestiche devono comprendere non solo l’aspetto medico del disturbo principale, la storia della malattia attuale
e le precedenti cure mediche, ma anche i cambiamenti fisici, sociali, psicologici, professionali e dello stile di vita che sono
scaturiti dalla patologia dolorosa e le attuali condizioni del paziente.
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Alcuni pazienti si presentano alla visita accompagnati da un parete prossimo o da un amico: questa abitudine dovrebbe essere
evitata. Infatti il paziente può essere condizionato positivamente o negativamente nelle risposte; alcune volte l'accompagnatore
parla per il paziente e risponde in vece del paziente alle domande del medico. Questo inficia l'attendibilità dei dati.
Il protocollo dell'esame
L'esame fisico deve essere eseguito in modo sistematico. Ogni situazione è differente. In tutti gli esami, comunque, il paziente
viene fatto svestire affinché sia facilmente accessibile e visibile la parte del corpo che necessita di essere esaminata. Il paziente
dovrebbe essere osservato mentre si sveste, il che potrebbe fornire utili informazioni (togliere la camicia, sfilare le calze,
slacciare la cintura, ecc.). Dovrebbe indossare un comodo camice che garantisce la privacy mentre allo stesso tempo dà al
medico l'opportunità di esaminare le parti del corpo più sintomatiche.
L’aspetto del paziente
Durante il colloquio il medico deve osservare le espressioni del paziente, gli atteggiamenti, le inflessioni della voce, le reazioni di
evitamento di domande particolari, la postura sulla sedia, i movimenti delle mani, le espressioni del volto, ecc.
Questa osservazione può dare informazioni utili e complementari all’esame fisico vero e proprio.
La valutazione dello stato emotivo del paziente
Il paziente è depresso?
Presenta uno stato emotivo eccessivo?
Occorre fare attenzione all'emotività con la quale viene descritta la storia clinica e come il paziente collabora. Mostra
comportamenti esagerati nel tentativo di dimostrare e legittimare la lunga storia della sua malattia come se nessuno in passato
avesse mostrato interesse per i suoi sintomi?
Manifesta risposte inadeguate, incoerenti e non fisiologiche?
Ciò viene spesso riscontrato in situazioni in cui la minima palpazione provoca un allontanamento della parte palpata con
marcate torsioni del corpo, per timore che il dolore venga maggiormente avvertito. Analogamente si può osservare che un
paziente usa a volte un bastone ed altre volte mostra un comportamento doloroso esagerato, come "simbolo" esteriore per
dimostrare la propria inabilità.
A volte può venire coperto con cappelli ed indumenti pesanti in piena estate a sottolineare una presunta influenza di "correnti
d'aria" ed a "protezione" da mutamenti climatici sul dolore.
Il linguaggio corporeo del paziente è un valido strumento per il medico poiché dimostra approvazione, ira, diffidenza o ansia che
devono essere chiarite per una diagnosi ed un programma terapeutico. A volte già per telefono, ancor prima della visita, il
paziente può dare utili notizie sullo stato emotivo.
Tipico dei pazienti ansiosi sofferenti di dolori cronici è la pretesa di una visita immediata, lamentandosi di un appuntamento
procrastinato di qualche giorno.
L’esame del sistema muscoloscheletrico
L'esame del sistema muscoloscheletrico consiste nello studio delle articolazioni della zona colpita valutando la presenza di
edema, discromie, calore al termotatto e dolorabilità.
L'ampiezza del movimento delle articolazioni deve essere esaminata e misurata in gradi.
Successivamente si esegue l'esame dei muscoli mediante palpazione per cercare un'eventuale dolorabilità, punti trigger e
mioclonie. Spesso si possono osservare e misurare la lunghezza e l'accorciamento di muscoli, quali il gastrocnemio e i poplitei.
E' necessario valutare la posizione della colonna vertebrale e le eventuali accentuazioni o appiattimenti delle normali curvature o
la presenza di curve laterali, come, ad es. in caso di scoliosi, annotando il livello vertebrale in cui si localizza la convessità
scoliotica.
L’esame neurologico
L'esame del sistema nervoso periferico consiste nella valutazione della forza muscolare, dei riflessi tendinei superficiali e
profondi e della sensibilità. Può essere necessario registrare dettagliatamente i risultati dell'esame del sistema nervoso centrale,
comprendente lo stato mentale e la funzionalità cognitiva e dei nervi cranici, a seconda dei sintomi e della fisiopatologia.
La forza muscolare
La forza muscolare dovrebbe essere misurata seguendo un criterio standard.
Può essere usato il sistema neurologico che si basa su una scala da 0 a 5.
I riflessi
Bisogna stabilire quali riflessi tendinei profondi esaminare e riportare i risultati secondo una scala da 1+ a 4+:
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quando i riflessi tendinei profondi sono ottenuti con un rinforzo,
rappresenta i valori normali,
indica riflessi iperattivi
è il clono.
L’esame della sensibilità
Analogamente, l'esame della sensibilità dovrebbe essere specifico con indicazione delle aree esaminate e dei metodi usati per
l'esecuzione dell'esame. Per esempio un il medico che abbia studiato una radicolopatia lombare può indicare che "l'esame della
sensibilità alla puntura di spillo e la digitopressione del dermatomero L5-S1 destro è normale".
Registrazione dei dati
L'esaminatore deve evitare di usare termini generici come "riflessi tendinei profondi e sensibilità fisiologici". Tale annotazione
non è d'aiuto dando origine a difficoltà quando si confrontano due esami successivi. Resta inteso che il parametro ed il dato non
riportato non si intende normale ma si intende non eseguito o sconosciuto.
L’esame della deambulazione
L'esame della deambulazione del paziente fornisce utili informazioni. Per lo studio della deambulazione si dovrebbero eseguire
un esame neurologico e muscoloscheletrico.
La debolezza muscolare che potrebbe non essere notata in una posizione statica può divenire evidente nell'esame dinamico
della deambulazione. Analogamente, si possono evidenziare l'assenza della sensibilità propriocettiva e di posizione delle
articolazioni
e
le
difficoltà
di
coordinazione,
come
la
dismetria
dovuta
a
patologie
cerebellari.
Per l'esame della deambulazione bisogna tener presente le sue fasi:
La fase di impostazione comprende l'attacco del calcagno, l'appiattimento del piede, la posizione intermedia e lo stacco del
piede dal terreno. Durante questa fase, un dolore ad un arto può provocare un'alterazione posturale, o un incurvamento dal lato
dove il paziente fa il passo. Tutti questi segni suggeriscono la presenza di un'andatura antalgica o dolorosa.
La fase di impostazione dovrebbe consistere di un lieve colpo di calcagno e dell'appiattimento del piede, con le dita che
sopportano gran parte del peso del corpo. Nella posizione intermedia, la debolezza del gluteo medio può causare un
barcollamento verso il lato colpito, risultante in un'andatura ancheggiante.
La fase di oscillazione comprende l'accelerazione, la fase intermedia e la decelerazione. Durante l'accelerazione, la caviglia è in
flessione dorsale, il ginocchio è flesso e l'articolazione dell'anca è flessa. Durante la decelerazione, i bicipiti femorali si
contraggono per rallentare la fase di oscillazione ed il ginocchio si estende per iniziare il movimento del calcagno.
Le anomalie della deambulazione
Andatura larga; il medico osserva la distanza dei piedi, che non dovrebbe superare i 5-10 cm da calcagno a calcagno.
Un'andatura larga è sintomo di instabilità e può indicare una perdita delle funzioni sensitive, come nel caso di una neuropatia
periferica, e la mancanza della sensibilità propriocettiva, come nel caso di malattie del cordone posteriore, o di una disfunzione
cerebellare. La lunghezza media di un passo è di circa 40 cm. In caso di dolore ad un arto, di dolore unilaterale alla colonna
vertebrale, o di debolezza muscolare, la lunghezza del passo può essere minore da un lato.
Cause delle anomalie; le anomalie della deambulazione possono manifestarsi in seguito ad indebolimento, instabilità o dolore
muscolare. Per esaminare la forza e la stabilità degli arti inferiori, si può chiedere al paziente di camminare sui talloni o sulle
punte. Facendolo accovacciare e rialzarsi o sollevarsi sulle punte per dieci volte si può evidenziare un'eventuale asimmetria e
debolezza dei quadricipiti e del flessore plantare (gruppo muscolare del gastrocnemio-soleo).
Esempi di debolezza muscolare sono costituiti dall'indebolimento dei dorsiflessori della caviglia nelle radicolopatie del segmento
L4 o L5, che provoca un'andatura a piede cadente; dall'indebolimento dei muscoli di L5, che provoca debolezza del gluteo
medio e barcollamento; o dall'indebolimento dei quadricipiti, che provoca uno scatto del ginocchio in estensione durante la fase
di impostazione.
Esempi di instabilità sono un'andatura larga a causa di una neuropatia periferica, un'andatura atassica per disfunzione
cerebellare, e l'inarcamento del ginocchio dovuto allo spostamento del ginocchio all'interno.
Esempi di dolore comprendono un'andatura antalgica o un'andatura non fisiologica in pazienti con dolore cronico.
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UNO SCHEMA PRATICO
Viene descritto di seguito un esame sistematico della colonna vertebrale e degli arti.
Paziente seduto
Dopo aver esaminato l'anamnesi del paziente selezionato i dati da approfondire, si raccolgono le seguenti informazioni facendo
stare il paziente seduto.
Ampiezza del movimento articolare
La mobilità articolare dovrebbe essere esaminata passivamente. Un'articolazione potrebbe essere limitata nei movimenti attivi a
causa di debolezza o di inibizione dolorosa. Ricercare eventuali asimmetrie delle articolazioni, e notare ogni asimmetria nei
movimenti passivi tra le articolazioni degli arti superiori.
Con il paziente in posizione seduta, si possono esaminare:
Dita - Tutte le dita dovrebbero essere in grado di toccare la piega distale del polso. Il pollice dovrebbe potersi opporre e
toccare la punta e la base del mignolo.
Polso - flessione ed estensione del polso, deviazione radiale ed ulnare.
Articolazione radioulnare - pronazione e supinazione con il gomito flesso a 90°.
Estensione e flessione del gomito
Spalla - Flessione in avanti, abduzione, rotazione esterna ed interna della spalla tenuta abdotta a 90°, estensione della spalla.
Caviglia – flessione dorsale e flessione plantare.
Ginocchio – estensione e flessione.
Anca – flessione, rotazione esterna ed interna. L’estensione dell’anca deve essere esaminata in posizione supina, eretta o
prona.
Esame della forza muscolare - nella posizione seduta, si può esaminare la forza statica dei gruppi muscolari principali degli
arti superiori ed inferiori.
Tavola dei gradi muscolari
Gradi muscolari
Descrizione
5 - normale
Ampiezza completa del movimento contro gravità con
piena resistenza
4 - buono
Ampiezza completa del movimento contro gravità con
qualche resistenza
3 - discreto
Ampiezza completa del movimento contro gravità
2 - scarso
Ampiezza completa del movimento con effetto di
gravità eliminato
1 - molto scarso
Presenza di scarsa contrattilità. Nessun movimento
articolare
0 - nullo
Nessuna evidenza di contrattilità
a. L'esame della forza degli arti superiori può fornire una prova indiretta dell'interessamento di una radice
nervosa.
b. Gli abduttori della spalla e i flessori del gomito danno informazioni circa la radice C5.
c. I flessori del gomito e gli estensori del polso, soprattutto l'estensore carpo radiale, danno informazioni circa
la radice C6
d. Gli estensori del gomito, i flessori del polso e gli estensori delle dita danno informazioni circa la radice C7.
e. I flessori delle dita ed i muscoli interossei per l'abduzione e l'adduzione delle dita, danno informazioni circa
la radice C8.
f. L'abduzione delle dita fornisce informazioni circa la radice T1.
g. La forza del tibiale anteriore con la dorsiflessione della caviglia dà informazioni circa le radici L4 ed L5,
soprattutto L5 ed il nervo peroniero
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h. La forza dell'estensore lungo dell'alluce dà informazioni circa la radice L5 ed il nervo peroniero profondo.
Riflessi tendinei profondi
I riflessi tendinei profondi possono essere esaminati in posizione seduta e forniscono le seguenti informazioni:
Il riflesso bicipitale dà informazioni principalmente sulla radice C5.
Il riflesso brachioradiale dà informazioni sulla radice C6.
II riflesso tricipitale dà informazioni sulla radice C7.
Il riflesso patellare dà informazioni sulla radice L4.
Il riflesso achilleo dà informazioni sulla radice S1.
Il riflesso tibiale posteriore e popliteo dà informazioni sulla radice L5.
Il riflesso di Babinski può dare informazioni sul tratto corticospinale e sull'interessamento di qualche motoneurone superiore.
Sensibilità
La posizione seduta dà la possibilità di esaminare la sensibilità alla puntura di spillo e alla pressione.
a)
L'esame della sensibilità della regione superolaterale del braccio dà informazioni sulla radice C5 e sul nervo
ascellare.
b)
L'esame della sensibilità dell'avambraccio laterale, del pollice, dell'indice e di metà del medio dà informazioni sulla
radice C6 e sui rami sensitivi del nervo muscolocutaneo.
c)
d)
e)
f)
Il medio dà informazioni sulla radice C7.
g)
h)
i)
La faccia laterale del piede dà informazioni sulla radice S1.
L'anulare ed il mignolo danno informazioni sul nervo ulnare e la radice C4.
La regione mediale del braccio dà informazioni sul nervo cutaneo brachiale mediale e sulla radice T1.
Nell'arto inferiore, lo spazio membranoso tra il primo ed il secondo dito del piede può dare informazioni sulla
radice L5.
La regione anteriore della coscia dà informazioni sulle radici dei nervi L2 e L3.
La regione anteriore della gamba dà informazioni sulla radice del nervo L4.
La regione anterolaterale della coscia dà informazioni sul nervo cutaneo femorale laterale (meralgia parestetica).
Movimenti della colonna cervicale
La posizione seduta è eccellente per l'esame dei movimenti della colonna cervicale in flessione, estensione, rotazione
ed inclinazione laterale.
Esami speciali
La posizione seduta offre anche l'opportunità di esaminare la sensibilità di posizione delle articolazioni degli arti inferiori e la
sensibilità vibratoria degli arti superiori ed inferiori.
In posizione seduta è possibile eseguire la manovra di Lasègue, che può successivamente essere ripetuta in posizione supina.
Un segno di Lasègue positivo consiste nell'irradiazione del dolore nel territorio di distribuzione del nervo periferico, che
generalmente si estende al di sotto del ginocchio. Dolore lombare o smorfie durante l'esecuzione di un test di Lasègue,
comunque, non sono un segno di positività. II medico dovrebbe invece registrare gli esatti sintomi descritti dal paziente, quali
dolore dietro al ginocchio o nella zona lombare.
Nella posizione seduta si possono eseguire altri tests specifici, quali l'esame dei nervi cranici e la palpazione delle aree
scapolare, paraspinale cervicale, paraspinale toracica e paraspinale lombare che richiedono una posizione rilassata. In posizione
seduta possono essere eseguiti anche esami cerebellari, come il movimento tallone-cresta tibiale, dito-dito e dito-naso, l'esame
della disdiadococinesia, con rapidi movimenti alternato delle dita verso il pollice, e l'esame della dismetria, facendo battere
alternativamente la faccia dorsale e palmare della mano sulla coscia.
In tale posizione può essere valutato il tono muscolare, evidenziando un'eventuale ipertonia indicativa di una patologia dei
motoneuroni superiori o di uno spasmo muscolare localizzato. Occorre sempre cercare eventuali asimmetrie quando si eseguono
i suddetti tests.
Paziente in posizione supina
Dopo aver esaminato il paziente in posizione seduta, passa alla posizione supina. In tale posizione si possono effettuare i
seguenti esami:
Sollevamento della gamba estesa.
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Il test di Patrick riguarda le patologie dell'articolazione dell'anca e della regione sacroiliaca. Comprende la
flessione, l'abduzione, la rotazione esterna e l'estensione dell'articolazione dell'anca. Una patologia dolorosa a
livello dell'articolazione dell'anca viene spesso riferita a livello del triangolo femorale anteriore, mentre una
patologia dolorosa dell'articolazione sacroiliaca viene riferita a livello dell'articolazione omonima.
In questa posizione può essere eseguito il test di Thomas per esaminare la flessione o la contrattura dell'anca.
In posizione supina si può eseguire il test di Hoover, in cui il paziente spinge contro una resistenza per
sollevare la gamba mentre l'esaminatore controlla la pressione sull'altro calcagno. Quando il paziente cerca di
sollevare la gamba, esercita una pressione sul calcagno controlaterale facendo leva su di esso; l'esaminatore
può avvertire questa pressione verso il basso sulla mano. Se il paziente non fa pressione sul calcagno quando
cerca di sollevare la gamba, può essere segno di non collaborazione. In posizione supina si ha la possibilità di
esaminare in modo più specifico l'articolazione del ginocchio, della caviglia e dell'anca. Inoltre, si può
esaminare anche l'articolazione sacroiliaca.
Paziente in posizione prona
In posizione prona possono essere palpati i processi spinosi vertebrali valutando la dolorabilità alla digitopressione e lo stato dei
muscoli paravertebrali.
Può essere eseguito il test di estensione dell'anca, che se positivo riproduce i sintomi dolorosi della parte anteriore della coscia
riscontrati nella radicolopatia del segmento L4.
Paziente in posizione eretta
Occorre osservare il paziente quando passa dal la posizione supina a quella eretta.
Presenta comportamenti anomali o non ha difficoltà?
In posizione eretta possono essere effettuati i seguenti esami:
Misura dell'altezza della cresta pelvica per verificare se è presente inclinazione, obliquità pelvica, o
differenza di lunghezza degli arti inferiori.
La mobilità lombosacrale e toracolombare può essere valutata con il paziente chinino e misurando la
distanza da terra delle punte delle dita.
Un esame più accurato della mobilità toracolombare può essere eseguito mediante il test di Schober.
In questa posizione, si traccia sulla colonna vertebrale una linea di 15 cm e si misura l'ampiezza dei
movimenti della colonna. Ci si aspetta un'escursione di 4-5 cm. Inoltre, la mobilità interspinosa può
essere esaminata ponendo, quando possibile, le punte delle dita sui processi spinosi.
Questa posizione permette la palpazione del grande trocantere, della tuberosità ischiatica,
dell'incisura ischiatica, e dei muscoli scapolari paraspinali, cervicali, toracolombari e sacrali.
La posizione eretta dà la possibilità di valutare il segno di Romberg.
La postura deve essere osservata davanti, di dietro e di lato. Si deve esaminare la normale curvatura
della colonna vertebrale e valutare se la curva lordotica è appiattita o accentuata e se la cifosi
toracica è accentuata.
Si può far espandere il torace per esaminare l'eventuale rigidità della colonna e della parete toracica.
Devono essere messe in evidenza le asimmetrie e l'equilibrio.
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D.B. C
LA VISITA DEL PAZIENTE CON DOLORE LA RACCOLTA DEI DATI ANAMNESTICI
Come negli altri settori della medicina, la conoscenza della storia clinica è una parte importante dell'esame di un paziente affetto
da una patologia dolorosa.
Con la raccolta della storia clinica, possono essere chiariti i fattori che influenzano lo stato attuale del paziente, tenendone conto
nella pianificazione della terapia.
È più facile raccogliere i dati anamnestici mediante un questionario che può essere inviato al paziente prima della visita o
proposto al momento della visita o del ricovero. L'uso di tale questionario, naturalmente, non esclude la necessità di un esame
diretto del paziente, che offre al medico l'opportunità di valutare dati verbali e non verbali. E’ chiaro che non tutti i pazienti sono
in grado di compilare un questionario. In questo possono essere aiutati da personale addetto.
Alcuni pazienti, specie i nevrotici, possono arrivare alla visita con minuziosi appunti scritti sulla storia del dolore e con
documentazioni, spesso datate, circa indagini e visite eseguite.
Le seguenti notizie sono ritenute essenziali per una conoscenza approfondita della storia clinica del paziente.
STORIA PERSONALE
Informazioni generali
Comprendono nome, sesso, età, e data di nascita. In particolare il sesso e l’età rivestono importanza nella fase diagnostica in
quanto alcune patologie dolorose sono possono essere prevalenti in alcune fasce di età. Ad esempio patologie degenerative
articolari si verificano specie dopo i 60 anni o la cefalea muscolotensiva che è più tipica di soggetti sotto i 50 anni. È utile
richiedere anche l'indirizzo ed il numero di telefono per facilitare i contatti col paziente durante il follow-up o per eventuali altre
comunicazioni. Utile anche il recapito del medico di famiglia per gli eventuali contatti o consulti.
Livello culturale
Il livello culturale del paziente può influenzare la risposta alla terapia. Sembra che maggiore sia il grado di cultura, più probabile
è il beneficio derivante dalla terapia. Anche se pazienti con mediocre livello culturale possono essere più facilmente
suggestionabili.
Inoltre esso può influire sulla giusta osservanza della terapia prescritta (dosi corrette, orari stabiliti, modalità, ecc.).
Professione
Anche questo è un fattore importante nella risposta alla terapia, in quanto, ad esempio, gli operai mostrano, in genere, risposte
meno favorevoli alla terapia rispetto agli impiegati ed ai professionisti. E’ probabile che in questi ultimi giochi maggiormente la
quota-placebo insita in quasi tutte le terapie.
Lavoro attuale
Il lavoro sembra avere una forte influenza sui risultati della terapia. I lavoratori a tempo pieno o part-time traggono maggiori
benefici dalla terapia rispetto a coloro i quali sono a riposo per malattia o disoccupati. Il rinforzo negativo di pensare alla
malattia e di vedersi ammalato a letto o senza un lavoro può influire sui risultati. Il paziente che ha un conflitto
legale/assicurativo con l'azienda in genere mostrerà una sintomatologia ed una risposta alla terapia condizionata dall'interesse a
riscuotere premi assicurativi o a superare utilmente il contenzioso legale.
Stato civile
È importante sia per motivi legali che per valutare le possibilità di assistenza del paziente.
Valutazione del rapporto coniugale
Anche questo è un mezzo per valutare le possibilità di assistenza del paziente e determinare l'impatto del dolore sulla sua vita.
Il dolore può essere utilizzato da un coniuge per "attirare" l’attenzione oppure come "punizione" verso il partner.
Ambiente familiare
Il paziente vive in un nucleo familiare o con amici? Vi sono membri della famiglia affetti da malattie croniche o dolorose? Le
risposte a tali domande rivelano la natura del sistema assistenziale o la possibilità di un condizionamento verso la
cronicizzazione. Molte malattie dolorose invalidanti (ad esempio il cancro) diventano la "malattia della famiglia" oltre che
dell’individuo. Un ambiente familiare dove esistano conflitti tra i membri influisce negativamente sulla guarigione e sulla riuscita
della terapia.
Origine etnica
È stato dimostrato che l'etnia del paziente ha una notevole influenza sulla percezione e sulla risposta del paziente al dolore. Per
alcune culture esso può essere considerato come un’evento ineluttabile.
Religione
Il paziente potrebbe rifiutare alcuni trattamenti terapeutici o potrebbe avere un'alterata percezione del dolore a causa della sua
religione. Il dolore può essere visto come "giusta punizione" per il "peccato" commesso o come una via per la "redenzione".
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Stato sociale
I pazienti che normalmente svolgono una vita sacrificata, in generale, hanno una soglia del dolore più alta di quelli svolgono
una vita agiata e priva di problemi finanziari. I sacrifici quotidiani ed il lavoro pesante fanno sopportare meglio il dolore. Come
pure le persone meno agiate o povere difficilmente si ammalano di cefalea psicogena o di dolori con prevalente componente
ansiosa.
STORIA DEL DOLORE
La caratterizzazione del dolore e della risposta del paziente è uno degli elementi chiave della terapia. Valutando e studiando il
tempo e modalità d’inizio, la localizzazione, la qualità, la durata e l’intensità del dolore, le risposte del paziente ed i fattori
psicologici che contribuiscono ai meccanismi di risposta del paziente, il medico può stabilire il miglior trattamento terapeutico.
Tempo e modalità d’inizio
Quando il dolore è iniziato (da quando tempo e se dopo un’evento traumatico o senza causa apparente, dopo la gravidanza,
ecc.) e come è iniziato (lentamente, improvvisamente, dopo un lavoro ripetiti, ecc.)
Localizzazione del dolore
La localizzazione e la distribuzione del dolore aiutano a determinare il tipo di patologia dolorosa presentata dal paziente, per es.
centrale o periferica (irradiazione, dolore riflesso, ecc.). Il racconto del paziente è determinante. Distribuzioni e localizzazioni
bizzarre devono far sospettare problemi psichici o motivazioni diverse (conflittualità con il datore di lavoro, problemi con le
assicurazioni, desiderio di prepensionamento, ecc.)
Descrizione del dolore
Spesso i pazienti sono vaghi riguardo alla localizzazione del dolore. Può essere utile farsi indicare le parti interessate su una
mappa del corpo umano. Alcuni pazienti loquaci sono estremamente prolissi e fantasiosi fino al punto di fuorviare l’attenzione
del medico sul problema-dolore: essi devono essere indotti vivamente a rispondere alle domande senza dilungarsi in descrizioni
inutili. Altri ancora possono riportare lunghe liste di eventi patologici, dolorosi e non, appuntati in quaderni con precisione
nevrotica. Gran parte dei pazienti doloranti cronici tende, durante la visita, a "prendere in mano le redini" del colloquio tentando
di orientare il discorso verso argomenti e notizie che reputa importanti o vuol segnalare al medico come tali. Questo
atteggiamento deve essere ostacolato. Questo è spesso un comportamento seguito da pazienti con dolori psicogeni e/o con
notevole componente nevrotica che vuole mirare a mascherare, istintivamente o anche volontariamente, la natura del dolore.
Durata
I pazienti con sintomi dolorosi di durata inferiore a sei mesi sembrano rispondere meglio alle terapie mediche, mentre quelli con
dolore da più di due anni è improbabile che rispondano ad alcuni trattamenti. Se il dolore è cronico, il medico dovrebbe
accertare se vi sia stato un cambiamento recente nell’intensità, nella distribuzione o nella qualità del dolore.
Cause di comparsa del dolore
Gli infortuni sul lavoro hanno una relazione negativa con il successo della terapia. Inoltre, la risposta alla terapia può essere
influenzata in senso negativo se il dolore si è manifestato in seguito ad un intervento chirurgico o è conseguente ad un
incidente stradale. In generale la speranza di un indennizzo assicurativo influenza molto negativamente la guarigione.
Caratteristiche del dolore
Il momento della comparsa del dolore, l'intensità, la qualità e l'irradiazione sono indicativi sia per la diagnosi che per le possibili
terapie.
Risposta del dolore alle attività
La determinazione di quali attività allevino il dolore e di quali lo aggravino è indicativa per la ricerca delle cause che hanno
provocato il dolore e per i possibili trattamenti. Principalmente il rapporto del dolore con le attività lavorative, quelle ricreative
ed il sonno sono estremamente indicative. Un paziente che dorme regolarmente verosimilmente ha un’intensità del dolore non
elevata rispetto ad un paziente che dorme poco o niente. Un paziente che guida regolarmente è probabile che ha una lombalgia
sopportabile.
Sintomi associati
Il paziente presenta altri sintomi in associazione al dolore? Presenta torpore o parestesie, debolezza, disfunzione intestinale o
urinaria, diminuzione della temperatura, aumento della sudorazione, cianosi o edema? È presente dolorabilità locale, iperestesia,
iperalgesia, ipoalgesia o anestesia?
Miglioramento o peggioramento
Devono essere indagate situazioni o condizioni ambientali e climatiche che possono migliorare o peggiorare il dolore: caldo,
freddo, vento, umidità, sonno, fatica, stress, lavoro, riposo, ecc.
ANAMNESI TERAPEUTICA
Terapie precedenti
Spesso il paziente cronico si rivolge al medico dopo una lunga serie di trattamenti. La loro conoscenza evita spese e frustrazioni
da parte del paziente, provocate da trattamenti ripetitivi. Cosa è già stato tentato, e quali trattamenti sono stati efficaci?
Precedenti interventi chirurgici
Se il paziente è già stato sottoposto ad interventi chirurgici specifici per la patologia dolorosa, è meno probabile che si possano
ottenere risultati positivi. Infatti, diversi interventi chirurgici influenzano negativamente la prognosi, ed alcune operazioni
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possono complicare il successivo trattamento. Per esempio, la fusione delle vertebre lombari può rendere difficoltose o
impossibili le iniezioni epidurali.
Farmaci
È indispensabile che il medico conosca quali farmaci, analgesici e non, assume il paziente in modo da stabilirne l'uso, l'abuso, le
interazioni e l'efficacia della terapia. È bene registrare i miglioramenti e la durata dell'effetto degli analgesici, gli effetti collaterali
presentati dai farmaci assunti precedentemente ed attualmente, annotare i farmaci che non hanno avuto effetto. E’ stato quel
farmaco, impiegato in precedenza, in maniera corretta per tempi e dosi? Gli effetti secondari avuti sono sicuramente da
imputare a quel farmaco? Si può fare niente per minimizzare o annullare gli effetti indesidarati?
Esami di controllo
Occorre stabilire se vi sia qualche interazione tra la patologia dolorosa ed altre patologie. Patologie preesistenti potrebbero
complicare o controindicare alcuni trattamenti terapeutici.
Tests diagnostici
Al momento del ricovero dovrebbero essere riesaminate tutte le precedenti radiografie e le analisi di laboratorio disponibili.
Precedenti ricoveri o visite
Il paziente dovrebbe fornire cartelle cliniche precedenti e risultati di precedenti visite. Non bisogna mai fidarsi delle "diagnosi" o
di "referti" raccontati e riferiti a voce dal paziente.
ABUSI
Alcolismo
Occorre esaminare il grado di uso/abuso di alcol ed anche se esso venga assunto per alleviare il dolore. Ogni abuso ostacola il
successo della terapia. Le epatopatie indotte da alcolismo possono modificare la cinetica degli analgesici in genere riducendone
l’eliminazione.
Fumo
I diritti di proprietà letteraria e artistica sono di Nello De Nicola, 1998
Alcune patologie dolorose, soprattutto vasospastiche, possono essere aggravate dalla nicotina.
Farmaci
Alcuni pazienti possono avere dipendenza psichica da alcuni farmaci analgesici e non. Difficilmente faranno a meno di "quella"
compressa ritenuta indispensabile. Spesso l’eliminazione di tali abitudini può inficiare l’intera terapia antidolorifica, facendo
riemergere ansia o depressione, per cui può essere strategico lasciare che il paziente continui a prendere "quel" farmaco
aggiungendo ad esso la terapia ritenuta opportuna.
ALTRI FATTORI INFLUENZANTI L'ESITO DELLA TERAPIA
Lavoro
L'esame del tipo di lavoro, come ad es. lavoro fisico leggero, pesante, ripetitivo, in posture anomale, traumatizzante per certe
articolazioni o tendini, aiuta a determinare fino a che livello il lavoro abbia contribuito alla patologia dolorosa del paziente e se è
possibile che il paziente riprenda la propria attività lavorativa.
Compenso/Invalidità
Se un paziente riceve una forma di remunerazione economica per la sua malattia, può avere interesse a non rispondere alle
terapie, ingigantire i propri problemi dolorosi e fuorviare il medico nella diagnosi corretta.
Procedimenti legali
Come nel caso precedente, vi potrebbe essere interesse a non mostrare miglioramenti in caso di possibili vantaggi economici
per un procedimento legale. Spesso questo genere di pazienti si ricovera o si reca all’ambulatorio di terapia del dolore specie
per chiedere relazioni scritte o certificazioni che pensa di esibire a conforto del proprio stato di malattia.
Disturbi del sonno
L'insonnia ed il risveglio frequente generalmente sono causati da un dolore persistente o dall'ansia e dalla depressione che
accompagnano il dolore, o anche da questi fattori associati. La conta delle effettive ore di sonno può essere un utile indice
dell'efficacia della terapia analgesica e dell'andamento della malattia.
Gradi di attività
Il dolore ha un effetto pluridimensionale sul paziente che si riflette in cambiamenti delle attività professionali, sociali, ricreative e
sessuali. La determinazione del tempo e della capacità ad eseguire alcune attività di vita quotidiana è un elemento importante
nella storia clinica del paziente. E’ probabile che il paziente che continua la sua attività lavorativa, sociale e ricreativa abbia un
livello di dolore non elevato, mentre il paziente che rinuncia completamente alle abituali attività, hobby, viaggi, ecc. sia affetto
da un dolore di grado elevato.
Aspettative del paziente
I Cosa si aspetta il paziente dalla terapia: la completa liberazione dal dolore o la sua riduzione ad un livello più tollerabile? Il
paziente che riferisce di non aspettarsi nulla o molto da quella visita o dalla terapia difficilmente avrà una guarigione o un
miglioramento, in quanto lo stato ansioso/depressivo può vanificare gli effetti degli interventi terapeutici.
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Semplici domande in un’intervista sul dolore
1. Quanto è intenso il suo dolore in questo momento? Quale è stato il dolore peggiore che ha provato nella
scorsa settimana?
2. Quante volte durante la settimana scorsa, è stato incapace di fare ciò che le sarebbe piaciuto a causa del
suo dolore?
3. Nella scorsa settimana con che frequenza il dolore ha interferito sulla sua capacità di lavarsi, mangiare,
vestirsi o andare al gabinetto?
4.
La settimana scorsa con che frequenza il dolore ha interferito sulle sue capacità di svolgere le faccende di
casa, andare a fare la spesa, preparare da mangiare, pagare i conti e guidare l’auto?
5. Con che frequenza si dedica ad attività piacevoli, come hobby, stare in compagnia di amici, viaggiare? La
settimana scorsa quanto spesso il dolore ha interferito con queste attività?
6. Con che frequenza svolge qualche attività fisica? La scorsa settimana quante volte il dolore ha interferito
con la sua capacità di svolgere queste attività?
7. Con che frequenza il dolore interferisce sulla sua capacità di pensare lucidamente?
8. Con che frequenza il dolore interferisce con il suo appetito? Ha perso peso?
9. Quanto spesso per il dolore non è riuscito a dormire o si è svegliato durante il sonno? Quante volte nella
scorsa settimana?
10. Il dolore ha interferito con il suo stato d’animo, il suo umore, la sua personalità o con le relazioni con le
altre persone?
11. La scorsa settimana quante volte ha assunto farmaci per il dolore?
12. Come valuterebbe la sua salute in questo momento?
Adattato da Weiner D. , Herr K., Rudy T. (eds). Persistent Pain in Older Adults: An Interdisciplinary Guide for Treatment. New York:
Springer
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D.B. D
LA MISURAZIONE DEL DOLORE
Il dolore frequentemente rende il paziente inabile fisicamente ed emotivamente tanto da disordinare e sovvertire il
comportamento del soggetto dolorante. Il dolore impedisce di pensare coerentemente ed induce il paziente a cercare un
trattamento o un sollievo.
Dal punto di vista clinico è spesso impraticabile esaminare il rapporto fra nocicezione e risposta al dolore, poiché in certe
sindromi dolorose (arto fantasma o nevralgia del trigemino), lo stimolo originale è assente. Conseguentemente, per valutare
l'esperienza del dolore, gli strumenti di misurazione si sono basati tradizionalmente su dati soggettivi, ponendo l'attenzione sulla
sensazione, sulla sofferenza e sul comportamento del paziente piuttosto che sulla nocicezione.
Per conseguire una misurazione del dolore si è consigliato un approccio soggettivo/oggettivo. Le variabili del dolore, come
intensità, frequenza e qualità sono valutabili con metodi soggettivi come l'autodescrizione. L'invalidità, espressa come mancanza
di movimento, incapacità lavorativa o difficoltà nelle relazioni interpersonali, e certi atteggiamenti associati al dolore che si
esprimono con smorfie facciali, vocalizzazione e atteggiamenti posturali, possono essere facilmente analizzati e misurati.
Possono essere quantificati oggettivamente gli effetti della terapia o di altri interventi.
Un criterio abituale di misurazione del dolore si fonda sul metodo di valutazione, ad esempio, dell'autodescrizione, del
comportamento osservato e su valutazioni fisiologiche. Poiché il dolore è un'esperienza personale, l'unico modo per cui si può
esaminare un paziente affetto da dolore è:
1. fondarsi sulla rappresentazione che il paziente fa delle caratteristiche o degli effetti del proprio dolore;
2. considerare il comportamento derivato;
3. misurare i parametri fisiologici che si ritiene caratteristici di un paziente affetto da dolore.
Un approccio completo alla valutazione del dolore cronico può essere quello di conglobare le informazioni necessarie alla
misurazione in sei categorie: fisiche, funzionali, comportamentali/cognitive, emotive, economiche e socioculturali.
La difficoltà globale di valutare il dolore è dovuta quindi al fatto che questo sintomo ha una natura strettamente individuale.
Infatti esso non si presta facilmente alla misurazione e richiede una raccolta ed una valutazione di dati sia obiettivi che
soggettivi .
FORME DI MISURAZIONE DEL DOLORE
Le misurazioni fisiche come la sede del dolore possono essere attendibilmente apprezzate con le descrizioni dei paziente,
mentre gli aspetti relativi all'estensione spaziale possono essere verificati disegnando una mappa del dolore.
I sintomi fisici possono essere valutati con misure di autodescrizione. Strumenti come l'algometro a pressione, nell'esame dei
trigger points miofasciali o lo gnatodinamometro dopo estrazione dentale, consentono una misurazione oggettiva del dolore nel
corso di sindromi specifiche. La misurazione dell'attività elettromiografica della muscolatura frontale e temporale presenta una
certa utilità nella valutazione delle cefalee.
Le misurazioni funzionali comprendono la quantificazione verbale o strumentale delle oscillazioni del dolore per valutarne
l'attività nelle 24 ore. Il grado di invalidità fisica, comunicativa e sociale può essere misurato in diversi modi, compresi alcuni
validi e attendibili strumenti di autodescrizione. Queste misurazioni sono attendibili e valide e forniscono importanti informazioni
sulla capacità del paziente di provvedere a se stesso.
Vi sono poi strumenti che offrono informazioni sulle reali capacità del paziente in termini di attività lavorativa e ricreativa o la
capacità del paziente di accudire a se stesso. Un'altra efficace prova di funzionalità consiste nella stima della capacità del
paziente di deambulare per una distanza standard.
I dati relativi agli aspetti comportamentali/cognitivi sono misurabili sia con l'osservazione che con l'autodescrizione.
Possono essere riscontrati, per esempio, la quantità di farmaci ritenuta necessaria ed il numero delle visite mediche richieste. E'
importante anche la valutazione del comportamento non verbale, come l'assunzione di una certa postura, l'andatura zoppicante,
l'atteggiamento di difesa, le smorfie facciali, l'andamento del sonno e la capacità di fronteggiare il dolore. Tutti questi parametri
sono misurabili.
Depressione e ansia sono fattori emotivi spesso associati all'esperienza algogena e vengono valutati con la somministrazione di
test specifici come il Minnesota Multiphasic Personality Inventory e la Beck Depression Scale.
Argomenti sui quali possono essere richieste informazioni includono vari aspetti quali: qualità della vita, problemi legali ed
assicurativi, indipendenza del paziente, dinamiche familiari e obiettivi del paziente.
Si discute se i tests siano sufficientemente sensibili e attendibili. Scale unidimensionali, come quella analogica visiva e le scale
delle categorie verbali, vengono regolarmente utilizzate e sono considerate accurate ed utili. Tuttavia il loro impiego è limitato,
in quanto esse non riflettono la complessità dell'esperienza dolorosa.
Si ritiene che strumenti quali il McGill Pain Questionnaire, per il loro approccio multidimensionale, possano valutarne in maniera
più completa i numerosi aspetti.
Per quanto riguarda la condotta, ci si aspetta un'elevata corrispondenza fra il racconto del paziente e quanto è osservabile.
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Tuttavia, esiste spesso una discrepanza tra la valutazione di un dolore acuto da parte del paziente stesso e i parametri della
stessa esperienza del dolore utilizzati dal medico. Inoltre, il personale sanitario può influenzare involontariamente, anche in
maniera notevole, i parametri di intensità del dolore del paziente per una sorta di rinforzo dovuto a precedenti conversazioni sul
dolore e sul benessere.
La necessità di misurare il dolore
La misurazione dell'esperienza del dolore è utile per diverse ragioni.
Innanzitutto rappresenta una base di partenza e dalla quale valutare i futuri interventi terapeutici. E' importante rilevare il grado
di compromissione o invalidità per ragioni curative o legali. Molti degli strumenti di valutazione mostrano pregi discriminativi e
possono aiutare il clinico nella diagnosi di una condizione specifica. Inoltre alcune metodiche di valutazione posseggono la
capacità specifica di differenziare il vero paziente sofferente dal simulatore e di valutare l'influenza della personalità
sull'esperienza dolorosa.
Le peculiarità di un test
Un test deve essere adeguatamente semplice da somministrare ed essere articolato in modo tale che la maggior parte dei
pazienti possa comprenderlo. Deve soddisfare i criteri di validità e sensibilità e avere attendibili proprietà di graduazione, senza
errori casuali. E' affidabile se i risultati ottenuti dallo stesso soggetto in due diverse occasioni sono simili. Quanto maggiore è la
coerenza, tanto più grande è l'attendibilità.
Esistono tre tipi di attendibilità: coerenza interna, ripetibilità del test e attendibilità incrociata.
Affinché un questionario possa essere considerato intrinsecamente coerente, vi deve essere un'ampia varietà di domande su
singole voci di una scala.
La ripetibilità del test valuta la capacità del test di essere ripetuto a intervalli e di fornire sempre lo stesso risultato nel tempo.
Se due esperti dello stesso strumento di valutazione producono lo stesso risultato, allora la misura possiede un'attendibilità
incrociata.
La validità è il grado secondo cui un test misura ciò che dovrebbe misurare. Ci sono vari tipi di validità, tra cui la validità di
contenuto, la validità di costruzione e la validità convergente. Un test è dotato di validità di contenuto se valuta qualità che
rappresentano ragionevolmente e appropriatamente la particolare entità da misurare.
Per esempio, se un test misura le caratteristiche note del dolore, come la sede, l'intensità e l'interferenza con le attività
quotidiane, esso possiede una validità di contenuto. La validità di costruzione è la concordanza tra le aspettative teoriche e i
reali risultati di un test.
Una scala di valutazione deve essere sensibile. Se l'intensità è il parametro qualitativo che deve essere misurato, allora la scala
deve ricoprire l'intero campo di possibili intensità. Chiaramente quanto maggiore è il numero di punti sulla scala, tanto più
accurata dovrebbe risultare la misurazione. Per esempio una scala a 10 punti rappresenta un miglioramento rispetto a una scala
a 5 punti.
LE METODICHE DI MISURA
Quando si parla di natura personale del dolore si intende che un medico può soltanto prendere atto della descrizione che il
paziente fa del proprio dolore, osservando il comportamento associato ad esso e interpretandolo in base alle proprie
conoscenze.
I più comuni test di autodescrizione, come la scala analogica visiva o le semplici scale descrittive, sono molto utilizzate per la
facilità di applicazione e la semplicità di comprensione sia da parte del paziente che del personale sanitario. Questo tipo di test è
limitato, in quanto esso valuta solo una componente del dolore per volta.
Metodiche più complesse, come il McGill Pain Questionnaire, che analizza la scelta delle descrizioni verbali, possono valutare il
dolore a diversi livelli.
L'autodescrizione, una forma verbale di valutazione, viene ritenuta limitata in quanto si fonda soprattutto sulla capacità del
paziente di ricordare il dolore, anche se spesso i pazienti conservano un accurato ricordo di esperienze specifiche di dolore.
Sussistono limitazioni intrinseche nelle misurazioni basate sull'autodescrizione. Per approvare un'autodescrizione del
comportamento associato al dolore come strumento valido, ciò che viene riferito dal paziente deve essere compatibile con ciò
che egli fa. Spesso, a tale riguardo, esistono contraddizioni.
1.
MISURE SOGGETTIVE A DIMENSIONE SINGOLA
Scala analogica visiva (VAS)
Questa scala lineare è la rappresentazione visiva dell'ampiezza del dolore che un paziente crede di avvertire. Questa scala può
assumere diverse forme, sia come scala del dolore che come scala di sollievo del dolore. L'ampiezza è rappresentata da una
linea, solitamente lunga 10 cm, con o senza tacche in corrispondenza di ciascun centimetro. La lunghezza ottimale per misurare
il dolore sembra essere 10 cm Un'estremità indica l'assenza di dolore, mentre l'altra rappresenta il peggiore dolore
immaginabile. Altre varianti di VAS comprendono una linea numerata e calibrata lunga 10 cm, una serie di riquadri adiacenti,
numerati da 0 a 10, oppure una rappresentazione grafica simile a un termometro.
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La scala viene compilata dal paziente, al quale viene chiesto di tracciare sulla linea un segno che rappresenti il livello di dolore
provato. La distanza misurata in millimetri, partendo dall'estremità che indica l'assenza di dolore, rappresenta la misura della
particolare
modalità
da
quantificare.
Questa
prova
può
essere
facilmente
ripetuta
nel
tempo.
Questo tipo di stima offre il vantaggio della semplicità. E' ampiamente utilizzato ed è indipendente dal linguaggio. Viene
facilmente compreso dalla maggior parte dei pazienti e può essere facilmente ripetuto. Anche i bambini di età superiore a 7 anni
possono comprenderlo. E' ben più accurata di una scala di categorie verbali di sollievo del dolore, che offre termini descrittivi
insufficienti per graduare criticamente il sollievo.
La VAS può essere utilizzata per valutare il dolore in momenti specifici, ma fornisce risultati più attendibili quando è limitata
all'esperienza del dolore in corso piuttosto che al ricordo di un'esperienza precedente. Fra i diversi tipi di VAS, la linea assoluta,
ovvero non tratteggiata, è la meno sensibile agli errori.
Lo svantaggio di questo test sta nel fatto che tratta l'esperienza del dolore come se fosse monodimensionale ed evidenzia
l'intensità senza riguardo per altri fattori. Esiste la tendenza al raggruppamento in prossimità dei numeri centrali, con una
maggiore riproducibilità agli estremi della linea e nel punto mediano.
Un'altra critica riguarda i limiti imposti con gli estremi assoluti. Sebbene "l'assenza di dolore" o "il sollievo completo" siano
inconfutabilmente una misura assoluta, l'altro estremo non può essere considerato tale. "Il peggiore dolore immaginabile" non
lascia spazio a un dolore persino peggiore in un momento successivo.
Non tutti i pazienti possono eseguire una VAS (ad esempio nell'immediato postoperatorio), e il tasso di insuccessi è, circa, del
7%. Le risposte alla VAS sono influenzate da diversi fattori che riguardano le condizioni psicofisiche. L'esecuzione richiede una
certa coordinazione visiva e motoria.
Una variante della VAS è la scala di sollievo del dolore, per la quale gli estremi definiscono appunto il grado di sollievo. Al
paziente viene chiesto di segnare, sulla linea fra i due estremi, l'entità del dolore rispetto a un momento precedente.
Nessun sollievo 0% ----------------------------------------------------100% Sollievo completo
Scala numerica verbale (VNS)
La scala numerica verbale è una semplice scala di valutazione del dolore, molto simile alla VAS. E' lineare e ha con questa
ultima una buona concordanza.
La VNS viene facilmente compresa dal paziente che sceglie semplicemente un numero fra 0 e 10 per rappresentare il livello di
dolore.
Nessun dolore ---0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ---Il peggiore dolore immaginabile
La VNS elimina la necessità della coordinazione visiva e motoria richiesta per eseguire la VAS e offre quindi maggiori possibilità
di completamento. Sembra più utile della VAS per la misurazione nell'immediato periodo postoperatorio. L'insuccesso nel
completare la scala è nell'ordine del 2%.
Un'altra scala di sollievo del dolore costituisce una variante della scala numerica verbale. Gli estremi definiscono il grado di
sollievo del dolore; lo zero indica nessun sollievo, mentre il dieci indica un sollievo completo.
Nessun sollievo ---0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10--- Sollievo completo
Altre varianti della VAS comprendono una scala con una serie di espressioni facciali, che vanno dal viso sorridente al pianto,
spesso utilizzata con i bambini.
Scala di valutazione verbale (VRS)
Questo tipo di scala è il più semplice, e ha la maggiore probabilità di completamento, in quanto molti pazienti preferiscono le
scale verbali a quelle analogiche visive o numeriche. Le scale definiscono l'intensità del dolore come lieve, moderato, grave o
assente; oppure: dolore assente, lieve, fastidioso, penoso, orribile e atroce. Sono semplici e agevoli da somministrare. Allo
stesso modo il sollievo del dolore può essere definito come assente, lieve, moderato o buono. Le distanze fra i termini descrittivi
utilizzati si suppongono uguali.
Questa scala si è dimostrata sensibile alla posologia dei farmaci, al sesso e alle differenze etniche, e risulta più accurata rispetto
alla scala analogica visiva nella valutazione degli effetti degli analgesici sul dolore acuto.
La scala verbale è limitata dal fatto che offre un numero ristretto di termini per rappresentare il dolore e pertanto non consente
una fine valutazione dello stesso.
2.
RELAZIONI DESCRITTIVE MULTIDIMENSIONALI
Il diario del dolore
Un modo per valutare i comportamenti da dolore è di chiedere ai pazienti di tenere un diario delle loro attività.
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Solitamente i pazienti registrano il numero di volte che compiono delle attività specifiche (ad esempio, sedere, camminare, stare
distesi o in piedi) e quanto tempo dedicano ad esse. Il diario del dolore è una esposizione personale, orale o scritta, delle
esperienze e del comportamento giornaliero. Viene usualmente adoperato nei reparti di terapia del dolore o a casa e può
aiutare i medici nella diagnosi. Queste relazioni sono solitamente attendibili e rappresentano un metodo soddisfacente per
valutare giornalmente i mutamenti delle condizioni patologiche e la risposta alla terapia. Questo tipo di misurazione dipende da
un'accurata registrazione, da parte del paziente, delle comuni attività quotidiane.
Al paziente viene chiesto di annotare l'intensità del dolore, specie in relazione a particolari comportamenti, quali:
Attività quotidiane, come sedersi, alzarsi e distendersi;
Tipo di sonno;
Attività sessuale;
Compiti specifici;
Farmaci analgesici assunti;
Attività domestiche eseguite;
Attività ricreative svolte;
Pasti assunti
Esse rappresentano una catalogazione più accurata della reale assunzione di farmaci rispetto al richiamo della memoria,
considerando che un paziente che si basa solo sulla propria memoria per ricordare il consumo di farmaci tende, in genere, a
sottostimarne il consumo,
Le mappe del dolore
Mediante le mappe del dolore, ai pazienti viene chiesto di segnare (anche con matite colorare) le parti di una figura umana o di
un diagramma nelle quali viene avvertito il dolore in uno specifico momento.
I bambini oltre gli 8 anni possono eseguire attendibilmente e validamente questo test.
La mappa può essere utile per valutare sede e distribuzione del dolore e rappresenta una registrazione definitiva nella cartella
clinica del paziente. Le mappe del dolore possono essere utilizzate anche per valutare le variazioni del dolore in risposta alla
cura. E' stato suggerito che una rappresentazione visiva può aiutare il medico nella diagnosi e nella scelta terapeutica. Questo
test, come misura percentuale della superficie corporea colpita e della sede del dolore, può essere facilmente utilizzato da
personale non specializzato e offre un elevato grado di ripetibilità nel tempo.
Un ulteriore approccio all'applicazione delle mappe è l'impiego di questo test nella valutazione del dolore in pediatria. Nei
bambini più piccoli è precluso l'uso dell'autodescrizione verbale dell'esperienza di dolore e del comportamento a esso associato,
e quindi assumono rilevanza le tecniche non verbali o di osservazione del comportamento.
Le mappe del dolore sono utili nella valutazione della sede e della distribuzione del dolore, ma presentano certi limiti.
Esse non misurano la reale intensità del dolore. Lo strumento è inadeguato per la misurazione del dolore in certe zone, per
esempio nelle cefalee. Certamente esiste la necessità di criteri più obiettivi per la valutazione delle mappe, per evitare una
sovrastima e per determinare il reale rapporto tra il significato della mappa e la sofferenza psicologica.
La Scala delle espressioni facciali
La misurazione del dolore nei bambini è più difficile. I bambini non hanno la competenza verbale e la comprensione concettuale
degli adulti, né tanto meno sono in grado di compilare una scala analogica visiva prima dei 7 anni.
I metodi oggettivi di raccolta dei dati risultano molto più attendibili che negli adulti. Un metodo non verbale innovativo è
costituito dalla scala di espressioni facciali. Queste scale consistono generalmente in una serie di disegni raffiguranti diverse
espressioni facciali, che rappresentano le variazioni di gravità del dolore. Il bambino è chiamato a valutare il suo dolore
scegliendo il disegno che rappresenta il livello della propria esperienza dolorosa.
L’autodescrizione: uso dei termini descrittivi
La convinzione che il linguaggio potesse offrire un mezzo di descrizione dell'esperienza del dolore è stata presentata da
Dallenbach nel 1939. Egli creò cinque gruppi di descrizioni verbali, che rappresentavano le caratteristiche del dolore, come la
sua qualità, il decorso e le connessioni emozionali.Nel 1971, Melzack e Torgerson continuarono questo lavoro sui termini
descrittivi aggettivali, utilizzando i propri gruppi verbali per rappresentare le diverse caratteristiche del dolore.
Nella stesura iniziale essi inclusero 102 termini, tratti dalla letteratura sul dolore e raggrupparono i termini in classi e sottoclassi,
secondo le analogie di significato.
Successivamente fu sfrondato il numero dei termini; in fine la selezione dei termini descrittivi fu ritenuta in grado di
rappresentare tre componenti interconnesse ma distinte dell'esperienza del dolore: dimensione affettiva, sensitiva e valutativa.
I gruppi di termini specifici furono inglobati in uno strumento di misurazione del dolore, il Pain Ratig Index, a sua volta
incorporato nel McGill Pain Questionnaire.
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Molti medici si sono trovati d'accordo con l'uso dei termini descrittivi per discriminare le diverse sindromi dolorose. Quanto
maggiore è la loro partecipazione all'assistenza dei pazienti affetti da dolore, tanto più essi apprezzano questa modalità di
valutazione.
Il grande limite di questi questionari può risiedere nel fatto che molti degli aggettivi riportati non sono conosciuti dalla media dei
pazienti (anziani, cultura limitata, ecc.) o non rientrano nel linguaggio comune.
Uno degli strumenti di valutazione di dolore usato più frequentemente è il Mc Gill Pain Questionnaire (MPQ).
E' composto da 3 parti che includono:
● una scala descrittiva (Intensità del Dolore Attuale) con numeri che corrispondono ognuno ad uno di cinque
aggettivi: 1 (lieve), 2 (spiacevole), 3 (stressante), 4 (tremendo), 5 (insopportabile).
● Una seconda parte include un disegno frontale e dorsale di un corpo umano sul quale il paziente indica la sede del
suo dolore.
● La terza parte è un indice di stima del dolore che si basa su una selezione di aggettivi provenienti da venti categorie
che riflettono le componenti sensoriali, affettive e cognitive del dolore.
L’MPQ fornisce una grande quantità di informazioni ma richiede molto più tempo per essere completato rispetto ad altre scale.
Ci sono anche versioni ridotte che consistono in 15 aggettivi rappresentanti le dimensioni sensitive e affettive del dolore,
ognuno dei quali va da 0 (niente) a 3 (severo).
3.
MISURAZIONI OBIETTIVE DEL DOLOREI diritti di proprietà letteraria appartengono ad A. De Nicola
L'esperienza del dolore è impossibile da misurare direttamente e l'osservatore, quindi, deve inevitabilmente basarsi sulla
descrizione del dolore fatta dal paziente e dimostrarne la fondatezza osservando il comportamento associato.
Il comportamento espresso durante il dolore può comprendere i lamenti, l'assunzione di farmaci o la ricerca di un trattamento,
la compromissione delle funzioni fisiche o sociali e le manifestazioni legate al dolore fisico, quali smorfie facciali, gemiti o il
massaggio della parte dolente.
Molte di queste azioni possono essere obiettivamente analizzate e quantizzate.
La misurazioni obiettiva del comportamento associato al dolore può dar luogo a errori dovuti a numerose variabili, tra cui
l'influenza dell'esaminatore sul comportamento del paziente, le questioni assicurative e legali, il ruolo del coniuge o di altre
persone vicine al paziente.
L'atteggiamento tenuto durante il dolore può essere rinforzato e mantenuto dall'osservazione, nonostante il miglioramento della
sensazione dolorifica. La cognizione che il comportamento associato al dolore può persistere per ragioni diverse da quelle che lo
hanno causato, può aggiungere ulteriori difficoltà alla misurazione oggettiva.
Alcuni ritengono che bisogna operare una distinzione tra le misure soggettive e quelle oggettive del dolore. Le osservazioni
cliniche obiettive forniscono, probabilmente, misure più affidabili e valide rispetto all'autodescrizione. Eppure anche i metodi
cosiddetti "obiettivi" non sono completamente obiettivi. Questi strumenti non misurano direttamente lo stimolo dolorifico o la
sofferenza psicologica evocata. Essi si basano su un metodo di quantificazione indiretto che, per la sua stessa natura, contiene
un errore intrinseco.
Altre limitazioni all'uso dell'osservazione del comportamento come misura del dolore sono legate all'ambiente nel quale tali
misurazioni avvengono. La maggior parte delle osservazioni si verificano in condizioni cliniche, mentre il comportamento del
paziente a casa non viene considerato. I
etteraria ed artistica appartengono ad A. De Nicola
4.
MISURAZIONE DEGLI INDICATORI FISIOLOGICII
Uno strumento ideale di valutazione dovrebbe misurare direttamente e oggettivamente l'esperienza del dolore e semplificare
quello che è una complessa attività neurofisiologica.
Se fosse concepibile misurare le manifestazioni di attività neuronale o cerebrale durante il dolore, questa misurazione sarebbe
anch'essa insufficiente, poiché le variabili emotiva e affettiva, che rivestono una grande importanza, non verrebbero
appropriatamente valutate.
Gli studi che hanno correlato l'esperienza del dolore ai parametri fisiologici sono stati, finora, pochi. Sebbene alcuni campi
sembrino promettere future applicazioni cliniche, l'utilità dei parametri fisiologici e biochimici è ancora attualmente limitata.
Le consuete manifestazioni fisiologiche del dolore e della sofferenza sono si distinguono, spesso, dalla componente emozionale
dell'ansia che frequentemente accompagna l'esperienza-dolore, pur restandone disgiunta.
Gli indici facilmente misurabili comprendono la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, le pupille dilatate, la sudorazione.
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D.B. E
I fattori di rischio perioperatori, post traumatici e le risposte fisio patologiche
che devono essere riconosciuti, evitati e trattati per controllare la fisiologia del dolore e
ridurre la morbilità.
FATTORI
EFFETTI SULL'OUTCOME
TRATTAMENTO
Malattie concomitanti
Aumentano globalmente la morbilità
Malnutrizione
Aumenta le complicanze infettive, ritarda il
recupero post operatorio
Aumenta globalmente la morbilità
Valutazione preoperatoria ed ottimizzazione
della funzione degli organi
Nutrizione preoperatoria
Preoperatori:
Abuso di alcool
Astinenza preoperatoria o riduzione
dell'introito
Intraoperatori:
Stress chirurgico
Aumenta la domanda d'organo, porta a
catabolismo e disfunzione d'organo
Trasfusioni di sangue
Deprime il sistema immunitario ed aumenta
le complicanze infettive
Aumenta la risposta allo stress chirurgico
durante la fase di riscaldamento
Perdita di calore
Chirurgia minimamente invasiva, blocchi
anestetici centrali, terapia del dolore,
trattamento farmacologico.
Evitare l'uso non necessario di sangue
Ridurre le perdite di calore o usare un
riscaldamento esterno del paziente
Postoperatori:
Dolore
Immunodepressione
Deprime la funzione degli organi e
ritarda
la
mobilizzazione
e
complessivamente la ripresa
Aumenta le complicanze infettive
Nausea/ileo
Riduce il recupero e la nutrizione
precoce, aumenta il catabolismo
Ipossiemia
Aumentato rischio di complicanze
cardiache, cerebrali e delle ferite
(infezione, ritardo della guarigione).
Possono
aumentare
l’ipossiemia
postoperatoria, la fatica e lo stress
Disturbi del sonno
Catabolismo/perdita
muscolare
Immobilizzazione
Drenaggi /
sondino nasogastrico
Aumenta globalmente la morbilità, la
fatica e ritarda la ripresa
Aumentato rischio di tromboembolie e di
complicanze polmonari, aumento della
fatica, ipossiemia e perdita della massa
muscolare
Ritardano la ripresa, possono aumentare
le complicanze infettive
Efficace trattamento del dolore anche durante
il movimento con terapia multimodale
Riduzione dello stress, immunomodulazione
farmacologica, evitare trasfusioni
Trattamento del dolore usando blocchi centrali
FANS, riduzione dell’uso degli oppioidi, uso di
farmaci antiemetici (antagonisti serotonina
ecc.)
Somministrazione di ossigeno, mobilizzazione,
riduzione dello stress, evitare disturbi del
sonno
Riduzione dello stress, trattamento del dolore,
riduzione dell’uso di oppiacei, riduzione del
rumore e degli interventi notturni
Riduzione dello stress, trattamento del dolore,
riabilitazione attiva, precoce ripresa della
nutrizione orale.
Trattamento del dolore, mobilizzazione attiva
precoce
Evitarne l’uso non necessario, rivedere i
programmi di assistenza
perioperatoria.
Nella tabella sottostante sono riportati i potenziali rischi legati ad un inadeguato trattamento del dolore postoperatorio.
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Possibili effetti negativi di un non adeguato trattamento del dolore severo
Respiratori
Gastrointestinali
Riduzione dei volumi polmonari, atelectasie, ridotta capacità di tossire, ritenzione delle secrezioni,
rischio di infezioni, ipossiemia
Tachicardia, ipertensione, aumento delle resistenze vascolari periferiche, aumentato consumo
miocardico di ossigeno, ischemia miocardica, alterazioni di flusso ematico a livello distrettuale,
trombosi venose profonde
Ridotta motilità gastrointestinale, ileo paretico
Genitourinari
Ritenzione urinaria.
Neuroendocrini
Psicologici
Aumentati livelli di ormoni dello stress, quali catecolamine, cortisolo, glucagone, ormone della
crescita, vasopressina, aldosterone e insulina.
Ansietà , paura, privazione del sonno.
Muscoloscheletrici
Spasmo muscolare, immobilità (aumentato rischio di trombosi venosa profonda)
Cardiovascolari
Trattare il dolore non si traduce solamente in un miglioramento del comfort del paziente, vale a dire non ha solo un effetto
cosmetico sulle sue condizioni perchè un adeguato trattamento antalgico si traduce in effetti clinici favorevoli per la persona.
Effetti favorevoli per il paziente legati ad un trattamento ottimale del dolore
A
A.
B
Aumentato comfort del paziente: ridotto stress mentale e fisico, aumento della motivazione e
capacità ad una mobilizzazione attiva ed autonoma
Miglioramento delle funzioni polmonari e riduzione delle complicanze polmonari
C
Ridotto stress del sistema cardiovascolare
D
Riduzione delle complicanze tromboemboliche
E
Ripresa più rapida della motilità gastroenterica nel post intervento
F
Riduzione delle complicanze settiche
G
Ridotta disfunzione del sistema immunitario
H
Riduzione dei tempi di recupero
I
Minore insorgenza di dolore cronico post-chirurgico di tipo neuropatico
L
Riduzione dei costi del trattamento sanitario
Miglioramento del comfort del paziente: è molto importante riconoscere che un minor dolore ed un comfort maggiore per il
paziente non sono sufficienti da soli a migliorare l’outcome. Un buon trattamento del dolore permette una maggior attività
e deve essere utilizzato all’interno di un programma di assistenza, dove la stimolazione dell'attività fisica, respiratoria e dell’
alimentazione sono parti essenziali. Un miglioramento del comfort del paziente riduce lo stress: la persona è più motivata e
più disponibile alla riabilitazione postoperatoria, post traumatica o dopo un evento doloroso, ad alimentarsi precocemente,
ad essere mentalmente attiva e reattiva; viceversa, un trattamento inefficace rende il paziente sofferente per
dolore, nausea, sedazione, vertigini, confusione. Se il paziente non è motivato da nessun regime di
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C.
D.
E.
F.
G.
H.
I.
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riabilitazione, si muove il meno possibile, ha respiri superficiali con incapacità a tossire ed a prendersi cura
delle sue funzioni fisiologiche.
Riduzione delle complicanze polmonari: il dolore può causare riflessi toracici e della parete addominale in grado
di ridurre il volume corrente, la capacità vitale, la capacità funzionale residua e la ventilazione alveolare. Ne
seguono collasso alveolare e ipossia. Quando il dolore inibisce la tosse, la ritenzione delle secrezioni
contribuisce alle atelectasie ed alle infezioni polmonari, aggravando l’ipossiemia.
Minor stress e minori complicazioni cardiovascolari: il dolore causa un'iperattività del sistema simpatico con
tachicardia, ipertensione e aumento della resistenze vascolari periferiche. In pazienti ad alto rischio con
insufficienza coronaria, l’aumento del lavoro cardiaco e della domanda di ossigeno per il miocardio possono
condurre a ischemia miocardica, a infarto, a scompenso cardiaco. Le complicanze polmonari indotte dal dolore
che causano ipossia accentuano questo quadro clinico.
Minori effetti negativi sul sistema gastrointestinale ed urinario: una maggiore attività del sistema nervoso
autonomo indotta dal dolore acuto interferisce con la muscolatura liscia intestinale e l’attività sfinterica,
riducendo la motilità intestinale, con conseguente sovradistensione gastrica, intestinale ed ileo post operatorio.
Un deficit del sistema nervoso autonomo indotto dal dolore può anche contribuire alla ritenzione urinaria
postoperatoria.
Riduzione degli eventi avversi endocrini e metabolici: il dolore severo è uno dei fattori che contribuiscono ad
una risposta ormonale catabolica esagerata, conseguente al danno chirurgico o traumatico: ritenzione di sodio
e di acqua per aumentata secrezione di aldosterone e ormone antidiuretico, iperglicemia per aumentata
secrezione di cortisolo e adrenalina. Il catabolismo azotato del periodo post operatorio può essere prolungato
ed esacerbato dall’immobilità, dalla perdita di appetito e dal ridotto apporto calorico quando il dolore non è
trattato efficacemente.
Minori complicanze tromboemboliche: un adeguato trattamento del dolore permette al paziente di muoversi
precocemente ed attivamente senza discomfort, riducendo così le complicanze tromboemboliche.
Ridotto deficit del sistema immuno-competente e minori complicanze settiche: diversi studî hanno dimostrato
una riduzione del deficit della funzione immunologica peri- e postoperatoria; è stata osservata, una minor
incidenza di complicanze settiche nei pazienti ad alto rischio chirurgico che hanno ricevuto un trattamento
analgesico prolungato.
Minor dolore cronico neuropatico post operatorio: l'incidenza del dolore post chirurgico e post traumatico di
tipo cronico può essere influenzata dalla severità del dolore nell’immediato periodo postoperatorio e dalla
qualità del suo trattamento durante la prima settimana postoperatoria.
Riduzione di effetti avversi psicologici e mentali: un dolore non adeguatamente controllato causa privazione del
sonno, ansietà e la sensazione di abbandono. Questo causa esaurimento psichico, riduce le riserve psicologiche
e aumenta l'affaticamento.
Riduzione dei costi del trattamento sanitario: un recupero più rapido, una minor necessità di cure intensive, una
degenza abbreviata e una riduzione dei costi sanitari sono stati ben documentati da vari studi.
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D.B. F
IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DOLORE POST OPERATORIO
I farmaci attualmente in uso per il dolore acuto postoperatorio sono i NSAIDs, gli oppioidi, gli anestetici locali, gli a2-agonisti ed
i corticosteroidi.
1.
I NSAIDs - FARMACI ANTIINFIAMMATORI NON STEROIDEI -
I farmaci antiinfiammatori non steroidei (NSAIDs) sono agenti con azione similare ma con diversa struttura chimica.
L'aspirina e il salicilato di sodio sono stati i primi NSAIDs ad essere introdotti nella pratica clinica ai primi del '900.
Recentemente si è assistito ad un crescente interesse della ricerca per i NSAIDs con effetto più selettivo sul dolore, e questo ne
ha giustificato la notevole diffusione nella pratica clinica.
La scoperta che i NSAIDs inibiscono selettivamente la biosintesi delle prostaglandine ha fatto teorizzare che queste svolgano un
ruolo fondamentale nei processi flogistici. La maggior parte di questi agenti modula la sintesi delle prostaglandine tramite
l'inibizione dell'enzima cicloossigenasi, che catalizza una delle prime tappe della conversione dell'acido arachidonico in
prostaglandine. Attraverso la riduzione della sintesi prostaglandinica, gli inibitori delle cicloossigenasi bloccano la risposta
nocicettiva ai mediatori endogeni della flogosi come la bradichinina, l'acetilcolina e la serotonina. E' noto che l'enzima cicloossigenasi è codificato da due geni. Due forme di enzima (COX-1 e COX-2) sono state caratterizzate.
La COX1 è prodotta normalmente in condizioni di quiescenza ed è un costituente delle cellule sane. Questo enzima ha un ruolo
importante quando le prostaglandine hanno una funzione protettiva, come nella produzione del muco gastrico o nel
mantenimento del flusso ematico renale.
La COX-2 è la forma inducibile dell'enzima, ed è il maggiore isoenzima associato con la flogosi. La sua produzione è indotta da
agenti infiammatori nelle cellule endoteliali, nei macrofagi e nei fibroblasti sinoviali. Il rapporto di inibizione tra COX1 e COX2 da
parte dei NSAIDs determina la comparsa di effetti indesiderati.
NSAIDs quali l'aspirina e l'indometacina che inibiscono maggiormente la COX1, sono gravati dai maggiori effetti indesiderati
rispetto, ad esempio, all'ibuprofene che agisce prevalentemente sulla COX2.
Allo stato attuale i NSAIDs sono farmaci di prima scelta per il controllo del dolore acuto moderato e sono raccomandati come
"first steep" nella scala analgesica sviluppata dalla World Health Organizzation per il trattamento del dolore.
Sebbene tutti i NSAIDs abbiano proprietà analgesiche, essi, differiscono nel meccanismo di azione, nel tempo di dimezzamento,
nella durata di azione e nella tossicità; tutti fattori questi che ci aiutano nella selezione del farmaco migliore per le esigenze
individuali del paziente.
Va sottolineato che il massimo effetto analgesico dei NSAIDs si ottiene nei casi in cui il dolore è associato alla flogosi. In questi
casi
l'analgesia
ottenuta
è
sovrapponibile
a
quella
con
oppioidi.
Gli effetti di un'infusione costante di acetilsalicilato di lisina sono stati paragonati a quelli con un'infusione costante di morfina in
pazienti sottoposti ad ernioplastica inguinale. Il salicilato ha determinato un'analgesia equivalente a quella con oppioide, con
un'incidenza significativamente ridotta di nausea e vomito.
Tra i NSAIDs merita una menzione particolare il ketorolac il cui meccanismo d'azione è legato all'inibizione delle cicloossigenasi
con blocco della produzione di prostaglandine. Non ha attività oppioide, infatti non si lega ai recettori m, k, d e quando è
utilizzato
per
lunghi
periodi
la
brusca
sospensione
non
determina
sintomi
di
astinenza.
In studi clinici il ketorolac im (30 mg) ha manifestato nelle prime ore postoperatorie una maggiore efficacia analgesica rispetto
al diclofenac im (75 mg ).
In un trial clinico il confronto tra morfina im (12mg) e ketorolac im (30 mg) ha dimostrato che questo ultimo è più efficace per il
controllo del dolore postoperatorio moderato.
Per il dolore acuto severo il ketorolac a dosaggi pieni (90 mg) ha determinato un'analgesia migliore rispetto alla meperidina
(100 mg) ed alla morfina (12 mg).
Va considerato che il trattamento prolungato con ketorolac a dosaggi elevati aumenta però la possibilità di effetti collaterali
gastrointestinali e renali.
Con la somministrazione ev il ketorolac (10 mg) riduce il pain score nella prima ora postoperatoria in misura maggiore rispetto
alla morfina (4 mg).
Somministrato tramite PCA (infusione continua 5 mg/h con bolo di 5 mg) in corso di interventi minori, ha determinato
un'analgesia comparabile a quella con morfina somministrata con la stessa metodica (1 mg/h in infusione continua con dose
bolo 1 mg).
Viceversa, per interventi di chirurgia maggiore come toracotomie o laparotomie, il ketorolac è risultato meno efficace rispetto
agli oppioidi, soprattutto nelle prime ore postoperatorie.
Una alternativa ai NSAIDs "convenzionali" è il profarmaco dell’acetaminofene: il propacetamolo cloridrato.
A differenza dei salicilati, il propacetamolo avrebbe un’azione prevalentemente centrale, e ciò sarebbe dovuto alla facilità con cui
l’acetaminofene attraversa la barriera emato-encefalica.
L’efficacia del propacetamolo è stata paragonata con quella della pentazocina in chirurgia ortopedica, ed è stato dimostrato che
2 g di propacetamolo hanno un effetto analgesico e una durata d’azione pari a quello di 30 mg di pentazocina.
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A favore del propacetamolo, nel trattameno del dolore post-operatorio, vi sarebbe l’alto grado di sicurezza dell’acetaminofene,
dovuto all’assenza di controindicazioni in pazienti con problemi gastrici e coagulativi ed al basso potenziale allergico.
Di recente introduzione nella pratica clinica è il concetto di "preemptive analgesia". E' stato suggerito che la somministrazione
preoperatoria di NSAIDs, inibendo la produzione di PG, possa ridurre l'iperalgesia primaria e secondaria e quindi il dolore
postoperatorio. In un recente editoriale Woolf e coll. suggeriscono che la "preemptive analgesia" deve essere l'obiettivo per tutti
i pazienti candicati alla chirugia.
La validità di questa metodica come strategia clinica di routine deve essere valutata alla luce di più ampi rias che comparino
l’efficacia dell’analgesia pre o post incisionale e le modalità intermittente o continua di somministrazione.
2.
GLI OPPIOIDI
La morfina e i composti relativi agiscono come agonisti, producendo l'effetto biologico, mediante interazione stereoselettiva con
recettori di membrana saturabili, distribuiti nel SNC in modo non uniforme. Essi sono localizzati prevalentemente a livello della
materia grigia periacqueduttale e periventricolare, nel nucleo reticolare gigantocellulare, nel talamo mediale, nella formazione
reticolare mesencefalica, nell’ipotalamo laterale e nel midollo spinale.
Si distinguono 5 recettori degli oppioidi (m, k, d, s, e) e dei sottotipi per i recettori m, k e s.
I recettori m 1 mediano l'analgesia sopraspinale, il rilascio di prolattina e l'euforia.
I recettori m 2 mediano la depressione respiratoria e la dipendenza fisica.
I recettori d e k sono parzialmente responsabili dell'analgesia spinale. La miosi e la sedazione sono il risultato dell'attività del
recettore k, mentre l'attività dei recettori s provoca disforia e allucinazioni.
Gli agonisti puri presentano affinità per i recettori m1, m2, d e k, spiegando l'effetto analgesico centrale e spinale, così come gli
effetti indesiderati dose relativi e la potenziale dipendenza.
Le differenze che si riscontrano nell'azione di questi farmaci sono il risultato non solo della selettività recettoriale, ma anche
della lipofilicità di questi agenti. Le proprietà farmacologiche degli oppioidi misti agonisti-antagonisti sono il risultato della loro
affinità per le sottoclassi recettoriali degli oppioidi.
A tal proposito distinguiamo due gruppi.
Il primo è caratterizzato da un'alta affinità recettoriale m con una attività minore o similare a quella della morfina Ad esso
appartengono la buprenorfina e la dezocina.
Nel secondo troviamo agenti che posseggono solamente una moderata affinità a livello dei recettori m con azione prevalente a
livello dei recettori k e s. A questo gruppo appartengono la pentazocina, il butorfanolo, e la nalbufina, tutti caratterizzati da
profondi effetti sedativi e da potenziali azioni psicomimetiche.
Il tramadolo, è un oppioide sintetico del gruppo dell'aminocicloesanolo; un analgesico ad azione centrale con proprietà agoniste
sui recettori degli oppioidi ed effetti sulla neurotrasmissione noradrenergica e serotoninergica. Paragonato ad altri agonisti
oppioidi (morfina, petidina), esso sembra avere una minore incidenza di depressione cardiorespiratoria ed un più basso
potenziale di dipendenza. Il tramadolo somministrato per via orale, parenterale o rettale ha dimostrato di possedere una buona
efficacia analgesica sul dolore di origine più varia compreso quello postoperatorio.
La durata media dell'effetto analgesico del tramadolo è di circa 6 ore dopo ogni singola dose, l'onset time dell'effetto analgesico
si situa nella larga maggioranza dei pazienti tra i 10 e i 20 minuti. Nel dolore postoperatorio il tramadolo usato per via e.v. con
PCA è risultato essere equivalente alla petidina, 1/5 rispetto alla nalbufina e 1/100 rispetto al fentanyl a pari dosaggio.
Somministrato per via e.v. in pazienti con dolore postoperatorio moderato ma non severo a un dosaggio di 50-150 mg ha
un'efficacia analgesica pari a quella di 5-15 mg di morfina. L'effetto di 50 mg di tramadolo i.m. è risultato similare a quello
ottenuto con pentazocina e nefopam, ma inferiore alla buprenorfina. Anche per via orale 50 mg di tramadolo sono risultati
essere equivalenti a 50 mg di pentazocina.
In interventi di chirurgia addominale la somministrazione di 100 mg di tramadolo per via epidurale, ha prodotto un'analgesia
migliore e di più lunga durata (9.4 vs 6 ore) rispetto alla somministrazione epidurale di 10 ml di bupivacaina 0.25%.
In caso di analgesia ostetrica, in diversi studi si è riscontrato che il tramadolo per via e.v. o i.m. ha determinato un'analgesia
equivalente a quella ottenuta con pentazocina e morfina con una minore incidenza di depressione respiratoria neonatale. Il
tramadolo trova anche indicazione in caso di nevralgie, artriti, dolore neoplastico, dolore post-traumatico e dolore anginoso.
Nonostante la sintesi di nuove molecole oppioidi, la morfina rimane comunque l'oppioide più utilizzato nel
trattamento del dolore acuto, fatta eccezione per il travaglio di parto, a causa della sua grande capacità di
deprimere la respirazione neonatale.
Un progresso nel controllo del dolore post operatorio con oppioidi per via endovenosa è rappresentato dalla introduzione della
metodica PCA. Essa si avvale di pompe computerizzate programmabili che permettono di impostare il dosaggio di farmaco e
l'intervallo di tempo tra una dose e l'altra. Essendo dotate di una serie di dispositivi di sicurezza impediscono il sovradosaggio
volontario o accidentale. Si ottiene in questo modo la minimizzazione delle differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche
individuali, con livelli plasmatici di farmaco a valori quasi costanti, soddisfacendo le richieste personalizzate dei pazienti.
L'infusione endovenosa continua può essere associata alla PCA. In questo modo è possibile ottenere un sonno prolungato
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durante la notte senza che il paziente sia periodicamente costretto a premere il pulsante per l'autosomministrazione. Inoltre il
mantenimento di un soddisfacente livello di analgesia consente di raggiungere un ottimo confort.
Lo svantaggio dell'associazione PCA e infusione continua è rappresentato dal possibile iperdosaggio di oppioide e dalla maggior
incidenza di effetti collaterali. Generalmente la dose media di morfina in PCA con analgesia a domanda equivale a circa 1,2-1,5
mg/h di morfina, secondo il tipo di anestesia e di richieste individuali.
Ancor più recentemente è stata proposta la somministrazione di oppioidi altamente liposolubili attraverso la cute intatta con un
sistema di membrane permeabili per regolarne la diffusione (Transdermal Therapeutic System - TTS). Lo scopo di questa via di
somministrazione è quello di dare un'analgesia prolungata attraverso livelli plasmatici costanti di farmaco. All'estrema semplicità
di uso si contrappone un lungo periodo di latenza prima del raggiungimento di un'analgesia efficace e il perdurare di un'alta
concentrazione plasmatica del farmaco anche dopo la rimozione del TTS.
Per quanto riguarda l'uso degli oppioidi per via spinale, studi elettrofisiologici hanno evidenziato che i recettori attraverso i quali
gli oppiacei esercitano il loro effetto dovrebbero essere localizzati nella sostanza gelatinosa, in vicinanza delle terminazioni
afferenti primarie.
L'effetto degli oppioidi dipende non soltanto dalle loro affinità per un particolare recettore ma anche dalla loro abilità a
raggiungerlo. L'azione clinica degli oppioidi usati per via spinale dipende dalle loro capacità di raggiungere i recettori specifici,
penetrando attraverso le lamine superficiali del corno posteriore, dalle dosi somministrate e dalle vie di somministrazione. Oltre
a ciò, rilevante importanza hanno le caratteristiche fisico-chimiche, prima fra tutte la liposolubilità, direttamente collegata al
tempo di latenza e alla potenza.
La durata dell'analgesia è inversamente proporzionale alla liposolubilità ma è anche notevolmente influenzata dalla velocità di
dissociazione dei ligandi dai siti recettoriali.
L'effetto collaterale più temibile nell'uso degli oppioidi per via spinale è l'insorgenza di depressione respiratoria.
L'incidenza è correlabile all'età dei pazienti, alla presenza di malattie polmonari, alla contemporanea somministrazione di
narcotici per via parenterale ed alle dosi impiegate.
Il tempo di latenza per l'insorgenza della depressione respiratoria dopo somministrazione intratecale è abbastanza variabile.
Per la morfina è stato osservato essere compreso tra le 6 e le 10 ore, con un ritorno alla norma intorno alle 23 ore. Si tratta
quindi sempre di una depressione respiratoria tardiva che rappresenta un grave rischio soprattutto per il modo subdolo di
insorgenza.
La depressione respiratoria dopo somministrazione epidurale può, invece, essere precoce o ritardata. Si è osservata dopo 1 ora
dalla somministrazione di meperidina ed è probabilmente dovuta all'assorbimento vascolare attraverso le vene epidurali ed al
rapido raggiungimento dell’encefalo mediante le vene basi vertebrali.
Per quanto riguarda la somministrazione epidurale, la morfina è stata largamente utilizzata a dosaggi variabili (3-10 mg) anche
in relazione alla posizione lombare o toracica del catetere epidurale, evidenziando una durata di azione di 12-24 ore.
La morfina può essere somministrata anche in infusione continua ad una velocità di 4-6 ml/h (soluzione 0,1 mg/ml). Con tale
modalità si sono ottenuti buoni risultati in pazienti sottoposti sia a toracotomia che a resezione di aneurisma addominale.
Anche il fentanyl somministrato per via epidurale, sia in modo intermittente che in infusione continua, ha assicurato un buon
grado di analgesia.
L'analgesia epidurale da fentanyl è caratterizzata da un rapido inizio di azione e da una breve durata ed è per tale motivo che si
preferisce l'infusione continua. Con tale metodica si è ottenuta un'analgesia ottimale per interventi di ortopedia, chirurgia
maggiore e toracica con un'infusione di 0,5 mg/kg/h utilizzando soluzioni a concentrazione di 10mg/ml.
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Tossicità da morfina
Effetti collaterali della morfina
Stitichezza
100%
Nausea e vomito
30%
Sedazione
Sudorazioni
Confusione
Allucinazioni
Secchezza orale
Incubi
Ritenzione urinaria
prescrivere sempre un lassativo
effetti collaterali che passano in pochi
giorni
Utile in questo caso la
somministrazione di Aloperidolo
20%
5%
2%
1%
Molto comune
Molto comune
Costituiscono segni di tossicità da morfina:
Confusione
Sedazione
Pupille ristrette (MIOSI)
Depressione respiratoria
Mioclonie
Se gli spasmi muscolari vengono scambiati per dolore, con un conseguente aumento nel dosaggio della morfina, essi
peggiorano. Questo può dar luogo ad una spirale di ansia per la famiglia e ad un diminuito benessere del paziente.
La somministrazione di antagonisti degli oppioidi,
come il Naloxone, provoca un immediato annullamento di tutti gli effetti degli oppioidi compresa l’analgesia.
Questo annullamento provoca astinenza acuta che può essere complicata da dolore molto intenso e convulsioni. Pertanto gli
antagonisti degli oppioidi non sono mai raccomandati per risolvere effetti che non mettono in pericolo la vita come confusione o
sedazione.
Se usati per annullare la depressione respiratoria o l’ipotensione con pericolo di vita, devono essere somministrati con cautela.
Per quanto riguarda un corretto utilizzo della morfina occorre ricordare che:
La dose dove essere graduata per ogni singolo paziente in base al livello del dolore ed alla risposta al trattamento. Quando il
paziente è libero da dolore, la dose è corretta.
La dose da somministrare al bisogno per il dolore incidente equivale alla dose somministrata ogni 4 ore.
Ogni giorno sommare il dosaggio totale di morfina necessario durante le ultime 24 ore (dosi regolari + dosi al bisogno) e
dividere il totale per 6 per ottenere la nuova dose da somministrare ogni 4 ore.
N.B. Se il dolore risulta solo parzialmente controllato, l’incremento necessario sarà nell’ordine del 30-50%.
La dose al bisogno per il dolore incidente può essere somministrata ogni ora, se occorre, purché ci sia una risposta del dolore
alla morfina. Essa va aumentata in linea con gli incrementi nella dose regolare quotidiana.
Non tutti i tipi di dolore rispondono alla morfina; in tal caso, ulteriori incrementi nel dosaggio non faranno che
produrre maggiori effetti collaterali senza migliorare il controllo del dolore.
Allora si dovrebbero utilizzare i coanalgesici
3.
GLI ANESTETICI LOCALI
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Gli anestetici locali sono usati nel trattamento del dolore sia per ottenere dei blocchi nervosi periferici, sia per via epidurale in
eventuale combinazione con gli oppioidi.
I blocchi nervosi possono essere utilizzati da soli o in combinazione con PCA e.v.
L'anestetico locale maggiormente usato, per la sua lunga durata di azione, è la bupivacaina.
I blocchi nervosi più comunemente utilizzati sono quello femorale, brachiale , intercostale.
Tali tecniche sono usate spesso con successo nel dolore post-traumatico con minimi effetti emodinamici e sono prive dei rischi
associati alla somministrazione di oppioidi.
Nel trattamento del dolore postoperatorio le concentrazioni di bupivacaina utilizzate variano dallo 0,075% a 0,125%. Basse dosi
di anestetico locale, in eventuale combinazione con oppioidi, sono solitamente ben tollerate, sebbene si possano realizzare sia il
blocco simpatico che un certo grado di blocco motorio.
I volumi di anestetico locale utilizzati sono di circa 10 ml con un range tra 5 e 20ml.
4.
GLI ALFA 2 AGONISTI
L'uso degli a2 agonisti nella terapia antalgica rappresenta una nuova area di ricerca piuttosto interessante.
L'esatto meccanismo con cui essi operano a riguardo dell'analgesia non è noto. E' probabile che essi attivino i recettori pre e
post sinaptici a livello delle vie noradrenergiche coinvolte nel controllo del dolore, al livello delle corna dorsali del midollo e a
livello sovraspinale.
Perioperatoriamente la clonidina è stata somministrata per via parenterale, orale, intratecale, epidurale e attraverso patch
transdermici.
Sebbene molti studi abbiano testato l'efficacia della clonidina come coadiuvante dell'anestesia e quando somministrata per via
intratecale o epidurale nel controllo del dolore postoperatorio, pochi studi hanno valutato la sua capacità analgesica quando è
somministrata per via sistemica.
La clonidina somministrata per via epidurale non garantisce un completo pain relief dopo chiurgia maggiore, eccetto in quei casi
in cui si ricorre a dosi superiori ai 300 mg le quali, tuttavia, sono gravate da effetti indesiderati come ipotensione, bradicardia ed
eccessiva sedazione.
La combinazione con gli oppioidi sembra produrre i migliori risultati. In uno studio la somministrazione di clonidina epidurale (20
mg/h) ha incrementato significativamente l'analgesia prodotta dalla morfina epidurale in pazienti sottoposti a chirurgia
addominale maggiore.
Per quanto riguarda la somministrazine sistemica, uno studio riporta un marcato prolungamento dell'analgesia dopo blocco
subaracnoideo, con la somministrazione di clonidina orale (150 mg) quando questa è paragonata a quella intratecale.
5.
I CORTICOSTEROIDI
Tali farmaci possono avere un ruolo nel controllo del dolore acuto e subacuto.
Esplicano il massimo effetto nei casi in cui il dolore è associato ad edema, o quando c'è infiltrazione tumorale o compressione
nervosa. Essi agiscono tramite l'effetto antiinfiammatorio e mediante una riduzione dell'eccitabilità neuronale con azione diretta
sulla membrana cellulare.
Effetti indesiderati legati alla loro somministrazione cronica sono l'immunodepressione, gastriti, ritenzione di liquidi,
ipertensione, iperglicemia, sindrome di Cushing e in alcuni casi sintomi psichiatrici.
Pochi studi sono stati effettuati per testare l'efficacia dei corticosteroidi sul dolore postoperatorio. La sua efficacia è stata
dimostrata, in questo caso, quando somministrati per via topica.
6.
I FARMACI ADIUVANTI
Certi farmaci nati per tutt’altro motivo sono risultati essere efficaci nel ridurre o modulare il dolore. Questi farmaci possono
essere utilizzati soli o in associazione con oppiacei e non oppiacei soprattutto per il dolore neuropatico. Agiscono a livello di
recettori di membrana, come modulatori della neurotrasmissione o a livello dei canali ionici di membrana. Gli ultimi
antidepressivi di nuova generazione (Inibitori del reuptake della serotonina selettivi) pur senza importanti effetti collaterali non
sono efficaci sul dolore. Gli antidepressivi tradizionali che hanno documentato un duplice effetto antidepressivo e analgesico
spesso presentano inaccettabili effetti collaterali soprattutto negli anziani. Una scelta migliore è rappresentata dai nuovi
anticonvulsivanti come il Gabapentin. Comunque tutti i farmaci adiuvanti (antidepressivi, anticonvulsivanti, antispastici,
antiaritmici, anestetici) sono da usare con attenzione per la rilevanza degli effetti collaterali.
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Nota bene: se un farmaco non controlla il dolore, occorre salire di LIVELLO, NON sostituirlo con un altro farmaco
della medesima categoria.
L’uso del Placebo
L’uso del placebo non é etico, l’effetto, comunque presente é di breve durata, e fa ridurre la fiducia del paziente nei confronti
del medico. L’uso è ammesso soltanto in ambito di ricerca, quando il paziente ha espresso un consenso informato ed è
consapevole di poter ricevere un placebo.
La somministrazione
La tempistica della somministrazione é importante. Per il dolore la somministrazione deve essere personalizzata ma prevista
lungo tutta la giornata. Nel caso di attività che possono esacerbare il dolore devono essere disponibili farmaci a immediato
rilascio e rapida azione.
Il dolore continuo é una esperienza invalidante. Un dolore non trattato spesso comporta privazione di sonno, insufficiente
alimentazione, incapacità a svolgere le normali attività.
Il paziente vive meglio se la terapia gli permette di svolgere le normali e preferite attività della vita quotidiana e un sonno
tranquillo.
Il paziente con insonnia primitiva e dolore persistente va trattato per entrambi i disturbi perché uno esacerba l’altro. Nel
momento in cui il dolore si riduce il paziente riesce a dormire meglio, questo é il momento di tentare una riduzione delle dosi del
sedativo.
La somministrazione dovrebbe essere la piú semplice possibile e tenere conto delle esigenze e delle abitudini di vita dei singoli.
È necessario fare in modo di garantire la più alta compliance.
Nella prescrizione dei farmaci si dovrà tenere conto della rimborsabilità e della disponibilità dei farmaci a livello territoriale.
NON OPPIACEI
Paracetamolo
Ketoprofene)
Diclofenac
Nimesulide
Ibuprofene
Naprossene
Tiocolchicoside
Dose Iniziale
325mgx4 >500mgx6
500-750 mg /8h
Dose Efficace
(Dose Max)
2-4 gr/24h
(4gr/24h)
Commenti
Titolazione
dopo 4-6 dosi Ridurre la dose massima del 50-75% se
insufficienza epatica o abuso di alcool
Nei pazienti anziani, fragili, con malattie
multisistemiche, l’uso dei tradizionali FANS non
selettivi è associato ad un inaccettabile rischio di
sanguinamento gastro-intestinale.
100 mg ret c.
100 mg sup
75 mg fiale
100mg bustine
100 mg comp
550 mg comp
4 mg comp
4 mg fiale
Miorilassante
Prednisone
(Deltacortene)
5mg/die
Variabile
2-3 giorni
Usare la dose più bassa possibile per prevenire
effetti collaterali da steroidi; anticipare ritenzione
idrica e iperglicemia
Significativo aumento di rischio di effetti
collaterali di tipo anticolinergico
Indicato nel dolore neuropatico
Antidepressivi
triciclici
Amitriptilina
Clomipramina
Carbamazepina
(Tegretol)
10mg/die
25-100mg/die
Dopo 3-5
giorni
100 mg
Dopo 3-5
giorni
Controllare funzionalità epatica, emocromo,
azotemia, creatinina, elettroliti
Clonazepam
(Rivotril)
0.25-0.5 mg
Dopo 3-5
giorni
Controllare emocromo, sedazione, memoria
Gabapentin
100 mg
8001200mg/24h
(2400mg/24h)
0.05-0.2
mg/kg/die
(20 mg)
300-900 mg x 3
Dopo 1-2
Controllare sedazione, atassia, edema
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(Neurontin)
Mexiletine (Mexitil)
150 mg
Baclofen (Lioresal)
5 mg
OPPIACEI
Dose Iniziale
(3600 mg)
150 mg x 3 o x
4
(variabile)
5-20 mg x 2 o x
3 (200 mg)
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giorni
Dopo 3-5
giorni
Indicato nel dolore neuropatico
Evitare in blocchi di conduzione, bradiaritmia,
controllare ECG
Dopo 3-5
giorni
Miorilassante Controllare debolezza muscolare,
funzione urinaria, evitare la sospensione brusca
(irritabilità SNC)
Dose Efficace
(Dose Max)
50-100mg
(300mg/die)
20 mg x 2
variabile
Dopo 4-6 dosi Meccanismo misto oppioide e centrale; controlla
EC da oppiacei, sonnolenza e nausea
Dopo 3-5
Effetto immediato
giorni
2.5-10 mg x 6
Variabile
Dopo 1-2 dosi Raccomandato per il dolore improvviso
Titolazione
Tramadolo
(Contramal)
Ossicodone a
rilascio ritardato
(Oxycontin)
Morfina a rilascio
immediato
(Oramorph)
Morfina a rilascio
ritardato
(MS
Contin Twice)
25mg x 4 o x 6
10 mg x 2
variabile
Dopo 3-5
giorni
Fentanyl
(Durogesic)
25 µg/h
1cerotto/72 ore
Variabile
Dopo 2-3
cambi di
cerotto
Buprenorfina
(Temgesic)
Buprenorfina
(Transtec)
200-400µg/8h
200-400µg/8h
10 mg x 2
Cerotti da
52,5µg/h
Commenti
I metaboliti tossici della morfina possono
limitarne l’uso nei pazienti con insufficienza
renale o quando sono necessarie alte dosi; può
essere necessario aumentare la frequenza di
somministrazione se l’effetto dura meno di
quanto desiderato
Sono adesso disponibili cerotti da 25 µg/h
raccomandata per i paz che necessitano
dell’equivalente di 60 mg/die di morfina orale; il
picco dell’effetto della prima dose si verifica dopo
18-24 h. dura 3 ±1 giorno
Sostituire il cerotto dopo 72 ore
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D.B. G
STRATEGIE NON FARMACOLOGICHE
PRINCIPI GENERALI
È stato dimostrato che un gran numero di interventi non-farmacologici per il dolore, specie se persistente, agiscono da soli o in
combinazione con appropriate strategie farmacologiche.
Gli interventi non-farmacologici includono diverse modalità di trattamento fisico e psicologico, che spesso richiedono la
partecipazione attiva del paziente.
Il coinvolgimento attivo del paziente aiuta a rafforzare l’autostima e il controllo sul dolore. Questi interventi (ad es. l’educazione
del paziente, programmi per il mantenimento di attività fisica, e uso appropriato di tecniche di auto aiuto) dovrebbero essere
parte integrante dell’approccio alla gestione di qualsiasi problema di dolore.
L’importanza dell’educazione del paziente non può essere enfatizzata oltre misura. Gli studi hanno mostrato che i programmi di
educazione del paziente da soli (specialmente quelli associati a pratiche di autogestione e strategie di contenimento del dolore)
migliorano in modo significativo la gestione del dolore. Questi programmi includono solitamente informazioni sulla natura del
dolore e come usare gli strumenti di valutazione del dolore, i farmaci e le strategie non farmacologiche di gestione del dolore.
Per molte persone anziane l’educazione dei familiari e dei caregivers è essenziale.
Sia che il programma sia condotto individualmente sia in gruppo, dovrebbe essere modulato sulle necessità del paziente e sul
livello di comprensione. Materiale scritto (con adattamenti per chi ha danno visivo) e appropriate metodologie per il rinforzo
delle strategie di auto-aiuto sono importanti per il successo del programma.
I clinici dovrebbero essere consapevoli che molti pazienti ottengono informazioni mediche da internet o da altre fonti, e alcune
di queste sono confondenti e potenzialmente pericolose.
Bisognerebbe sempre accertarsi delle fonti di informazioni dei pazienti.
Molte persone anziane con problemi di dolore persistente sperimentano importanti sintomi di depressione e ansia. Questi
sintomi rendono la valutazione e il trattamento più difficile.
La depressione e l’ansia devono essere prevenute e trattate contemporaneamente per rendere la gestione del dolore più
efficace. È importante riconoscere che il trattamento dell’ansia e della depressione non è sostitutivo di altre strategie
analgesiche e viceversa.
Le persone che hanno una significativa ansia o depressione associata a dolore richiedono spesso un approccio interdisciplinare e
multimodale per gestire queste complesse problematiche.
L’apprendimento di strategie cognitive e comportamentali di contenimento del dolore è una parte importante della gestione del
dolore per tutti i pazienti con dolore.
Le strategie cognitive di contenimento hanno il compito di modificare fattori quali il senso di impotenza, la scarsa risposta
individuale, e il catastrofismo che è stato dimostrato aumentare il dolore e la disabilità.
Le strategie cognitive possono includere metodi di distrazione per distogliere l’attenzione dal dolore (per es. immaginazione,
punti focali, metodi di conteggio) metodi di consapevolezza per migliorare l’accettazione del dolore (es. meditazione) e metodi
per contrastare pensieri di frustrazione e sconfitta che contribuiscono al dolore e al disagio psicologici (per es.modificando
credenze e atteggiamenti).
Le strategie comportamentali possono aiutare i pazienti a controllare il dolore e ad aumentare il loro coinvolgimento in attività
piacevoli e ad adottare metodi di rilassamento.
Le strategie cognitive sono tipicamente associate a strategie comportamentali e insieme sono conosciute come terapia
cognitivo-comportamentale.
Le più efficaci forme di terapia cognitivo-comportamentale usano un approccio strutturato, sistematico per insegnare la capacità
di far fronte al dolore. La terapia cognitivo-comportamentale può essere adottata da sola, ma tipicamente è associata a terapie
farmacologiche.
I programmi possono essere condotti con i pazienti individualmente o in gruppo; le evidenze suggeriscono che il coinvolgimento
attivi di un coniuge o di un'altra persona cara aumenta l’effetto.
La terapia cognitivo-comportamentale solitamente richiede 10 sedute (da 60 a 90 minuti per seduta) con un terapista
preparato. Benché tale terapia possa non essere appropriata per pazienti con evidente danno cognitivo, i risultati favorevoli di
trials controllati supportano il suo uso per molti adulti i con dolore.
Un buon invecchiamento consente di sostenere un’alta qualità della vita che innanzitutto significa il mantenimento
dell’indipendenza funzionale. Il dolore può direttamente influenzare lo sviluppo e il decorso della disabilità che minaccia
l’indipendenza funzionale provocando o peggiorando l’inattività fisica, che è essa stessa un fattore di rischio per molti problemi
di salute.
Inoltre la difficoltà a svolgere le comuni attività può contribuire ulteriormente sia al dolore persistente sia alla disabilità. La
combinazione dolore persistente, impossibilità a svolgere le normali atività e cambiamenti correlati all’età può rendere difficile la
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ripresa dell’attività fisica e il ripristino dell’indipendenza funzionale. Ribaltare questa situazione incrementando l’attività fisica ha
così il potenziale per aumentare sostanzialmente la qualità di vita delle persone anziane.
È stato dimostrato che la partecipazione regolare ad attività fisiche può aiutare a controllare il dolore e diminuisce l’impatto
clinico dei cambiamenti biologici dell’invecchiamento.
Inoltre revisioni sistematiche di studi osservazionali e di trial controllati randomizzati concludono che c’è forte evidenza che la
partecipazione ad attività fisica regolare riduce il dolore e aumenta la capacità funzionale degli adulti anziani con dolore.
L’aumento dell’attività fisica può migliorare la salute psicologica, e la partecipazione regolare nelle attività fisiche può diminuire
l’impatto clinico dei cambiamenti biologici correlati all’età e delle malattie croniche.
Una varietà di programmi di esercizi fisici sono stati usati per trattare il dolore persistente associato a una serie di condizioni.
Gli obiettivi primari di un tale programma sono la riduzione del dolore e il controllo delle limitazioni fisiche e delle conseguenze
del decondizionamento.
Un programma dovrebbe comprendere esercizi che migliorano il range di movimento articolare, aumentano la forza e la potenza
muscolare, migliorano la stabilità nella postura e nel cammino, ripristinano una buona salute cardiovascolare.
Un inventario delle comorbilità del paziente, dei farmaci e delle menomazioni fisiche è essenziale per lo sviluppo di una
prescrizione di esercizi che sia sicura e che venga incontro ai bisogni di ciascun paziente. Poiché livelli moderati di attività fisica
dovrebbero essere mantenuti indefinitamente, ciascun esercizio del programma dovrebbe essere adattato alle preferenze del
paziente per promuoverne la compliance a lungo termine.
Un’efficace combinazione di interventi non farmacologici frequentemente migliora gli effetti terapeutici dei farmaci e può
facilitare più bassi dosaggi farmacologici.
Il dolore, in particolare quando è persistente, non alleviato comunemente spinge i pazienti a cercare sollievo nella medicina
alternativa, inclusa l’omeopatia, la naturopatia, la chiropratica, gli esercizi spirituali.
Benché ci sia poca scientificità sull’efficacia della maggior parte di queste strategie per controllare il dolore, è importante che i
clinici non lascino i pazienti con un senso di disperazione, in conseguenza dei loro sforzi per scoraggiare terapie non approvate o
per sfatare prestazioni empiriche e disoneste.
RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE
I. Un programma di attività fisica dovrebbe essere considerato per tutti i pazienti, specie se anziani.
a. Le attività fisiche dovrebbero essere individualizzate per incontrare i bisogni del paziente.
b. Per alcune persone più anziane con gravi disabilità fisiche, un tentativo di trattamento riabilitativo è
appropriato con l’obiettivo di migliorare la possibilità di movimento, e contrastare la debolezza muscolare o
altra disabilità associate al dolore.
c. Per i pazienti sani, che siano attualmente in sedentarietà o impossibilitati a svolgere le normali attività
quotidiane, dovrebbero essere indirizzati ad un programma di esercizio di gruppo che prevede attività fisica
moderata.
d. I pazienti anziani che non siano in grado di sostenere un allenamento forzato, gli esercizi fisici iniziali
dovrebbero essere eseguiti in un periodo da 8 a 12 settimane e dovrebbero essere controllati da un
professionista con specifiche conoscenze.
e.
II. Dovrebbero essere mantenuti moderati livelli di attività fisica (tempo libero).
III. Qualunque programma di attività fisica per i pazienti dovrebbe includere esercizi che migliorano la flessibilità, la forza e la
resistenza.
IV. I programmi di educazione del paziente sono parte integrante della gestione della patologia da dolore.
a. Il contenuto dei programmi educativi dovrebbe includere informazioni riguardo tecniche di auto aiuto (per
esempio tecniche di rilassamento), la conoscenza delle cause del dolore, gli obiettivi del trattamento, le
opzioni terapeutiche, le aspettative della gestione del dolore, l’uso dei farmaci.
b. Il contenuto educativo e gli interventi di auto aiuto dovrebbero essere rinforzati ad ogni incontro con il
paziente.
c. L’intervento educativo sul paziente dovrebbe essere fornito prima di nuovi trattamenti o procedure.
d. I pazienti dovrebbero essere incoraggiati ad educarsi utilizzando tutte le possibili risorse disponibili (ospedali
locali, gruppi di auto aiuto, associazioni di tutela delle specifiche patologie).
V. Terapie formali cognitivo comportamentali, sono di aiuto per la gestione del dolore.
a. Terapie cognitivo comportamentali condotte da un professionista dovrebbero essere realizzate in forma di
programma strutturato che includa un intervento educativo, il razionale per il trattamento, una formazione
sulle competenze cognitive e comportamentali di aiuto nell’affrontare il dolore, metodi per rafforzare le
competenze e prevenire le ricadute.
b. Programmi per affrontare le riacutizzazioni del dolore dovrebbero essere parte di questa terapia per prevenire
comportamenti e atteggiamenti di sconfitta durante ciascun episodio.
c. I coniugi o altri amici o parenti possono essere coinvolti nelle terapie cognitivo comportamentali.
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VI. Altre modalità (cioè caldo freddo, massaggi, terapie lenitive, chiropratica, agopuntura e TENS) spesso apportano un sollievo
temporaneo e possono essere utilizzate come terapie aggiuntive.
Il TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DEL DOLORE POST OPERATORIO
Nel trattamento del dolore perioperatorio e post traumatico sono importanti anche le modalità assistenziali.
Il POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE A LETTO
Particolare attenzione dev’essere posta nelle prime ore post operatorie in cui il paziente non è autosufficiente.
La tipologia di letto è sicuramente un presidio importante per il confort e l'autonomia del paziente.
LA POSIZIONE SUPINA
Nella posizione supina, bisogna sempre fare attenzione alla postura degli arti.
1.
Gli arti inferiori:
mantenere in scarico gli arti; in particolare, se il paziente ha difficoltà di movimento autonomo, alzando la pediera del
letto oppure mettendo dei cuscini; i piedi vanno posizionati per evitare la flessione plantare:
mettere un cuscino alla pediera del letto ed utilizzare un archetto per sostenere le coperte.
Evitare la rotazione degli arti verso l'interno o l'esterno.
2.
Gli arti superiori:
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l'arto in cui è posizionata la flebo và mantenuto in scarico cuscini come sostegno, allineati lungo il tronco, partendo
subito al di sotto dell'articolazione scapolo-omerale, con la mano in scarico con le dita aperte; per l'altro arto utilizzare
la postura fisiologica.
LA POSIZIONE LATERALE
Il paziente va posizionato con l'ausilio di cuscini. E' fondamentale mettere sempre un cuscino tra gli arti inferiori, per contenere
l'adduzione ed il contatto.
Un altro cuscino va posto dietro il rachide per permettere un appoggio del paziente ed evitare il sovraccarico eccessivo sulla
spalla a contatto con il letto.
Un ultimo cuscino va, eventualmente, posto sotto l'arto superiore per tenerlo allineato ed in scarico.
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LA TERAPIA DI RILASSAMENTO
È più utile se si conferma che i sintomi sono scatenati in modo prevedibile dallo stress. L'obiettivo è ridurre l'ansia, incoraggiare
comportamenti utili nell'attenuare i sintomi, rinforzare la capacità di autocontrollo e la tolleranza al dolore. Le varie tecniche di
rilassamento possono essere somministrate al paziente da medici, infermieri, psicologi e altro personale qualificato. Le tecniche
di rilassamento riducono il tono simpatico e inducono il rilassamento muscolare. Per esempio, il paziente rimuove ogni
distrazione e si concentra su una immagine, una parola o una frase allo scopo di ottenere una situazione di rilassamento.
LA TERAPIA ORIENTATA ALLA AUTOCOMPRENSIONE
Particolarmente adatta per pazienti già spontaneamente portati all’introspezione, interessati a comprendere la loro reazione allo
stress e a modificare la loro risposta.
LA TERAPIA DELLA FAMIGLIA O DI GRUPPO
Particolarmente utile nel caso di difficoltà nei rapporti interpersonali e per persone diffidenti verso terapie basate sul rapporto
interpersonale. Una collaborazione della famiglia alla risoluzione dei disturbi del paziente è, in ogni caso, auspicabile e
costituisce il miglior supporto per la cura e la risoluzione di molte sindromi dolorose.
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INSEGNARE AL PAZIENTE COME CORICARSI ED ALZARSI CORRETTAMENTE DAL LETTO
in particolare se ha effettuato interventi all'addome
PER CORICARSI
1. Sedersi sul bordo del letto
2. Piegare il busto su un fianco appoggiandosi
al braccio utilizzato nel movimento e
contemporaneamente portare le gambe sul
letto.
3. Ruotare in posizione supina.
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PER ALZARSI
1. Mettersi su un fianco con le gambe piegate
2. Far scendere le gambe dal letto e
contemporaneamente sollevare il busto
aiutandosi con entrambe le braccia.
3. Appoggiare le mani alle ginocchia ed
alzarsi.
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INSEGNARE AL PAZIENTE COME GIRARSI NEL LETTO
DA CORICATI GIRARSI A SINISTRA
1. Posizione di partenza. Il paziente è
supino con le gambe distese;
2.Tenere distesi il braccio e la gamba
sinistra (cioè il fianco su cui
vogliamo girarci);
3. Girare la testa verso sinistra;
4. Alzare il braccio destro flettendolo
verso sinistra. Con tale movimento
la spalla destra si porta
naturalmente verso sinistra;
5. Piegare la gamba destra dandosi
una spinta con il tallone;
6. Portarsi sul fianco sinistro.
DA CORICATI GIRARSI A DESTRA
Effettuare gli stessi movimenti descritti iniziando a piegare il braccio e la gamba del lato sinistro per portarsi sul
fianco destro.
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IL POSIZIONAMENTO IN SALA OPERATORIA
1. SCELTA DEI PRESIDI ANTIDECUBITO
Per i pazienti a rischio di lesioni da decubito, è indicato l’utilizzo di cuscini / materassi / presidi in
polimero visco-elastico o sistemi a pressione alternata.
Non utilizzare cuscini ad acqua o gonfiabili costituiti da materiale plastico che aumenta la temperatura della
superficie cutanea
2. POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE
E’ fondamentale aver valutato prima della induzione dell’anestesia se il paziente può tollerare la postura
intraoperatoria.
L'appropriato posizionamento del paziente ha lo scopo di ottenere una buona esposizione del campo
operatorio; gli spostamenti vanno eseguiti da almeno due operatori (per alcune posizioni e particolari
caratteristiche del paziente può essere necessaria la collaborazione di un numero maggiore di persone). E'
fondamentale considerare in ogni momento che il malato in anestesia non è in grado di avvertire dolore e di
mettere in atto i meccanismi di difesa fisiologici.
LA
POSIZIONE SUPINA
Nella posizione supina, vengono esercitate pressioni su occipite, scapole, gomiti, sacro, polpacci, talloni, queste
aree devono essere protette con un materassino (usare presidi in polimero visco-elastico).
Posizionare quando possibile gli arti inferiori leggermente sollevati per ridurre la stasi venosa e la pressione sui
talloni, non stringere le cinghie.
Non abdurre le braccia oltre 90°, elevare il braccio abdotto sopra il piano del letto tenere la mano in pronazione,
posizionare sotto al braccio un cuscino per evitare compressioni al gomito.
Utilizzare solo reggispalle adeguatamente imbottiti quando necessari.
LA POSIZIONE LITOTOMICA
Nella posizione litotomica, vengono esercitate pressioni su occipite, scapole, gomiti, sacro, queste aree devono
essere ben protette.
Il posizionamento degli arti inferiori dove essere realizzato con particolare attenzione: le gambe devono essere
sollevate insieme, poi flesse simultaneamente e messe sul reggigambe, inizialmente senza abdurle o ruotarle. La
coscia deve essere flessa a 90°, successivamente la rotazione esterna deve essere realizzata abducendo.
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Non abdurre le braccia oltre 90°, elevare il braccio abdotto sopra il piano del letto, tenere la mano in pronazione,
posizionare sotto al braccio un cuscino per evitare compressioni al gomito.
Utilizzare solo reggispalle adeguatamente imbottiti quando necessari.
LA POSIZIONE LATERALE
Nella posizione laterale, vengono esercitate pressioni su capo, spalla, gomiti, trocantere, arti inferiori, queste aree
devono essere protette con un materassino.
Il capo, il collo e la colonna devono essere sullo stesso piano (allineamento); Si posiziona un cuscino sotto la testa.
Si devono utilizzare supporti adeguatamente imbottiti. Per quanto attiene agli arti inferiori, quello su cui si poggia
va flesso, l’altro va esteso e tra loro deve essere posizionato sempre un presidio per contenerne l'adduzione e
ridurre il contatto. Particolare attenzione deve essere prestata nel posizionamento delle cinture.
Occorre proteggere gli arti superiori evitando il sovraccarico eccessivo sulla spalla a contatto con il letto utilizzando
cuscini o rulli.
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D.B. H
Farmaci ed allattamento al seno.
Implicazione pratiche
in genere
i farmaci che non si possono somministrare in allattamento
non possono essere prescritti neanche in gravidanza
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ANALGESICI, ANALGESICI NON NARCOTICI, AGENTI ANTIINFIAMMATORI
Farmaco
Osservazioni
DA EVITARE
- Ergotamina e derivati (Gynergen-Sandoz) (CafergotSandoz)
Nel neonato può determinare vomito, diarrea, convulsioni.
DA USARE CON CAUTELA
- Butazolidinici e Pirazolinici
(Butazolidina - Geigy)
(Ticinil-De Angelis)
(Baralgina-Hoechst)
(Novalgina-Hoechst)
Evitare nelle prime settimane. Scegliere farmaci non
steroidei meno tossici. Dati insufficienti sul passaggio nel
latte.
Possibili
effetti
ematologici
(agranulocitosi
immunoallergica).
- Diclofenac
(Novapirina-Zyma)
(Voltaren-Ciba Geigy)
Allattamento possibile per terapie di durata limitata a
basso dosaggio.
- Salicilati (PA.S.)
(Aspirina-Bayer)
(Bufferin-Upsamedica)
(Cemirit-Bayropharm)
(Kilios-Carlo Erba)
(VivinC-Menarini)
(Cebiopirina-Bracco)
Emivita lunga nel latte. Possibili effetti se la madre assume
le dosi terapeutiche indicate per l'artrite reumatoide (3-5
g/die); minime esposizioni con l'assunzione del farmaco
dopo la poppata. In relazione alla dose, possibili effetti
sulla funzione piastrinica, rash, acidosi metabolica.
Un caso di diarrea.
- Acido 5 aminosalicilico o mesalazina (Asacol-Giuliani)
(Claversal-Smith Kline & French)
(Pentasa-Brocades)
(Pentacol-Sofar)
(Salofalk-Interfalk)
DA IMPIEGARE
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- Acido Mefenamico
(Lysalgo-Sit)
- Aminofenazone
(Farmidone-Recordati)
(Causyth-Inverni D/Beffa)
- Codeina
- Cortisonici
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Non riportati effetti collaterali
Non è necessario sospendere l'allattamento. Possibili
effetti tossici con dosi elevate. Assumere il farmaco dopo
la poppata.
Non riportati effetti collaterali. Presente nel latte materno
solo in tracce
Maggiormente studiato il Prednisone; a dosi limitate non
segnalati effetti collaterali. Non interrompere
l'allattamento per cicli terapeutici brevi.
- Ibuprofene
(Brufen-Boots Italia)
(Moment-Angelini)
(Aciril-Molteni)
L'uso per breve termine sembra avere effetti simili
all'aspirina.
- Indometacina
(Indoxen -Sigmatau)
(Metacen-Chiesi)
Nessun effetto.
- Ketorolac
(Lixidol-Farmitalia)
(Toradol-Recordati)
A dosi elevate può determinare convulsioni nel lattante (1
caso)
-Naproxene
(Artroxen-Leben's)
L'uso per br ve termine sembra avere effetti simili
all'aspirina
- Nefopam
(Nefam-Farmabiagini)
Nessun effetto
- Piroxcam
(Feldene-Pfizer)
(Riacen-Chiesi)
- Propoxifene/destropopoxifene
(Liberen - Lisapharma)
- Tolmetina (Tolectin-Cilag)
Nessun effetto
Passa nel latte materno in minima quantità
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SIMPATICOMIMETICI, ANTISTAMINICI, ANTIPIRETICI, BRONCODILATATORI, DECONGESTIONANTI,
MUCOLICI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA:
- Antistaminici:
Determinano agitazione se associati ai decongestionanti
(Bromfenilamina-Isoefedrina). Se possibile usarli per breve
tempo.
Ciproeptadina
(Periactin-Neopharmed)
Non è noto il passaggio nel latte materno. Una sola
segnalazione relativa alla inibizione della lattazione.
- Clemastina
(Tavegil-Sandoz)
Sonnolenza,
nucale.
- Difenidramina
(Allergan-Bouty)
Sonnolenza.
irritabilità,
inappetenza,
pianto,
rigidità
- Antiasmatici:
- Chetotifene
(Zaditen-Sandoz)
- Sodiocromoglicato
(Lomudal-Fisons Italchimici)
(Frenal-Schiapparelli Searle)
- Decongestionanti:
- Desbromfeniramina maleato con isoefedrina
- Dimetindene
(Fengel-Zyma)
(Fenistil-Zyma)
- Cortisonici:
Betaclometasone
(Clenil A-Chiesi)
(Spiropent-Boeringer)
- Prednisone
(Deltacortene-Lepetit)
- Prednisolone
(Deltidrosol-Poli)
Non segnalati effetti collaterali Non segnalati effetti
collaterali
Non segnalati effetti collaterali Non segnalati effetti
collaterali
Viene riportato un unico caso con comparsa di irritabilità,
eccessi di pianto e sonno disturbato.
Alcuni autori ne controindicano l'assunzione durante
l'allattamento.
L'allattamento è sicuro a dosi di 20 mg 1 o 2 volte al
giorno. Non interrompere l'allattamento per cicli
terapeutici brevi.
DA IMPIEGARE:
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- Mucolitici
- Carbocisteina
(Carbocit-CT)
(Fluifort-Dompè)
- Levodropizina
(Levotuss-Dompè)
(Rapitux-Boeringer Ing.)
- Simpaticomimetici:
(Broncodilatatori)
- Isoproterenolo
- Metaproterenolo
- (Alupent-Bcehringi
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Nessun effetto collaterale
Con la terapia orale riportati casi di agitazione del
bambino e di tachicardia. L'assunzione protratta di
terbutalina quindi richiede il monitoraggio della frequenza
cardiaca. Tra i preparati per os la Pseudo-efedrina è la
meglio tollerata.
Salbutamolo
(Broncovaleas-Valeas)
(Ventolin-Glaxo)
- Terbutalina
(Terbasmin-Farmit.)
- Teotillina
(Diffumal-Malesci)
(Paidomal-Malesci)
(Tefamin-Recordati)
(Theo Dur-Recordati)
- Triprolidina
(Actidil-Wellcome)
- Antipiretici:
- Paracetamolo
(Tachipirina-Angelini)
In caso di assunzione prolungata valutare periodicamente
la teofillinemia del bambino. Considerare il potenziamento
degli effetti per eccessiva assunzione di thè o Gaffe in
caso di terapia.
Nessun effetto
Non riportati effetti collaterali.
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in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso
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ANTIBIOTICI
Farmaco
Osservazioni
DA EVITARE
- Idrossiclorochina
(Plaquenil-Sanofi Wintrop)
Acido Nalidixico
(Naligram-Geymonat)
- Cloramfenicolo
(Chemicetina-C.Erba)
- Etambutolo
(Etapiam-Piam)
- Isoniazide
(Nicizina-Farmitalia)
(Nicozid-Piam)
- Metronidazolo
(Flagyl-Farmitalia)
Potenzialmente tossica per il midollo osseo e la retina.
Passaggio di quantità sostanziali al bambino
DA USARE CON CAUTELA
Possibile anemia emolitica in bambini con deficit di G 6
PD. Se possibile usare antibatterico alternativo.
Evitare l'allattamento per almeno 12 h dopo l'ultima dose
del farmaco. Non riportati effetti collaterali significativi.
Rischio potenziale di depressione della attività del midollo
osseo.
Anche a piccole dosi presenta tossicità potenziale per il
nervo oftalmico (degenerazione maculare)
Non descritti effetti collaterali. Non si evidenzia tossicità
quando è usata a dose di 10 mg/die nel neonato.
Monitorare anemia, rash, epatite.
Farmaco
controindicato
per
la
sua
potenziale
carcinogenicità. Allattare eventualmente 12-24 h dopo
l'ultima somministrazione.
Possibile emolisi nei bambini con deficit di G6PD
- Nitrofurantoina (Furadantin-Putopharma)
Sulfamidici:
- Sulfametossazolo
(Bactrim-Roche)
- Sulfasalicilazosulfapiridina
(Sulfasalazzina)
(Salazopyrin-Farmitalia)
(Salisulf-gastropr.-Giuliani)
- Tetracicline
Possibile anemia emolitica in bambini con deficit di G6PD
e spostamento della bilirubina nel legame con l'albumina
Possibile anemia emolitica in bambini con deficit di G6 PD
e spiazzamento della bilirubina nel legame con albumina
Possono determinare pigmentazioni dentarie, arresto di
crescita e ipertensione fontanellare. Segnalati effetti
gastroenterici nel neonato.
Farmaco
controindicato
per
la
sua
potenziale
carcinogenicità. Allattare eventualmente 72 ore dopo
l'ultima somministrazione.
- Tinidazolo
(Fasigin - Pfizer)
DA IMPIEGARE
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- Aztreonam
(Azactam-Mead Johnson)
(Primbactam-Menarini)
Nessun effetto collaterale.
- Clindamicina
(Dalacin C-Upjohn)
Segnalato un caso con presenza di sangue nelle feci in un
lattante la cui madre veniva trattata con clindamicina
- Dapsone
(Neosulfonazina-Farmitalia)
- Tetracicline Long-acting
1) Penicilline:
- Amoxicillina
(Alfamox-Alfa Wasserman)
(Velamox-Smithkline)
(Zimox- Carlo Erba)
- Ampicillina
(Amplital-Farmitalia)
(Ampicillina Pier-Pierrel)
(Ampicillina Rec-Recordati)
Nessun effetto
La doxacillina, la minociclina, la declomicina, la metaciclina
sono caratterizzate da una emivita compresa tra 14 e 24
h. Tenere conto che rimangono nel latte ancora per 3 gg
dopo l'ultima assunzione
Può aromatizzare il latte; eventuali esantemi.
Tra i possibili effetti collaterali: modificazione della flora
batterica intestinale, allergia e sensibilizzazione sul
neonato ed interferenza nell'interpretazione delle colture.
Ridotto passaggio nel latte.
- Carbenicillina
(Geopen-Pfizer)
(Pyocianil-Farmitalia)
- Doxiciclina
(Bassado-Poli)
Ridotto passaggio nel latte.
- Flucloxacillina
(Infectrin-Pierrel)
Non riportati effetti collaterali; ipotizzabili
interferenze nell'interpretazione delle colture.
tuttavia
- Meticillina
(Staficyn-Firma)
Non riportati effetti collaterali; ipotizzabili
interferenze nell'interpretazione delle colture.
tuttavia
Non riportati effetti collaterali; ipotizzabili
interferenze nell'interpretazione delle colture.
tuttavia
Non riportati effetti collaterali; ipotizzabili
interferenze nell'interpretazione delle colture.
tuttavia
- Oxacillina
(Penstapho-Mead Johnson)
- Ticarcillina
(Clavucar-Smithkline & French)
(Timetin-Smithkline Beecham Farm.)
2) Cefalosporine
I generazione:
Passaggio ridotto a dosi terapeutiche.
- Cefaclor (Panacef-Lilly)
-Cefadroxil
(Cephos - CT)
Non riportati effetti collaterali; possibilità di alterazione
della flora batterica intestinale
Non riportati effetti collaterali; possibilità di alterazione
della flora batterica intestinale
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- Cefalexina
(Keforal-Lilly)
(Ceporex-Glaxo)
(Zetacef-Menarini)
Non riportati effetti collaterali; possibilità di alterazione
della flora batterica intestinale
- Cefalotina
(Keflin-Lilly)
Non riportati effetti collaterali; possibilità di alterazione
della flora batterica intestinale
- Cefazolina
(Cefamezin-Carlo Erba)
(Totacef-Mead Johnson)
- Cefradina
(Lisacef-Lisapharma)
Non riportati effetti collaterali; possibilità di alterazione
della flora batterica intestinale.
Passaggio ridotto nel latte.
Cefalosporine
di II generazione:
- Cefamandolo
(Mandokef-Lilly)
(Cefamen-Menarini)
(Cefiran-Pierrel)
Non riportati effetti collaterali; possibilità di alterazione
della flora batterica intestinale
Non riportati effetti collaterali; possibili alterazioni della
flora batterica intestinale
- Cefonicid
(Monocid-Smithkline & French) (Praticef-Caber)
- Cefoxitina
(Mefoxin-Merk Sharp & Dohme)
Possibilità di alterazione della flora batterica intestinale
- Cefuroxime (Curoxim-Glaxo)
Possibilità di alterazione della flora batterica intestinale
Cefalosporine
di III generazione:
- Cefoperazone
(Cefobid-Mediolanum)
(Cefoper-Malesci)
(Prantokef-Master Pharma)
Non riportati effetti collaterali; possibili alterazioni della
flora batterica intestinale
- Cefotaxime
(Claforan-Roussel Pharma)
(Zariviz-Hoechst Italia)
Non riportati effetti collaterali; possibili alterazioni della
flora batterica intestinale
Può determinare
intestinale.
alterazioni
della
flora
batterica
Poco assorbita per via orale, come tutti gli aminoglicosidi.
- Ceftazidime
(Glazidim-Glaxo)
(Spectrum-Sigmatau)
- Ceftizoxime
(Eposerin-Farmitalia)
Riportato un unico caso di scariche alvine con tracce di
sangue
- Ceftriaxone
(Rocefin-Roche)
Poco assorbita per via orale.
- Latamoxef
(Sectam-Locatelli)
3) Aminoglicosidi:
- Amikacina
(BBK8-Mead Johnson)
(Licacin-Lisapharma)
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Pag. 61 di 61
(Migracin-Smithkline Beecham Farm)
(Pierami-Pierrel)
- Gentamicina
(Gentalyn-Schering Plough)
Nessun effetto collaterale
Nessun effetto collaterale.
- Kanamicina
(Kanamicina-Firma)
(Keimicina-Boehringer Mannheim Italia)
- Netilmicina
(Nettacin-Schering Plough)
(Zetamicin-Menarini)
- Sisomicina
(Mensiso-Menarini)
(Sisomin-Max Farma)
Nessun effetto collaterale.
Monitorare funzionalità epatica.
- Streptomicina
(Strept.solfato Squibb-Mead Johnson)
- Tobramicina
(Nebicina-Lilly)
4) Macrolidi:
- Eritromicina
(Eritrocina-Abbott)
(Ilosone Lilly)
(Zalig-Pierrel)
- Josamicina
(Josaxin-UCB)
(Iosalide-Schering)
- Miocamicina
(Miocamen-Menarini)
(Macroral-Malesci)
5) Rifampicina
(Rifadin-Lepetit)
6) Vancomicina
(Vancocina A.P-Lilly)
7) Cicloserina
(Cicloserina FN-Formulario Naz.)
8) Nistatina
(Mycostatin-Mead Johnson)
9) Pirimetamina
(Metakelfin-Farmitalia)
10) Trimetoprim
(Abaprim-Gentili)
(Bactrim-Roche)
11) Lincomicina
(Lincocin-Upjohn)
12) Aciclovir
Nessun effetto collaterale.
Non assorbita per via orale.
Non riportati
effetti collaterali.
Nessun effetto collaterale.
Non riportati effetti collaterali; possibili
interferenze nell'interpretazione delle colture.
Nessun effetto collaterale
tuttavia
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Pag. 62 di 62
(Cycloviran-Sigma-tau)
(Zovirax -Wellcome)
ANTICOAGULANTI
Farmaco
Osservazioni
DA IMPIEGARE
- Eparina (Calciparina-Italf.)
(EparinaVister-Parke Davis)
(Eparina Formenti-Formenti)
(Eparina Novo-Manetti Roberts)
(Eparina Squibb-Bristol M. Squibb)
Nessun effetto. Solo nel caso di cicli terapeutici prolungati
valutare l'attività coagulativi nel lattante.
Non riportati effetti collaterali.
- Warfarin (Coumadin-Crinos)
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Pag. 63 di 63
FARMACI GASTROINTESTINALI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
- Cimetidina
(Tagamet-SmithKline French)
(Ulcomet-Smithkline B. Farm)
(Tametin-Foletto)
Viene concentrata nel latte materno. Potenziali effetti
antiendocrinici, soppressione dell'acidità gastrica nel
bambino, inibizione del metabolismo dei farmaci ed
eccitazione del SNC.
- Fenolftaleina (Euchessina-Antonetto)
(Bombon-Montefarmaco)
(Confetto Falqui-Falqui)
(Purgestol-Zoja)
Alcuni autori riportano come effetti collaterali nel lattante
sintomatologia diarroica.
- Metoclopramide
(Plasil-Lepetit)
(Geffer-Boehring Mann)
- Ranitidina
(Zantac-Glaxo)
(Ranidil-Menarini Ind. Sud)
- Antidiarroici:
- Loperamide
(Brek-Irbi)
(Dissenten-Spa)
(Imodium-Janssen)
(Lopemid-Gentili)
Piccole dosi; monitorare redazione e distocie; aumento
della lattazione.
Viene concentrata nel latte materno. Potenziali effetti
antiendocrinici, soppressione dell'acidità gastrica nel
bambino, inibizione del metabolismo dei farmaci ed
eccitazione del SNC.
Un unico caso segnala effetti collaterali.
DA IMPIEGARE
- Bicarbonato di sodio
- Domperidone
(Motilium-Janssen)
- Idrossido di alluminio
(Maalox-Rhone Poulen Rorer)
- Lassativi:
Non sono noti gli effetti collaterali sul lattante; alcuni autori
lo sconsigliano, durante l'allattamento.
Nessun effetto
Non riportati effetti collaterali.
Non riportati effetti sul bambino. Possono determinare
crampi o coliche
Aumento della motilità intestinale.
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Cod: L.G. DB
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Pag. 64 di 64
- Aloina
- Senna Fluida
- Frangola
- Latte di Magnesia
- Olio minerale
- Olio di ricino
- Sciroppo di rabarbaro - Cascara Sagrada
- Bisacodile (Dulcolax-Fher)
- Agar
Non riportati effetti collaterali sul bambino.
- Crusca
- Cellulosa
- Psillio
FARMACI ENDOCRONOLOGICI
Farmaco
- Iodio
- Iodio 131
- Iodio 125
Osservazioni
DA EVITARE
Da evitare l'uso sia come espettorante, sia come agente
antitiroideo. Reazioni: rash, gozzo, inibizione attività
tiroidea.
Controindicato
durante
l'allattamento.
Riprendere
l'allattamento due giorni dopo l'assunzione di Iodio per
esami radiologici; 2 settimane di sospensione dopo cura
antitiroidea. Effetti collaterali: gozzo, rischio di cancro
tiroideo.
Controindicato
durante
l'allattamento.
Riprendere
l'allattamento due giorni dopo l'assunzione di Iodio per
esami radiologici; 2 settimane di sospensione dopo cura
antitiroidea. Effetti collaterali: gozzo, rischio di cancro
tiroideo.
DA USARE CON CAUTELA
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Pag. 65 di 65
- Corticosteroidi (ACTH)
Idem prednìsone (vedere farmaci attivi sull'apparato
respiratorio).
- Metimazolo
(Tapazole-Lilly)
Controllo attento dell'accrescimento, della funzionalità
tiroidea ed eventuale soppressione midollare (es.
mocromo), rash cutanei.
- Tiouracile
Può determinare inibizione dell'attività tiroidea. Preferire
Propiltiouracile.
- Steroidi Sessuali
(vedere contraccettivi orali)
DA IMPIEGARE
- H3 norstynodrel 167
Possibilità di inibizione della
attività tiroidea e di
interferenza nella diagnosi di ipotiroidísmo. Valutazioni
periodiche dì T4 e TSH.
- 19 norsteroids 168
- Tiroxina (T4)
- Triiodiotironina (T3)
ANTIDIABETICI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
- Clorpropamide
(Diabemíde-Guidotti)
Passa nel latte materno ma non sono riportati effetti
collaterali.
- Tolbutamide
(Rastinon-Hoechst I.)
(Diabeton metilato-Teknofarma)
Dati insufficienti sul passaggio
ipoglicemia e/o ittero neonatale.
nel
latte.
Possibile
DA IMPIEGARE
Passa nel latte ma non sono stati descritti effetti collaterali.
- Insulina
FARMACI CON INDICAZIONI GINECOLOGICHE
Farmaco
Osservazioni
DA EVITARE
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- Bromocriptina
(Parlodel-Sandoz)
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Pag. 66 di 66
Inibisce la lattazione.
DA USARE CON CAUTELA
- Estroprogestinici ad alte dosi di estrogeni
Possono inibire la produzione di latte. Possibile ipertrofia
mammaria nel neonato.
DA IMPIEGARE
- Clogestone
Sanguinamento vaginale
- Estradiolo
- Estroprogestinici a basso contenuto di estrogeni
- Levonorgestrel
(Microlut-Schering)
Non interferiscono nella produzione di latte. Possibile
ipertrofia mammaria nel neonato.
Nessun effetto.
- Metilergometrina
(Methergin-Sandoz)
Non interferisce con la produzione di latte purché vengano
utilizzati i preparati commerciali alle dosi comunemente
impiegate.
- Ossitocina
(Syntocinon-Sandoz)
SOSTANZE DIAGNOSTICHE E RADIOFARMACEUTICHE
Farmaco
Osservazioni
DA EVITARE
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Rev. 0
Pag. 67 di 67
- Gallio 67 (67 Ga)
Radioattività presente nel latte per due settimane
- Gallio 69 (69 Ga)
Radioattività nel latte per due settimane.
- Sodio radioattivo
Radioattività presente per 96 h nel latte.
- Tecnezio 99 m
Se il neonato è allattato dopo
126-127 48 h da una
dose di 20 mCi o dopo 24 h da una dose di 4 mCi
l'esposizione radioattiva dovrebbe essere ridotta. La
radioattività è presente nel latte da 15h a tre giorni.
Impiegato con frequenza come contrasto nelle pielografie
effettuate dopo il parto. Emivita molto breve.
- Diatrizoato
Vedere farmaci endocrini.
- Iodio 131
Vedere farmaci endocrini.
- Iodio 125
Presenti piccole quantità
somministrazione.
dopo
la
20a
ora
dalla
- Indio 111
DA IMPIEGARE
- Acido lopanoico
Passaggio elevato. Possibile soppressione dell'attività
tiroidea. Eventuali manifestazioni allergiche.
Non ha effetti sul bambino, a meno che non sia allergico.
- Metrizamide
SOSTANZE STUPEFACENTI E DI USO COMUNE
Farmaco
Osservazioni
DA EVITARE
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Pag. 68 di 68
- Amfetamine
Irritabilità, alterazioni dei pattern del sonno
- Cocaina
Intossicazione da cocaina.
- Dietilamide dell'acido lisergico (LSD)
Persistenza lunga nell'organismo.
- Eroina
Alcuni autori controindicano l'uso durante l'allattamento.
Potente allucinogeno.
- Fenciclidina
Un solo caso menzionato in letteratura.
- Marijuana
(Tetraidrocannabinolo -THC in marijuana)
Nessun effetto nelle madri che ne assumono dosi = a 20
mg/24 h.
- Metadone
- Oppio e morfinosimili (Cardiostenol-Molteni)
A dosi elevate è segnalata redazione. Per il metadone non
sono segnalati effetti né sul bambino, né sulla lattazione
se la madre riceve dosi < 20 mg/h.
DA USARE CON CAUTELA
- Caffeina
- Etanolo
(Alcool)
Necessario numero elevato di tazze di caffè (> 20).
Disturbi del sonno, irritabilità del neonato, agitazione,
insonnia, disturbi gastrointestinali.
Inibisce la montata lattea e la produzione giornaliera di
latte con dosi pari a lglKg/die di alcool. A basse dosi
esercita un effetto sedativo.
- Nicotina
Ipogalattia nella madre. Il neonato può presentare shoc,
irritabilità, insonnia, diarrea, vomito se la madre fuma più
di 20 sigarette al giorno. Ridotta produzione di latte.
FARMACI ONCOLOGICI
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Farmaco
Rev. 0
Pag. 69 di 69
Osservazioni
DA EVITARE
- Ametopterina
Possibile immunosoppressione.
carcinogenetici.
Non
conosciuti
effetti
- Azatioprina
(Azatioprina-Wellcome)
Potenzialmente carcinogenetica.
- Busulfan (Myleran-Wellcome)
Potenzialmente tossici e carcino genetici.
- Ciclofosfamide
(Endoxan Asta-Asta cino Medica)
Potenzialmente tossici e cargenetici.
- Ciclosporina
(Sandimmun-Sandoz)
Possibile immunosoppressione; non sono noti gli effetti
sulla crescita o l'associazione con la carcinogenesi;
neutropenia
- Doxorubicina
(Adriblastina-Farmitalia)
Possibile immuno sopressore
- Metotrexate
(Methotrexate-Cyanamid)
Possibile immuno soppressore
DA IMPIEGARE
- Cisplatina
(Citoplatino-Rhone Poulen Rorer)
(Platamine-Farmitalia)
(Platinex-Bristol Ital. Sud)
Non rilevata presenza nel latte
MIORILASSANTI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
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Rev. 0
Pag. 70 di 70
- Carisoprodolo
(Flexidone-Pierrel)
Possibile sonnolenza e disturbi intestinali.
- Mepenzolato
Possibile sonnolenza.
DA IMPIEGARE
- Baclofen (Lioresal-Ciba Geigy)
Nessuna azione.
ANTICOLINERGICI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
- Atropina
Possibile depressione della lattogenesi.
- Scopolamina
(Transcop-Recordati)
Non dimostrati effetti collaterali.
ANTIPROTOZOARI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
- Chinino Solfato
Possibile tossicità sui vasi retinici
GAMMAGLOBULINE
Farmaco
Osservazioni
DA IMPIEGARE
- RhoGamma e altre gamma globuline
Probabilmente prive di effetto 159 in quanto neutralizzate a
livello dello stomaco del lattante.
VACCINI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
- Vaccino Antirubeolico
(Rubeaten Berna-Berna)
Con i nuovi tipi di vaccino il rischio di trasmissione al
lattante risulta ridotto
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Pag. 71 di 71
ANTIARTRITICI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
- Sali d'oro
(Aurosulfo-Geymonat)
Possibili esantemi tossici e in fiammazione epatica e/o
renale.
CARDIOVASCOLARI
Farmaco
Osservazioni
Antiaritmici
DA USARE CON CAUTELA
- Amiodarone
(Amiodar-Sanofi Winthrop)
(Cordarone-Sigmatau)
- Chinidina (Ritmocor-Malesci)
Possibili effetti sulla tiroide del lattante a causa della
presenza di iodio nella molecola del farmaco.
Possibili alterazioni della conduzione cardiaca ed effetti
gastrointestinali (vomito e diarrea). Possibili esantemi,
anemia emolitica, trombocitopenie e agranulocitosi.
Possibili effetti gastrici (vomito etc.) sonnolenza,
tremori, convulsioni.
- Mexiletina (Mexitil-Boehringer Ing.)
DA IMPIEGARE
- Digossina
(Lanoxin-Wellcome)
(Lanitop-Boehringer Mann.)
Scarso passaggio nel latte. Monitorare frequenza
cardiaca nel lattante.
- Diltiazem
Passaggio comparabile agli altri bloccanti dei canali del
calcio.
- Flecainide
(Amarytm-Lyrca Synthelabo)
- Nifedipina
(Adalat-Bayer)
(Nifedicor-Schiapparelli Searle)
(Nifedin-Benedetti)
Nessun effetto.
- Procainamide
(Procamide-Zambon Italia)
Possibili effetti sulla conduzione cardiaca; vomito,
esantemi. Controllare emocromo per leucopenia.
- Verapamil (Isoptin-Knoll)
Modesto passaggio nel latte. Monitorare frequenza
cardiaca nel lattante.
Nessun effetto
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Rev. 0
Pag. 72 di 72
Antiipertensivi
DA USARE CON CAUTELA
- Captopril
(Capoten-Mead Johnson)
Ridotto passaggio del farmaco nel latte (1% o meno
delle
concentrazioni
plasmatiche
materne).
Farmacocinetica neonatale non studiata. Utilizzare
possibilmente altri farmaci.
- Clonidina
(Catapresan-Boehringer Ing.)
Passa una quota ridotta nel latte. Non studiata la
farmacocinetica nel lattante.
- Reserpina
(Adelfan-Ciba Geigy)
(Brinerdina-Sandoz)
Sonnolenza, congestione nasale, aumentata secrezione
bronchiale decritta nei neonati allattati.
DA IMPIEGARE
- Disopiramide
(Ritmodan-Roussel Pharma)
Nessun effetto.
- Enalapril
(Converten-Neopharmed)
(Enapren-Merck Sharp & Dohme)
(Naprilene-Sigmatau)
Non descritti effetti tossici.
- Guanetidina
Non descritti effetti tossici.
- Idralazina
(Apresolin Retard-Ciba Geigy)
Passaggio ridotto. In bibliografia non sono riportati
effetti collaterali.
- Metildopa
(Aldomet-Merck Sharp Dohme)
Non descritti effetti tossici.
- Minoxidil (Loniten-Upjohn)
- Prazosin (Minipress-Pflzer)
Beta Bloccanti
- Acebutololo (Acecor-Spa)
DA USARE CON CAUTELA
Non riportati effetti collaterali. Il bambino può ricevere
quantità significative di acebutolo se la dose materna è
superiore a 400 mg/die o in caso di minore attività
renale.
- Metoprololo
(Lopresor-Ciba Geigy)
Non riportati effetti collaterali
- Nadololo
(Corgard-Bristol M. Squibb)
Accumulo nel latte.
DA IMPIEGARE
- Atenololo
(Tenormin-Zeneca)
Non riportati effetti collaterali
- Labetalolo
(Lolum-Lifepharma)
Non riportati effetti collaterali
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(Trandate-Teofarma)
- Mepindololo
(Mepicor-Corvi)
(Betagon-Schering)
Non riportati effetti collaterali.
- Propanololo
(Inderal-Zeneca)
Non riportati effetti collaterali.
- Oxprenololo
(Trasicor-Ciba-Geigy)
Non riportati effetti collaterali.
- Sotalolo
(Betades-Farmades)
(Sotalex-Bristol Italiana Sud)
Non riportati effetti collaterali.
- Timololo (Blocadren-Merck Sharp Dohme)
Non riportati effetti collaterali.
Diuretici
DA IMPIEGARE
- Acetazolamide
(Diamox-Cynaynid)
Può deprimere la lattazione Nessun effetto
- Bendroflumetiazide
(Notens-Farge)
Preferire diuretici ad attività più breve.
- Clorotiazide
(Ipogen-Gentili)
Eliminazione lenta.
- Clortalidone
(Igroton-Ciba Geigy)
Può deprimere la lattazione. La ditta produttrice ne
sconsiglia l'impiego durante l'allattamento
- Furosemide
(Lasix-Hoechst)
Nessun effetto
Nessun effetto
- Idroclorotiazide
(Esidrex-Ciba Geigy)
(Idrodiuvis-Vis)
- Spironolattone
(Aldactone-Lepetit)
(Sincomen-Farmades)
(Spirolang- S.I.T.)
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PSICOTERAPEUTICI
Farmaco
Osservazioni
Sedativi ipnotici
DA USARE CON CAUTELA
- Diazepam
(Ansiolin-Rous sel Pharma)
(Valium Roche)
(Tranquirit-Rhone Poulen. Rorer)
Possibile redazione del lattante se somministrato alla
madre ad alte dosi.
- Fenobarbital
(Gardenale-Rhone Poulen. Rorer)
(Luminale Bracco-Bracco)
(Luminalette-Bracco)
Possibile
sedazione
del
lattante,
spasmi
e
metemoglobinemia. Sintomi da astinenza dopo
sospensione.
- Flunitrazepam
(Roipnol-Roche)
Possibile sedazione del lattante se somministrato alla
madre ad alte dosi.
- Flurazepam
(Valdorm-Valeas)
Possibile sedazione del lattante se somministrato alla
madre ad alte dosi
- Lorazepam
(Tavor-Wyeth)
Possibile sedazione del lattante se somministrato alla
madre ad alte dosi
- Prazepam
(Prazene-Parke Davis)
Vedere
Diazepam.
Se
possibile
concentrazione ematica nel lattante.
- Quazepam
(Quazium-Schering Plough)
Nessun effetto
- Secobarbital
(Neogratusminal-Astra Siemes)
Possibile sedazione del lattante.
- Tiopental
(Pentothal Sodium-Abbott)
DA IMPIEGARE
valutare
la
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- Bromuro
Esantemi, debolezza, assenza di pianto con dosi di 5
g/die.
- Bromuro di piridostigmina
(Mestinon-Roche)
Vedi bromuro
- Colchicina
(Colchicina Houdè-Lirca Synthelabo)
Nessun effetto.
-Idrato di cloralio
Sonnolenza
- Nefopam
(Nefam-Farmabiagini)
Farmaci Antipsicotici
DA EVITARE
- Litio:
Litio carbonato
(Manialit - Isf)
(Carbolithium - Ifi)
(Litio Carb. Afo-Afom)
Riportati livelli sferici nel bambino pari a 1/2 -1/3 del
livello materno.
Litio glutammato
(Lithium - Opocrim)
DA USARE CON CAUTELA
- Aloperidolo
(Aloperidolo Ga1.Form.Naz.)
(Serenase-Lusofarmaco)
Non riportati effetti tossici sul lattante.
- Clorpromazina
(Largactil-Rhone Poulen Rorer)
Non riportati
sonnolenza.
- Perfenazina
(Trilafon-Schering Plough)
Non riportati effetti tossici sul lattante anche se si
verifica passaggio nel latte.
- Temazepam
(Normison-Wyeth)
Non riportati effetti tossici sul lattante
- Tioridazina
(Mellerette-Sandoz) (Mellenil-Sandoz)
Antidepressivi Mao inibitori
DA USARE CON CAUTELA
- Tranilcipromina
(Parmodalin-Maggioni Winthrop)
effetti
tossici
sul
lattante,
talora
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Antidepressivi triciclici
DA USARE CON CAUTELA
- Amitriptilina
(Adepril-Lepetit)
Monitorare crescita e sviluppo se durante l'allattamento
vengono usati questi farmaci.
- Desipramina
(Nortimil-Chiesi)
Nessun effetto.
- Dotiepina cloridrato
(Protiaden-Boots Italia)
Nessun effetto.
- Fluoxetina
(Prozac-Lilly)
(Fluoxeren-Menarini)
Nessun effetto
- Fluvoxamina
(Fevarin-Ucm)
(Maveral-Farmades)
Nessun effetto
- Imipramina
(Tofranil Mite-Ciba Geigy)
Nessun effetto
- Nortriptilina
(Noritren-Recordati)
Nessun effetto
- Trazodone
(Trittico-Angelini)
Nessun effetto
DA IMPIEGARE
- Clomipramina
(Anafranil-Ciba Geigy)
NEUROLOGICI –ANTIEPILETTICI
Farmaco
Osservazioni
DA USARE CON CAUTELA
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in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso
- Fenobarbital
(Gardenale-Rhone Poulen Rorer)
(Luminale Bracco-Bracco)
(Luminalette-Bracco)
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Rev. 0
Pag. 77 di 77
Possibile redazione del lattante. Sintomi da astinenza dopo
la sospensione della terapia.
- Primidone (Mysoline-Sit)
DA IMPIEGARE
- Acido Valproico
(Depakin - Sigmatau)
Possibile redazione e altri effetti simili a quelli da
Fenobarbital.
- Carbamazepina
(Tegretol-Ciba Geigy)
Possibile redazione nel lattante. Monitorare enzimi epatici,
tempo di coagulazione, numero di piastrine e livelli nel
siero.
- Etosuccimide
(Zarountin-Parke-Davis)
Possibile redazione nel lattante. Monitorare la soppressione
del midollo osseo e i livelli nel siero.
In caso di metemoglobinemia. Monitorare crescita e
sviluppo.
- Fenitoina
(Dintoina-Recordati)
VITAMINE
Farmaco
Osservazioni
DA IMPIEGARE
- Acido folico
(Folina Simes-Astra)
Nessuna
-B1
(Tiamina)
(Benerva-Roche)
Nessuna
B2
(Riboflavina)
(Facovit-Teofarma)
(Flavobetasi-Opocrin)
(Riboflavina -Tar.Compl.)
-B6
(Piridossina)
(Benadon-Roche)
- B 12
(Cianocobalamina)
(Dobetin-Angelini)
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Monitorare il calcio sierico del bambino se la madre è
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-D
(Colecalciferolo)
(Tridelta-Ceccarelli)
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Pag. 78 di 78
sottoposta a dosaggi farmacologici.
Nessuna
-K1
(Filochinone)
(Konakion-Roche)
ANESTETICI
Farmaco
Osservazioni
DA IMPIEGARE
-Alotano
(Fluothane-Zeneca)
Nessuna; presente nel latte di donne anestesiste.
- Cloroformio
(Cloroformio-Tar. Naz.G.U.)
- Lidocaina
(Xylocaina-Astra Siemes)
Nessuna
Nessuna
MISCELLANEA
Farmaco
Osservazioni
USARE CON CAUTELA
- Betanecolo Cloruro
(Urecholine CloruroMerk Sharp Dhone)
Nessun effetto.
DA IMPIEGARE
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- Allopurinolo
(Zyloric-Wellcome)
Nessun effetto.
- Etretina
(Tigasol-Roche)
Nessun effetto.
- Fentanil
(Fentanest-Carlo Erba)
Nessun effetto.
- Fluoresceina
(Fluoresceina Collirio)
Nessun effetto
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Pag. 79 di 79
- Noscapina
(Tuscalman Berna-Berna)
ALIMENTI E AGENTI AMBIENTALI
Farmaco
Osservazioni
- Aflatossina
Nessuna
- Aspartame
Precauzione in madri con bambini fenilchetonurici
- Bromide
(Laboratorio fotografico)
Possibile ipotonia ed iporeattività
- Cadmio
- Clordane
- Cioccolato
Non riportati effetti collaterali
Non riportati effetti collaterali
Nel neonato irritabilità, sonno agitato, rallentato transito
intestinale se la madre ingerisce più di 450 mg /die.
Nessuna
- Ciclammato
- DDT ed derivati
Alltri insetticidi
(Aldrin, Dieldrin, Eptaclor)
Ancora utilizzati in paesi non europei. La lenta
degradazione e la liposolubilità del DDT e dei suoi
metaboliti ha favorito la permanenza nel latte umano a
distanza di molti anni dalla sospensione dell'uso di tale
prodotto.
Non descritti casi di intossicazione del lattante. Presenti in
quantità significative nel latte umano nelle nutrici di
determinate aree geografiche. Le quantità ingerite con il
latte possono superare l'introduzione giornaliera accettabile
(A D I) che è di 5 µg per Kg.
Emolisi in pazienti con G6PD
- Fave
- Fluoridi
Nessuna
Rash cutanei, diarrea, vomito, urine scure, neurotossicità,
morte.
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Pag. 80 di 80
- Esaclorobenzene
Non evidenziati effetti tossici. Evitare il lavaggio del
capezzolo con questa sostanza.
- Esaclorofene
Possibile neurotossicità.
- Piombo
Possibili effetti tossici nel lattante in seguito all'ingestione
alimentare da parte della nutrice di pesci, carni e cereali
sottoposti a trattamento antifungino.
- Metilmercurio
(antifungino)
Nessun effetto tossico
- Glutammato monosodico
-Polibromatodifenile
- Policlorinati difenili
Modalità di accumulo e di escrezione analoghe al
policlorato. Non ancora precisato il tipo di danni per il
lattante
Possono essere ingeriti con gli alimenti (Pesce, pollame,
olio di cottura contaminato). Sintomatologia iniziale:
comparsa di cute scura e congiuntivite; in seguito ipotonia
e apatia con persistenza dei sintomi anche per alcuni anni.
Si accumulano elettivamente nel tessuto adiposo dal quale
vengono poi liberati lentamente ed escreti con il latte
materno.
Ittero ostruttivo e urine scure
Segni di carenza di vitamina B in diete strettamente
vegetariane.
- Tetracloroetilene
Nessuna
- Dieta vegetariana
- Saccarina
BIBLIOGRAFIA
Per la ricerca bibliografica si è fatto ricorso a:
•
•
•
•
•
la ricerca su banche dati di linee guida.
la ricerca su MedLine.
la ricerca di revisioni sistematiche pertinenti pubblicate sulla Cochrane Library.
la ricerca su banche dati di pubblicazioni primarie e secondarie.
I documenti e l'esperienza pratica forniti dai componenti il Gruppo di Lavoro.