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Articoli
Biotecnologie nella produzione
di ingredienti vegetali
Estratto di Ajuga reptans titolato in Teupolioside
Roberto Dal Toso Parole chiave
R&D Director, Istituto di Ricerche Biotecnologiche (IRB), Altavilla Vicentina, Vicenza
Biotecnologie
Francesca Melandri Colture cellulari vegetali
Product Development, Istituto di Ricerche Biotecnologiche (IRB), Altavilla Vicentina, Vicenza Ajuga reptans
[email protected] Teupolioside
Analisi metabolomica
INTRODUZIONE
Il mondo vegetale è da sempre una fonte inesauribile di
principi medicamentosi per l’uomo, mettendo a disposizione preziose sostanze biologicamente attive. A tutt’oggi i principi attivi e i prodotti di origine vegetale utilizzati
sono molteplici non solo in ambito farmaceutico, ma
anche nel settore nutrizionale e, più in generale, nell’area della salute. Infatti la diffusione e il consumo di prodotti fitoterapici ed integratori alimentari di origine vegetale nella comune dieta hanno raggiunto un livello tale
nella popolazione da determinare un’esposizione significativa dal punto di vista della salute pubblica e diventare
pertanto oggetto di interesse delle autorità ufficiali di
controllo di tutto il mondo.
Tuttavia allo stato attuale gli standard di sicurezza, disponibilità e purezza degli estratti vegetali, nonostante gli
sforzi della maggior parte delle aziende, tesi a garantirne
la qualità attraverso un incremento quali-quantitativo dei
controlli, per la stessa natura del processo produttivo non
possono dichiararsi immuni da possibili contaminazioni e
variazioni del titolo.
Opportunità interessanti derivano dall’utilizzo della tecnologia delle colture di cellule o tessuti vegetali, una tecnica nota da tempo in ambito scientifico, ma che finora
non era mai stata sviluppata su scala industriale per la
produzione di estratti vegetali. Questo processo non solo
è in grado di assicurare qualità e sicurezza superiori ed
un profilo di composizione riproducibile del prodotto
finito, ma, operando nel pieno rispetto dell’ambiente,
permette il completo affrancamento da variazioni geografiche, climatiche o stagionali ed assicura una produzione
programmabile e flessibile.
Recentemente è stato sviluppato il primo ingrediente ad
uso alimentare prodotto con la tecnologia delle colture di
cellule vegetali: l’estratto secco di Ajuga reptans titolato
in teupolioside*. Si tratta del primo estratto vegetale di
origine biotecnologica autorizzato in Europa quale ingre-
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diente di integratori alimentari che ha dimostrato promettenti prospettive di applicazione in problematiche ancora
irrisolte nell’area gastro-intestinale.
Problematiche di produzione
Sicurezza
Uno studio del 2006, condotto dalla California Food
Guide (Chapter 26 Environmental Contaminants of
Food), ha sottolineato il rischio cui sono esposti i consumatori per la presenza di contaminanti ambientali in alimenti, tra cui metalli pesanti quali piombo e mercurio,
sostanze chimiche (pesticidi, idrocarburi poliaromatici e
difenili clorurati) cui vanno aggiunte contaminazioni biologiche (insetti, funghi, infestanti) dovute a tecniche colturali approssimative, trasporti su lunghe distanze e
modalità di conservazione inadeguate.
Tra il 1999 ed il 2001, grazie al National Health and
Nutrition Examination Survey, sono stati individuati più
di 140 contaminanti ambientali, o loro metaboliti, nei
prelievi ematici ed urine dei soggetti partecipanti. Lo studio si poneva come obiettivo la rimozione di tutti i contaminanti noti dai prodotti alimentari e dai loro processi di
preparazione (1).
Esaminando nello specifico la situazione dei prodotti di
origine vegetale, è importante citare un documento del
2003 dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare
(EFSA), in cui si riconosce che i botanicals presentano
tuttora numerosi problemi, legati in particolare alla sicurezza e alla qualità. La contaminazione ambientale, chimica e microbiologica, è infatti ampiamente documentata
e recentemente è stata associata, per esempio, a prodotti
vegetali provenienti dall’Asia.
*Teoside™ prodotto da Istituto di Ricerche Biotecnologiche
(IRB, Altavilla Vicentina)
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Altri fattori da considerare sono l’adulterazione con farmaci di sintesi ed errori nella identificazione della pianta
che possono mettere seriamente in pericolo la salute del
consumatore finale (2).
L’intensificazione delle coltivazioni biologiche, l’applicazione di rigorosi protocolli di raccolta, di stoccaggio e
lavorazione delle materie prime vegetali e l’aumento dei
controlli a campione, nelle diverse fasi di produzione,
hanno determinato notevoli miglioramenti in termini di
sicurezza dei prodotti finiti, che tuttavia non sono
comunque in grado di assicurare la totale assenza di
agenti inquinanti o tossici.
Qualità
Un capitolo a parte è rappresentato dalla qualità dei prodotti di origine vegetale intesa per esempio come corrispondenza quali-quantitativa dei componenti vegetali con
quanto dichiarato in etichetta. Da un’indagine effettuata
su alcuni integratori alimentari a base di Echinacea
(E. angustifolia, pallida, purpurea) regolarmente in commercio negli Stati Uniti è emerso che solo il 52% dei
campioni conteneva effettivamente le specie dichiarate,
mentre una verifica analoga condotta nel 2004 ha riscontrato, sempre per preparazioni a base di Echinacea, un
intervallo di variazione dei livelli del marker di riferimento del 78-173% rispetto alla quantità dichiarata in
etichetta, con considerevoli differenze quindi nella dose
giornaliera di marker effettivamente assunto (3,4).
Questi studi registrano i tratti caratteristici di una situazione complessa, dipendente da variabili numerose e difficilmente controllabili, ma con implicazioni potenzialmente rilevanti soprattutto, e non solo, sulla salute del
consumatore finale, ma anche sulla reputazione delle
aziende che commercializzano questa classe di prodotti.
Le variabili ambientali rappresentano un considerevole
ostacolo nel garantire il rispetto degli standard di qualità
e purezza degli estratti vegetali, non sempre verificabili
data l’assenza, in molti casi, dei marker di riferimento.
A questi standard è però correlata l’attività biologica
rivendicata in quanto l’efficacia di un estratto vegetale è
generalmente associata ad uno o più metaboliti secondari, sostanze sintetizzate dalle piante in risposta a fattori
biotici ed abiotici di vario tipo con funzione di difesa e
protezione dalle aggressioni esterne, siano esse meccaniche, fisiche (esposizione a raggi UV) o biologiche (attacco di microrganismi) (5,6). Pertanto il profilo e la concentrazione dei metaboliti secondari prodotti dalle piante
dipendono fortemente dalle condizioni ambientali e di
crescita della pianta che risultano però intrinsecamente
variabili. La composizione del terreno, inclusa la microflora, le condizioni climatiche, le variazioni stagionali e,
non ultimo, il trattamento con sostanze chimiche, sono
tutti fattori che incidono sul contenuto di metaboliti
secondari, cui si aggiunge infine la scarsa uniformità
genetica del materiale vegetale (7,8).
Nonostante gli sforzi messi in atto per ottenere estratti
rispondenti agli standard di qualità prefissati, applicando
rigorosi protocolli di coltivazione e di estrazione, non
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sempre economicamente sostenibili, il controllo delle
condizioni ambientali non può essere totale.
Disponibilità
Numerosi fattori, molti dei quali poco controllabili,
hanno impedito all’uomo di usufruire delle utili proprietà
delle sostanze di origine vegetale e tanto più di soddisfare le crescenti richieste del mercato.
In primo luogo per il limitato contenuto di principi attivi
nei tessuti vegetali, che obbliga quindi a lunghe e poco
sostenibili, economicamente ed ecologicamente, procedure di purificazione con utilizzo esteso di solventi ad
elevato impatto ambientale.
Inoltre molti principi attivi di interesse si trovano in piante situate in aree geografiche difficilmente raggiungibili o
vengono prodotte da piante rare o appartenenti a specie
protette, la cui raccolta è strettamente regolamentata.
Secondo alcuni esperti centinaia di piante medicinali
sono a rischio di estinzione a causa della raccolta indiscriminata e della deforestazione (9). La reperibilità della
pianta è legata anche a fattori intrinseci quali il ciclo biologico ed il tempo balsamico della pianta.
Infine è necessario considerare anche la degradazione del
principio attivo in fase di stoccaggio e trasporto sia della
pianta che dell’estratto.
LA TECNOLOGIA DELLE COLTURE
DI CELLULE E TESSUTI VEGETALI
La crescita in coltura (fermentazione) di organismi
viventi è un processo ampiamente utilizzato su scala
industriale per la produzione di materie prime ad alto
valore aggiunto, quali l’acido citrico, l’acido ascorbico e
l’acido lattico che si ottengono da fermentazione batterica. Ancora più antico nella storia dell’uomo è l’utilizzo
del fermentato batterico o fungino (lieviti) per la trasformazione di alimenti, come nel caso di pane, vino, birra,
formaggi e yogurth (fermenti lattici).
Le basi teoriche
La tecnologia delle colture di cellule vegetali è l’insieme
dei modi e metodi utilizzati per crescere cellule vegetali,
tessuti e organi in un mezzo nutriente ed in assenza di
microrganismi.
Le basi teoriche della tecnologia sono note ormai da
tempo ma la loro applicazione è stata finora limitata agli
ambienti accademici in quanto si tratta di una via assai
impegnativa dal punto di vista economico per gli elevati
costi richiesti per la ricerca, lo sviluppo e la conduzione
di uno scale up di tipo industriale (10).
Il suo sviluppo a livello industriale è stato infatti finora
riservato a molecole complesse la cui sintesi risulta particolarmente difficile: il tassolo, farmaco antitumorale inizialmente ottenuto per estrazione dalle bacche e dagli
aghi della pianta Taxus brevifolia ed ora prodotto esclusivamente per via biotecnologica, rappresenta un esempio
di soluzione ottimale che ha consentito di superare il pro-
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blema del lento ciclo di crescita della fonte vegetale.
Questa tecnologia permette dunque di produrre le stesse
sostanze bioattive presenti nella pianta e spesso costituisce l’unica fonte alternativa disponibile, senza limiti
quantitativi, per la produzione di quei principi attivi difficilmente reperibili in natura o di difficile produzione per
sintesi chimica.
Queste caratteristiche sono state ben evidenziate anche
dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per il
Cibo e l’Agricoltura) che, già in un documento del 1994,
proponeva le colture di tessuti e cellule vegetali come un
processo biotecnologico utilizzabile per la produzione di
sostanze e metaboliti, come gli additivi alimentari (11).
Il principio biologico su cui si basa la tecnica delle colture di cellule e tessuti vegetali è la presenza in tutte le
piante superiori di una riserva di cellule staminali totipotenti, localizzate principalmente agli apici di accrescimento della pianta, cioè radici e gemme, in tessuti specializzati detti ‘meristematici’.
Queste cellule meristematiche sono di piccole dimensioni, hanno nucleo sviluppato ed il citoplasma ricco di
ribosomi e mitocondri, proprio in virtù della loro elevata
capacità di rinnovamento e di generazione di cellule differenziate.
In realtà questo potenziale meristematico è posseduto
anche dai tessuti differenziati e può essere spontaneamente riattivato in determinate condizioni, come in caso
di danneggiamento del tessuto vegetale, con conseguente
assunzione da parte delle cellule di uno stato di tipo ‘staminale’ (12,13).
La generazione di una linea cellulare vegetale non è altro
che un processo artificiale di risveglio di questo potenziale meristematico in un tessuto adulto, che viene ottenuto operando delle incisioni nei tessuti delle piante.
Il danno meccanico inferto induce la generazione di un
tessuto di riparazione, noto come callo, che risulta costituito da aggregati di cellule indifferenziate, non organizzate e in rapida proliferazione (cellule meristematiche).
In presenza di un adeguato supporto nutritivo, il callo
Figura 1 Prelievo del tessuto vegetale sterilizzato
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può crescere indefinitamente in coltura e da esso poi,
mediante opportuni stimoli di tipo ormonale, è possibile
generare nuovamente un organismo vegetale maturo.
Il processo operativo
Il primo passo per l’ottenimento di una nuova linea cellulare vegetale è quello di sterilizzare il tessuto della specie
vegetale che si desidera utilizzare.
Questo è un passaggio fondamentale molto critico:
• da un lato è necessario per rimuovere dal tessuto vegetale tutti i microrganismi (batteri, funghi e muffe), che
potrebbero contrastare o impedire lo sviluppo della
coltura vegetale;
• dall’altro rischia di devitalizzare irrimediabilmente il
tessuto inibendo quella risposta biologica che è all’origine di ogni nuova linea cellulare.
Si utilizzano pertanto sostanze antisettiche delicate, quali
etanolo ed ipoclorito di sodio, unitamente a blandi tensioattivi per favorire una maggiore penetrazione nei tessuti.
Il tessuto vegetale sterilizzato viene successivamente
tagliato in frammenti minuti (espianti) e depositato in piastre Petri contenenti terreno nutritivo solido, addizionato
di ormoni vegetali ed in assenza di antibiotici (Fig 1,2).
Nonostante la procedura di sterilizzazione, gran parte
degli espianti risulterà ancora inquinata e dovrà essere eliminata. Solo da una piccola percentuale degli espianti inizialmente posti in coltura, variabile a seconda del tipo di
pianta e di tessuto utilizzato (5-30%), si osserva la spontanea generazione del tessuto cicatriziale calloso.
La tecnica di induzione del tessuto calloso segue un protocollo collaudato solo in linea generale, in quanto adattamenti e aggiustamenti allo specifico genere di pianta e
al tipo di tessuto utilizzato sono necessari e vengono dettati per lo più dall’esperienza pratica (Fig 3).
Figura 2 Deposito degli espianti in coltura solida
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La crescita ed il mantenimento dei calli vengono assicurati dal regolare trasferimento su uno specifico terreno
colturale contenente tutte le sostanze necessarie al metabolismo cellulare, primo fra tutte una fonte di carbonio
organico, in genere saccarosio, in quanto le cellule in coltura, mantenute al buio, perdono la capacità fotosintetica
e si comportano come organismi eterotrofi.
Devono essere forniti anche ormoni vegetali (auxine e
citochinine), alcune vitamine, macroelementi e microelementi inorganici (14).
Variando opportunamente la composizione del terreno di
coltura è possibile selezionare nel tempo linee cellulari
con le caratteristiche biochimiche e metaboliche più vantaggiose: con ripetuti passaggi, vengono mantenuti in
coltura solo gli aggregati di tessuto calloso più friabili,
con elevata velocità di crescita e con maggiore contenuto
di metaboliti di interesse, ottenendo infine linee cellulari
con caratteristiche stabili ed omogenee (Fig 4).
Tale procedura consente di dare origine ad una linea di
cellule vegetali non OGM in quanto non viene attuato
alcun intervento di ingegneria genetica per modificare il
genoma vegetale, ma si tratta esclusivamente di una selezione effettuata sulla base di caratteristiche morfologiche e biochimiche.
Al fine di salvaguardare i risultati raggiunti con questa
impegnativa attività di ottimizzazione e limitare i problemi legati ad inevitabili fenomeni di senescenza, la linea
cellulare selezionata viene congelata e conservata a lungo
termine in azoto liquido. L’alta percentuale di acqua presente nella cellula vegetale rende particolarmente difficoltoso il congelamento; infatti è necessario evitare la
formazione di cristalli di ghiaccio, dopo l’immersione in
azoto liquido, che non permetterebbero alle cellule di
sopravvivere e di ricrescere una volta piastrate su terreno
solido. Per queste ragioni la tecnica di criopreservazione
richiede un grado di esperienza notevole nella coltura
delle cellule vegetali: infatti, non esistendo una procedura collaudata, le specifiche condizioni operative vanno
messe a punto per ogni singola linea cellulare.
Figura 3 Callogenesi
20
Il passaggio essenziale per conseguire l’industrializzazione
del processo produttivo è l’adattamento alla crescita in
terreno liquido della linea cellulare selezionata, in quanto
permette un aumento notevole della biomassa disponibile. Le colture in sospensione vengono gradualmente adattate alla crescita in bioreattori di capacità sempre maggiore (scale up) e mantenute in regolare agitazione per
consentire un adeguato scambio gassoso, necessario al
metabolismo cellulare. In questa fase è determinante la
definizione, non solo della composizione del terreno, ma
anche dei parametri di fermentazione quali ossigenazione, temperatura, modalità e velocità di agitazione, che
vanno adattati ad ogni singola linea cellulare.
Alla fine del ciclo di fermentazione la biomassa espansa
in coltura liquida in bioreattore viene omogenizzata per
rompere le pareti cellulari e consentire la fuoriuscita dei
metaboliti secondari immagazzinati nei compartimenti
interni delle cellule. Il filtrato viene poi estratto per concentrare le sostanze di interesse fino ad ottenere un prodotto finale in forma di polvere.
I vantaggi
Le cellule vegetali, selezionate e coltivate in fermentatori
sterili su scala industriale, costituiscono dei veri e propri
vivai di sostanze vegetali che offrono numerosi vantaggi
rispetto all’utilizzo di queste sostanze da pianta coltivata
in campo aperto.
Innanzi tutto si esclude la presenza di sostanze tossiche,
quali erbicidi, pesticidi, metalli pesanti ed altri inquinanti
ambientali, in quanto la coltura avviene in condizioni sterili ed in assenza di trattamenti antibiotici. Inoltre il rigoroso controllo delle condizioni colturali e la continua attività di selezione riducono notevolmente le variazioni
spontanee e garantiscono un profilo di metaboliti secondari riproducibile, superando quindi il problema della
variabilità legata alle condizioni climatiche e geografiche. La tecnologia consente anche il superamento del
limite del ciclo biologico della pianta e della stagionalità
dei metaboliti secondari, garantendo in ogni momento la
Figura 4 Linea cellulare di Ajuga reptans in coltura solida
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disponibilità dei costituenti del fitocomplesso vegetale.
Anche le perdite per degradazione del principio attivo in
fase di stoccaggio del materiale vegetale vengono drasticamente ridotte in quanto il processo di estrazione avviene immediatamente alla fine del ciclo di fermentazione
della biomassa con minime perdite dei principi vegetali
responsabili delle proprietà degli estratti.
Il risultato finale è quindi la produzione, rapida, flessibile
e senza limiti di quantità, di estratti con un profilo di
sicurezza superiore e con una composizione altamente
standardizzata.
Ultimo, ma non meno importante, è il minore impatto
ambientale di un processo biotecnologico che non modifica gli equilibri ecologici, in quanto si annulla la necessità di un continuo approvvigionamento di materiale
vegetale per raccolta spontanea o sfruttamento intensivo
dei terreni, ancora più critico in caso di piante a crescita
lenta o appartenenti a specie protette. Infine, avendo la
biomassa vegetale ottenuta per fermentazione una composizione molto semplice e concentrata nel metabolita di
interesse, le procedure di estrazione risultano più semplici ed efficienti, con consistente riduzione dell’utilizzo di
solventi ad elevato impatto ambientale.
dalla presenza di derivati polifenolici, quali l’acido cinnamico e l’orto-diidrossifeniletanolo, legati alla stessa
molecola di β-glucopiranosio, rispettivamente con un
legame estereo ed un legame glicosidico. Altre molecole
saccaridiche, quali ramnosio, xilosio e apiosio sono spesso legate al glucosio che fa da ponte fra le due strutture
aromatiche. I gruppi polifenolici più frequentemente
legati al C-4 del glucosio sono l’acido caffeico, l’acido
ferulico ed il cinnamico (15).
Il contenuto di fenilpropanoidi nella pianta di Ajuga reptans è molto limitato e fortemente dipendente dalla stagione con il massimo livello presente in primavera e
minimo durante l’autunno e l’inverno, secondo un andamento tipico dei metaboliti secondari.
Nell’Ajuga reptans sono stati isolati numerosi fenilpropanoidi, il più abbondante dei quali è il teupolioside, isolato per la prima volta nel 1991 da piante di Teucrium
polium (16). Il teupolioside ha una struttura molto simile
a quella dell’echinacoside, la principale sostanza attiva
presente negli estratti di Echinacea spp (Fig 6,7).
Figura 6 Struttura chimica del teupolioside
ESTRATTO DI AJUGA REPTANS
TITOLATO IN TEUPOLIOSIDE
Ajuga reptans è una pianta erbacea annua appartenente alla famiglia delle
Labiatae, tipica dei luoghi erbosi di Europa, Asia
occidentale ed Africa
(Fig 5).
Conosciuta anche come
bugola o erba mora o
erba Lorenza, è comune
nelle regioni temperate,
soprattutto montuose,
dove viene utilizzata
come foraggio per i bovini. Fin dal Medioevo
Ajuga reptans è stata
usata in medicina popolare per curare ferite ed ulcerazioni, date le sue proprietà
antiemorragiche, antinfiammatorie e cicatrizzanti, tanto
che in Germania è stata ribattezzata come ‘erba delle piaghe’ (Wundkraut).
Gli estratti ottenuti dalle colture cellulari di Ajuga reptans sono caratterizzati dalla presenza di fenilpropanoidi,
molecole naturali idrosolubili che appartengono alla categoria dei metaboliti secondari. Come già detto, queste
molecole svolgono un’importante funzione protettiva per
il tessuto vegetale nei confronti degli stress ambientali e,
proprio in virtù di questo ruolo sono dotati di importanti
proprietà biologiche. Chimicamente, i fenilpropanoidi,
spesso denominati anche feniletanoidi, sono caratterizzati
Figura 5 Pianta
di Ajuga reptans
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Figura 7 Struttura chimica dell’echinacoside
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L’estratto secco di Ajuga reptans titolato in teupolioside
è il primo ingrediente prodotto con la tecnologia delle
colture di cellule vegetali ed autorizzato per uso alimentare.
L’estratto secco di Ajuga reptans titolato al 50% in teupolioside, sul quale sono stati condotti gli studi, si presenta come una povere beige inodore. Le tipiche analisi
di controllo qualità hanno evidenziato una carica microbica contenuta nei limiti standard previsti (batteri <1000
ufc/g e funghi <100 ufc/g) e la totale assenza di metalli
pesanti, micotossine, quali aflatossina B, e l’assenza di
pesticidi ed erbicidi. Alle concentrazioni utilizzate per la
sperimentazione, l’estratto è facilmente solubile in acqua
con un limite superiore misurato di circa 30 mg/mL.
L’estratto di Ajuga reptans è risultato stabile per almeno
3 anni in polvere, mentre in soluzioni acquose la stabilità
è fortemente dipendente dal pH. In soluzioni acquose con
pH fisiologico o basico, a concentrazioni di 2 mg/mL, il
teupolioside reagisce in modo veloce e completo con i
radicali d’ossigeno presenti in soluzione, scomparendo in
pochi giorni. Viceversa in soluzioni acquose a pH < 5 o,
meglio ancora, < 4, la stabilità del teupolioside aumenta
notevolmente superando i 18 mesi.
Risultati analoghi, con elevata attività antiossidante dei
fenilpropanoidi, sono stati ottenuti con un altro estratto
da colture di cellule vegetali di Syringa vulgaris titolato
al 50% in verbascoside (18).
Le attività biologiche del teupolioside non sono ancora
completamente chiarite per lo scarso contenuto nella
pianta che lo rende difficile da ottenere in forma pura.
Inoltre, la sua sintesi chimica è molto complessa e non
economica. Per queste ragioni è piuttosto limitata la letteratura scientifica disponibile su questa molecola. Gli
estratti da colture cellulari di Ajuga reptans hanno perciò
costituito una fonte preziosa da cui ricavare preparazioni
standardizzate di teupolioside con cui condurre le sperimentazioni.
Attività antinfiammatoria
Molti dati di letteratura riportano che i fenilpropanoidi,
quale l’acteoside noto anche come verbascoside, posseggono attività antinfiammatoria in una serie di test in vitro
ed in vivo tra cui anche l’inibizione dell’enzima nitrossido sintasi inducibile (iNOS), l’enzima responsabile della
produzione di ossido nitrico (NO) nel corso di processi
infiammatori. NO è riconosciuto in particolare come uno
dei mediatori importanti, sia fisiologici per la regolazione
del flusso ematico, sia infiammatori per l’aumento della
permeabilità vasale con conseguente edema e migrazione
leucocitaria. Il controllo dei livelli di NO è perciò un fattore importante nello sviluppo del processo infiammatorio.
L’azione inibitoria del teupolioside sull’NO è stata verificata in vitro utilizzando una linea di macrofagi (RAW
264.7) che, stimolati da lipopolisaccaridi (LPS), producono elevate quantità di NO per induzione genica della
iNOS. In presenza di concentrazioni tra 50 è 200 μg/mL
di estratto di Ajuga reptans titolato in teupolioside il rilascio di NO, da parte delle cellule macrofagiche stimolate
con LPS, risulta diminuito fino all’87% in modo statisticamente significativo (Fig 9).
Attività antiossidante
Gli estratti di Ajuga reptans sono stati valutati per la loro
capacità antiossidante (radical scavenger) nei confronti
L’azione antinfiammatoria in vitro è stata anche verificata su colture primarie di cheratinociti umani stimolati con
TNF-α per indurre il rilascio di Interleuchina 8 (IL-8),
Figura 8 Attività antiossidante (radical scavenger) del teupoliosode
(Teupo) da Ajuga reptans in confronto con rutina ed
aloina
Figura 9 Inibizione del rilascio di NO da macrofagi RAW 264.7 da
parte dell’estratto di Ajuga reptans
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
120
100
Teupo
Rutina
Aloina
% Produzione NO
lC50 (μg/ml)
Attività biologica
22
di radicali d’ossigeno (ione superossido e radicale idrossile) e d’azoto (radicale perossinitrito). In prove eseguite
con varie metodiche l’attività antiossidante dell’estratto
di Ajuga reptans è risultata superiore sia all’acido ascorbico (vitamina C) sia al trolox (derivato idrosolubile
della vitamina E) sia alla rutina, un ben noto flavonoide,
(17) che all’aloina (Fig 8).
80
60
**
40
20
0
Superossido
Idrossile
LPS 10 μg/mL
Perossinitrito
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A. reptans
50 μg/mL
**
**
A. reptans
100 μg/mL
A. reptans
200 μg/mL
(Student’s t-test: n=6, **=p<0.01 vs LPS )
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una potente chemiochina proinfiammatoria. Anche in
questa sperimentazione concentrazioni tra 10 e 100
micromolare di teupolioside hanno ridotto il rilascio di
IL-8 ai livelli del controllo (17).
tiva sulla parete intestinale del colon (20). In questo studio l’infiammazione del colon nel ratto è stata indotta da
DNBS (acido dinitro-benzensulfonico), mentre un estratto di Ajuga reptans titolato in teupolioside è stato somministrato per via orale per 4 giorni a dosaggi di 0.2 e 2.0
mg/Kg. L’analisi macroscopica della parete del colon ha
evidenziato una notevole riduzione del danno negli animali trattati con entrambi i dosaggi dell’estratto. Questo
risultato è accompagnato anche da una significativa limitazione nella perdita di peso corporeo per diarrea degli
animali trattati con Ajuga reptans rispetto al gruppo con
solo DNBS. L’analisi biochimica e microscopica delle
pareti del colon ha evidenziato inoltre una riduzione
notevole e statisticamente significativa di tutti i principali
parametri infiammatori quali infiltrazione leucocitaria,
contenuto di TNF-α, IL-1β, riduzione della iNOS, della
nitrotirosina e delle metalloproteinasi della matrice
MMP2 ed MMP9.
Poiché la maggior parte degli indicatori di infiammazione sono controllati dall’attivazione del Nf-kB, lo studio
ha anche evidenziato l’azione del teupolioside su questo
fattore di trascrizione. I risultati indicano che l’estratto di
Ajuga reptans induce una forte protezione del IkB-α,
l’inibitore fisiologico del Nf-kB, che agisce prevenendo
la fosforilazione del NF-kB, la sua traslocazione nucleare
e la conseguente attivazione di geni codificanti per proteine pro-infiammatorie. Il meccanismo specifico con cui
l’IkB-α viene protetto dal teupolioside non è noto ed è
attualmente in fase di ricerca.
Un simile meccanismo di controllo dell’Nf-kB è stato
descritto nel medesimo modello di colite sperimentale
anche per il verbascoside da Syringa vulgaris (21) e precedentemente per altre molecole polifenoliche quali
resveratrolo, epigallocatechina gallato e curcumina (22).
In vivo, l’azione antinfiammatoria dell’estratto di Ajuga
reptans è stata recentemente confermata in roditori. In
questo recente studio (18) si dimostra come la somministrazione orale di 0.07 mg/kg di estratti di Ajuga reptans
sia in grado di inibire la risposta infiammatoria indotta
dall’iniezione intraperitoneale di 2.5 μg/animale di LPS
in topi maschi CD1, in particolare riducendo i livelli
ematici di TNF-α del 58% in modo statisticamente significativo (p<0.004) e del 87% i livelli ematici di lipoperossidi.
Lo stesso studio documenta anche un’azione di controllo
del teupolioside, sempre somministrato per via orale, sull’attività della 5-alfa-reduttasi, l’enzima che trasforma il
testosterone in diidrotestosterone ed implicato nella
genesi di acne, dermatite seborroica, alopecia androgenetica ed ipertrofia prostatica benigna (IPB) (19).
L’inibizione della 5α-reduttasi si manifesta in vitro sull’enzima isolato, risultando in 85% di inibizione rispetto
al 48% dell’estratto di Serenoa repens, già ampiamente
in uso sia quale integratore alimentare, sia come farmaco
per l’IPB. Inoltre, in vivo, l’estratto di Ajuga reptans produce, a livello ematico e nel tessuto prostatico, una inibizione significativa dei livelli di diidrotestosterone in
tempi prolungati rispetto alla finasteride, un farmaco con
struttura steroidea utilizzato nel trattamento dell’IPB.
L’azione protettiva del teupolioside è stata valutata anche
in un modello in vivo di colite sperimentale in cui l’estratto
di Ajuga reptans titolato in teupolioside, somministrato
per via orale, ha dimostrato una notevole capacità protet-
Figura 10 Principal Component Analysis su estratti da colture di cellule (rosso) ed estratti da germogli da piante di Ajuga reptans di diversa
provenienza (blu e verde)
ajuga neg 13 campioni.M1 (PCA-X)
t[Comp.1]/t[Comp.2]
Pianta 4
1000
Pianta 11
t[2]
Pianta 1b
Pianta 20
Pianta 3b
0
b
ell2
Cell1a C Cell10
Cell3b
-1000
-2000
-1000
R2X[1] = 0,316124
0
t[1]
1000
R2X[2] = 0,217692
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La disponibilità di estratti standardizzati di colture cellulari di Ajuga reptans mette perciò a disposizione un ulteriore e promettente principio attivo vegetale in grado di
ridurre il rischio di alterazioni infiammatorie a livello
gastrointestinale.
Ajuga reptans da colture di tessuto vegetale con l’estratto
tradizionale da pianta, secondo quanto previsto dalla procedura di notifica (art. 5) del Regolamento Novel food
(258/97/CE).
L’analisi metabolomica
Gli estratti di colture cellulari di Ajuga reptans sono stati
recentemente sottoposti ad un esteso confronto con analoghi estratti da giovani getti primaverili di Ajuga reptans mediante un sofisticato metodo analitico basato su
una associazione di HPLC-ESI e Spettrometria di Massa
(LC-ESI-MS) seguito da una valutazione statistica metabolomica dei componenti individuati (23). Nello studio
condotto in collaborazione con il Dipartimento
Scientifico e Tecnologico dell’Università di Verona sono
state complessivamente confrontate 472 specie molecolari, sia con campioni di estratti da cellule sia con estratti
da piante di diversa provenienza.
I risultati hanno evidenziato che le 472 specie molecolari
sono presenti in tutti i campioni analizzati con variazione
di alcune sostanze solo di livello tra gli estratti della
pianta di origine e gli estratti di colture cellulari da essa
derivate. La tecnica utilizzata è fra le più sensibili a
disposizione ed è in grado di rilevare differenze anche fra
campioni relativamente simili, quali estratti da pianta utilizzata per generare la linea cellulare, ottenuta e certificata da Il Giardino delle Erbe di Casola Valsenio (RA), ed
estratti da coltura cellulare da essa derivata.
Inoltre, è stata condotta un’analisi cromatografica di estratti di giovani germogli di un altro gruppo di piante di Ajuga
reptans raccolte nel Comune di Altavilla Vicentina (VI),
mediante Met-Align di tutti i cromatogrammi ottenuti. La
successiva Principal Component Analysis (PCA) che fornisce una misura delle differenze tra i gruppi di campioni
analizzati è mostrata in Figura 10, dove si nota che:
a l’estratto da pianta da Altavilla Vicentina (in verde)
non viene raggruppato con gli altri estratti da pianta
ottenuti da Casola Valsenio (in blu);
b la componente principale più significativa (asse delle
ascisse: t(1) differenzia di meno gli estratti da cellule
(in rosso) dalla pianta di origine rispetto alla pianta da
altra località;
c anche la separazione fra piante e cellule lungo una
componente meno significativa (asse delle ordinate:
t(2) differenzia meno i campioni di colture cellulari
dalla pianta originale rispetto alla pianta da altra località.
In conclusione, le differenze fra pianta originale e coltura
cellulare da essa derivata sono significativamente inferiori rispetto alle differenze fra piante di Ajuga reptans di
diversa provenienza, sottolineando con ciò la particolare
‘naturalità’ dell’estratto che la tecnologia delle colture
cellulari consente di ottenere.
Avendo esaminato i risultati del confronto fitochimico
basati sull’analisi metabolomica, la Commissione Unica
per la Dietetica e la Nutrizione (Ministero Salute, Italia)
ha riconosciuto la sostanziale equivalenza dell’estratto di
CONCLUSIONI
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Le biotecnologie, ed in particolare le colture di cellule
vegetali, applicate alla produzione di sostanze naturali
possono consentire di superare i limiti di sicurezza, disponibilità e standardizzazione insiti nel processo tradizionale
di raccolta ed estrazione di piante coltivate in campo aperto. La tecnologia delle colture di cellule vegetali si propone inoltre come un processo, non OGM e pienamente ecocompatibile, che consente di disporre con continuità di
sostanze, anche da piante protette, in via di estinzione o la
cui benefica assunzione per ragioni diverse è caduta in
disuso, senza alterazioni dei delicati equilibri naturali.
I risultati ottenuti, applicando questa metodologia alla
coltura cellulare di Ajuga reptans, forniscono un esempio
paradigmatico della praticabilità di questo approccio dal
punto di vista sia industriale, sia regolatorio, ma soprattutto costituiscono un esempio applicativo coerente con
l’obiettivo salutistico e funzionale alla base dell’assunzione di un integratore alimentare.
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