Studio Legale Lipera”Avv.Pietro”

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Studio Legale Lipera”Avv.Pietro”
Studio Legale Lipera
”Avv.Pietro”
Established 1947
Nel Foro di appartenenza
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Per le Giurisdizioni Superiori
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Avv. Giuseppe Lipera
Patrocinante in Corte Suprema di Cassazione
Avv. Grazia Coco
Avv. Claudia Branciforti
Avv. Pietro Lipera
Avv. Salvatore Cavallaro
Avv. Salvatore Ficarra
Avv. Antonella Di Giovanni
Avv. Grazia Saitta
Dr. Marco Lipera Psicologo
Dr. Patr. Leg. Laura Salice
Dr. Patr. Leg. Nicola Cossari
Dr. Floriana Cucuzza
Dr. Luca Tancredi Lipera
Dr. Valentina Catania
All’On.le
Tribunale per i Minorenni
ROMA
Al Procuratore Capo della Repubblica
presso Tribunale per i Minorenni
ROMA
All’Ill.mo
Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale Ordinario
ROMA
Al
Dipartimento dei Servizi Sociali
Comune di ROMA
Proc. n.2312/10 V.G. minore GROTTESI Beatrice
ISTANZA DI IMMEDIATO COLLOCAMENTO DELLA
MINORE CON LA MADRE
CON SUBORDINATA REVOCA DELLA CTU E NUOVA
ISTANZA DI RICUSAZIONE DEI CCTTUU IN
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PARTICOLARE DELLA PROF.SSA M. MALAGOLI
TOGLIATTI
E CONTESTUALE TRASMISSIONE DEGLI ATTI AL PM IN
SEDE
MELIUS RE PERPENSA
PUMA Federica, rapp. e dif, giusta procura e nomina in atti dagli dall’Avv.
Raffaella Scutieri del Foro di Roma e dall’Avv. Giuseppe Lipera del Foro di
Catania, in relazione al procedimento in epigrafe
espone
e chiede alle Autorità in indirizzo, per quanto di rispettiva competenza, quanto
segue.
14 DICEMBRE 2011
A Roma, in via Dei Bresciani, nella sede del Tribunale per i Minorenni, si
consuma ed ha inizio questa tragedia, inutile, sbagliata ed ingiusta.
La piccola minore (dovrà compiere sette anni tre giorni dopo), in compagnia della
mamma, si reca al Tribunale per Minorenni perché sa che dovrà essere ascoltata
dai giudici.
E’ serena e tranquilla, nulla del resto lascia presagire quanto accadrà quella
dolorosa, triste e indimenticabile mattinata autunnale.
L’Avv. Lipera, che aveva chiesto espressamente che venisse sentita la bambina
(senza i filtri delle assistenti sociali) aveva precedentemente pregato il Presidente
del Tribunale (dott. Carmela Cavallo) di rinviare di due ore l’udienza prevista
dapprima per le ore 10,30, in quanto in concomitanza aveva da discutere un
processo avanti la Corte Suprema e ritenendo importante quell’accadimento
(l’audizione della bambina) ci teneva particolarmente ad essere presente.
Con grande gentilezza, tramite un fax inviato all’avvocato, il Presidente Dott.
Cavallo aveva risposto in modo chiaro e senza possibilità di equivoci “OK!”.
Alle 12,30 quindi, del 14 dicembre 2011, dopo essere stati al bar e avere
giocherellato e scherzato come sempre, la piccola Beatrice, con la mamma
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Federica, l’avvocato Lipera e alcuni suoi sostituti collaboratori giunge al Palazzo
di Giustizia Minorile romano.
Di lì a poco l’amara sorpresa.
Beatrice, con un inganno, viene presa per mano dall’assistente sociale Luisa Mosè
e allontanata (“viene con me in sala giochi”), gli altri, ignari di quanto sta
avvenendo, entrano sereni nella stanza del Presidente Cavallo.
Il padre della bambina, dott. Alfonso Grottesi, stranamente non è presente
(stranamente, perché ha sempre presenziato a tutte le udienze; forse già sapeva
cosa sarebbe accaduto?)
Dovrebbe iniziare l’udienza, ma è solo un bluff: il Presidente invita il Giudice
relatore (dott. Rispoli) a leggere un provvedimento.
La signora PUMA, e non solo lei purtroppo, dopo poche battute,
rimane
letteralmente basita.
Si apprende così, come un pugno allo stomaco, che la bambina è stata portata già
via, non è più nemmeno in Tribunale, è in casa famiglia!
Disperazione e sconforto è il minimo che poteva capitare.
Si pretenderebbe di andare avanti; il Giudice Cavallo vuole che sia letto l’intero
provvedimento (motivazione compresa) perché intende poi spiegarlo ai presenti.
La signora PUMA vuole uscire dalla stanza, sta male, ed il giudice gradirebbe che
lei rimanesse lì ad ascoltare, in silenzio (“se le manca l’aria facciamo aprire la
finestra”, dice la dott.ssa Cavallo rivolta a Federica PUMA).
Non ci sono parole per descrivere quei momenti, tragici, tristi, incomprensibili.
L’avv. Lipera si alza e garbatamente chiede copia del provvedimento per andare
via subito, c’è poco da spiegare, quel provvedimento non lo condividerà mai!
***
E’ opportuno a questo punto cercare di far comprendere, a chiunque leggerà
questo atto, come si sia arrivati a quel fatidico 14 dicembre 2011.
Doverosa quindi una regressione, anche se pur breve e sommaria.
Del resto non è difficile farla.
LA VITA DI BEATRICE DAL GIORNO DELLA SUA NASCITA AL 14
DICEMBRE 2011
Beatrice è stata sempre con la sua mamma, come è naturale che sia del resto.
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La bambina nasce a Roma il 17 dicembre del 2004 dall’unione dei suoi genitori
naturali e conviventi che sono GROTTESI Alfonso, medico-chirurgo pediatrico, e
PUMA Federica, studentessa.
Durante il periodo di convivenza e di gravidanza, la giovanissima Federica aveva
avuto qualche avvisaglia sul comportamento “strampalato” del GROTTESI; la
rimprovera per un non nulla, sgridandola a gran voce; a volte le alza le mani;
spesso beve fuor di ogni misura.
Federica, ingenuamente forse, sperava che col tempo Alfonso si sarebbe calmato,
del resto lei lo amava, stava per nascere la loro creatura, avevano messo su casa a
Roma (le spese di ristrutturazione interamente affrontate dal papà di Federica);
insomma c’erano tutte le buone intenzioni per portare avanti un sano progetto di
famiglia.
Le cose, purtroppo, si complicano, anziché sistemarsi, dopo la nascita di Beatrice.
Il post partum … del padre
La neonata Beatrice, tornata a casa con la mamma, spesso piange come tutti i
bebè.
Quel pianto, quelle naturali grida del poppante, disturbano oltre modo il
GROTTESI.
Non solo.
Lui vorrebbe impedire alla compagna, Federica, di prenderla persino in braccio:
“falla schiattare!” le grida più volte.
Si crea uno strano clima: la povera Federica, che ha partorito da poco, non solo
non viene aiutata o confortata dal compagno, ma è costretta a vivere giorni da
incubo e di paura.
Il nervosismo del GROTTESI però degenera improvvisamente, tant’è che una
mattina, sentendo l’ennesimo pianto della bambina, decide di scacciare via da
casa madre e figlia: “dovete andarvene via da questa casa” – grida come un
ossesso – “quando torno non vi voglio più trovare perché se no vi ammazzo!”.
La povera Federica, raccolte alla meno peggio quattro cianfrusaglie, è costretta ad
andare via da casa con la bambina neonata, e tutto questo avviene il giorno 7
gennaio 2005.
Si reca alla più vicina stazione dei Carabinieri (loro abitavano in via Goffredo
Mameli 59/B) e racconta tutto quel che sta succedendo al sottufficiale dell’Arma
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che è di servizio (la cuoca della caserma, casualmente peraltro, assisterà a quella
pietosa scena).
In questo frangente sopraggiunge anche il GROTTESI che vorrebbe denunciare la
PUMA perché avrebbe rapito la bambina, ma i Carabinieri, che già sanno la
storia, neppure lo ascoltano, ed infatti è lo stesso GROTTESI ad aiutare la PUMA
con la bambina a salire sul taxi che la porterà via.
LA PUMA, come è ovvio che sia, torna a Milano nella casa dei genitori con la
sua neonata.
Passerà del tempo e il GROTTESI, che forse ha cominciato a capire di avere
sbagliato, vorrebbe ritornare con Federica la quale, avvilita per quanto egli ha
fatto, gli dice semplicemente: “curati, e poi torniamo insieme, così non si può”.
Figuriamoci: il GROTTESI pensa che i pazzi siano gli altri, quindi torna alle
minacce e ai suoi modi.
Interviene così il Tribunale per i Minorenni di Milano, che giustamente pensa a
tutelare innanzi tutto la bambina.
I servizi sociali ambrosiani sono chiamati ad intervenire proprio per proteggere
Federica e la piccola creatura, ma intanto iniziano le schermaglie giudiziarie.
Chiunque ha modo di approcciare il GROTTESI va incontro ad oggettive
difficoltà: così poliziotti, carabinieri, assistenti sociali, chiunque.
L’A.G. – autorizzerà gli incontri tra il padre e la bambina solo in ambito protetto e
sotto la vigilanza – non potrà fare a meno di disporre delle CTU ed il risultato
confermerà le impressioni che anche un profano non può non avere: il
GROTTESI risulterà affetto da un “disturbo di personalità di stampo narcisistico
dovuto a un vuoto empatico affettivo”; egli, secondo gli psichiatri fiduciari del
Giudice, dovrà curarsi in apposite strutture specializzate (rectius :”idonee”).
La PUMA viene ritenuta sana e la bambina vivrà sempre con lei. Sempre.
Sciagurato trasferimento da Milano a Roma
Gli anni passano e, come giusto che sia, anche la PUMA intende progettare e
cercare di costruirsi la propria vita.
Avendo trovato un lavoro peraltro così facendo, andando cioè a vivere a Roma,
pensa di favorire il rapporto tra padre e figlia visto che il GROTTESI, il medico
GROTTESI, vive e lavora a Roma.
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I giudici minorili di Milano autorizzano così il trasferimento a Roma di Federica e
della bambina, cosicché il “fascicolo” riguardante Beatrice passa per competenza
al Tribunale per i Minorenni di Roma.
Purtroppo però il GROTTESI … non cambia!
Le assistenti sociali che prendono in carico la pratica, come i colleghi di Milano
precedentemente, capiscono subito con chi hanno da fare e relazionano
puntualmente e circostanziatamente il Giudice.
Il giudice Tutelare di Roma ,dott.ssa Giammarco inibisce a questo punto al
GROTTESI sinanco gli incontri protetti con la bambina.
L’Avv.
Maria Gabriella Zimpo, nominata curatore speciale della bambina,
spedisce anch’essa una relazione al Tribunale ove spiega che la PUMA è un
ottima madre mentre il GROTTESI crea forti problematiche; la piccola, che nel
frattempo è cresciuta, secondo la ZIMPO sta benissimo ed è ben curata dalla
mamma.
INIZIO DEL TOTALE TRAVISAMENTO e STRAVOLGIMENTO DEI
FATTI
E a questo punto che il GROTTESI si fa furbo e riesce artatamente a catapultare
le cose.
Dapprima con un colpo di mano denuncia le assistenti sociali (Deborah Maffeo e
Elisabetta Iannitti) e riesce a farle sostituire, secondariamente inizia subdolamente
ad accattivarsi le simpatie delle neo nominate assistenti sociali dicendo loro: “io
ho problemi con la bambina, aiutatemi”.
Le due cadono nel tranello e in un battibaleno imbastiscono la loro assurda teoria
con cui riusciranno ad indurre in errore i Giudici.
Non è più il GROTTESI che ha problemi, no, nemmeno per idea, secondo il duo
MOSE’-ROSSI, il caso sarebbe da inquadrarsi in un conflitto tra i genitori,
conflitto che potrebbe danneggiare la bambina.
Ma vedete un po’ che fantasia!
Beatrice non è una bambina nata e vissuta insieme a dei genitori che dopo anni si
lasciano ed entrano in conflitto tra di loro (cosa normalissima del resto, anche se
antipatica) ma una bambina che ha sempre e solo vissuto con la madre.
Qui l’unico conflittuale, pure con se stesso, è solo ed unicamente il
GROTTESI.
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Orbene, il duo MOSE’- ROSSI, riesce a far emettere un provvedimento al
Tribunale per i Minorenni di Roma che è tutto un programma.
Siamo arrivati a luglio del 2011: l’A.G. minorile (Pres. Dott. Cavallo e rel.
Giudice dott. Rispoli) sospende per sei mesi la potestà di entrambi i genitori; oltre
al già nominato curatore speciale Zimpo, nomina alla bambina un Tutore
provvisorio, FULVI Giovanni; affida la minore ai servizi sociali; lascia la
bambina collocata presso la madre; dispone liberamente gli incontri tra la
bambina ed il padre, compresi i pernotti, e decide anche su come comportarsi
d’estate.
Alla base di tutto questo capolavoro di provvedimento, la conflittualità tra i
genitori di Beatrice (verrà tempestivamente e ritualmente reclamato dalla PUMA,
ma l’udienza verrà fissata alla scadenza dei sei mesi; si decide pertanto che non
vale la pena insistere nell’impugnazione, tanto ormai i sei mesi sono passati e
anche per dimostrare che non vi è affatto la conflittualità che vogliono far credere
le dipendenti dei servizi sociali del IV Municipio di Roma).
All’udienza del 6 dicembre 2011 (presidente dott. Carmela Cavallo, a latere il
giudice dott. RISPOLI) si è lì per tirare le somme i sei mesi di sospensione della
potestà dei genitori.
La bambina, Beatrice, adesso ha quasi sette anni (lì compirà esattamente il 17 di
quel mese) ed ha trascorso il mese di agosto 15 giorni con la mamma al mare e 15
giorni in montagna col padre; frequenta la scuola Suor Maria Ausiliatrice di
Roma, istituto religioso privato frequentato da famiglie del suo stesso tenore
socio-economico, e una settimana sì e una settimana no il padre va a prenderla a
scuola il venerdì e la riaccompagna il lunedì.
Situazione, tutto sommato, tranquilla.
Orbene, dal cilindro magico, nel corso di detta udienza, sempre all’improvviso
come nel loro stile, il duo MOSE’- ROSSI tira fuori inaspettatamente una
relazione con cui chiedono che il Tribunale per i Minorenni disponga che la
bambina venga collocata in casa famiglia.
Motivo? La conflittualità dei genitori naturali della bambina che si sono separati
immediatamente dopo la nascita della stessa
Si rimane a dir poco allibiti e stupefatti: da dove saltano fuori queste conclusioni?
Non è tutto.
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Interpellati seduta stante il curatore speciale Zimpo ed il tutore FULVI, anche
questi aderiscono alla proposta (diventano tutti consulenti di neuropsichiatria
infantile).
Il Tribunale vorrebbe subito riservarsi per decidere, nonostante la difesa della
signora PUMA chiedesse legittimamente un termine quantomeno per poter
esaminare e controdedurre sulla richiesta formulata in quell’istante preciso dai
servizi sociali.
A quel punto il Grottesi insorge gridando a gran voce: “Ecco! perdiamo altro
tempo!”.
Il Presidente del Tribunale fa capire che non concederà alcun termine alla Difesa
della Puma senonché il P.M. presente in Camera di Consiglio chiede lui un
termine per esprimere il proprio parere.
Al P.M. viene concesso il termine ed a quel punto alla Difesa vengono date
ulteriori 48 ore, dopo il parere del P.M., per potere contraddire.
Alla fine di tutto questo viene fuori quella orrenda e terrificante decisione che
porta la data del 12 dicembre, ma che verrà resa nota solo dopo la sua esecuzione
e cioè il fatidico 14 dicembre 2011.
Com’è noto questo provvedimento verrà reclamato, la Corte d’Appello
confermerà con una motivazione che è tutto un programma e sulla sua legittimità
pende tuttora ricorso avanti la Corte Suprema di Cassazione. Speriamo sempre
che il tempo sia galantuomo.
Torniamo quindi da dove avevamo iniziato e cioè alla trasformazione in una vera
e propria tragedia di questa vicenda di volontaria giurisdizione, dove da un lato vi
è una madre che vuole affidata la figlia, che ha sempre assistito e curato con
immenso amore, mentre dall’altra vi è un padre felice che la stessa sia collocata in
casa famiglia e che senza alcun pudore afferma che vorrebbe che venisse data in
adozione (purché non stia con la madre!), ma lui non la reclama.
La bambina viene così rinchiusa in una Casa Famiglia, potrà vedere la mamma
soltanto un’ora a settimana, questo per espressa volontà dei Servizi Sociali,
nonostante il Tribunale abbia disposto due incontri la settimana; non potrà vedere
più i nonni materni; è costretta a cambiare scuola (la iscrivono in una scuola
statale di periferia), non potrà più rivedere le proprie compagnette e le proprie
insegnanti, zii, cugini e parenti.
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D’un tratto Beatrice ha perso tutto!
Nessuno si preoccupa del grave trauma e dei pesanti danni conseguenziali psicofisici che questa bambina sta subendo e continuerà a subire.
Il padre Alfonso Grottesi difende a spada tratta il provvedimento che ha disposto
il carcere per sua figlia.
Seguono tutta una serie di attività giudiziarie, che non è qui neppure il caso di
richiamare, tuttavia il fascicolo cambia Collegio ed ad occuparsene adesso è un
nuovo Collegio con il Presidente dott. Angela Rivellese ed a latere il Giudice
Cristina Capranica.
All’udienza del 17/4/2012 vengono sentite le responsabili dei Servizi Sociali
Luisa Mosè ed Antonella Rossi.
Alla domanda perché avessero deciso unilateralmente di ridurre ad un solo
incontro settimanale, quando invece i giudici ne avevano disposti due, o perché
avessero deciso di impedire gli incontri con i nonni, esse non sanno
sostanzialmente cosa rispondere, viceversa allorché viene chiesto loro perché
avessero stabilito di cambiarle persino la scuola, esse rispondono candidamente
che la bambina andava “scollegata”.
Non solo, ma vi è di più.
Alla domanda: dott.ssa Mosè Lei che dice queste cose, dal 14 dicembre ad oggi,
quante volte ha visto la bambina?
Risposta: “Tre volte compreso il 14 dicembre”.
Lo sconcerto è profondo e chiunque rimane allibito, fatto è che il Tribunale, nella
nuova e diversa composizione, decide e ribadisce che gli incontri con la mamma
dovranno essere non meno di due a settimana, della durata di almeno due ore, con
la possibilità di uscire fuori dalla struttura per una passeggiata o per un evento
ludico, ed in più ogni 15 giorni la bambina potrà incontrare i nonni materni, che
sono PUMA Roberto e LEONE Luisa.
Incidenter tantum: come mai le assistenti sociali Deborah Maffeo e Elisabetta
Iannitti vengono prontamente sostituite dopo le denunzie del GROTTESI mentre
il duo Mosè-Rossi gode della inamovibilità assoluta?
A questa domanda dovrebbe rispondere il Dirigente Responsabile del
Dipartimento in intestazione, a cui, per quanto di competenza, viene trasmessa
copia del presente atto.
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Il Tribunale va oltre e, con l’intento (comprensibilissimo) di vederci chiaro ed
approfonditamente, dispone una CTU nominando come consulenti la Prof.ssa
Marisa MALAGOLI TOGLIATTI ed il Prof. Ugo SABATELLO, docenti
universitari nonché medici.
Ora, vero è che quest’ultimo provvedimento rappresenta certamente una schiarita
rispetto al buio precedente in cui si era sprofondati, rimane tuttavia aperto il forte
dubbio che la strada intrapresa non sia la più idonea o la più giusta.
Da tener presente che nessun fatto nuovo è emerso rispetto al provvedimento del
14 dicembre 2011, tuttavia alcune cose sono cambiate e ciò è avvenuto
semplicemente perché
si sono appena appena approfondite ancor meglio le
valutazioni rispetto ad un procedimento colmo e stracolmo di carte che se però
non vengono esaminate rimangono cose oscure.
A parte quel che diremo dopo sulla nomina dei consulenti, vi è da riflettere sul
fatto che relazioni peritali sulla capacità genitoriale sono già in atti e non è
pensabile che si possano continuamente fare perizie psichiatriche all’infinito e per
accertare poi che cosa, il sintomo qual è, il pensiero del duo Mosè-Rossi?
Cioè di quelle due che ostentatamente dichiarano in udienza che alla bambina
andava cambiata la scuola perché andava scollegata?
L’elettrodomestico è a massa, per cui scolleghiamo la spina di corrente così
evitiamo il corto circuito.
Queste due scienziate hanno voluto che si praticasse l’ elettroshock psicosociale
alla bambina, questa è la verità.
E non ne hanno i titoli, peraltro, non essendo neppure medici.
Domanda: è questo loro agire esercizio abusivo della professione di medico,
previsto e represso dall’art. 348 del nostro codice penale?
Questo dubbio impone che copia del presente atto vada al Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale Ordinario in sede.
Ma per favore!
Le cose dette in aula dalla Luisa Mosè e dall’Antonella Rossi sono delle
bestemmie inascoltabili!
Vi è in più da dire che questi difensori hanno eccepito e dedotto la sofferenza
della bambina, ovvero l’incompatibilità del suo stato psico-fisico con il regime di
sostanziale detenzione, o se non vogliamo usare questo termine, potremmo usare
il termine di regime di scollegamento tanto caro al duo Mosè-Rossi.
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Or non vi è dubbio che in questo caso, in assenza di norme specifiche non si può
non ricorrere al procedimento analogico, e l’unica disposizione normativa che ci
viene in soccorso è dato dal combinato disposto degli artt. 275 n°4 bis c.p.p. e 299
comma 4 ter, secondo la quale il perito deve relazionare al giudice entro cinque
giorni.
Or è avvenuto che i CC.TT.UU. nominati, insensibili a queste legittime lagnanze,
hanno chiesto 120 giorni di tempo per rispondere ai quesiti, manifestando inoltre
il loro chiaro intento di volersi avvalere della sospensione feriale dei termini (cioè
altri 46 giorni).
In pratica, salvo proroghe, avremo una relazione scritta fra non meno di 6 mesi.
Domanda: cosa resterà di Beatrice fra sei mesi?
Così la bambina non sarà solo scollegata ma sarà addirittura ibernata.
Cui prodest?
Pertanto, ci viene da concludere chiedendo innanzitutto la revoca della disposta
CTU, perché assolutamente ultronea, inconducente ed irrilevante ed in ogni caso
che venga revocata la nomina dei designati CC.TT.UU., in particolare la Prof.
Marisa Malagoli Togliatti sul cui operato si hanno seri dubbi, considerata la
pubblica denunzia di aver “modificato, manipolato e falsificato i test” che hanno
comportato che una bimba venisse tolta alla madre (V. dichiarazione resa in
diretta TV nazionale da Ginevra Almerighi, nel corso della trasmissione
MATTINO CINQUE del 24 maggio 2012, su Canale5).
Prima di nominare nuovi CTU, perché non chiedere all’avv. Zimpo, zelante
curatore speciale, i motivi che l’hanno indotta a modificare il suo parere sulla
PUMA e a formulare il suo parere (a lui che non è medico) di collocare la
bambina in casa famiglia?
Il buon FULVI, pure lui, che competenze ha per esprimere parere favorevole a
che la bambina vada in casa famiglia?
E’ regolare tutto questo?
Possibile che non abbiano alcuna valenza i pareri pro veritate del Prof. Antonino
Petralia Docente di Psichiatria all’Università di Catania e del Dott. Andrea
Mazzeo, Psichiatra, Dirigente presso l’ASL di Lecce?
Il duo Mosè-Rossi è addirittura felice dei risultati della loro terapia
(l’imprigionamento di Beatrice)
11
Tanto che ostentano sicure: il padre adesso sta meglio!
Quindi, cinicamente e ignorantemente, esse sostengono che far stare la bambina
chiusa in casa famiglia serve perché il padre così migliora le sue condizioni
psichiche.
E normale tutto questo?
Per tutto quanto sopra, PUMA Federica, come sopra rappr. e difesa, meglio
rivalutata la situazione (MELIUS RE PERPENSA)
CHIEDE
1. che l’On.le Tribunale disponga immediatamente che la piccola Beatrice
Grottesi venga collocata presso la madre;
2. che venga revocata la disposta CTU;
3. che subordinatamente si prenda atto della espressa e riformulata istanza di
ricusazione dei CCTTUU nominati ed in particolare della CTU Marisa
MALAGOLI TOGLIATTI;
4. che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario in sede valuti
la eventuale sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione medico
sanitaria da parte delle dipendenti dei Servizi Sociali del IV Municipio di Roma,
Dott.ssa Luisa Mosè e Dott.ssa Antonella Rossi.
Roma, 25 maggio 2012
Federica Puma
Avv. Giuseppe Lipera
Avv. Raffaella Scutieri
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