Da Rovereto all`Europa: così aprirò il Mart ai visitatori di
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Da Rovereto all`Europa: così aprirò il Mart ai visitatori di
Data 10-10-2014 Pagina Foglio 1/4 NETWORK ACCEDI ABBONATI Cerca HOME INCHIESTE Sei in: HOME VISIONI PALAZZO CULTURA ATTUALITÀ AFFARI INTERNAZIONALE "Da Rovereto all’Europa: così aprirò... Consiglia VISIONI 0 Tweet OPINIONI 1 BLOG Pinterest FOTO 0 VIDEO 2 Email CULTURA "Da Rovereto all’Europa: così aprirò il Mart ai visitatori di domani" Nato come museo territoriale, oggi il museo della città trentina vuole passare le Alpi. Il direttore Cristiana Collu spiega un successo che unisce storia e filosofia, analisi ed emozione DI ENRICO AROSIO FACEBOOK TWITTER PINTEREST GOOGLE Se la globalizzazione dell’arte ha un volto e un corpo, ebbene, potrebbe incarnarsi nei colori chiari, nello sguardo ferreo e nelle braccia tatuate di una donna vestita in nero curatoriale (ma non sempre) che a prima vista parrebbe all’incrocio tra la parigina e la danese. E invece è nata in Sardegna da famiglia con radici barbaricine, Codice abbonamento: 067530 EMAIL 10 ottobre 2014 Cultura 10-10-2014 Data Pagina Foglio 2/4 si è formata a Cagliari, Madrid e Sydney, ed è stata proiettata da una buona stella nel Trentino della cultura altamente sovvenzionata. Anche solo fisicamente Cristiana Collu somiglia molto, e non somiglia affatto, al Mart che oggi dirige. Passata la boa del decennio, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto si ritrova, nel ricco Nord-Est, a fare i conti con la crisi del sistema Italia; e a difendere, nondimeno, il suo status di polo d’eccellenza. Di recente sono accadute un po’ di cose. Al posto del presidente Franco Bernabè è arrivata una donna di Confindustria, Ilaria Vescovi; e nel consiglio di amministrazione un tedesco-milanese, l’editore Carlo Feltrinelli. Lo staff, oggi, è largamente presidiato da donne, dal settore mostre alle relazioni esterne all’amministrazione. Oltre a Casa Depero, il museo roveretano ha annesso anche la Galleria Civica di Trento, sempre sull’asse modernocontemporaneo, per cui oggi il Mart è uno e trino. Dopo un debole 2012, nel 2013 si è risaliti a 180 mila visitatori, e quest’anno (misurato a fine agosto) si viaggia su un più 20 per cento. L’area educazione ha coinvolto 35 mila studenti. Non sono mancati i visitors soprendenti, da Massimo D’Alema a Kengo Kuma, astro dell’architettura giapponese. Ma la danarosa Provincia autonoma ha ridotto il contributo da 6 a 4,8 milioni l’anno, e Cristiana Collu è lì che combatte: allargando i linguaggi, e le collaborazioni in Europa. Con “La guerra che verrà non è la prima”, ambiziosa mostra che apre il 4 ottobre e dura un anno, il Mart a cosa ambisce: a stabilire un nuovo modello espositivo? Trovaci su Facebook L'Espresso Mi piace L'Espresso piace a 251.901 persone. Per cui “La guerra che verrà” slitta avanti e indietro, sposta gli sguardi, tesse relazioni tra temi e tempi. Metodo audace, che non nasconde la voglia di stupire, come il biplano francese Cultura Codice abbonamento: Ecco il perché di un approccio narrativo complesso, che dall’arte tocca il vissuto, il simbolico, la politica, la propaganda. Non sarà una mostra di soli Balla e Severini, per capirci. Cristiana Collu, poi, sul Novecento ha idee sue: «C’è chi dice che inizia nel 1913, come Alain Badiou, e si domanda se si chiuda col 2000: forse no, Badiou va ben oltre il “secolo breve” di Eric Hobsbawm». Non è nuova ai filosofi, Cristiana Collu. L’anno scorso, per la mostra “L’altro ritratto”, ha chiamato a curarla da Parigi Jean-Luc Nancy. Non si conoscevano, per lei lui era «il libro sul mio comodino»; Nancy ha accettato subito. 067530 Collu premette: «Per ragioni geografiche e - uso una parola discutibile - identitarie, il Mart è anzitutto un collettore di istanze di tipo storico. Su questo territorio ci sono competenze e memorie familiari. Occuparci del tema guerra nel 2014 è stato inevitabile. Sapevamo dal principio che non si può parlare solo della Grande Guerra, ma bisogna proiettarsi sull’oggi». Data 10-10-2014 Pagina Foglio 3/4 appeso sopra l’ingresso al museo di Mario Botta. Del resto Collu ha un eloquio singolare: teoretico, più che “artistico”. Frasi come: «La mostra deve dire la verità»; «Non temiamo di essere scabrosi»; «Non edulcoriamo la violenza, ma ci apriamo alla speranza»; «Il rapporto tra speranza e oblio non è scontato». E quando ragiona su come esporre la complessità di cent’anni di conflitti usa l’immagine dell’alternarsi di bosco e radura, e il termine «Lichtung», che evoca Heidegger. Qual è, in generale, l’idea di museo che il Mart vuole esprimere, nel 2014? «La parola è la stessa», risponde, «è cambiato il modello. A me preme che un’istituzione del territorio dialoghi con l’Europa; che non tenga lezioni di storia dell’arte, perché un museo non è un manuale; e che si apra alle nuove generazioni, i visitatori di domani. Un museo di successo oggi deve comunicare prossimità e familiarità». Ovvero? «Il visitatore deve entrarci con l’idea di ritornare a qualcosa che ha frequentato da piccolo, lo ha emozionato, divertito. Che possa dire: “Fa parte della mia esperienza”». Il museo, dunque, come polo culturale e, insieme, attore sociale. Collu ama una definizione del curatore inglese David Thorp: «Mi aspetto che un’istituzione artistica del XXI secolo sia flessibile, sincera, democratica, multiculturale, contraddittoria e audace. Splendida quando è ricca, eroica quando non ha denaro». Una macchina come il Mart, che consuma 6 milioni di euro l’anno, dà lavoro a un centinaio di persone ed è anche fisicamente ben tenuta, è anzitutto una declinazione dell’autonomia come principio politico. La Provincia copre l’80 per cento dei finanziamenti, il modello è quello. Ma diversamente dal Museo del Novecento di Milano, il Mart non ha un main sponsor privato. La novità è che direttore e Cda vorrebbero aumentare la quota di entrate da partner esterni. 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Inoltre, è meglio tenersi distanti dall’eccesso di specialismo, perché oggi (diceva Flaiano) «anche il cretino è specializzato». A lei è caro il tema dell’eredità: comunicare non solo ciò che abbiamo ricevuto, ma lasciare a nostra volta le letture del nostro tempo a chi verrà: «Qui si gioca la partita», scandisce la signora, che si è formata sull’arte tardo medievale ma si è poi sempre più avvicinata al gran circo delle espressioni contemporanee. La fulminazione, racconta, avvenne in quel di Madrid, durante le ricerche per il dottorato. Una mostra al Reina Sofia, “Cocido y crudo”, il cotto Data 10-10-2014 Pagina Foglio 4/4 e il crudo, ispirata alle teorie di Lévy-Strauss. «Lì ho pensato di poter fare questo mestiere». Allargarsi al contemporaneo, si sa, comporta rischi. I margini sono spesso sfuggenti, gli esiti arbitrari: la confusione col sistema moda, il flirtare con la logica mediatica, il farsi strumento di interessi finanziari, vedi i casi ovunque dibattuti del “fenomeno Koons” o del “fenomeno Hirst” o del “fenomeno Cattelan”. Proviamo a stuzzicarla sul fatto, spesso sottaciuto, che nel sistema espositivo italiano, il moderno (diciamo 19001945) fa numeri di molto superiori al contemporaneo. E qui s’intuisce che Collu teme insidie, e si limita a dire: «Il moderno resiste e piace perché è consolatorio. Sembra risolto. Ci si va per riconoscere, e rimane l’innamoramento». Davanti al contemporaneo invece che ci succede? «Sul contemporaneo siamo più all’erta, perché ci rimette in discussione. Ma, per quanto sia giusto non consumare tutto in modo acritico, non possiamo rinunciare a esprimere il nostro tempo». Viene in mente Karl Kraus: «Anche la vecchia Vienna una volta era nuova». Chiudiamo dunque con i buoni propositi per l’avvenire. La Casa d’arte Depero va benino, ma i numeri (25 mila visitatori 2013) potrebbero crescere. «Vorremmo animare di più l’offerta, un po’ di sperimentazione, qualche resident artist, ricerca del suono o dell’immagine digitale, come sarebbe piaciuto a Depero». Come rilanciare l’identità della Galleria Civica di Trento, il terzo polo gestito dalla piccola Rovereto? «Suggellando una sorta di patto con la città, su un percorso di storia del Novecento, fino a oggi, con quattro mostre l’anno». Nel 2015, per esempio, sono in arrivo “Il mio corpo, il tuo conflitto”, e l’astrazione oggettiva degli anni Sessanta-Settanta. Quel che ancora manca, al sistema Mart, è una quota consistente di visitatori stranieri. Sarà cruciale riuscire a intercettare una parte del poderoso flusso di turisti tedeschi e centroeuropei che calano in Italia dal Brennero. Abbattendo, per così dire, il “Muro del Garda”, un sistema turistico conchiuso nei suoi riti vacanzieri. Non solo grigliate, Bardolino e windsurf, insomma. Anche un po’ di art, meglio se al Mart Tag MUSEI ROVERETO ▪ » ▪ ESPRESSO+ ▪ L'ESPRESSO SU IPAD ▪ ABBONAMENTO CARTACEO CRISTIANA COLLU ▪ NEWSLETTER 10 ottobre 2014 Login Scrivi un commento 0 commenti Cultura Ordina Codice abbonamento: 067530 © Riproduzione riservata MART IL NUMERO IN EDICOLA