qui - Digitalkids
Transcript
qui - Digitalkids
NON SOLO VIDEOGIOCHI O C E A N O W I I di Giuseppe Romano C’era una volta un oceano rosso, insanguinato dallo scontro dei pesci che si predavano l’un l’altro. Un pesce astuto e stanco della guerra si disse: ci sarà da qualche parte un oceano azzurro dove nuotare in pace. Lo cercò finché non lo trovò. E visse felice e contento. Questo apologo non me lo sono inventato. È il mantra produttivo e commerciale adottato negli anni scorsi da Nintendo, l’azienda giapponese che nel primo decennio degli anni Duemila ha rivoluzionato il mondo dei videogiochi inventando dapprima, nel 2004, la console portatile Nintendo DS e quindi, nel 2006, l’ormai celebre Nintendo Wii, concepita per far muovere chi gioca. Erano due mondi del tutto nuovi, così diversi dalle proposte concorrenti da configurare davvero un altro mondo non inquinato e non competitivo. È stato così per parecchi anni. Ma ora non è più così: anche quell’oceano si è man mano tinto di scarlatto. La console Nintendo DS (poi DS3) è stata un evento profondamente innovativo: quel «DS» sta per dual screen, doppio schermo, e significa che aprendo il parallelepipedo tascabile si scoprivano due schermi, uno su ogni faccia interna. Uno di essi era un touch screen, uno schermo tattile che si poteva controllare tramite uno stilo. Le cartucce per Ds contenevano giochi o programmi d’intrattenimento e d’istruzione: per imparare lingue, per fare cruciverba eccetera. Fino ad allora l’idea di utilizzare schermi del genere non era popolare. Lo sarebbe diventata dopo la diffusione del primo iPhone Apple, nel 2007. Il DS, perciò, introduceva un nuovo modo d’interagire che si diffuse a macchia d’olio e conquistò non soltanto i bambini a cui la console era primariamente diretta, ma anche gli adulti che scoprirono un sistema intuitivo e molto più immediato di quanto non proponessero gli astrusi pc e console. L’oceano non era soltanto azzurro, ma anche limpido e tiepido: l’ideale per bagni lunghi e ristoratori. Se ne accorsero in molti anche fra i produttori e gli editori: le cartucce per DS si moltiplicarono proponendo, accanto al mondo più propriamente game, anche interessanti prodotti culturali, educativi e artistici. Poi arrivarono gli squali. Il loro nome era «R4», una flashcard – una scheda di memoria – che nelle stesse dimensioni esterne di una cartuccia poteva contenere decine di giochi per DS scaricati e copiati illegalmente e soprattutto gratuitamente. Nel giro di un paio d’anni il fiorente «mercato libero» appassì e sopravvissero soltanto i giochi prodotti dalla stessa Nintendo (quella di SuperMario, per intenderci) e da qualche grande editore che comunque riusciva a guadagnarci. Tutti i pesci piccoli invece furono fago- 25 citati dal nuovo predatore, che rendeva insostenibili i costi di produzione, dato che il rapporto tra copie vendute e piratate era anche di una a varie decine. Frattanto nell’oceano sempre meno azzurro si era introdotta un’altra varietà di pesci, non predatori di per sé ma interessati allo stesso cibo col quale pascolava la DS: tablet e smartphone, sulla scia dell’iPhone e dell’Ipad, diffusero in maniera capillare l’utilizzo degli schermi tattili con «app» dal costo infinitamente inferiore. Oggi Nintendo Ds resiste, specie perché rimane molto adatta all’uso dei bambini, ma non è più la regina incontrastata del suo mare. Diversa è la storia dell’oceano in cui nuotava la Nintendo Wii, ma la fine è la medesima. «Wii» si pronuncia come in inglese il pronome che sta per «noi», e il nome metteva subito in chiaro l’intento sociale di questa console. Si manipolava tramite i «wiimote», controller che assomigliavano a telecomandi e interagivano registrando posizione e movimenti di chi l’impugnava. Il gioco che di gran lunga l’ha diffusa tra il grande pubblico è stato quello del tennis che veniva regalato insieme alla console: milioni di persone si sono sfidate in soggiorni e tinelli a rischio di distruggere mobili e soprammobili. Dal «noi» al «tu»: la nuova Wii U, commercializzata nel 2012, migliorava la qualità complessiva e aggiungeva un nuovo controller dotato di touch screen, a metà tra un Nintendo DS e un tablet. Doveva essere l’apoteosi ma anche in quel caso l’oceano si è arrossato ben presto. Tra i motivi, a mio parere, uno dei principali è che di fatto la gente si stufa di agitarsi per giocare: infatti soltanto i giochi «di ballo» restano molto popolari e cercati da coloro a cui piace il genere. Oltre a questo Nintendo paga il tentativo di assomigliare di più a una console tradizionale, prestando il fianco a una concorrenza che prima sfuggiva, e questo proprio quando i concorrenti lanciavano i loro nuovi prodotti. Infine, è il mondo dei videogiochi che è proprio cambiato con l’avvento dei terminali portatili e personali, che attirano molta attenzione (e molte spese). Per tutte queste ragioni, e per una discutibile politica promozionale, la Wii U è stata un fiasco: le ultime cifre danno un saldo annuale previsto per marzo 2014 di «soli» 2,8 milioni di esemplari venduti contro i 9 inizialmente sperati. Morale della favola: bello cercare oceani azzurri, e ne siamo tutti infinitamente grati a Nintendo. Ma in primo luogo è difficile restarci da soli, e in secondo conviene sempre continuare a cercarne altri (e non è affatto facile...). G.R.