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N. 00424/2015 REG.PROV.COLL.
N. 03897/2013 REG.RIC.
N. 04468/2013 REG.RIC.
N. 04658/2013 REG.RIC.
N. 05212/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3897 del 2013, proposto da:
Anact - Associazione Nazione Allevatori del Cavallo Trottatore, Anac Associazione Nazionale Allevatori Cavalli Purosangue, Agri - Associazione
Gentleman Riders D'Italia, Anap - Associazione Nazionale Allevatori Galoppo,
Anagt - Associazione Nazionale Allenatori Guidatori Trotto, Uncps - Unione
Nazionale Proprietari Cavalli Purosangue, Upt - Unione Proprietari Trotto, Uif Unione Italiana Fantini, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro
tempore, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Andrea Abbamonte, Fabiana
Seghini, Federico Tedeschini, Giovanni Pesce, con domicilio eletto presso
Studio Legale Tedeschini in Roma, largo Messico, 7;
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ministero
dell'Economia e delle Finanze, Assi - Agenzia per lo Sviluppo del Settore
Ippico, ciascuno in persona dei rispettivi legali rappresenti pro tempore,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
sul ricorso numero di registro generale 4468 del 2013, proposto da:
Società Ippica di Capitanata Corse Srl, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Paolo Bello, Michele
Castellano, con domicilio eletto presso Arnaldo Del Vecchio in Roma, viale
Mazzini, 73 Sc B Int 2;
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ministero
dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Soc Ippica Sassarese A Rl;
sul ricorso numero di registro generale 4658 del 2013, proposto da:
Comitato Corse Ippiche, Società Sma Srl, Società Ippica Sassarese Srl, Società
Sifj Spa (Ippodromo Paolo Sesto), Società Samac di Mori Ermanno e Fratelli
Snc, Società Modenese Srl, Società Saita Spa, Società Ippodromo di Chilivani
Ozieri Srl, ciascuna in persona del proprio legale rappresentante, tutte
rappresentate e difese dagli avv. Mauro Cimino, Giovanni De Luca, con
domicilio eletto presso Giovanni De Luca in Roma, via Pompeo Magno, 7;
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e Ministero
dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Soc Gestione Capannelle Spa - Hidro Group Roma Capannelle;
sul ricorso numero di registro generale 5212 del 2013, proposto da:
Baldi Stefano, Baldi Alessandro, Facci Felice, Poggetti Sergio, Maffei Patrizia,
Carli Federica, Capenti Sandro, Scatolini Andrea, Vannucci Alessio, Gori
Sandro, Fronzoni Francesco, Orsini Daniele, Pezzatini Riccardo, Ammannati
Simone, Alessi Lorenzo, Galanti Sonia, Braghittoni Maurizio, Villetti Vittorio,
Ansaloni Alessandro, Mengozzi Cristiano, Baldi Laura, Baldi Giancarlo,
Castellani Valter, Orsini Francesco, Malossi Mauro, Generali Giuseppe, Tuci
Enrico, Galluccio Antonio, Di Paolo Ottavio, Osti Leila, Scuderia Razza
Dormello Olgiata di Società Agricola C.I.T.A.I. S.p.A., in persona del legale
rappresentante, Del Rosso Sari, Fumagalli Vittorio Franco, Barbini Massimo,
Pantarotto Paolo, Moni Edoardo, Barsi Roberto, Renzulli Barbara, Accorinti
Francesco Antonio, Masini Paola, Minardi Laura, Romano Patrik, Ansaloni
Raffaele, Menichetti Riccardo, Riccardi Luigi, Bruni Sara, tutti rappresentati e
difesi dagli avv. Stefano Lupis, Stefano Matii, Cristina Gradi, con domicilio
eletto presso Stefano Lupis in Roma, v.le G. Mazzini, 6;
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, e Ministero
dell'Economia e delle Finanze rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi;
nei confronti di
Soc Samac di Mori Ermanno e F.Lli Snc;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 3897 del 2013:
- del decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di
concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del 31 gennaio 2013,
pubblicato in G.U. n. 75 del 29 marzo 2013, recante la ripartizione delle
funzioni già attribuite all’ASSI, nonché le relative risorse umane e finanziarie,
compresi i rapporti giuridici attivi e passivi;
- del rendiconto ex-ASSI al 31 dicembre 2012, nei limiti dell’interesse;
- dei provvedimenti, atti o decreti, se esistenti, con i quali, rispettivamente, il
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ed il Ministero
dell’Economia e delle Finanze, hanno approvato il bilancio 2012 dell’ex-ASSI
in forma definitiva;
- degli allegati allo schema di bilancio e di ogni altro atto connesso, presupposto
e conseguenziale.
quanto al ricorso n. 4468 del 2013:
- del decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, reso
di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, n. 67525 del 31
gennaio 2013, rubricato “trasferimento delle funzioni e delle risorse dell’ex
ASSI al MIPAAF ed all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”, registrato alla
Corte dei Conti – Ufficio di controllo degli atti del MISE e del MIPAAF in data
25 febbraio 2013 e pubblicato in G.U. n. 75 del 29 marzo 2013 (in particolare,
dell’art. 4 del predetto decreto, così come del relativo allegato 4);
- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.
quanto al ricorso n. 4658 del 2013:
- del decreto emesso dal Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e
Forestali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze il 31
gennaio 2013, art. 4, punto 4., allegato 4, pubblicato in G.U. in data 1° aprile
2013;
- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.
quanto al ricorso n. 5212 del 2013:
- del decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di
concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in data 31 gennaio
2013, pubblicato in G.U. n. 75 del 29 marzo 2013, intitolato “Trasferimento
delle funzioni e delle risorse dell’ex ASSI al MIPAAF ed all’Agenzia delle
dogane e dei monopoli”;
- degli atti attuativi del predetto decreto, successivi al 29 marzo 2012, che
impegnano e stanziano le risorse per il montepremi per le corse dei cavalli nel
triennio 2013-2015, compresi il decreto ministeriale n. 7547 del 26 aprile 2013
(programmazione delle corse cavalli per il mese di maggio 2013 e per il periodo
giugno-dicembre 2013) ed il provvedimento del 3 maggio 20015, recante
delega ai fini dell’adozione dei provvedimenti di variazione del calendario
nazionale delle corse per l’anno 2013.
nel ricorso nr. 3897/2013 e nel ricorso nr. 5212/2013 per il risarcimento del
danno;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in ciascun giudizio di Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2014 il dott. Salvatore
Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le parti ricorrenti in epigrafe, operatori delle attività ippiche o concessionari
della gestione di vari ippodromi meglio individuati in atti, agiscono
nell’odierno giudizio per ottenere l’annullamento del decreto n. 67525 del 31
gennaio 2013 e degli altri atti elencati, con i quali è stato, tra l’altro, adottato un
piano di rientro dei debiti ex ASSI, che viene ritenuto lesivo per articolate
ragioni di fatto e di diritto.
Più precisamente, le parti ricorrenti espongono che, in forza dei titoli concessori
della gestione degli ippodromi, si occupano sia della gestione degli impianti,
che dei servizi relativi alla organizzazione delle corse ed all’attività di ripresa
delle relative immagini televisive, percependo, quale remunerazione, un
corrispettivo corse, un corrispettivo impianti ed un corrispettivo riprese TV,
attività per le quali hanno maturato rilevanti crediti nei confronti
dell’Amministrazione, che sono oggetto del piano di rientro.
Riferiscono che, con deliberazione del Commissario straordinario n. 116 del 22
dicembre 2011, ASSI comunicava la riduzione dei trasferimenti agli ippodromi
già previsti a carico dello Stato a titolo di corrispettivo impianti.
L’art. 23-quater, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95 (convertito in
legge 7 agosto 2012 n. 135) disponeva quindi la soppressione dell’Agenzia per
lo sviluppo del settore ippico (ASSI), subentrata alla soppressa UNIRE,
demandando a successivi decreti la ripartizione fra il Ministero delle Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli delle
funzioni ex-ASSI e delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.
Con il decreto oggetto dell’odierna impugnativa veniva data attuazione alla
indicata previsione di legge, statuendosi (art. 4) il subingresso del Ministero
nella situazione creditoria e debitoria ex-ASSI desunta dal bilancio di chiusura
al 14 agosto 2012 risultante dalla deliberazione n. 71 del 24 gennaio 2013 del
Commissario straordinario della soppressa Agenzia.
La norma da ultimo indicata stabiliva – tra le altre cose - un piano triennale di
rientro a copertura dei debiti ex-ASSI e riduceva ulteriormente le giornate di
corse assegnate a ciascun ippodromo.
Nel sottolineare come il ritardato pagamento degli emolumenti dovuti agli
ippodromi per l’anno 2012 determini un grave squilibrio economico (atteso che
gli introiti di questi ultimi sono, per la massima parte, rappresentati dai
corrispettivi
ex-ASSI),
le
ricorrenti
deducono
avverso
l’impugnato decretoministeriale articolati argomenti di censura, con i quali
fanno valere sotto diversi profili la violazione dell’art. 23-quater, comma 9,
del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95 (convertito in legge 135/2012), nonché il
difetto di competenza e l’eccesso di potere nelle sue varie figure sintomatiche,
la violazione delle norme sul procedimento, la violazione delle norme sul
pagamento dei debiti dell’Amministrazione pubblica (artt. 3 e 4 del D.Lgs.
231/2002).
In particolare, escludono i ricorrenti che la norma di legge della cui attuazione il
DM dispone, attribuisca all’Autorità ministeriale il potere di predisporre,
attraverso la pur prevista decretazione, piani di rientro dell’esposizione
debitoria dell’ASSI, ovvero riduzioni del calendario e delle giornate di corsa;
pur a fronte della situazione debitoria transitata da ASSI al MIPAAF,
quest’ultimo avrebbe illegittimamente ed unilateralmente diluito in un arco
triennale il soddisfacimento delle ragioni creditorie vantate nei confronti della
soppressa Agenzia; sarebbe così violato il diritto alla corresponsione degli
interessi moratori sull’importo dovuto, decorrente dal giorno successivo alla
scadenza del termine per il pagamento.
Con ulteriore capo di gravame, deducono inoltre l’avvenuta violazione dell’art.
3 della legge 241/1990, eccesso di potere, violazione del principio del giusto
procedimento, difetto di istruttoria ed erroneo presupposto di fatto, contestando
la considerevole riduzione del numero delle giornate di corse, prevista per il
triennio 2013-2015, che non sarebbe giustificata da alcuna motivazione, avuto
riguardo al pregiudizio che siffatta determinazione è suscettibile di arrecare agli
assetti finanziari dei gestori degli impianti ippici.
Nel ricorso nr. 5212/2013 è proposta domanda di risarcimento del danno.
Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, hanno eccepito
l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.
Con sentenza parziale nr. 1925/2014 pronunciata sul ricorso nr. 4468/2013, nr.
1943/2014 pronunciata sul ricorso nr. 3897/2013, nr. 1923/2014 sul ricorso nr.
4658/2013, e nr. 1916 sul ricorso nr. 5212/2013, in accoglimento delle
corrispondenti censure in proposito articolate dalle parti ricorrenti, è stato
annullato il decreto impugnato (segnatamente: art. 4; Allegato 4), nella parte in
cui dispone non già l’articolazione pluriennale del soddisfacimento delle
pretese creditorie vantate (dapprima nei confronti di ASSI, quindi) rispetto
all’Autorità ministeriale intimata, quanto, piuttosto, la mancata previsione di
interessi moratori che, in presenza dell’attuale piena esigibilità dei crediti,
consentano la preservazione dell’utilità economica in essi incorporata.
Quanto al capo di domanda relativo alla illegittimità del decreto nella parte in
cui dispone la riduzione delle giornate di corsa, è stata invece disposta
istruttoria, a carico del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
avente ad oggetto documentati chiarimenti in ordine:
- alla scelta, ivi operata, di articolare su base triennale una (peraltro consistente)
riduzione del numero delle corse da disputarsi annualmente;
- alle ragioni a fondamento della commisurazione annua del “taglio” operato.
L’Amministrazione intimata ha depositato in giudizio una propria relazione.
Le parti ricorrenti hanno controdedotto con proprie memorie, eccependo
l’insufficienza dei chiarimenti forniti ed insistendo per l’accoglimento del
gravame.
Alla pubblica udienza del 29 ottobre 2014, le cause sono state trattenute in
decisione.
DIRITTO
I) Preliminarmente, va disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, attesa
l’evidente connessione oggettiva tra i giudizi: la risoluzione delle controversie,
per quanto non già deciso dalla Sezione con le sentenze parziali richiamate in
parte narrativa, dipende infatti da unica questione di diritto identica in tutti i
ricorsi in epigrafe.
II) Nel merito, si osserva quanto segue.
A seguito delle sentenze parziali richiamate nella parte motiva, la vicenda
processuale inerente le domande di annullamento degli atti impugnati dedotte,
si è concentrata sull’ultimo motivo di gravame, con il quale le ricorrenti
lamentano l’immotivata riduzione delle previsioni delle giornate di corsa, cui
hanno interesse in quanto direttamente incidenti sulle rispettive aspettative di
remunerazione del servizio di gestione degli impianti che esse assolvono e sull’
interesse comune al rilancio e promuovimento dell’ippica, che le parti
condividono con la stessa PA in posizione collaborativa e concorrente.
IIa) E’ necessario premettere, in fatto, che nella parte qui d’interesse il piano di
rientro approvato con il decreto oggetto di gravame, così dispone:
“Nel
quadro delle poste attive e passive relative all’ex ASSI, particolare
urgenza rivestono le somme da corrispondere al settore ippico (premi agli
arrivi e finanziamento ippodromi ai sensi del DPR 169/98), che al 31 dicembre
2012 risultano essere pari a 96.664.524 euro. IN particolare, si rende
indispensabile porre rimedio al disallineamento degli incassi dei residui attivi,
determinatosi con la soppressione ASSI rispetto al pagamento dei residui
passivi, che comunque costituiscono obbligazioni giuridicamente perfezionate
….ferma restando la necessità di allineare l’incasso dei residui attivi con quelli
passivi per chiudere compiutamente la pregressa gestione ex ASSI, e tenuto
conto che la norma di soppressione dell’ASSI nulla dice al riguardo, lasciando
indeterminato il meccanismo di compensazione tra residui attivi e passivi, il
rientro a “legislazione vigente ed invarianza di bilancio” avverrebbe” con un
prospetto che riporta per ciascun anno di riferimento (2013, 2014 e 2015)
l’importo previsto nel capitolo 2290 “da destinare per il pagamento di residui
passivi”, distinto in “minore spesa per riduzione numero corse” e “altre minori
spese”.
Segue l’esposizione di un “costo medio giornata di corse”, distinto tra trotto
(euro 54.796) e galoppo (60.917), e risultante dalla sommatoria delle sottovoci
“montepremi”, “controllo corse”, “controllo antidoping”, “riprese tv”; viene
quindi esposto il “calcolo riduzione corse” con ulteriore tabella, distinta per
anno, per un complessivo ammontare di giornate ridotte pari a 971 per il trotto e
443 per il galoppo (e relativi risparmi conseguenti, sulla base del costo/giornata
di cui sopra); chiarisce il decreto che “per il 2013 la riduzione media del
numero delle corse è del 14% della programmazione ordinaria delle corse, con
esclusione dei Grandi premi che non verrebbero ad essere ridotti proprio per
concentrare le giornate ippiche favorendo il maggiore interesse degli
scommettitori ed il perseguimento di una maggiore selezione ippica. La
riduzione delle corse consente l’ottimizzazione del palinsesto delle scommesse”.
Seguono altri riferimenti di tipo previsionale (come al piano di comunicazione
dell’Ippica, che si prevede possa valorizzare il mondo dell’ippica sotto il
profilo dell’immagine, al nuovo regolamento antidoping, alla revisione degli
organi di giustizia sportiva e così via): in questo quadro d’insieme, il piano di
rientro prevede che “nel quadro del rafforzamento del gettito delle
scommesse…la riduzione del numero delle giornate di corse sarebbe in ogni
caso bilanciato, sotto il profilo del gettito delle scommesse, dalla possibilità di
offrire agli scommettitori italiani corse estere che hanno ridottissimi oneri
legati solamente all’acquisto delle immagini….in ogni caso nel corso del 2013,
indipendentemente dalle riduzioni di corse sopra proposte, si aggiungerebbero
a tale numero le corse che potrebbero essere non svolte per l’annunciata
chiusura degli ippodromi” di Tor di Valle, Milano Trotto ed Agnano, che
comporterebbe un ulteriore riduzione di spesa.
IIb) Nella relazione depositata in giudizio all’esito dell’istruttoria disposta dalla
Sezione, il Ministero riferisce che il numero di giornate di corse da ridurre in
ciascun anno è stato determinato sulla base di:
- una valutazione tecnica che, lasciando invariato il “tradizionale” rapporto tra
le giornate di corse per i due settori nella programmazione annuale (coperta per
il 60% dal trotto e per il restante 40% dal galoppo), ha escluso dal taglio i
Grandi premi nell’intento di salvaguardare le corse di maggior pregio;
- un’operazione matematica consequenziale tra i valori che si sono dapprima
riportati.
Riferisce altresì che a conclusione dell’esercizio finanziario 2013 l’andamento
gestionale ha consentito il recupero di ulteriori risorse per la copertura del piano
di rientro consentendo un minore taglio delle giornate di corse, in termini di 123
per il trotto (invece che 151) e 41 per il galoppo (invece che 80); riferisce che il
Ministero alla luce di tali risultati sta valutando le modalità di rideterminazione
del piano di rientro relativamente agli anni 2014 e 2015 in considerazione della
possibile sopravvenienza di residui attivi.
III) Alla luce di tali risultanze processuali, le censure articolate nei ricorsi in
epigrafe circa il difetto di motivazione del decreto impugnato e del piano di
rientro con esso approvato sono affidate ad argomenti condivisibili e dunque
vanno ritenute fondate, nei limiti che si espongono a seguire.
IIIa) Come le stesse ricorrenti deducono nella trattazione dei ricorsi,
il decretoin questione non approva un vero e proprio calendario delle corse, ma
reca solo una previsione di massima circa il loro numero, tanto che il Ministero,
nella relazione istruttoria versata in atti, riferisce che la previsione è stata
disattesa “in melius” per le ricorrenti in quanto nel corso del 2013 la riduzione è
avvenuta in maniera minore rispetto al previsto.
Trattandosi di un contenuto meramente previsionale, e non risultando dedotto
alcun gravame avverso il calendario vero e proprio delle giornate di corsa del
2013 o del 2014, sotto un profilo strettamente processuale la censura va quindi
considerata nei termini utili alla contestazione delle giornate che risulteranno
residuare per il 2014 (al momento della notifica della presente sentenza) ed a
quelle del 2015.
IIIb) Intanto giova rammentare che, a norma dell’art 3, comma 2, della l.
241/90, sebbene la motivazione non sia richiesta per gli atti a carattere generale
(come quelli di pianificazione e programmazione, v. T.A.R. Cagliari, sez. II 27
novembre 2013 n. 763, e sez. I 06 agosto 2013 n. 597 ed altre), questi ultimi
sono sindacabili nei limiti della loro coerenza interna e con gli scopi di tutela
che sono esplicitamente prefissati dalla norma attributiva del potere, secondo
criteri di ragionevolezza e proporzionalità (vedasi ad es. TAR Reggio Calabria,
28 maggio 2014, nr. 225, TAR Lazio, II ter, 14 ottobre 2014, nr. 10338).
Vale qui richiamare quanto soggiunge la giurisprudenza più avveduta, in tema
di limiti del sindacato del giudice sulla discrezionalità della PA, laddove ritiene
che “quella degli apprezzamenti tecnici non è sicuramente un’area riservata
alla pubblica amministrazione perché non rappresenta un’espressione di potere
funzionale. Ciò che è certamente precluso al giudice amministrativo (in sede di
giudizio di legittimità) è la diretta valutazione dell’interesse pubblico concreto
relativo all’atto impugnato: in altre parole, il merito dell’atto amministrativo
concretatosi nel giudizio di valore e di scelta che “specializza” la funzione
amministrativa. La questione di fatto, che attiene a un presupposto di
legittimità del provvedimento amministrativo, non si trasforma, soltanto perché
opinabile, in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva
ad una scelta di merito (notazione quest’ultima limpidamente scolpita da Cons.
Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601). Lo sconfinamento nella sfera del merito è
configurabile solo quando la statuizione del giudice si spinga a una diretta e
concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto giacché, in tal
caso, la volontà dell’organo giudicante finisce per sostituirsi a quella
dell’amministrazione” (così TAR Milano I, 10 luglio 2014, nr. 1805, secondo
cui l’esercizio del “potere è l’effetto di una fattispecie, l’interpretazione dei cui
presupposti spetta al giudice”).
Perfettamente in linea con tali principi e presupposti, questa stessa Sezione, con
le sentenze parziali pronunciate inter partes nel giudizio sugli odierni ricorsi, ha
ritenuto che “la discrezionalità tecnica, pur comportando valutazioni opinabili,
non si identifica con la discrezionalità amministrativa e, quindi, con il merito;
pertanto, quando si esercita tale tipologia di discrezionalità, non si decide cosa
sia più opportuno fare ai fini della miglior tutela dell'interesse pubblico (in ciò
consiste la discrezionalità amministrativa), ma si apprezza la sussistenza dei
presupposti applicativi dalla norma attributiva del potere, utilizzando regole
tecniche e compiendo valutazioni non certe, quanto, appunto, opinabili. Ne
consegue che il giudice, nel sindacare la discrezionalità, non deve limitarsi ad
un sindacato estrinseco finalizzato ad accertare se la valutazione
dell'Amministrazione sia palesemente erronea od irrazionale, ma può spingersi
ad un sindacato intrinseco che faccia applicazione delle stesse regole tecniche
utilizzate dall'autorità amministrativa, volto ad accertare l'attendibilità della
valutazione compiuta sotto il profilo della appropriatezza del criterio tecnico
prescelto e della correttezza del procedimento applicativo seguito. Il percorso
logico che l’organo di giustizia deve obbligatoriamente seguire, al fine di
pervenire ad un riscontro della legittimità dell’operato dell’Amministrazione,
non può in primo luogo prescindere dalla valutazione della motivazione
esternata a fondamento della scelta operata: ovvero, dalla verifica delle
(esternate) ragioni che ne costituiscono il presupposto giustificativo, onde
poter compiutamente apprezzare l’appropriatezza (rectius: la congruità e
conseguenzialità) della decisione adottata rispetto ai presupposti suscettibili di
considerazione e, comunque, con riferimento alla cura dell’interesse pubblico
che rappresenta l’obbligato terminale di riferimento dell’agere pubblico”.
IIIc) La risoluzione della controversia dipende dunque dal giudizio circa la
coerenza intrinseca del piano di rientro rispetto ai presupposti d’interesse
pubblico individuati ed esternati dall’Amministrazione – sulla base della norma
attributiva del potere ed in relazione ad essa - nei termini e nei limiti derivanti
da quanto sin qui esposto e di quanto ritenuto nelle sentenze parziali già
richiamate.
Alla luce di tali criteri, neppure dopo la relazione istruttoria depositata in
giudizio è dato comprendere le ragioni della riduzione del numero delle corse.
In primo luogo, così come deducono le ricorrenti, difetta la motivazione del
piano di rientro in ordine alla correlazione tra riduzione delle giornate di corsa
ed i risparmi di spesa attesi.
La premessa motivazione dalla quale prende le mosse la scelta di ridurre le
corse è individuata nell’esigenza di “porre rimedio al disallineamento degli
incassi dei residui attivi, determinatosi con la soppressione ASSI rispetto al
pagamento dei residui passivi, che comunque costituiscono obbligazioni
giuridicamente perfezionate”.
Il disallineamento degli incassi dei residui attivi rispetto al pagamento dei
residui passivi si riferisce evidentemente alle gestioni ex ASSI e dunque ad un
contesto temporale anteriore al 2013, mentre la riduzione degli oneri per il
pagamento dei costi delle corse è previsto (ed è quindi giuridicamente
imputabile) per gli esercizi a venire: dunque manca, nell’esposizione delle
motivazioni del piano di rientro, né risulta altrimenti percepibile un effettivo
collegamento logico tra premessa (esposizione dell’interesse pubblico, ovvero
interesse
al
recupero
del
disallineamento
pregresso)
e
conseguenza
(provvedimento adottato, ovvero riduzione delle corse future).
Inoltre, e sotto il profilo strettamente economico, nella gestione delle corse
ippiche la giornata di corsa è un costo a carico della PA nei termini
ordinariamente
dell’ippodromo,
necessari
il
ad
assicurare
il
compenso
della
controllo
antidoping
e
così
Ma
via.
gestione
la
stessa
giornata ippicadetermina anche un introito per la P.A., derivante dalla quota
parte delle scommesse raccolte.
Laddove gli introiti bilancino i costi, la gestione sarà in pareggio nonostante
l’inevitabile scarto temporale tra la realizzazione dei primi e il soddisfacimento
delle obbligazioni inerenti i secondi; laddove sussista una differenza a saldo
negativa per la PA, il relativo onere risulterà comunque finalizzato al
finanziamento ed al sostegno (in deficit) del settore ippico, gravando sulla
fiscalità generale.
Le scelte in ordine alla gradazione di queste grandezze ed alla opportunità di
finanziare o meno in deficit il settore dell’ippica sono ovviamente di tipo
eminentemente politico e dunque non sono sindacabili in sede di legittimità, ma
pur tuttavia vanno esternate o rese quantomeno intellegibili, così da consentire
agli operatori coinvolti nella gestione o comunque interessati ad essa di poter
adottare le loro decisioni basandole su aspettative ragionevoli.
Invece, nel piano di rientro non è indicato né risulta valorizzato ai fini del
calcolo del risparmio di spesa, nessun indicatore che dia conto di esse, posto
che ci si limita ad indicare un minor introito delle scommesse scaturente, in via
immediata e diretta, dalla riduzione delle giornate di corsa, così come, invero,
hanno puntualmente dedotto e censurato le parti ricorrenti.
Ne deriva l’inattendibilità, sempre sotto il profilo della motivazione, della scelta
di ridurre le giornate di corsa in relazione ai risparmi esposti come attesi.
In altri termini, il dato previsionale “mero” relativo all’immediata equazione tra
riduzione del numero di giornate e risparmio di spesa non è intermediato da una
altrettanto correlata esposizione dei minori incassi in termini di proventi delle
scommesse che invece avrebbe dovuto essere valorizzato allo scopo di
verificare l’effettiva convenienza del taglio.
Inoltre, così come ulteriormente dedotto dalla difesa delle ricorrenti nelle
memorie depositate in vista dell’udienza pubblica di discussione delle cause,
non è dato comprendersi neppure il “metodo” del taglio operato, che è avvenuto
sostanzialmente in maniera “lineare”.
Ferma restando la piena discrezionalità della PA di fissare per il futuro (e
dunque ferme restando le obbligazioni già assunte e giuridicamente
perfezionatesi che non possono essere elise per il tramite di mere previsioni di
bilancio) gli importi e le previsioni di finanziamento su base programmatica
(che attiene al merito amministrativo ed è dunque insindacabile sul piano della
legittimità), quando la PA intende operare un risparmio di spesa circa la
prosecuzione di servizi pubblici o di erogazioni a carico dell’Erario a sostegno
di attività produttive già in corso sulla base di convenzioni in essere, l’incidenza
di tali scelte sulle aspettative degli operatori (e sul mercato) è tale da imporre
l’adozione di un criterio selettivo basato su analisi compiute e misurabili di tipo
qualitativo, che assicuri che non vengano incise in maniera eguale situazioni
diverse, pena la violazione non tanto dell’obbligo formale di motivazione
(peraltro non dovuta in casi di attività di pianificazione), ma dell’obbligo
sostanziale di rispetto del principio di eguaglianza, avente rilievo costituzionale
e codificato nella legge 241/90 come principio generale di efficienza ed
efficacia dell’azione amministrativa che come tale si impone anche
nell’adozione degli atti di pianificazione, e la cui violazione comporta
l’illegittimità degli atti adottati.
In questi casi, infatti, la discrezionalità involge non più solamente valutazioni di
merito amministrativo vero e proprio (come quelle orientate alle scelte future),
ma anche scelte di tipo tecnico che devono poter essere verificate sulla base dei
presupposti (liberamente) scelti dall’Amministrazione: in materia di scelte di
spesa, vengono in rilievo le nozioni ampiamente elaborate ed approfondite dalla
scienza delle finanze circa gli obiettivi e le regole finanziarie delle politiche di
bilancio.
Nel caso dell’odierna fattispecie, le parti ricorrenti, nel censurare il difetto di
motivazione del decreto impugnato, non hanno meramente dedotto (in
negativo) l’assenza di un criterio di scelta circa le giornate ippiche da ridurre,
ma anche (in positivo) l’esistenza di vari ed alternativi criteri di valutazione
dell’efficienza della spesa cui l’Amministrazione avrebbe potuto attingere
(vedasi la consulenza tecnica, resa in un giudizio civile, depositata in allegato
alla memoria prodotta in vista dell’udienza pubblica di discussione delle cause).
In questo senso, il difetto di motivazione dedotto è volto a censurare l’atto
impugnato nella parte in cui ha disposto tagli lineari delle spese senza ricorrere
ad analisi di tipo qualitativo, possibili secondo i metodi alternativi allegati, così
da portare ad un taglio analitico delle giornate di corsa “improduttive” sotto il
profilo sia degli incassi che del rendimento delle spese sopportate dall’ente
(ovvero sotto il profilo dell’efficienza allocativa delle risorse pubbliche), e
condurre, ove necessario, alla limitazione delle giornate di corsa nei termini
dell’ottimale rapporto tra la massima diminuzione possibile della spesa ed il
miglior rendimento dell’erogazione del servizio.
A tale ultima circostanza va dunque riconosciuto, nel caso di specie, il valore di
dimostrare come il difetto di motivazione del decreto impugnato sia non solo
formale ma, soprattutto, sostanziale, essendo il risultato di un’operazione
meramente aritmetica basata non sulla qualità del servizio, ma sulla sola
suddivisione di risorse disponibili “a pioggia” (ancorchè con l’apprezzabile
limite della salvaguardia delle corse di maggior pregio).
Ferma restando la piena discrezionalità di selezionare le risorse da destinare a
copertura del servizio a venire, dunque, l’Amministrazione è tenuta a
suddividerne il carico tra gli ippodromi secondo un’analisi di merito e non
secondo una mera ripartizione pro capite.
IV) Da quanto sopra discende pertanto che il piano di rientro ed il
provvedimento impugnato che ne dispone l’approvazione sono illegittimi per
difetto di motivazione, derivandone l’obbligo per il Ministero emanante di
riformularlo, assicurando il confronto partecipativo con le parti ricorrenti e con
effetto per il periodo compreso tra la notifica della presente sentenza ed il 31
dicembre 2015.
V) La domanda di risarcimento, nei ricorsi in cui è proposta, è generica e come
tale va respinta, posto che l’annullamento degli atti impugnati (nella parte in cui
prevedono la distribuzione dei debiti verso gli operatori nel triennio senza i
necessari accessori di legge) è sostanzialmente satisfattivo delle pretese delle
parti; mentre non viene comprovato alcun effettivo ed attuale danno
ulteriormente o diversamente risarcibile.
Nell’assenza di ogni deduzione circa l’effettività della lesione, non può neppure
considerarsi ai fini della commisurazione del danno l’indicazione, contenuta in
atti, secondo cui quest’ultimo risulterebbe dalla differenza tra i minori
stanziamenti e quelli derivanti dalle previsioni per il 2013 dalle norme di
riferimento, attesa la natura meramente previsionale dello stanziamento
medesimo.
VI) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)
definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li riunisce,
accoglie le domande di annullamento e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati,
salvi gli ulteriori provvedimenti.
Rigetta le domande di risarcimento.
Condanna il Ministero resistente alle spese di lite che liquida nei confronti delle
parti ricorrenti, in solido tra loro, in ragione di euro 4.000,00 oltre accessori di
legge e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Mariangela Caminiti, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)