MILTON E LE ORIGINI DELLA LIBERTÀ DI STAMPA IN INGHILTERRA

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MILTON E LE ORIGINI DELLA LIBERTÀ DI STAMPA IN INGHILTERRA
MILTON E LE ORIGINI DELLA LIBERTÀ DI STAMPA
IN INGHILTERRA
di Laura Moscati
In Inghilterra, ancora più sensibilmente che in altri Paesi, l’emergere dei problemi connessi alla libertà di stampa nel XVII secolo è strettamente legato alle vicende religiose, politiche e istituzionali 1.
Dal punto di vista religioso, il problema della separazione del potere temporale
e spirituale connota sensibilmente l’Inghilterra dei Tudor e degli Stuart tanto che
la libertà e la tolleranza religiose diventano un punto di convergenza degli interessi degli intellettuali del periodo. In particolare, già alla metà del XVI secolo, la
Chiesa nazionale inglese aveva assistito al formarsi del movimento puritano in nome della tolleranza religiosa.
Dal punto di vista politico e istituzionale, con il passaggio dai Tudor agli Stuart,
l’Inghilterra inizia il processo di secolarizzazione politica della Corona che condurrà alla Rivoluzione del 1688 e al tentativo di modificare a vantaggio della Corona stessa il tradizionale equilibrio tra autorità regia e Parlamento con l’introduzione di una monarchia assoluta simile ad altri Stati europei.
Questi aspetti di latente malcontento portano la Corona a esercitare un rigido
controllo della stampa, che rappresenta un veicolo straordinario di diffusione delle opinioni dei dissidenti, concentrando l’editoria nelle mani di una corporazione
di librai, la Stationers’ Company, attiva fin dal XV secolo con un’organizzazione di
stampo medievale 2. La corporazione assume, così, la funzione di controllare la
stampa in un momento di tensione per la politica inglese che minaccia la stessa stabilità del governo 3. Infatti, il monopolio concesso agli Stationers rafforza il loro po1
Cfr. in generale, sul periodo considerato, HARTH JR., The Rule of Law, 1603-1660: Crowns,
Courts and Judges, London, 2003.
2
Cfr. BLAGDEN, The Stationers’ Company in the Civil War Period, in The Library, 5ª s., 13 (1958),
pp. 1-17, poi ripreso nel più generale e fondamentale ID., The Stationers’ Company. A History, 14031959, Stanford, 1960; HARRIS-MYERS, Stationers’ Company and the Book Trade. 1550-1990, Winchester, 1997; alcuni documenti sono stati pubblicati da ARBER, A Transcript of the Registers of the Company of Stationers of London: 1554-1640, 5 voll., London, 1875-1894, e da MCKENZIE (ed.), Stationers’
Company Apprentices, 1605-40, Charlottesville, 1961; 1641-1700, Oxford, 1974; 1701-1800, Oxford,
1978.
3
SIEBERT, Freedom of the Press in England, 1476-1776. The Rise and Decline of Government Control, Urbana, 1965, pp. 65-66 e soprattutto LOEWENSTEIN, The Author’s Due. Printing and the Prehistory of Copyright, Chicago-London, 2002; ID., Ben Johnson and Possessive Authorship, Cambridge,
2002.
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tere di gestori del commercio dei libri 4, sulla base di due interessi convergenti: da
un lato la Corona si rende conto che il controllo della stampa è un obiettivo essenziale di preminente valore politico, dall’altro lato gli Stationers utilizzano il sistema
dei privilegi sovrani con la concessione di specifiche licenze 5 per mantenere il monopolio librario sulla capitale e per estenderlo alle altre regioni del Regno Unito.
Ma la corporazione londinese monopolizza di fatto ogni diritto di stampa, sempre considerando primario l’interesse della Corona, sicché non si limita a controllare i propri membri, ma soprattutto coloro che non sono iscritti. I soci trovano
protezione nelle leggi sul controllo della stampa contro la concorrenza esterna e
utilizzano la censura per mantenere la loro importante posizione nei riguardi della
casa regnante, che li ritiene in grado di indirizzare l’editoria e di imporre una linea
funzionale ai loro stessi interessi 6.
Organi di controllo istituzionale sono la Court of Hight Commission, che trae
origine dalle commissioni ecclesiastiche istituite da Edoardo VIII, come principale strumento di inquisizione dei dissidenti religiosi e la Court of Star Chamber, che
era nata come organo regio di amministrazione rapida ed efficiente della giustizia,
per le divergenze politiche e contro i monopoli reali del commercio della stampa 7.
Nella prima metà del XVII secolo, la regolamentazione della stampa è il risultato della più generale situazione politica e soprattutto di un rinnovato interesse di
partnership tra la Corona e gli Stationers 8. In particolare, l’istituzione della censura
4
BLAGDEN, The Stationers’ Company. A History, cit., pp. 47-62; DRAHOS, Intellectual Property, Aldershot, 1999, pp. 222-223.
5
Cfr. NASH, English Licenses to Print and Grants of Copyright in the 1640s’, in The Library, 6ª s.,
4 (1982), pp. 174-184.
6
BLAGDEN, The Stationers’ Company. A History, cit., pp. 63-77; DRAHOS, Intellectual Property, cit.,
p. 222.
7
Cfr. SIEBERT, Freedom of the Press in England, 1476-1776, cit., pp. 136-46; HARTH JR., The Rule
of Law, cit., pp. 165-88. Il testo della Star Chamber è riprodotto in ARBER, A Transcript of the Registers
of the Company of Stationers, cit., IV, pp. 529-36, in RAY PATTERSON, Copyright in Historical Perspective, Nashville, 1968, pp. 243-53 (cfr. quanto sostiene al riguardo alle pp. 119-26) e in CLYDE, The
Struggle for the Freedom of the Press from Caxton to Cromwell, Oxford, 1934, pp. 295-97.
8
Sulla stampa in quel periodo cfr. in particolare CLYDE, Parliament and the Press, 1643-7, in The
Library, 4ª s., 13 (1933), pp. 399-424; ID., Parliament and the Press. II. The Presbyterian Tyranny over
the Press, in The Library, 4ª s., 14 (1933), pp. 39-58 e soprattutto ID., The Struggle for the Freedom of
the Press from Caxton to Cromwell, cit., pp. 48-84; SHEAVYN, The Literary Profession in the Elizabethan Age, Manchester, 1967; HARRISON, Books and Readers, 1599-1603, in The Library, 4ª s., 14
(1934), pp. 1-33; CRIST, Government Control of the Press after the Expiration of the Printing Act in
1679, in Publishing History, 5 (1979), pp. 49-77; LAMBERT, The Beginning of Printing for the House of
Commons, 1640-42, in The Library, 6ª s., 3 (1981), pp. 43-64; MENDLE, De facto Freedom, de facto
Authority: Press and Parliament, 1640-1643, in The Historical Journal, 38 (1995), pp. 307-332 e ora
SALDAÑA DIAZ, “A Legacy of Suppression”. Del control de la información y opinión en la Inglaterra de
los siglos XVI y XVII, in Derecho y conocimiento. Anuario Jurídico sobre la Sociedad de la Información,
2 (2002-2003), pp. 175-211; e, con riferimento all’influenza in America, EAD., “A Legacy of Suppression”(II): Del control de la información y opinión en la Ameríca Colonial y prerevolucionaria. La emergenza de la libertad de la prensa, in Derecho y conocimiento. Anuario Jurídico sobre la Sociedad de la
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preventiva sui libri, che era nata a seguito dell’invenzione della stampa con l’intento di impedire la diffusione di dottrine contrarie alla Chiesa e che era stata da questa regolata inizialmente in modo unitario, viene successivamente affidata ai singoli ordinamenti. Il “Lungo Parlamento” utilizza tale strumento quando, nel periodo
considerato l’era del Parliamentary Press Regulation 9, emana nel 1643 un’ordinanza per regolare la stampa, secondo cui nessun libro, opuscolo o giornale può essere stampato senza un’autorizzazione preventiva degli organi preposti 10, rafforzando la repressione censoria nelle mani della Stationers’ Company direttamente regolata dal Parlamento.
L’ordinanza trova vari ostacoli in un cammino lungo e difficile, che si caratterizza nel costante impegno della dottrina per il riconoscimento della libertà di
stampa, costituendo per oltre mezzo secolo il solo veicolo per ripristinare una via
di libertà e di progresso. Si noti che alcune di queste misure erano già state sancite
nel decreto della Star Chamber del 1637, a testimonianza della reciprocità degli interessi economico-politici tra la Corona e gli Stationers.
All’indomani della pubblicazione dell’atto del 1643, nel generale fermento della guerra civile, si staglia l’opera di John Milton 11, Areopagitica, nota come la prima dedicata alla libertà di stampa, che è stata di recente oggetto di un rinnovato interesse di studiosi che le si sono avvicinati con impostazioni diverse: da un lato collegandola ai movimenti rivoluzionari dell’epoca e mettendone in risalto l’importanza costituzionale 12; dall’altro lato offrendo una rilettura che la colloca tra i primi contributi dottrinari legati alle origini del copyright, in uno studio approfondito
del contributo primario di Milton nel passaggio dal protezionismo alla proprietà 13
e addirittura in un volume dedicato all’analisi dell’apporto specifico del letterato al
diritto d’autore e al commercio librario 14.
Questi lavori fanno emergere in tutta evidenza l’importanza dell’opera di Mil-
Información, 3 (2004-2005), pp. 1-42. Cfr. in generale BARNARD - MCKENZIE (assisted by M. BELL)
(ed.), The Cambridge History of the Book in Britain, IV, 1557-1695, Cambridge, 2001.
9
Cfr. in particolare sui rapporti tra la stampa e il Parlamento MENDLE, De facto Freedom, de facto
Authority: Press and Parliament, 1640-1643, cit.
10
Cfr. FIRTH-RAIT (eds.), Acts and Ordinances of the Interregnum, 1642-1660, I, London, 1911, rist. anast. London, 1988, pp. 184-186, 14 giugno 1643: An Ordinance for the Regulation of Printing.
L’ordinanza fu a lungo discussa nei due rami del Parlamento: cfr. Journals of the House of Lords, III,
London, 1803, pp. 123, 129, 131, a cui fa seguito la lista di nomi delle persone che, divise per materie,
formavano il comitato di lettura per la censura dei libri: p. 138 (17 giugno); Journals of the House of
Commons, VI, London, 1803, pp. 96-97.
11
Sul legame di Milton e della sua opera con i movimenti rivoluzionari, cfr. SALDAÑA DIAZ, El poeta de la revolución puritana: teoría política de John Milton, in Historia Constitucional. Revista Electrónica, 2 (2001); EAD., Teoría política de John Milton (II): presencia e influencia en la América colonial y
revolucionaria, in Historia Constitucional. Revista Electrónica, 4 (2003).
12
Oltre ai lavori già citati della Saldaña Diaz, è importante aggiungere En defesa de la libertad de
prensa: la Areopagitíca de John Milton, in Revista de estudios políticos, 126 (2004), pp. 277-324.
13
LOEWENSTEIN, The Author’s Due, cit.
14
DOBRANSKI, Milton, Authorship, and the Book Trade, cit.
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ton, ma anche la poliedricità insita nell’opera stessa. Se si tratta di un’epoca costellata da eventi eccezionali, l’Areopagitica rappresenta un epifenomeno delle tendenze che conducono a un impulso del commercio dei libri, a una richiesta della liberta di stampa e a una riconsiderazione della posizione personale dell’autore, di cui
cerchiamo nel presente lavoro di porre in evidenza alcuni aspetti lasciati nell’ombra o sottovalutati.
Come è noto, il saggio era stato occasionato dalla pubblicazione anonima del
trattato miltoniano in difesa del divorzio che aveva scatenato la censura e la dissociazione degli Stationers 15. Come per altri intellettuali del periodo – mi riferisco in
particolare a Locke, Addison e Defoe – e ancora più specificamente del secolo successivo, spesso prevale un forte interesse contingente alla base dei loro interventi a
favore della posizione dell’autore.
In realtà, non si può considerare il testo di Milton come un saggio sui diritti degli autori né tanto meno come un contributo volontariamente diretto alla formazione del copyright. Esso, infatti, non ha avuto una ricaduta legislativa, tanto che
l’atto normativo che lo aveva occasionato non è stato abrogato. L’Areopagitica può,
invece, essere considerata un momento culturale di straordinaria importanza come
caleidoscopio di problemi attinenti alla stampa o come l’ultimo stadio della preistoria della proprietà intellettuale in Inghilterra: un monumento, quindi, alla libera espressione delle idee piuttosto che uno statuto dei principi di libertà di stampa.
Infatti, molte questioni di grande rilevanza futura sono accennate e poste in essere
in un contesto non teso a una loro individuazione specifica.
Di ritorno dal viaggio in Italia, dove aveva fatto visita a Galileo, e sulla base di
esperienze personali, Milton è spinto a scrivere l’Areopagitica soffermandosi sugli
aspetti fortemente negativi della censura. Solo la verità e la libera confutazione di
ogni falsità, secondo il poeta, restano alla base dello sviluppo culturale e civile di un
popolo.
Milton si scaglia contro la nuova legge ritenendola dittatoriale e contraria alla libertà di pensiero: “the liberty which wee can hope, that no grievance ever should
arise in the Commonwealth, that let no man in this World expect; but when complaints are freely heard, deeply consider’d, and speedily reform’d, then is the utmost bound of civill liberty attain’d, that wise men looke for” 16.
Ma, come viene precisato dal poeta, l’ordinanza è soprattutto tesa “to the discouragement of all learning, and the stop of Truth, not only by disexercising and
15
Il libello (Doctrine and Discipline of Divorce) fu inizialmente pubblicato, nel 1643, anonimo e
senza licenza; successivamente (febbraio 1644) con l’indicazione delle iniziali dell’autore; e, infine,
con la licenza (luglio 1644), tanto che i membri della Stationers’ Company furono chiamati davanti al
Parlamento per presentare un memoriale di discolpa.
16
Cfr. Aeropagitica. A Speech of Mr. John Milton for the Liberty of Unlicens’d Printing, to the Parliament of England, London, 1644 (ora con testo a fronte in italiano a cura di M. e H. GATTI, Milano,
2002), p. 1. Sulla rilevanza di quest’opera per la lotta alla libertà di stampa cfr. DOBRANSKI, Milton,
Authorship, and the Book Trade, cit.; e LOEWENSTEIN, Ben Johnson, cit., ID., The Author’s Due, cit., pp.
152-191.
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blunting our abilities in what we know already, but by hindring and cropping the
discovery that might bee yet further made both in religious and civill Wisdome” 17.
Al centro del discorso di Milton vi è il diritto alla libertà come diritto inalienabile dell’uomo per la sua stessa dignità, e quindi non soggetto a nessun condizionamento politico, religioso o filosofico. In tal senso la libertà di espressione e di
stampa ne costituiscono un aspetto fondamentale. Sulla base della ferma convinzione della bontà dei precedenti provvedimenti in materia e soprattutto della spinta costante alla libertà da parte del Parlamento inglese, Milton respinge con fermezza la Spanish licencing perché lontana dai principi degli uomini liberi 18.
In particolare, il riferimento alla produzione e al commercio è piuttosto orientato alla ridistribuzione del monopolio e non alla liberalizzazione delle idee, caratteristica del secolo successivo. Infatti, Milton vuole trasferire il controllo del commercio dei libri da pochi monopolisti e censori a quello di molti autori, stampatori
e venditori che lo rendano più dinamico, incrementando il fine supremo della verità 19. Milton, inoltre, descrive i libri come sangue vitale e prezioso di uno spirito
sommo 20, la censura preventiva come un omicidio 21 e usa il termine spirit per sottolineare il valore dei libri e l’importanza della figura dell’autore 22, associando la
ragione con l’immortalità, l’intelletto umano con l’immagine di Dio e il contenuto
dei libri 23.
Inoltre, alcuni elementi di riflessione sui temi trattati, come il richiamo al living
intellect e al master spirit degli autori 24, si sviluppano anche al di fuori dell’Areopagitica, come l’emergere del concetto del talent che si giustappone tra una connotazione puramente economica di tradizione greco-evangelica 25 e una legata piuttosto
alla creatività e al genio che saranno tipici dell’epoca successiva.
Ma solo pochi degli studiosi che recentemente si sono occupati di Milton han-
17
MILTON, Areopagitica, cit., p. 4.
MILTON, Areopagitica, cit., p. 32.
19
MILTON, Areopagitica, cit., p. 84. Lo stesso Milton per la sua famosa opera Paradise Lost conclude nel 1667 un contratto con l’editore Symons per una durata illimitata e si impegna a non vendere un manoscritto similare ad un altro libraio: cfr. LINDENBAUM, Milton’s contract, in WOODMAUSEEJASZI, The Construction of Authorship. Textual Appropriation in Law and Literature, Durham and London, 1994, pp. 175-89.
20
MILTON, Areopagitica, cit., p. 10
21
MILTON, Areopagitica, cit., p. 83.
22
MILTON, Areopagitica, cit., p. 9.
23
Cfr. ROVIRA, Gathering the Scattered Body of Milton’s Areopagitica, in Renascence, 57 (2005),
pp. 87-102.
24
MILTON, Areopagitica, cit., pp. 8, 10.
25
Si tratta del Sonnet XIX: When I Consider How my Light is Spen, in MILTON, Poems, London,
16732, scritto tra il 1653 e il 1655: “And that one talent which is death to hide Lodg’d with me useless,
though my soul more bent to serve therewith my Maker, and present My true account, lest he returning chide …”. L’allusione è alla famosa parabola di Matteo, in cui il talento è una misura di peso e
quindi di valore. C’è ovviamente un doppio significato con il senso di dono della mente che in Milton
è rappresentato dalla poesia.
18
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no messo in luce lo stretto legame che esiste tra l’Areopagitica, una successiva opera l’Iconoclasta, scritta nel 1649 e, soprattutto, la sua nomina nello stesso anno come segretario generale delle lingue straniere presso il Consiglio di Stato del nuovo
Commonwealth istituito da Cromwell e soprattutto censore di newsbooks nonché
nel 1651 supervisore di alcune riviste di primaria importanza come il Mercurius politicus 26. Milton entra, quindi, all’interno di quel sistema che pochi anni prima
aveva aspramente criticato. Alcuni biografi hanno considerato l’incarico amministrativo un antiAreopagitic, taluni, invece, hanno sottolineato la sua opposizione
alla censura preventiva all’interno dello stesso sistema, considerando il Printing
Act 27, emanato sei mesi dopo la sua nomina, strettamente connesso all’Areopagitica. Altri, infine, hanno circoscritto la portata delle affermazioni del pamphlet sulla
libertà di stampa, all’onestà degli obiettivi dei singoli autori e non a una generale
tensione di libertà. In tal caso non esisterebbe contraddizione con le scelte successive di Milton 28.
In realtà, l’atto presenta alcune peculiarità rispetto ad altri analoghi, precedenti o successivi, che risentono l’influenza di alcune affermazioni del saggio miltoniano: ripartisce la responsabilità penale tra autore, stampatore e censore; impone la
conoscenza del nome dell’autore che diventa soggetto nella regolamentazione della stampa; e soprattutto colloca in posizione subalterna il ruolo della Stationers’
Company. Infatti, la licenza per i libri nuovi è demandata direttamente al Parlamento, mentre per quelli antichi si conserva la consuetudine di iscriverli nel registro della corporazione. Il monopolio è, quindi, mantenuto ma con evidenti limitazioni, come il rinvio di sei mesi per l’attuazione dell’atto e il termine di due anni per
la sua stessa vigenza.
Questa breve stagione di flessione della pressione del censorship è stata considerata merito dell’influenza del pamphlet miltoniano 29 piuttosto che della sua
azione all’interno del governo. Dal testo del Printing Act, invece, sembra che la sua
attività abbia avuto un diretto riscontro, soprattutto nel rimarcare la mancanza di
autonomia dell’autore.
Si tratta, comunque, di un periodo di breve durata che serve piuttosto a ridimensionare il severo giudizio espresso dalla giurisprudenza successiva 30, che con-
26
Cfr. SIEBERT, Freedom of the Press, cit., pp. 195-97; PARKER, Milton: a Biography, Oxford, 1968
e soprattutto DOBRANSKI, Licensing Milton Heresy, in DOBRANSKI-RUMRICH (eds.), Milton and Heresy,
Cambridge, 1998, pp. 156-205.
27
Cfr. FIRTH-RAIT (eds.), Acts and Ordinances of the Interregnum, cit., II, pp. 245-54: “An Act
against Unlicensed and Scandalous Books and Pamphlets and for better regulating of Printing” (20
settembre 1649), su cui cfr. gli accenni di FEATHER, Publishing, Piracy and Politics. An Historical Study
of Copyright in Britain, London, 1994, pp. 40-41 e di PATTERSON, Copyright in Historical Perspective,
cit., pp. 132-34.
28
SIEBERT, Freedom of the Press, cit., pp. 195-97.
29
Cfr. CLYDE, The Struggle for the Freedom of the Press from Caxton to Cromwell, Oxford, 1934,
pp. 77-84.
30
Cfr. Millar v. Taylor (1769), in English Reports, XCVIII, London, 1909, p. 207.
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sidera l’opera di Milton più importante nella teoria che non nella prassi perché il
poeta, sebbene entusiasta di ogni forma di libertà, finisce per non accompagnare lo
scritto con una parallela azione pratica, o possiamo dire più esattamente, gli effetti
della sua azione condotta dall’interno non furono così immediati o i tempi non ancora così maturi, per raccoglierne i frutti.
Nell’Iconoclasta – un duro attacco contro il potere monarchico – Milton sembra
spiegare le ragioni che lo hanno indotto ad accettare l’incarico governativo: “I take
it on me as a work assigned rather, than by me chosen or affected” 31. L’opera, che
è stata considerata un key text 32, sviluppa alcune riflessioni fatte nell’Areopagitica,
per quanto riguarda l’inclusione della libertà di stampa nella sfera dei diritti umani: “it was a trefars also more than usual against human rights, wich command, that
every author should have the property of his own work reserved to him after death,
as well as living” 33 e lo sviluppo di un’idea educativa di strategia di lettura critica,
già espressa nell’Areopagitica: “bad books … to a discreet and judicious Reader
serve in many respects to discover, to confute, to forewarn, and to illustrate” 34.
Ma la fortuna di Milton nei riguardi della libertà di stampa è legata soltanto all’Areopagitica. Il pamphlet non diventa subito famoso nell’Europa continentale 35,
come al di là dell’Atlantico 36, ma nella Madrepatria apre la strada alle lotte successive dei pensatori inglesi. Soffermiamoci sugli effetti che ha avuto in Inghilterra,
seguendo prima le vicende che incontra l’atto normativo combattuto da Milton nell’Areopagitica. Esso non è abrogato, come non lo è quello che lo vede protagonista,
ma viene sostituito dalla promulgazione, da parte di Carlo II nel 1662, del Licensing
Act 37, che impedisce ogni forma di stampa senza una preventiva licenza di un’autorità riconosciuta e rafforza il potere di monopolio della Stationers’ Company sul
commercio librario britannico. In realtà, il Licensing Act non ha soltanto il compito di concedere le licenze, ma deve prevenire gli abusi della stampa e limitare una
libertà indiscriminata, avendo sotteso, ancora una volta, lo scopo di controllare la
31
Cfr. EIΚΟΝΟΚΛΑΣΤHΣ, In answer to a book entitled ΕΙΚΩΝ ΒΑΣΙΛΙΚΗ, The Portraiture of his
Majesty in his Solitudes and Sufferings, by John Milton, in The Prose Works of John Milton: with a Biographical Introduction by R.W. Griswold, I, Philadelphia, 1847, p. 442.
32
Cfr. J. TOLAND, A Complete Collection of the Historical, Political, and Miscellaneous Works of
John Milton, both English and Latin … To which is prefix’ed The Llife of the Author, London, 1698, p.
127.
33
Cfr.‚ EΙΚΟΝΟΚΛΑΣΤHΣ, cit., p. 451.
34
Cfr. MILTON, Areopagitica, cit., p. 26 e le osservazioni di AINSWORTH, Spiritual Reading in Milton’s Eikonoklastes, in Studies in English Literature, 1500-1900, 45 (2005), pp. 157-89.
35
Cfr. INFELISE, I libri proibiti da Gutenberg all’Encyclopédie, Bari, 20023, pp. 86-88; SIEBERT, Freedom of the Press, cit., pp. 195-97.
36
SALDAÑA DIAZ, “A Legacy of Suppression”(II): Del control de la información y opinión en la
Ameríca Colonial y prerevolucionaria. La emergenza de la libertad de la prensa, cit.
37
13 & 14 Caroli II c. 33. Cfr. The Statutes at Large, cit., III, London, 1770, p. 262: “An Act for
preventing the frequent Abuses in Printing seditious, treasonable and unlicensed Books and Pamphlets, and for Regulating of Printing and Printing-Presses”, con il rinvio all’appendice: The Statutes at
Large, cit., IX, London, 1770, pp. 190-196 che contiene l’atto in 25 paragrafi.
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pubblicazione di libri non graditi alla casa regnante dal punto di vista morale e religioso.
Il Licensing Act, che doveva restare in vigore soltanto due anni, viene ripetutamente confermato tra il 1664 e il 1693. Da quel momento inizia una lunga diatriba
fino al 1695, quando, per l’opposizione di un gruppo di parlamentari della Camera dei Comuni ispirati da alcuni intellettuali di spicco tra cui in particolare John
Locke, decade definitivamente 38.
L’influenza di Milton sul pensiero seicentesco e settecentesco inglese è ampia e
poliedrica, come poliedriche si presentano le sue riflessioni sulla stampa e i problemi connessi. In particolare, uno specifico peso riscuote l’idea della libertà di
stampa come diritto naturale influenzando fortemente gli scritti di Charles
Blount 39 che, nella disputa sul rinnovo del Licensing Act, si rifà largamente all’Areopagitica e reclama il diritto innato alla libertà di stampa 40. Analoga influenza
si riscontra su Matthew Tindal che, partendo da Milton, allarga il discorso al diritto naturale a conoscere e imparare 41.
Inoltre, la lotta di Milton per la libertà di stampa porta altri intellettuali a richiedere una forma di regolamentazione della stampa. È questo il caso di Daniel
Defoe che scrive nel 1704 il suo pamphlet 42, dopo essere stato rilasciato dalla prigione per il saggio satirico The Shortest Way 43. Tuttavia egli si oppone a ripristinare la censura preventiva per non sottomettere la stampa agli interessi di chi detiene il potere di nominare il beneficiario della licenza e più in generale per non
38
Cfr. in particolare ASTBURY, The Renewal of the Licensing Act in 1693 and its Lapse in 1695, in
The Library, 5a s., 33 (1978), pp. 296-322. Si veda anche MACOULAY, History of England, in The Works
of Lord Macoulay, V, London, 1909, pp. 366-367.
39
CH. BLOUNT, A Just Vindication of Learning, in PARKS (ed.), The English Book Trade. 1660-1853.
Freedom of the Press. Four Tracts 1664-1693, III (B), New York, 1975. La raccolta curata da Parks in
42 volumi, introvabile in Italia, è uno strumento prezioso per la conoscenza dei più significativi testi
in materia.
40
Egli attacca inoltre il censore Bohun per non avergli concesso la licenza per il suo trattato in difesa di Guglielmo III: cfr. Reasons humbly offered for the Liberty of Unlicens’d Printing, in PARKS (ed.),
The English Book Trade. 1660-1853. Freedom of the Press. Four Tracts 1664-1693, III (C), cit. È interessante notare che Bohun ha lasciato un diario con una documentazione preziosa della sua attività di
censore: The Diary and Autobiography of E. Bohun Esq., in PARKS (ed.), The English Book Trade. 16601853. Freedom of the Press. Four Tracts 1664-1693, III (D), cit. Su Blount come appartenente al
freethinking inglese, cfr. D. PFANNER, Charles Blount (1654-1693): la voce di un libero pensatore nella
Londra di fine Seicento, in Chromos, 8 (2003), pp. 1-12.
41
A Letter to a Member of Parliament, in PARKS (ed.), The English Book Trade. 1660-1853. Freedom of the Press. Four Tracts 1698-1709, IV (A), New York, 1974; Reasons against Restraining the
Press, London, 1704, in PARKS (ed.), The English Book Trade. 1660-1853. Freedom of the Press. Four
Tracts 1698-1709, IV (D), cit.. Sull’influenza dell’Areopagitica su Blount e Tindal e sulla libertà di
stampa come nuovo principio costituzionale, cfr. SALDAÑA DIAZ, “A Legacy of Suppression”. Del control de la información y opinión en la Inglaterra de los siglos XVI y XVII, cit., pp. 202-203.
42
DEFOE, An Essay on the Regulation of the Press, London, 1704.
43
Il famoso saggio di Defoe (The Shortest-Way with the Dissenters; or Proposals for the Establishment of the Church) appare nel 1702.
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Laura Moscati
demandare l’intero apprendimento al potere arbitrario di pubblici ufficiali mercenari.
L’idea miltoniana del talent non si sviluppa in Inghilterra, se tralasciamo alcune
eccezioni come quella dello Scriblerus Club 44 – un’impresa collettiva di grande effervescenza in cui ognuno si impegnava ad applicare il proprio talent – e quelle di
Joseph Addison e di William Warburton che parlano piuttosto di opere del genius 45, ma verrà a trattarsi diffusamente in Francia tramite gli interpreti francesi di
Locke, a cominciare da Louis d’Héricourt nel 1725 46 e successivamente negli Stati
Uniti 47.
Alcune riflessioni appena abbozzate di Milton sulla posizione degli autori
vengono sviluppate ancora una volta da Defoe, da Addison e soprattutto da
Locke. Defoe, infatti, arricchisce il suo discorso con la richiesta di una legge parlamentare per proteggere anche i diritti di proprietà degli autori, protestando
contro gli editori che stampano senza il permesso degli autori e cogliendo l’occasione per mettere in evidenza il problema della proprietà degli autori. Insistendo
sulla pubblicazione del nome dell’autore, ciò non solo avrebbe agito come vincolo alla licenziosità della stampa, ma avrebbe anche posto un freno alla pirateria.
Pure Addison si sofferma sull’importanza di apporre il nome nella pubblicazione, in particolare quello dello stampatore, mentre per quello dell’autore solo se lo
desidera 48.
Su John Locke l’influenza di questo aspetto del pensiero di Milton è notevole 49.
Ma il discorso va posto in termini più ampi, perché Locke si spinge molto lontano,
44
La prima riunione ebbe luogo nel 1714, ma la preparazione era nell’aria da tempo: cfr. SWIFT,
Correspondance avec le Scriblerus Club. Traduit de l’anglais et présenté par David Bosc, Paris, 2005.
45
Cfr. ADDISON, Genius (1711), in Essays and Tales, 2004. In un lavoro successivo del 1762 (An
Enquiry into the Nature and Origin of Literary Property, in PARKS [ed.], The English Book Trade. 16601853. Horace Walpole’s Political Tracts 1747-1748 with Two by William Warburton on Literary Property 1747 and 1762, XII, New York, 1974 [D]), Warburton va ancora oltre, soffermandosi sulla proprietà come frutto del genius e soprattutto come perpetual exclusive Right.
46
D’Héricourt redige una memoria per il Guardasigilli per conto dei librai parigini. Cfr. Œuvres
posthumes de maître Louis d’Héricourt, avocat au Parlement. Tome troisième contenant la suite de ses
mémoires sur des questions de droit civil, Paris, 1759, pp. 54-71, su cui cfr. ora MOSCATI, Alle radici del
droit d’auteur, in F. LIOTTA (ed.), Studi di storia del diritto medievale e moderno, Bologna, 2007, pp.
261-341.
47
Nel 1783, nell’ambito di una serie di atti con cui si prendeva a modello il copyright inglese, è interessante sottolineare che il Connecticut ne presenta uno dal titolo: An Act for the Encouragement of
Literature and Genius.
48
The Thoughts of a Tory Author, concerning the Press, in PARKS (ed.), The English Book Trade.
1660-1853. Freedom of the Press. Six Tracts 1712-1730, VII (B), New York, 1974.
49
Alcune espressioni particolarmente significative di Milton saranno utilizzate da Locke: mi riferisco in particolare al fatto di incatenare un uomo togliendogli la libertà (“bind her when she sleeps”).
Cfr. MILTON, Areopagitica, p. 84; LOCKE, Memorandum (ca. 1694), in KING (ed.), The Life and Letters
of John Locke, London, 1858, p. 203; o ancora alle veglie notturne degli autori (MILTON, Areopagitica,
p. 51), che trova fortuna negli interpreti francesi di Locke: cfr. ora MOSCATI, Alle radici del droit d’auteur, cit.
Milton e le origini della libertà di stampa in Inghilterra
1055
presentandosi come il più importante supporto alla soppressione del censorship e
come il vero ispiratore dell’intero movimento facente capo alle riforme in atto che
sfocia nello Statuto di Anna del 1710, prima legge sul copyright.
I problemi relativi alla stampa agitano il pensiero e l’azione di Locke verso la fine del secolo quando scrive il cosiddetto Memorandum contro il rinnovo del Licensing Act 50 insieme ai commenti al Licensing Bill 51 un progetto di legge sui diritti di stampa 52.
Locke si mostra contrario a una censura preventiva alla pubblicazione di
un’opera, senza tuttavia richiedere una stampa completamente libera, ma soltanto
una responsabilità degli editori dopo la pubblicazione di libri ritenuti non accettabili 53. Diversamente da Milton, la più rilevante obiezione di Locke al rinnovo del
Licensing Act è rivolta, più che alla censura, al monopolio degli Stationers, che egli
ritiene non in grado di detenere in toto il commercio librario e in particolare il monopolio dei libri classici, su cui essi soli avevano diritto di copyright 54.
Locke si interessa anche degli autori, non considerando i loro diritti innati come Milton, ma con l’intento dell’abbandono dell’anonimato nella stampa, del loro
ingresso al pari degli editori nelle questioni giuridiche relative alla stampa e con
l’attribuzione loro della proprietà dell’opera che deve essere mantenuta, dopo la
loro morte, per circa cinquanta o settanta anni, anticipando uno dei punti cardine
della legislazione e della dottrina francese giunti fino a noi 55.
Il pensiero di Milton è stato così ampiamente sviluppato ed è la prima volta che
gli autori, che non avevano ancora cominciato a reclamare i loro diritti, vengono
presi in considerazione nell’Europa del XVII secolo. Un elemento risulta già in nuce nel diritto inglese e si profila dominante e prevalente nella successiva costruzione del copyright: l’aspetto commerciale legato alla libertà di stampa che prende il
50
LOCKE, Memorandum, cit., pp. 202-209. Il Memorandum è stato successivamente ripubblicato:
Documents relating to the Termination of the Licensing Act, 1695, in DE BEER (ed.), The Correspondence of John Locke, V, Oxford, 1979, pp. 785-91 (da cui si cita). Per la datazione cfr. ASTBURY, The
Renewal of the Licensing Act in 1693 and its Lapse in 1695, cit., p. 305 e The Correspondence of John
Locke, cit., V, p. 785. Sull’importanza del contributo di Locke, cfr. ora MOSCATI, Un Memorandum di
John Locke tra Censorship e Copyright, in Rivista di storia del diritto italiano, 76 (2003), pp. 69-89 = in
“Panta rei”. Studi dedicati a Manlio Bellomo, a cura di CONDORELLI, IV, Roma, 2004, pp. 127-44;
DEAZLEY, On the Origin of the Right to Copy. Charting the Movement of Copyright Law in EighteenthCentury Britain (1695-1775), Oxford, 2004, pp. 1-21.
51
Possediamo una copia di The Licensing Bill, 1695 dalle carte di Locke che fu poi pubblicata: Documents relating to the Termination of the Licensing Act, 1695, in The Correspondence of John Locke,
cit., V, Appendix, pp. 791-795. Freke e Clarke lo avevano inviato a Locke il 14 marzo 1695: cfr. The
Correspondence of John Locke, cit., V, pp. 291-292.
52
Il Licensing Act viene abrogato definitivamente il 19 marzo 1696; del Licensing Bill si chiede un
nuovo progetto, di cui non si seppe più nulla: Journals of the House of Commons, cit., XI, pp. 393, 523.
53
LOCKE, Memorandum, cit., p. 786. Cfr. ROSE, Authors and Owners. The Invention of Copyright,
Cambridge: Mass. 1993, pp. 32-33.
54
LOCKE, Memorandum, cit., p. 786.
55
The Correspondence of John Locke, cit., V, Appendix, p. 796.
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Laura Moscati
sopravvento su quello politico e religioso connesso alla censura per cui lo stesso
potere degli Stationers era sorto e si era ramificato e contro cui Milton aveva lanciato i suoi strali, legandolo al più generale problema dei diritti di libertà.
Egli non ha soltanto aperto la via a una ferma opposizione contro la censura e a
uno sviluppo dei principi relativi alla libertà di stampa, ma a una serie di spunti, in
lui forse inconsci, che hanno comunque offerto agli intellettuali successivi argomenti vitali per gli sviluppi futuri e soprattutto hanno messo in luce la sua caratteristica di scrittore impegnato, amante dei paradossi, soggetto a cambiamenti spettacolari nella ferma costante volontà “d’être à soi-même son poème” 56.
56
Cfr. ora HIMY, John Milton (1608-1674), Paris, 2004, che incentra la sua trattazione sull’opera
di Milton come poeta e panflettista.
Finito di stampare nel mese di gennaio 2008
nella Stampatre s.r.l. di Torino – via Bologna, 220