I libri profetici

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I libri profetici
I libri profetici
L'ordine tradizionale mette prima i profeti detti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele e
Daniele. Assieme al libro di Geremia hanno trovato il loro posto le lamentazioni, in
realtà di genere lirico, e il piccolo libro di Baruc, profetico e sapienziali. Seguono poi i
libri dei profeti minori, in quest'ordine: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea,
Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia. Giona non è un libro profetico,
ma una storia di un profeta. Le figure di Elia (di cui nulla è stato tramandato in forma
scritta), Amos, Osea, Isaia, Geremia. sono stati definiti «i cavalieri di Dio vivente».
Il profeta (ebraico: nabî, colui che è chiamato a parlare) non vuol dire anzitutto colui
che predice il futuro, ma colui che parla a nome di Dio (e in ciò è certamente
compreso anche il futuro). Il profeta è colui che fa risuonare la Parola dal confronto
dell'antica Torà o Legge con la situazione presente. Diventare profeta non è una scelta
dell'uomo, ma di Dio. Non è l'uomo che si fa profeta, ma è Dio che lo fa. Il profeta è
«proprietà» di Dio. Dio chiama sempre il profeta per una missione. Non è detto
dunque che il compito profetico duri tutta la vita; è in rapporto alla missione.
Il profeta parla a nome di Dio, con la parola (oracolo o dichiarazione breve o solenne,
esortazioni, racconto, preghiere, "guai", autobiografia.), ma anche con gesti simbolici.
Dio rispetta l'individualità di ciascuno, la sua condizione sociale, come pure le risorse,
le debolezze: Isaia è un nobile; Amos un contadino; Geremia è un tipo mansueto e
disposto alla dolcezza; Ezechiele è sacerdote, predisposto alle emozioni forti come un
visionario. Il profeta è esposto a rischi continui, tanto da potersi teorizzare il principio
che è vero profeta colui che va controcorrente, sa dire cose spiacevoli al popolo (cf Ger
c. 23) e quindi pagare di persona (cf Ger 26 - 28).
Il profeta è uomo fra gli uomini, totalmente immerso nella condizione umana. Eppure
in lui è presente un mistero che lo supera. Il profeta è "l'uomo della parola di Dio". È
anche dello Spirito, ma sempre in funzione della parola, del piano, del giudizio di Dio
che deve assolutamente comunicare: "Il Signore Dio ha parlato: chi può non
profetare?". Fare il portavoce intelligente, coraggioso, fedele del Dio-che-parla-alpopolo:ecco l'essenza del profeta biblico, avvenga ciò con il linguaggio delle parole o
quello dei fatti. Il profeta diventa lui stesso tutto Parola.
Ma il profeta è uno che porta il brivido dell'attualità della Parola, l'oggi del Dio che
parla a te. Anche se il profeta parla di audizioni e di visioni ed è illuminato da
rivelazioni straordinarie, egli ha però la grazia di leggere la Parola nella vita e la vita
nella Parola: nei grandi avvenimenti politici.
Vi è dunque nei profeti un lavorio di intelligenza, di discernimento, con un tranquillo
trapasso dalla bocca di Dio alla loro bocca. Da Dio provengono generalmente parole di
due tipi:
·
c'è la severa analisi della situazione alla luce dell'alleanza (decalogo), da cui
proviene inarrestabile il giudizio di Dio (oracoli di minaccia):
·
ma ciò non fa perdere la possibilità di un futuro diverso (oracoli di consolazione),
per cui altrettanto forte è l'invito alla conversione.
·
I profeti sono stati definiti mistici costruttori del popolo di Dio:
·
mistici, in quanto hanno un'esperienza profonda di Dio, il senso della sua santità e
volontà ne sono in certo modo sequestrati.
·
costruttori, in quanto non si ritirano nel deserto, ma partecipano con acuta
solidarietà alle vicende per lo più tristi del popolo, sono uomini della gente e
ricevono i tremendi giudizi che devono emettere sul popolo, per cui ne diventano
intercessore.
·
Sono tre gli elementi costitutivi del libro profetico: oracoli; racconti autobiografici;
racconti in terza persona, che narrano fatti della vita del profeta. I profeti non
hanno inventato la morale biblica; essi però l'hanno portata ai vertici più alti
(prima di Gesù). Tre le componenti:
·
coscienza acuta del peccato, ossia dall'allontanamento dalla santità di Dio, in
particolare con l'idolatria, l'ipocrisia nel culto, l'ingiustizia sociale.
·
Insistente proposizione di una religione del cuore: "cercare Dio" (Ger 50, 4; Am 5, 4).
"Uomo, ti è stato insegnato ciò che buono e ciò che il Signore richiede da te:
praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio " (Mic 6,
8);
·
Traduzione "politica" della fede nella giustizia e nella protezione dei poveri
·
Il castigo non è l'ultima parola di Dio, perché Dio, nonostante tutto, è fedele
all'alleanza. Egli è bontà e misericordia, lento all'ira e grande nell'amore.
(Am, Is.)
Isaia
Il libro di Isaia riunisce la profezia di almeno tre profeti, tra i secoli VIII e VI a.C.,
Proto-Isaia (Is 1-39); Deuteroisaia (Is 40-55); Tritoisaia (Is 56-66).
Il Proto-Isaia è una figura di eccezionale personalità, nato a Gerusalemme nel secolo
VII a.C., durante le reggenze di Jotam, Acaz ed Ezechia. Fu presente e vigile in tutti i
grandi avvenimenti del suo tempo, dalla guerra siro-efraimita fino all'assedio di
Gerusalemme da parte dell'assiro Sennacherib. Isaia è grande per la sua capacità di
mantenersi attuale in ognuno di quei momenti, e anche per il suo pensiero e il suo
stile letterario.
Il bersaglio della sua critica è la politica dei re e la corsa agli armamenti, la corruzione
morale e l'ingiustizia, l'inganno e la frode, la falsità religiosa e l'ipocrisia. Perciò Sion è
sotto accusa.
Isaia vive ed esprime la speranza di salvezza per tre vie: coloro che sopravvivranno
alla catastrofe (Is 6, 11-13; 10, 20s), Sion che vede come simbolo del popolo del futuro (Is
2, 1-5), e il capitolo messianico, particolarmente significativo. Nel libro ci sono tre passi
sull'Emmanuele, di sapore messianico: Is 7, 10-17; 8, 23-9,6; 11, 1-8. Prima c'è un
bambino di stirpe regale che sta per nascere, e dà la certezza che si sta realizzando la
promessa dinastica di Davide; poi c'è un principe appena nato che fa brillare la luce e
ravviva la speranza; e per ultimo il re ideale, ricco dei dono dello spirito di Dio, che
sono la garanzia dei beni messianici.
Il libro del Deuteroisaia, si caratterizza per il suo stile lirico. Invece di annunciare
come i profeti, con l'abituale "così dice Jhwh", egli canta e celebra quello che
annuncia, cercando di trasmettere ai suoi destinatari il suo atteggiamento di
celebrazione. Il tema dominante nella prima parte è l'uscita da Babilonia (Is 40-48);
quello della seconda è il ritorno a Gerusalemme (Is 49-55). Lo schema dell'esodo e della
marcia verso la patria, attraverso un deserto idealizzato, acquista un'attualità
impressionante, come mezzo di espressione di ciò che sta succedendo proprio allora
nell'esperienza profonda del profeta e certamente anche di coloro che l'ascoltano.
Altro tema amato dal profeta, e in cui si impegna come nessun altro aveva fato, è
quello sulla unicità di Dio. Il creatore del mondo e signore della storia è lo stesso Dio
che si è manifestato al suo popolo. Nel quadro e nella dinamica del messaggio del
secondo Isaia si collocano i canti del Servo di Jhwh, una figura in cui si concentra
tutto il messaggio della Bibbia (Is 42,1-4; 49, 1-6; 50, 4-9; 52,13-53,12).
Il terzo Isaia deve far fronte a ingiustizie sociali, ricostruire la morale e la fede
religiosa, "fasciare quelli dal cuore spezzato" (Is 61,1), opporsi alla sfiducia di coloro che
hanno visto frustrata la loro illusione e vanificata la promessa del Seconda Isaia. A
momenti ci sembra di ritrovare tutto l'ottimismo del profeta dell'esilio (Is 60-62); a
momenti, invece, vi si riflette un umore apocalittico (Is 63-65).
Geremia
È uno dei profeti più vicini, per il coinvolgimento della sua vita nel messaggio e per la
generosa esteriorizzazione di sentimenti e pene interiori. Geremia visse e svolse le
sue attività a cavallo del secolo VII e VI. Conobbe la riforma religiosa di Giosia (622), la
caduta di Ninive, capitale degli Assiri (612), la tragica morte di Giosia (609), la vittoria di
Nabucodonosor sull'Egitto e il suo dominio sulla Palestina (605), la prima deportazione
a Babilonia del popolo di Giuda (597) e la distruzione di Gerusalemme con l'esilio (586).
Partecipò in tutto questo periodo di storia in posizione di contrasto con la corrente
maggioritaria del suo popolo e alla fine fu condotto in Egitto controvoglia; e lì si
perdettero le sue tracce.
Inizia la sua missione al 626, con il mandato di sradicare e demolire, di edificare e
piantare (Ger 1,10). Il suo amico Baruc raccontò la storia delle sue sofferenze (Ger 36-45).
Il punto di vista personale sulla sua vita e sulla sua missione lo si trova nelle
"confessione", espressione di lotta con Dio (Ger 11, 18-22, &; 15, 10-21).
Nel primo parte del libro predomina la denuncia contro Israele e Giuda (Ger 1-25); poi è
da notare specialmente l'annuncio di speranza per il futuro (Ger 26-35), quindi la
biografia già citata e infine oracoli su altri popoli (Ger 46-51).
La nuova esperienza di Geremia è che Dio non conserva rancore, ma è sempre
disposto a salvare e convertire l'uomo che non riesce a convertirsi (Ger 31, 18-20). Il
profeta, con diverse azioni simboliche, esprime la speranza dei deportati smarriti. Ma
forse il tema più eccezionale, nell'annuncio di salvezza di Geremia, è quello della
nuova alleanza, quella che Dio scriverà nel cuore degli uomini trasformandoli (Ger 31,
31-34; 32, 37-41). Geremia è il profeta della religiosità interiore e personale, della
responsabilità individuale, il padre della preghiera e il messaggero della conversione e
della trasformazione della persona.
Lamentazioni
È una collezione di cinque canti funebri sulle rovine del popolo di Giuda e di
Gerusalemme, distrutti da babilonia nel 585 a.C. I Settanta e la Vulgata li
attribuiscono a Geremia, ma non abbiamo alcuna base per farlo.
Il genere della lamentazione, è quello del canto per i defunti: qui il morto è tutto un
popolo e una città, personificati in una vedova e una madre rimaste senza marito e
senza figli.
L'iniziale sentimento di disperazione si cambia, in seguito, in anelito verso l'alto, ma
anche in un interrogativo diretto verso il popolo stesso. Sono cadute le false
sicurezze, ed è l'ora della verità. Il lutto sulle rovine assume l'aspetto di culto. Il
mettere la disgrazia sotto lo sguardo di Dio prende sapore penitenziale e suppliche.
Alla fine si capisce che non sono canti di morte, ma suppliche patetiche per la vita, da
un'esperienza di morte. L'orante lotta per essa nella sua ultima istanza. Su quel mare
di dolore fisico, morale e religioso, la speranza vuole emergere.
Baruc
Si conosce con il nome di Baruc, l'amico e segretario di Geremia, un piccolo libro che
va aggiunto a quello del profeta come una seconda appendice, dopo le lamentazioni. È
uno scritto che unisce una piccola collezione di scritti minori, i quali ci portano
all'interno del giudaismo della diaspora, nell'ambito dell'esilio del 586. Gli argomenti
sono: il rispetto della legge, la speranza di una retribuzione giusta, l'attesa dell'era
messianica. L'introduzione (Bar 1, 1-14) ci riporta nell'ambiente dell'esilio. Segue un
salmo penitenziale (Bar 1,15-3,8). Poi viene un lungo discorso sapienziali (Bar 3,9-4,4), per
concludere con un'esortazione e un oracolo consolatorio sulla restaurazione (Bar 4,55,9). Quale appendice, segue la lettera di Geremia (Bar 6).
Ezechiele
Ezechiele era un sacerdote sadochista, che dovette lasciare Gerusalemme per l'esilio
babilonese con la prima deportazione nell'anno 597. Colà si senti chiamato a fare il
profeta ed esercitò il ministero fino all'anno 571, cosciente di essere una "sentinella",
con il compito di vigilare su Israele (Ez 3, 16-21). Durante quel periodo ebbe luogo la
distruzione di Gerusalemme e la grande deportazione del 586, che segna una svolta
d'indirizzo nell'attività di Ezechiele. Primo il suo messaggio era di dura denuncia, dopo
prevale la profezia che apre le porte al futuro.
Lo stile di Ezechiele è fortemente visionario e simbolico, con generi plurimi: oracoli di
denuncia e di annuncio, allegorie, proverbi, racconti, favole.
Il libro di Ezechiele si struttura in tre parti: denuncia di Giuda e Gerusalemme (Ez 1-24),
oracoli contro le nazioni (Ez 25-32), annuncio e programma per la costruzione del futuro
(Ez 33-48).
L'immagine del popolo del suo tempo si rispecchia bene nel suo libro. Il profeta veglia
con un occhio sul popolo in patria e con l'altro su quello in esilio. Con le sue
esperienze di traslazioni si fa vedere a volte con gli uni e subito dopo con gli latri. Gli
esiliati sembrano riunirsi intorno a lui e chiedergli consiglio. Egli li sprona a prendere
conoscenza della propria colpa, ma contemporaneamente ravviva la loro speranza,
creando l'immagine del futuro. Ezechiele nel capitolo in cui denuncia è
particolarmente severo, paragonando il suo popolo alla sposa infedele (Ez 16, 20, e 23).
Tuttavia l'annuncio di salvezza fa vedere che prevale l'immagine del Dio salvatore, il
pastore d'Israele. Il futuro si prospetta per il profeta sotto il segno della risurrezione
dei morti. Il popolo, fisicamente vivo, ma spiritualmente morto, vivrà per lo spirito di
Dio per mezzo del profeta (Ez 37). Sarà una nuova creazione, un uomo con un nuovo
spirito e un cuore nuovo (Ez 36, 26s). Si rinnoverà l'elezione con una nuova alleanza. Dio
tornerà a farsi presente con la sua gloria e l'uomo potrà convertirsi a nuova vita. In
quel futuro, Israele e Giuda torneranno a essere uno e il discendente di Davide sarà il
suo principe (Ez 37, 24-28). I capitoli di Ez 40 - 48 sono una visione del popolo
riorganizzato.
Daniele
Il libro di Daniele è un'opera apocalittica, la più rappresentativa di questo genere
nell'Antico Testamento. Fu scritto da un autore sconosciuto, negli anni tra il 167 e il
164, nel contesto della persecuzione contro il giudaismo da parte di Antioco IV
Epifanie.
Tema del libro è il conflitto tra il giudaismo oppresso il paganesimo dominante. Il
primo è impersonato da Daniele e dai suoi anici, che emergono con particolare
grandezza sul secondo. Il messaggio del libro è centrato su quel trionfo.
Il libro ha due parti. La prima (Dn 1-6), in forma di racconto, comprende sei leggende,
che sceneggiano la vittoria di Daniele e dei suoi tra amici sul paganesimo imperante.
Con la loro rettitudine e sapienza e con l'aiuto di Dio, riescono a trionfare delle
avverse condizioni, le stesse nelle quali si trova il loro popolo. La seconda parte (Dn 7 12), in forma di visioni e di sogni interpretati, è la vera apocalisse di Daniele, che
anticipa quanto succederà: la storia si concluderà con il trionfo dei giusti sulla
barbarie che al presente domina nel mondo.
Osea
Osea profetò nel regno d'Israele nel secolo VIII a.C., tra gli anni 750 e 725,
coincidendo con il tempo di Amos, l'latro profeta del nord. È tempo di benessere per
Israele, e perciò anche di disuguaglianza, di lusso vizioso e di senso di
autosufficienza. È quanto si nota guardando con gli occhi di Osea.
Osea accusa Israele di infedeltà verso il suo creatore e verso se stesso, al momento
della presa di possesso di Canaan. Li incominciò a sottomettersi a padroni che
schiavizzano: false sicurezze nelle divinità naturalistiche e nella politica dei re che
cercano protezioni presso le grandi potenze. Ciò che è stato oggetto di esperienza
diventa motivo di speranza (Os 2; 14, 2 - 9). Dalla viva forza della sua personale
esperienza Osea introdusse nel linguaggio teologico d'Israele alcuni concetti che
nessuno si era azzardato a usare prima, concetti di amore, di fidanzamento e di
matrimonio nel trattare della relazione divino - umano. Diventerà in seguito un
apporto irrinunciabile. Dio è sposo fedele di Israele infedele: è la sintesi del messaggio
di Osea.
Gioele
Gioele, "jhwh è Dio", è un profeta senza dati biografici; vagamente lo si può collocare
nell'opera persiana. Il suo libro comincia con la descrizione di un esercito di cavallette
che infestano una città, e ciò fa sì che sul popolo si raduni per una celebrazione di
lutto e di penitenza (Gl 1 - 2). L'attenzione si sposta da tale episodio al "giorno del
Signore", una chiave di soluzione della storia. Quel giorno porterà con sé
sovvertimenti di ordine naturale e storico, per concludersi poi in un giudizio universale
nella valle di Giosafat (il Signore giudica); per il popolo di Dio ci sarà vittoria,
effusione dello spirito di Dio in lui e i beni e la fertilità dell'era escatologica (Gl 3 - 4).
Amos
Amos di Tekòa (vicino a Betlemme), contemporaneo di Osea verso la metà dell'VIII
secolo, parlò come profeta nel regno del nord, sotto il prospero regno di Geroboamo
II. Non era profeta di professione, ma sentì la chiamata di Dio dinanzi all'ingiusta
situazione regnante in Samaria e corrispose (Am 7, 10 - 15). "Ero pastore e raccoglievo
sicomori" (Am 7, 14): cosi dice di sé Amos.
Il libro di Amos comincia con la denuncia dei crimini internazionali dei popoli vicini,
insieme con quelli interni di Giuda e d'Israele (Am 1 - 2), continua con la denuncia
globale d'Israele (Am 3 - 6) e con le rispettive visioni di giudizio (Am 8, 1 - 9, 10), per
terminare con l'annuncio della futura ristrutturazione (Am 9, 11 - 15).
Amos denuncia la cattiva gestione delle istituzioni e ridicolizza le false sicurezze
politiche, dogmatiche e celtiche cui il popolo si affida andando alla rovina; ma in modo
particolare si dimostra sensibile al clamore dell'ingiustizia: ingiustizia nelle relazioni
commerciali, nel comportamento sociale e nel funzionamento dei tribunali della stessa
giustizia.
L'ideale di Amos è che "zampilli come acqua il giudizio e la giustizia come fonte
perenne" (Am 5, 24). Sua speranza è che nel popolo vi sia un "resto" che agisca bene,
perché questo sarà garanzia di vita. Dio, per esperienza del profeta, è il Signore
dell'universo, colui che chiede ragione a tutte le nazioni e in particolare al suo stesso
popolo Israele. A questo fu particolarmente vicino, lo chiamò e lo salvò. Però ciò non
dev'essere pretesto di evasione, ma ragione di coinvolgimento con la sua esigenza di
giustizia.
Abdia
Di Abdia, "servo di jhwh", non abbiamo alcun dato personale. Il suo libro, di un solo
capitolo, è il più corto dell'Antico Testamento. Contiene una profezia contro Edom e
un'altra sulla ristrutturazione d'Israele. È un testo vicino a Ger 49, 7 - 22. Abdia si fa
eco dell'atteggiamento ostile di Edom nei confronti di Giuda, probabilmente quella che
dimostrò nell'occasione della caduta di Gerusalemme nel 586.
Giona
Il libro di Giona non è un libro profetico, ma la storia di un profeta, dal
comportamento poco glorioso perché si ribella contro la sua missione. Invece di andar
verso Ninive, la capitale degli Assiri, per esortarli alla conversione, Giona si imbarca
alla volta di Tarsis. La nave minaccia di sfasciarsi in mezzo alla tempesta e Giona
viene gettato in acqua, dove un pesce lo ingoia e lo ributta sulla spiaggia; e stavolta
si dirige verso Ninive. I niniviti accolgono il suo invito e Giona confessa il motivo della
sua fuga e della sua collera: presentiva che Dio è misericordioso e che quindi la sua
minaccia non si sarebbe compiuta. È proprio quello che il libro vuole proclamare: la
misericordia divina anche per una città pervertita come Ninive. Nel nuovo testamento
il "segno di Giona" è il simbolo della risurrezione da morte (Mt 12, 38ss).
Michea
Michea, 'chi come jhwh', è un contadino, visse nei tempi burrascosi della seconda
metà del secolo VIII, e perciò fu testimone della caduta del regno del nord, negli anni
tra il 725 e il 711.
Il libro di Michea, non ha una buona struttura organica. Si osserva in esso questo
ritmo: denuncia (Mic 1- 3), promesse (Mic 4 - 5), altre denunce (Mic 6, 1 - 7, 6) e altre
promesse (Mic 7, 8 - 20).
Michea denuncia con forza ogni tipo di piaghe sociali: la cattiveria, la violenza e
l'oppressione delle classi dirigenti, la tirannia dei capi, l'avidità dei sacerdoti e dei
profeti ufficiali, la venalità dei giudici, l'esosità dei commercianti e dei creditori. Non
mancano però oracoli di salvezza (Mic 6, 8).
Naum
Naum, "il signore ha consolato", esercitò il ministero profetico in Giuda, negli anni tra
il 626 e il 612, anno della caduta di Ninive, la capitale degli Assiri.
Il libro di Naum si compone di tre parti: inizia con un salmo (Na 1, 2 - 8), continua con
oracoli contro l'Assiria (Na 1, 9 - 2, 3) e termina con un canto in cui celebra la caduta di
Ninive (Na 2, 4 - 3, 19).
Il libro di Naum, più che una profezia, è la celebrazione della sua disfatta.
L'avvenimento storico diviene trascendentale e si universalizza. Sicché ciò che in
realtà viene celebrato è la coscienza dell'ingresso di Dio nella storia per operare una
giustizia da sempre attesa e anelata. Per una volta si può contemplarla realizzata,
anche se, per il momento, solo in modo provvisorio.
Abacuc
Della persona di Abacuc, "abbraccio", non abbiamo notizie. Il profeta non si limita ad
aspettare il messaggio, ma si mette a cercarlo, facendo domande a Dio. La sua
profezia è dialogo.
Il libro di Abacuc si compone di tre sezioni, perfettamente strutturate: inizia con una
domanda del profeta e la relativa risposta di Dio, prosegue con un'altra domanda e
risposta (Ab 1, 12 - 2, 20) e termina con un salmo, che sceneggia una teofania di salvezza
(Ab 3). La domanda del profeta riguardano la presenza nascosta di Dio nella storia.
Sofonia
Sofonia, "jhwh protegge", profetizzò in Gerusalemme nella seconda metà del VII
secolo, al tempo di Giosia, forse prima della sua riforma religiosa, contro l'adesione ai
culti stranieri. L'Assiria è già indebolita; è prima di Geremia.
Il libro, in tre capitoli, si divide in quattro sezioni: sul giorno del Signore (Sof 1, 2 - 2, 3),
contro le nazioni (Sof 2, 4 - 15), denuncia contro Gerusalemme (Sof 3, 1 - 18), promesse (Sof
3, 9 20). È lo schema generale della storia della salvezza. Sofonia accusa il mondo, le
nazioni e il suo stesso popolo di orgoglio, di prepotenza e di autosufficienza, come
pure di avarizia, di frode e di altri peccati. La sua accusa e la profezia di condanna
mirano a portare alla conversione, a un modo d'essere individuale più equilibrato e
maturo.
La profezia speranzosa di Sofonia poggia su un piccolo gruppo di umili, i "poveri di
jhwh", per i quali il profeta preludia il "Beati i poveri" (Mt 5, 3).
Aggeo
Aggeo è un rimpatriato che torna da Babilonia con il principe Zorobabele e fa il
profeta, assieme a Zaccaria, nel primo periodo della ricostituzione della comunità
giudaica del postesilio.
Il libro di Aggeo, di due capitoli, nei quali sono riunite quattro profezie, si sviluppa
tutto intorno a questa tematica.
Aggeo chiama Zorobabele e il sacerdote Giosuè alla ricostruzione del tempio, principio
e garanzia della restaurazione (Ag 1, 1 - 11). Questo tempio sarà glorioso, centro per
tutti i popoli; vale la pena costruirlo (Ag 2, 1 - 9); consulta i sacerdoti e promette
benedizioni per i costruttori (Ag 2, 10 - 19); speciale promessa per Zorobabele (Ag 2, 20 23).
Zaccaria
Zaccaria, "jhwh si ricorda", è certamente un altro rimpatriato, come Aggeo. È il
profeta autori di otto capitoli di un libro che in realtà ne ha quattordici.
Il libro di Zaccaria è composto di una introduzione con l'invito alla conversione (Zc 1, 1 6); un corpo centrale di otto visioni (Zc 1, 7 - 6, 15), e un finale con otto temi sul digiuno
e la ristrutturazione di Ger (Zc 7 - 8).
Il Deutero - Zaccaria (Zc 9 - 14) è la seconda parte del libro di Zaccaria. Consiste in una
visione della futura restaurazione d'Israele (Zc 9 - 11) e della nuova Gerusalemme
dell'era messianica (Zc 12 - 14).
Malachia
Malachia, "messaggero di jhwh", può essere nome di persona, l'ultima dei profeti, o
un titolo di mansione (Ml 3, 1), rimanendo nascosta dietro ad esso la persona. Suo
obiettivo è svegliare la comunità giudaica postesilica dalla sua indolenza.
Il libro, di tre capitoli, si compone di sei oracoli e ha forma di un dialogo tra il profeta
e jhwh da un lato e i sacerdoti e il popolo dall'altro, con domande e risposte di accusa
e giustificazione. Alla domanda se vale la pena essere giusto si risponde con
l'affermazione che il timone di Dio è principio di benedizione, di vita e di pace. Alle
anomalie del culto subentrerà un ordine nuovo, con un sacrificio puro in ogni luogo.
L'era messianica viene ribadita dall'annuncio della venuta dell'angelo dell'alleanza (Ml
3, 1) e di un Elia precursore (Ml 3, 23s), che nella lettura del Nuovo Testamento (Mt 11,
10) prefigura il Battista.
sac. James Edassery