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Pubblicazione trimestrale del servizio volontario internazionale - Anno XXVIII - Aprile 2015 - Sped. in abb. post.art. 20/c. - L. 662/96 - Fil. di Brescia Autorizz. del Tribunale di Brescia n° 64/89 del 12/02/1989 In caso di mancata consegna rinviare all’UFFICIO POSTALE DI BRESCIA CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. Servizio Volontario Internazionale esserci 01 PARTENZE LE MICRO Le micro sono un semplice strumento per sostenere insieme il peso di uno sviluppo più giusto. Sostieni lo SVI attraverso le micro! BURUNDI Attivazione di campi modello – € 1000 Tra le associazioni di agricoltori i cui membri si sono dimostrati seriamente interessati alle attività del progetto e soprattutto al corso di formazione, ne saranno scelte alcune cui sarà proposto di creare in un loro appezzamento di terreno un campo modello che sarà coltivato seguendo tutte le tecniche apprese e in cui saranno piantate anche le piantine di agro-forestry provenienti dal vivaio SVI e che favoriranno l’arricchimento dei principi nutritivi del terreno. UGANDA – Iriiri – Distretto di Napak Riabilitazione di 14 granai per lo stoccaggio del surplus di granaglie. (€ 50 cadauna) – € 700 Una delle problematiche principali durante la stagione della secca (che va da novembre a marzo) è quella di stoccare il surplus alimentare prodotto durante la stagione delle piogge. Questa micro punta alla riabilitazione di 14 granai/cisterna che durante gli anni hanno subito dei danneggiamenti per mettere in condizione le 7 comunità beneficiarie di stoccare al meglio il proprio surplus. UGANDA – Kapedo Costruzione di un piccolo laboratorio per il filtraggio e il confezionamento di miele selezionato – € 1500 Per contribuire al miglioramento della qualità e della commercializzazione del miele, prodotto dagli apicoltori locali, abbiamo bisogno di un laboratorio in cui filtrare e confezionare il miele selezionato. VENEZUELA – Las Amazonas Costruzione di un barile di compostaggio per un orto famigliare – € 250 Nell’appoggio agli orti famigliari continuiamo a sperimentare sempre nuove tecniche, una tra le tante è un sistema di compostaggio in barile per ottenere il compost più rapidamente e di miglior qualità. Grazie al tuo appoggio potrai aiutare una famiglia a produrre un buon concime per alimentare la terra quindi ottenere verdure più sane per la salute di tutta la famiglia. VENEZUELA – San Félix Realizzazione di una Bottega Solidale – € 600 Con il gruppo di salute integrale Salud y Vida del quartiere La Victoria si vuole realizzare una Bottega Solidale, in cui preparare e vendere a prezzo solidale prodotti di medicina naturale, oltre che a preparati e strumenti per curare in maniera biologica gli orti organici. VENEZUELA – Las Claritas Fornire materiali per il corso di taglio e cucito – € 500 Grazie al vostro contributo 14 donne potranno usufruire dei materiali necessari per apprendere a confezionare i propri vestiti e imparare a produrli per altre persone, fornendo un valido aiuto alla crescita personale e all’ autonomia delle donne che partecipano al corso. 2 EDITORIALE A CUORE APERTO Gioie e dolori dell’essere segretario SVI Da qualche minuto è passata mezzanotte, è tardi, ma non riesco ancora a dormire per l’emozione di questa serata. La luna è limpida, il vento, che soffiando un giorno intero ha spazzato il cielo rendendo tutto più vicino e nitido, si ritira. Oggi il consiglio dello SVI ha fatto un passo importante verso chi ci sta vicino, ma è diverso da noi. Da diversi anni si parla di condividere gli spazi della nostra quotidianità con altre ONG simili a noi, che condividono gli ideali e che, a tratti, hanno percorso insieme a noi il sentiero che ci ha portato qui. Stasera in consiglio si è deciso di stringerci (in tutti i sensi) a MMI e SCAIP un po’ di più. Ottimo! Sono segretario dello SVI da un anno e mezzo circa, non mi aspettavo un carico di lavoro così importante e anche se sto facendo del mio meglio mi accorgo spesso di non essere il segretario migliore che lo SVI potrebbe avere: mi spiace molto e sto cercando di migliorare. Chi fa parte dell’ Ufficio di Presidenza e del Consiglio come me fa del suo meglio per perseguire ciò che sembra giusto per dare continuità a questa “vita” che ci vede uniti da oltre 40 anni. A volte ci riesce bene, altre volte meno, ma tutte le decisioni vengono valutate e prese per il bene dell’ Organismo. Stiamo cercando nuove forme di finanziamento attraverso esperienze di volontariato meno totalizzanti dell’esperienza SVI, ma chi lo sa… potremmo uscirne molto più ricchi di quanto ci aspettiamo. Stiamo provando a rivitalizzare il corso, che per tanto tempo è stato il nostro biglietto da visita, e che in questi anni sta attraversando una crisi profonda. Queste nuove attività e le altre che continuiamo a mettere in cantiere hanno bisogno di energia e di creatività. Non ci mancano né la prima né la seconda, ma potrebbe mancarci la resistenza? Forse sì, soprattutto se continuerà ad esistere una estenuante e strisciante cultura del non detto, anzi del “non chiesto”! Tante volte mi sono arrabbiato sentendo racconti di persone che si aspettavano risposte dal Consiglio o da qualche altro organo dello SVI. La rabbia che provavo era dovuta ad un senso di inadeguatezza che sembrava poter essere addossata a chi doveva prendere decisioni. Non mi piace arrabbiarmi: non è una reazione che fa parte del mio carattere e volevo capire il perché di questa emozione. Andando più a fondo nella riflessione (grazie a coloro che mi hanno aiutato nell’elabora- zione di questa convinzione) mi sono accorto che nello SVI spesso le persone pretendono una risposta senza aver fatto nessuna domanda. Come si può pretendere una risposta senza aver formulato una domanda e poi incolpare chi non avrebbe risposto di non aver dato una risposta? Non sto dicendo che lo “SVI” risponde sempre o che non ci siano seri problemi di comunicazione delle informazioni, questi problemi ci sono. Ma ci sono anche persone, in tutti i ruoli, che usano il chiaroscuro delle comunicazioni per poter dire che le comunicazioni non sono arrivate, o che non erano chiare come sarebbero dovute essere. A queste persone non posso che dire se qualcosa non è chiaro CHIEDETE! Se a qualche domanda non è stata data risposta entro i tempi che vi aspettavate CHIEDETE DI NUOVO! Non sprechiamo le nostre energie aspettando risposte a domande che non abbiamo formulato! Costruiamo fiducia attraverso il dialogo e la trasparenza! Impieghiamo le nostre energie per raggiungere insieme un obiettivo che abbiamo condiviso, che ci siamo raccontati e nel quale crediamo! Usiamo le nostre energie per fare lo SVI come ci piacerebbe! Giacomo Costa 3 esserci 02 Micro 03 Editoriale A cuore aperto 04 05 Terre d’Africa Due passi sotto lo stesso cielo 06 Progetti Burundi – Mamma mia che forza queste donne! 07 Dossier “Charlie Hebdo”, libertà di espressione, califfato e terrorismo 12 14 “Nessuno è separato da nessuno. Nessuno lotta per se stesso. Tutto è uno.” (Frida Khalo) esserci a cura del Servizio Volontario Internazionale S.V.I. V.le Venezia, 116 25123 Brescia tel. 030 3367915 fax 030 3361763 Seguiteci anche su Facebook nella pagina SVI – Servizio Volontario Internazionale e su Twitter: @SVIBrescia www.svibrescia.it E-mail: [email protected] [email protected] Numero chiuso in redazione il 10 marzo 2015. Il prossimo numero uscirà a luglio 2015. 4 Sommario Non solo SVI Chiude Multimondo, ma la porta per la solidarietà rimane aperta Una maglia verde per difendere la libertà d’espressione Servizio Civile Sensazioni Scossa di luce Scegli una partenza intelligente 19 5x1000 20 SVI Italia 21 Vita dello SVI 22 Parole Noi e la terra 23 Suggestioni Cd - Lorenzo 2015 CC Libro - Il meraviglioso mago di OZ Film - Tutti i santi giorni Web - http://dreamersatwork.org/ Gruppo di redazione Direttore Responsabile Claudio Donneschi; Coordinamento di Redazione: Lia Guerrini; Gruppo di Redazione: Francesca Belotti, Irene Lorandi, Claudia Pisano, Gabriele Smussi Realizzazione grafica: Daniela Mena, Elena Viscardi (Progetto grafico); Lia Guerrini (immagini) Photo copertina: Maurizio Pedercini Tipografia: GAM - Rudiano (Bs) 5 per mille Il codice fiscale di SVI è 80012670172 Come collaborare: CCP: 10236255 CC bancario n° 000000504030 Banca Etica - filiale di Brescia IBAN: IT02L0501811200000000504030 Stampato su carta riciclata ecologica Revive Pure Natural Offset, usando energia pulita. TERRE D’AFRICA DUE PASSI SOTTO LO STESSO CIELO In Africa si dice che “mille passi cominciano sempre da uno”… …e in Africa c’è sempre qualcuno che cammina. Lungo i sentieri, nella foresta, sul ciglio della strada, sull’asfalto, nel deserto, lungo il fiume. Per pochi minuti, per lunghe ore. Sotto il sole, mentre piove, dall’alba al tramonto, di giorno o di notte. In testa un cappello, del cibo, della legna, una tanica d’acqua piena o vuota. Legato alla schiena un bambino, il peso della vita in divenire. Sulle spalle un sacco di mais o il fardello ingeneroso di un passato che è presente. A piedi nudi, disarmati contro una madre terra a volte ingenerosa. Con scarpe di qualsiasi numero o per lo più con le ciabatte di plastica colorata comprate al mercato. C’è chi va verso la città, chi verso i campi, c’è chi va a scuola, chi a prendere l’acqua. C’è chi parte, chi torna e chi non ritornerà. I passi delle donne poi, sono carichi di un’eleganza innata, sfiorano il suolo e passano leggeri in armonia con la natura, senza disturbare, prevaricare, marciare o schiacciare. Non fanno rumore, lasciano spazio alle melodie cantate e alle risate. Sono passi dipinti, di madri instancabili e coraggiose, “Più che regine. Fiere, dignitose e al contempo umili ma senza complessi.” E.Kidanè Camminando il tempo prende il ritmo del passo, scorre sincero senza le lusinghe dell’infinito e l’impazienza di ciò che non è ancora accaduto. Chi sa come camminare non ha il respiro affannato, ha il tempo per la parola e per l’ascolto, per i salu- “Tanto per cominciare siamo responsabili della strada che percorriamo” R. Kapuscinski ti e i convenevoli, per le pause e i silenzi. Ha tempo da dedicare, con lo sguardo, a ciò che lo circonda, osserva il sole per conoscere il tempo nel giorno, il vento e le nuvole per sapere se daranno pioggia, gli alberi per orientarsi, gli uccelli per intravedere il futuro. Il mondo non va troppo veloce quando si cammina. Chi cammina sa che ognuno ha il suo passo, che alcune impronte lasceranno un segno, altre, le più, svaniranno dimenticate. Chi sa come camminare ricorda e rispetta la strada conosciuta, batte i passi come un pianista, in successione, i tasti ebano e avorio del brano amato e prova fermento e timore per il sentiero che ancora non conosce. Chi cammina sa che “la strada che si percorre è importante, poiché ogni passo ci avvicina all’incontro con l’altro.” Quale altra meta. In Africa quando cammini non sei mai solo, sempre discretamente accompagnato, non se la sentono di abbandonarti così estraneo, così bianco, così smarrito, a volte così fuori posto. Chi cammina sa che c’è sempre strada da percorrere ma, come recita un proverbio partorito nella culla dell’umanità: “La strada non è mai troppo lunga quando si è in buona compagnia.” Quanto è importante chi mi sta accanto e quanto posso esserlo io per lui. Camminare ci fa sentire vivi, creatori di passi, i polmoni si riempiono d’aria respiriamo polvere e paure. Il cuore batte, scorre sangue, ragione e libertà. Tutto è in movimento. In un tempo lontano, nella notte dei tempi, un pastore senegalese Wolof guardando il cielo compose questo canto: “Quando Iddio creò il mondo, volle che in esso le cose fossero diverse tra loro e così tante quante sono le stelle del cielo. E quando creò l’Africa di tutte queste cose differenti non volle dimenticarne nessuna.” A noi che abbiamo intrapreso viaggi più o meno lunghi e camminato su terre distanti e incomprese la speranza di non aver percorso milioni di chilometri senza essere andati da nessuna parte. Irene Lorandi 5 BURUNDI PROGETTI MAMMA MIA CHE FORZA QUESTE DONNE! Il futuro nelle mani delle donne del Burundi È un anno cruciale questo: un anno che può rafforzare il passo incerto verso la pace duratura, oppure far ripiombare il paese nel delirio della guerra. In villaggio la gente continua a vivere la propria giornata senza grossi cambiamenti, se non qualche parola in più che parla di carta di identità, necessaria per avere il diritto di voto in tarda primavera. Si partirà dai seggi comunali, per arrivare al presidente. La radio parla e parla…tutti fermi ad ascoltare il radiogiornale alle ore classiche. Appuntamento a cui non manca nessuno. Forse l’unica vera “puntualità spacca minuto” che ho visto da queste parti. Il mondo si ferma, una sola voce in stereofonia che esce da tutte le case, bar, tasche, caschi... Notizie di accusa al governo, di persone antigovernative sparite, di giovani armati pronti a prendere possesso del Paese in caso di sconfitta del presidente, battaglie sul confine con il Congo…cosa c’è di vero in mezzo a tutte ste notizie? In fondo questa radio, l’unica che arriva fino a Mivo, è antigovernativa… Di vero, forse, c’è la stanchezza della gente, e la preoccupazione. La voglia di pace, ma anche quella di potere. Dannato potere, e dannato denaro, dio osannato dei poveri di spirito. L’ONU che lascia il Paese alla vigilia di Natale con una festa da far venir voglia di sputare in faccia a qualcuno. Meglio che se ne vadano mi dico… a 30 mila dollari al mese di paga mi chiedo cosa cavolo ci fanno qui, rinchiusi nelle loro ville piene di servitù in stile neocolonialista della cooperazione business dei nostri tempi. Quale messaggio stiamo dando a questa gente? È una domanda che mi pongo spesso. Cosa pensano veramente di noi, amici e partner di una chiesa locale ricca, vergognosamente attaccata ad un poter temporale che fa rabbrividire, vergognare ed allontanare dalla Chiesa. Cosa pensano di noi, ricchi bianchi che seppur cerchiamo di vivere una vita modesta e semplice in un villaggio lontano dalla capitale, mai riusciremo minimamente ad avvicinarci ad un tenore di vita così incomprensibile. Ed allora…in quali mani si trova il futuro di questa gente se non nelle loro stesse mani? Come potremo mai noi, così distanti, cambiare le loro condizioni di vita? Neppure le capiamo! Pretendere di cambiarle poi! Che arroganza! Basterebbe un lampo di lucidità per capire un briciolo di quello che loro vivono! Ed allora, non possiamo altro che accettare il fatto che non saremo noi bianchi i salvatori del mondo, anzi! Accettare che siano loro, gli stessi beneficiari delle nostre 6 attività più o meno riuscite, più o meno apprezzate, a scegliere in quale direzione camminare, a che ritmo, quando fermarsi, quando voltarsi, quando sputarci in faccia. Accettare. Accettare il fatto che seppur tante volte ci viene da pensare che la nostra cultura millenaria è immensamente migliore della loro…ci stiamo sbagliando. È diversa, con i suoi pro e i suoi contro. E, in fondo, l’unica cosa che possiamo fare grazie a questa opportunità di vivere in un contesto così incomprensibile, è sederci e osservare. Attendere se loro attendono, camminare se loro camminano, ascoltare se loro parlano. Umiltà. Scendere un istante dal nostro trono di superiorità, guardare la forza di queste donne infaticabili, super motore di questo popolo, zappatrici di terreni, trasportatrici di tutto, cuoche per un esercito ma con solo quattro fagioli, commercianti, sottomesse. Mamma mia che forza queste donne! Ecco nelle loro mani ruvide, piccole, callose, ma potenti. E’ nelle loro mani questo paese. Unghie smaltate dalla fatica della quotidianità, unghie che agguantano con forza il futuro di questo popolo. Unghie da dipingere con i colori rossi e verdi di queste bellissime colline. Francesco Lancini “È nelle loro mani questo paese” DOSSIER “CHARLIE HEBDO”, LIBERTÀ DI ESPRESSIONE, CALIFFATO E TERRORISMO “Non è incredibile tutto quello che può contenere una matita?” In seguito alle diverse operazioni estere in Africa ed in Medio Oriente, la Francia è stata minacciata a più riprese da parte di gruppi terroristici islamici e numerosi progetti di attentati erano stati sventati prima della fucilata a Charlie Hebdo. Il giornale è stato regolarmente oggetto di minacce e spesso chiamato in causa dall’estrema destra. Con una linea apertamente atea ed anticlericale ha sempre criticato la religione, in particolare i fondamentalismi, uno dei suoi cavalli di battaglia, ed è stato a più riprese processato in seguito all’azione di associazioni cristiane (fra le quali l’AGRIF – “Alleanza generale contro il razzismo e per il rispetto dell’identità francese e cristiana”) e mussulmane. Nel 2006 il settimanale generava polemiche per aver pubblicato dodici caricature del profeta Maometto già apparse nel giornale danese “Jyllands-Posten” e veniva portato davanti alla giustizia dalla “Unione delle organizzazioni islamiche francesi” e dalla ”Lega islamica mondiale”. Nel 2011, dopo la pubblicazione di un numero speciale intitolato “Charia Hebdo”, che criticava la vittoria del partito islamico “Ennahdha” in Tunisia, le minacce contro il giornale satirico si erano intensificate ed i suoi locali erano stati il bersaglio di un incendio criminale provocato dal lancio di bottiglie Molotov. Da quella data i locali della redazione erano stati messi regolarmente sotto la protezione delle forze dell’ordine. Nel gennaio del 2013 il giornale pubblicava un numero fuori serie in due parti, la “Vita di Maometto”, nel quale la vita del profeta dell’Islam veniva raccontata in fumetti dal disegnatore Charbonnier (assassinato il 7 gennaio 2015). Nel 2013 “Al Qaeda nella Penisola Arabica” (AQPA) pubblicava sulla rivista online “Inspire” una lista che designava undici personalità occidentali “ricercate morte o vive per crimini contro l’islam” e Charbonnier era nella lista. Il 7 gennaio 2015, il mattino della sparatoria, veniva pubblicato il numero di Charlie Hebdo con la caricatura (a firma Luzier) di Michel Houellebecq, l’autore del romanzo “Soumission” pubblicato lo stesso giorno, ed alcuni disegni di Charbonnier dal titolo “Nessun attentato in Francia”, nei quali un mussulmano armato dichiarava “Abbiate pazienza, abbiamo tempo fino a fine gennaio per presentare i nostri auguri …”. “Il pretesto è la satira su Maometto, ma dietro al pretesto c’è la consapevolezza che colpire un giornale è colpire un luogo sacro della civiltà occidentale, un luogo in cui si incontrano la libertà di espressione e la pubblica opinione, elementi indispensabili di ogni democrazia”, affermava il direttore di “Repubblica” Ezio Mauro. E continuava evidenziando che il giornale laico da lui diretto ha sempre criticato ogni forma di integralismo religioso, ogni confusione tra le fedi e lo Stato, ogni prevaricazione portata nel nome di Dio – qualunque Dio – dentro il discorso politico. Ricordava anche che “la laicità comporta a mio parere degli obblighi, tra cui quello di non irridere i sentimenti più sacri degli altri, siano essi maggioritari nel Paese o espressioni di minoranze, … Critiche alla religione, strumentalizzata come ideologia o ridotta a politica, sì! Irrisione dei simboli religiosi e delle fedi dei cittadini no, perché nella libertà reciproca quei liberi cittadini hanno diritto che venga rispettato ciò che hanno di più sacro”. Il commando parigino non ha agito come dei kamikaze, ma come dei jihadisti del Califfato, freddi come i tagliatori di teste, uomini addestra7 DOSSIER ti e non semplici fanatici, ci ricorda Bernardo Valli. I vignettisti Wolinski (80 anni), Cabut (76 anni), Verlhac (57 anni) ed il direttore del giornale, Charbonnier, erano i disegnatori più famosi di “Charlie Hebdo” e non risparmiavano le caricature di Maometto ai mussulmani, ma neppure quelle del Papa ai cattolici o quelle dei rabbini (o dei dirigenti israeliani) agli ebrei. La strage di “Charlie Hebdo” è avvenuta in un momento in cui il problema della presenza islamica in Francia viene dibattuto con passione. Si pensi, al riguardo, al grande successo dei libri “Suicidio francese” di Eric Zemmour e “Sottomissione” di Michel Houellebecq. Quali i messaggi veicolati da tali pubblicazioni? Il “Front National” di Le Pen ha approfittato dell’eccidio di Parigi per proporre un irrigidimento delle politiche di immigrazione e l’introduzione della pena di morte per i terroristi. Sotto le raffiche di due AK-47 sono cadute le colonne francesi di quella forma di libertà di pensiero che si chiama satira. “Charlie Hebdo” si scagliava contro l’oscurantismo religioso, senza distinzioni. La strage ha colto di sorpresa, nonostante tanti segnali, e non solo in Francia, annunciassero attentati imminenti. Mostrare o censurare le vignette? Non tutti i giornali occidentali, pur considerando come barbarie l’attentato di Parigi e difendendo il diritto del settimanale francese di fare satira come vuole e su quello che vuole, hanno ripubblicato le vignette messe sotto accusa dagli estremisti islamici. Come dimenticare, al riguardo, il dibattito acceso scaturito dalla pubblicazione nel 2010 da parte di Julian Assage nel sito WikiLeaks di 251.000 documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come “confidenziali” o “segreti”, ripresi da importanti testate internazionali? “La libertà di espressione non è un diritto acquisito da praticare solo nei giornali e nelle aule dei tribunali, è un fatto, un principio che trascende tutte le scartoffie legali e 8 che … pur con tutte le contraddizioni e progressive limitazioni, … rende il mondo occidentale un mondo libero”, affermava Roberto Saviano. Quanti giornalisti sono stati uccisi l’anno scorso? Sessantasei sono morti e 168 sono stati arrestati! Abbiamo già scordato l’assassinio nel 2004 del regista Theo van Gogh in Olanda (come ritorsione contro alcune immagini mostrate nel suo film “Submission”) ed il tentativo di ammazzare il vignettista danese Kurt Westergaard nel 2010, per aver disegnato una caricatura del profeta Maometto? E che dire di Bob Rugurika, direttore di “Radio Publique Africaine”, un’emittente privata molto ascoltata in Burundi, fermato ed incriminato per complicità in assassinio e violazione di segreto istruttorio (non avendo voluto rivelare ai magistrati l’identità della fonte delle sue informazioni) in relazione alla pubblicazione di una ricostruzione fornita da un presunto membro di un commando che avrebbe ucciso tre missionarie italiane a Bujumbura il 7 settembre 2014? “La rivendicazione della libertà di espressione contro ogni forma di violenza è sacrosanta, ma terribilmente impegnativa”, affermava Stefano Rodotà. Il Papa in gennaio 2015 ha indicato quello che gli sembra essere un limite insuperabile: le parole aggressive contro la religione altrui, contro qualsiasi fede religiosa. “Oggi il mondo dovrebbe sentire forte e chiara la voce dei mussulmani moderati, razionali e aperti al dialogo. Loro, più di chiunque altro, potrebbero restituire all’Europa traumatizzata l’equilibrio perduto. Dovrebbero essere loro a ricordare a tutti che questa non è una guerra tra l’Islam ed il Cristianesimo (o l’Ebraismo), ma tra fanatici estremisti e chi crede che la tolleranza non è solo un’espressione vuota, ma l’unico modo per garantire la vita nella moderna realtà multi-culturale, multirazziale e multi-religiosa”, affermava David Grossman Il dibattito scaturito in seguito alla carneficina di Charlie Hebdo sull’i- “Ieri, oggi, domani” slam non può essere disgiunto da quanto si sta verificando ad opera dell’ISIS ed alcune precisazioni e chiarimenti sono al riguardo più che opportune. Iraq, da al Zarqawi all’Isis: dieci anni di jihad e tagliatori di teste Le radici dell’ISIS risalgono agli anni ’90, quando nell’Iraq settentrionale Abu Musab al-Zarqawi cercò di crearsi una piccola porzione di potere, sulla scia ideologica tracciata da Bin Laden che stava diventando il paladino nel mondo islamico dei movimenti jihadisti. Con l’operazione “Iraqi Freedom” (seconda guerra del Golfo), un conflitto bellico iniziato il 20 marzo 2003 (con l’invasione dell’Iraq da parte di una coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti d’America) e terminato il 15 dicembre 2011 (con il passaggio definitivo di tutti i poteri alle autorità irachene da parte dell’esercito americano), il potere di al-Zarqawi aumentò. L’obiettivo principale dell’invasione della coalizione era stato la deposizione di Saddam Hussein, già da tempo visto con ostilità dagli Stati Uniti per vari motivi: timori (poi rivelatisi infondati) su un suo ipotetico tentativo di dotarsi di armi di distruzione di massa, il suo presunto appoggio al terrorismo islamico (mai confermato) e l’oppressione dei cittadini iracheni con una dittatura sanguinaria. L’obiettivo fu raggiunto rapidamente: il 15 aprile 2003 tutte le principali città erano nelle mani della coalizione ed il 1° maggio il presidente statunitense Bush proclamò concluse le operazioni militari su larga scala. Tuttavia “La rivendicazione della libertà di espressione contro ogni forma di violenza è sacrosanta, ma terribilmente impegnativa” saggio trasmesso da un’emittente radio del Qatar, Osama Bin Laden avrebbe nominato al-Zarqāwī “comandante (emiro) di Al Qaeda in Iraq”. Il giordano Abū Mus‘ab al-Zarqāwī è considerato da molti come leader di “Jamā‘at al-Tawh ̦īd wa l-Jihād” (“Gruppo per l’Unità [e Unicità di Dio] e il Jihād”), una rete insurrezionale operante in Iraq che poi diventerà lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS o ISIL). Secondo alcuni rapporti egli fu arrestato dal governo iraniano e, insieme a molti altri sospetti alti membri di Al Qaeda, fu offerto al governo statunitense nel quadro di un accordo che non fu però mai portato a conclusione. Abū Muș‘ab al-Zarqāwī venne ucciso durante un attacco aereo congiunto compiuto da forze statunitensi e giordane il 7 giugno 2006 in una casa vicino a Ba‘qūba. Secondo quanto riferito da fonti militari USA, al-Zarqāwī (che era l’uomo più ricercato in Iraq) sarebbe sopravvissuto alle immediate conseguenze dell’attacco, morendo poi subito dopo in seguito alle ferite riportate. Per il Pentagono l’uccisione di al-Zarqāwī costituì un grave colpo all’insurrezione e si auspicava che la sua morte avesse un effetto demoralizzante sugli insorti iracheni, anche se il numero due di Al Qaeda, il medico egiziano Ayman al-Zawāhirī preannunciava che il posto di al-Zarqāwī sarebbe stato presto occupato da altri “eroici combattenti”. Dopo l’uccisione di al-Zarqawi si restò senza un capo. Dal 2006 al 2010, con Al Masri e Omar Al Baghdadi, cominciò a ventilarsi l’idea di uno Stato islamico, un Al Qaeda nella terra dei due fiumi. Nato in Egitto, Abū Ayyūb al-Mașrī - nome di battaglia che significa “Abū Ayyūb (Padre di Giobbe), l’Egiziano” - aderì alla Fratellanza Musulmana. Membro dal 1982 della “Jihad islamica egiziana”, si addestrò in Afghanistan e partecipò alla guerra d’Iraq come membro di Al Qaeda, succedendo nella leadership ad al-Zarqāwī. Venne ucciso in uno scontro con soldati statunitensi e iracheni il 18 aprile 2010. Abū ‘Omar al-Qurashī al-Baghdādī fu il leader dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante dal 2006 al 2010, organizzazione terroristica attiva in Iraq e Siria. Succeduto ad al-Zarqāwī, venne ucciso in uno scontro con soldati americani ed iracheni il 18 aprile 2010 insieme ad Abū Ayyūb al-Mașrī. Fra il 2006 ed il 2010 si cominciò a parlare di Stato islamico in Iraq. Dopo l’uccisione di Al Masri e Omar Al Baghdadi nel 2010, ci si trovò ancora una volta senza capo ed emerse la figura di Abu Bakr al-Baghdadi, un terrorista iracheno, “califfo” dell’autoproclamato Stato Islamico, entità statuale non riconosciuta sita tra l’Iraq nord-occidentale e la Siria orientale. È il leader dell’ISIS. Ma il vero capo non è al-Baghdadi, ma sembrerebbe un colonnello irakeno che apparteneva alla guardia presidenziale, molto noto negli ambienti diplomatici ma poco per la stampa. È grazie a lui ed alla conoscenza che ha degli arsenali dell’area che lo Stato islamico si è armato. Abu Bakr al-Baghdadi, nel giugno 2014 ha unilateralmente proclamato la nascita di un califfato nei territori caduti sotto il suo controllo. Prima della proclamazione del califfato, si faceva chiamare “Stato Islamico dell’Iraq e della Siria” (abbreviato ISIS) oppure “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” (abbreviato ISIL). DOSSIER il conflitto si tramutò poi sia in una guerra di liberazione dalle truppe straniere, considerate invasori da alcuni gruppi armati, sia in una guerra civile fra varie fazioni. Essendoci stata l’invasione degli infedeli, al-Zarqawi iniziò ad organizzare operazioni di guerriglia (approfittando anche del fatto che gli americani avevano sciolto l’esercito irakeno), per combattere l’occupazione statunitense dell’Iraq ed il governo irakeno sciita sostenuto dagli USA dopo il rovesciamento di Saddam Hussein. Nel 2004 accadde un fatto importante. Al Qaeda non aveva un capo sul terreno e Bin Laden era scomparso nelle grotte delle montagne di Tora Bora, faceva dei comunicati ma non operava sul campo. Ecco allora che in quell’epoca Al Qaeda perdeva consensi e si affacciò al-Zarqawi, i cui metodi furono addirittura giudicati troppo violenti dagli stessi membri di Al Qaeda. Egli cercava di ampliare il proprio potere non solo combattendo contro gli americani, ma anche contro gli irakeni che non condividevano il suo punto di vista. Un’ipotesi accreditata ritiene che al-Zarqāwī abbia avuto, fino alla sua uccisione, più potere di Bin Laden a causa della sua maggiore visibilità come leader dell’insurrezione contro i militari USA e il governo provvisorio dell’Iraq, considerando inoltre la possibilità infondata che Bin Laden non fosse più in vita o che fosse impossibilitato a comunicare con i suoi seguaci. Il 21 ottobre 2004 al-Zarqāwī annunciò ufficialmente la sua lealtà ad Al Qaeda ed il 28 dicembre 2004, in un mes- L’ISIS in azione in Siria e nel nord Africa e la nascita del Califfato A partire dal 2012, lo Stato Islamico dell’Iraq è intervenuto nella guerra civile siriana contro il governo di Bashar al-Assad, e nel 2013, avendo conquistato una parte del territorio siriano (con capitale Raqqa), ha cambiato nome divenendo “Stato Islamico dell’Iraq e della Siria” (ISIS). Nel 2014 l’ISIS ha espanso il proprio controllo in territorio iracheno (con la presa di Mossul in giugno), proclamando la nascita del Califfato il 29 giugno 2014. Le rapide conquiste territoriali dell’ISIS hanno finito per attirare la preoccupazione della 9 DOSSIER “non in mio nome” comunità internazionale, spingendo gli USA e altri Stati occidentali e arabi ad intervenire militarmente contro l’ISIS con bombardamenti aerei in Iraq da agosto 2014 e in Siria da settembre 2014. Dapprima alleato di Al Qaeda, rappresentata in Siria dal fronte alNusra, l’ISIS se ne è definitivamente distaccato nel febbraio 2014, diventandone il principale concorrente per il primato nel jihad globale. Così, a partire da ottobre 2014, altri gruppi jihadisti esterni all’Iraq e alla Siria hanno dichiarato la loro affiliazione all’ISIS, assumendo il nome di “province” (wilayah) dello Stato Islamico: tra queste, si sono particolarmente distinte per le loro attività la provincia del Sinai, attiva nella regione egiziana del Sinai, e le Province libiche di Barqa eTripoli, che controllano la città di Derna e parte della città di Sirte in Libia. L’ONU e alcuni singoli Stati hanno esplicitamente fatto riferimento allo Stato Islamico come ad un’organizzazione terroristica, così come i mezzi d’informazione in tutto il mondo. Come ricordava Stefano Citati su “Il fatto quotidiano” del 20 agosto 2014, il padre putativo dei tagliatori di teste dell’ISIS è stato alZarqawi, il capo-guerrigliero legato ad Al Qaeda che seminò il terrore in Iraq anche per cercare di rubare la leadership del movimento integralista islamico a Bin Laden. Anche lui 10 e i suoi uomini postavano su Internet le immagini delle decapitazioni (Nick Berg, sgozzato nel 2004) e altri prigionieri ‘giustiziati’ (Quattrocchi & Co.). Erano video ‘primitivi’ ma l’impatto mediatico già efficacissimo. Ora sono tornate a rotolare le teste nella polvere del Medio Oriente e non solo (Daniel Pearl fu scannato in Pakistan nel 2002), per mano dei ‘nipoti’ di al-Zarqawi che si sono evoluti mediaticamente e iconograficamente: il “Jihadi John”, il boia dell’ISIS, colui che taglia la gola agli ostaggi americani ed inglesi ed è apparso spesso con un cappuccio nero sulla testa, parla un buon inglese (con accento arabo-londinese) ed è stato identificato in Mohammed Enwazi, un 27enne londinese laureato in informatica, cittadino britannico, un tranquillo ragazzo mussulmano occidentale descritto come religioso ma non estremista. Il 2011 è stato un anno importante, noto per le “primavere arabe”. L’unica vera rivoluzione è stata quella tunisina, che è riuscita a scardinare Ben Alì (che era stato messo in piedi dal governo italiano di Craxi) ed ad effettuare il cambio di regime. Era stato in Tunisia che si era scesi in piazza per chiedere pane, lavoro e dignità ed in quel Paese c’era stato il fallimento di Al Qaeda. In Egitto, invece, avvenne un colpo di Stato ed i militari usarono Mubarak come capro espiatorio. In Siria la rivolta agli inizi fu simile a quella della Tunisia e furono i poveri a scendere per primi in piazza, ma in seguito potentati stranieri presero il sopravvento e ci fu una fase di caos. Ci fu il tentativo di un gruppo di ribelli che contrastò il presidente Bashar al-Assad, ma poi il sopravvento fu preso da gruppi jihadisti. Dall’Iraq ci si spostò in Siria e questi gruppi sono riusciti a coagulare attorno alle loro idee (che non sono di spodestare Assad, ma di creare uno Stato islamico) tutte le forze estremiste del mondo mussulmano, che hanno interpretazioni del Corano non ritenute ortodosse: oggi, per esempio, all’interno dell’ISIS c’è anche un battaglione ceceno. L’avanzata dell’ISIS da un punto di vista militare in Siria è stupefacente (lo stesso ISIS non se lo immaginava) ed ad un certo punto ci si è trovati vicini all’Iraq, dove la situazione era allo sbando. In Iraq era stata data priorità agli sciiti da parte degli americani e l’ISIS, sunnita, riuscì a conquistare parte del territorio, anche prendendolo ai curdi. Banche sono state svaligiate, tecnici sono stati chiesi alla Libia per sfruttare i pozzi petroliferi caduti sotto il loro controllo, ci sono stati rapimenti ed il grande business delle armi. In giugno 2014 Al Baghdadi si è proclamato califfo di questo Stato islamico, che è così entrato in una nuova fase. Da quel momento è stata creata una struttura di governo (con un rappresentante per controllare il territorio siriano ed un altro per quello irakeno), sono state istituite forze di polizia distinte dall’esercito ed anche una milizia religiosa caratterizzata anche da atteggiamenti grotteschi: sono stati, per esempio, vietati gli occhiali da sole, perché non si ha diritto di opporsi al sole che è un dono di Dio. Si è anche deciso di battere moneta (non cartamoneta ma soltanto metallica, perché la cartamoneta non c’era all’epoca del Profeta) e questo per istituzionalizzare lo Stato islamico. È anche nata l’esigenza di relazio- Quali prospettive dopo gli attentati in Francia? Dietro agli attentati in Francia ci sono delle problematiche geopolitiche che sorpassano grandemente il quadro locale. Il deterioramento del conflitto israelo-palestinese alimenta da tempo importanti frustrazioni nell’insieme del mondo mussulmano. La disgregazione dello Stato irakeno, dopo il catastrofico intervento statunitense del 2003 e l’incapacità della comunità internazionale di sbarazzare la Siria dal suo dittatore sanguinario hanno aperto nella regione un boulevard alle orde barbare del cosiddetto Stato islamico ed ad Al Qaeda. Mentre gli interventi dell’esercito francese in Iraq ed in Mali attirano in modo particolare le folgori dei terroristi sulla Francia, questi avvenimenti sottolineano anche l’ampiezza dei problemi francesi accumulati in più di tre decenni di crisi. Si era già verificato con Khaled Kelkal, originario della regione lionese e principale organizzatore di una serie di attentati nel 1995. Nel 2012 Mohamed Merah aveva seminato la desolazione nella regione di Tolosa e l’anno scorso Mehdi Nemmouche, abitante di Roubaix, assassinava a sangue freddo quattro persone nel Museo ebraico di Bruxelles. In gennaio 2015 i fratelli Kouachi hanno massacrato dodici persone alla redazione di Charlie Hebdo ed il loro complice Amedy Coulibaly quattro altre, perché ebree, all’Hyper Cacher della porta di Vincennes, a Parigi, così come una giovane poliziotta a Montrouge. Si tratta di assassini che hanno suscitato la grande ammirazione di un numero non trascurabile di giovani nei licei e collegi francesi. Nello stesso tempo 400 francesi combatterebbero in Siria o in Iraq e 1.000 altri cercherebbero di raggiungerli. La Francia, d’altra parte, non è il solo Paese interessato dal fenomeno del terrorismo. Nel 2004 l’attentato di Madrid, perpetrato da mussulmani marocchini, era stato ancora più sanguinoso con circa 200 morti. Anche Londra era stata duramente colpita nel 2005. In proporzione alla loro popolazione, inoltre, il Belgio e la Danimarca conterebbero più jihadisti della Francia in Siria ed in Iraq. Ma al di là delle condizioni economiche e sociali oggettive, aggravate in questi ultimi anni dalla crisi ed austerità, le frustrazioni sono probabilmente esacerbate in Francia per le contraddizioni sempre più flagranti fra le ambizioni ostentate dal Paese della Rivoluzione francese (in modo particolare in merito all’eguaglianza) e l’incapacità crescente di un modello sociale a incapace di soddisfare questa promessa. DOSSIER ni internazionali e si è cercata una certa alleanza con i talebani dell’Afghanistan ed i sunniti del territorio controllato dallo Stato islamico. Sono relazioni che all’epoca attuale sembrerebbero comunque congelate. Vale anche la pena ricordare il collegamento dell’ISIS con il gruppo terrorista somalo Al Shabab, ma soprattutto con il nigeriano Boko Haram (quello venuto alla ribalta per il rapimento di più di 200 studentesse), perché tale movimento controlla le rotte degli stupefacenti e la Nigeria è il luogo di transito della droga anche sub-americana. Boko Haram, poi, non controlla soltanto il traffico degli stupefacenti, ma anche quello delle armi e dei migranti. In Libia dove c’era stata una destrutturazione del potere militare l’ISIS, ben organizzato militarmente, ha avuto gioco forza. “libertà” Se si condivide questa diagnostica, la risposta a questi avvenimenti non può e non deve essere puramente di ordine pubblico. Bisogna contemporaneamente attaccarsi al crimine ed alle cause del crimine, come affermava il Primo Ministro inglese Tony Blair (“Tough on crime and on the cause of crime”), prendendo in esame il mercato del lavoro, accentuando la lotta contro la disoccupazione e le discriminazioni, oltre ad attuare una adeguata politica dell’alloggio, limitando la segregazione spaziale, ed una politica educativa per sradicare i fallimenti scolastici. Tutto questo solleva inevitabilmente il problema del livello globale delle spese pubbliche. Il denaro non è tutto, ma con l’abbassamento della spesa pubblica programmato in Francia dal governo nel quadro del patto per la responsabilità. non sarà certamente possibile ridurre queste fratture aperte e la traiettoria programmata dovrà pertanto essere rimessa in discussione. Gabriele Smussi “L'obiettivo principale dell'invasione della coalizione era stato la deposizione di Saddam Hussein” 11 NON SOLO SVI CHIUDE MULTIMONDO, MA LA PORTA PER LA SOLIDARIETÀ RIMANE APERTA L’ assemblea dell’Associazione Multimondo, che gestisce il negozio di via Forcello a Brescia, ha recentemente deliberato di terminare, nella prossima estate, la sua attività La ragione prevalente è motivata dalle difficoltà determinate dalla lunga crisi economica generale. Non è esagerato dire che continuare l’attività per sei anni dall’inizio della congiuntura sfavorevole è stato un atto coraggioso ed impegnativo. Il merito va tutto e solo al folto gruppo di volontarie (con qualche volontario) che settimana dopo settimana ha “tenacemente tenuto duro”. Una motivazione di fondo ha sostenuto le volontarie: la solidarietà, vissuta quasi come un obbligo morale, verso gli artigiani ed i contadini delle aree impoverite del Mondo. La storia delle botteghe del Commercio Equo e Solidale di Informondo e Multimondo giungerà così fra pochi mesi al termine. La chiusura è certo una sconfitta ma una sconfitta “esterna”. L’azione “interna”, ossia quella di chi vi ha operato è stata prudente quanto rigorosa. Gli acquirenti però hanno dovuto, poco alla volta, orientare i loro acquisti in modo più convenzionale ed è giunto il momento di prenderne atto in modo definitivo. L’idea però del Commercio equo e solidale è stata, ed è valida. Essa non ha subìto la sconfitta. Gli artigiani e i contadini poveri sono stati remunerati in modo da far vivere le loro famiglie in modo dignitoso. Bisogna ricordare che il prezzo di acquisto dei loro prodotti non è stato 12 imposto dalle multinazionali ma è stato concordato con i lavoratori. Insomma il Commercio equo è stato ed è un cammino di liberazione e di dignità. L’idea del Commercio Equo poi, grazie anche a Multimondo-Informondo, si è diffusa in parecchi paesi della provincia dove sono sorte varie botteghe. Consideriamo inoltre che i prodotti “Equo” sono da tempo reperibili sulle scaffalature della grande distribuzione: è stato una “contaminazione” positiva. Multimondo chiuderà ma altre botteghe continueranno sia in città che in provincia. In città ricordiamo innanzitutto la storica e accattivante bottega di via San Faustino e in provincia “Il Cerchio” di Desenzano, ricco di dinamismo e con il quale c’è sempre stata sinergia. Prima però di pensare al momento della chiusura è importante sapere che fino a Pasqua la bottega di via Forcello (via Cremona) funzionerà a pieno ritmo sia con gli oggetti di artigianato che con i prodotti alimentari, le cui scadenze sono lunghissime. L’invito ai lettori di “Esserci” è quindi quello di visitare la bottega nelle prossime settimane. Il legame solidale verso i poveri non sia interrotto ma potenziato in questo periodo. Dopo Pasqua, poi, ci sarà la speciale vendita con sconti molto, molto forti. Particolare beneficio avranno gli amanti degli oggetti artigianali ricchi di raffinata bellezza. Aldo Ungari “Dietro ogni prodotto. Questa maglietta è il risultato di una catena solidale” NON SOLO SVI UNA MAGLIA VERDE PER DIFENDERE LA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE Bob Rugurika e la morte delle tre suore missionarie saveriane Si chiama Bob Rugurika ed è il direttore della Radio Pubblique Africaine (RPA) di Bujumbura. Incarcerato il 20 gennaio 2015 per aver investigato sulla morte di tre suore missionarie saveriane uccise il 7 settembre 2014, viene ora ritenuto da tutti il baluardo della libera informazione in Burundi e la sua radio ha acquisito il ruolo di portavoce per chi di voce non ne ha. Considerata dal partito al potere una radio anarchica e violenta, questa segue il partito politico dell’opposizione MSD (Mouvement pour la solidarieté et la Démocratie). La colpa del giornalista è quella di aver trovato un membro del gruppo esecutore dell’assassinio delle tre religiose e di averne trasmesso la testimonianza tramite i suoi microfoni, mantenendo per questo l’anonimato richiesto in questa delicata situazione, avendo ricevuto delle minacce di morte dai mandanti dell’esecuzione in caso di pentimento. Le accuse rivolte a Bob Rugurika sono quelle di violazione della solidarietà pubblica, violazione della riservatezza delle indagini, protezione di un criminale e complicità in omicidio. La totale assenza di prove e la mobilitazione delle persone, così come quello del Parlamento Europeo (tramite la risoluzione comune dell’11 febbraio 2015), induce a pensare che questo arresto sia dovuto al fatto che il coraggioso giornalista ha pestato i piedi alle persone sbagliate, come per esempio Adolphe Nshimirimana, inviato della Presidenza della Repubblica per missioni speciali, nonché ex- capo dei Servizi Segreti burundesi. L’uccisione di Suor Olga Raschietti, Suor Lucia Pulici e Suor Bernadetta Boggian a Kamenge, un quartiere nel nord della capitale burundese, ha suscitato in Bob Rugurika un sospetto che lo ha indotto a indagare al di là delle fonti ufficiali e dei media tradizionali, che riportavano l’unica versione approvata dal governo che ha dichiarato come assassino Claude Butoyi, un ragazzo con problemi mentali trovato nella sua casa in possesso di una copia delle chiavi per aprire una delle porte del convento dove le tre vittime vivevano. Il motivo della furia omicida è che la congregazione alla quale le tre vittime appartenevano aveva in passato costruito delle case su un terreno di proprietà dell’assassino. Altre fonti, invece, riportano che le suore erano a conoscenza di particolari informazioni segrete che riguardavano principalmente alcuni traffici illegali del già citato Adolphe Nshimirimana. Quest’ultimo, infatti, proprietario di un ospedale nei pressi del convento, importava farmaci senza pagare le tasse doganali, dichiarando che il destinatario degli stessi fosse il dispensario parrocchiale vicino al suo ospedale. A bordo dei veicoli della parrocchia, inoltre, Nshimirimana trasportava illegalmente minerali dal Congo facendoli passare come aiuti umanitari. Le suore erano pronte a denunciare questi fatti, ma sono state messe a tacere nell’unico modo in cui, troppo spesso, si ricorre per cancellare “Bob Rugurika” voci scomode, soprattutto in un periodo delicato come può essere quello pre-elettorale in un paese ancora instabile come il Burundi. Bob Rugurika è stato incarcerato a Bujumbura prima e a Muranvya poi ed è in questa che ha trovato la solidarietà di tante persone che nelle suo coraggio hanno letto verità. Le stesse persone, aiutate anche dal quotidiano locale Iwacu, hanno creato un link (iwacu-burundi.org/ la-liberte-pour-bob/) dal quale si può aderire all’appello per la liberazione di Bob Rugurika, che hanno indossato una maglia verde, per ricordare e ricordarsi che c’è ancora speranza. La speranza che la libertà d’espressione possa sopravvivere ai bavagli, alla censura e perfino alla morte. Francesca Belotti 13 SERVIZIO CIVILE SENSAZIONI Ci sono cose che non si riescono a spiegare, ma Laura prova lo stesso a farci capire il suo anno in Brasile con il Servizio Civile L’altro giorno stavo tornando a casa la sera e, al momento di aprire la porta ho visto una luce chiara sulle scale dell’entrata. Mi sono girata, ho guardato in alto e ho visto una luna bellissima, quasi piena, che faceva cosí tanta luce che sembrava addirittura piú forte di quella dei lampioni. La prima cosa che ho pensato é stata: “Con questa luna, a quest’ora starei facendo um banho nel Caité!”. E oltre a pensarlo, senza accorgemene, l’ho detto ad alta voce e mia mamma mi guarda e dice: “Tu sei tutta matta!”. Sì, andare a farsi un bagno di notte in un fiume dell’Amazzonia forse non è la più saggia delle idee, specialmente se per arrivarci devi passare in mezzo alla foresta piena di insetti e serpenti (che notoriamente attaccano più di notte che di giorno), illuminata solo dalla luce della luna che a stento si riesce a infilarsi tra i rami. Ma ci sono cose che non si riescono a spiegare. La sensazione meravigliosa di andare al fiume di notte, tuffarsi nell’acqua tiepida, guardarsi in giro e sentire solo il rumore delle foglie e dei grilli che cantano. Poi alzi la testa e vedi sempre quella stessa luna, che fino a pochi metri prima era nascosta dagli alberi, che adesso è enorme, illumina tutto e si riflette nell’acqua in un gioco di luci e ombre che non avevo mai visto prima. Sono cose che noi, o almeno io, faccio fatica a notare quando sono in Italia o in altri posti urbanizzati, perché ho la testa occupata con un milione di altre cose, la maggior parte delle quali futili. Ma sono cose che ti fanno capire quanto la vita sia bella nei suoi particolari piú semplici e che, a volte, fermarsi e ossevare intorno in silenzio sia la fonte di momenti di allegria e serenità. Alla formazione finale del Servizio Civile eravamo dieci ragazzi appena tornati da Brasile, Mozambico ed Ecuador, e mi ricordo di Deborah che, cucinando la sera, si è guardata in giro e ha detto: “Ma che bello avere delle padelle non arrugginite ed i coltelli che tagliano!”. Sono cose che sembrano insignificanti, ma quando una persona ha vissuto per quasi un anno in un paese dove le risorse materiali sono scarse, ci fa un sacco caso! Mi ricordo quando io sono tornata da un’altra esperienza di sei mesi a Capo Verde, e appena arrivata a casa ho abbracciato la lavatrice perché non ne potevo piú di lavare i panni a mano! Penso alla prima volta che sono entrata in un supermercato in Italia, che ho visto tutti questi scaffali pieni di cose, di mille marche differenti e mi sono chiesta: “Ma perché? Cosa ce ne facciamo di tutta questa roba?”. Sí, perché ci sono dei beni materiali (LA LAVATRICE!!!) di 14 cui ho sentito la mancanza quando ero in Amazzonia, ma ci sono moltissimi pú aspetti immateriali che ho trovato là e che qua mi mancano un sacco. Prima di tutto la semplicità e la felicità di vivere delle persone. Uno degli ultimi giorni in cui ero in Brasile una mia amica mi ha chiesto: “Ma perché ti piace tanto stare qua? Noi pensiamo che l’Europa sia il massimo!”. E io le ho risposto senza pensare: “La felicità delle persone!”. Perché specialmente quando inizi a viaggiare nelle piccole comunità rurali, ci sono famiglie che vivono in situazioni veramente difficili, famiglie che lottano tutti i giorni per mangiare, eppure hanno sempre un gran sorriso stampato in faccia. Sicuramente quello che mi mancherà di piú sono le persone che ho incontrato, i loro sorrisi e quei momenti di bellissima semplicità che ho condiviso con loro. Se dovessi descrivere il mio Servizio Civile in un parola direi proprio: SENSAZIONI. Laura Visentin “Laura Visentin impegnata in un incontro formativo in Brasile” SERVIZIO CIVILE SCOSSA DI LUCE il viaggio di Alessandra, in Servizio Civile con lo SVI in Brasile Alessandra Fauri in un momento animativo in Brasile Quante volte in questo mio viaggio mi sono sentita come interdetta, spaesata, confusa, quasi scioccata perché impreparata a fare i conti con una realtà che non immaginavo certo così distante da me. E forse questa è stata la sfida più grande: abituarmi, cercare di capire per cominciare ad accettare, farmi posto e creare il mio spazio, portare avanti il mio lavoro e i miei obiettivi nonostante dall’altra parte non incontrassi il feedback sperato. E non è stato facile…non è stato facile per me convivere e combattere con il sapore amaro della delusione. Non avevo messo in conto di poter incontrare tali difficoltà nell’instaurare relazioni, non immaginavo che la distanza culturale poteva tradursi in tale solitudine. L’ho desiderato e voluto così tanto questo anno di servizio civile che probabilmente l’ho caricato di aspettative e responsabilità per il futuro della mia vita. Sono sincera quando dico che per me partire avrebbe potuto significare fare una scelta di vita, di quelle abbastanza forti, che danno un taglio netto al tipo di esistenza che si vuole condurre. Partivo quindi disposta al sacrificio, libera dal passato per sperimentarmi totalmente su nuovi sentieri. Nelle difficoltà la frase di una preghiera mi ha dato l’ispirazione e da quel momento ha fatto da leitmotiv alla mia avventura: “Eu não recebi nada do que pedi…mas eu recebi tudo de que precisava” (non ho ricevuto nulla di ciò che ho chiesto… ma ho ricevuto tutto ciò di cui avevo bisogno). Ricordo ancora la mattina in cui è stata letta questa preghiera dalla direttrice pedagogica della scuola agricola ECRAMA, dove ho collaborato per buona parte del mio ser15 SERVIZIO CIVILE vizio. Mi trovavo circa a metà percorso, periodo di passaggio che ho vissuto come momento di “crisi”. E questa frase è penetrata in me come un fulmine a ciel sereno, è stata una scossa, ma di luce. Ho provato a rileggere con nuove lenti i fatti accaduti, le insoddisfazioni, le paure e le sfide che sentivo vicine e sono riuscita a dare un significato a ciò che stavo vivendo. E’ stato allora che ho capito quanto poteva essere un’occasione per me…per vedere realmente a che punto sono della mia vita, quanto ancora ho bisogno di migliorare, di quanta forza ho bisogno se voglio realizzare qualcosa. Da qui in poi ho deciso di prendere ogni compito e responsabilità affidatami come opportunità per mettermi alla prova. Se anche non ricevevo sostegno e approvazione da coloro per cui mi impegnavo io continuavo a propormi, senza stancarmi di riprovare, perché ci credevo e volevo contri- buire, volevo fare la mia parte. Del resto è per quello che ero arrivata fin lì…sebbene tentata, sentivo un obbligo in me che non mi lasciava gettare la spugna. Ero lì per loro e in loro dovevo trovare il senso del mio stare. Lì ho imparato a costruire, quel costruire che è fatto di “giorno dopo giorno” come dice il cantautore Niccolò Fabi. Un costruire che è accettare le inconciliabili diversità, è rinunciare alla perfezione che avevamo in testa. È un agire più “sporco”, è l’abbraccio del sogno alla realtà. Vi chiederete perché mi soffermo a parlare tanto di questo e non dei sorrisi dei bambini o dei profumi della foresta amazzonica. Ebbene, forse ciò di cui ho scritto è stato l’aspetto più nuovo e imprevisto che ha caratterizzato il mio viaggio. Questo non significa che non ci siano state gioie, incontri speciali, abbracci fraterni! Sarò sempre debitrice a questo popolo brasiliano che mi ha insegnato cos’è l’accoglienza, resterò eternamente commossa dalla loro gentilezza. Mi hanno insegnato e aiutato a crescere, ma senza sentire il peso del giudizio e dell’efficienza immediata…tranquilli mi hanno accompagnato in questo mio cammino di apprendimento. Mi sento più matura e consapevole di me. Mi porto dentro quella calma sana che è superamento dell’angoscia e mi sembra di poter affrontare le sfide della vita con animo più sereno. Auguro a tutti di uscire e conoscere per continuare quell’unico vero viaggio che è la scoperta di chi siamo. Vi lascio alcune parole a mio parere molto significative sul senso del partire. Partire è anzitutto uscire da sé. Rompere quella crosta di egoismo che tenta di imprigionarci nel nostro IO. Partire è smetterla di girare intorno a noi, come se fossimo al centro del mondo e della vita. Partire è non lasciarsi chiudere negli angusti problemi del piccolo mondo cui apparteniamo: qualunque sia l’importanza di questo mondo, l’umanità è più grande ed è essa che dobbiamo servire. Partire non è divorare chilometri, attraverso i mari, volare a velocità supersoniche. Partire è anzitutto aprirci agli altri, scoprirli, farsi loro incontro. Aprirci alle idee, comprese quelle contrarie alle nostre, significa avere il fiato di un buon camminatore. Felice chi comprende e vive questo pensiero: “Se non sei d’accordo con me, tu mi fai più ricco”. È possibile viaggiare da soli. Ma un buon camminatore sa che il grande viaggio è quello della vita ed esso esige dei compagni. Beato chi si sente eternamente in viaggio e in ogni prossimo vede un compagno desiderato. Helder Camara 16 Alessandra Fauri SERVIZIO CIVILE SCEGLI UNA PARTENZA INTELLIGENTE Lo SVI mette a disposizione 11 posti per il Servizio Civile Nazionale in Italia e all’estero Se hai tra i 18 e i 29 anni, se anche tu credi che un altro mondo è possibile e vuoi impegnarti in prima persona contro la povertà e le sue cause ti proponiamo un percorso dal forte valore umano e un’esperienza altamente formativa per diventare protagonista della speranza sulla strada della solidarietà. Il Servizio Civile, regolamentato dalla legge n. 64/01 e svolto su base volontaria, è un’esperienza formativa e di crescita personale ed è espressione di una difesa della patria che è condivisione dei valori comuni e fondanti l’ordinamento democratico. Tale esperienza di solidarietà nazionale o internazionale punta a sviluppare nei giovani un senso di cittadinanza attiva. Il Servizio Civile: • ha durata di 12 mesi; • prevede un contributo mensile di 433,86 euro (i volontari in SCV all’estero hanno diritto inoltre a 15 euro di indennità giornaliera, arrivando quindi a un totale di circa 900 euro); • prevede un impiego di circa 30-35 ore settimanali; • è riconosciuto valido ai fini del trattamento previdenziale; • prevede una assicurazione contro infortuni, malattia e RCT; • solo per l’estero prevede: il vitto, l’alloggio, i viaggi e le vaccinazioni. Tutti i volontari opereranno nell’ambito del progetto “Caschi bianchi: interventi umanitari in aree di crisi” organizzato da Focsiv. Lo SVI per il 2015 mette a disposizione 10 posti per il Servizio Civile all’estero: America Latina: 2 posti Brasile, Santa Luzia do Parà; 2 posti Colombia, Norcasia; 2 posti Venezuela, Caracas Africa: 2 posti Uganda, Kampala Europa: 2 posti Romania, Niculesti ed 1 posto per il Servizio Civile in Italia (a Brescia). Sul nostro sito www.svibrescia.it si possono trovare le schede dettagliate dei progetti, di cui diamo una breve sintesi qui sotto. Per maggiori informazioni: [email protected] o telefonare allo 030.3367915 Santa Luzia do Parà - Brasile Ambito: educazione/ambiente Il progetto vuole garantire una formazione professionale a 120 giovani agricoltori e realizza corsi di formazione per i piccoli agricoltori e per i membri di associazioni e cooperative formate da popolazioni autoctone e afro discendenti. La formazione mette un forte accento sull’agro-ecologia e sulla convivenza armoniosa nell’ambiente amazzonico. Inoltre il progetto vuole fornire un supporto formativo permanente ai piccoli agricoltori per la gestione organizzativa e amministrativa della proprietà famigliare e delle organizzazioni di cui fanno parte. Norcasia – Colombia Ambito: educazione/agricoltura Il progetto mira a garantire la formazione e l’affiancamento professionale a 60 giovani, interessati a specializzarsi in ambito agro-zootecnico. Si lavora sull’apprendimento di tecniche di coltivazione e allevamento efficienti ed eco-sostenibili, in grado di consentire la naturale riproducibilità delle risorse nel lungo termine. Inoltre si lavora per favorire il raggiungimento della sostenibilità 17 delle attività agro-zootecniche realizzate a livello familiare. SERVIZIO CIVILE Caracas – Venezuela Ambito: protagonismo giovanile Il progetto cerca di promuovere la costituzione di comitati giovanili all’interno dei consigli comunali a San Juan e Paraiso, nel centro di Caracas, composti da rappresentanti dei giovani residenti nei quartieri. Si attua un programma di formazione alla leadership giovanile per almeno 50 giovani di San Juan e El Paraìso negli ambiti dell’istruzione, la sanità, il lavoro, l’ambiente e la ricreazione. Inoltre il progetto cerca di favorire lo sviluppo e la gestione di progetti sociali nelle comunità da parte dei giovani dei quartieri coinvolti. Kampala – Uganda Ambito: educazione Il progetto promuove l’inclusione, la parità e l’educazione di 93 bambini e ragazzi disabili mentali e fisici accolti 18 nel centro di Kireka Home in modo che essi possano rendersi, dove possibile, indipendenti e inseriti nella società locale. Inoltre il progetto supporta il completamento del percorso scolastico primario e secondario di 3.400 alunni della scuola di Luzira gestita da Emmaus Foundation; in questa scuola si lavora per far sì che i ragazzi apprendano un mestiere e possano trovare un lavoro nella capitale ugandese. Niculesti – Romania Ambito: educazione/disabilità Il progetto propone momenti di socialità tra bambini rom e rumeni e, contestualmente, un supporto extrascolastico, didattico e ludico, ai bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni. Si realizzano attività extracurriculari come corsi propedeutici di musica, canto, educazione ambientale ecc., volte ad arricchire l’offerta didattica scolastica e a promuovere una reale integrazione dei bambini di etnia rom. Infine si promuove la socialità e l’autonomia di 20 adulti affetti da handicap, fisici o psichici e l’interazione degli stessi con adulti e bambini, all’interno di un contesto protetto. Brescia – Italia Ambito: educazione alla cittadinanza attiva Il progetto si rivolge a studenti e insegnanti di 50 tra scuole e centri di aggregazione giovanile (CAG) di Brescia e provincia in attività di tipo educativo sui temi di Expo 2015 e in particolare sulla filiera sostenibile del cibo, sicurezza alimentare e sana alimentazione al fine di ridurre i comportamenti di spreco alimentare. Inoltre si cerca di raggiungere la popolazione del territorio di Brescia e Provincia (in particolare i genitori degli alunni e studenti coinvolti dal progetto) con informazione e sensibilizzazione sui temi trattati con i ragazzi. 5 x 1000 COSA ABBIAMO FATTO CON IL TUO 5X1000 CONTINUA AD AIUTARCI! 19 SVI ITALIA FEEDING THE PLANET Il 4 giugno 2015 anche SVI presente a EXPO Durante i mesi dell’Esposizione Universale, il “Sistema Brescia x Expo 2015” si è riservato, all’interno del palinsesto di eventi organizzati da Padiglione Italia, sei giornate dedicate a rappresentare la provincia di Brescia, il suo territorio e le sue eccellenze. Anche SVI, insieme a Medicus Mundi Italia e SCAIP, ha aderito all’Associazione Temporanea di Scopo promossa da vari enti bresciani per l’organizzazione di queste giornate all’EXPO di Milano e finalmente, nei giorni scorsi, abbiamo avuto notizia che la nostra proposta è stata approvata! Ci fa molto piacere sapere che su sei giornate una verrà dedicata alla cooperazione e speriamo di potervi portare quindi i nostri temi e la nostra idea di cosa significa “Nutrire il Pianeta”. Abbiamo infatti promosso, presso Expo, il progetto che con le ong bresciane stiamo realizzando in Mozambico: combattere la malnutrizione coltivando e trasformando la frutta, specialmente l’anacardo, il mango e gli agrumi. Molte parole e tanta retorica si stanno spendendo intorno allo slogan “Nutrire il Pianeta - Energia per la vita”: obesità nei paesi occidentali e malnutrizione nel sud del mondo non sono le due facce dello stesso problema, la seconda è una vera ingiustizia e come tale va combattuta, ed è quanto, quotidianamente e modestamente, cerchiamo di fare attraverso i nostri progetti. Queste sono le idee che vorremmo portare ad EXPO 2015, vi invitiamo a venire a trovarci nella giornata del 4 giugno negli spazi tra il Padiglione Italia e l’Albero della Vita. A breve su www.svibrescia.it e sui nostri social troverete tutti gli aggiornamenti e i dettagli organizzativi. Federica Nassini ERO STRANIERO E MI AVETE ACCOLTO Firmato un protocollo di collaborazione con la cooperativa Mosaico di Lumezzane E’ davvero con molto piacere che vi raccontiamo che i presidenti di SVI e della cooperativa Mosaico nei giorni scorsi hanno firmato un accordo di collaborazione per quanto riguarda le problematiche relative i richiedenti asilo, i rifugiati e la protezione umanitaria, temi che stanno assumendo anche in Provincia di Brescia particolare rilievo. Come primo passo SVI ha messo a disposizione della cooperativa Mosaico un appartamento a Sarezzo, in cui da alcuni giorni sono ospitati sei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale secondo l’accordo firmato tra la Prefettura di Brescia e l’Associazione Comuni 20 Bresciani. Mosaico viceversa si è impegnata ad attivare un progetto di accoglienza nei confronti dei profughi ospitati cercando di coinvolgere il contesto locale e il territorio. A partire da queste prime azioni speriamo di poter presto mettere in moto una buona collaborazione sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione dei cittadini stranieri presenti nelle nostre zone, ma anche sull’informazione e sensibilizzazione rivolte alla popolazione bresciana. Crediamo che SVI in tanti anni di esperienze nel Sud del mondo abbia maturato competenze nell’incontro e nel dialogo tra culture, ora è davvero arrivato il momento di spenderle sul nostro territorio, dove spesso la mancanza di una “lingua comune” crea problemi e incomprensioni che si potrebbero evitare. Alcuni nostri volontari si stanno già impegnando nel progetto di Sarezzo, mentre altri sono attivi in contesti che vedono la presenza dei richiedenti asilo, in particolare in alcuni alberghi di Brescia e nel territorio di Zone, in collaborazione con la Caritas Diocesana. A tutti loro va il nostro grande ringraziamento. Federica Nassini 1 VOLONTARI IN ARRIVO E PARTENZA Tra gennaio e febbraio è tornato in Italia per un breve periodo di vacanza Stefano Verzeletti, volontario in Zambia. Buon proseguimento per questo ultimo periodo di mandato. A febbraio è venuto a trovarci Francesco Lancini, che ora è tornato in Burundi per concludere il progetto. Buon lavoro e a presto! Nello stesso mese è rientrato per un breve periodo di riposo anche Fabio Poli, volontario in Uganda, a Kapedo, che ora ha già ripreso le sue attività. Buona continuazione! A fine febbraio hanno concluso il loro impegno di Servizio Civile in Brasile Alessandra Fauri e Laura Visentin. Grazie per il bellissimo lavoro svolto! Il 6 aprile è partito per lo Zambia Claudio Triani, a lui un in bocca al lupo per un buon inizio mandato. 2 SVI ITALIA Il 12 e il 20 febbraio si sono svolti insieme alle altre Ong bresciane due Open Day informativi sul Servizio Civile presso l’Informagiovani e presso il CSV di Brescia. Il 24 febbraio lo SVI ha partecipato all’Officina del Volontariato organizzata dal CSV presso la Facoltà di Medicina di Brescia, insieme ad altre associazioni bresciane. VITA DELLO SVI VITA DELLO SVI Il 24 febbraio grande successo di pubblico per lo spettacolo teatrale Label. Questioni di etichetta, organizzato da SVI insieme alle altre Ong bresciane, Scaip e MMI, ad Ipsia Acli, alla Fondazione Piccini e al Cmd di Brescia. Il 26 e il 27 febbraio le nostre serviziociviliste rientrate hanno partecipato ai due giorni di formazione insieme ai “Caschi Bianchi” delle altre Ong bresciane, a Rezzato presso il Convento dei Frati Minori. Il 26 febbraio si è svolta l’Assemblea dei Soci SVI. 1 marzo grande successo dello Spiedo organizzato dal Gruppo SVI di Palazzolo. Grazie davvero a tutti coloro che hanno dato una mano, da una parte e dall’altra del tavolo. Il 3 marzo si è tenuto un Open Day informativo, insieme a tutte le Ong di Brescia, sul Servizio Civile a Coccaglio. Il 20 marzo si è tenuta la rappresentazione teatrale Semillas. Il Salvador di Marianella e Oscar Romero, patrocinato anche dallo SVI, presso la Chiesa di San Cristo a Brescia. Anche quest’anno si è svolta la Campagna “Abbiamo Fatto l’Uovo”, in rete con le Ong amiche Scaip e MMI, per raccogliere fondi per i progetti in Africa e America Latina, offrendo buonissime uova di cioccolato prodotte artigianalmente dalle “Sorelle Righetti” di Brescia. Dall’11 aprile al 19 aprile, tutti i giorni dalle 16 alle 19:30, l’appuntamento è con l’imperdibile Mostra Mercato l’Arte si fa pane, giunta alla 16.a edizione. Stampe, carte geografiche, atlanti, quadri, oggeti di antiquariato, argenteria, pizzi e biancheria, ceramiche, francobolli, monete e banconote, cartoline, modernariato e il mercatino del libro usato vi attendono presso la sede SVI, in Viale Venezia 116. ll 28 aprile ultimo appuntamento della rassegna teatrale Scelte di Palco, con La Scelta, h. 20:45 al Teatro Sant’Afra. Il 16 e 17 maggio in tante piazze di Brescia e provincia l’appuntamento sarà con Abbiamo riso per una cosa seria, la campagna nazionale della Focsiv, che vede lo SVI impegnato in prima linea. Un pacco di riso arborio italiano da 1 Kg, disponibile su offerta di 5 euro. Sul nostro sito troverete tutte le postazioni. Vi aspettiamo! 21 PAROLE NOI E LA TERRA Francesca ha finito il suo mandato di volontaria in Uganda… e ora continua a regalarci le sue parole dall’Italia Forse, a lungo andare, l’isolamento dal resto del mondo, per noi che dal resto del mondo proveniamo, ci chiede troppo. Le distanze ci schiacciano la testa con la forza del tempo contro la terra. E noi la respiriamo, questa terra rossa, che penetra nei polmoni stringendoli dall’interno, dando una scossa ogni volta che tentano di allargarsi un po’. E noi la mastichiamo, questa terra, la ingoiamo mischiata al fango e al sangue. Ti fa male, mentre scende a fatica, attirata dal vigore che la risucchia verso lo stomaco. E ci cospargiamo i capelli, con questa terra appiccicosa, li ungiamo come si ungono i pensieri per evitare che volino troppo in là. E ce la spalmiamo sulla pelle, questa terra, come fosse una crema protettiva che ci difenda dal dolore, senza accorgerci, invece, che il dolore è dentro di noi e, quindi, la pellicola di terra non permette alla sofferenza di liberarsi, dandole quindi la scusa di prosperare sulle spalle delle nostre anime inquiete. E ce la passiamo sulle mani, questa terra, le frizioniamo con vigore, per rimuovere tutto ciò che è superfluo, inutile. E ce la passiamo sulle mani per lavarcele, per accettare la nostra sconfitta rispetto al corso del tempo. Per lasciare che le cose vadano come devono e non come vorremmo noi. 22 E ci sporchiamo i piedi, con questa terra, affondando il passo fino alle caviglie. Difficile muoversi perché qualcosa ti trattiene lì e ti chiama sempre più prepotentemente verso il centro della crosta. Appena cerchi di muovere un passo, cadi perché l’equilibrio è vacillante. era solo un tratto del cammino e non la meta del viaggio. E allora, quando ti viene in mente che il resto del mondo è ancora là ad attendere il tuo ritorno, un brivido ti scorre lungo la schiena, perché sai che è venuto il momento di decidere. Allora ti rialzi, a fatica, ma appena alzi la testa ti accorgi che la terra, questa terra rossa, è avanzata sugli stinchi ed è vicinissima alle ginocchia. Sempre più difficile muoversi. E allora pensi che potresti restare lì per il resto della tua vita. Senti il pulsare di questa terra, senti le radici dei suoi alberi che ti trattengono. Anche il cielo, sopra la tua testa, appare più basso di quello che ricordavi. E allora costruisci lì la tua casa, il tuo altare, la tua vita, scordando le tue origini, scordando che questa terra E decidere non è mai facile, a volte non vorremmo farlo perché gli errori poi non perdonano, e perché rimettersi in cammino e, magari, cadere di nuovo, costa tanta fatica. Ma sappiamo che è la nostra vita, è il nostro cammino, è il nostro viaggio alla scoperta di noi stessi, e quindi, magari, troviamo un motivo per riprenderlo dove l’avevamo lasciato. “Senti il pulsare di questa terra, senti le radici dei suoi alberi che ti trattengono” Francesca Belotti SUGGESTIONI LORENZO CHERUBINI JOVANOTTI Lorenzo 2015 CC Universal 2015 LYMAN FRANK BAUM Il meraviglioso mago di OZ 1 ed. originale 1900 PAOLO VIRZÌ Tutti i santi giorni Italia 2012 dreamersatwork.org Ad un certo punto si perde il conto dei generi musicali, dei suoni, delle suggestioni, musicali e culturali, che Jovanotti usa, cita e rimastica in “Lorenzo 2015 CC”. All’inizio, al primo ascolto, sembra un giro in moto attraverso paesaggi tra loro molto diversi. Poi lo ascolti con calma, e si rivela per quello che è: un disco di canzoni-canzoni, basato su poche semplici cose, che vengono colorate e stratificate. E’ un distillato di pop. Non solo nel senso della musica, ma proprio della popular culture. Vi piaccia o meno, “Lorenzo 2015 cc” è uno di quei dischi che non lasciano indifferenti, perché Jovanotti ad ogni album sposta il tiro, va in nuovi territori che non ti aspetti, e li fa suoi con naturalezza. E in Italia a fare così non c’è nessun altro. Tempo fa, aggirandomi tra gli scaffali di una biblioteca, sono ‘inciampata’ in un classico della letteratura per ragazzi e ho deciso di lasciarmi sorprendere, dopo anni, da personaggi e vicende che, a dir il vero, avevo un po’ dimenticato. Ho trascorso così alcune ore piacevoli, leggere, con il sorriso e la sensazione di tepore che si prova tornando a casa. Il viaggio della piccola Dorothy iniziato dopo un ciclone, l’incontro con chi , astuto e sveglio, pensa di non avere un cervello, un taglia legna nostalgico di un cuore che andava solo risvegliato, un mago realmente meraviglioso, perché riesce senza magie strane a esaudire desideri, e infine il leone codardo che beve coraggio fino all’ultima goccia. È una storia che consiglio di leggere a piccoli e grandi. Ivano Fossati cantava una canzone magnifica, “La costruzione di un amore”. Questo film – che si presenta come lieve e semplice, ma che è anche forte e bello – racconta quanto sia difficile, e straordinaria, la costruzione di quella fragile architettura della felicità che è un amore. Parla di gente come noi, questo film. Di gente che si crede fallita, perché non è diventata consigliere di Obama, e magari fa un lavoro minuscolo, invisibile. Racconta gente che ha l’arte preziosa della modestia, scomparsa dalla nostra terra e dal nostro tempo come le farfalle, o i papaveri. Racconta di due che si amano, e amandosi si proteggono e si perdonano. Anche se ognuno ragiona a modo suo, ed è un modo diversissimo da quello dell’altro. Chi sono oggi i sognatori, al di là dei luoghi comuni? Cosa sentono? In quali valori credono? E cosa li fa andare, a volte, in direzione ostinata e contraria? Ritratti di scrittori, professori, musicisti, dirigenti, giornalisti, volontari, amministratori, migranti, viaggiatori o semplici sognatori. Racconti di scelte fatte da chi ama l’Italia e il mondo, anche quando le cose non vanno come vorrebbe. Racconti di chi, con la voglia di non arrendersi e con la capacità di guardare avanti, fa sperare in un futuro migliore. Uno sguardo curioso e aperto, al di là di preconcetti e luoghi comuni. da Rockol.it Claudia Pisano Giovanni Bogani Nahimana 23 «Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in 2 e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano 4, 6, 10. Parlano lingue incomprensibili, forse dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina; spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali». Fonte: Relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani, ottobre 1919. i la solidarietà tra con lo SVI per vivere da protagonist i popoli