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La VOCE ANNO XVI N°6
febbraio 2014
PAGINA 1
LA CASTA
Roberto Gessi
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2013/04/05/news/ambasciate-locali-spreco-infinito-1.52965
Ambasciate locali, spreco infinito
La sede della Sicilia a Roma? Un villino di lusso, costoso ma chiuso. E la Calabria paga 11 mila euro al mese
per 450 metri quadri in centro. Per non parlare delle ’rappresentanze’ a Bruxelles.
di Cristina Cucciniello
Ecco i numeri: 5 funzionari, 6 istruttori direttivi, 3 collaboratori, 3 operatori.
Inoltre 2 dipendenti del dipartimento si trovano, da un anno, a Taormina, a Palazzo Ciampoli – a occuparsi del
Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale.
Secondo una delibera riportata dallo stesso sito web regionale, vi è una disponibilità di altri due posti vacanti per
ulteriori due funzionari già di ruolo presso l’amministrazione.
La Sicilia non è l’unica regione dotata di sedi extraregionali. Ogni regione italiana ha una sua "ambasciatina" nella
Capitale, compresa la Campania (in Largo Goldoni, arredato dalla Polverini con 45.000 euro).
Per la sede calabrese l’affitto è di 11.000 euro (già nel 2010); in via Barberini 11, c’è la delegazione umbra e
dell’Emilia-Romagna. La Valle D’Aosta è a Palazzo Ferrajoli, in Piazza Colonna, di fronte a Palazzo Chigi. La Campania
ha scelto via Poli, dietro Palazzo Marini (Camera dei Deputati).
Le ambasciate regionali all’estero erano 178*, e a tutt’oggi sopravvivono quelle a Bruxelles (21), con le spese che si
possono immaginare.
Solo a titolo di esempio la Basilicata ha aumentato a 152.000 euro la gestione dell’«Antenna» della Regione nella
città belga.
Un milione e 280 mila euro annui sono necessari al mantenimento della sede romana e di quella belga della Regione
Veneto, e supera abbondantemente il milione di euro lo aripendio annuo dei dipendenti: l’appartamento a Via del
Tritone - costato 9 milioni di euro (2008) - non si tocca a detta del governatore Luca Zaia.
E non si toccano nemmeno i marmi del pavimento dell’Ufficio di Bruxelles alle dirette dipendenze della Presidenza della
Regione Sicilia, costata 2.660.000 euro: un’inchiesta di Live Sicilia del 2011 riportava le lamentele dell’allora dirigente
Maria Cristina Stimolo – retribuzione annua di circa 90.000 euro - per quei pavimenti così freddi, non idonei al clima
belga.
Ndr.:*ridimensionate dopo aver causato un buco complessivo di 40 milioni di euro.
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IN QUESTO NUMERO:
NapoliNato: parabola di un viceré
Roberto Gessi
di Francesco Delledonne 30 marzo 2013
Da: "Comitato antifascista e per la memoria storica-Parma"
Al termine del suo settennato e di più di mezzo secolo di carriera politica, il presidente della Repubblica può essere ben soddisfatto, avendo
portato a termine il compito che si era prefissato a partire per lo meno dagli anni ’70: la soppressione di qualsiasi ipotesi di trasformazione
rivoluzionaria o anche solo progressista della società italiana, con la premessa della trasformazione del Pci in fedele servitore del grande capitale
finanziario, la neutralizzazione del movimento contro la guerra e la stabilizzazione in chiave filo-atlantica e filo-sionista del quadro politico italiano.
Le benevolenti pacche sulla gamba ricevute da Obama durante il suo ultimo rapporto a Washington (svoltosi non a caso solo qualche giorno prima
delle elezioni!) suonano come un “ben fatto, Giorgio!”, con tanto di zuccherino-premio nella forma di sperticati complimenti sulla sua saggezza
politica. [1]
Data l’importanza svolta da Napolitano nel consolidare l’involuzione reazionaria della società italiana, in particolare negli ultimi due anni di attività,
e visto il ruolo centrale che è chiamato a svolgere in questi giorni di stallo politico, vale la pena ripercorrere le tappe che hanno portato un
dirigente comunista a farsi fedele esecutore degli interessi del grande capitale finanziario e dell’imperialismo statunitense.
Sempre appartenente all’ala destra del Partito (i cosiddetti “miglioristi”), di fatto propugnatori di una linea socialdemocratica, ha dichiarato recentemente in un’intervista con l’ex
dissidente polacco Adam Michnik che attraversò “delle revisioni profonde, molto meditate e interamente vissute”. Non si può sapere con certezza il momento preciso in cui avvenne
il salto della quaglia; sempre che si sia mai considerato effettivamente comunista, se è vero – come lui stesso ebbe modo di dichiarare nella stessa intervista – che aderì al Pci “più
che per scelta ideologica, per impulso morale e sensibilità sociale”. [2]
Quel che è certo è che l’anno chiave nella sua vita politica fu il 1978. In quell’anno avviene il primo viaggio di un dirigente comunista italiano negli Stati Uniti, svolta decisiva per la
politica italiana e non solo. Così descrive come è maturata la scelta l’ambasciatore di allora Richard Gardner, ancora oggi grande amico di Napolitano: “Con l’amministrazione NixonKissinger un ambasciatore Usa non poteva incontrare un esponente comunista. Anche i visti erano proibiti. Io trovai assurdo tutto questo. [...] Dissi a Carter e al suo consigliere
Brzenzinski di cambiare quelle regole. Chiesi di poter incontrare dei comunisti. Loro accettarono. [Sì, dovemmo farlo di nascosto], non dovevamo dare l’impressione che gli Usa
volessero l’ingresso del Pci al governo. […] Studiai per trovare una persona che non fosse legata all’Urss, un uomo equilibrato e possibilmente amico dell’America. Sapevo che con
Cossutta e con Ingrao, tanto per fare due nomi, non sarebbe stato possibile. Scelsi Napolitano. Ebbi con lui quattro incontri segreti, il primo a casa di Cesare Merlini, che era
presidente dell’Istituto per gli affari internazionali. Capii subito che Napolitano era un potenziale amico. Gli feci avere un visto e lo invitai negli Usa per una serie di conferenze. Tornò
entusiasta.”
Poi specifica la propria convinzione politica, a scanso di equivoci: “Io sono un anticomunista viscerale.” [3]
In una recente recensione al libro dello stesso Gardner, “Mission Italy”, Napolitano afferma: “L’impegno alla segretezza di quei colloqui fu totalmente rispettato. Per il PCI ne era al
corrente solo Enrico Berlinguer“. [4]
Negli Stati Uniti nasce – oltre all’amicizia con il criminale di guerra Henry Kissinger, che lo definirà poi “il mio comunista preferito” [5] - anche uno stretto rapporto di “schietta
simpatia e cordialità” con Gianni Agnelli (“a New York fui condotto da Furio Colombo nella casa dell’Avvocato in Park Avenue”), che lo inviterà poi varie volte a cena a Roma e a
Torino “con ospiti stranieri che voleva mi conoscessero, e che voleva farmi incontrare”. [6]
Per concludere questo simpatico quadretto basterà ricordare che Napolitano fece una così bella impressione oltre atlantico che nello stesso 1978 gli fecero scrivere un articolo su
“Foreign Affairs”, rivista del Council of Foreign Relations, uno dei maggiori “think tanks” elitari dell’imperialismo angloamericano.
[7]
Che un dirigente comunista abbia potuto mantenere i propri incarichi dopo questi fatti mostra a quale grado di disfacimento ideologico fosse già giunto il Pci.
Napolitano diventa quindi consapevolmente l’esponente di punta del “partito americano” nel Pci, il che lo portò allo scontro anche nei confronti dello stesso Berlinguer. Come ricorda
lo stesso Napolitano, ad esempio sulla vicenda degli euro-missili, nel 1981: “[Gli] Usa e [la] Nato affrontarono la prova di forza fino in fondo, con la decisione di installare i missili a
medio raggio. […]
Ma il carattere irrealistico e la contraddittorietà delle posizioni del PCI e di Berlinguer sugli euromissili furono il riflesso non tanto della persistente riluttanza ad andare avanti nel
distacco dall’URSS, quanto di un legame con il movimento pacifista che si considerava irrinunciabile.” [4]
Ed esplicita così il punto centrale della propria diversità rispetto a Berlinguer: “A mio avviso, il grande equivoco fu quello del carattere rivoluzionario del partito. Secondo questa
visione mitica, il partito non poteva rinunciare all’idea di un’altra società, di un altro sistema. Berlinguer, che pure era profondamente legato a tutte le conquiste democratiche e che
dimostrò di difenderle tenacemente quando esse, in Italia, erano in pericolo, riteneva che il Pci dovesse essere portatore di una idea (o di una utopia) di un diverso sistema
economico e sociale, di un socialismo radicalmente alternativo al capitalismo”. [2]
Due anni prima sempre l’ambasciatore Gardner aveva messo le cose in chiaro sulla questione, in una delle ricordate cene a casa di Merlini: “”La sostanza del mio messaggio fu che
l’atteggiamento del Pci nei confronti degli euromissili avrebbe decisamente condizionato quello degli Stati uniti nei confronti di questo partito e la loro fiducia nella sua sincerità
quando dichiarava di essere un amico degli Usa e un membro leale dell’Alleanza”. [8]
Nell’82 Napolitano replica la visita negli Usa, questa volta accompagnato dal socialista Claudio Martelli. Con il passare degli anni e con la prospettiva sempre più vicina della
trasformazione del Pci in Pds, Napolitano diventa sempre più esplicito. Nell’83, in un articolo su “Rinascita”, include nella “linea della alternativa” anche il Partito Repubblicano
Italiano, da sempre rappresentante esplicito del “partito americano” in Italia. Nell’ottobre ’84 (evento emblematico, considerando poi il suo ruolo che dire non limpido è poco nella
cosiddetta trattativa Stato-Mafia, con tanto di intercettazioni scomode fatte distruggere), come capogruppo alla Camera fa astenere il gruppo comunista salvando Andreotti da una
mozione che ne chiedeva le dimissioni per la protezione accordata a Michele Sindona. Il giorno successivo il segretario Pci Natta sconfessa pubblicamente il colpo di mano di
Napolitano. [8]
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segue da Pag.1: NapoliNato: parabola di un viceré
Nel maggio dell’89 infine il decisivo viaggio a Washington con Occhetto, prima volta che viene concesso il visto a un segretario del Pci. Durante la preparazione della Prima Guerra del
Golfo, scopre definitivamente le carte. Il 23 agosto 1990 dichiara l’astensione del gruppo comunista alla richiesta di uso delle basi italiane da parte dei bombardieri statunitensi;
accoglie furibondo la decisione della sinistra del Partito di votare contro. [9]
Racconta Luciano Barca nel suo diario di come nel corso del congresso di Rimini del 1991 Napolitano fosse andato ancora oltre, chiedendo con forza che venisse sconfessata la
“linea equilibrista” tenuta dal Pci fino a quel momento e di come i duri attacchi mossi da Occhetto contro Saddam non fossero bastati a Napolitano, che voleva “il plauso dei
bombardamenti in nome di una nuova cultura di governo.” Era ormai uscito definitivamente allo scoperto: per farsi accettare dai circoli dell’imperialismo e poter accedere nelle stanze
del governo, bisognava dimostrarsi completamente proni nel fare da portaerei per le avvenure imperiali statunitensi. [8]
E così fu, passando dalla ripetuta esaltazione delle “missioni di pace” in Afghanistan e in Iraq fino al vergognoso ruolo svolto nel 2011, in cui spinse un inizialmente riluttante
Berlusconi a intervenire direttamente nell’aggressione NATO contro la Libia, in cui l’Italia svolse un ruolo determinante non solo con la concessione delle proprie basi ma con la
partecipazione diretta dell’aviazione italiana in centinaia di bombardamenti sul suolo libico, nel totale disprezzo dell’articolo 11 di quella Costituzione repubblicana e antifascista che
sarebbe chiamato a difendere. Arrivò a definire i bombardamenti (chiamati ipocritamente “ulteriore impegno dell’Italia”) contro uno stato sovrano come un “naturale sviluppo” della
politica italiana. [10]
Non in secondo piano c’è il suo sostegno incondizionato e ripetuto al sionismo e alle politiche criminali di Israele: per fare solo qualche esempio, nel 1987 in un convegno a Milano su
“Sinistra e questione ebraica”, Napolitano, reduce da un viaggio in Israele, sollecita l’attenzione della sinistra su un “sionismo sociale” a suo avviso “esportabile nelle zone
sottosviluppate” [8]; nel 2008 in una intervista al quotidiano “Yedioth Ahronot” esaltò il sionismo paragonandolo al pensiero di Mazzini per la “aspirazione di indipendenza dei nostri
popoli” (evidentemente non considerando degno di tale qualifica il popolo palestinese) e qualificando l’antisionismo come una “forma subdola di antisemitismo”. [8]
Di pari passo a questo ruolo di fedele servitore degli interessi imperialistici in politica estera, si fa attivo esecutore in Italia, in particolare da presidente della Repubblica dopo la crisi
scoppiata nel 2008 e la crisi dei debiti in Europa, delle politiche lacrime e sangue patrocinate dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Centrale Europea. È decisivo il suo
ruolo nel sostituire nel novembre 2011 l’ormai inservibile Berlusconi (divenuto troppo debole per poter portare avanti politiche così antipopolari) con l’uomo della Goldman Sachs e
della Fiat Mario Monti, rappresentante diretto del grande capitale finanziario, nominandolo senatore a vita nello stesso giorno in cui il valore delle azioni Mediaset e Mediolanum
precipitava in borsa. Ricordiamo brevemente, ad esempio, la lettera con cui impose al Parlamento, prima ancora che venissero discusse in aula, l’approvazione delle prime misure di
macelleria sociale chieste da Draghi e da Trichet e l’attivo appoggio dato alla controriforma Fornero dell’articolo 18, sostenendo che “risolverà i problemi del mondo del lavoro e dei
nostri giovani”. Si è visto! Tutto questo mentre miliardi di euro di denaro pubblico venivano dati a fondo perduto per tappare i buchi delle banche private (da ultimo al Monte dei
Paschi di Siena).
Visto che in questi mesi va di moda parlare dei “privilegi della casta”, vale la pena ricordare come il salto della quaglia compiuto sul piano politico e ideologico lo abbia portato anche
all’adeguamento alle abitudini più ridicole, da arraffoni, dei politicanti italiani: ad esempio quando venne beccato da una televisione tedesca con le mani nella marmellata mentre da
parlamentare europeo approfittava delle regole di Bruxelles per fare la cresta sui rimborsi di viaggio. [11]
In questi giorni di stallo istituzionale Napolitano, a poche settimane dalla scadenza naturale del suo mandato ritorna a svolgere un ruolo centrale, circondato da cori di complimenti e
ringraziamenti da tutte le forze politiche. Dal quadro che abbiamo delineato, risulta chiaro invece che quello che guiderà Napolitano in questi giorni non sarà certo l’interesse dell’Italia
e del popolo italiano, ma la strada che riterrà migliore per sbrogliare la matassa preservando al tempo stesso la stabilizzazione del quadro politico italiano all’interno di un recinto ben
delimitato: la “alleanza eterna” con gli Stati Uniti e Israele in politica internazionale, e l’asservimento ai diktat del capitale finanziario europeo e statunitense in politica interna.
Il più grande successo per Napolitano e per i suo mandanti è il silenziamento e l’aver reso impotente l’opposizione politica e sociale (certo non esente da proprie colpe, anzi!) in Italia,
in questo momento divisa e innocua come non mai. Quel che è certo è che Napolitano rappresenta il simbolo dell’Italia attuale, servile e asservita, e la sempre più necessaria lotta
per la trasformazione della società italiana non potrà non passare per un giudizio impietoso su chi ha venduto il nostro Paese e aggravato la situazione sociale di milioni di famiglie in
cambio dell’accesso ai tanto agognati “salotti che contano” dell’imperialismo.
°
Fonti:
[1 ] La Nato economica al lavoro – Contropiano [https://www.contropiano.org/newspolitica/ item/14629-la-nato-economica-al-lavoro]
[2] Napolitano: il mio cammino verso il Quirinale – Repubblica, 9 giugno 2012 [http://www.repubblica.it/politica/2012/06/09/news/intervista_a_napolitano-36828968/]
[3] Le rivelazioni dell’ambasciatore Usa ai tempi di Carter – La Stampa, 15 giugno 2010 [http://www.lastampa.it/2010/06/15/cultura/richard-gardner-dissi-no-alla-ciache-volevainfiltrare-lebr- RIoCDyYGGKw69MZ1FX73hL/pagina.html]
[4] Mission: Italy. Gli anni di piombo raccontati dall’ambasciatore americano a Roma 1977-1981, Richard Gardner, Mondadori.
[5] E Kissinger incontra il suo comunista preferito – Corriere della Sera, 9 settembre 2001 – [http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/09/Kissinger_incontra_suo_
comunista_preferito_co_0_01090910113.shtml]
[6] Napolitano: “Il mio ricordo di Agnelli. Quelle cene a New York parlando del Pci” – Repubblica, 13 gennaio 2013
[http://www.repubblica.it/persone/2013/01/13/news/napolitano_io_il_pci_e_l_ avvocato-50425796/]
[7] The Italian Crisis: A Communist Perspective – Foreign Affairs, July 1978 [http://www.foreignaffairs. com/articles/29527/giorgio-napolitano/the-italian-crisis-a-communistperspective]
[8] Fondazione Cipriani – Storia d’Italia dal 25 luglio 1943 ad oggi
[9] Crisi nel Golfo Persico: il PCI diviso nel voto alla Camera – Radio Radicale (audio) [http://www.radioradicale.it/scheda/36854/36888-crisi-nel-golfo-persico-il-pci-diviso-nel-votoallacamera]
[10] Napolitano, Libia: Bombardare naturale sviluppo – Repubblica, 26 aprile 2011 [http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/NAPOLITANO-LIBIA-BOMBARDARENATURALESVILUPPO/ news-dettaglio/3958676]
[11] “2004: la TV tedesca insegue Napolitano perché lucrava sui rimborsi spese” [http://www.youtube.com/watch?v=ngWs2j_T6p0]
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Ce l’hanno fatta! Mandiamo messaggi di solidarietà
alla delegazione che ieri è riuscita a entrare a Gaza
Intorno alle 14.00 di ieri 2 gennaio la delegazione di attivisti italiani è riuscita a varcare il "valico maledetto" di Rafah ed entrare nella
Striscia di Gaza. Ad attenderli la popolazione palestinese e le autorità. Gli attivisti italiani celebreranno insieme ai palestinesi i cinque
anni trascorsi dal massacro dell’operazione Piombo Fuso scatenata dagli israeliani. Seguiranno aggiornamenti.
La delegazione italiana intende visitare i campi profughi palestinesi dentro la Striscia di Gaza nel quadro della campagna per il Diritto al
Ritorno dei profughi nelle loro case dalle quali sono stati cacciati nel 1948 e che ogni anno vede una delegazione recarsi nei campi
profughi palestinesi in Libano (quasi 500mila) per ricordare il massacro di Sabra e Chatila nel 1982. Inoltre si recherà all’ospedale Al
Awda con il quale da cinque anni è attiva una campagna di sostegno. Infine si incontrerà con tutte le componenti del movimento
palestinese all’insegna dell’unità della resistenza contro l’occupazione israeliana.
Palestina. Delegazione italiana entra a Gaza!
Comunicato Stampa del Comitato Per non dimenticare Sabra e Chatila
Dopo una lunga attesa ed estenuanti trattative con le autorità egiziane una delegazione del movimento di solidarietà con la Palestina è
riuscita oggi alle 15 (ora italiana) ad entrare nella Striscia di Gaza, un obiettivo ormai niente affatto facile per chiunque voglia recarsi in
questo lembo di terra sotto assedio israeliano.
Nel dare la notizia, vogliamo esprimere il nostro plauso alla delegazione italiana per la caparbietà con cui ha voluto insistere per
raggiungere Gaza e portare agli uomini e alle donne palestinesi che vivono il terribile isolamento e l’occupazione armata la solidarietà e
la vicinanza di migliaia di attivisti che sono dalla loro parte e non condividono le scelte di cooperazione politica, militare ed economica
del nostro governo e quello di Tel Aviv.
In attesa del loro rientro in Italia, quando avremo le notizie dettagliate del loro viaggio, ribadiamo la nostra vicinanza e solidarietà al
popolo palestinese e alla sua lotta di liberazione nazionale.
Comitato Per non dimenticare Sabra e Shatila
Per contatti con la delegazione: 00201202057062
P.S.: Era arrivato nel cuore della notte di Capodanno il via libera per la delegazione italiana con destinazione Gaza. Ieri mattina (1°
gennaio) alle 7.00 si erano messi in marcia alla volta del valico di Rafah per poter poi entrare nel Territorio Palestinese sotto assedio
dal 2006. Obiettivo i campi profughi palestinesi nella Striscia e l’ospedale al Awda, cinque anni dopo la sanguinosa operazione Piombo
Fuso da parte delle forze armate israeliane. In mezzo, da allora, più di 1.740 morti, migliaia di mutilati, un assedio che ancora
permane. Un nuovo stop nel pomeriggio del 1°, a circa 150 km da Rafah, da parte delle forze di sicurezza egiziane che avevano fatto
fernare il pullman. Costretti al dietrofront fino al Canale di Suez, la delegazione non ha rinunciato: stamattina è partita nuovamente,
riuscendo finalmente a passare.
Vivere a Gaza salute infantile nella striscia di Gaza:
situazione, connessioni,contesto ed attività.
6 video di approfondimento
1
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Vivere
Vivere
Vivere
Vivere
Vivere
Vivere
a
a
a
a
a
a
Gaza,
Gaza,
Gaza,
Gaza,
Gaza,
Gaza,
Il progetto Neonati Gaza
Ho imparato che…
La situazione della salute infantile
il caso dei bambini di Gaza
la chirurgia cardiaca infantile
effetti sulla salute per esposizione ad attacchi militari
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Il 9 febbraio si ricorda La gloriosa Repubblica romana nel corso della quale è nata la Bandiera Rossa come simbolo degli oppressi utilizzando la
stoffa rossa che è servita alle donne per confezionare la camicia rossa garibaldina. Poi che la Repubblica Romana fu il primo stato al mondo a
depennare la pena di morte. Mi sembrano due primati di grande importanza.
Miriam Pellegrini Ferri.
GIANNI RODARI: UN INTELLETTUALE COMUNISTA
http://pionieridelfuturo.wordpress.com/2014/01/09/gianni-rodari-un-intellettuale-comunista/
Tratto dal libro di prossima divulgazione PIONIERI DEL FUTURO – Una proposta pedagogica comunista Non è facile parlare
di Gianni Rodari, perché Gianni Rodari è stato molte cose ed ha inciso profondamente non solo nella cultura italiana, ma nella
storia personale di milioni di bambini degli anni ‘60, ‘70’ e ‘80, in Italia e nel mondo. I suoi libri, che ancora possiamo trovare
diffusissimi in tutte le librerie italiane, sono alla base di un modo differente di intendere il rapporto tra adulti e bambini e tra i
bambini e quel circolo virtuoso che lega la letteratura per l’infanzia con la vita sociale e la creatività di ognuno. T utto questo è
stato possibIle non solo grazie al grande talento di uno scrittore, uno dei maggiori dell’ Italia del ‘900, ma grazie alla scelta che
Rodari fece di militare nel partito comunista. La sua adesione risale al 1944 e lo vide militante attivo nella lotta partigiana, poi
funzionario e giornalista in varie testata legate o vicine al partito. La sua adesione al progetto comunista visse dentro la storia del
Partito Comunista Italiano, dentro ai suoi slanci e alle sue contraddizione e agli attriti. Fu un’adesione leale e che tenne uniti il
riserbo e una rara autonomia intellettuale. Non era facile essere un intellettuale comunista nel partito comunista italiano, come non
è mai facile essere un intellettuale e militare in un partito comunista, perché la lucidità della visione di alcune contraddizioni si deve
coniugare al senso di responsabilità e alla consapevolezza delle grandi opportunità che un partito comunista regala alla creatività
umana, per la sua capacità non solo di analisi della realtà, ma di organizzazione, di ricaduta reale, tra le masse popolari, di ciò che
è possibile realizzare. Gianni Rodari riuscì in questo difficile gioco di equilibrio. Riuscì lì dove fallirono Vittorini e Calvino e
soprattutto dove fallirono tanti intellettuali organici al partito, che non seppero mantenere viva la creatività, troppo preoccupati
com’erano nel mantenere la loro sfera di influenza, il loro posto nel calderone di un’egemonia culturale comunista che fu più forma
che sostanza e che si liquefece con straordinaria velocità nella parabola discendente che vide il PCI trasformarsi in PDS e
liquidare l’esperienza comunista. Non fu il solo, certamente. Ma fu forse quello che seppe mantenere un’influenza più duratura
sulla cultura italiana, proprio grazie alla sua scelta di occuparsi di quella letteratura minore che era la letteratura per l’infanzia.
Perché occuparsi dell’infanzia permette ad uno scrittore di proporre ai suoi lettore – fin dai loro primi anni di vita – un rapporto
peculiare tra lo strumento linguistico e la realtà. Lo strumento linguistico è per l’essere umano il più potente mezzo di creazione e di
analisi del reale. Attraverso la parola noi nominiamo la realtà, facendola nostra, pezzo per pezzo e nelle sue relazioni. E sempre
attraverso la parola noi possiamo dare intelligibilità ad ogni possibile cambiamento. T utto ciò che attraverso altre funzioni
immaginative possiamo intuire, prende una forma per noi più chiara attraverso la parola, acquista lucentezza. T anto più quando la
parola mantiene la sua capacità di creare immagini. Quando parole e immagini restano legate, si ricrea sempre la possibilità di dare
concretezza al cambiamento, di dare una nuova possibilità al futuro, e questo insegnò Rodari ai suoi piccoli lettori; questo era
l’intento dei suoi giochi di parole, della sua grammatica della fantasia: svelare tutti gli usi della parola a tutti voleva dire insegnare a
immaginare mondi differenti, servendosi di quei ponti che legano le immagini – fatte di visioni, di suoni, di emozioni di ricordi – con
le parole. Le tecniche surrealiste che Rodari utilizzava e di cui scrisse con tanta generosità nella Grammatica della Fantasia, erano
volte a questo scopo. Non erano solo un gioco e non erano un gioco come un’altro. Erano il modo che Rodari trovò perché i
meccanismi della creatività umana, rivolti ad un cambiamento sociale collettivo e radicale, potessero sopravvivere ad una fase così
contraddittoria come fu quella della seconda parte del secolo scorso, nel mondo ed in Italia. Furono parte del lascito che Rodari
consegnò nelle mani di un’intera generazione e che è ancora vivo. Quel misto di allegria e di fiducia nella nostra capacità di
costruire un mondo nuovo insieme agli altri, che riemergere quando torniamo a leggere le sue filastrocche. Ed è un mondo che può
nascere perché basato su alcuni capisaldi morali, che Rodari tornò sempre ad evidenziare e che sono gli stessi che noi
proponiamo: schierarsi contro la sopraffazione dell’uomo sull’uomo, contro lo sfruttamento, l’ignoranza e contro l’arroganza delle
guerre, dell’imperialismo.
Gianni Rodari mantenne sempre fede a questa scelta, esprimendola nei modi più adeguati ad una realtà che cambiava e che gli
proponeva spazi differenti d’azione. Anche per noi la sfida è questa: trovare la forma adeguata al presente per dare forza alle
nostre convinzioni.
Ma Gianni Rodari, per noi che ci apprestiamo a dar vita ai Pionieri del Futuro, è ancora qualcosa di più: fu l’autore del Manuale
del Pioniere e si occupò dell’Associazione Pioniere d’Italia dirigendone il giornalino. Resta dunque uno dei nostri punti di
riferimento più prossimi e originali, una fonte di ispirazione preziosissima e continua.
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Giorgio Napolitano, traditore del PCI e servo della CIA
di Salvatore Tamburro 21 aprile 2013
Con 738 v oti , i l 20 apri l e
2013, du e terzi del l a casta
pol i ti ca h a v otato com e
Presi den te del l a Repu bbl i ca
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con ferm an do al Col l e u n
u om o di 88 an n i (ch e
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cari ca fi n o a 95 an n i ...al l a
facci a del ri n n ov am en to
del l a cl asse pol i ti ca).
Ma ch i è v eram en te Gi orgi o
N apol i tan o?
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sem pre cam bi ato i su oi
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al l ’occorren za, da
sem pre serv i l e ai poteri forti
am eri can i e fi l o-i srael i an i ,
presen te
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ossequ i oso
ov u n qu e ci fosse u n potere
da serv i re.
Si n gol are i n term i n i di
con traddi zi on i i l fatto ch e i l
9 m aggi o 2010 fu prem i ato
con i l Prem i o Dan Dav i d
(Fon dazi on e i srael i an a ch e
prem i a
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ch e
abbi an o
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am m i razi on e per Israel e e
per l ’i deol ogi a si on i sta) con
qu esta m oti v azi on e: "...per i l
su o coraggi o e
i n tegri tà i n tel l ettu al e ch e son o stati fon dam en tal i n el gu ari re l e feri te del l a Gu erra Fredda i n Eu ropa, così com e l e ci catri ci l asci ate i n Ital i a su l l a sci a del
fasci sm o"; propri o l u i ch e i n gi ov en tù m i l i tav a n ei G.U.F. (Gru ppi u n i v ersi tari fasci sti ).
Dopo essersi fi n to di fen sore del l a cl asse operai a e del l ’i deol ogi a com u n i sta h a capi to fi n da gi ov an e ch e potev a essere l ’u om o gi u sto al posto gi u sto: u n i n si derm an , u ti l e agl i am eri can i i n fu n zi on e an ti - com u n i sta e per agev ol are l ’i m peri al i sm o am eri can o i n Eu ropa ed i n Ital i a.
L’ascesa pol i ti ca di N apol i tan o si ebbe n el 1953 qu an do fu el etto depu tato n el PCI e poco pi ù tardi si u n i rà al l a corren te m i gl i ori sta (i n tern a al PCI) di Gi orgi o
A m en dol a, u om o l i beral e, an ti fasci sta e m asson e. Un a i deol ogi a, qu el l a dei m i gl i ori sti , profon dam en te an ti -m arxi sta ch e portò A m en dol a e N apol i tan o a
m ettersi al serv i zi o di organ i zzazi on i com e l ’Isti tu to di A ffari In tern azi on al i di Gi an n i A gn el l i e i l Cou n ci l for Forei gn Rel ati on s di Rockfel l er.
N el 1975 N apol i tan o stri n se an ch e rel azi on i con A n ton i o N i gro, i l qu al e otten n e grossi fi n an zi am en ti dal l a Fon dazi on e Rockefel l er e dal l a Fon dazi on e Ford al l o
scopo di con v i n cere i com u n i sti ad attrav ersare u n l u n go processo di dem ocrati zzazi on e (l eggasi "am eri can i zzazi on e").
N apol i tan o ebbe di v ersi i n con tri an ch e con Hen ry Ki ssi n ger, con si derato l ’u om o-om bra del gov ern o am eri can o e i l rappresen tan te pol i ti co del l ’i deol ogi a basata
su l N u ov o Ordi n e Mon di al e. "L’arri v o al potere dei com u n i sti - si l egge i n u n docu m en to i n tern o del Fco - costi tu i rebbe u n forte col po psi col ogi co per l ’Occi den te.
L’i m pegn o Usa v erso l ’Eu ropa fi n i rebbe per i n debol i rsi , potrebbero così sorgere ten si on i grav i fra gl i am eri can i e i m em bri eu ropei del l a N ato su com e trattare
gl i i tal i an i ". A Lon dra Hen ry Ki ssi n ger di scu ten do l a si tu azi on e i tal i an a con i l n u ov o Mi n i stro degl i Esteri i n gl ese A n ton y Crosl an d fa del l e ri v el azi on i
scon v ol gen ti : "La qu esti on e del l ’obbedi en za del PCI a Mosca è secon dari a. Per l a coesi on e del l ’occi den te i com u n i sti com e Berl i n gu er son o pi ù peri col osi del
portogh ese Cu n h al ".
N el 1978 N apol i tan o, su i n v i to del n eo-con serv atore a m eri can o, Joseph La Pal om bara, è ospi te del Cou n ci l on Forei gn Rel ati on s (organ i zzazi on e ch e si occu pa di
strategi e gl obal i per con to di i m portan ti fam i gl i e di ban ch i eri com e i Rockefel l er, i Roth sch i l d e i Morgan ) e l ì di ch i arerà fedel tà al l a N .A .T.O. .
Bi sogn av a adesso dare i l col po di grazi a al PCI: fu n el 1980 ch e si posero l e basi per u n a del l e operazi on i pi ù i m portan ti del l a CIA : l o stratega Du an e Cl arri dge dà
i n i zi o al l ’operazi on e ch i am ata "sol u zi on e fi n al e" e da l u i defi n i ta "u n a del l e operazi on e pi ù azzardate del l a su a carri era: u n accordo segreto tra l a CIA e i l PCI".
A ttrav erso azi on i n on v i ol en te, ad esem pi o crean do u n a equ i pe di tecn i ci n eo-l i beri sti al l ’i n tern o di u n parti to "n on al l i n eato" al l ’i deol ogi a capi tal i sta
am eri can a, l a CIA ri u scì a pen etrare n el l a gesti on e del PCI. Il cerch i o si era fi n al m en te ch i u so: al l a m orte di En ri co Berl i n gu er n el 1984, com e segretari o del PCI
v en n e el etto A l essan dro N atta m a N apol i tan o, forte del l a protezi on e degl i Usa, da l ì a poco av rebbe dato i l col po di grazi a al parti to.
Qu al ora gl i u l ti m i tren t’an n i di stori a pol i ti ca n on bastassero a rappresen tare N apol i tan o com e tradi tore del PCI, n on ch è u om o al serv i zi o del l ’i m peri al i sm o
am eri can o e del potere fi l o-ban cari o, ri corderei l e recen ti m an om i ssi on i di al cu n i i m portan ti ssi m i arti col i del l a Costi tu zi on e, m an om i ssi on i da l u i av al l ate e
con trofi rm ate, tra tu tte l ’arti col o 81 del l a Costi tu zi on e ch e i l 18 apri l e 2012 h a i n trodotto i l pareggi o di bi l an ci o, obbl i gan do di fatto l o Stato al l a sch i av i tù del l e
pol i ti ch e di au steri tà, tan to care al l ’i m peri al i sm ocapi tal i sti co am eri can o ed eu ropei sta, i l tu tto secon do i pi an i del l ’i deol ogi a m on di al i sta, ren den do al tem po
stesso l e teori e key n esi an e (basate, i n v ece, su u n a pol i ti ca m on etari a espan si v a ch e darebbe sl an ci o al l ’econ om i a) di fatto i n costi tu zi on al i .
A ttrav erso l a com pl i ci tà di person aggi com e N apol i tan o, Mon ti e probabi l m en te an ch e A m ato al gov ern o i tal i an o l ’i m peri al i sm o am eri can o potrà con ti n u are a
dom i n are i n di stu rbato su l l a pol i ti ca e su l l ’econ om i a n azi on al e, portan do av an ti tu tti gl i obi etti v i prev i sti n el l a scal etta m on di al i sta: accen tram en to dei poteri
n el l e m an i di organ i zzazi on i sov ran azi on al i (u n i on e pol i ti ca eu ropea, B.C.E., F.M.I., W.T.O.) n on el ette dem ocrati cam en te da al cu n ci ttadi n o; pol i ti ch e basate
su l l ’au steri tà ch e stan n o con du cen do al l a recessi on e econ om i ca; drasti co au m en to del l a di soccu pazi on e; i m pov eri m en to del l e cl assi soci al i , ri du zi on e del l e
n asci te e, qu i n di , ri du zi on e del l a popol azi on e.
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La necessità e il caso: polveri radioattive per
personaggi scomodi
Grazie ad una e-mail giuntami da Morgantini e Tognoni, l’11 novembre pomeriggio 2013 a Roma ho partecipato alla
cerimonia per ricordare la morte di Yasser Arafat avvenuta in quel giorno del 2004 a 75 anni; si era detto allora
causata da "una malattia non identificata". Gravi disturbi erano già insorti durante il suo isolamento forzato a
Ramallah fin dal 12 ottobre precedente con nausea, vomito, dolori addominali e diarrea; la morte fu quindi certificata
nell’ospedale di Percy presso Parigi, dove il leader palestinese era stato ricoverato, come piastrinopenia, successiva
coagulazione intravascolare disseminata ed exitus in emorragia cerebrale, sindrome descritta sinteticamente come
anemia leucemica: un quadro che fece pensare superficialmente, da parte degli immancabili o coinvolti detrattori, ad
esiti di AIDS. Fui così informato, dopo circa un anno, degli esiti della ricostruizione delle cause della morte del leader
palestinese, avvenuta a seguito della riesumazione (27.11.2012) della salma al cimitero di Ramallah dopo la morte,
con la verifica degli indizi che già avevano portato ad attribuire il decesso ai servizi segreti israeliani a causa di quel
soggiorno coatto in Ramallah (praticamente subìto per due anni con un isolamento finale obbligato di tre giorni) prima
che la malattia oramai conclamata determinasse il trasferimento in Francia: si racconta allora di kebab provenienti da
una vicina rosticceria giunti al consumo cosparsi di invisibile polvere metallica al Polonio-210 (alfa-emittente rilevabile
con contatori Geiger sensibili a brevi distanze), ma anche al Piombo-210, che furono prima ritrovati negli espianti e
nei prelievi effettuati su coste, bacino e oggetti personali già dopo la morte (avvenuta l’11/11/2004 per malattia
decorrente dal 19/10/2004) e successivamente mediante la determinazione degli alfa emittenti nelle ossa per decisa
intercessione della moglie Suha e dell’ANP, che avevano richiesto l’intervento qualificato del Centro Ospedaliero
Universitario (CHUV) - Istituto di Radiofisica di Losanna (SW): il Polonio è infatti rilevabile chimicamente mediante
spettrofotometria, ma per determinarne la potenzialità radioattiva occorre una separazione radiochimica e una
successiva misurazione radiometrica speciale essendo esso emittente alfa; da questo i tempi lunghi di analisi, non
certo definibile, secondo l’osservazione dei sionisti israeliani, come "telenovela priva di credibilità". Molte notizie si
trovano nel sito internet: www.ilpost.it/2013/11/07/morte-arafat-polonio/
La mia personale e pur sempre limitata esperienza di lavoro sugli effetti biologici dei prodotti delle filiere nucleari mi
aveva portato a incuriosirmi sulla vicenda dell’uso delle polveri di radionuclidi per provocare la morte lenta di
personaggi "scomodi" per la politica e per la scienza, per cui quello che posso qui riportare non è altro che la
documentazione deducibile da pubblicazioni, colloqui e informazioni giuntemi negli anni.
La prima riguarda il leader palestinese Wadi Haddad contaminato con gustosi cioccolatini belgi, probabilmente dal
Mossad(?), e poi deceduto per leucemia nel marzo 1978. Una delle illustri vittime di cui conosco meglio la vicenda è il
fisico dell’Univ.
Statale di Milano Prof. Giuliano Preparata (1942-2000), la cui storia è riportata in parte sul libro di Torrealta M. & Del
Giudice E. "Il segreto delle tre pallottole", Ed. Ambiente, Milano (2010); inoltre, notizie aggiuntive si trovano anche
sul libro "Viviamo tutti sulla cresta dell’onda" di R. Mazzaro (ed. Aliberti, 2011). L’autorevole fisico delle basse energie
fatto segno dell’attentato si occupava, in chiave di relatività ristretta, di campi elettromagnetici e quindi di fusione
fredda [NOTA: tecnologia avversata e marginalizzata dalla lobby dei fusionisti caldi per ragioni legate al mercato
finanziario della ricerca, che ha portato allo sperpero alla fine dello scorso secolo di gran parte dei capitali devoluti in
Italia a favore della costosissima ricerca sulla energia da fusione calda, che non avrebbe però mai trovato un futuro
applicativo, tranne che per le pubblicazioni di fisici e/o ingegneri coinvolti]. Il "trattamento" su Preparata sarebbe
stato concepito ed eseguito nascostamente, in occasione di un congresso, a Dimona nel deserto del Negev in
territorio israeliano, sito dove è presente anche una centrale nucleare: come è noto il nucleare israeliano è
formalmente misconosciuto dall’AIEA (ente di controllo internazionale sulla radioattività), in quanto da Israele è stato
sempre tenuto "segreto" (di Pulcinella, ma ufficialmente segreto, anche secondo quanto rivelato nel 1986 dal tecnico
Mordecai Vanunu condannato a 14 anni in Israele per le sue rivelazioni sulla "potenza nucleare nascosta"), "nascosta"
non certo per i dominatori imperiali SU, che presumibilmente concertano coi loro alleati strategici l’uso di quei
laboratori per esperimenti non facilmente eseguibili altrove (compresa l’idea della fusione fredda, applicata poi
esclusivamente come innesco di bombe nucleari a bassa massa critica da dirigere "sperimentalmente" contro l’Iran o
altri paesi antisionisti). I radionuclidi di difficile reperibilità somministrati a Preparata, Americio-241 e Berillio-7,
avrebbero agito sull’apparato digerente della vittima (in primis intestino) con emissioni di intensità notevole, anche a
breve distanza (raggi alfa e/o beta), portando all’insorgenza di diffusi e piccoli tumori primari, inizialmente forse
trascurati, ma che avrebbero comportato in breve a blocchi intestinali, ovvero a diffusione di metastasi attraverso il
circolo sanguigno.
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segue da Pag.7: La necessità e il caso: polveri radioattive per personaggi scomodi.
In tal caso il tumore può insediarsi in diversi organi interni, disturbando la digestione, con un rapido effetto di
dimagrimento del soggetto colpito. La morte può insorgere orientativamente, anche dopo alcuni anni dal trattamento
o non insorgere, ma solo dopo notevoli difficoltà di adattamento per il soggetto stesso.
Tali "trattamenti" sarebbero stati riservati, in ordine orientativo, anche a Martin Fleischmann, scienziato che aveva
pubblicato nel 1989 con S. Pons i risultati positivi ottenuti in laboratorio con la tecnica della fusione fredda [NOTA:
esperimenti non riconosciuti dalla lobby dei fisici particellari, in quanto i due scienziati erano pure degli elettrochimici
e davano molto fastidio alle lobbies nucleari, che organizzarono una campagna mirata di discredito attraverso riviste
specializzate, che cadde solo nel 2009 quando la US Navy ne confermò l’attuabilità e solo dopo che 5 scienziati
italiani a Frascati ne avevano attuato la verifica di realizzabilità (De Ninno et al, 2002)]: lo scienziato ebbe una certa
ripresa intermedia, ma poi è morto proprio quest’anno (agosto 2013) "di morbo di Parkinson", secondo quanto riferito
dal figlio. Un’altra morte avvenuta a Londra nel 2006 e accertata con Po-210, dopo una minuziosa inchiesta che fece
emergere i complotti di Putin in Cecenia (ma coinvolgendo, pure tra gli altri, Prodi e Pecoraro Scanio), fu quella
dell’agente Aleksandr V. Litvinenko. Si sospetta tale trattamento anche per Fidel Castro Ruiz (probabilmente vittima
di cancro prostatico in guarigione con difficoltà), per Hugo Chàvez (capo di Stato del Venezuela, enorme cancro
pelvico asportato nel 2011, deceduto per conseguenti metastasi linfonodali e spinali con problemi infettivi nel 2013: il
successore N. Maduro va comunicando ai media che gli Stati Uniti avrebbero pesanti responsabilità per questa
morte), per Kim Yong Il (capo di Stato della Corea del Nord, durante il regime da lui guidato furono sperimentate le
esplosioni di due bombe atomiche - 2006 e 2009 - attribuite ad inneschi con fusione fredda; il leader coreano è poi
deceduto il 17/12/2011 di "infartro per troppo lavoro" dopo un cancro pancreatico diagnosticato il 9/9/2008 ed un
evidente forte dimagrimento, come risulta dalle sue foto pubblicate accanto a Clinton del 2009, che era andato a
"fargli visita" con il pretesto degli incontri a 6), per Fernando Lugo (presidente del Paraguay, diagnosticato il
6/8/2010 un linfoma follicolare al condotto inguinale testicolare), per Luiz Ignacio Lula da Silva (diagnosticato cancro
alla laringe, curabile) e Dgilma Rousseff (capi di Stato del Brasile, paese BRICS, ambedue viventi, la seconda guarita
da cancro linfatico), per Juan Manuel Santos (presidente della Colombia, curato di cancro alla prostata alla vigilia dei
negoziati con le FARC). Ce ne sarà sicuramente qualcun altro (qualche scienziato irakeno tra i tanti eliminati negli
anni?), ma quelli nominati sono coloro di cui ho raccolto notizie: occorrerebbe una più approfondita inchiesta per
metterli in relazione reciproca e con le differenti polverine utilizzate. In un lavoro di psicologi (Nemhauser, 2010) si
mette in rilievo il fatto che su circa 11000 soggetti ipoteticamente contaminati nel caso Litvinenko nessuno poi ha
voluto accettare - probabilmente per la paura di scoprire la propria contaminazione - di farsi esaminare vivente per il
Po-210 ). L’indagine più completa fu infatti proprio quella su Litvinenko, dopo morto, anche perché erano state
trovate tracce di Po-210 sull’aereo di linea da lui utilizzato, ma anche nel sushi bar Itsu di Piccadilly in Londra da lui
frequentato dopo il viaggio dalla Russia, secondo la ricostruzione degli inquirenti inglesi; gli altri casi chissà se
verranno accertati, quando e in quale modo. Le indagini sui vivi sono più delicate ma non impossibili, quelle sui morti
si avvalgono soprattutto delle ossa che mantengono i radionuclidi metallici nello stroma solido (cfr. rilevazioni di Lodi
Rizzini sul Torio radioattivo dei pastori morti in Sardegna per le esplosioni militari sperimentali attuate sui terreni a
pascolo della base di Quirra-Perdasdefogu).
Mauro Cristaldi - naturalista
Professore associato di Anatomia Comparata per Sc. Naturali
- Dip. di Biologia e Biotecnologie "C. Darwin"
- Centro di Ricerca per le Scienze Applicate alla Protezione dell’Ambiente e dei Beni Culturali
Sapienza Università di Roma
Via A. Borelli 50 - 00161 Roma
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Cosa vuole l’Europa?
La distruzione della Grecia: un modello europeo
http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2014/1/6/38885-la-distruzione-della-grecia-un-modello-europeo/
Anticipiamo la Prefazione di Alexis Tsipras al volume di Slavoj Žižek e Srećko Horvat, “Cosa vuole l’Europa?”, in libreria a giorni
Dalla metà degli anni Novanta, e per quasi tutto il decennio del 2000, la Grecia era in piena crescita. Questa espansione economica
aveva due caratteristiche principali: un gigantesco aumento dei profitti non tassabili per i ricchi, un sovraindebitamento e un aumento
della disoccupazione per i poveri. Il denaro pubblico è stato depredato in molti modi diversi, e il sistema economico si è limitato
essenzialmente a favorire il consumo di beni importati dai paesi europei ricchi. Il modello “denaro a buon mercato, manodopera a basso
costo” è stato presentato dalle agenzie di rating come un esempio da seguire per ogni economia emergente dinamica.
Ma la crisi del 2008 ha cambiato tutto. Le banche, dopo le loro scommesse speculative, si sono trovate pericolosamente indebitate, e
hanno potuto salvarsi solo grazie al denaro pubblico; ma è sulle loro società che gli Stati hanno poi scaricato il peso del salvataggio di
queste banche. Il distorto modello di sviluppo della Grecia è crollato e il paese, non potendo più chiedere prestiti sul mercato, si è
trovato a dipendere dai prestiti del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea, accompagnati da misure
draconiane.
Tale programma, che i governi greci hanno adottato senza battere ciglio, è composto di due parti: quella della “stabilizzazione” e quella
delle “riforme”. Termini la cui connotazione positiva è destinata a mascherare la catastrofe sociale che essi producono. Così, la parte
della “stabilizzazione” prevede una fiscalità indiretta devastante, tagli alla spesa pubblica senza precedenti, smantellamento dello stato
sociale, in particolare nel campo della sanità, dell’istruzione e della sicurezza sociale, così come numerose privatizzazioni, comprese
quelle di beni pubblici di base come l’acqua e l’energia. La parte delle “riforme”, invece, invoca la liberalizzazione dei licenziamenti,
l’eliminazione dei contratti collettivi, la creazione di “zone economiche speciali” e, in generale, l’istituzione di regolamenti che
dovrebbero permettere a potenti interessi economici di investire in Grecia in modo propriamente coloniale, degno del Sud Sudan. Tutto
questo è solo una piccola parte di ciò che prevede il “memorandum” greco, vale a dire l’accordo firmato dalla Grecia con il Fondo
monetario internazionale, l’Unione europea e la Banca centrale europea.
Queste misure avrebbero dovuto aprire la strada a un’uscita dalla crisi. Il rigoroso programma di “stabilizzazione” doveva condurre a un
avanzo di bilancio – consentendo alla Grecia non solo di non aver bisogno di chiedere prestiti, ma anche di ripagare il proprio debito
pubblico; mentre le “riforme” dovevano permettere di riconquistare la fiducia dei mercati che, vedendo smantellato lo stato sociale e il
mercato del lavoro riempito di lavoratori a basso costo, disperati e senza protezione, si sarebbero precipitati a investire i loro capitali in
Grecia. Così si sarebbe determinata una nuova “crescita” – quella che non esiste da nessuna parte, se non nei libri sacri e nelle menti
più perverse del neoliberismo globale.
Questo programma doveva essere applicato in modo rapido e immediato, per permettere alla Grecia di ritrovare velocemente la strada
della crescita. Ma tre anni dopo la firma del memorandum, la situazione va di male in peggio. L’economia sprofonda nella crisi e,
naturalmente, le tasse non vengono pagate – semplicemente perché le persone non hanno i soldi per farlo. I tagli di spesa hanno
raggiunto il cuore stesso della coesione sociale, creando le condizioni per una vera e propria crisi umanitaria. Per essere chiari, stiamo
parlando di persone che rovistano tra i rifiuti per mangiare e che dormono sui marciapiedi, di pensionati che non possono nemmeno
comprare il pane, di famiglie senza elettricità, di pazienti che non hanno accesso né ai farmaci né alle cure. E tutto questo, all’interno
dell’eurozona.
Gli investitori, evidentemente, non si sono visti, dal momento che un “default disordinato” del paese rimane ancora possibile. E gli autori
di questo memorandum, di fronte a ogni tragico fallimento, tornano a imporre sempre più tasse e tagli alle spese. L’economia greca è
entrata in un circolo vizioso di recessione incontrollata, che non porta a nulla se non al completo disastro.
Il piano di “salvataggio” greco (un altro bel termine per descrivere la devastazione in corso) ignora un principio fondamentale:
l’economia è come una mucca. Si nutre di erba e produce latte. È impossibile ridurre la sua razione d’erba di tre quarti e pretendere
che produca quattro volte più latte. Essa ne morirebbe, semplicemente. E questo è esattamente ciò che accade oggi all’economia greca.
La sinistra in Grecia ha capito fin dall’inizio che l’austerità avrebbe peggiorato la crisi, invece di curarla. Quando qualcuno sta
annegando, gli si lancia un salvagente, non dei pesi. Quanto ai talebani del neoliberismo, insistono nel dire, ancora oggi, che tutto andrà
bene. Mentono, e lo sanno – tranne i più stupidi di loro, naturalmente. Ma non si tratta di stupidità o di dogmatismo. Alti dirigenti dello
stesso fmi hanno parlato di “errore” nel concepimento del programma di rigore greco: non può portare da nessuna parte, dal momento
che la recessione che esso genera è semplicemente incontrollabile. Eppure si continua ad applicare quel programma con una tenacia e
una caparbietà che non ha precedenti, e si inasprisce sempre di più. È dunque d’altro che si tratta.
La realtà è che la crisi dell’economia greca non è ciò che interessa all’Europa, né al fmi. Il loro obiettivo principale è di fare del
programma imposto alla Grecia il modello da seguire per tutte le economie europee in crisi. Questo programma mette definitivamente
fine a ciò che, nell’Europa del dopo guerra, era conosciuto come “contratto sociale”. Non importa se la Grecia alla fine fallisce e
sprofonda nella miseria. Ciò che conta è che, in un paese della zona euro, ora si discuta apertamente di salari alla cinese, di abolizione
del diritto del lavoro, di dissoluzione della sicurezza sociale e dello stato sociale, e di completa privatizzazione dei beni pubblici. Con il
pretesto di combattere la crisi, il sogno neoliberista delle menti più perverse – che, dopo gli anni Novanta, ha dovuto affrontare una
forte resistenza da parte delle società europee – diventa finalmente realtà.
..segue a Pag. 11
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Da paeseroma.it
“Il diario di Anna Frank” dall’originale adattamento
vincitore del Premio Pulitzer
In occasione della settimana della memoria, in scena al Teatro Agorà dal 21 al 25 Gennaio
19 gennaio 2014 Inserito da Silvia Buffo under Arte & Cultura
Un’eterna storia vera di struggente bellezza che tutti conosciamo o dovremmo conoscere: otto persone nascoste in una soffitta
convivono forzatamente ed ermeticamente, fuori le leggi razziali e la seconda guerra mondiale mietono anime, e dentro si mescolano le
vite di due famiglie, le loro paure e le loro gioie. Tra queste persone, una coraggiosa ragazza continua a sognare, a sorridere e a
scrivere il suo diario destinato all’immortalità.
In occasione della settimana della memoria, con il patrocinio del consiglio regionale del Lazio e di Roma Capitale, la compagnia “Signori
chi è di scena” vi invita all’adattamento teatrale rappresentato ininterrottamente da quarant’anni sui palcoscenici di tutto il mondo: ”Il
diario di Anna Frank” (dall’originale adattamento vincitore del Premio Pulitzer nel 1956 di Frances Goodrich ed Albert Hacket). La
Regia è di Monica Ferri, le musiche a cura Paolo Casa e la scenografia di Massimiliano Coccia.
Monica Ferri spiega:
«Lo spettacolo gode di una scrittura giovane, veloce e a volte anche divertente, piena delle profonde e bellissime
riflessioni della straordinaria Anna Frank, uno spaccato della vita che la ragazza ha trascorso nel nascondiglio con la sua
famiglia, i Van Daan e il dottor Dussel, fino alla cattura di tutti loro. Contrariamente a quanto ci si aspetta non è uno
spettacolo pesante, anche perché nella mia regia ho scelto di non compiacermi mai nella tragicità perché ritenengo che
uno stile di recitazione vero e asciutto lasci allo spettatore più spazio alla riflessione e lo renda più libero di “sentire” il
dolore.
Abbiamo già messo in scena questo spettacolo e ci siamo resi conto di quanto, per il pubblico, sia più efficace di molti
discorsi».
Monica Ferri
Ha frequentato l’Accademia Nazionale di Danza e il Conservatorio di Musica Arrigo Boito di Parma.
Ha iniziato il lavoro di attrice nel 1975 all’età di 16 anni, con la compagnia stabile del Teatro dei Servi di
Roma, lavorandovi fino al 1978. Dopo la maturità classica si è specializzata come borsista presso lo “Studio
Fersen”. Ha frequentato corsi di acrobatica e mimo con Angelo Corti, stage di specializzazione con Dominic de
Fazio con borsa di studio C.E.E./Gaumont
Può vantare una brillante carriera in Teatro, Cinema e Televisione, ma si è brillantemente occupata anche di
doppiaggio, radiodrammi e spot pubblicitari.
INSEGNAMENTO
2006/11 Dal 2006 tiene ogni anno un “Laboratorio di formazione teatrale” al Teatro San Giustino di Roma.
2005 Corso di teatro organizzato dalla Polisportiva di Villa Gordiani a Roma.
2004 Seminario di “Public Speacking” ai dottorandi in economia dell’istituto del Commercio Estero a Roma.
993/94 Stage di Teatro al Liceo Plinio di Roma durante l’occupazione da parte degli studenti.
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Segue da Pag. 9: Cosa vuole l’Europa?
La Grecia, comunque, è solo il primo passo. Già la crisi del debito si è estesa ad altri paesi dell’Europa meridionale e penetra sempre
più in profondità nel cuore dell’Ue. Ecco dunque cosa significa il grande esempio greco: l’unica cosa di cui sono capaci coloro che fanno
fronte agli attacchi speculativi dei mercati è di distruggere completamente ogni traccia dello stato sociale, come è oggi il caso della
Grecia. In Spagna e in Portogallo, i rispettivi memorandum già stanno promuovendo cambiamenti di questo tipo. Ma è nel “Trattato
europeo di stabilità”, che la Germania vorrebbe vedere applicato all’intera Ue, che questa strategia si rivela in tutta la sua portata: gli
Stati membri non sono più liberi di scegliere la loro politica economica, le principali istituzioni dell’Unione hanno ora il diritto di
intervenire nelle scelte di bilancio e di imporre drastiche misure fiscali per ridurre i deficit pubblici. Tanto peggio per le scuole, gli asili,
le università, gli ospedali pubblici, i programmi sociali. E se i popoli usano la democrazia come uno scudo contro l’austerità, come
recentemente in Italia, tanto peggio per la stessa democrazia.
Cerchiamo di essere chiari. Questo modello europeo generalizzato non è il salvataggio della Grecia, ma la sua distruzione. Il futuro
europeo, fatto di banchieri felici e di società infelici, è già programmato. In questo modello di sviluppo, il capitale è il cavaliere e le
società il cavallo. Si tratta di un progetto ambizioso – ma che non andrà molto lontano, perché nessun progetto può essere realizzato
senza il consenso della società e le garanzie per i più deboli. Questo, l’attuale classe dirigente europea sembra averlo dimenticato. Essa
tuttavia vi si scontrerà prima di quanto non pensi.
La fine del “capitalismo neoliberale reale” – vale a dire del capitalismo più aggressivo che abbia mai conosciuto l’umanità, e che trionfa
da due decenni – è già iniziata. Dopo il naufragio di Lehman Brothers, due strategie opposte di uscita dalla crisi offrono due approcci
diversi all’economia globale: la strategia dell’espansione finanziaria, dell’aumento della massa monetaria, della nazionalizzazione delle
banche e dell’aumento delle tasse ai ricchi; e quella dell’austerità, del trasferimento del peso del debito bancario agli Stati – e sulle
spalle delle classi medie e popolari, sovratassate per consentire ai più ricchi di eludere il fisco. I leader europei hanno scelto la seconda
strategia, ma sono già di fronte ai vicoli ciechi ai quali essa conduce, e al conflitto storico che essa provoca in Europa. Questo scontro
assume una parvenza geografica – Nord contro Sud – ma è fondamentalmente uno scontro di classe, che si riferisce alle due strategie
opposte sopra descritte. La seconda strategia, infatti, difende il dominio assoluto, incondizionato, del capitale, senza preoccuparsi della
coesione e del benessere sociale; la prima difende l’Europa della democrazia e dei bisogni sociali. Lo scontro è già iniziato.
Di fronte alla crisi, vi è dunque un’alternativa: le società europee devono proteggersi contro la speculazione del capitale finanziario,
l’economia reale deve emanciparsi dall’imperativo del profitto, il monetarismo e la politica fiscale autoritaria debbono finire, la crescita
deve essere ripensata secondo il criterio dall’interesse sociale, va inventato un nuovo modello di produzione basato su un lavoro
dignitoso, sull’espansione dei beni pubblici e sulla protezione dell’ambiente. Questa prospettiva, ovviamente, non è all’ordine del giorno
delle discussioni dei leader europei. Spetta ai popoli, ai lavoratori europei, ai movimenti degli “indignati” imprimere il loro marchio al
corso della storia, e impedire il saccheggio e la distruzione su larga scala.
L’esperienza degli anni precedenti porta alla seguente conclusione: c’è un’etica della politica, e un’etica dell’economia. Dopo il 1989,
l’etica dell’economia ha cominciato a dominare l’etica della politica e della democrazia. Tutto ciò che era nell’interesse di due, cinque,
dieci gruppi economici potenti è stato considerato come legittimo, anche se si dimostrava contrario ai più elementari diritti umani. Oggi,
il nostro dovere è di ripristinare l’egemonia dei principi etici politici e sociali, contro la logica del profitto.
Come ci arriveremo? Grazie alla dinamica delle lotte sociali. In primo luogo, spezzando una volta per tutte le catene della passività
sociale sulle quali si è fondata la costruzione europea dopo il 1989. Il coinvolgimento attivo delle masse in politica è proprio ciò che
temono le élite al potere in Europa e nel resto del mondo. Facciamo in modo allora che le loro paure diventino realtà.
La direzione scelta dagli ambienti economici dominanti è chiara; elaboriamo dunque il nostro orientamento politico e sociale. E
difendiamolo con tutti i mezzi, sia a livello centrale sia a livello locale. Dai luoghi di lavoro, dalle università, dai quartieri, fino all’azione
congiunta e coordinata in tutti i paesi europei. È una lotta di resistenza, che avrà successo solo se porterà a un programma alternativo
per l’Europa. Oggi l’opposizione non è tra paesi in deficit e paesi in surplus, né tra popoli disciplinati e popoli ansiosi. L’opposizione è tra
gli interessi delle società europee e l’esigenza del capitale di realizzare costantemente profitti.
Dobbiamo difendere l’interesse sociale europeo. In caso contrario, il futuro, per noi e per i nostri figli, si rivelerà infausto, incerto, e
supererà tutte le nostre paure dei decenni precedenti. Il modello di sviluppo costruito sulla “libertà dei mercati” è fallito. Ora le forze
dominanti attaccano la società, le sue conquiste e la sua coesione. Questo è ciò che sta accadendo in questo momento in Grecia, e
questo è il piano voluto per il resto dell’Europa. Cerchiamo quindi di difenderci con tutti i mezzi necessari. E trasformiamo le resistenze
sociali che continuano a emergere e a crescere in una occasione di solidarietà e di strategia collettiva per tutti i popoli d’Europa.
Il futuro non appartiene al neoliberismo, né ai banchieri, né a qualche dozzina di potenti multinazionali. Il futuro appartiene ai popoli e
alle società. E il momento di aprire la strada a una Europa democratica, sociale e libera. Perché questa è l’unica soluzione sostenibile,
realistica e realizzabile per uscire dalla crisi attuale.
La VOCE ANNO XV N°6
maggio 2013
PAGINA 12