Anguilla di Comacchio - Provincia di Ferrara

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Anguilla di Comacchio - Provincia di Ferrara
Anguilla delle Valli di Comacchio
Relazione storica
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PREMESSA
Il territorio di Comacchio si identifica con la pesca dell’anguilla. Ricca e
dettagliata è la documentazione storica relativa a questa attività che ripercorre
centinaia di anni a ritroso fino a giungere all’epoca agli antichi romani. Tuttavia il
legame che lega la pesca dell’anguilla alla città di Comacchio non è solo di tipo
economico per il reddito che se ne ricava, ma anche (e forse soprattutto) culturale
essendo stata l’anguilla l’elemento base dell’alimentazione quotidiana per oltre
500 anni. Dai primi lavorieri1 realizzati con canne palustri e pali di legno, fino alle
attuali strutture in cemento armato, la vita della gente locale è stata
caratterizzata da una continua lotta per lo sfruttamento più o meno lecito, più o
meno intensivo della risorsa locale, l’anguilla, oggetto di contesa tra le popolazioni
e tra i potenti.
STORIA DELLA PESCA E DELLA LAVORAZIONE DELL’ANGUILLA NELLA
LAGUNA DI COMACCHIO
Che a Comacchio vi fosse una fiorente attività di pesca già ai tempi dell’antica
Roma, è cosa nota: gli abitanti furono tra i primi a dedicarsi alla pesca in valle e
numerosi autori dell’epoca, da Plinio a Silvio Italico ne descrissero le
caratteristiche.2
Il 6 febbraio 1325, Comacchio divenne libero Comune e gli abitanti del territorio
fecero un atto di dedizione ai Duchi d'Este, che da quel momento governarono e
gestirono i profitti delle valli, divenendo Signori di Comacchio.
Il dominio degli Estensi nelle valli, si protrasse ininterrottamente sino al 1598,
quando il Ducato di Ferrara tornò alla Santa Sede e Comacchio ne seguì le sorti3.
La pesca, durante questi anni, rappresentò la risorsa principale dell'economia
locale e la gestione delle valli, e delle attività ad esse correlate, fu sempre al centro
1
Il lavoriero è una particolare strutture ideata dai comacchiesi per la pesca dell’anguilla, della quale si parlerà più
dettagliatamente nelle pagine a seguire.
2
Silvio Italico, vissuto nel primo secolo dell’età volgare, così descrive le attività di pesca nella valle di Comacchio:
“Qual destro pescator che all’onde chiare/ Viminea tesse e leggiera una nassa/ Larghi tenendo della bocca i margini/
Gl’interni capi destramente annoda./ Di mezzo al cavo sen con arte aguzza/ L’estreme parti, el avvicina assieme./Così
respinge il pescator solerte/ Entro quel varco che rimane chiuso/ Col tirar dal amr la facil preda”
Comacchio tra piscicoltura e società, a cura di F. POZZATI, Gabriele Corbo editore, Ferrara 1996, pp. 22-23.
3
ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI COMACCHIO, Notizie generali in http://www.comune.fe.it/archivio/comacchio/storia.htm
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di alterne vicende storiche, come si può dedurre dalla lettura degli Statuti di
Comacchio del XV secolo.4
Grazie
ad
essi veniamo
a
conoscenza della
struttura
amministrativa
e
giurisdizionale di questo Comune. Fra le varie figure spicca quella dei cosiddetti
Officiali sopra le valli, acque et canali che, fra i vari compiti, avevano quello di
badare che non si lasciassero “aperte le porte della valle altrui al tempo della
peschasone”5. Il riferimento all’anguilla è chiaro, deducibile dalla “porta di entrata
e uscita”, elemento basilare della tecnica di cattura, con la funzione di limitare
l’accesso a chiunque facesse “passare la barca da valle a valle”6.
Negli Statuti successivi e in particolare nell’Adictio del 1559 si rileva una prima
serie di interventi volti alla conservazione del patrimonio ittico della laguna. In
particolare troviamo scritto che “alcuno non peschi a tratta quantunque sia
cittadino non habitando di continuo in detta cittade di Comacchio”7.
Negli Statuti del secolo XV, dunque, e nell’Adictio del 1559, non c’è ancora un
riferimento esplicito all’anguillicoltura organizzata, ma solo alla tecnica di
cattura. In ogni modo l’Adictio mette in evidenza che già nel 500 esisteva una
necessità organizzativa e amministrativa ben definita legata alla pesca, data
l’abbondanza di pesce e la conseguente importanza economica dell’attività
collegata.
L’anguillicoltura, e la connessa tecnica di pesca, si sono perfezionate a partire
dalla seconda metà del secolo XVI, grazie all’astuzia dei pescatori locali: la
ripetuta osservazione dei movimenti di migrazione delle anguille verso il mare, del
clima e del fenomeno della marea, suggerì loro di apprestare zone che potessero
convogliare il flusso dei pesci e di costruire uno strumento stabile (il lavoriero),
che consentisse di ovviare alla dispersione del flusso di anguille incanalandole in
modo tale da impedire loro di tornare verso il mare dopo la deposizione delle
uova8.
4
V. CAPUTO-R. CAPUTO, Statuti di Comacchio –sec. XV-, Ferrara,Accademia delle scienze di Ferrara-Comune di
Comacchio, MCMXCI.
5
V. CAPUTO-R. CAPUTO, Statuti di Comacchio, p. 25.
6
Ivi, p. 25.
7
V. CAPUTO-R. CAPUTO, Statuti di Comacchio, Adictio del 1559, , norma nuova 1, p. 108.
8
ISTITUTO DEI BENI ARTISTICI, CULTURALI, NATURALI DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA, Sorella anguilla: pesca e manifattura
nelle valli di Comacchio, a cura di F. CECCHINI, Nuova Alfa editoriale, Bologna 1990, p. 28.
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Tale tecnica di pesca è stata descritta anche dal poeta Torquato Tasso9, nella sua
maggiore opera
“Gerusalemme liberata”, sviluppata durante il soggiorno alla
Corte d’Este. L’autore infatti scrive:
Come il pesce colà dove impaluda
Né i seni di Comacchio il nostro mare,
Fugge da l’onda impetuosa e cruda
Cercando in placide acque dove ripare,
E vien da se stesso ci si richiuda
In palustre prigion, ne può tornare,
Ché quel serraglio è con miracol uso
Sempre a l’entrar aperto e l’uscir chiuso10
Nel periodo in cui Tasso soggiornò a Ferrara, feste e banchetti rappresentavano
solo uno degli elementi più rappresentativi della ricca e fastosa cultura
rinascimentale della Corte Estense. Proprio all’interno di quest’ultima, iniziarono
a mettersi in evidenza grandi maestri di cucina quali Cristoforo da Messisbugo,
scalco di Alfonso I ed Ercole II d’Este. Nella sua opera maggiore “Banchetti
composizioni di vivande e apparecchio generale”(1549), il Messisbugo riporta le
preparazioni gastronomiche in uso allora, tra le quali si segnalano le “pastelle
d’anguilla” servite al pranzo organizzato da Ippolito d’Este in occasione della
venuta a Ferrara del fratello Ercole, allora duca di Chiartres; oppure le “anguille
involte in pasta reale” proposte in 125 pezzi alla “cena di carne et pesce” offerta da
Ercole a suo padre ed altri notabili da lui ospitati nel Gennaio del 1529.11
Nel Cinquecento l’anguillicoltura, dunque, era già abbondantemente praticata e
definiva, come oggi, un modus vivendi e di conseguenza era strettamente legata
all’organizzazione sociale ed economica del territorio. Nella tabella a seguire sono
state indicate le tappe principali della gestione e dell’organizzazione delle valli e
delle attività di pesca, per mettere in evidenza quanto la pescosità del luogo
facesse gola ora ad una ora ad un’altra figura governativa.
9
Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1544, nel 1565 entrò alla Corte degli Este, dove compose la "Gerusalemme
liberata" (1575). Soffrendo di manie di persecuzione, venne rinchiuso nelle segrete del castello nel 1577 ben due volte
finchè, nel 1586, un intervento del Gonzaga portò alla sua scarcerazione (M. PAZZAGLIA, Gli autori della letteratura
italiana: Dalle origini alla fine del Cinquecento, Zanichelli, Bologna 2000, pp. R.I. 263-264).
10
T. TASSO, Gerusalemme liberata, Atto II, canto VII, stanza 46.
11
C. Messisbugo, “Banchettti, compositioni di vivande et apparecchio generale”, Ferrara 1549.
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Principali tappe della gestione e organizzazione delle Valli relative all’attività di pesca:
Anno
Amministrazione
Annotazioni
1177
Nel 1177, Federico I d’Este, con
il
“Diploma
imperiale
“piscatores comaclences” e nel
1232, Federico II d’Este col
Diploma
imperiale
“Cives
civitatis
nostrae
comancli”,
concedono “l’immunità e libertà
nella pesca”.
Con il Governo Estense, il commercio del pesce e
anche l’artigianato degli attrezzi per la pesca
sono fiorenti. La Camera Ducale e i suoi
rappresentanti diretti sono i responsabili del
funzionamento dell’azienda amministrando il
patrimonio vallivo mediante “locazione” a
cittadini comacchiesi e non.
1232
1471
Borso
d’Este
(1450-1471),
istituisce i “Codici di idraulica”,
riuscendo a limitare i danni
della rottura degli argini dei
fiumi e portando all’aumento
della quantità di pesce pescato.
1493- I successori di Borso, Rinaldo
1503 d’Este e il Cardinale Ippolito
d’Este, obbligano gli abitanti
del comune di Comacchio a
concedere le Valli in beneficio
ai Duchi per la coltura e la
salagione del pesce.
1514
Gli “antichi ordinamenti delle Nel 1500 inizia la grande bonifica ferrarese con
valli di Comacchio” definiscono Ercole I d’Este.
tempi e modalità per la pesca”.
Dal
1566
al
1590
La Camera Ducale assume
direttamente la conduzione
della pesca nelle valli con la
“Locatio
vallium
ducalium
comacli”
affittandole
esclusivamente
a
cittadini
comacchiesi (299 famiglie a
rotazione)
Nel
1600
Col
Governo
Pontificio,
Clemente VII riconosce ai
comacchiesi
il
diritto
di
proprietà su alcune valli,
impegnandosi a mantenere i
privilegi sulle due principali
attività della città: la pesca e
l’industria di conservazione del
pesce.
Passaggio dei diritti su Comacchio al Governo
Pontificio: 1598-1708.
In questo periodo, il Governo Pontificio delega i
propri poteri alle “migliori famiglie” di Comacchio
in quanto erano le più esperte nella coltivazione
del pesce.
1617
Compaiono i subaffitti o “carati”
o “poste”, riservati ai cittadini
di Comacchio.
Dal
1625
Compare
la
figura L’appaltatore generale, in questo frangente, si
dell’appaltatore generale, che occupa poco del piccolo coltivatore pescicolo.
ha il compito di assicurarsi del
pagamento della rendita.
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1708
Occupazione austriaca
Pochi anni prima, nel 1669, per stato di
abbandono del complesso idraulico si realizza
una grande moria di pesci nelle valli, che
persiste con il Governo austriaco
1710- La Deputazione cesarea affida
1714 l’amministrazione delle valli
alla comunità comacchiese, che
però
nel
1714
rinuncia
lasciandola nelle mani della
Compagnia
della
Camera
Imperiale di Comacchio, detta
“Società dei mercantini”.
All’inizio del secolo XVIII, le famiglie che vivevano
del lavoro nelle valli, soprattutto di pesca e
attività ad essa connesse, erano cresciute, ma le
parcelle messe loro a disposizione dalla grande
proprietà si erano ridotte fino a 1/12.
1730
Il contratto d’appalto sottoscritto da Alessandro
Alessandri nel 1738 ci informa che allora, al
servizio dello stabilimento, c’erano 500 lavoratori
di cui 300 in valle.
Prime notizie sulla figura del
“vallante” e sulle loro condizioni
di lavoro. Sappiamo che essi
venivano remunerati in parte
con un salario, in parte con un
compenso in denaro e in parte
con un compenso sottoforma di
alimenti (“cibaria”).
1749- Appalto delle valli al Marchese Eliminazione delle poste e subaffitti.
Ambrogio
lepri
con
1762 Carlo
l’accentramento
dell’amministrazione.
Fonte: dati ENEA, A. De Vanna-L. Moretti, Studio ambientale integrato delle valli di Comacchio, “Le
classi sociali come risultato degli interventi giuridico-economici sul territorio ferrarese”, Bologna, Dip.
Ambiente, 1995.
L’organizzazione del lavoro di pesca e delle attività connesse in valle, insieme alla
distribuzione delle varie mansioni, assunsero a partire dal 1700 una fisionomia
stabile. Quest’ultima fu codificata in modo definitivo solo alla metà dell’Ottocento,
con le “discipline pei vallanti e per le guardie” redatte da Angelo Galli, allora
ministro delle Finanze dello Stato Pontificio, ma le norme furono abrogate nel
1937.12 Da queste fonti sappiamo che all’epoca gli abitanti di Comacchio erano
divisi in due categorie: da una parte i “vallanti”, ovvero gli addetti alle operazioni
di pesca, e dall’altra i “fiocinini” pescatori di frodo, con poche risorse e mezzi.
Proprio per limitare la pesca di frodo che in certi periodi diventava incontrollabile,
furono costruiti i “casoni”, cioè costruzioni destinate ad ospitare i pescatori
durante i lunghi periodi di caccia alle anguille. Essi erano costruiti con una
torretta di avvistamento dalla quale si riuscivano a controllare i varchi di accesso
ai lavorieri.13
12
Ivi, p. 29.
“Il complesso della anguille”, articolo pubblicato sul bimenstrale “Beni Culturali e ambiente”, n.7-8, Luglio-Agosto
1989.
13
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Verso la fine del 1800 Comacchio si afferma come un polo all’avanguardia nel
settore della piscicoltura italiana, come risulta chiaramente da una serie di
articoli tratti dalla rivista locale “Gazzetta del popolo”. Confrontando la situazione
nazionale di allora con quella degli altri paesi europei si legge che “l’Italia non ha
una Società per l’allevamento del pesce, ad eccezione di quella di Comacchio”.14
Sempre lo stesso articolo riporta che all’Esposizione Pescicola Internazionale di
Berlino del 1880 il Comune di Comacchio fu l’unico espositore italiano a ricevere
un riconoscimento, la medaglia d’argento per “certi attrezzi esposti”.15
Sono quegli gli anni in cui la produzione di anguille comacchiese acquista fama e
notorietà non solo in Italia ma anche all’estero. Abbiamo notizia che nel 1869,
furono spediti Kg 41,590 di anguille a Roma; Kg 24,000 a Bari; Kg 30,965 a
Milano e svariati chilogrammi anche nelle piazze di Bologna, Pontelagoscuro,
Modena, Cremona, Bergamo, Genova, Mantova, Alessandria, Parma ed in
particolar modo a Napoli dove, nel periodo natalizio, si faceva un gran consumo
del capitone di Comacchio.16
Verso l’estero “si mantiene vivo il commercio con l’Austria, e là si spedisce marinato.
[…] La Turchia ne è ghiotta, ed il marinato di Comacchio serve a stuzzicare l’appetito
del gran Sultano, e dei Pascià turchi”.17 Era il 1880.
La struttura ideata dai comacchiesi per la pesca dell’anguilla in valle (un insieme
di lavorieri collegati tra loro e denominato, genericamente, Stabilimento) era,
allora, estremamente all’avanguardia per i tempi.18
Il lavoriero fu anche oggetto di interesse da parte di studiosi ed esperti nazionali
che ne ammiravano l’efficienza, portando il caso della laguna di Comacchio a
“simbolo” nel settore dell’allevamento.19
14
G. BOTTONI , <<Gazzetta del popolo>>, venerdì 9 luglio 1880, n. 55., pubblicato su “Comacchio tra piscicoltura e
società”, Gabriele Corpo Editore, Ferrara 1996.
15
Idem, pag. 31.
16
I capitoni sono gli esemplari femminili di maggiore peso.
Idem, pag. 36.
17
Idem, pag. 36.
18
“Lo stabilimento di Comacchio e un apparecchio unico nel mondo”, tratto dalla rivista “Gazzetta del Popolo”, lunedì
12 luglio 1880, in “Comacchio tra piscioltura e società”, pag. 34.
19
Nella bibliografia allegato è stato riportato a riguardo uno studio del Prof. Arthur Bellini pubblicato a Parigi nel 1907
sul “Bulletin de la Société centrale d’Aquiculture et de Peche”, nel quale il lavoriero viene citato come strumento
caratteristico della laguna di Comacchio. Il titolo della pubblicazione è “L’èlevage de l’anguille en stabulation a
Comacchio”.
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Lo Stabilimento era suddiviso in tre settori. Il primo era composto da cinque
bacini e veniva utilizzato per conservare il pesce più grosso e di qualità superiore;
il secondo era formato da nove bacini e in esso confluiva il pesce di media qualità,
mentre il terzo, rappresentato da tredici bacini, conteneva tutto il pesce piccolo e
di pessima qualità sfuggito dagli altri bacini.20
E’ possibile avere un’idea della struttura dello Stabilimento a metà e fine
dell’Ottocento, grazie alle numerose incisioni e litografie rappresentanti l’antica
stazione di pesca.21
Durante il dibattito giornalistico dell’epoca, si diffuse anche l’idea di sviluppare a
Comacchio un’industria della Fecondazione artificiale dell’anguilla, di ampliare
l’industria del pesce marinato per aumentarne lo smercio e infine di avviare
attività relative alla seminaggione delle anguille.22
Lo scopo di allora era quello di sfruttare le attività legate pesca in quanto le
uniche risorse economiche possibili per risolvere il problema della povertà e della
miseria che affliggeva le popolazioni contadine del basso ferrarese, da sempre
legate alle attività agricole.
Riportiamo a riguardo parte di un articolo pubblicato sulla “Gazzetta del Popolo”
(19 luglio 1880) dal titolo “Provvedimenti necessari da introdursi nello
Stabilimento di Comacchio”: “la pesca e le sue industrie formava la risorsa di una
popolazione di 12 a 13 mila anime che vive nei centri di Comacchio, Magnavacca e
Lagosanto; per essi l’area peschereccia […] rappresenta una specie di cosa comune.
[…] I 45.000 ettari di terreno danno all’amministrazione un reddito lordo di L.
1.200,000. […].”23
20
G. BOTTONI, <<Gazzetta del popolo>>, venerdì 16 luglio 1880, n. 57: 6. Appendice, Piscicoltura moderna e
comacchiese, parte II, capoverso II.
21
Fra queste ultime ve n’è una piuttosto rappresentativa, che rappresenta proprio il lavoriero in canna per la pesca delle
anguille. In un’acquaforte su lastra di ferro, tratta da Le 100 città d’Italia, un testo del 1888, si osserva l’antica stazione
di pesca di Valle Caldirolo, mentre è del 1899 una Pianta dello Stabilimento delle Valli di Comacchio: in quest’ultima
in particolare, è facile riconoscere la costa adriatica e le valli di Comacchio che danno su di essa, la bonifica di Valle
Volta, di Valle vacca, di Valle mezzano e molte altre, oltre a tutti i canali che confluiscono nelle valli e le piccole
località che in esse vi rientrano.
Sono molte, infine, le fotografie dell’Ottocento, scattate ai barcaioli pescatori e ai venditori di anguille delle valli, il più
delle volte sfocate, ma certamente molto pittoresche.
22
“Comacchio tra piscioltura e società”, pag. 45.
23
“Comacchio tra piscioltura e società”, pag. 44-45.
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Accanto allo sviluppo di avanzate tecniche di pesca, è interessante riportare
anche le tradizioni allora in uso relative al consumo del pesce che, come si può
immaginare, era in determinati periodi dell’anno l’alimento base della popolazione
locale.
Dal
pregevole
particolareggiate
testo
di
sulla
Friedlander24,
tecnica
possiamo
comacchiese
di
avere
notizie
“cucinatura”
precise
e
dell’anguilla
nell’Ottocento:“...dapprima si tagliano la testa e la coda, si fanno i tagli trasversali e
s’infilano negli spiedi. Medioevali camini sostengono grosse lamiere di ferro, che
portano da sei a sette ordini di uncini, ai quali si applicano lunghi spiedi. Sotto vi sta
un piccolo canale ed al centro una fossa che raccoglie il grasso che cola dalle
anguille. Grandi padesse raccolgono il grasso raccolto dalle anguille, mescolato
all’olio d’oliva. S’infarina il pesce e poi si friggono le orate, i cefali, le sogliole, le
acquardelle e le anguilline. I fornelli sono mantenuti vivi dal fuoco tolto dai camini”25.
Friedlander, ci fornisce dati anche sull’antico processo di marinatura dell’anguilla
nelle valli, motivo di grande orgoglio per gli abitanti della zona. Egli scrive: “la
marinatura consiste in un miscuglio che si fa di sale e di aceto. L’aceto fortissimo
deve stare nella proporzione di Kg 57, 99 per Kg 6,21 di sale; ed il liquido si fa
passare per i buchi dei barili”26.
Cita
infine
la
salatura
e
il
disseccamento
come
ulteriori
industrie
di
trasformazione del pesce, tipiche di Comacchio27.
Pellegrino Artusi nella sua celebre opera “La scienza in cucina e l’arte di mangiar
bene” (prima edizione del 1891), primo esempio di ricettario dedicato alla cucina
nazionale, riporta la ricetta della “Anguilla in umido all’uso di Comacchio” (n. 495),
una sorta di zuppa di pesce a base unicamente di anguilla, accompagnata da
pane abbrustolito. Tuttavia, ciò che più è interessante ai fini della nostra ricerca,
è la testimonianza che l’autore riporta sulla qualità del prodotto comacchiese.
Nell’introduzione alla ricetta l’Artusi si sofferma elencando i luoghi più rinomati
per la pesca del prodotto scrivendo: “sono celebri le anguille delle valli di
24
ETTORE FRIEDLANDER, La pesca sulle lagune di Comacchio, in <<Gazzetta de popolo>>, lunedì 19 luglio 1880, n. 58:
Appendice, Piscicoltura moderna e comacchiese, parte II, capo III.
25
Ibidem.
26
Ibidem.
27
Il procedimento di salatura dell’anguilla permetteva di mantenere il pesce in ottimo stato per lunghi periodi di tempo,
consentendone una commercializzazione ad ampio raggio, inizialmente in Austria e Turchia e successivamente in altri
paesi europei quali Francia e Spagna.
Ibidem.
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Comacchio, paese della bassa Romagna, il quale si può dire viva della pesca di
questo pesce che, fresco o marinato, si spaccia non solo in Italia, ma si spedisce
anche fuori. E’ così produttivo quel luogo che in una sola notte buia e burrascosa
dell’ottobre 1905 furono pescati chilogrammi 150.000 di anguille”.28
A partire dai primi anni del 1900 ed in particolare durante il regime fascista
cominciò un lento ma progressivo declino della pesca di anguille, la cui causa
principale è da attribuire alle opere di bonifica delle valli, iniziate nel 1939 (con la
bonifica di oltre 20.000 ettari) e che culminarono tra il 1963 e il 1964 con il
prosciugamento di tutta la valle del Mezzano, riducendo di un terzo la superficie
valliva originaria.29
Riduzioni delle superfici vallive dal 1900 ad oggi
Superficie complessiva delle Valli di Comacchio alla
fine del 1800
Superfici delle Valli nel 1940
Superfici delle Valli nel 1952
Superfici vallive poste a levante dell’argine strada di
Agosto rimaste libere da bonifica
Superficie vallive che rimarrà permanentemente a
pesca
Ha 51.000
Ha 32.000
Ha 29.000
Ha 11.000
Ha 11.000
Fonte: “La Pianura”, n. 2, 1996.
I dati a riguardo sono significativi: si è passati da una media l’anno di 6.800
quintali di anguille pescate tra il 1901 e il 1925
30
, a 5.000 quintali di prodotto
nel 1953 a poco più di 2.000 quintali del 1966.31
Complessivamente dai primi del 1900 fino alla fine degli anni 90 del XX secolo, si
è passati da oltre 50.000 ettari dei superficie valliva a poco più di 11.000
attuali.32 Di questi circa 8.000 sono di proprietà del Comune di Comacchio la cui
gestione è in mano al Consorzio Azienda Speciale Valli di Comacchio che esercita
e gestisce la pesca e le altre attività collaterali.33
28
Poco più avanti aggiunge che nello stesso anno, 1905, la pesca delle anguille diede un risultato eccezionale, pari a Kg.
487,653.
P. Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.
29
“La storia delle valli”, articolo pubblicato sulla rivista “Gente Viaggi”, n. 7,anno 1, 1979.
30
“Rivista di Ferrara”, 15 marzo 1934, n.3.
31
“Comacchio e l’anguilla una storia millenaria”, tratto da “La Pianura”, dicembre 2000, n. 3
32
“Valli di Comacchio: solo un museo in più da visitare?”, tratto da “La Pianura”, n.2 del 1996.
33
“Comacchio e l’anguilla una storia millenaria”, tratto da “La Pianura”, dicembre 2000, n. 3.
In base a documenti bibliografici allegati alla presente relazione storica emerge che nel 1979 le valli di Comacchio si
estendevano su un territorio di 9.600 ettari “inserendosi nei primi posti, dopo le lagune di Venezia e di Grado”.
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Fonte: “La Pianura”, n.2, 1996.
Alla riduzione delle dimensioni lagunari e delle attività connesse alla pesca si
cercò di rimediare, a partire dal 1970, con un approccio intensivo nello
sfruttamento delle risorse naturali della valle. La spinta a tale tipologia gestionale
è motivata da una serie di interessi politico-economici relativi alla pesca
dell’anguilla, che vedevano coinvolte sia le aziende mangimistiche, sia gli
operatori, sia la componente pubblico-istituzionale tramite l’intervento di
partecipazioni statali.
Erano anni in cui l’interesse generale verso l’anguillicoltura cresceva a dismisura
portando a ricerche per l’attuazione di sistemi di sviluppo intensivo; le prime
esperienze a riguardo furono condotte dalla S.I.VAL.CO. s.p.a. (Società Itticoltura
Valli di Comacchio).34 Tuttavia, date le difficoltà di riproduzione forzata
dell’anguilla il programma ben presto fallì.35
Mutò allora l’indirizzo dell’amministrazione provinciale che privilegiò la linea
estensiva, anche in considerazione dell’ormai evidente ed improrogabile necessità
di procedere al riassetto del territorio vallivo, portando alla costituzione di un
consorzio (Azienda Speciale Valli di Comacchio) con la partecipazione della
regione Emilia Romagna e del comune di Comacchio. Gli obiettivi principali del
L. Boccaccini, “Comacchio e il suo territorio”, Grafica Editoriale, Bologna 1979.
34
La società per azioni, denominata SIVALCO, costituita nel 1973 con la partecipazione della Regione, della Provincia
di Ferrara, aveva lo scopo di condurre ricerche sperimentali per l’allevamento intensivo di alcune specie ittiche, tra cui
l’anguilla, l’orata e il branzino.
35
Il raccolto di anguille in quegli anni non superò i 1.000 quintali l’anno.
V. D’Annunzio, “L’anguilla di Comacchio”.
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nuovo approccio erano “il recupero e la salvaguardia dell’ambiente vallivo cui si
aggiungono anche finalità di valorizzazione economica della valle stessa.”36
In base a questa nuova linea politica il sistema vallivo assunse un ruolo ed un
significato diverso non solo legato alla produzione di anguilla, ma teso alla
valorizzazione di un contesto biologico-ambientale nel quale il prodotto faceva
parte di un più ampio sistema.37
L’approccio all’anguillicoltura attuale, se da un lato si ispira ad una nuova
filosofia per la conservazione del territorio, dall’altro ha visto drasticamente
ridimensionato l’impianto produttivo ed economico legato alle attività di pesca.
I dati a riguardo sono espliciti: nel 1996 sono stati pescati 173 quintali di anguille
e gli operatori dipendenti sono ridotti a 45 unità di personale fisso38, portando
l’amministrazione locale ad affermare preoccupata che “l’anguilla di Comacchio
non esiste più”.39 La situazione è vista con particolare apprensione anche perché
nell’area del basso ferrarese la pesca (non solo dell’anguilla ma anche delle altre
tipologie di prodotti tipici che si trovano in laguna, a partire dalla “Vongola di
Goro”) ha sempre costituito la principale fonte di occupazione, con punte di
impiego nel settore che arrivano al 50% della popolazione attiva.40
Ecco perché in tal senso un marchio di tutela IGP si fa portavoce di una storia
millenaria che ha dato lustro e vanto al comune e che merita di essere valorizzata
in termini di “distretto” per la sua unicità in Italia.
Concludiamo con una citazione di Alfredo Panzini, scrittore e poeta romagnolo,
che così rispose alla domanda posta da un giornalista se mai si fosse recato a
Comacchio: “il paese delle anguille? Dove non si mangia che anguilla: minestra di
36
Ciò si connette anche a un altro importante evento che sfocia con il provvedimento di istituzione del "Parco regionale
del delta del Po" (legge regionale 2 luglio 1988, n. 27).
Idem.
37
Per quanto riguarda l’allevamento intensivo dell’anguilla, esso fu continuato solamente nel modulo di più recente
costruzione, composto da 25 vasche in terra con prevasca in cemento della superficie di 2.400 mq ciascuna per un’area
utile totale pari a 6 ettari.
38
“Comacchio e l’anguilla una storia millenaria”, tratto da “La Pianura”, dicembre 2000, n. 3.
39
“Comacchio e Goro puntando sui Fondi U.E. “Pesca”, articolo pubblicato sulla rivista “La Pianura” n. 3, 1997.
Il calo della produttività ha comportato che i maggiori stabilimenti di marinatura si trasferissero al di fuori della
provincia di Ferrara nella provincia di Ravenna e nel rovigiano (in Veneto) che provvedono a trasformare circa 70-80
quintali di anguille.
“Comacchio e l’anguilla una storia millenaria”, dicembre 2000, n. 3.
40
“Comacchio e Goro puntano sui Fondi U.E. “Pesca”, tratto dal bimestrale “La Laguna”, n.3, 1997.
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anguilla, lesso di anguilla, frutta di anguilla, dove l’aria e l’acqua hanno odore di
anguilla? No, non ci sono mai stato”.41
L’anguilla in cucina da ieri a oggi
L'anguilla è stata e resta la regina delle specialità tipiche comacchiesi. Si può
gustare in innumerevoli modi, soprattutto durante le festività natalizie.
Oggi, nella provincia, sono stati codificati ben 48 differenti piatti di anguilla,
tenendo conto anche delle soluzioni altamente ricercate, come le braciolette
d'anguilla in agro-dolce, specialità fra le più raffinate. L’anguilla alla griglia resta
comunque, dall’epoca Estense, il re dei piatti e viene accompagnato solitamente
dall'aspretto vino DOC del Bosco Eliceo, anch'esso tipico dei terreni sabbiosi
deltizi.
Fra le ricette principali e più antiche con l’anguilla nel Ferrarese, l’anguilla alla
comacchiese è la più rappresentativa.
Un’altra delle ricette tipiche della zona sono le bracioline d’anguilla, la più antica
delle ricette con l’anguilla a Comacchio. La tradizione vuole che le anguille cotte
allo spiedo siano poste in recipienti di legno, detti zangolini, insieme alla
salamoia. Il segreto sta nella brace (prevalentemente legno di quercia e leccio) e
nella
materia
prima:
l'anguilla
selvatica
di
valle.
Importante
anche
la
composizione della salamoia: la ricetta classica prevede l'amalgama, in ogni litro
di aceto, di circa 70 grammi di sale ed un bicchiere d'acqua; importante che il
sale risulti completamente sciolto. Infine si aggiunge una foglia di alloro. La
raccomandazione dei "vecchi" preparatori è quella di non salare il pesce in fase di
cottura.
Altre ricette locali con l’anguilla, alcune delle quali meno antiche, ma certamente
degne di nota sono: il risotto all’anguilla; l’anguilla con verza; l’anguilla marinata;
l’anguilla aperta ai ferri; il brodetto d'anguilla 'a bec d'asan' (a becco d'asino) e
molte altre, fino a raggiungere, con le sfumature, il numero appunto, di 48.
Per quanto riguarda l’anguilla marinata in particolare, va specificato che le
anguille che arrivano vive sul mercato, a Comacchio, possono essere consumate
fresche seguendo le innumerevoli ricette tradizionali, ma, data la concentrazione
della stagione di pesca in un periodo molto limitato (prevalentemente a novembre
41
L. Boccaccini – F. Luciano, “Comacchio a tavola”, Editoriale Olimpia, Firenze 1997.
Relazione storica Anguilla Valli di Comacchio rev_0.doc
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e dicembre), è tradizione marinarle in aceto per conservarle più a lungo,
tradizione come già abbiamo visto presente nella valle fin dall’Ottocento.
Dopo anni si è intrapresa un'opera di restauro dell'antica azienda "Valli Comunali
di Comacchio" e, presto, i locali saranno di nuovo utilizzati per la lavorazione del
prodotto secondo la più autentica tecnica tradizionale. Il "Presidio dell'anguilla
marinata di Comacchio" è un progetto a lungo termine, che coinvolgendo i
vallicoltori e gli imprenditori locali, mira alla ricostruzione di una filiera
totalmente tradizionale della marinatura dell'anguilla42
42
Comunicato stampa, Parco del Delta del Po Emilia – Romagna, Un frammento di storia in tavola: l'anguilla marinata
tradizionale di Comacchio, al Salone del Gusto di Torino, 24-28 ottobre 2002, padiglione 3.
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- “Valli di Comacchio: solo un museo in più da visitare?”, 2-1996
- “Comacchio e Goro puntano sui Fondi U.E. Pesca”, 3-1997
- “Comacchio e l’anguilla, una storia millenaria”, 3-98
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“Rivista di Ferrara”, rivista del Comune di Ferrara:
- “Le Valli di Comacchio. Viaggio nel paese dell’acqua”, aprile 1933
- “Vita e miracoli dell’anguilla”, marzo 1934.
“La laguna”, bimestrale per lo sviluppo delle zone umide:
- “Un territorio al naturale”, 3-1998
“Verde Oggi”:
- “Nel Parco delle Anguille”, dicembre 2001
“Gente Viaggi”:
- “Piccolo Mondo intatto”, 7-1979
“Beni culturali e ambiente”:
- “Il complesso delle anguille”.
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