Ricerche - Infanzia e Adolescenza

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Ricerche - Infanzia e Adolescenza
infanzia
e
adolescenza
Ricerche
Vol. 7, n. 3, 2008
Qualità della relazione affettiva madre-bambino
e abilità di gioco in bambini con Sindrome di Down
SIMONA DE FALCO, MANUELA CIMMINO, FLORIANA LA FEMINA, PAOLA VENUTI
Dipartimento di Scienze della Cognizione e della Formazione, Università di Trento
RIASSUNTO: Obiettivo: Scopo di questo lavoro è studiare la relazione tra l’interazione madre-bambino
e la capacità di gioco esplorativo e simbolico del bambino con sindrome di Down. Metodo: Lo studio ha
coinvolto 28 bambini con sindrome di Down di età compresa tra 18 e 50 mesi. Sono state videoregistrate
due sessioni semistrutturate di gioco del bambino da solo e con la madre. Sono stati utilizzati due strumenti osservativi: 1) alle due sessioni di gioco è stato applicato un codice che consente di rilevare la frequenza
e la durata di comportamenti riconducibili a diversi livelli di sofisticazione del gioco; 2) alla sessione di gioco madre-bambino sono state applicate le Emotional Availability Scales (EAS; Biringen, Robinson, Emde,
1998), che forniscono una valutazione globale della qualità emotiva di un’interazione diadica, operazzionalizzandola in 6 scale. Risultati: Sono emerse delle correlazioni significative tra la disponibilità emotiva diadica e la proporzione di gioco simbolico del bambino. Inoltre, i bambini con madri particolarmente sensibili hanno mostrato una porporzione di gioco simbolico significativamente maggiore rispetto ai bambini con
madri moderatamente sensibili. Infine, l’effetto positivo della presenza materna sul livello di gioco del bambino è stato riscontrato esclusivamente in bamini con madri particolamente sensibili. Conclusioni: I risultati ottenuti mettono in luce che la sintonia affettiva della diade madre-bambino e la sensibilità materna fanno dell’interazione un contesto in cui il bambino con sindrome di Down può raggiungere il livello più alto
delle sue potenzialità. Si ribadisce quindi l’importanza di progettare interventi terapeutici focalizzati sia sugli specifici domini dello sviluppo psichico che sulla qualità della relazione madre-bambino con bisogni speciali.
PAROLE CHIAVE: Relazione madre-bambino, gioco, sindrome di Down.
ABSTRACT: Aim: The current study aimed to investigate the effect of mother-child interaction on child
play in Down syndrome (DS). Method: 28 children with Down syndrome (aged 18 to 50 months) and their
mothers participated to this study. The Emotional Availability Scales (EAS; Biringen, Robinson, Emde, 1998)
and a coding system of child exploratory and symbolic play episodes were used. Results: Maternal participation to child play determined an increase of the child play quantity. A positive association was found between EAS ratings and the child play quality. Furthermore children of highly sensitive mothers showed more
sophisticated play level than children whose mothers showed lower level of sensitivity. Conclusion: Dyadic
emotional availability contributes to render parent-child interaction the most effective context for child cognitive acquisition and should therefore be targeted by early interventions for children with Down syndrome
or other special needs.
KEY WORDS: Mother-child relationship, play, Down syndrome.
■ Introduzione
Lo sviluppo psichico dei bambini con ritardo mentale, come quello dei bambini con sviluppo tipico, è
notevolmente influenzato dalla qualità dell’interazione
con il genitore (Brinker, Seifer, Sameroff, 1994, Green-
span, 1997). Infatti lo sviluppo dipende, oltre che dalla gravità della condizione patologica, dal tipo di interazione che i genitori riescono ad instaurare con il
bambino, interazione necessaria per fornire l’incoraggiamento e la stimolazione adeguata a fronteggiare i
deficit imposti della patologia (Hodapp, 2002; Pino,
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S. De Falco et al: Qualità della relazione affettiva madre-bambino e abilità di gioco in bambini con Sindrome di Down
2000; Van Egeren, Barratt, Roach, 2001; Venuti, 2007).
In questo lavoro, vogliamo indagare l’interconnessione tra un aspetto specifico della relazione madre-bambino – la disponibilità emotiva diadica – ed un particolare ambito dello sviluppo cognitivo – le abilità di
gioco – in bambini con ritardo mentale.
In particolare ci soffermiamo sui bambini affetti dalla causa più frequente di ritardo mentale, la sindrome
di Down, che rappresentano il gruppo di individui
con ritardo mentale più ampiamente studiato in psicologia dello sviluppo, data l’omogeneità dell’eziologia
genetica e la possibilità di identificare ed accertare la
diagnosi già alla nascita (Beeghly, 1998; Beeghly,
Weiss-Perry, Cicchetti, 1989). L’ipotesi di fondo è che
nell’interazione di gioco vi sia un’interconnessione tra
il piano affettivo della relazione e quello cognitivo
delle abilità rappresentative e simboliche maturate dal
bambino stesso (Fiese, 1990; Bornstein, O’Reilly, 1993;
Venuti, 2007; Vygotskij, 1978)
Nella letteratura sullo sviluppo tipico, l’influenza
materna sulle abilità di gioco del bambino è una tematica ampiamente studiata (Bornstein, Haynes, O’Reilly, Painter, 1996; Bornstein, Venuti, Hahn, 2002; Bruner, 1975; Fiese 1990; Howes, Uneger, Matheson,
1992; Noll, Harding, 2003). Gli studi condotti hanno
concordemente dimostrato che la partecipazione della madre determina un incremento della quantità e del
livello di gioco del bambino (Bornstein, 2002; Venuti,
Mazzeschi, Rossi, Superchi, 1997b; Venuti, Rossi, Spagnoletti, Famulare, Bornstein 1997b) supportando ampiamente la prospettiva teorica di origine vygotskiana
(Vygotskij, 1978; Werner, Kaplan, 1963) secondo la
quale l’interazione tra madre e figlio costituisce la matrice sociale entro cui il bambino sviluppa la capacità
simbolica ed acquisisce o amplia le altre abilità cognitive. Rivisitando la prospettiva classica, studiosi successivi, all’interno di una cornice interattivo-cognitivista,
hanno messo in luce diversi meccanismi alla base dell’influenza materna sullo sviluppo delle capacità di
gioco (Bornstein et al., 1996; Fiese, 1990; Howes et al.,
1992; Noll, Harding, 2003; Venuti et al., 1997a,b). Da
una parte, vi è la capacità della madre di calibrare il
tipo di stimolazione in base ai bisogni specifici del
bambino (Bornstein, Venuti, Hahn, 2002), e dall’altra,
la sua capacità di rispondere ai segnali del bambino
creando un contesto relazionale di scambi affettivi positivi (Brazelton, 1988).
Sebbene in numero ridotto, anche per i bambini
con sviluppo atipico sono presenti in letteratura riscontri empirici di un effetto positivo della partecipazione materna sul gioco del bambino (Cielinski, Vau-
ghn, Seifer, Contreras, 1995; Marcheschi, Millepiedi,
Bargagna, 1990). La maggior parte degli studi si è
però focalizzata su alcuni aspetti circoscritti delle modalità interattive caratteristiche delle madri di bambini con sindrome di Down, con particolare riferimento all’atteggiamento fortemente direttivo che è stato
concordemente riscontrato in queste madri (Cielinski
et al., 1995; Beeghly et al., 1989). A questo proposito, l’origine, il significato e la funzione di tale atteggiamento direttivo sono stati spesso al centro di un dibattito interpretativo che ha dato luogo sostanzialmente ad una visione dicotomica (Marfo, 1990; Marfo,
Cynthia, Dedrick, Barbour, 1998; Roach, Stevenson,
Barratt, Miller, Leavitt, 1998). Secondo alcuni autori, il
riscontro delle effettive difficoltà mostrate dal bambino indurrebbero la madre a considerare quello didattico l’approccio più appropriato all’interazione, dando luogo così ad uno stile direttivo che, qualora non
esasperato, si tradurrebbe in un atteggiamento efficace ed adattivo (Cieliesky et al., 1995, Marfo, 1990,
Crawley, Spiker, 1983). Secondo altri autori, il vissuto di disillusione e preoccupazione connesso alla nascita di un figlio “disabile”, insieme con le effettive
difficoltà ad interagire con un bambino con caratteristiche deficitarie, sarebbero alla base di un atteggiamento direttivo connotato da aspetti negativi quali intrusività e, in definitiva, scarsa sensibilità (Berger,
Cunninghman, 1983).
Tale dibattito, se si evita il rischio di un’adesione
semplicistica e riduttiva ad una sola delle due interpretazioni contrapposte, mette il luce la natura complessa dell’interazione madre-bambino con sindrome
di Down e la necessità di un approccio al suo studio
quanto più globale e completo è possibile che tenga
conto dei contributi di entrambi i membri della diade alla qualità della relazione affettiva. Tuttavia, sono pochi in letteratura gli studi che mettono in relazione l’interazione madre-bambino, in termini di qualità emotiva globale, e il livello di gioco del bambino
con sindrome di Down (Marcheschi et al., 1990) e i
risultati di tali studi confermano un’associazione positiva tra qualità dell’interazione diadica e le abilità di
gioco.
In questo studio intendiamo utilizzare la disponibilità emotiva (Biringen, 2000) come indicatore della
qualità globale della relazione affettiva madre-bambino con sindrome di Down e come possibile correlato
del livello di sofisticazione del gioco del bambino.
Recenti studi suggeriscono che la disponibilità emotiva reciproca possa essere considerata un parametro
globale per descrivere e valutare la qualità generale
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Infanzia e adolescenza, 7, 3, 2008
della relazione affettiva genitore-figlio (Aviezer, Sagi,
Joels, Ziv, 1999; Biringen e Robinson, 1991; Bretherton, 2000). Aspetto centrale per un sano sviluppo e
adattamento socioemozionale (Bornstein, Gini, Leach,
Haynes, Painter, Suwalsky, 2006; Bornstein, Gini,
Suwalsky, Leach, Haynes, 2005), la disponibilità emotiva può essere definita come un costrutto relazionale
che si riferisce alla qualità degli scambi emozionali tra
i genitori ed il loro figli. Si focalizza sia sulla accessibilità reciproca sia sulla capacità di leggere e rispondere appropriatamente ai segnali comunicativi altrui,
mostrando una tonalità affettiva adeguata (Biringen e
Robinson, 1991). Essendo un costrutto di natura diadica, racchiude sia diversi aspetti del comportamento
del genitore (sensibilità, capacità di strutturare l’ambiente, assenza di intrusività ed ostilità) che la capacità
del bambino di rispondere alle proposte del genitore
e di coinvolgerlo nelle sue attività. La disponibilità
emotiva, rappresenta una cornice teorica che integra
la teoria dell’attaccamento (Ainsworth, Blehar, Waters,
Wall, 1978) con la prospettiva di Emde (1980) sul ruolo delle emozioni nell’interazione. Pur avendo una
forte componente psicodinamica, questo costrutto
condivide con l’approccio interattivo-cognitivista l’attenzione alla comprensione e all’espressione delle
emozioni quali “barometri” del funzionamento della
diade (Biringen, 2000).
Strumento elettivo per la valutazione della disponibilità emotiva diadica sono le Emotional Availability
Scales, (EAS; Biringen, Robinson, Emde, 1998), sviluppate al fine di valutare attraverso l’osservazione le interazioni caregiver-bambino. Le EAS sono composte di
6 scale relative a 4 dimensioni della disponibilità emotiva del genitore (Sensitivity, Structuring, Nonintrusiveness, Nonhostility) e 2 scale che valutano aspetti
della disponibilità emotiva del bambino (Resposiveness, Involving) (una descrizione delle scale è fornita
nel paragrafo relativo alla procedura). Numerose ricerche che hanno utilizzato le EAS hanno evidenziato che
alcuni fattori della disponibilità emotiva correlano con
la qualità dell’attaccamento (Easterbrooks e Biringen:
2000, 2005) e con altri aspetti della relazione genitore-figlio (Biringen, 2000; Kogan e Carter, 1996; Robinson, Little, Biringen, 1993; Zimmerman e McDonald,
1995). Inoltre, altri studi hanno individuato un’associazione tra la disponibilità emotiva diadica e diversi
aspetti dello sviluppo psichico e dell’adattamento del
bambino, quali il linguaggio ed il ritmo sonno-veglia
(Pressman, Pipp-Siegel, Yoshinaga-Itano, Deas, 1999;
Sagi, Tirosh, Ziv, Guttman, Lavie, 1998). Questi presupposti, basati prevalentemente su studi condotti nel-
l’ambito dello sviluppo tipico, lasciano inoltre intravedere l’appropriatezza della valutazione della disponibilità emotiva anche in ambito clinico (Biringen, Fidler, Barrett, Kubicek, 2005). A tal proposito, gli autori
hanno recentemente fornito delle linee guida per l’utilizzo delle scale con bambini affetti da diverse forme
di disabilità, compresa la sindrome di Down (Biringen
et al., 2005).
Se gli studi che hanno utilizzato le Emotional Availability Scales su bambini con sviluppo tipico sono
sempre più numerosi nella recente letteratura (Biringen, 2002; Biringen, Matheny, Bretherton, Renouf,
Sherman, 2000; Biringen, Damon, Grigg, Mone, PippSiegel, Skillern, Stratton, 2005), sono molto rari quelli condotti su bambini con sviluppo atipico (Venuti,
de Falco, Giusti, Bornstein, in corso di stampa; Wiefel, Wollenweber, Oepen, Lenz, Lehmkuhl, 2005). La
necessità di estendere ai bambini con bisogni speciali gli studi sulla disponibilità emotiva è stata recentemente sottolineata dagli stessi autori delle scale (Biringen et al., 2005), poiché la natura diadica dello strumento sembrerebbe poter fornire un quadro globale
degli scambi interattivi anche in queste coppie genitore-bambino con caratteristiche speciali. Essendo le
relazioni tra genitori e figli il risultato di uno scambio
reciproco, si può ipotizzare che i caratteri intrinseci
della patologia possano dare luogo a modalità interattive diverse da quelle dei soggetti con sviluppo tipico, modalità che a loro volta possono influenzare la
disponibilità emotiva del genitore, come messo in
evidenza da studi condotti su aspetti della relazione
madre-bambino che sono concettualmente vicini al
costrutto della disponibilità emotiva. Ad esempio, alcune ricerche hanno dimostrato che i bambini con
sindrome di Down sono meno responsivi e comunicativi rispetto ai bambini con sviluppo tipico (Slonims e McConachie, 2006); inoltre è stato riscontrato
che questi bambini iniziano poche attività ludiche basate su scambi sociali e sul turn-taking (Richard,
1986; Beeghley et al., 1989; Mundy, Sigman, Kasari,
Yirmiya, 1988; Landry, Chapieski, 1990; Cielinski et
al., 1995). Quindi lo stile interattivo genitoriale potrebbe essere influenzato dalla mancanza di responsività del bambino (Berger, 1991), così come dalle
aspettative deluse e dalle difficoltà ad accettare e ad
adattarsi ad un bambino con una simile patologia
(Hodapp, 2002), dando luogo all’atteggiamento direttivo ed intrusivo spesso riscontrato. D’altra parte,
altri studiosi hanno evidenziato come nell’analizzare
l’interazione tra madre e figlio con sindrome di Down
non sia emersa alcuna differenza rispetto ai bambini
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S. De Falco et al: Qualità della relazione affettiva madre-bambino e abilità di gioco in bambini con Sindrome di Down
con sviluppo tipico per quanto riguarda la sensibilità
della madre e l’armonia della diade (Beeghley et al.,
1989; Crawlay e Spiker, 1983).
Noi riteniamo che le EAS possano rappresentare lo
strumento adatto per analizzare in un’ottica globale le
diverse componenti delle qualità affettiva della relazione madre-bambino con sindrome di Down. Inoltre,
ipotizziamo di individuare un’interconnessione tra la
disponibilità emotiva materna e le abilità di gioco, a
partire dalla prospettiva teorica che conferisce valore
cruciale alla disponibilità emotiva diadica per l’ottimale sviluppo del bambino (Biringen, 2000; Venuti et
al., in corso di stampa; Venuti, 2007; Biringen et al.,
2005), e a partire dagli studi sui bambini con sviluppo tipico, relativi all’influenza materna sullo sviluppo
delle abilità gioco (Fiese, 1990; Bornstein e O’Reilly,
1993).
Il gioco del bambino rappresenta un campo di
studio d’elezione in psicologia ed in psicopatologia
dello sviluppo in quanto esso può essere considerato un indicatore affidabile del livello di sviluppo cognitivo del bambino (McCune-Nicolich, 1981; Bornstein e O’Reilly, 1993) ed al tempo stesso rappresenta un contesto di valutazione ecologicamente valido,
spontaneo e poco stressante (Fewell e Glick, 1993;
Fewell, Ongura, Notai-Syverson, 1997). Diversi studi
condotti su bambini con ritardo mentale hanno confermato che la progressione nell’acquisizione del gioco ha una forte componente di carattere maturazionale (Belsky, Goode, Most, 1980; Bretherton, O’Connell, Shore, Bates, 1984; Bornstein e O’Reilly, 1993)
e che, sia per quanto riguarda la competenza esploratoria che per quella rappresentazionale, sono assai
simili a quelle dei bambini normali aventi la stessa
età mentale (Ruskin, Mundy, Kasari, Sigman, 1994).
In particolare, studi condotti su bambini con sindrome di Down hanno messo in luce che essi seguono
la medesima traiettoria di acquisizione delle abilità di
gioco che caratterizza lo sviluppo tipico (Beeghly e
Cicchetti, 1987; Mundy, Sigman, Ungcrer, Sherman,
1987; Cunningham, Glenn, Wilkinson, Sloper, 1985;
Hill e McCune-Nicolich, 1981; Cielinski et al., 1995),
sebbene le capacità simboliche emergano in ritardo.
Inoltre, nei soggetti affetti da questa patologia, le capacità esploratorie appaiono limitate. Infatti questi
bambini spendono più tempo nella visione di un oggetto piuttosto che nella sua manipolazione e generalmente giocano di meno con gli oggetti se confrontati con bambini della stessa età mentale con sviluppo tipico o con differenti patologie (Ruskin, et. al,
1992).
■ Metodo
Scopo
In questo lavoro vogliamo verificare se e in che modo la qualità dell’interazione con la madre possa influenzare il gioco esplorativo e simbolico del bambino con sindrome di Down ponendo particolare attenzione sulle diverse componenti della disponibilità
emotiva diadica. In particolare, si intende verificare
l’effetto della presenza della madre sul gioco del bambino e le specifiche associazioni tra le dimensioni di
sensibilità, capacità di strutturazione dell’ambiente, assenza di intrusività e di ostilità mostrate dalla madre,
e le capacità di gioco simbolico del bambino in interazione con la madre stessa.
Campione
La ricerca è stata svolta su un campione di 28 diadi madre-bambino con sindrome di Down di età compresa tra i 18 ed i 50 mesi (media = 35.6, d.s. = 9.9). I
bambini, 19 maschi e 9 femmine, sono stati selezionati nell’area metropolitana di Napoli. L’età delle madri
era compresa tra i 24 ed i 48 anni (media 35.6, d.s. =
5.9) e lo status socio-economico della famiglia (SES),
calcolato con il Four Factor Index of Social Status
(Hollingshead, 1975), presentava una media di 29
(d.s.= 10.8), corrispondente ad un livello medio-basso. I criteri di selezione del campione prevedevano
che l’età del bambino fosse compresa tra il secondo
ed il quarto anno e la presenza certificata di un quadro di Trisomia 21. Il campione così ottenuto presenta un ampio range di età della diade e non è bilanciato per il sesso del bambino ma non si discosta da numerosi altri studi condotti sulla stessa popolazione
clinica (Cielinski et al., 1995; Fewell, Ongura, Notai-Syverson, 1997; Libby, Powell, Messer, Jordan, 1997). Si
è comunque proceduto, ove opportuno, a suddividere il campione in sottogruppi in base all’età del bambino (vedi la sezione Risultati preliminari).
Procedura
I dati sono stati raccolti a partire dalle videoregistrazioni di 2 sedute di gioco della durata di 10 minuti ciascuna. L’osservazione è avvenuta in una stanza familiare ai partecipanti. È stato utilizzato un set standard
di giocattoli per bambini di età prescolare (Caldera,
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Tabella 1 – Informazioni demografiche.
N
Campione totale
Bambini < 36 m.
Bambini > 36 m.
28
14
14
Età del bambino
(mesi)
Età della madre
(anni)
SES
M
DS
M
DS
M
DS
35.6
28.1
44.2
9.9
6.1
3.3
35.6
35.6
35.6
5.9
5.8
6.2
29
28.3
29.6
10.8
11
11
Huston, O’Brien, 1989), comprendente oggetti che favoriscono un’ampia gamma di comportamenti di gioco variabili dalla semplice esplorazione al più elevato
livello di simbolizzazione (Bornstein et al., 1996; Bornstein e O’Reilly, 1993; Tamis-LeMonda e Bornstein,
1996): palla, botticelle ad incastro, telefono, trenino,
set per il tè, bambola e copertina. Durante la prima
sessione al bambino veniva presentato il set di giocattoli e gli veniva consentito di giocare per 10 minuti.
Successivamente alla madre veniva chiesto di unirsi al
bambino e giocare con lui nel modo abituale, senza
curarsi della presenza dell’osservatore.
Le codifiche del livello di gioco del bambino e della disponibilità emotiva della diade sono state effettuate su tali videoregistrazioni da osservatori indipendenti.
Codifica del gioco: entrambe le sessioni di gioco del
bambino, da solo e con la madre, sono state analizzate con un sistema di codifica costituito da 9 categorie
esaustive e mutuamente escludentesi (Bornstein et al.,
1996; Bornstein e O’Reilly, 1993; Tamis-Le Monda e
Bornstein, 1996; Vibbert e Bornstein, 1989). 1) Attività
Unitaria Funzionale: azione del bambino che produce un unico effetto su un singolo oggetto (es.: lanciare la palla). 2) Attività Combinatorie Inappropriate: giustapposizione inappropriata o combinazione
non funzionale di due o più oggetti (es.: porre un piattino sulla teiera). 3) Attività Combinatorie Appropriate: giustapposizioni appropriate di due o più oggetti (es.: porre il coperchio sulla teiera). 4) Gioco
Transizionale: approssimazione di simbolizzazione
ma senza una evidenza che lo confermi (es.: portare
il telefono all’orecchio senza una chiara vocalizzazione). 5) Simbolizzazione auto-diretta: gioco di finzione diretto verso se stessi (es.: bere dalla tazzina vuota). 6) Simbolizzazione diretta ad altri: gioco di finzione diretto verso la bambola o verso un’altra
persona (es.: dare da bere alla bambola). 7) Sequenze di Simbolizzazione: insieme di due o più attività
di simbolizzazione auto-diretta o diretta agli altri (es.:
parlare al telefono e poi far parlare la bambola). 8)
Simbolizzazione Sostitutiva: uso di un oggetto al
posto di un altro e attribuzione all’oggetto di una funzione nuova, diversa da quella per cui è stato conosciuto ed usato (es.: far finta che il piattino sia un cappello o che il cucchiaio sia uno spazzolino da denti).
9) Assenza: si usa questo codice quando non se ne
può applicare nessuno degli altri. Tale sistema di codifica è stato applicato in modo continuo analizzando
gli episodi di gioco. Ogni episodio di gioco viene codificato annotando il tempo di inizio e di fine con intervallo minimo di un secondo. In questo modo si ottengono misure di frequenza e di durata delle singole categorie. Successivamente le prime quattro
categorie sono sommate nella macrocategoria gioco
esplorativo e le categorie da 5 a 8 sono sommate nella macrocategoria gioco simbolico.
Il codice è stato applicato ad entrambe le sessioni
di gioco e sono stati calcolati i seguenti indici: frequenze assolute e proporzionali (rispetto alle frequenze totali degli episodi) di gioco esplorativo; durate assolute e proporzionali di gioco esplorativo; frequenze
assolute e proporzionali di gioco simbolico; durate assolute e proporzionali di gioco simbolico.
La codifica è stata effettuata da due osservatori indipendenti precedentemente addestrati ed affidabili a
seguito di un training specifico. L’accordo tra osservatori effettuato sul 20% delle codifiche e calcolato con
il kappa di Cohen (1960) è stato di .81 e .78 rispettivamente per il gioco esplorativo e simbolico.
Codifica della disponibilità emotiva: per misurare la
disponbilità emotiva sono state applicate alle videoregistrazione delle sessioni di gioco del bambino in interazione con la madre le Emotional Availability Scales:
Infancy to Early Childhood Version – EAS (Biringen et
al., 1998). Le EAS consentono di valutare in termini oggettivi attraverso l’osservazione di una diade la disponibilità emotiva operazionalizzata in 6 differenti scale.
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S. De Falco et al: Qualità della relazione affettiva madre-bambino e abilità di gioco in bambini con Sindrome di Down
Le scale sono incentrate sul concetto di disponibilità
emotiva (Biringen, 2000) definita come un costrutto
diadico che si riferisce alla qualità degli scambi emozionali tra due partner. Tale strumento è stato ampiamente utilizzato in letteratura come misura della qualità
complessiva della relazione affettiva. La solida base
teorica, il training specifico per raggiungere l’affidabilità con gli autori della scala e la ricchezza del manuale di applicazione rendono le EAS uno strumento valido per la codifica osservativa delle interazioni madrebambino (Easterbrooks e Biringen, 2005). La validità di
costrutto dello strumento è stata ampiamente dimostrata sulla base dell’associazione sia concorrente che
predittiva con diverse misure dell’attaccamento (Easterbrooks e Biringen: 2000, 2005). Inoltre la stabilità dei
punteggi alle EAS ottenuta in tempi e contesti diversi è
stata recentemente esaminata (Bornstein, Gini, Suwalsky, Haynes, Painter, 2004). In contrasto con gli approcci che tengono in considerazione i singoli comportamenti separatamente rilevati, l’uso della EAS fornisce
un giudizio globale e olistico, attraverso il quale l’osservatore usa segnali provenienti dal contesto interattivo
nel suo complesso per dedurre l’adeguatezza dei comportamenti all’interno della specifica interazione. Segue
un breve estratto della descrizione delle 4 scale materne e delle 2 scale relative al bambino.
Sensitivity (punteggio: 1-9): capacità d porsi in
sintonia con il bambino e di rispondere ai suoi segnali emotivi con un affetto positivo adeguato.
Structuring (punteggio: 1-5): capacità di strutturare la relazione in modo comprensibile per il bambino e di rendere il mondo “fruibile” al bambino in modo da favorirne l’esplorazione.
Nonintrusiveness (punteggio: 1-5): capacità di
lasciarsi guidare dal bambino senza limitare i suoi tentativi di esplorazione e la sua autonomia.
Nonhostility (punteggio: 1-5): capacità di non
esprimere rifiuto nei confronti del bambino né attraverso ostilità nascosta (insofferenza, noia, ecc.) né attraverso aggressività manifesta.
Responsiveness (punteggio: 1-7): la propensione del bambino a rispondere ai comportamenti della
madre associata ad una qualità positiva dell’affetto
che accompagna l’interazione.
Involving (punteggio: 1-6): l’abilità del bambino
di invitare e coinvolgere il genitore nel gioco. Le iniziative e i coinvolgimenti devono essere equilibrati rispetto alla sua necessaria autonomia nel gioco (“comportamento di base sicura”).
Le EAS sono state applicate da due osservatori indipendenti, precedentemente addestrati al fine di ot-
tenere una soddisfacente affidabilità inter-osservatori
con uno degli autori della scala (Biringen, 2005). L’affidabilità è stata calcolata attraverso il metodo del Intraclass Correlation Coefficients (ICC; McGraw e
Wong, 1996) sul 20% delle codifiche ed ha mostrato
per le diverse scale valori compresi tra .85 e .93.
■ Risultati
Dopo alcune analisi preliminari, abbiamo considerato il livello di gioco del bambino nelle due situazioni (gioco da solo e gioco con madre) e, successivamente, i punteggi alle Emotional Availability Scales
(EAS). Sono state poi valutate le associazioni tra il
gioco e le EAS. Infine, individuato un sottogruppo di
bambini le cui madri mostravano un livello particolarmente alto di Sensitivity, si è provveduto a confrontarne il gioco nelle due situazioni rispetto ai restanti
bambini del campione.
Analisi preliminari
Durante l’applicazione della procedura di raccolta
dati per 4 soggetti del campione non è stato possibile ottenere sessioni complete di gioco della durata di
10 minuti. La durata media di tali sessioni incomplete
è di 8.8 minuti (ad eccezione di una sessione della durata di 2 minuti che è stata esclusa dalle analisi) ed abbiamo pertanto deciso di non escluderle dal campione, proporzionandole a 10 minuti. Abbiamo inoltre incluso nelle analisi anche i dati relativi alle frequenze
ed alle durate proporzionali (vedi procedure) del gioco simbolico che non risentono della leggera differenza di lunghezza delle sessioni osservative e che costituiscono un indice del livello di sofisticazione del gioco di ciascun bambino. Le misure del gioco,
separatamente calcolate nelle due sessione (bambino
da solo e bambino con madre) ed i punteggi alle scale dell’EAS costituiscono le variabili dipendenti del
nostro studio. L’età della mamma, l’età del bambino,
il livello socioeconomico (SES) ed il sesso del bambino sono state individuate come variabili che differenziano il nostro campione e abbiamo pertanto verificato la presenza di associazioni significative con il gioco del bambino e con le scale dell’EAS attraverso
un’analisi delle correlazioni o con l’analisi della varianza (dove appropriato). Nessuna associazione significativa è emersa rispetto alle variabili SES e sesso del
bambino che pertanto non saranno considerate in se-
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guito come variabili indipendenti o covariate. L’età
della madre è risultata correlata con alcune delle misure di gioco (frequenza proporzionale del gioco simbolico del bambino da solo: r = .61, p = .002; durata
proporzionale del gioco simbolico del bambino da
solo: r = .58, p = .003) e con la scala della Nonhostility (r = -.51, p = .005) dell’EAS. L’età del bambino
ugualmente è risultata correlata con alcune misure di
gioco (frequenza assoluta del gioco esplorativo con
madre: r = -.45, p = .01; frequenza proporzionale del
gioco simbolico del bambino con madre: r = .44, p =
.02); pertanto nelle successive analisi dei dati ove opportuno abbiamo deciso di prendere in considerazione l’età della madre e del bambino come variabili indipendenti o come coviariate.
In base all’età i bambini sono stati quindi differenziati in due gruppi (utilizzando la mediana come cut
off): un gruppo di 14 bambini di età inferiore o uguale a 36 mesi (media = 28.1 mesi; ds = 7.1) ed uno di
14 bambini di età superiore ai 36 mesi (media = 44.2
mesi; ds = 3.4); i due gruppi non differivano significativamente per l’età della madre o il SES (tabella 1).
Analisi del gioco
Abbiamo considerato le due situazioni di gioco codificate: bambino da solo e bambino con madre, descrivendo dapprima le durate complessive e successivamente le durate e le frequenze differenziate per tipo di gioco (esplorative e simbolico) nell’intero
campione. Le due situazioni sono state confrontate
utilizzando dei t test per campioni appaiati. In seguito, abbiamo confrontato le frequenze e le durate di
gioco simbolico dei bambini suddivisi in sottogruppi
in base all’età.
Analizzando complessivamente i tempi di gioco del
bambino nelle due situazione osserviamo che si è prevalentemente impegnato in attività non codificabili
come gioco né esplorativo né simbolico. Infatti, su 10
minuti di osservazione, il tempo trascorso a giocare è
stato mediamente di 105 sec (d.s. = 94.2) nella sessione di gioco da solo e di 134.5 sec (d.s. = 77) nella sessione di gioco con la madre. Alla presenza della madre dunque i tempi di gioco sono leggermente maggiori ma l’aumento non è statisticamente significativo
(t(25) = 1.60, ns).
Nella situazione di gioco da solo, i bambini non si
soffermano su un tipo di gioco in particolare (frequenza proporzionale media del gioco simbolico di
.47). Infatti hanno una frequenza media di 4.2 azioni
di gioco esplorativo e di 3.7 azioni di gioco simbolico. Similmente, le durate sono equamente distribuite
(frequenza proporzionale media del gioco simbolico
di .54), con 43.7 secondi per il gioco esplorativo e 62.9
per il gioco simbolico (tabella 2). Nella situazione di
gioco con la madre c’è un aumento delle frequenze
assolute di gioco esplorativo che passano a 6.5 azioni
(t(25) = 2.12, p = .04) ma non delle azioni di gioco simbolico (media = 4.1). Si abbassa di conseguenza la frequenza proporzionale del gioco simbolico (media =
.40) anche se non in modo significativo. Le durate dei
due tipi di gioco rimangono comunque equamente distribuite (durata proporzionale del gioco simbolico =
.50) con un aumento, non significativo, dei tempi sia
per il gioco esplorativo (media = 63 sec.) che per il
gioco simbolico (media = 75.5 sec.) (tabella 2).
Considerando il gioco nei due sottogruppi di bambini di età diversa (tabella 3) si è resa evidente la pre-
Tabella 2 – Gioco del bambino da solo e con la madre in tutto il campione.
Bambino solo
Bambino con madre
t (gdl 25)
M
DS
M
DS
Gioco esplorativo
Frequenza assoluta
Durata (sec.) assoluta
4.2
43.7
5
54.2
6.5
62.9
4.1
51
2.12*
1.55
Gioco simbolico
Frequenza assoluta
Durata (sec.) assoluta
3.7
62.9
3.3
82.7
4.1
73.5
3.5
63.7
.14
.66
Frequenza proporz.
Durata proporz.
.47
.54
.39
.41
.40
.50
* p < .05
130
.26
.31
-1.32
-.10
S. De Falco et al: Qualità della relazione affettiva madre-bambino e abilità di gioco in bambini con Sindrome di Down
Tabella 3 – Gioco del bambino da solo e con la madre nel campione suddiviso in base all’età del bambino.
Bambino < 36 mesi
M
Bambino > 36 mesi
DS
M
F(gdl 1, 25)
DS
Gioco simbolico bambino solo
Frequenza proporz.
Durata proporz.
.41
.43
.4
.44
.55
.6
.37
.37
.79
1.11
Gioco simbolico bambino con madre
Frequenza proporz.
Durata proporz.
.30
.47
.26
.32
.51
.53
.22
.3
5.21*
.57
* p < .05
stazione più sofisticata dei bambini di età maggiore solo alla presenza della mamma, situazione in cui mostrano una maggiore frequenza proporzionale del gioco
simbolico (gruppo 1: media = .3, d.s. = .26; gruppo 2:
media = .51, d.s. = .22; F(1, 25) = 5.21, p = .031). Dunque i bambini più grandi hanno bisogno del supporto
materno per riuscire a produrre le attività di gioco più
sofisticate che il livello di maturazione consente loro.
“mancanza di Sensitivity” progressivamente più marcata. Nel nostro campione solo 7 madri hanno ottenuto un
punteggio “sufficientemente buono” ed una sola madre
ha ottenuto un punteggio di 3, mentre le 20 madri restanti si collocano su livelli “intermedi o incostanti”.
Per confrontare il punteggio alle EAS nei due gruppi di età del bambino è stata condotta un’analisi della varianza che non ha messo in luce alcuna differenza significativa.
Emotional Availability Scales
La tabella 4 mostra i punteggi medi ottenuti dal nostro campione alle EAS che per le scale materne della Sensitivity e dello Structuring e per le scale del
bambino relative alla Responsiveness e al Involving si
assestano, secondo il manuale, su un livello poco più
che intermedio, mentre i punteggi alle scale della Nonintrusiveness e della Nonhostility risultano più vicini
ad un livello ottimale. Se confrontati con i punteggi ottenuti in un altro studio condotto su un campione italiano di 70 diadi madre-bambino con sviluppo tipico
a 20 mesi, i punteggi medi ottenuti dal nostro campione sono più bassi di circa un punto per quanto riguarda la Sensitivity, lo Structuring, la Responsiveness e
l’Involving (Bornstein, Putnick, Heslington, Gini,
Suwalsky, Venuti, de Falco, Giusti, Zingman de Galperín, in preparazione).
Ci soffermiano ora più in dettaglio sulla principale
delle scale materne, la Sensitivity. Secondo il manuale
delle EAS, un livello appropriato (“sufficientemente
buono”) di Sensitivity equivale ad un punteggio di 7 e
livelli via via ottimali seguono fino al 9. I punteggi intorno al 5 invece rispecchiano una Sensitivity “intermedia o incostante” ed i livelli dal 3 all’1 denotano una
Emotional Availability Scales e gioco simbolico
del bambino
Abbiamo condotto delle analisi delle correlazioni
per verificare l’eventuale associazione tra i punteggi alle EAS e le misure di frequenza e durata proporzionale del gioco simbolico del bambino da solo. I risultati
confermano che un livello più sofisticato di gioco è
messo in atto da bambini che prendono parte ad uno
scambio interattivo basato su un’elevata disponibilità
emotiva. È infatti emersa una correlazione significativa
tra la frequenza proporzionale del gioco simbolico e le
scale materne della Sensitivity (r = .40; p = .035) e della Nonintrusiveness (r = .38; p = .048) e con la Responsiveness (r = .398; p = .036) del bambino. Per quanto
riguarda la durata proporzionale del gioco simbolico,
è stata individuata una correlazione con la Responsiveness del bambino (r = .46, p = .014) (Tabella 5).
Sensitivity materna
A partire da tali risultati e considerando la Sensitivity l’aspetto principale della disponibilità emotiva dia-
131
Infanzia e adolescenza, 7, 3, 2008
Tabella 4 – Statistiche descrittive delle EAS in tutto il campione.
Sensitivity (1-9)
Structuring (1-5)
Nonintrusiveness (1-5)
Nonhostility (1-5)
Responsiveness (1-7)
Involving (1-7)
M
DS
5.8
3.6
4.1
4.6
4.9
4.8
1.2
.7
.8
.5
1.1
1.1
Tabella 5 – Coefficienti di correlazione di Spearman tra le
scale EAS e le frequenze e durate proporzionali di gioco simbolico nelle due situazioni.
Gioco simbolico
Bambino con madre
Frequenza
Sensitivity
Structuring
Nonintrusiveness
Nonhostility
Responsiveness
Involving
.4*
.33
.38*
.18
.4*
.29
Durata
.33
.33
.28
.17
.46*
.3
* p < .05
dica (Biringen, 2000) nonché un fattore potenzialmente influente sul livello di gioco del bambino, abbiamo
proceduto a suddividere il campione rispetto ai punteggi materni alla scala della Sensitivity differenziando
due gruppi: uno di 20 madri con un livello di Sensitivity “intermedio o incostante” (media = 5.4, mediana
= 5) ed un gruppo di 7 madri con un alto livello di
Sensitivity (media = 7.4, mediana = 7.5). Tale suddivi-
sione in gruppi si basa sul manuale di codifica delle
EAS, che a sua volta è strettamente derivato dall’approccio teorico della disponibilità emotiva (Biringen,
2000), e pertanto, pur dando luogo a gruppi numericamente disomogenei, è l’unica suddivisione teoricamente possibile. I due gruppi comunque non differivano significativamente per l’età del bambino, l’età
della madre o il SES.
Sono emerse differenze significative tra i due gruppi nella frequenza proporzionale di gioco simbolico
(Sensitivity intermedia: media = .32; Sensitivity alta:
media = .60, F(1, 25) = 6.66, p = .016) e nella durata proporzionale di gioco simbolico (Sensitivity intermedia:
media = .39; Sensitivity alta: media = .75, F(1, 25) = 8. 82,
p = .004) del bambino con la madre (Tabella 6).
È stato inoltre calcolato l’incremento della frequenza proporzionale di gioco simbolico tra le due sessioni (sottraendo dal valore ottenuto dal bambino nella
sessione di gioco con la madre il valore ottenuto dal
bambino nella sessione di gioco da solo) nei due sottogruppi di bambini con madri rispettivamente moderatamente sensibili e altamente sensibili. Un’analisi
della covarainza, con l’età della madre e del bambino
come covariate, ha messo in evidenza una differenza
significativa tra i due gruppi (Sensitivity moderata: media = -.18; Sensitivity alta: media = .13; F (1, 25) = -4.80,
p = .039). In effetti, come si può notare dalla Figura 1,
mentre nei bambini con madri moderatamente sensibili la frequenza proporzionale di gioco simbolico diminuisce quando il bambino gioca con la madre rispetto a quando gioca da solo, nei bambini con madri particolarmente sensibili questo pattern è ribaltato
ed i bambini hanno una frequenza proporzionale leggermente maggiore di gioco simbolico quando sono
con la madre rispetto a quando sono soli (Tabella 6).
Tabella 6 – Gioco del bambino da solo e con la madre nel campione suddiviso in base alla sensitivity materna.
Madre
moderatamente sensibile
Madre
altamente sensibile
F(1, 25)
M
DS
M
DS
Gioco simbolico bambino solo
Frequenza proporz.
Durata proporz.
.47
.48
.38
.41
.46
.53
.41
.43
.16
.50
Gioco simbolico bambino con madre
Frequenza proporz.
Durata proporz.
.32
.39
.23
.27
.6
.75
.27
.22
6.66*
9.82**
* p < .05 ; * * p < .005
132
S. De Falco et al: Qualità della relazione affettiva madre-bambino e abilità di gioco in bambini con Sindrome di Down
Figura 1 - Frequenza proporzionale del gioco simbolico del
bambino da solo e con la madre nel campione suddiviso in
base alla sensitivity materna.
0,7
0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
Bambino solo
Sensitivity alta
Bambino con madre
Sensitivity moderata
■ Discussione
In questo studio ci eravamo posti l’obiettivo di verificare la relazione tra la qualità dell’interazione affettiva tra madre e bambino e l’abilità di gioco di bambini con sindrome di Down. In particolare, ci siamo
proposti di verificare se ed in che modo il livello del
gioco del bambino sia influenzato dalla presenza della madre nell’interazione. Inoltre abbiamo voluto indagare le associazioni tra la disponibilità emotiva della
diade ed il livello di gioco che il bambino mette in atto, considerando il gioco come indicatore del livello
cognitivo del bambino (McCune-Nicolich, 1981, Beeghly et al., 1989).
Sulla base dei risultati ottenuti, abbiamo verificato
che esiste una relazione tra la disponibilità emotiva
della diade ed il gioco del bambino. In effetti, sia le
scale materne della Sensitivity e della Nonintrusiveness che la scala di Responsiveness del bambino risultano significativamente associate al gioco simbolico,
avvalorando l’ipotesi teorica secondo la quale lo
scambio interattivo scandito da un forte coinvolgimento emotivo conduca anche ad un miglioramento
del funzionamento cognitivo (Greenspan, 1997; Emde, 1980; Venuti, 2007). Infatti, riguardo le scale della disponibilità da noi considerate, la Sensitivity misura il tono affettivo con cui la madre interagisce con il
bambino nonché la sua attenzione ai segnali provenienti dal bambino e la Responsiveness valuta la capacità del bambino di rispondere agli stimoli della madre mostrando un coinvolgimento affettivo positivo.
Abbiamo inoltre verificato che nella situazione di gioco con la madre, i figli delle madri particolarmente
sensibili mostrano più gioco simbolico dei figli di madri meno sensibili. Quindi la sintonia affettiva della
diade e la disponibilità emotiva materna fanno dell’interazione un contesto in cui il bambino può raggiungere il livello più alto delle sue potenzialità. Inoltre,
confermando i risultati ottenuti in altri studi (Cieliesky
et al., 1995), è stato messo in luce un effetto negativo dell’intrusività sul livello di prestazione del bambino con sindrome di Down.
Dunque i risultati ottenuti in questo studio, non
sembrano indicare che sia l’interazione di per sé a
determinare un aumento della sofisticazione del gioco del bambino ma piuttosto un’interazione scandita da scambi emotivi positivi. Un obiettivo del nostro
studio era stato infatti quello di verificare gli effetti
della presenza della madre sul tipo e sulla quantità di
gioco del bambino. Precedenti ricerche condotte su
bambini con sviluppo tipico che hanno utilizzato la
stessa metodologia osservativa hanno evidenziato
che la presenza della madre si traduce solitamente in
un aumento della quantità e della durata degli atti di
gioco simbolico del bambino (Bornstein et al., 1996,
2002; Venuti et al., 1997a, 1997b). Alcuni autori hanno raggiunto risultati simili anche su campioni di
bambini con sindrome di Down (Cielinski et al.,
1995). I risultati del presente lavoro evidenziano una
certa differenza nel gioco di bambini con sindrome
di Down tra la situazione in cui giocano da soli e
quella in cui giocano in interazione con la madre ma
questa differenza non va nella direzione attesa dalla
letteratura. In effetti, i bambini del nostro studio si
mantengono più o meno stabili per quanto riguarda
il gioco simbolico e invece aumentano significativamente la frequenza di gioco esplorativo. Dunque, si
può ipotizzare che le madri del nostro studio, nell’interagire con i loro bambini con sindrome di Down,
non abbiano puntato a favorire un livello di gioco
più sofisticato ma abbiano piuttosto potenziato un tipo di attività di livello più basilare. Un’ipotesi del genere potrebbe essere letta nei termini di un adattamento naturale e funzionale del genitore alla condizione di svantaggio del bambino. Tuttavia, a nostro
avviso, questo dato può essere spiegato anche considerando le altre variabili studiate in questo lavoro
ed in particolare la Sensitivity materna, dal momento che il pattern appare invertito nei bambini figli di
madri particolarmente sensibili, i quali sembrano giovare della zona di sviluppo prossimale (Vygotskij,
1978), mostrando un aumento, anche se lieve, del
gioco simbolico nella situazione di interazione con la
madre. Invece, nel campione da noi considerato i valori medi della Sensitivity non sono risultati particolarmente elevati e, se confrontati ad un precedente
133
Infanzia e adolescenza, 7, 3, 2008
lavoro condotto su un campione di bambini con sviluppo tipico a 20 mesi, si assestano su livelli più bassi (di circa un punto) (Bornstein et al., 2004). Probabilmente la qualità della relazione che, coerentemente con la letteratura, è influenzata negativamente
dalla condizione di patologia dei bambini del nostro
campione (Berger, 1991, Hodapp, 2002), si ripercuote sullo stile interattivo rendendolo meno efficace a
supportare il miglioramento delle abilità di gioco che
normalmente si osserva nei bambini quando interagiscono con la madre.
Un fattore che potrebbe aver influenzato il livello di
disponibilità emotiva e la sua relazione con i livelli di
gioco del bambino potrebbe essere il livello socioeconomico della famiglia poiché, pur non avendo mostrato associazioni significative con le variabili del nostro
studio, mostrava un valore omogeneamente basso nel
nostro campione.
Il presente studio presenta comunque alcuni limiti.
In primo luogo il campione non era bilanciato in termini di età e sesso e comunque risulta essere di numerosità troppo limitata per una generalizzazione dei
risultati; d’altra parte, data la difficoltà a reperire campioni clinici, molti studi in letteratura su bambini con
sindrome di Down prevedono campioni con caratteristiche molto simili (Fewell et al., 1997; Cielinski et al.,
1995; Libby et al., 1997). In secondo luogo, come abbiamo già detto, il livello socioeconomico del campione risultava medio-basso e questo potrebbe aver influenzato i risultati ottenuti (Bornstein e Bradley,
2003). Infine, introdurre ulteriori variabili, quali il livello cognitivo del bambino, nonché dati relativi ai vissuti materni, avrebbero arricchito il nostro studio nei
termini di una più completa indagine del legame tra
l’interazione madre-bambino e le abilità di gioco del
bambino.
Per quanto concerne gli sviluppi futuri, sarebbe interessante indagare la relazione tra disponibilità emotiva ed abilità di gioco anche in diadi padre-bambino
o educatore-bambino. Sarebbe inoltre interessante
confrontare i risultati ottenuti in bambini con sindrome di Down con quelli di un opportuno campione di
controllo di bambini con sviluppo tipico.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Simona de Falco
DiSCoF, Via M. Del Ben, 5
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