relazione dott.ssa Malatacca al Congresso Anep

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relazione dott.ssa Malatacca al Congresso Anep
Congresso Anep Italia
9 e 10 Giugno 2001
Palazzo delle Stelline, Milano
Impatto della vita prenatale
sull’evoluzione dell’individuo,
della cultura e della società
Relazione della Dott. ssa Francesca Malatacca
Sterilità psicologica da sindrome post-abortiva:
il metodo “IO VOGLIO NASCERE”
La gravidanza rappresenta uno degli eventi più affascinanti nella vita di una
donna.
Per comprendere la psicodinamica della gravidanza occorre considerarne
l’accoglienza, l’attaccamento e l’affiliazione, che si svolgono nei tre trimestri
della gestazione.
L’accoglienza è l’accettazione della gravidanza, caratterizzata da sentimenti
ambivalenti, riguardanti la “rappresentazione del sé”, la negazione della
gravidanza e la paura della perdita. In questa fase è presente il pensiero
ossessivo di mantenere il “segreto” , cioè tenere nascosta la gravidanza fino
al termine del primo trimestre. Tutto ciò provoca un aumento dell’emotività
materna che instaura una istintiva comunicazione tra la mamma e il suo
bambino che maturerà nei mesi successivi. La donna quando si accorge di
essere incinta è già madre.
L’attaccamento è lo sviluppo della comunicazione tra la mamma e il suo
bambino attraverso i sintomi neurovegetativi prima e i movimenti fetali poi.
Nell’attaccamento la donna è consapevole della vita dentro di sé. E’ in questa
fase che la madre riesce a “sentire il suo bambino” e a coinvolgere il partner
nella consapevolezza che il figlio può rispondere attraverso il suo linguaggio
alle loro stimolazioni.
L’affiliazione riguarda la capacità di creare uno spazio all’interno del sé dei
genitori per diventare madre e padre.
L’interruzione della gravidanza, l’aborto, interrompe questa comunicazione
madre-figlio e provoca conseguenze psicofisiche note come sindrome postaborto.
La sindrome post-aborto è stata definita da Vincent Rue nel 1981 negli Stati
Uniti,considerandola tra i disturbi post-traumatici da stress.
Il nostro studio prende in esame 31 donne giunte alla nostra osservazione
per una consulenza psicologica con diagnosi di infertilità sine causa.
Nei colloqui è emerso che tutte le pazienti avevano subito uno o più aborti
spontanei a varie epoche gestazioniali ed un gruppo di 7 donne si era
sottoposto a IVG.
In queste donne riscontravamo un’incapacità gestazionale come
conseguenza psicologica post-abortiva che abbiamo poi definito STERILITA’
PSICOLOGICA.
Abbiamo intuito, pertanto, che il percorso da seguire per restituire la capacità
gestazionale a queste donne era l’elaborazione del lutto.
Il lutto secondo Freud è la perdita della persona amata; nell’elaborazione del
lutto, dopo l’accettazione viene ammessa la perdita e avviene il distacco per
poter essere capaci di avere altri legami.
Secondo Bowlby l’elaborazione del lutto si completa attraverso una
riorganizzazione della progettualità attraverso l’immagine della persona
morta.
Pertanto, nell’aborto non solo il bambino è privato della vita, ma anche la
donna è privata del suo lutto, poiché l’assenza dell’immagine del proprio
bambino le impedisce di elaborarlo.
In base a questi studi,non avendo a disposizione protocolli e/o altra
letteratura di riferimento, abbiamo sviluppato un metodo di elaborazione del
lutto nel post-aborto, da noi chiamato: “Io voglio nascere”.
Il metodo consiste nel proporre alla donna un percorso di conoscenza del
proprio bambino:
 l’identità del sesso
 il nome
 la visualizzazione del volto
 la percezione del contatto
 un rito
 l’addio al bambino.
La metodologia utilizzata è stata quella del colloquio clinico. Attraverso
l’approccio psicoterapeutico, ci si è soffermati particolarmente sul vissuto
della donna, della coppia, con particolare riguardo alla rappresentazione del
sé.
Nei colloqui abbiamo individuato come causa di incapacità gestazionale la
presenza del “bambino fantasma” che aleggiava nella psiche della donna sia
nell’aborto spontaneo, sia nelle IVG. Da ciò scaturiva un senso di colpa nelle
pazienti e quasi un’ autopunizione che impediva il concepimento.
Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di esorcizzare il “bambino fantasma”
attraverso la restituzione della dignità di figlio all’aborto e della maternità alla
donna
La durata del percorso è stata soggettiva, rispettando i tempi che ciascuna
donna impiegava nel riuscire a dare un’identità al bambino e una sua
successiva visualizzazione.
È stato inoltre riscontrato che il dolore della perdita non era correlato alle
dimensioni dell’embrione, cioè alla settimana di gravidanza in cui era
avvenuta l’interruzione.
I tempi della risoluzione della infertilità erano in relazione alla rimozione
dell’aborto.
Il metodo “Io voglio nascere”
Il trattamento di questi casi è stato svolto in un’estrema accoglienza ed
empatia; dopo aver fatto emergere l’evento “aborto”, la donna riferiva di non
essere degna di meritare la gravidanza e, in un caso estremo, di sentirsi
“bara” del proprio figlio.
 In un primo momento attribuire al bambino l‘identità sessuale attraverso
il “sentire” della donna;
 dare un nome al bambino;
 dare un volto al bambino , il colore degli occhi e dei capelli, l’incarnato,
(alcuni hanno riferito persino la somiglianza a uno dei genitori);
 la percezione del contatto caratterizzava la fase più lunga e a volte più
difficoltosa, dettata dall’esigenza della donna di prendersi cura di suo
figlio;
 dopo l’”abbraccio” tra madre e figlio, veniva consigliato un rito
(es.Battesimo per i cattolici,una candelina,etc);
 dopo il rito bisognava dare l’addio al bambino, non per separarsene,
piuttosto per interiorizzarne l’immagine.
Solo in questo modo si completava l’elaborazione del lutto.
Nella nostra esperienza abbiamo osservato che sui 31 casi studiati, 29 donne
hanno ottenuto una gravidanza chi dopo 4, chi dopo 8 ,chi dopo 12 mesi dal
completamento del metodo.
Concludiamo,quindi, che la sterilità psicologica deve essere considerata uno
dei disturbi della sindrome post-aborto. La sola psicoterapia è stata in grado
di risolvere questi casi di sterilità poiché l’elaborazione del lutto è tutto ciò che
serviva a queste pazienti per recuperare la capacità gestazionale.
Sono in corso altri studi riguardanti le relazioni materno-fetali nel corso della
diagnosi prenatale del secondo trimestre.