Generatore di idrogeno da idrocarburi leggeri

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Generatore di idrogeno da idrocarburi leggeri
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idrogeno
di F. Cipitì, V. Recupero,
L. Pino, A. Vita, M. Laganà
Generatore di idrogeno
da idrocarburi leggeri
per applicazioni
stazionarie
Il presente articolo descrive l’attività condotta presso
l’Istituto CNR di Tecnologie Avanzate per l’Energia
“Nicola Giordano” nello sviluppo, realizzazione e
testing di una unità di generazione di idrogeno, denominata HYGen I, da integrare con celle a combu-
N
egli ultimi anni l’attenzione di tutto il mondo scientifico e dei
mass media si è focalizzata sullo sviluppo delle celle a combustibile come sistemi alternativi per la generazione di energia elettrica
e termica. Tra le varie tipologie di celle a combustibile, quelle ad
elettrolita polimerico appaiono come una delle opzioni più promettenti per applicazioni stazionarie (impianti di microcogenerazione
residenziale) e mobili (generatori per veicoli elettrici) per la loro
compattezza, modularità, elevata densità di potenza dello stack e
buona risposta alle variazioni di carico [1]. L’attuale mercato delle
celle a combustile appare in continua espansione [2], evidenziando
un crescente interesse per applicazioni stazionarie su piccola scala
(0,5-10 kW di potenza elettrica in uscita), testimoniato dall’aumentato numero di unità installate in tutto il mondo per la generazione di
potenza decentralizzata, come supporti di backup o fornitura di potenza continua (UPS, Uninterruptible Power Supply) [3].
Tale tendenza è confermata da alcuni piani strategici e programmi
governativi sulle celle a combustibile e sull’idrogeno, finalizzati al
miglioramento dell’efficienza delle tecnologie basati sui combustibili
fossili, sia nel breve periodo (fino al 2010) sia nel medio periodo (fino al 2020) [4-9]. La mancanza di una adeguata rete di distribuzione dell’idrogeno e le attuali limitazioni per il suo accumulo hanno
condotto allo sviluppo di fuel processor in grado di convertire idrocarburi di origine fossile in syngas ricchi in idrogeno. La scelta di
fuel processor e combustibili adatti, durante tale fase di transizione
verso l’economia dell’idrogeno, costituiscono quindi i fattori chiavi
per la successiva implementazione dei sistemi di celle a combustibile
alimentati direttamente ad idrogeno [10]. Un fuel processor dovrebbe garantire rapido start-up, buona risposta alle variazioni di carico, elevata conversione del fuel, possibilità di processare diversi
combustibili primari, ingombri (peso/volume) ridotti, semplicità progettuale (costruttiva e operativa), stabilità delle prestazioni per ripetuti cicli di start-up e shut-down, massima integrazione termica, bassa manutenzione e costi contenuti, alta affidabilità e sicurezza [11].
I processi maggiormente
utilizzati per la converNomenclatura
sione di combustibili di
GHSV Gas Hourly Space Velocity tipo idrocarburico in
Velocità spaziale (h-1)
idrogeno sono princiPressione massima
Pmax
palmente lo steam reforPmin
Pressione minima
ming, l’ossidazione parziale o una combinaTemperatura massima
Tmax
zione dei due processi,
Tmin
Temperatura minima
l’autothermal reforming
Qmax
Portata massima
[12-14]. Lo steam reforPortata minima
Qmin
ming, attualmente il più
η
Efficienza (%)
diffuso, fornisce la più
HHV
Higher Heating Value - Potere
alta resa in idrogeno,
Calorifero Superiore (kcal/mol)
ma richiede l’apporto di
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stibile ad elettrolita polimerico (PEFC, Polymer Elecrolyte Fuel Cell) per applicazioni residenziali e/o
per stazioni di rifornimento di H2. L’unità è in grado
di convertire idrocarburi leggeri (metano, propano,
GPL, butano) in un syngas ricco in idrogeno con una
potenza equivalente di 2 kWe e può essere considerato l’unico prototipo di questa taglia esistente in Italia. Vengono riportati i risultati preliminari ottenuti
con un catalizzatore Pt/CeO2 sviluppato presso il
CNR-ITAE per il reforming autotermico (ATR) e catalizzatori commerciali per la reazione di intermediate
water gas shift (ITWS) e di ossidazione preferenziale
(PROX). Tali risultati hanno permesso l’avvio dell’attività di progettazione e realizzazione di un prototipo pre-commerciale (versione beta) da 5 kWe di
potenza nominale. La principale differenza tra HYGen I e la seconda unità sarà costituita dallo stadio
finale di abbattimento del monossido di carbonio:
nel primo caso ossidazione preferenziale, in grado
di ottenere syngas (miscela di H2, CO2, N2 e H2O);
nel secondo caso è prevista la possibilità di utilizzare una unità PSA (Pressure Swing Adsorption) con
cui è possibile generare H2 puro al 99,999%.
considerevoli quantità di calore. Il sistema risultante comporta uno
start-up relativamente lento ed una inadeguata risposta ai transienti
a causa della complessa interazione tra il rapporto combustibile/acqua, energia termica disponibile, massa termica e domanda di idrogeno. L’ossidazione parziale è un processo esotermico caratterizzato da relativa compattezza e presenta, rispetto allo steam reforming,
maggiori velocità di start-up, migliore capacità di risposta alle variazioni di carico e minore efficienza energetica, a causa delle maggiori temperature ed al problema del recupero termico. Nel processo di
reforming autotermico, invece, oltre al preriscaldamento dei reagenti, non è necessario fornire ulteriore calore, in quanto l’esotermicità
della reazione di ossidazione parziale va a sostenere l’endotermicità
Ing. Francesco Cipitì, ing. Vincenzo Recupero, dott.ssa Lida Pino, dott. Antonio Vita, Massimo Laganà, CNR-ITAE, Istituto di Tecnologie Avanzate per
l’Energia “Nicola Giordano”, Messina.
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elevata attività e stabilità per prolungate fasi di start-up e shut-down
e di individuare i principali limiti e difetti del sistema per la futura
implementazione di una unità industriale.
Caratteristiche principali
FIGURA 1 - Generatore di Idrogeno da 2 kWe (HYGen I),
progettato e realizzato presso il CNR-ITAE di Messina
di quella di steam reforming, permettendo di superare alcuni limiti
degli altri metodi [6-15]. Per tali motivazioni il processo di autothermal reforming appare di maggiore applicabilità pratica. Inoltre per
l’integrazione con le celle polimeriche, devono essere considerati
processi aggiuntivi, come lo shift e l’ossidazione preferenziale, per
ridurre il contenuto di CO a tenori (< 10 ppm) compatibili con tale
utilizzo [16-17]. In applicazioni su piccola scala il gas naturale rimane il combustibile maggiormente impiegato per la sua ampia disponibilità e le relative infrastrutture. Per alcune nicchie di mercato,
come la produzione di elettricità in siti remoti, il propano può essere
considerato una interessante alternativa [18-19].
Lo scopo del presente articolo è descrivere le attività di ricerca condotte presso l’Istituto CNR di Tecnologie Avanzate per l’Energia “Nicola Giordano” nello sviluppo, realizzazione e testing di una unità
di generazione di idrogeno da 2 kWe, capace di riformare metano,
propano, gas naturale e butano. Il prototipo risulta costituito dalle
seguenti tre unità principali: il reattore di reforming autotermico
(ATR), il reattore di shift a temperatura intermedia (ITWS) ed il reattore di ossidazione selettiva del monossido di carbonio residuo
(PROX). È stato inoltre sviluppato un sistema automatizzato per il
monitoraggio delle condizioni operative ed il controllo della strumentazione [20]. Nel presente articolo vengono riportati le caratteristiche principali del prototipo sviluppato ed i primi risultati sperimentali ottenuti sia per il reforming autotermico del propano, utilizzando
un catalizzatore
sviluppato presso
il CNR-ITAE a
base di platino
supportato su ossido di cerio, sia
per lo shift e l’ossidazione selettiva, utilizzando catalizzatori commerciali. Le prove di
funzionamento su tale sistema si prefiggono la valida-
zione dei bilanci di massa
e di calore, la verifica
delle prestazioni in termini di conversione del fuel, selettività ad idrogeno, efficienza,
nonché della stabilità di funzionamento per ripetuti cicli di funzionamento
(prestazioni in transitorio).
Ciò al fine di definire le
condizioni operative ottimali in grado di assicurare
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L’unità di generazione di idrogeno (Figura 1) è in grado di convertire idrocarburi leggeri (metano, propano, GPL, butano) con una produzione nominale di idrogeno di 2 Nm3/h fino ad un massimo di 5
Nm3/h. Le dimensioni del prototipo (in mm) sono pari a 870 (larghezza) x 880 (lunghezza) x 970 (altezza).
L’ITAE ha selezionato e sviluppato i catalizzatori atti alle varie reazioni succitate, ha identificato le condizioni operative ottimali, ha
sviluppato i reattori, i principali sottosistemi ed il sistema di gestione,
ed ha elaborato lo schema strumentato dell’impianto. In particolare
nell’ATR viene utilizzato un catalizzatore in pellets (3x3 mm), sviluppato presso il CNR-ITAE, mentre nei successivi due stadi vengono
impiegati catalizzatori commerciali (Netx Materials Ltd, USA, in pellets 3x3 mm nell’ITWS e Engelhard, in pellets 3x3 mm nel PROX).
L’ITAE, attraverso test condotti in microscala [21, 22], ha selezionato
per la reazione di reforming autotermico, un catalizzatore Pt/CeO2,
individuando le condizioni operative come la temperatura, il rapporto O2/C3H8 e H2O/C3H8 e la velocità spaziale GHSV (intesa come
rapporto tra la portata volumetrica dei gas entranti ed il volume del
catalizzatore), maggiormente adatti ad assicurare elevata attività e
buona stabilità termica, meccanica e chimica.
Il reattore di reforming autotermico è in Incolloy 800 HT con un volume interno di 0,4 l, opera a 600 °C (temperatura di light-off di 300
°C), a pressione atmosferica, velocità spaziale di 5.000 h-1, rapporto
molare O2/C3H8 e H2O/C3H8 di 1,5 ed 3,0 rispettivamente. Il reattore di shift è in acciaio AISI 316 L con un volume interno di 0,2 l; la
temperatura di lavoro è di 330 °C (temperatura di light-off di 260 °C),
con una velocità spaziale di 30.000 h-1 ed un rapporto molare
H2O/CO compreso tra 3,0 e di 3,5. La scelta della temperatura operativa della reazione di ITWS deriva da un compromesso tra necessità
termodinamiche, che limitano la conversione del combustibile a temFIGURA 2 - Principali sottosistemi
del Generatore di Idrogeno
da 2 kWe (HYGen I)
perature più alte, e l’esigenza di ottimizzare l’integrazione termica dell’unità [23]. Il reattore di ossidazione
preferenziale è in acciaio AISI 316 L con un volume interno di 2,5 l, la reazione avviene a 120 °C (temperatura di light-off di 90 °C), a pressione atmosferica, velocità
spaziale di 4.000 h-1 e rapporto molare O2/CO di 2. I principali sottosistemi vengono riportati in Figura 2; oltre i tre
reattori a letto fisso, il sistema è dotato di due scambiatori di
calori per la gestione dell’energia termica sviluppata, di un
serbatoio d’acqua pressurizzato per l’alimentazione dell’acqua necessaria alle prime due reazioni catalitiche, di miscelatori statici,
di valvole manuali ed automatiche, di trasduttori di pressioni, di misuratori/regolatori di flusso gassoso e liquido, elementi elettrici scaldanti e di vari ausiliari. La progettazione del prototipo ha previsto anche un’accurata
analisi, effettuata tramite la modellazione CAD 3-D,
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dell’accessibilità per interventi di manutenzioni, garantita per ciascun
componente. L’analisi dei reagenti in ingresso e dei prodotti in uscita
da ciascun reattore viene condotta mediante sia un gascromatografo
(Agilent 6890 Plus) che uno spettrometro di massa (VG Prolabo).
Sistema di controllo
Mediante l’integrazione di un software di gestione e dell’hardware
di misura si è realizzato il controllo dei parametri operativi (flussi,
temperature, pressioni assolute, pressioni differenziali, stato delle
elettrovalvole, elementi elettrici riscaldanti) e la memorizzazione dei
dati di processo ad intervalli definiti dall’operatore. È stata sviluppata quindi una piattaforma software-hardware finalizzata all’acquisizione dei dati sperimentali ed al controllo dei parametri di funzionamento, che permette la gestione semi-automatica dei sottosistemi e
del recupero termico, effettuato da opportuni scambiatori.
In particolare l’acquisizione dati ed il controllo della strumentazione
vengono effettuati attraverso moduli Field Point gestiti tramite un
software dedicato di tipo grafico, sviluppato interamente presso
l’ITAE, utilizzando Labview. Tale ambiente di sviluppo grafico risulta
particolarmente idoneo alla realizzazione di applicazioni che richiedono un elevato grado di flessibilità e ha permesso di controllare in
maniera dinamica il sistema e di presentare i risultati dell’elaborazione attraverso pannelli frontali grafici ed interattivi, di cui si riporta
un esempio in Figura 3. Sulla base di queste considerazioni si è individuata la strumentazione di controllo adatta (misuratori/regolatori di portata, termocoppie, trasduttori di pressione, gruppi statici di
potenza con comando analogico) e si è dotato il generatore della
componentistica d’azionamento automatico necessaria (elettrovalvole, teleruttori). Al fine di ottenere informazioni complete per ciascun
parametro controllato, sono state sviluppate tutte le possibili configurazioni di funzionamento che permettano di analizzare in maniera
dettagliata ciascuna fase processuale. In particolare, per assicurare
la più elevata flessibilità operativa, sono state investigate due modalità di funzionamento: il sistema può operare in modalità a singolo
stadio, denominata “individual order” (ATR o ITWS o PROX) oppure
nella configurazione, denominata “sequential order”, con attivazione sequenziale dell’impianto, in cui il riscaldamento di un reattore
avviene utilizzando il calore dei prodotti di reazione dello stadio
precedente. Il sistema di sicurezza prevede l’avvio di cicli automatici
TABELLA 1 - Livelli di sicurezza
FIGURA 3 - Schermata del software di gestione, sviluppato in ambiente
LabView, in cui viene raffigurato lo stato di funzionamento del sistema
di intervento quando il parametro controllato raggiunge valori al di
fuori del range limite stabilito (Pmax, Pmin, Tmax Tmin, Qmax, Qmin). I livelli di sicurezza con la relativa strumentazione di monitoraggio ed i
parametri controllati vengono schematizzati nella Tabella 1. Sono
stati definiti per ciascun parametro controllato due condizioni di intervento: una di preallarme, che prevede una segnalazione visiva e
sonora, ed una di allarme, che comporta la modifica della configurazione di funzionamento dell’unità, per isolare il malfunzionamento
o, alternativamente, per l’avvio automatico della fase di shut-down.
La gestione dei cicli di intervento è basata sui seguenti livelli di controllo, per garantire sicurezza ed affidabilità:
- il livello manuale, che permette la lettura delle pressioni e delle
temperature direttamente dai dispositivi di lettura ed il cui controllo è affidato all’operatore;
- il livello attivo, che permette l’avvio di un determinato intervento
quando il parametro controllato raggiunge un valore limite ed il
cui controllo è affidato al software di automazione sviluppato;
- il livello passivo, che permette l’attivazione di un intervento direttamente dal fluido controllato ed il cui controllo è affidato a valvole di
sicurezza e a sensori gas. In tal modo la gestione del sistema permette di compensare le potenziali cause di pericolo dovute a fattori
non facilmente individuabili a priori, come alta pressione o perdite.
Prove di funzionamento
Livelli di
sicurezza
Strumentazione
di monitoraggio
Parametri
Controllati
Manuale
Attivo
Passivo
Manometri, monitor
Elettrovalvole
Valvole di sicur., Sensori Gas
Pressioni, Temperature
Pressioni, Temperature
Pressioni, Perdite
Lo schema strumentato dell’unità è riportato in Figura 4. Il funzionamento del sistema prevede una prima fase di start-up in cui un flusso
di gas inerte (azoto), riscaldato da elementi elettrici, viene inviato al
reattore ATR. Quando la temperatura del letto catalitico ATR raggiunge ca. 300 °C, si avvia la successiva fase operativa che prevede
l’arresto dell’azoto e
l’invio di un flusso di
TABELLA 2 - Funzioni dei principali componenti del prototipo
propano, aria e vapore
Componenti
Funzioni
all’unità: a regime tale
flusso è preriscaldato
Scambiatore di calore EH2
Vaporizzare l’acqua da inviare al reattore ATR, utilizzando il calore dei prodotti dell’ATR
dal calore dei prodotti
Scambiatore di calore EH3
Vaporizzare l’acqua da inviare all’ITWS, utilizzando il calore dei prodotti dell’ITWS
di reazione del reattore
Miscelatore 1
Miscelare aria e propano
ATR. Il riscaldamento
Miscelatore 2
Miscelare il flusso aria-propano con il vapore proveniente da EH2 da inviare al reattore ATR
esterno è previsto solo
Miscelatore 3
Miscelare i prodotti dell’ATR con il vapore proveniente da EH3 da inviare al reattore ITWS
durante la fase di startMiscelatore 4
Miscelare i prodotti dell’ITWS con aria da inviare al reattore PROX
up: a regime il bilancio
Serbatoio d’acqua
Accumulo di acqua da utilizzare nei reattori ATR e ITWS
globale di calore è leg-
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FIGURA 4 - Schema strumentato del Generatore di Idrogeno da 2 kWe
germente esotermico. Durante lo shut-down il flusso di propano, aria
e vapore viene interrotto, inviando azoto all’impianto come purge.
La modulazione dell’alimentazione dei gruppi statici di potenza per
il riscaldamento delle resistenze elettriche viene automaticamente regolata per il raggiungimento ed il mantenimento delle temperature
rilevate da termocoppie. Nella Tabella 2 vengono riportate le funzioni dei principali componenti del prototipo.
I principali obiettivi delle prove preliminari di funzionamento hanno
riguardato la verifica dei seguenti aspetti:
- bilancio di massa e di energia del prototipo;
- ottimizzazione della metodologia di start-up e shut-down (temperatura di light-off, durata dello start-up, etc.);
- attività catalitica dell’ATR (conversione del propano, distribuzione
TABELLA 3 - Condizioni sperimentali
delle prove di funzionamento
Reazione
ATR
ITWS
PROX
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Condizioni Sperimentali
GHSV = 5000 h-1, T= 600°C, O2/C3H8 = 1.5, H2O/C3H8 = 3
GHSV = 30 000 h-1, T=330°C, H2O/CO = 3
GHSV = 4000 h-1, T= 120°C, O2/CO = 2
delle concentrazioni dei prodotti);
- stabilità catalitica dell’ATR (regime stazionario, influenza di frequenti cicli di start-up e shut-down ecc.);
- deposizione del carbone;
- formazione di prodotti indesiderati;
- corretto funzionamento del sistema di gestione del sistema.
Nel presente lavoro vengono presentati i risultati preliminari ottenuti
con prove di funzionamento effettuate con cicli giornalieri di 6 ore in
continuo, al termine del quale i reattori sono stati mantenuti a temperatura costante; durante ogni singola prova la velocità del flusso dei
gas è stata mantenuta costante per analizzare le prestazioni del sistema in condizioni stazionarie. Le condizioni sperimentali di ciascuna reazione vengono schematizzate nella Tabella 3.
Reforming Autotermico (ATR).
Il reforming autotermico del C3H8 è stato effettuato riscaldando il
reattore con flusso di N2 fino a 300°C; successivamente, dopo l’arresto del flusso di azoto, si è inviato al reattore una miscela di propano, aria e vapore; si è osservato un rapido aumento della temperatura che si è stabilizzata dopo qualche minuto intorno ai 600 °C.
La Figura 5 mostra la stabilità catalitica per test effettuati a tempera-
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FIGURA 5 - Composizione dei gas prodotti dal reforming
autotermico del propano effettuata a 600°C, GHSV=5000h-1
con O2/C3H8 =1,5 e H2O/C3H8 =3
FIGURA 6 - Composizione dei gas prodotti
dalla reazione di water gas shift effettuata a 330°C,
GHSV=30 000h-1 con H2O/CO =3
ture intorno ai 600 °C e rapporti molari O 2 /C 3 H 8 =1,5 e
H2O/C3H8=3, in un arco temporale di 25 ore. La buona stabilità catalitica riportata nel periodo considerato, evidenzia resistenza alla
deposizione di carbone, così come confermato dalla caratterizzazione del catalizzatore dopo i test.
È stata raggiunta la conversione totale del propano e dell’ossigeno
(non raffigurata) insieme ad un contenuto di H2 e CO nei prodotti,
rispettivamente di 28-30% e 8-10% (su base secca),
associato con 10-12% di CO2 e 6-8% di CH4.
La composizione del flusso in uscita si avvicina ai valori di equilibrio termodinamico alle predette condizioni sperimentali (H 2 /CO/CO 2 /CH 4 = 32/8,9/11,
15/3,1), ad eccezione del CH4, il cui
valore risulta essere maggiore. L’incremento di H2 e CO2 e, per contro, la diminuzione del CO e del CH4, nel corso
delle prove, è da attribuirsi alla lenta
stabilizzazione ai valori di set-up nella
fornitura di stream. Il conseguente aumento nel rapporto H2O/C3H8 ai valori
di set-up, può determinare un contributo
più elevato delle reazioni di water gas shift
e steam reforming.
L’elevato quantità di CH4 può essere attribuita al cracking termico
del C3H8; precedenti attività sperimentali [22] hanno evidenziato
che aumentando il rapporto O2/C3H8 (da 1,4 a 3) diminuisce il
CH4 prodotto. Attualmente è in corso di svolgimento un’ulteriore attività sperimentale finalizzata ad ottenere la più alta quantità possibile di idrogeno ed a minimizzare il CO ed il CH4, variando i rapporti molari O2/C3H8 e H2O/C3H8. L’efficienza η
dell’ATR (basata sul potere calorifero superiore), definita come:
ηH2HHV =
n H2HHV(H 2 )
n C3H8 HHV(C3H 8 )
(1)
ha raggiunto valori di circa il 50%.
IntermediateWater
Gas Shift (IT WS)
La reazione di water gas shift,
leggermente esotermica, è stata
effettuata riscaldando il letto catalitico a 260 °C con il calore
dei prodotti della precedente
reazione di reforming autotermico, con un rapporto molare
FIGURA 8 - Vista in CAD 3-D
H2O/CO pari a 3. La temperadel Generatore di Idrogeno
tura del letto catalitico ha ragpre-commerciale (versione beta)
giunto rapidamente i 330 °C,
da 5 kWe (HYGen II), progettato
attraverso la conversione esoterpresso il CNR-ITAE di Messina
mica del CO. Ad una temperatura di reazione di 330 °C ed una velocità spaziale di 30 000 h-1,
la miscela di gas in uscita dal reattore ITWS si è arricchita in idrogeno, diminuendo al contempo la concentrazione di CO. La composizione dei gas prodotti dalla reazione di water gas shift è riportata in Figura 6. Il contenuto di H2 e CO è risultato essere pari rispettivamente a circa 34 % e 0,8 % (su base secca).
Ossidazione Prefrerenziale del CO (PROX)
FIGURA 7 - Composizione dei gas prodotti dalla reazione
di ossidazione preferenziale effettuata a 120°C,
GHSV=4000 h-1 con O2/CO =2
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L’ossidazione preferenziale del CO è stata effettuata riscaldando il
letto catalitico a 90 °C con una velocità spaziale di 40 000 h-1 ed
un rapporto O2/CO = 2; questo valore, leggermente più alto di
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quello stechiometrico, è stato utilizzato considerando che il contenuto di CO in uscita dalla WGS potrebbe fluttuare nei cicli di start-up e
shut-down. Nel corso dell’attività sperimentale la temperatura lungo
il letto catalitico è risultata essere non soddisfacente; infatti il bilancio termico tra la natura esotermica della reazione di ossidazione e
la tecnica utilizzata per il raffreddamento del letto catalitico ha determinato condizioni non isoterme.
Conseguentemente il contenuto residuo del CO ha raggiunto valori
pari a 0,1% (su base secca). La composizione dei gas prodotti dalla
reazione di ossidazione preferenziale è riportata in Figura 7. La
quantità di CH4 non ha subito modifiche rilevanti, mentre si è evidenziato un consumo, seppur basso, di H2.
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
Conclusioni
[9]
Nel presente articolo è stata descritta l’attività, condotta presso l’Istituto CNR di Tecnologie Avanzate per l’Energia “Nicola Giordano”
di Messina, di sviluppo, realizzazione e testing di una unità di generazione di idrogeno, denominata HYGen I, della potenza equivalente di 2 kWelettrici, che utilizza idrocarburi leggeri (metano, propano, GPL, butano). Il prototipo proposto soddisfa alcune delle caratteristiche che un fuel processor dovrebbe possedere: buona conversione del propano e resa in idrogeno, dimensioni ridotte, semplicità costruttiva e del sistema di gestione. Il sistema di automazione risulta
particolarmente adatto a test di laboratorio per la sua elevata flessibilità e possibilità di integrare il software di gestione, l’hardware di
automazione ed il computer in un singolo sistema. I principali limiti
derivano dall’elevato periodo di start-up e dall’alto livello del CO nei
prodotti del PROX, associato all’alto contenuto di CH4.
Sulla base delle prove di funzionamento effettuate, è attualmente in
corso di svolgimento un’ulteriore indagine sperimentale per verificare le prestazioni in termini di stabilità chimica per prolungati cicli di
start-up e shut-down, e superare gli attuali limiti dell’unità.
I risultati ottenuti hanno comunque permesso l’avvio dell’attività di
progettazione e realizzazione di un prototipo pre-commerciale (versione beta), denominato HYGen II, con una produzione nominale di
idrogeno da 5 Nm3/h fino ad un massimo di 10 Nm3/h per applicazioni residenziali (Figura 8). La principale differenza tra HYGen I
e la seconda unità sarà costituita dalla qualità dello stream in uscita:
nel primo caso syngas (miscela di H2, CO2, N2 e H2O), nel secondo
caso H2 puro al 99,999%. Questo risultato potrà essere raggiunto
con la sostituzione dello step finale di abbattimento del monossido di
carbonio con una unità PSA (Pressure Swing Adsorption). Successivamente allo scale-up, l’unità è stata ulteriormente ottimizzata mediante la riprogettazione dei principali componenti, prestando particolare cura agli aspetti di compattezza, flessibilità, affidabilità, accessibilità per gli interventi dell’operatore, costi contenuti e bassa
manutenzione. Cuore di tale unità risulta essere l’unità di processazione, costituita da un unico reattore coassiale integrato, suddiviso
in due letti catalitici: il reforming autotermico (ATR) e lo shift a temperatura intermedia (ITWS). L’efficienza teorica del sistema, basata
sul potere calorifero superiore, risulta essere pari al 71%.
[10]
[11]
[12]
[13]
[14]
[15]
[16]
[17]
[18]
[19]
[20]
[21]
[22]
Bibliografia
[1]
[2]
122
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La Termotecnica • Gennaio/Febbraio 2006