Sotto un abete di Jessica Iachini

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Sotto un abete di Jessica Iachini
Sotto un abete
di Jessica Iachini
"Giuro per Apollo medico..e per tutti gli Dei..che adempirò secondo le mie forze questo
giuramento. Sceglierò il regime per il bene dei malati secondo le mie possibilità e il mio
giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. In tutte le case che visiterò entrerò per il
bene dei malati.." Giuramento di Ippocrate, testo originale.
Bosco Martese, 25 aprile 2012
"Potevo evitare di dirlo al prof che faccio la tesina sulla Resistenza..mi ha incastrato.
Ora sono qui a sfilare sotto al sole. Ma che ci sono venuto a fare? Almeno fosse venuta
anche Giulia..Oddio no! Dobbiamo camminare fino al Monumento del Partigiano?!"
I pensieri di Mattia si susseguono ed accavallano come quelli di un personaggio di
Joyce. Il prof d'italiano l'ha praticamente costretto a partecipare alla celebrazione del 69°
anniversario della battaglia campale di Bosco Martese, insieme ad un'ampia schiera di
secchioni. Giulia è rimasta a casa, naturalmente. Non prende mai nulla sul
serio…nemmeno lui.
Però la statua lo attrae, lucente al sole come i capelli di Giulia.
" O insomma, ora basta.."
Tra il sole cocente e i pensieri deprimenti, la giornata non sembra promettere bene per
Mattia.
"Basta non ne posso più..un albero e un po’ d'ombra finalmente."
Mattia si siede sulla radice di un abete e chiude gli occhi.
Nonostante qualcuno stia parlando con voce squillante ad un microfono, sta quasi per
assopirsi; ma uno scalpiccio dietro di lui lo fa girare sorpreso..qualcuno ha avuto la sua
stessa idea!
Un vecchio, con le braccia tremanti e rughe profonde sotto gli occhi si appoggia sulla
corteccia ruvida dell'abete. Una lacrima gli rotola giù per il viso..Mattia la segue con lo
sguardo fino a che si insinua nel colletto della camicia.
"Oh no..", pensa seccato.
- Tutto ok signore?- Cerca di essere gentile.
Il vecchio alza lo sguardo. La tranquillità che legge nei suoi occhi lo sconcerta, sono blu
e limpidi come laghi d'estate.
-Va tutto bene, grazie -, gli risponde sorridendo.
- No, perché...- Mi concedo qualche lacrima questo giorno dell'anno- sorride ancora. Sembra affaticato
e stanco, ma rifiuta con un gesto il sostegno del ragazzo.
- Come mai sta sfilando anche lei? Voglio dire è piuttosto...-
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-Vuoi dire vecchio?-, il signore ride allegramente. Mattia non ha mai sentito i suoi nonni
ridere così.
-Beh, sì-, Mattia lo guarda, chissà quale sarà la sua reazione.
-Sei un ragazzo senza peli sulla lingua tu- l'anziano signore si siede piano accanto a lui.
- Penso sia meglio dirla una cosa, che tenersi un pensiero dentro. I pensieri non detti ti
fanno esplodere la testa.-Una riflessione interessante la tua.- Incredibile! Lo sta prendendo in giro, e ha anche
uno sguardo divertito.
-Vuoi sentirla una storia, ragazzo?Mattia guarda verso il tizio che parla al microfono. " Sempre meglio che ascoltare questi
qui, dicono sempre le stesse cose, e poi si offenderebbe il simpatico vecchietto."
Appoggia la testa al tronco dell'abete, incrocia le gambe e gli sorride.
-Perché no?Torricella Sicura, 22 settembre 1943
-Vado fuori con Antonio ma’!- Dove vai con quella tosse?Francesco sgattaiolò fuori dalla porta un attimo prima che sua madre riuscisse a
prenderlo.
Corse via per la strada tutta rotta.
-Antò!- chiamò a gran voce. L’amichetto comparve, trafelato come lui, da una via
secondaria. Antonio era il suo migliore amico da sempre. E ora avevano tutti e due il
padre morto in guerra. A volte se ne vantavano con gli amici.
Giocarono come non avevano mai fatto. Tutti i pomeriggi era la stessa cosa: corse a rotta
di collo giù per la collina, gli scherzi agli altri bambini spocchiosi e se gli riusciva
qualche tiro mancino al prete della Chiesa della Cona.
Poi un saluto veloce e chissà..il giorno dopo sarebbe stato lo stesso.
Quella sera Francesco tornò a casa tutto sudato ed impolverato.
-Francè, che ti dice la testa? Ti prendi una polmonite così. Gli piaceva che la madre dovesse disperarsi per lui.
Se solo avesse saputo le fatiche della donna china tutto il giorno a cogliere gli òrapi.
Certo, era da poco vedova..ma non era l’unica, e tempo per la comprensione non ce
n’era.
- Francesco, ciao!- una voce melodiosa giunse dalla cucina. Francesco la riconobbe
subito: era di Dora Capuani, l’amica della mamma. Era tanto buona e Francesco se n’era
infatuato.
-Come stai tesoro?- Il bambino si lasciò accarezzare da quelle mani lisce.
- Sì, sì- sorrise la mamma, -le coccole le rimandiamo a dopo. Tu-, esclamò, puntando il
dito verso il figlio -corri a lavarti..subito!-
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Francesco distolse lo sguardo da Dora, come svegliandosi da un sogno e salì in fretta le
scale.
Le donne risero.
La sera, a casa di Francesco, c’era sempre qualche giovanotto a cena. Si mangiava
presto, prima del coprifuoco. A volte era possibile che ce ne fossero tre o quattro e allora
si giocava a carte, si rideva e scherzava fino a che Francesco non veniva spedito in
camera sua.
Ma c’era anche Dora in quelle serate, e Francesco si rifugiava in un cantuccio segreto tra
il salotto e le scale e rimaneva a guardare. Ascoltava poco, perché per la verità non
capiva molto. Parlavano di tedeschi, più che altro.
La sera del 22 settembre non c’erano molti giovanotti, però c’era il medico, che a
Francesco piaceva tanto. Era il fratello di Dora, Mario.
Era quello che gli prestava meno attenzione, però gli dava sempre una caramella e poi
quando parlava tutti stavano in silenzio. Francesco voleva essere come lui da grande.
Quella sera gli adulti stettero per molto tempo a discutere di qualcosa di importante.
Era qualche settimana che si parlava di Bosco Martese, di una qualche operazione e ora
sembrava andata a buon fine.
Mattia è sempre più interessato.
-E’quando trasferirono i soldati capeggiati da Ettore Bianco da Teramo a Bosco vero?-Sei informato, ragazzo-, il vecchio sembra felice che qualcuno lo ascolti.
-Sì, è cosi- sorride Mattia.
Le riunioni serali si interruppero per qualche giorno e Francesco era ansioso di rivedere
la sua Dora, che ogni tanto veniva a trovare la mamma. Lui era a letto, malato, e lei
andava sempre a salutarlo.
Poi ci fu il 25 settembre.
Durante la mattina e il pomeriggio, Dora passò più volte a parlare con la madre di
Francesco, sempre affannata, a volte anche in lacrime. Da quello che Francesco riuscì a
capire Mario, il medico, era a Bosco Martese e si trovava in pericolo con tutti gli altri, e
la colpa era sempre dei tedeschi.
Poi il buio.
Francesco non ricordò mai niente di quelle ore se non un dolore lancinante e il buio. Gli
raccontò tutto sua madre in seguito.
Mario riuscì a scappare da Bosco e tornò a casa. Certo il pericolo c’era, molti erano stati
assassinati. Avrebbe dovuto fuggire, nascondersi. Ma il desiderio, l’obbligo morale di
aiutare era forte e Mario rimase lì, per chiunque avesse avuto bisogno delle sue cure.
Appena giunse la notizia del suo ritorno sua madre lo mandò a chiamare, senza
speranza. C’erano feriti da curare. Ma Francesco perdeva continuamente coscienza e
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l’unico che potesse dargli subito aiuto era lui, il medico.
Mario riuscì a venire, in qualche modo e Francesco fu operato fortuitamente di
peritonite.
-Non dimenticherò mai il suo viso davanti a me quando mi svegliai-, il vecchio ha lo
sguardo perso nel vuoto.
-Mi sorrideva..fu l’ultima volta che lo vidi vivo.Mattia lo guarda con gli occhi spalancati.
-Perché?-, è avido di notizie. -Che accadde?-La notte seguente i nazisti prelevarono con l’inganno l’uomo che aveva salvato la vita a
me e molti altri..e non solo quella notte. Giocarono sulla sua integrità di medico e
idealista. Un uomo che non aveva voluto allontanarsi, nonostante il pericolo, perché
sentiva di dover prestare le sue cure a chiunque, e non aveva importanza se da una parte
o dall’altra.
In seguito, prima di trasferirsi a Teramo, Dora raccontò quello che era avvenuto al
nobile fratello. Fu trasportato alla capanna del Ceppo dove degli ufficiali lo sottoposero
ad un breve “processo. Me li immagino mentre lo guardano..le facce torve, un gelido
brillare di sguardi. Pensa ragazzo, i tedeschi gli chiesero se ammetteva di aver
organizzato l’impresa di Bosco Martese. Sai che rispose?Mattia pende dalle labbra dell’anziano signore.
-Cosa??-Sì, questo era il mio dovere di italiano!-Wow..-, per una volta Mattia si ritrova senza parole.
-Già, vorrei esistessero più italiani come lui, oggi..Ma non credere, come lui ce ne
furono tanti, pronti a mettere in gioco tutte le loro certezze, tutto ciò che di più caro
avevano per amore della patria, della loro famiglia, delle loro amicizie, per i loro
ideali..E tanti furono proprio qui, a Bosco Martese.Il vecchio si gira e guarda Mattia dritto negli occhi, ha terminato il suo discorso.
-Grazie, Francesco.Mattia è seduto sul suo sedile affianco al finestrino, nell’autobus.
Sta tornando a casa.
E’ talmente assorto nei suoi pensieri, che sussulta quando sente qualcosa vibrare nella
tasca dei jeans: è il cellulare.
Due chiamate perse di Giulia, e un nuovo messaggio da Francesco.
Lo apre: “Ti aspetto e?”
Sorride, sbalordito dall’intraprendenza e dalla modernità del suo nuovo amico.
Lui e Francesco si sono scambiati i numeri di telefono, e il vecchietto si è fatto
promettere dal ragazzo che lo andrà a trovare.
“Ci andrò con Giulia..ci sono troppe cose che tutti noi non capiamo.”
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Mattia vuole sapere, vuole conoscere. Vuole capire cosa è successo, come.
Come è possibile che per la libertà di tutti oggi, si siano dovute sacrificare tante anime
innocenti, tanti giovani, tanti sogni..Vuole apprezzare il valore di questo sacrificio.
Vuole fare in modo che non si renda più necessario.
Per farcela però ha bisogno di Francesco, e Francesco di lui.
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