Numero 88/89 - Anno XV, Maggio/Agosto 2007
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Numero 88/89 - Anno XV, Maggio/Agosto 2007
IL CLUB Anno XV n. 88/89 (maggio/agosto 2007) Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS Pubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa Responsabile editoriale Maurizio Karra Associazione dei camperisti e degli amanti del plein air del Aderente a Redazione Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo Collaboratori Larisa ed Emanuele Amenta, Francesco Saverio Bonsangue, Paolo Carabillò, Luigi Fiscella, Ennio La Malfa, Enza Messina, Adriana e Pippo Palazzolo, Giuseppe Eduardo Spadoni In questo numero: Editoriale A.I.T.R. Associazione Italiana Turismo Responsabile pag. 3 Vita del Club Tra oriente e occidente Un tuffo nella natura Le novità del nostro sito web I viaggi dell’estate 2007 4 10 13 14 Tecnica e Mercato Gemellato con Camping Car Club ProvenceCote d’Azur Calabria Camper Club Sila Sede sociale Via Rosolino Pilo n.33 90139 Palermo Tel 091.608.5152 Fax 091.608.5517 Internet: www.pleinairbds.it E-mail: [email protected] Comitato di Coordinamento Maurizio Karra (Presidente); Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Francesco Bonsangue, Adele Crivello, Patrizia La China, Massimiliano Magno ed Elio Rea (Consiglieri); Mimma Ferrante, Vittorio Parrino, Edoardo Romano e Alfio Triolo (Collaboratori) Collegio sindacale Silvana Caruso La Rosa (Presidente); Luigi Fiscella e Franco Gulotta (Componenti) Collegio dei Probiviri Pippo Campo (Presidente); Giuseppe Carollo e Pietro Inzerillo (Componenti) Parliamo di tecnica Fuori dal comune Innovazione e design a buon prezzo 17 20 23 Viaggi e Turismo Il periplo della penisola iberica (seconda parte) Tra il Tirolo e l’Alta Austria 25 30 Terra di Sicilia Fornazzo, la tranquillità ritrovata L’Infiorata di Noto Tra mare e natura 37 40 41 Rubriche Terza pagina Vita in camper Musica in camper Cucina da camper Internet, che passione Riflessioni News, notizie in breve L’ultima parola In copertina Il Tettuccio d’oro - Innsbruck (foto di Paolo Carabillò) Questo numero è anche online sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it IL CLUB n. 88/89 – pag. 2 42 44 46 46 47 48 49 52 Editoriale H o sempre pensato che il camper sia un mezzo e non un fine, e ciò in ogni senso: è un veicolo; ed è, oltre ad esso, anzi insieme ad esso, una casa; quindi, un oggetto promiscuo e fin troppo ibrido che permette comunque a chi lo guida, e a quanti insieme a lui lo “abitano”, di trasformarsi da cives (in latino “cittadino”, cioè colui che vive all’interno di un habitat urbano) in viator (viaggiatore, scopritore, anche un po’ pellegrino). A parte chi lo usa per propria residenza abituale non avendo fissa dimora, è anche un modello di comportamenti sociali proprio nella sua funzione di veicolo di viaggio, in quanto garantisce una libertà di movimento e di soggiorno che nessun altro veicolo può offrire, dando l’opportunità di trasformarsi ovunque e in qualunque momento in ristorante o in albergo, anche laddove non esistono ristoranti o alberghi, a due passi dal mare così come in pieno deserto, ovunque la nostra voglia di mete, condita al buon senso del “possibile”, ci porta. Questo ruolo di casa viaggiante ma semovente, cioè capace di muoversi con le proprie ruote, differenzia il camper, che per l’appunto è un veicolo-casa per il turismo itinerante, dalla roulotte, che invece è sempre stata solo un surrogato della seconda casa, utilizzabile “anche” per viaggiare ma solo accodata a un veicolo trainante, quindi valida soprattutto per fare turismo stanziale o per gestire alcuni periodi di stanzialità fra uno spostamento e l’altro: due filosofie diverse, quindi, dell’approccio al turismo, due metodiche in parte contrapposte, nel quale non sempre – almeno per la roulotte - il viaggiare è un fatto saliente e fondamentale, dato che di gran lunga la maggior parte delle roulotte almeno degli italiani si trovano da anni sistemate sempre nello stesso campeggio, magari con tanto di giardinetto e tenda soggiorno sul davanti, frigorifero accanto e pianta di basilico sul “davanzale”. Se dunque differenti, per tanti versi, sono le finalità dei due mezzi, va anche detto che molti camperisti hanno condiviso prima l’una e poi l’altra delle due filosofie di turismo (in genere prima la roulotte poi il camper, ma pochissime volte il contrario). E questo confonde un po’ le cose agli occhi di chi, abituato a usare questa seconda casa per un turismo della stanzialità, si trova nelle mani, a un certo punto della sua vita, uno strumento che invece è studiato apposta per fare turismo della mobilità. La contraddizione diventa ancor più amara laddove l’acquisto del camper si traduca in un rifiuto del campeggio sic et simpliciter; ora che ho il camper, risparmio i soldi del campeggio! dicono molti, dimenticando però che in un campeggio è normale trovarsi accanto anche cento altri nuclei familiari con cui condividere lo spazio del “recinto”, mentre se si è in camper e si continua a fare turismo stanziale, andando a ogni fine settimana per esempio sempre nello stesso luogo o “piantando le tende” nel periodo estivo per due o tre settimane sempre nello stesso luogo, il paragone non regge più. In ogni caso una presenza massiccia di camper in un qualunque territorio fuori dai luoghi deputati all’accoglienza (campeggi, aree attrezzate, parcheggi, agriturismi, ecc.) è sempre un pericolo per l’ambiente e per la reciproca convivenza: perché gli assembramenti provocano danni alla natura, perché si genera spesso la reazione di rifiuto dei residenti verso gli “estranei” assimilati ai nomadi (in un centro urbano come su un litorale), fino ad arrivare alle proteste dei gestori di alberghi e campeggi, cui seguono gli interventi delle autorità e gli editti anti-camper di cui abbiamo spesso notizia. Lo sappiamo IL CLUB n. 88/89 – pag. 3 anche noi che siamo camperisti da decine di anni e non possiamo fare altro che lamentarci perché vittime di quella iniqua legge per cui di tutte le erbe si fa un fascio. Ma l’equilibrio si rompe anche se uno solo dei camperisti presenti in un luogo insieme a pochi altri adotta comportamenti incivili come lasciare aperto il rubinetto di scarico delle acque grigie (tanto non puzzano), cuocere la carne sul barbecau e mangiarla con tavoli e sedie accanto al camper, magari sotto il tendalino aperto per strada (mica possiamo stare dentro con questo caldo?), e così via. Non è solo un fatto di cattiva educazione, senza se e senza ma, è anche una odiosa carenza (o mancanza) di quella cultura del turismo della mobilità che invece è necessaria per generare comportamenti appena collimanti con l’etica e il senso di responsabilità, prima ancora che con le norme di legge vigenti. Se tutto questo vale in generale, ancor più va sottolineata l’esigenza di usare il buon senso e la civiltà quando si esce dai confini della nostra bellissima Italia, approssimandosi i viaggi dell’estate: informandosi prima di partire se le norme locali prevedono, fra le tante cose, l’obbligo di pernottamento in campeggio (come in Olanda, in Slovenia o in Croazia), o il limite di velocità per i nostri mezzi diverso da quello delle autovetture sulle strade extraurbane, ecc. ecc.; tutte norme che, sommandosi a quelle del buon senso valide ovunque e a ogni latitudine, servono anche a non fare all’estero dei camperisti italiani dei viaggiatori “di serie B” rispetto a tedeschi o francesi o olandesi (vi è mai capitato di giungere in un campeggio ed essere assegnati all’area riservata agli italiani, che si rivela in genere la più lontana dai servizi e la meno ospitale?). Insomma, il turismo della mobilità è una cosa su cui occorre riflettere, quando progettiamo un viaggio (vicino o lontano che sia) e quando lo attuiamo; per evitare che la libertà di ciascuno, diritto sempre reclamato ad alta voce dai singoli e dalle associazioni, si trasformi in un sopruso verso gli altri, non riconoscendo i confini del dovere. Maurizio Karra Tra oriente e occidente Cronaca del tour di fine aprile alla scoperta della Calabria jonica meridionale, volto all’esplorazione di borghi intatti e di una natura incontaminata, in un clima di grande allegria che ha coinvolto tredici camper e 36 persone P er fortuna, nel corso dell’anno lavorativo ogni tanto arriva il regalo di un ponte vacanziero, una fuga lunga qualche giorno in più rispetto al week-end di due giorni che ci permette di ossigenarci dallo stress che la vita quotidiana non manca mai di dispensare a piene mani, permettendoci di ricaricarci stando insieme in allegria e scoprendo le bellezze che il mondo circostante è in grado di offrirci; basta andare all’esplorazione di quello che c’è oltre l’orizzonte… Così, in occasione del ponte di fine aprile, che ci ha concesso quattro giorni di spensierata libertà dal 27 aprile al 1° maggio, ci siamo recati nella Calabria jonica meridionale; in tredici camper siamo andati all’esplorazione della provincia di Reggio Calabria, tra borghi sonnolenti, antichi monasteri ortodossi, una natura splendida che incornicia l’Aspromonte e una gastronomia tutta da gustare, in un clima di goliardia e di gioia di stare insieme, condito dai giochi e dalle risa dei bambini che finalmente sono tornati ad essere largamente presenti nelle nostre escursioni, abbassando decisamente l’età media che cominciava ad essere… di tutto rispetto. L’appuntamento per i partecipanti alla “fuga” era la sera di venerdì 27 aprile a Reggio Calabria, nel parcheggio sottostante il lungomare di Corso Matteotti, definito da Gabriele d’Annunzio il più bel chilometro d’Italia, per le sue lussureggianti piante esotiche e per il magnifico panorama che si gode sulle vicine coste siciliane. Qui i camper sono arrivati un po’ alla spicciolata nel corso della serata, pronti a godersi dal giorno dopo le bellezze della Calabria. Dopo una buona notte di sonno i partecipanti si sono svegliati sotto il cielo azzurro e le coste della Sicilia che occhieggiavano invitanti. La prima tappa quotidiana è stata dedicata al Museo Nazionale, che offre un panorama completo della storia calabrese più remota, grazie alla sezione preisto- rica con corredi tombali e ceramiche del Neolitico, e alla vasta sezione archeologica che ospita iscrizioni votive su tavolette in terracotta, anfore a figure rosse, specchi in bronzo, gioielli che le signore presenti avrebbero gradito indossare, e i celeberrimi Bronzi di Riace, splendide figure di guerriero risalenti al V secolo a.C., provenienti dalla Grecia e ritrovate nell’agosto del 1972 nel braccio di mare di fronte a Riace Marina, a 78 metri di profondità. Davanti al Duomo di Reggio Queste due statue in bronzo, dopo una lunga pulizia per liberarle dalle incrostazioni marine, hanno rivelato due esemplari alti due metri, dalla muscolatura perfetta e dal corpo armonicamente modellato, nei cui lineamenti gli studiosi avrebbero individuato la raffigurazione di Tideo e Anfiarao, mitici eroi cantati da Eschilo tra i Sette a Tebe, ma che tramandano, in ogni caso, l’incarnazione stessa della bellezza e dell’armonia maschile, ben percepibile anche a duemilacinquecento anni di distanza, come ha dimostrato la ...schietta ammirazione delle signore presenti. E’ seguita una piacevole passeggiata lungo Corso Garibaldi, su cui si affacciano costruzioni liberty e neogotiche, erette dopo il rovinoso terremoto del 1908 che cambiò radicalmente la fisionomia cittadina, al pari della sua dirimpettaia Messina, costringendo gli abitanti alla sua ricostruzione quasi completa della città; poco oltre si allunga il Duomo, una costruzione dalla bianca facciata, scandita da bifore e archetti, che costituisce una fantasiosa interpretazione del primo ‘900 di romanico e neogotico, e che ospita pregevoli vetrate istoriate, ispirate alle cattedrali gotiche, nonché sepolcri seicenteschi dei vescovi cittadini e la Cappella del S.S. Sacramento, di impronta I nostri soci sul lungomare di Reggio Calabria IL CLUB n. 88/89 – pag. 4 barocca, proveniente dal vecchio duomo. I nostri eroi sono, quindi, tornati verso i camper attraverso lo scenografico lungomare, incorniciato da palme, magnolie e aiuole fiorite, cui fanno da contrappunto una lunga schiera di costruzioni di impronta liberty e neoclassica dai colori pastello; questa sorta di orto botanico si affaccia su una magnifica spiaggia, scandita dalla sagoma del Monumento ai Caduti, con la grande statua in bronzo di Atena che occhieggia verso la Sicilia, in una sinfonia di blu che digrada verso l’azzurro del mare. La carovana di camper si è poi spostata a metà giornata lungo la S.S. 106 fino al bivio per Pentidattilo, dove si è sistemata nel parcheggio ai piedi del borgo. In realtà quest’ultimo è una sorta di paese fantasma, sospeso in un contesto di grande suggestione alla base di una rocca a cinque punte che si innalza verso il cielo. Il borgo, di fondazione greca, ha mutuato il suo nome proprio dall’inusuale forma della rocca che lo sovrasta e che fa pensare a cinque dita protese verso il cielo; l’abitato vantava tradizioni e lingua dell’area grecanica fino alla metà del ‘900, periodo nel quale venne abbandonato dagli abitanti per essere ricostruito e ripopolato più a valle, in seguito alla minaccia di una frana. Ai giorni nostri nel vecchio borgo si ode soltanto il soffio del vento che si insinua tra le vecchie case con i tetti di tegole crollate, e tra la vegetazione che invade i vicoletti in forte pendenza sembra quasi di potere ascoltare i passi delle generazioni passate. Dall’alto della rocca si gode un panorama magnifico sulle verdi vallate sottostanti e in questo scenario il nostro gruppo è rimasto affascinato ad ascoltare la guida che ci parlava della storia del paese e delle leggende che vi si intrecciano, mentre grandi e bambini si ritrovavano a vagare tra le stradine deserte, tra le casette restaurate con materiali tradizionali in seno ad un nuovo progetto che vuole trasformare il borgo in una sorta di paesealbergo di grande fascino, o davanti la facciata della chiesa di San Pietro e Paolo, situata sotto i ruderi del vecchio castello; quest’ultimo è stato abbandonato da secoli, dopo una sanguinosa faida tra i feudatari locali, gli Alberti, e la fami- glia dei Baroni Abenavoli, feudatari di paesi vicini, divenuti nemici in seguito a contese sul territorio e anche a causa dell’amore impossibile tra due rampolli delle nobili famiglie. Panorama del paese fantasma di Pentidattilo Dopo questo tuffo in una dimensione che appare lontana anni-luce dalla frenesia del presente, i camper sono ridiscesi verso il mare, fermandosi presso il camping “Stella Marina” di Melito Porto Salvo che, nonostante le prenotazioni effettuate con largo anticipo e a dispetto della location (sulle rive del mare), si è rivelato una struttura dai servizi decisamente “approssimativi” (per non dire in alcuni casi inesistenti), con gestori che molti hanno definito con scarsa professionalità e soprattutto dalla cortesia totalmente assente (unica nota stonata di tutto il tour). Il resto del pomeriggio è stato dedicato ad una piacevole passeggiata sul lungomare, orlato da una lunga spiaggia, su cui si allungava un mercatino allestito in occasione dei festeggiamenti per la processione della Madonna di Porto Salvo. E la sera i partecipanti si sono ritrovati tutti insieme in pizzeria, a tenere alta la reputazione di accanite cavallette che contraddistingue ormai da anni il nostro gruppo. La mattina della domenica, dopo essere stati svegliati dal cinguettio degli uccellini e dalla risacca del mare, i nostri eroi hanno lasciato senza rimpianti l’inospitale campeggio e si sono diretti verso Bova, centro principale dell’area grecanica in Calabria. La cittadina è stata raggiunta attraverso una strada dalle pendenze incredibili, che si spalanca su un grandioso panorama nel cuore dell’Aspromonte, tra vallate scoscese, campi disseminati di fiori selvatici e grotte che si aprono sulle montagne come orbite vuote, usate come rifugio e nascondiglio dai briganti per secoli. Il borgo è aggrappato alle pendici di una rocca a 850 metri di altitudine ed è un insieme di vicoletti tortuosi in forte pendenza e di slarghi, su cui si affacciano costruzioni dalle facciate in pietra viva di impronta bizantina, mentre un po’ ovunque si notano cartelli con scritte sia in italiano che in greco I nostri eroi davanti la locomotiva che fa bella mostra di sé nella piazza principale di Bova IL CLUB n. 88/89 – pag. 5 antico e dialetto grecanico, come ulteriore riprova del bilinguismo che ha caratterizzato per secoli questa zona, fortemente influenzata dalla cultura greca, ma che purtroppo si va perdendo, dato che molti giovani non capiscono più la lingua parlata dai più anziani. Dopo aver ammirato l’antica locomotiva che fa bella mostra di sé nella piazza centrale dell’abitato, dono delle Ferrovie dello Stato che ha richiesto due interi giorni di lavoro per essere trasportata a pezzi e quindi riassemblata dopo l’arrivo alla stazione posta sul livello del mare, ci siamo inerpicati attraverso i vicoletti dell’abitato, illeggiadriti da alcuni colorati murales, fino alla sommità della rocca, dove si ergono i resti del castello normanno, da cui si gode una vista mozzafiato sulle vallate sottostanti e alla cui sommità si innalza una croce sotto la quale, secondo la leggenda, si nasconde il cosiddetto tesoro della regina, che potrà essere ritrovato soltanto da una donna che salirà nuda sulla rocca a mezzanotte e che, dopo aver posato il piede su un’impronta visibile, si farà avvolgere da un serpente che ha la funzione di guardiano del tesoro. Inutile dire che, con delle prove così impegnative, non si è ancora trovata nessuna novella Eva disposta a fare la volontaria per eseguire l’esperimento e intanto il fantomatico tesoro della regina continua ad aspettare la sua nuova proprietaria… Anche noi abbiamo preferito continuare le nostre esplorazioni, visitando le grotte che si aprono sulla rocca e poi ridiscendendo verso l’abitato sottostante, fino alla Chiesa Madre, sotto il cui pavimento sono stati scoperti un insieme di loculi che ospitavano resti umani, e fino alla vicina Chiesa di San Leo, arricchita da affreschi di impronta moderna, per proseguire poi fino ai resti della Torre Normanna. E poi ci siamo ritrovati tutti insieme seduti intorno ad un lungo tavolo all’aperto (sorpresa organizzata dal presidente insieme agli amici Emanuele e Mimmo), a consumare il nostro pranzo domenicale in un clima di allegria e goliardia, cui ha fatto da contrappunto la nostra fama (per tacere della fame!!!) di cavallette incallite, misticamente concentrate nel divorare quintali di antipasti calabresi, come capocollo, soppressata, lardo, formaggi, sottaceti e calienti peperoncini; si è Le cavallette all’opera in un pranzo del tutto ...improvvisato a Bova. In basso il panorama della cittadina situata nel cuore dell’Aspromonte poi continuato con dei sublimi maccheroni fatti in casa e conditi con sugo di maiale e con la salsiccia pepata e arrostita sulla carbonella tra dense volute di fumo profumato, il tutto innaffiato da vino di casa e spolverato a tempo di record dalle mandibole più veloci ed efficienti di tutta l’Europa meridionale. Un pranzo per buone forchette... Quindi, con le panze traballanti ma i camper perfettamente allineati, i presenti si sono diretti a Gerace, splendido borgo murato di IL CLUB n. 88/89 – pag. 6 età medievale, parcheggiando i mezzi ai piedi del borgo medievale per poi salire sulla rocca a bordo del trenino dove, al suono della musica, il gruppo si è abbandonato alla consueta caciara, condita da balli sfrenati e da tanta allegria. Dopo avere smaltito in questo modo un po’ di calorie, ci siamo dedicati ad una prima esplorazione del borgo, fermandoci ad ammirare le rovine del castello normanno e la splendida Cattedrale dell’XI secolo, dalla pianta a tre navate, separate da colonne in marmo diverse tra loro, perché materiale di risulta di antichi templi pagani; al di sotto della Cattedrale si trova una cripta scavata nella roccia che ospita una cappella del XIII secolo con la Madonna dell’Itria e un notevole Tesoro, che vanta pregevoli pezzi di oreficeria sacra. Dopo la sosta sacra, non contente delle abbondanti calorie già ingurgitate nel corso del pranzo “improvvisato”, le cavallette si sono una gelateria per dieta quotidiana, nostre ineffabili poi fiondate in riequilibrare la prima di ridi- scendere - attraverso fica Porta del Sole e cittadino – ai camper no, al cui interno il la scenograil belvedere con il trenigruppo si è Sul trenino per la visita del centro storico di Gerace In basso foto ricordo davanti alle rovine del castello Ancora più in basso l’interno della grandiosa Cattedrale di Gerace scatenato sempre di più in balli e atmosfere da autentica discoteca, tra le grida di gioia dei bambini e le panze oscillanti degli adulti. Infine, i nostri eroi sono approdati ai rispettivi camper, dove hanno suggellato con un ben meritato riposo la fine della splendida giornata. Il giorno dopo, lunedì 30 aprile, sempre a bordo del trenino, siamo tornati sulla rocca, visitando la chiesa del Sacro Cuore, un po’ malridotta a causa dell’umidità, e poi la chiesa di San Francesco, con un magnifico altare monumentale ricoperto di tarsie marmoree multicolori, che danno vita a miniature di monumenti cittadini e di animali, dietro il quale c’è il sarcofago in marmo scolpito di un antenato della regina del Belgio, Paola Ruffo; adiacente alla chiesa vi è il chiostro dei francescani, parzialmente in rovina, che è immerso in un suggestivo intrico di vecchie pietre, sommerse dalla vegetazione e dai fiori di campo. Nella stessa piazza si innalza la chiesetta di San Giovannello, di rito ortodosso, che risale al X secolo ed è stata riaperta da qualche anno al culto di rito greco. All’interno della Chiesa di San Francesco, sempre a Gerace Quindi si è dato il via anche all’esplorazione dei negozi di prodotti tipici, che mettevano in mostra capocollo, prodotti a base di peperoncino, definito il viagra dei poveri, che i partecipanti si sono affrettati ad acquistare, perché “prevenire è meglio che curare”, e di essenza di bergamotto, oltre ad una gioielleria di monili di ispira- IL CLUB n. 88/89 – pag. 7 zione bizantina dai prezzi purtroppo inavvicinabili. Quindi la carovana dei camper ha ripreso la statale jonica in direzione nord fino a Monasterace Marina, da dove ha imboccato la S.S. 110 fino alla cittadina di Stilo, situata tra le pieghe del Monte Consolino, e qui si è sistemata nella piazzetta Nassirya. E’ seguita una passeggiata tra i vicoli del borgo, fino al malandato duomo, caratterizzato da un ornato portale a ogiva di impronta gotica, accanto al quale si notano i piedi di una statua pagana infissi nella facciata come segno della vittoria cristiana sul paganesimo. Quindi è continuata la scalata del borgo che diede i natali al filosofo Tommaso Campanella, fino a giungere al monumento cittadino più significativo, la Cattolica, chiesetta bizantina del X secolo, sovrastata da cinque cupole, con tracce di affreschi all’in-terno, che risale al periodo in cui la zona circostante era sotto l’influsso di monaci bizantini, in fuga dalla Turchia e dalla Grecia sotto la minaccia degli iconoclasti che non tolleravano la visione di figure umane all’interno degli edifici religiosi. In sosta a Bivongi sta dell’oriente, rinchiudendosi in questo eremo tra le rocce. L’eremo divenne con il trascorrere dei secoli di rito latino e ai giorni nostri ospita un venerato Santuario. La grotta col Santuario di Monte Stella, vicino Bivongi Davanti la Cattolica di Stilo La tappa seguente è stata nella vicina località di Pazzano, presso l’Eremo di Monte Stella dove, a poco più di 800 metri di altitudine, in uno scenario denso di boschi e di vallate verdissime, si trova una suggestiva grotta che sembra sprofondare nelle viscere dell’Aspromonte; qui nell’VIII secolo si rifugiarono alcuni monaci basiliani in fuga dalla furia iconocla- Quando vi si giunge si prova una forte emozione e si coglie ancora la profonda spiritualità che emana dalle rocce, dalla statua della Madonna, visibile nella semioscurità della grotta, e dagli antichi affreschi dell’Annunciazione che ancora si riescono a cogliere sulle pareti di roccia. Sotto la grotta superiore se ne spalanca una più ampia, sorvegliata dalla statua del Redentore, che si apre sulle vallate sottostanti con un notevole effetto scenografico. Qui sembra di essere realmente al di fuori dei confini del mondo e non è difficile IL CLUB n. 88/89 – pag. 8 capire lo stato di serenità che doveva cogliere i monaci rifugiatisi in questo lembo di paradiso in terra. Dopo questo tuffo nella spiritualità ci siamo spostati in serata nel confinante paese di Bivongi, dove i camper hanno trovato approdo nei pressi del campo sportivo, a ridosso delle case del borgo, mentre le nostre voci riecheggiavano tra le pietre, fino a quel momento sonnolente, dell’abitato. E, dopo aver fatto incetta di capocollo e pecorino fresco in un negozio vicino, i nostri eroi si sono ritirati piuttosto stanchi nei loro appartamenti su ruote. La mattina di martedì 1° maggio, dopo una rigenerante notte di sonno, un risveglio sotto un sole radioso e una prima colazione a base di ricotta calda con il siero preparata a due passi dai camper per le indomabili cavallette del gruppo (!!!), ci siamo spostati verso il Monte Consolino, a 4 chilometri dal centro di Bivongi, fino al Convento di San Giovanni Theristis, situato sulla sommità di una collina a dominio di un magnifico panorama di vallate verdeggianti, intervallate dai mille colori dei fiori di campo. Si tratta dell’unico convento ortodosso sopravvissuto in Italia e nell’Europa occidentale, le cui origini risalgono all’X secolo, quando alcuni monaci provenienti dalla Grecia e dalla Sicilia, si stabilirono su queste montagne. La struttura fu poi abbandonata a metà del ‘600 dagli ultimi monaci rimasti, in difficoltà dopo lo scisma d’Occidente e l’intransigenza del Papa, fino a cadere quasi in rovina. Nel 1994 alcuni monaci greci, provenienti dal Monte Athos, sono tornati tra le rovine del vecchio monastero e, dopo essere vissuti alcuni anni in totale eremitaggio tra le rovine del monastero, senza tetto hanno cominciato a ricostruire la chiesa; della struttura era rimasta in piedi soltanto l’abside, su cui sono visibili ancora tracce dell’affresco del ‘300 che mostra San Giovanni, cui il con- sterno e i monaci eremiti; penetrando all’interno della chiesa coloro di noi che sono stati in Grecia, in Bulgaria e in Romania, hanno avuto la netta sensazione di un dejà-vù, respirando l’incenso e ritrovandosi davanti all’iconostasi, al grande lampadario affrescato rischiarato dalla luce tremolante delle candele, e alla parete affrescata di collezionare tante preziose esperienze di vita e tanti incontri con culture diverse, da cui usciamo arricchiti e con la possibilità di godere di una visione molto più ampia del mondo che ci circonda. Un’icona della chiesa di San Giovanni Theristis I nostri soci al Convento di San Giovanni Theristis, l’unico centro ortodosso di tutta l’Europa occidentale. In basso l’interno della chiesa vento è per l’appunto dedicato, con in mano la falce mentre raccoglie il grano, in relazione ad uno dei suoi miracoli più famosi, secondo il quale avrebbe raccolto il grano di un vasto appezzamento di terreno in pochissimo tempo mentre una pioggia torrenziale stava per distruggere tutti i raccolti. Nel corso degli anni i monaci ortodossi hanno ricostruito la chiesa e i loro alloggi, creando un’autentica oasi di pace e di silenzio, al cui interno siamo stati ricevuti dalla guida del convento, che fa da tramite tra il mondo e- in stile bizantino che ritrae alcuni monaci eremiti che hanno lasciato traccia nella religione ortodossa. Il misticismo che pervade l’edificio religioso ci è penetrato sottopelle, lasciandoci profondamente commossi ed emozionati; si è trattato di un tuffo in una dimensione spirituale che ci è sembrata lontanissima dalla vita frenetica e consumistica in cui siamo costretti ad immergerci ogni giorno. Ma, come saggiamente ha commentato la nostra guida, almeno noi camperisti, a bordo delle nostre casette su ruote, abbiamo la possibilità IL CLUB n. 88/89 – pag. 9 Infine siamo stati costretti a lasciare quest’oasi di pace, appartenente al Patriarcato di Costantinopoli, decisamente a malincuore: purtroppo, nell’arco di qualche ora sarebbe scaduta la nostra fuga dal quotidiano ed era necessario tornare verso casa, anche se alcuni fortunati sono riusciti a godersi qualche altra ora di libertà predisponendosi per il rientro il giorno successivo. Ancora tutti insieme abbiamo percorso a ritroso la S.S. 110 fino al litorale jonico e, dopo un breve tratto di S.S. 106, abbiamo imboccato la S.S. 682 che ci ha condotto ben presto sul Tirreno, all’altezza di Rosarno, lungo una serie infinita di viadotti che tagliano in due l’Aspromonte. Quindi ci sono stati i saluti di arrivederci tra chi rimaneva e chi era costretto a tornare a casa in serata e il gruppo è stato sciolto ufficialmente, ma con il magone in gola e la decisa voglia di continuare a vagabondare, esplorando i tesori che ci circondano e godendo della reciproca compagnia. D’altro canto la bellezza della natura, la forza del misticismo (in parte proveniente dall’altra sponda del Mediterraneo) con cui siamo entrati in contatto e il piacere della compagnia sono stati sicuramente i punti di forza di questi magici giorni che hanno accomunato 13 camper e 36 persone. E, anche se imbarcandoci sul traghetto per la Sicilia abbiamo avuto la netta percezione del ritorno a casa, un po’ tutti ci siamo ritrovati a sognare ad occhi aperti le prossime fughe… Testo di Mimma Ferrante Foto di Larisa Amenta e Maurizio Karra Un tuffo nella natura E’ quello che abbiamo fatto nel week-end del 18-20 maggio, andando a zonzo fra gli scenari incontaminati dei Nebrodi, in mezzo ai boschi fra San Fratello e Cesarò, esplorando boschi magnifici, tesori architettonici e ovviamente… gastronomia e sapori genuini L’ obiettivo era chiaro: ossigenare polmoni e cervello, entrambi intossicati dallo smog e dallo stress della vita quotidiana; e quale luogo migliore per farlo dei Nebrodi, quell’isola verde nell’isola siciliana che ne fa un’autentica oasi alpina in pieno Mediterraneo (le “Dolomiti di Sicilia”)? Infatti, a differenza del familiare giallo che caratterizza l’interno della Sicilia con i suoi panorami brulli, riarsi e sassosi, qui ovunque spazi lo sguardo si susseguono boschi verdissimi, torrenti impetuosi e vertiginose pareti di pietra che hanno numerosi punti di contatto con gli scenari alpini. Così la sera di venerdì 18 maggio ci si è dati appuntamento nella cittadina di San Fratello, dove i camper dei soci partecipanti alla gita hanno posteggiato nel parcheggio del Parco Urbano, nei pressi del campo sportivo, a onor del vero con qualche difficoltà, dato l’esubero dei presenti rispetto al numero indicato nella circolare del raduno. Difficoltà logistiche che si sono accavallate nel corso del fine settimana, data la presenza di ben 23 camper oltre al vice presidente in auto, invece dei 16 accoglibili come numero massimo, con la conseguente perdita di tempo e di ingegno necessaria a sistemare un terzo di mezzi in più rispetto a quelli che le dimensioni dei parcheggi avrebbero consentito. Per fortuna, dopo le difficoltà di parcheggio, la sera del venerdì è cominciata all’insegna della dolcezza che ha visto tutte le cavallette presenti affilare, anche nel dopo cena, denti e mandibole davanti all’ottima torta di mele e mandorle preparata dalle sapienti mani di Alida Gulotta; inutile dire che in un tempo molto breve dell’enorme torta sono rimaste soltanto le briciole, anch’esse adocchiate famelicamente dalle ineffabili cavallette. Dopo il rientro nei camper si è scatenata per tutta la notte la pioggia, ma già la mattina del sabato il sole occhieggiava tra le nu- vole, confermandoci tempo ottimo per il resto del raduno come assicuratoci dagli sciamani del gruppo, Enrico e Maurizio. Così, sotto un cielo pressoché azzurro, ha preso il via la visita guidata di San Fratello, fondato da una colonia di lombardi venuti al seguito del conte Ruggero il normanno. Le origini medievali dell’abitato sono chiaramente percepibili lungo i suoi numerosi vicoletti e le casette in pietra viva, nonostante la rovinosa frana che nel 1922 si è portata via la parte più antica del borgo; le sue tradizioni permangono inalterate, come quella che comprende la lingua locale, un idioma gallo-italico che si è conservato in modo inalterato, un affascinante mix di francese, siciliano e italiano che tuttora viene parlato soprattutto dagli anziani. Nel corso della visita i nostri eroi hanno visitato la pregevole Chiesa Madre dedicata a Maria Assunta, che ospita uno splendido altare monumentale con un commovente crocifisso di Fra Umile da Petralia e le reliquie dei tre santi protettori del paese, i martiri Alfio, Filadelfio e Cirino, il cui culto è molto sentito tra i fedeli. Con la torta di Alida inizia la gita sui Nebrodi In basso foto d’epoca di San Fratello IL CLUB n. 88/89 – pag. 10 La facciata della Chiesa Madre di Santa Maria Assunta Adiacente alla chiesa vi è un suggestivo chiostro francescano che reca tracce di antichi affreschi sui santi e sui martiri francescani, in cui si respira un’atmosfera di profonda serenità in cui i monaci del convento dovevano rifugiarsi, al riparo dalle brutture del mondo esterno. Nella parte alta dell’abitato vi è, invece, la chiesa ottagonale del Crocifisso, ormai chiusa al culto, che ospita diverse tele e statue di impronta sacra, ma anche una mostra fotografica sugli usi e costumi del borgo, illustrati da foto d’epoca, e due costumi dei cosiddetti Giudei, dall’impronta decisamente vistosa. Questi ultimi vengono indossati da alcuni figuranti i giorni del mercoledì, giovedì e venerdì santo, quando si svolge la cosiddetta Festa dei Giudei, un’antichissima rappresentazione che vede i protagonisti, incappucciati e muniti di tromba e di elmo, irridere alla passione di Gesù, replicando la gazzarra e la derisione che hanno accompagnato il Cristo al Calvario. A fine mattina si è poi proceduto anche alle esplorazioni gastronomiche del borgo, con incetta di profumatissima salsiccia, di pane di casa, di biscotti dalle mille forme e sapori e di vino locale, dimostrando ancora una volta che la cultura e il bisogno di conoscenza passa anche dallo …stomaco. Dopo il pranzo, decisamente non frugale, la carovana dei camper si è messa in moto lungo la statale 289 che penetra profon- damente nel cuore dei Nebrodi, attraverso un panorama magnifico che spazia sui boschi in cui i faggeti si alternano agli aceri, ai frassini e agli agrifogli, dando vita ad una tavolozza che si stempera dal verde al marrone e al giallo, fino a trascolorare nel grigio profondo delle scarpate scoscese, in tutto simili a profonde ferite aperte dalla natura. E mentre lo sguardo spaziava in alto, verso un cielo che sembrava più vicino, più a misura d’uomo, si era attirati dall’inconsueta visione di numerosi uccelli che si libravano in volo. Immersi in questo scenario magico si è raggiunto il Passo della Miraglia, a ben 1.524 metri di altitudine, proseguendo fino alla cittadina di Cesarò, che la carovana ha superato per fermarsi qualche chilometro più avanti presso il caseificio Savoca, situato in una vallata sottostante e raggiungibile attraverso una strada in forte pendenza che ha messo in difficoltà diversi mezzi. Gli animi si sono rincuorati, però, davanti allo spettacolo dei contenitori di ricotta e delle forme di tuma e di pecorino offerte in assaggio, che le nostre cavallette hanno dimostrato di gradire oltre ogni limite. Dopo gli inevitabili acquisti di queste autentiche golosità, si è ripresa la via del ritorno, affrontando con qualche patema d’animo la notevole salita che collegava la fattoria alla statale e avendo incontri ravvicinati con diverse mucche che, al ritorno dal pascolo, non volevano sentirne di dare la precedenza a questi strani e ingombranti mezzi. Quindi si è percorsa la strada a ritroso fino all’agriturismo “Villa Miraglia”, dove con le difficoltà già dette si sono sistemati i 23 camper della carovana. E’ seguita Foto di gruppo nel Chiostro della Chiesa Madre di San Fratello In basso le cavallette all’opera presso il caseificio Savoca di Cesarò IL CLUB n. 88/89 – pag. 11 Due immagini dei nostri soci nel Parco dei Nebrodi: in alto mentre con i camper e in basso al Lago Maulazzo I boschi del Parco si estendono a perdita d’occhio, inframezzati da pianori, spesso solcati da ruscelli una breve riunione del direttivo del Club, nel corso della quale si sono messi a punto i programmi e i viaggi dell’estate incombente, e poi ha avuto inizio il rito della cena, con le oltre cinquanta cavallette presenti che si sono tuffate fra i sapori genuini dei Nebrodi, dimostrando di gradire parecchio gli antipasti della casa, i sublimi maccheroni con sugo di maiale e funghi, l’arrosto misto e la paradisiaca torta al pistacchio, spazzolando via tutto con l’aiuto del buon vino a tempo di record. E poi, rientrati nei camper parcheggiati come sardine in scatola, finalmente è seguita la nanna che è riuscita a pacificare le panze ballonzolanti dei presenti. La mattina della domenica, sotto un cielo radioso e una luce magnifica, la carovana di camper si è spostata di qualche chilometro, deviando al bivio per Monte Soro fino allo spiazzo della Madon- nina, dove con le consuete difficoltà i mezzi si sono sistemati; qui i nostri eroi si sono trovati davanti ad uno scenario splendido, dato che da questo privilegiato punto di osservazione si poteva scorgere sia la suggestiva sagoma innevata dell’Etna che, dalla parte opposta, i profili delle isole Eolie che emergevano come visioni oniriche dal mare. Quindi ha preso il via la bellissima passeggiata naturalistica tra i boschi che era, fin dall’inizio, l’obiettivo principale della gita, in un contesto ambientale di rara bellezza, tra pinete, ruscelli che scorrevano a lato del sentiero, ciclamini e fiori di campo che emergevano con i loro splendidi colori dal sottobosco e il cinguettio di uccelli di ogni tipo, facendo sentire i presenti come dei novelli Adamo ed Eva in un rinnovato paradiso terrestre, ma senza serpente. IL CLUB n. 88/89 – pag. 12 Dopo circa tre chilometri di piacevole passeggiata la comitiva ha raggiunto il lago Maulazzo che si è concretizzato davanti agli occhi dei presenti come un miraggio, con le placide acque su cui galleggiavano le piante di ninfee e su cui si affacciavano i pini e le piante del sottobosco, mentre i boschi circostanti incorniciavano la radura in una sorta di abbraccio arboreo di grande fascino. E, dopo le foto di rito, si è ripreso lentamente il ritorno verso i camper, godendosi ancora una volta la magnifica natura incontaminata e approfittando del percorso per godere anche della compagnia reciproca, con lunghe e rigeneranti chiacchierate tutti insieme. Quando la sagoma dei camper si è concretizzata davanti agli occhi dei presenti è stato quasi come risvegliarsi da un magnifico sogno ad occhi aperti; ma il panorama dei prati verdissimi punteggiati dai fiori di campo ci ha accompagnato anche durante il pranzo domenicale, dandoci l’arrivederci da una delle oasi naturalistiche più belle della Sicilia, questa nostra splendida isola sospesa nel Mediterraneo che ci permette di alternare paesaggi marini a scenari alpini di incredibile bellezza. E meno male che c’è il camper per goderseli tutti… Testo di Mimma Ferrante Foto di Maurizio Karra Le novità del nostro sito web E’ partita finalmente l’area riservata ai soci P rossimo al traguardo delle 300.000 visite dall’inizio del 1999, il sito Internet del Club cerca di rendersi più utile nei confronti dei soci. Pur in progetto da lunga data, come tantissime altre cose che purtroppo risentono di incolmabili problemi di tempo libero, è stata infatti attivata sul nostro sito la sezione privata per i soci. Si tratta di un piccolo primo passo che si è voluto rendere disponibile in prossimità dei viaggi estivi. Sono infatti presenti nell’area riservata ai nostri soci le schede notizie sui paesi esteri raccolte dai nostri soci nel corso di anni di viaggi e l’elenco dei punti di sosta presenti su tutto il territorio nazionale. Nella sezione saranno presenti da adesso anche le news interne relative all’associazione che, se pur ancora disponibili nella home page pubblica, potranno essere solamente consultate in seguito all’inserimento delle proprie credenziali per l’accesso alla zona protetta. Al pari di una segreteria virtuale del Club, la zona riservata potrà diventare sempre più importante per la gestione del rapporto dei soci, tanto tra loro, quanto con il Club. Prossimi obiettivi di sviluppo saranno, in un tempo purtroppo non preventivabile ma che si spera possa essere il più breve possibile: • un'area dati personali tramite cui sarà possibile personalizzare le proprie credenziali per l'accesso e tenere aggiornati i dati anagrafici e i recapiti telematici e postali, per favorire la comunicazione interna; • una lavagna virtuale a disposizione dei Soci per colloquiare tra loro e con il Club: un muro dove appendere i nostri post-it per segnalare qualsiasi cosa "lecita" ci passi per la mente e sia naturalmente in sintonia con il sito; • un'area riservata al “mercatino” dove si potrà vendere ogni tipo oggetto relativo al nostro ambito, dal camper alla videocamera; l'accesso alla sezione sarà previsto solo tramite quest'area con l'opportunità, a giudizio dei soci che esporranno, di rendere pubblica sul web la propria in- La home page del sito e una pagina della sezione riservata ai soci • serzione o tenerla riservata; la gestione diretta delle schede di viaggio: si potrà intervenire per tenere aggiornate ed ampliare tutte le schede presenti in archivio che come già detto, in questa prima fase, sono unicamente disponi- IL CLUB n. 88/89 – pag. 13 bili per il download. Molto lavoro, quindi, per il quale ogni suggerimento o contributo da parte di tutti sarà naturalmente auspicato e gradito. Giangiacomo Sideli I viaggi dell’estate 2007 Dai ghiacciai del grande nord al viaggio-pellegrinaggio a Santiago de Compostela, dal mare della Sardegna al viaggio nella memoria dell’Olocausto: questo e tanto altro nei tour di gruppo in programma quest’estate per i soci del Club S ono ben dieci i viaggi di gruppo che sono stati organizzati quest’estate per nostri soci, un po’ dappertutto in Italia e in Europa, da metà giugno a metà settembre; e molteplici sono le finalità che i vari organizzatori hanno voluto dare ai loro programmi che, come ogni anno, sono riservati ai nostri soli soci. mente culturali e naturalistiche. Particolarmente interessante per gli amanti della fotografia si presenta la parte fra il territorio delle Fiandre e la Loira Atlantica per i paesaggi del tutto unici che si incontreranno nel tour, che si propone quindi a persone motivate e piene di curiosità. Tour de France Organizzatore: Giovanni Pitré Le mete Dal Reno all’Atlantico Organizzatore: Maurizio Karra Inizio viaggio e durata: 15 giugno – 30 giorni; Itinerario: Da Palermo per Civitavecchia, quindi veloce attraversamento dell’Italia fino al confine di Como-Chiasso e della Svizzera sulla direttrice Lugano-Zurigo-Sciaffusa; entrati in Germania soste a Tubinga, Stoccarda, Baden Baden e Karlsruhe; quindi arrivo in Lussemburgo e visita della capitale del Granducato e di Echternach, Mullerhall, Beaufort, Vianden e Diekirch; passaggio in Belgio e visite di Dinant, Namur, Binche, Mons, Bruxelles, Lovanio, Mechelen, Anversa, Gent e Bruges; percorrendo la strada costiera atlantica attraversamento del confine con la Francia e visita di Boulogne sur Mer, del Parco Ornitologico della Baia de la Somme, Fecamp, Honfleur, Deauville, Caen, Fourges, Nantes, il Parco del Marais e delle Sables d’Olonne e il porto della Rochelle; infine, via Bordeaux-Lione, arrivo in Savoia e visita di Chambery, Annecy e ChamonixMont-Blanc; rientro in Italia dal traforo del Monte Bianco e arrivo a Palermo (6.000 km. oltre le tratte via mare). Note: Il programma è imperniato soprattutto sulla visita del Lussemburgo e del Belgio, ma anche di alcune regioni di altri due Paesi dell’Europa: la Germania (Westfalia) e la Francia (Franca Contea, Pays du Nord, Normandia, Loira Atlantica, Aquitania e, prima del rientro in Italia, Savoia). Si tratta di un viaggio con caratteristiche pretta- Inizio viaggio e durata: 6 luglio – 22 giorni Itinerario: Palermo-Genova con traghetto, quindi attraverso il traforo del Monte Bianco arrivo in Francia via Chambery; visita di Parigi, Eurodisney e Versailles; trasferimento in Normandia con soste a Mont-Saint-Michel, Saint Malo, Cap Frehel, Saint Pol de Leon, Brest, Point de Penhir, Point du Raz, Lorient, le dune di Pilat; quindi, via Carcasson, rientro in Italia e via Genova discesa a Palermo (5.200 km. oltre alla tratta in traghetto PA-GE) Note: Viaggio improntato al relax e alla visita di luoghi storici, culturali e naturalistici, soprtattutto fra Normandia e Bretagna, il tour è particolarmente studiato per la classica famiglia con figli al seguito; i pernottamenti sono previsti tutti in campeggio o aree attrezzate. La Valle del Reno Organizzatore: Filippo Santonocito Inizio viaggio e durata: 6 luglio – 22 giorni Itinerario: Palermo-Civitavecchia con traghetto, quindi, superamento del confine con la Svizzera e con la Germania; una volta a destinazione, soste a Triberg, Freudenstadt, Baden Baden, possibile deviazione a Parigi per una visita di qualche giorno della capitale francese, quindi reintro in Germania e proseguimento per Colonia, Eltville am Rhein, Geisenheim, Rudesheim am Rhein, Koblenza, Sankt Goar, Bacharach, Reichenstein, Bingen; IL CLUB n. 88/89 – pag. 14 quindi rientro in Italia e veloce discesa a Palermo (5.000 km. oltre alla tratta in traghetto PACivitavecchia) Note: Il viaggio rappresenta una full immersion nel paesaggio idilliaco della Valle del Reno, caratterizzato da colline ricoperte di boschi, ripidi vigneti e maestose formazioni rocciose. Il tour, che offre un ampio ventaglio di opportunità per scoprire una natura assolutamente unica, ha per obiettivo l’esplorazione di una valle che, con i suoi straordinari panorami e le numerose fortezze, è il simbolo del romanticismo tedesco. La Polonia Organizzatore: Luigi Fiscella Inizio viaggio e durata: 8 luglio – 26 giorni Itinerario: da Palermo al confine col Brennero, quindi veloce attraversamento di Austria e Rep. Ceca e arrivo in Polonia; qui giunti, visite dei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau e proseguimento per Cracovia, Wieliczcka, Zakopane, Lancut, Sandomierz, Baranow Sandomierskin, Zamosc, Lublino, Kazimiers Dolny, Chesztockowa e Wroclaw; quindi, via Rep. Ceca e Germania rientro in Italia e arrivo a Palermo (circa 6.400 km.) Note: Si tratta di un viaggio orientato alla conoscenza di alcuni siti e città della Polonia, anche di quelle meno conosciute del sud del Paese che nulla da invidiare per bellezza, storia e cultura alle più importanti e note. I pernottamenti sono previsti in campeggio o, laddove non presenti, aree attrezzate e parcheggi custoditi. La Scandinavia e il Baltico Organizzatore: G.Eduardo Spadoni Inizio viaggio e durata: 15 luglio – 30 giorni Itinerario: traghetto Palermo-Civitavecchia, quindi via Brennero, superamento dell’Austria e soste lungo la Romantische Strasse prima dell’ultimo slancio, dal porto di Puttagrden, per la Danimarca. Da qui, via Malmo e Goteborg in Svezia, arrivo nella capitale norvegese Oslo; quindi proseguimento per Trondheim, MoIRana, Bognes, isole Lofoten e Vesteralen, Narvik; di nuovo in Svezia a Kiruna, Haparanda, quindi in Finlandia a Tampere e Helsinki. Traghetto per Tallin e proseguimento per Riga, Vilnius e Kaunas; quindi via Danzica, Stettino e il Brennero, rientro in Italia (circa 14.000 km. più le tratte via mare) Note: Si tratta di un viaggio dall’intento soprattutto naturalistico che, pur senza giungere a Capo Nord, vuole spaziare un po’ su tutto l’universo scandinavo e, al ritorno, sulle capitali delle repubbliche baltiche. Saranno oggetto di visita culturale le principali città d’arte che saranno toccate nel corso dell’itinerario. I pernottamenti sono previsti in campeggio o parcheggi custoditi. Il mare della Sardegna Organizzatore: Giovanni Anello Inizio viaggio e durata: 21 luglio – 24 giorni Itinerario: traghetto Palermo-Cagliari e quindi tour delle coste sarde con soste a Chia, Porto Pino, Isola di San Pietro, Villacidro, Oristano, Putzu Idu, Boroneddu, Alghero, Stintino, Porto Torres, Sassari, Castelsardo, Palau, Orosei, Nuoro, Oliena, Cala Gogone, Arbatax, Gesturi, Barumini, Villaputzu, Villasimius, Cagliari; da qui rientro a Trapani con traghetto e arrivo a Palermo (1.400 km. oltre alle tratte via mare). Note: Cagliari è il punto di partenza e di arrivo di un itinerario che seguirà il periplo dell’isola, privilegiando quindi prevalentemente le strade costiere. Durante il viaggio, che ha come scopo preminente quello della vacanza a mare, saranno destinati anche alcuni giorni dedicati alla perlustrazione dell’entroterra (aree naturalistiche, siti archeologici), tutto comunque nell’ottica della presenza di bambini che, con la loro presenza, guideranno anche i grandi nelle loro scelte. I pernottamenti sono tutti previsti in campeggi o in aree attrezzate. La Croazia Organizzatore: Sergio Campagna Inizio viaggio e durata: 25 luglio – 21 giorni Itinerario: Da Palermo al confine italo-sloveno di Trieste, quindi attraversamento del confine istriano con la Croazia e visita di Rovinj, Pula e Rijeka; si punterà quindi a Zagabria per poi tornare sulla costa con le città di Zadar, Sibenik, Trogir, Spalato, Solin, Korcula e infine Dubrovnik. Da qui traghetto per Bari e rientro a Palermo (circa 4.000 km. oltre alle tratte in traghetto). Note: E’ un viaggio alla scoperta delle città d’arte della Croazia, in particolare di quelle che hanno conservato maggiormente l’impronta veneziana dei secoli passati. Nel corso del tour saranno privilegiate le visite a monumenti e musei, prevedendo comunque anche soste in pieno relax al mare. I pernottamenti sono previsti in campeggio o aree attrezzate. Città d’arte d’Italia Organizzatore: Ninni Fiorentino Inizio viaggio e durata: 26 luglio – 38 giorni Itinerario: traghetto Palermo-Napoli, quindi visita di Roma, Siena, Lucca, Firenze, Pisa, Torino, Milano, Verona, Trieste, Venezia, Ravenna, Bologna, Perugia, Assisi, Roma, Napoli, Pompei e Sorrento; infine traghetto Napoli-Palermo (circa 3.000 km. oltre alle tratte via mare). Note: Obiettivo del viaggio è la visita delle principali città d’arte della penisola, in un tour dai ritmi lenti che prevede brevi spostamenti e soste di più giorni in ogni località che sarà toccata, e sempre in campeggio. Un viaggio quindi di tutto riposo, particolarmente adatto a chi nel viaggio cerca relax e serenità e vuole evitare al contrario stress e fatiche. Attraverso l’Italia minore Organizzatore: Alessandro Siragusa Inizio viaggio e durata: 12 agosto – 25 giorni Itinerario: da Palermo in Sila, quindi Napoli, il Parco Nazionale d’Abruzzo, Terni, Orvieto, Todi, Spoleto, la Cascata delle Marmore, Assisi, Perugia, Gubbio, Arezzo, Firenze, Pisa, Livorno, Roma e rientro in Sicilia (circa 3.000 km.) Note: Dopo qualche giorno in Sila, il viaggio si snoderà fra i centri minori dell’Italia centrale, fra Lazio, Umbria e Toscana, attraversando ambienti e paesaggi in cui sono previste passeggiate naturalistiche anche di intere giornate sia a piedi che in bicicletta. La presenza di bambini al seguito fungerà da modello di riferimento per i ritmi da imprimere a tutto il tour. I pernottamenti sono previsti in campeggio o aree attrezzate. Il Camino de Santiago Organizzatore: F.sco Bonsangue Inizio viaggio e durata: 17 agosto – 28 giorni Itinerario: Da Palermo al confine con la Francia di Mentone; dopo IL CLUB n. 88/89 – pag. 15 qualche giorno di sosta in Provenza e in Camargue, arrivo via Carcasson e Lourdes nell’area pirenaica del Passo di Roncisvalle al confine fra Francia e Spagna da dove ha inizio l’itinerario classico del Camino de Santiago; soste in tutti i centri del Camino, fra cui Pamplona, Logrono, Burgos, Leon, Lugo e arrivo a Santiago de Compostela; quindi proseguimento per La Coruna, Oviedo, Santander, Bilbao e Saragozza e rientro attraverso il traforo del Monte Bianco in Italia e quindi a Palermo (circa 7.000 km.). Note: Particolare attenzione verrà dedicata agli aspetti paesaggistici e naturalistici, ai piccoli centri e agli innumerevoli castelli, chiese, abbazie, monasteri di cui è costellata la Spagna del nord. Ma vi è un terzo obiettivo, spirituale, che è anche la vera sfida del viaggio: non si vuole fare riferimento solo ad aspetti eminentemente religiosi, ma anche alla concreta capacità di fare nostro il senso del pellegrinaggio, della strada da percorrere insieme, della costante ricerca dell’armonia e della conciliazione delle diverse esigenze. Le tappe dedicate alla Francia mediterranea e al Camino de Santiago saranno normalmente non superiori ai 100 km. al giorno, il più delle volte frazionati. Le soste saranno preferibilmente in campeggi e strutture attrezzate. Norme sui viaggi Tutti i viaggi in programma sono riservati ai soci del Club Plein Air BdS. Ognuno di essi potrà subire modifiche nella data di partenza, nell’itinerario e nella durata per ragioni varie, indipendenti dalla volontà dei relativi organizzatori (spostamento del periodo di ferie, motivi di famiglia, ecc.). In ogni caso, per ragioni meramente logistiche a ciascun viaggio potrà partecipare un numero massimo di 4 equipaggi compreso l’organizzatore, tranne che questi, in deroga a tale numero, non sia disponibile ad aggregare un numero maggiore di equipaggi. L’organizzatore fungerà anche da capogruppo e rappresenterà il Club di fronte a terzi in tutto il viaggio; dovrà in particolare farsi carico di: • rappresentare per tutta la durata del tour, e nella migliore maniera possibile, l'immagine del Club, sia nei confronti dei partecipanti stessi (che avranno nell'organizzatore il punto di riferimento dell'associazione), sia nei confronti di tutti gli estranei al Club che durante il viaggio si avrà l'opportunità di incontrare (autorità locali, gestori di campeggi, ecc.), cercando di pubblicizzare le attività dell'associazione e informare sull'impegno di questa nell'ambito turisticoculturale e in quello del turismo responsabile; • utilizzare nel corso del viaggio il consueto borderò del Club per annotare i dati salienti di ogni giornata, da consegnare alla segreteria del Club a fine viaggio per aggiornare le banche dati; • predisporre (anche a più mani, e quindi con la collaborazione di altri soci partecipanti al tour) uno o più articoli destinati al giornale e al sito Web del Club, contenenti - anche in un box finale - la maggior quantità possibile di informazioni riguardanti il viaggio: in particolare i campeggi, i punti sosta e i camperservice utilizzati, i musei e i palazzi storici, i siti naturalistici, i siti archeologici, nonché informazioni sugli itinerari, i percorsi stradali, lo shopping, il clima, gli eventi socio-culturali e folcloristici, ecc.. Per quanto riguarda l'adesione dei soci ai vari programmi, tutti coloro che fossero interessati a uno dei viaggi in programma dovranno contattare al più presto direttamente l’organizzatore del viaggio prescelto, concordando con lui le modalità di partecipazione. I vari organizzatori terranno informati via via la segreteria del Club. Le iniziative collaterali Collegate all'organizzazione dei viaggi estivi, come ogni anno, vi sono due iniziative concorsuali, sempre riservati ai soci del Club. Il concorso fotografico e il calendario del Club Tutti i soci del Club (soci titolari e aggregati, cioè loro familiari purché conviventi) possono partecipare a un concorso fotografico, con esposizione delle fotografie in luogo e data che saranno successivamente comunicati. Il tema delle foto è libero (paesaggi, monumenti, persone, situazioni particolari, ecc.), anche se dovrà riguardare comunque momenti o episodi legati ai viaggi. L’esposizione delle foto sarà gestita, come nel più recente passato, in diverse sezioni: quattro IL CLUB n. 88/89 – pag. 16 dedicate rispettivamente alla Sicilia, all’Italia, all’Europa, ai Paesi extraeuropei, una dedicata a pose di natura e ambiente, una dedicata alla ritrattistica. Ogni concorrente potrà partecipare al concorso inviando alla Segreteria del Club entro il 10 ottobre 2007 un numero di fotografie compreso fra 5 e 8, ciascuna di dimensione 20 x 30, possibilmente da inserire in più di una sezione fra le sei già indicate. Ciascuna foto dovrà avere sul retro una targhetta adesiva con il nome del concorrente e il titolo della stessa. La valutazione sarà effettuata secondo modalità che saranno preventivamente comunicate; gli autori delle foto vincitrici riceveranno un simpatico premio. Tra le foto presentate alla mostra, quelle che più si prestano per soggetto, posa e tecnica, saranno inserite, come è ormai consuetudine, nel calendario dei soci per il nuovo anno (2008). La selezione sarà curata da una commissione interna al Club nominata dal direttivo. Il concorso giornalistico Tutti i soci del Club possono partecipare a un concorso giornalistico predisponendo uno o più articoli o reportage di viaggio, composti ciascuno da un minimo di 8.000 e un massimo di 30.000 battute. Gli articoli - che devono essere inediti - devono giungere alla redazione de "IL CLUB" via E-Mail oppure stampati su carta e registrati su dischetto, comunque in formato Word, insieme a delle foto a corredo, entro il 20 ottobre 2007. Tutti gli articoli saranno pubblicati successivamente nei vari numeri dello stesso bimestrale. La valutazione sarà effettuata da una commissione formata dai componenti della redazione de “IL CLUB”, tenendo conto del contenuto, della forma espressiva, della sensibilità dimostrata nella elaborazione del testo e delle informazioni pratiche in esso contenute (anche con un box a parte rispetto al corpo generale); gli autori degli articoli che risulteranno vincitori riceveranno quindi un simpatico premio. Ci rivediamo a settembre... Per consentire a tutti i soci di essere presenti, il raduno di fine estate si terrà quest’anno il 29/30 settembre p.v. Il programma sarà comunicato con apposita circolare. Parliamo di tecnica La pompa dell’acqua e la batteria servizi: due cose di cui ci preoccupiamo solo quando non funzionano... Il viaggio finisce qui: nelle cure meschine che dividono l’anima che non sa più dare un grido. Ora i minuti sono uguali e fissi come i giri di ruota della pompa. Un giro: un salir d’acqua che rimbomba. Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio. B uon Montale, è tanta lontana la similitudine, tra non saper più dare un grido o dare in un grido silenzioso, quasi un singulto, all’improvviso malfunzionamento di un organo del nostro camper che blocca i nostri sogni, il nostro viaggio? E cosa provoca in noi l’improvviso funzionamento della pompa dell’acqua montata sulla rimbombante parete, che silenziosa non è, nel bel mezzo del sognato e veloce riposino postprandiale, anche se in una rumorosa stazione autostradale? Queste sono cose che percentualmente possono capitare a tutti, e sono disagi superabili. Ben diverso è il possibile grido che può scaturire se un impianto di base da noi scelto, e pagato a caro prezzo, o aggiornato da personale non qualificato, non si dimostra all’altezza preventivata. Accertiamoci dell’omologazione, sigle incomprensibili e sconosciute ai più; chiediamo con impudenza e aspettiamo risposte chiare da chi - magari commerciante da poco - sconosce il prodotto venduto! Chiediamo la cilindrata; la potenza, la coppia, il relativo numero di giri e con quale diametro gomme sono sviluppati; la velocità raggiungibile nelle varie marce, l’accelerazione a pieno carico e il consumo; tutti termini interconnessi e ampiamente descritti in precedenza, come la struttura del telaio, le sospensioni e la relativa altezza ed effettuiamo prove comparative. E se la meccanica non soddisfa le nostre esigenze, ricerchiamo altro. Ricordiamo che a parità di meccanica e di infrastrutture ormai del tutto omologate, la differenza di costo si scarica sui volumi, e a parità di questi, sulla qualità. Ma la qualità è difficilmente oggettivabi- le, essendo formata da parametri misurabili con l’esperienza e con prove statistiche. Si pensi in genere alla robustezza: più grande è il camper, meno robusto esso è; più basso e lungo è il telaio, maggiore lo sbalzo posteriore, più pesante esso si presenta e con alta possibilità di interferire con lievi ostacoli, o con i rigori dell’omologazione (superati i 3500 Kg. non si va oltre gli 80 Km/ora in autostrada, e oltre i 7 metri di lunghezza non si può usare la terza corsia in autostrada!). Della qualità fanno parte l’accuratezza delle lavorazioni, l’isolamento, l’ingegnerizzazione complessiva, la praticità studiata delle soluzioni, contrapposti all’estemporaneità posticcia degli impianti che si nota anche su prodotti di pregio. Si pensi alla disseminazione forsennata di fusibili, sensori, segnalatori, che convivono bellamente con tubi d’acqua o di scarico delle batterie. Bisogna discernere, e molto, prima di acquistare. Ma non basta. Proviamo ad esempio i decibel emessi dalla pompa e control- Lo schema di una pompa dell’acqua completo dei suoi vari componenti IL CLUB n. 88/89 – pag. 17 liamone l’isolamento acustico e l’ubicazione: sarà possibile al tecnico, se non a noi, lo stringere o l’allentare le fascette metalliche (clamps) che bloccano i tubi senza smontare altro? Con le vibrazioni le fascette si allentano, anche se sono inox, americane e con le sedi di avvitamento perforate, cioè le migliori del mercato. Una pompa dell’acqua fra le più comuni e una piccola autoclave (o vaso d’espansione) La pompa, formata da alcuni cilindretti e da sottili membrane in gomma neoprenica che spingono l’acqua, è messa in funzione da un potente motorino. Ad ogni impulso per ripristinare la pressione nei tubi, dopo la perdita di valore per l’apertura dei rubinetti, esso si riavvia come la prima volta assorbendo oltre 5 Ampere, attraverso il pressostato, con lo “stop end go” di un microinterruttore a levetta (switch), i cui contatti si usurano con l’uso; non tutti sanno che il loro intervento è regolabile dall’esterno con una vite di regolazione. Per proteggere questo essenziale servomeccanismo, allungando il periodo del suo funzionamento; per diminuire l’estracorrente al suo intervento, risparmiando la carica della batteria, e per ottimizzare il flusso dell’acqua rendendolo costante e non fluttuante dovrà montarsi un’autoclave: si tratta di un piccolo accumulatore da un litro precaricato ad aria compressa. E’ previsto uno spazietto di comodo alloggiamento per la sua eventuale installazione? L’impianto ha tubazioni rigide, o ha tubazioni flessibili che si sostituiscono in parte all’autoclave con la loro elasticità, almeno quando sono nuove o non irrigidite dal freddo? E poi lo spazio di agibilità serve al controllo ed alla pulizia del filtro di ingresso pompa, svitabile teoricamente senza attrezzi. I filtri trattengono solo le impurità macroscopiche, ma non i microdepositi dati dallo sfaldamento dei serbatoi plastici. Nessuno monta filtri a maglia sottile in nylon, similmente a quelli della benzina. Per la potabilizzazione bisogna usare ioduri d’argento, meno aggressivi, ma più costosi dell’amuchina, proibita nei nuovi Combi Truma; adoperando al 90% acqua di pozzo o di serbatoio, dovendo fidarci dei controlli altrui, potremmo montare, tra il tanto superfluo, anche un potabilizzatore ceramico coadiuvato da una lampada a raggi U.V., anche se continueremo a bere acqua minerale! E per eliminare stress indotti, forniamoci di una pompa di riserva uguale a quella montata. A maggior ragione se essa è dell’ultimo tipo a controllo elettronico che varia i giri in funzione del prelievo; nulla è più frustante che rimanere senza acqua o asciugare un pavimento allagato. Ma chi alimenta la pompa, ma anche le altre apparecchiature? Diciamo subito: la batteria di servizio. Essa è compiutamente distinta da quella del motore, ed in genere, oggi, è anche di tipo diverso. Cercarne l’ubicazione è come la ricerca del santo Graal, ne ‘Il codice da Vinci’ di Dan Brown. Essa è posizionata spesso in anfratti inaccessibili per le piccole cure meschine ed essenziali che tutti noi possiamo espletare come manutenzione preventiva; ma se è di difficile accesso, altro che grido soffocato se dovesse scaricarsi sul più bello! Molte case non la includono nemmeno nell’equipaggiamento del camper per non ...innalzare il costo di listino. Ma come funziona un batteria? Una batteria è paragonabile ad un contenitore di acqua; la sua capacità è pari a quella di un normale serbatoio (90 litri equivalenti a 90 Ampere). Il serbatoio può pensarsi posizionato ad una altezza tale da fornire una pressione, cioè una tensione: 12 Volt sono una tensione più alta di 6 Volt e più bassa di 24 volt, il ché è intuitivo. Nella batteria, gli ioni liberi dopo le trasformazioni chimiche IL CLUB n. 88/89 – pag. 18 che vedremo, fluiscono in un filo, come fosse un tubo, con una intensità che si misura in Ampere, come fossero litri. Un filo chiuso su un circuito, ad esempio una lampada o un motorino, fa fluire una corrente di ioni; 24 Volt (tensione di alimentazione dei camion) fanno passare più corrente di 12 Volt: a parità di sezione di fili, maggiore sarà la velocità di trasferimento degli ioni liberati dalla batteria; mentre le vecchie auto e moto, che erano alimentate a 6 Volt, avevano pochi fili con una sezione enorme, perché la corrente passasse meglio, opponendo meno resistenza. Oggi sarebbe impensabile questo tipo di alimentazione con i Km di cavi necessari ai vari comandi; anzi si tende a digitalizzarli e a portare la tensione a 48 Volt, ottima per i servomeccanismi sempre più numerosi. Si tenga conto di ciò, ogni volta che si effettua una modifica elettrica: bisogna sempre largheggiare sui diametri dei fili, tanto più lunghi essi sono, per evitare cadute di tensione, energia che si dissipa riscaldando il filo e non arrivando all’utilizzatore. Diciamo che per ogni Ampere trasportato e per una lunghezza di 1 metro è necessaria una sezione di filo di 1 mm quadrato. Dagli esempi precedenti, si dedurrebbe che la batteria pesa tanto perché è un contenitore pieno d’acqua: dico subito di non cascare nella provocazione! Il peso, negli accumulatori al piombo, è dato essenzialmente dalle piastre. Quelle positive sono di perossido di piombo PbO2, le negative di piombo Pb poroso; ogni piastra fornisce circa 2 Volt; per ottenere i 12 volt ci vogliono quindi sei piastre. L’elettrolita è a base di acido solforico H2SO4 e acqua H2O. Durante la scarica si formano dei radicali liberi SO4 che si combinano col Pb poroso, che diventa PbSO4; anche il PbO2 diventa PbSO4; si liberano ioni che fluiscono, e tutto l’acido tende a trasformarsi in acqua, con l’ovvia conseguenza che con la batteria del tutto scarica e temperatura esterna prossima allo zero, si rischia il congelamento con solfatazione irreversibile delle piastre. Durante la carica avviene il processo inverso, con la trasformazione completa dei radicali liberi SO4 depositati sulle piastre, in acido. In questo caso essa congelerebbe a –68°. La densità del liquido indica lo stato di carica e la longevità della batteria: tutto bene se è 1,28 Kg/litro, tendente a 1 durante la scarica (peso specifico dell’acqua). L’elettrolita può essere gelificato, eliminando il rabbocco, e può essere a ricombinazione (parziale) dei vapori emessi, idrogeno e ossigeno, che vanno eliminati con tubicini verso l’esterno dell’abitacolo, ad impedirne la diffusione o lo scoppio per un eccesso di carica, se non controllata. Le piastre possono essere inglobate singolarmente in involucri plastici speciali ad evitare corto circuiti interni dovuti alle sedimentazioni di usura del piombo. Oggi nei nostri camper c’è spesso un led a luce colorata variabile che indica lo stato di carica della batteria. All’aumentare del freddo, essa tende ad annullare la sua capacità e innesca un effetto memoria, per cui deve essere sempre carica e non deve mai scaricarsi pena la sua possibile avaria: dico meglio, può farlo fino ad un certo valore soglia, oltre il quale le utenze non funzionano; questo limite in genere è segnalato dalle moderne centraline, anche acusticamente, e si pone a circa 11,5 Volt. La batteria è irreversibilmente scarica se la sua tensione arriva a circa 8 Volt. Da notare, per quanto detto, che la capacità di targa dichiarata non corrisponde quindi alla vera capacità di utilizzo e per due buoni motivi: scaricandosi, la tensione si abbassa, non essendo più utilizzabile per il funzionamento degli impianti; e se si dovesse abbassare troppo o annullare del tutto, la stessa batteria non sarebbe più utilizzabile. Va un po’ meglio con le batterie a tensione costante. Oltre 20 anni fa sono state introdotte per l’uso sui computer ed oggi sono usate come batterie di servizio nei nostri camper. Se è vero che si può esemplificare, non c’è nulla di meglio che, per analogia, in una batteria tradizionale, pensare alla vasca da bagno nella quale si può regolarne sia lo scarico d’acqua, sia il riempimento o carica, agendo o sulla valvola o sul rubinetto. Se poi blocchiamo la valvola di scarico, ma lasciamo aperta quella di troppo pieno, cioè posizioniamo una soglia, otteniamo una simulazione perfetta della batteria stazionaria o semi stazionaria, a tensione costante, nella quale questa è rappresentata dall’altezza di riempimento della vasca fino alla suddetta valvola: come dire 12 Volt costanti anche senza più corrente disponibile; in essa la carica in corrente è data dal di più che esce oltre tale valore nominale. Tale tipo di batteria non è adatta alle scariche brevi e violente e le sue piastre sono molto spesse. Infatti la targhetta (vedi foto) dice 12V, 75 A/h (5h), ma dice anche 90 A/h (20h): semplificando si ha che codesta batteria può fornire per 5 ore 15 Ampere (cioè 5x15=75 A/h), mentre è preferibile che essa possa scaricarsi in 20 ore, con 4,5 Ampere (cioè 20x4,5=90 A/h); essa assume una capacità maggiore se si scarica più lentamente! La batteria di servizio, esternamente e tecnologicamente è del tutto identica a quella motore, ma mentre la batteria motore può sostituire quella di servizio (nei vecchi camper erano addirittura uguali per maggiore sicurezza), oggi non è più possibile effettuare l’interscambio: quella di servizio Una batteria servizi – modello semistazionario IL CLUB n. 88/89 – pag. 19 non avrà mai lo spunto necessario e violento della seconda, pena la sua distruzione. La targhetta di una batteria motore (100 A/h 860 A) dice che essa è dimensionata per dare in modo teorico 100 Ampere/ora, ma che è possibile scaricare tutta la sua capacità in pochi secondi dando 860 Ampere, il tempo giusto di un buon avviamento, anche con fari accesi. Le sue piastre sono sottili o pieghettate o circolari (come nelle Optima) per incrementare i processi chimici velocissimi che vi avvengono. Qualunque sia la tecnologia adottata, esse hanno in comune la necessità di effettuare i cicli di carica in modo lento. Oggi ciò avviene con brevi impulsi, dati dallo spezzettamento della tensione continua che crea un’alta tensione alternata, raddrizzata e sequenziata negli alimentatori elettronici switching, nati pur essi per i computer, che hanno eliminato i pesanti trasformatori con raddrizzamento continuo (dozzinale) a diodi e la loro dipendenza dalla tensione d’ingresso (si pensi ai 110 Volt 60 Hz americani o ai 240 Volt della rete inglese). Di ciò potremmo anche non occuparci finché non andiamo a cambiare qualche parametro di costruzione che altera o compromette il bilancio energetico iniziale, sperando comunque che i progettisti ne abbiano calcolato a priori il possibile carico suppletivo. Si pensi al tipo di batteria, al caricabatteria, che oltre a quello visto, può essere ancora l’alternatore o il pannello fotovoltaico; o all’aggiunta di utenze come visori LCD, inverter, fari antinebbia, luci allo xeno, dal consumo proibitivo, o semplicemente il tenere in funzione la notte il riscaldamento a ventilazione; funzioni che richiedono sia un doppio pannello che una doppia batteria di servizio. Quanti sono i costruttori di camper che prevedono tutti i fusibili con gli allacciamenti accorpati all’alimentatore in un sito visibile ed accessibile o il doppio vano batteria dedicato ed isolato? Per non dire della pompa montata in una base ricavata sul serbatoio acqua, conformato ad U contro lo sciabordio, che assorbe qualsivoglia vibrazione. Nessun grido, in questo caso, sarà emesso! Giuseppe Eduardo Spadoni Fuori dal comune Tante idee e particolari innovativi caratterizzano l’X-Dream 526g, un semintegrale di fascia medio-alta prodotto dal nuovo marchio Dream del Gruppo SEA L a diversificazione dei marchi è, soprattutto nei gruppi industriali di grosse dimensioni, ormai una consuetudine: non fa eccezione la SEA che, accanto ai tradizionali Mobilvetta o Elnagh, ha da qualche anno varato il marchio Dream per caratterizzare una gamma di veicoli innovativi su cui sperimentare magari soluzioni che ritroveremo, nel giro di qualche anno, anche nelle altre produzioni. Quello che vi presentiamo qui è l’X-Dream 526g, un semintegrale dalle forti connotazioni e dalla ricca personalità, su motorizzazione Fiat Ducato 2300 o, a richiesta, 3000 che ben si adatta alla coppia esigente che nel proprio mezzo cerca soluzioni particolari e ricchezza di accessori e dettagli. Tipologia: semintegrale Meccanica: Fiat Ducato 2.300 da 130 cv (optional 3.000 da 160 cv) Lunghezza: m. 7,16 Larghezza: m. 2,32 Altezza: m. 2,75 Posti omologati: n. 4 Posti letto: n. 4 (2 matrimoniali) Serbatoio acque chiare: l. 125 Serbatoio acque grigie: l. 108 WC: kasset l. 17 Riscaldamento: Webasto 3500 Frigorifero: trivalente l. 150 Blocco cucina: 3 fuochi + forno Oblò n. 1 maxi + 2 cm. 40x40 Prezzo chiavi in mano: € 55.300 La pianta è moderna e funzionale, con un comodo living anteriore formato da una semidinette e da un divanetto laterale, cui si possono aggiungere per fare conversazione o per mangiare le due poltrone, girevoli, della cabina; il tavolo, di forma leggermente inusuale e allungabile, è stondato ai bordi e leggermente avanzato nella parte anteriore per favorirne l’uso a pranzo a chi sta seduto nelle due poltrone della cabina. Ricca la dotazione di antine, anche nella carenatura interna della cabina, dove sono presenti due pensili che si raccordano perfettamente con quelli presenti nella parte anteriore della cellula abitativa, sopra le dinette e il tavolo. Un altro particolare interessante è nella panca sotto il divanetto laterale: si tratta di un’antina a ribalta che consente di utilizzare parte del gavone come scarpiera, mettendo così a posto, fin dall’ingresso nel veicolo, scarpe e scarponi. Di fronte alla porta di accesso alla cellula abitativa si trova l’angolo cucina, completo e funzionale, con un grande lavello in acciaio, cappa aspirante, forno incas- IL CLUB n. 88/89 – pag. 20 sato alla base e vari cassetti e antine; unico neo la posizione del piano cottura nell’angolo interno del piano d’appoggio, raggiungibile con qualche difficoltà soprattutto dalle persone di statura più bassa, in quanto posizionato dietro il lavello. L’angolo cucina Tre prospettive dell’interno del semintegrale Il garage posteriore Dalla parte opposta si trova il bagnetto, comodo e funzionale, quasi superaccessoriato, con grande vano doccia separato; anche qui però notiamo un piccolo neo, la mancanza dell’oblò interno al tetto per consentire una ottimale aerazione e deumidificazione dell’ambiente. Il bagnetto dello X-Dream 526g Una porta scorrevole divide questa parte dalla zona notte, dove dallo stesso lato della zona cucina si trova oltre all’armadio anche il frigorifero, da 150 litri. In coda il letto trasversale, che consente di utilizzare alla base un e- norme gavone-garage di 2.800 dm³, al quale si accede o dall’interno o attraverso due portelloni di accesso laterali fra loro contrapposti, e nel quale sono sistemabili anche biciclette o uno scooter. IL CLUB n. 88/89 – pag. 21 Un veicolo moderno nella linea e innovativo nei dettagli, quindi, da scegliere fra le motorizzazioni Ducato 2.300 (già sufficiente) e 3.000 (forse anche troppo esuberante) e proposto a un prezzo di sicuro interesse: poco più di 55.000 euro per la versione 2.300. Maurizio Karra IL CLUB n. 88/89 – pag. 22 Innovazione e design a buon prezzo Ecco cosa emerge dall’esame del Prince 57, uno dei nuovi mansardati proposti dalla Elnagh Q uando la Elnagh ha presentato a Rimini, nel settembre scorso, la nuova produzione 2007, è stato subito chiaro che aveva operato una scelta radicale rispetto al passato anche più recente: non un semplice maquillage ai nomi, ai modelli o agli interni, ma una coraggiosa virata per proporre tre gamme nuove (Baron, Duke e Prince) che nulla avevano a che fare con le precedenti; è stato chiaro, insomma, che aveva sostanzialmente cambiato tutto. E in meglio! Elnagh Prince 57 Tipologia: mansardato Meccanica: Fiat Ducato 2.300 da 130 cv (optional 3.000 da 160 cv) Lunghezza: m. 7,35 Larghezza: m. 2,35 Altezza: m. 3,10 Posti omologati: n. 4 Posti letto: n. 6/7 (1 matrimoniale in mansarda + 2 singoli sovrapposti + 1 matrimoniale ricavabile dalla dinette centrale + 1 singolo più piccolo) Serbatoio acque chiare: l. 100 Serbatoio acque grigie: l. 100 WC: kasset l. 17 Riscaldamento: Webasto 3500 Frigorifero: trivalente l. 150 Blocco cucina: 3 fuochi Oblò n. 1 maxi + 2 cm. 40x40 Prezzo chiavi in mano: € 47.369 La gamma “Prince”, al top fra le tre, ha avuto ovviamente le maggiori attenzioni, a tal punto che la società ne ha voluto evidenziare la raffinatezza pubblicizzandola come ispirata “a un elegante yacht”. Sembra impossibile, ma tutto ciò è accaduto senza alzare i prezzi, che si sono mantenuti veramente molto interessanti, proprio perché con un eccellente rapporto con qualità degli assemblaggi e degli interni. Il Prince 57 si presenta come un comodissimo mansardato adatto alle esigenze di una famiglia tipo (due adulti e due bambini se IL CLUB n. 88/89 – pag. 23 non anche tre). La pianta è classica con due dinette nella parte centrale (una grande e una piccola) e tanto spazio; anche la mansarda è ben costruita, con letto in doghe di legno e spazi porta-oggetti nella parte finale. Proprio sui mobili si accentra l’attenzione, dato che il loro design arrotondato ne mette in mostra la capienza e l’eleganza. E molti pensili sono già ripianati per offrire ulteriore e più funzionale stivaggio; mentre un vano a giorno con tre ripiani chiude la linea dei pensili, nella parte anteriore, rispetto al piano della mansarda. garage, al quale poi si accede esternamente attraverso due portelloni di accesso fra loro contrapposti, utile per sistemare le biciclette o uno scooter. L’angolo cucina. In basso Il bagnetto del Prince 57 La parte anteriore, con la mansarda, e la prospettiva di coda Alla porta di accesso, centrale, corrisponde dalla parte opposta, quindi dietro la dinette, il bagno, estremamente accogliente, con vano doccia separato dalla porta scorrevole e addirittura un sistema di idromassaggio. Mentre, a sinistra della porta si sviluppa la zona cucina con comodo mobilio con antine e cassetti, lavello e cu- cina a tre fuochi in acciaio; sotto i pensili, in corrispondenza, c’è la cappa aspirante; ancora accanto il frigorifero da 150 litri, sopra il quale può essere sistemato, come optional, il forno a gas. In coda si trovano i due comodissimi letti a castello, uno dei quali può essere richiuso per trasformare il gavone di coda in un IL CLUB n. 88/89 – pag. 24 Un bel mansardato, quindi, perfettamente armonizzato con la meccanica Fiat Ducato, che ovviamente va preferita nella motorizzazione da 3.000 cm³, date le generose dimensioni del mezzo (7 metri e 35 cm.). Il prezzo è l’altra cosa assolutamente interessante: 47.369 euro la versione 2.300, meno di 50.000 euro quella da 3.000 cm³: davvero interessante. Maurizio Karra Il periplo della penisola iberica La seconda parte del bel reportage di Adriana e Pippo Palazzolo ci porta sulla costa mediterranea fra Andalusia e Catalogna D opo un viaggio lungo 465 km. arriviamo finalmente a Siviglia. Entriamo in città da nord e subito ci sfilano davanti i padiglioni dell’ Exposicion Iberoamericana del 1929, che sono magnifici palazzi di svariati stili (fondamentalmente decò) ognuno dei quali dedicato ad un paese diverso (Brasile, Messico, Guatemala, ecc.). Riusciamo a sistemarci in una via centralissima (calle de la Rabida, dove vi sono numerosi altri camper, quasi tutti italiani) e che si trova proprio di fronte la Real Fabrica De Tabacos. Quest’ultima (oggi sede del Rettorato dell’Università di Siviglia e di alcune facoltà), costruita fra il 1728 e il 1776, fu la più grande fabbrica di tabacco dell’Europa del XVIII secolo ed è stata resa celebre da Merimeè che qui ambientò la sua “Carmen” (che sarà poi anche l’eroina dell’omonima opera di Bizet). Di fronte la Fabbrica de Tabacos, percorrendo calle Palos de la Frontera, si trova il palazzo di San Telmo, uno stupendo edificio barocco che ha ampi spazi verdi e che oggi, dopo una storia movimentata, è la sede della Presidenza della Giunta dell’Andalusia. Alle sue spalle è invece possibile ammirare un hotel davvero singolare: si tratta dell’Hotel Alfonso XIII, degno di nota perché trattasi di un edificio in stile regionalista, terminato nel 1928, con dei giardini curatissimi. Percorrendo l’Avenida de la Constitucion, si arriva dritti alla Cattedrale. La Cattedrale di Siviglia è caratterizzata da una notevole eterogeneità di stili: essa riflette l’ultimo periodo del gotico, ma al suo interno vi sono anche notevoli elementi rinascimentali. Ciò che colpisce è che essa, più di ogni altro monumento sivigliano, sembra essere un compromesso tra il mondo arabo e quello occidentale; ciò in quanto sorge su una preesistente moschea che tuttavia non è stata cancellata del tutto. Esempio mirabile ne è la Giralda, il campanile, che altro non è che un minareto, sia pure con l’aggiunta di qualche elemento cristiano succes- sivo come l’angelo posto alla sua sommità, che simboleggia la vittoria cristiana sul mondo musulmano. Chi desiderasse scalare i 94 metri della Giralda, tenga presente che non avrà faticosi gradini da affrontare, ma 35 agevoli rampe che pare furono escogitate per consentire la salita a cavallo degli anziani muezìn. La Cattedrale, coi suoi 116 metri di lunghezza per 76 di larghezza, è il più grande monumento della cristianità dopo San Pietro a Roma e San Paolo a Londra. Nelle immediatezze della Cattedrale, nella Piazza della Virgen, si trova la Sede Vescovile, un bell’edificio barocco. Nei pressi si trova anche l’Alcazar Real, che è il secondo grande complesso monumentale di Siviglia. Vi si entra dalla Porta del Leòn, nella Piazza del Triunfo. Si tratta di un antico alcazar musulmano (una cittadella murata che ha da sempre avuto funzione di residenza reale) nel quale si innestano gli elementi gotici dei successivi ampliamenti. Questa costruzione è da sempre testimone di nascite e di nozze reali (di recente, per esempio, le nozze dell’Infanta Elena). Vi sono pure degli splendidi giardini con forti richiami arabi e rinascimentali. Un particolare di Plaza de Espana a Siviglia IL CLUB n. 88/89 – pag. 25 Lasciato l’Alcazar ci si immette nel quartiere Santa Cruz, che è una parte dell’antica “juderìa” (quartiere ebraico). E’ un quartiere non molto esteso ma densamente popolato, in cui forti sono ancora le radici ebraiche. La visita è resa affascinante dalle strette stradine e dalle case con patii curatissimi. Qui, tra l’altro, nella piazza di Alfaro si rievoca il balcone di Rosina, sotto il quale canta Figaro, il barbiere di Siviglia dell’opera rossiniana. Tornati indietro verso il nostro punto di sosta, seguendo il Guadalquivir, arriviamo fino al Paseo de Las Delicias, che si trova proprio alle spalle della celeberrima Plaza de Espana. Questo è il cuore della Siviglia verde. Plaza de Espana è, infatti, un gioiello incastonato nel preziosissimo Parque de Maria Luisa. La Piazza, costruita da Annibal Gonzalez (massimo esponente del regionalismo di Siviglia) in occasione della Exposiciòn Iberoamericana del 1929, è una struttura semicircolare con un diametro di 200 metri, che lascia quasi senza fiato per la sua maestosità. La particolarità (e direi anche l’aspetto più originale) della piazza consiste nella evocazione di tutte le province spagnole attraverso quadri storici fatti di bellissimi e coloratissimi azulejos. La piazza è inoltre delimitata da un canale che sedici anni fa navigammo con una barchetta ma che oggi troviamo un po’ degradato per la presenza di cartacce e sporcizia varia e senza alcuna traccia di quelle piccole imbarcazioni che erano letteralmente prese d’assalto dai turisti. Anche a Siviglia, data l’innumerevole quantità di monumenti da vedere (alcuni dei quali piuttosto periferici), ci siamo serviti del bus turistico, grazie al quale ci è stato possibile visitare anche un’altra zona di questa città che non finisce mai di stupire. Infatti, il Gadalquivir segna la linea di confine tra la Siviglia tradizionale, quella caratterizzata dal suo spettacolare centro storico, e la Siviglia nuova che sorge a partire dagli anni settanta. Si tratta di una rivoluzione urbanistica, che culmina con l’Esposizione Universale del 1992, che consente l’espansione della città al di là del Guadalquivir, oggi solcato da numerosi ponti (come l’elegante Ponte della Barqueta o il Ponte dell’Alamillo dell’ormai celeberrimo architetto valenciano Santiago Calatrava). Questa nuova Siviglia comprende l’Isla de la Cartuja (isola della certosa) in cui è possibile ammirare la Certosa di Santa Maria de las Cuevas, fondata nel 1400, e il parco tematico l’Isla Magica, aperto nel 1997 e che riproduce la Siviglia del XV sec. Gran parte dei padiglioni dell’Expo del 1992 è stata “riciclata” ed ospita attualmente ditte, enti e centri di ricerca o facoltà. Le notizie sul resto dei monumenti sivigliani (chiese, musei, monasteri, palazzi, ecc.) si possono ovviamente attingere dalle guide turistiche, ma ciò che sicuramente non vi troverete scritto è quella che è stata una mia personalissima impressione: e cioè che Siviglia presenta aspetti che fanno venire in mente la nostra Palermo. Forse il paragone vi sembrerà un po’ azzardato, ma i tanti giardini di limoni e di aranci di questa splendida città spagnola costituiscono uno scenario che non è probabilmente molto dissimile da quello della nostra Palermo dei tempi migliori. Ma v’è dell’altro. Anche Siviglia, come Palermo, è una città nella quale convivono un’anima araba e una occidentale. La storia di queste due città si somiglia: anche qui, al fiorente periodo della dominazione araba (in cui cristiani e musulmani vivevano in armonia), segue il periodo della riconquista cristiana, che, come da noi, porta alla distruzione delle vestigia arabe, ma che a Siviglia sfocia poi nell’Inquisizione, nelle persecuzioni e nella inevitabile decadenza. Attraverso la A92, una strada interna che attraversa una zona montuosa, ci trasferiamo da Siviglia a Malaga. Siamo dunque tornati sulla costa mediterranea. Malaga è la tipica città turistica, fatta ad uso e consumo del turismo di massa. Ma essa è al tempo stesso una città che può vantare un patrimonio archeologico di notevole varietà dovuto all’avvicendarsi di varie dominazioni. Al I sec. risale il teatro romano, mentre in epoca araba furono costruiti il Castello de Gibralfaro (su resti fenici preesistenti) e l’Alcazaba, una fortezza-palazzo che domina la città. L’Alcazaba (che insieme al Castello de Gibralfaro si trova su una collina) è raggiungibile in ascensore e al suo interno ospita il museo archeologico. Il Castello de Gibralfa- IL CLUB n. 88/89 – pag. 26 ro presenta un lungo camminamento da cui si gode una superba veduta della città e della baia sottostanti. Di sera tanto il Castello quanto l’Alcazaba sono illuminati in maniera spettacolare. Di Malaga ci ha davvero colpito la Cattedrale dell’Incarnazione, all’interno della quale siamo stati colti da una specie di “sindrome di Stendhal”. Questo monumento religioso è affettuosamente chiamato La Manquita (cioè, la monca), in quanto non fu mai ultimata: manca infatti una delle due torri campanarie della facciata. Qui a Malaga capitiamo nel bel mezzo della Feria de Agosto, caratterizzata da canti, balli e fuochi di artificio. Una frenetica voglia di divertimento che non si arresta neanche la notte. Passeggiando per le strade della città, oltre ai tanti turisti sbarcati anche dalle tante navi da crociera ormeggiate nel porto, vi sono anche gli abitanti del luogo impegnati in una sorta di rievocazione della dominazione romana. Le “matrone” e i “centurioni” hanno dei costumi un po’ raffazzonati, per la verità, però con la loro allegria stanno lì a dimostrare che vi sono certe caratteristiche di un popolo che non possono essere liquidate come luoghi comuni: esiste veramente una “movida”, intesa come la tendenza del popolo spagnolo a far festa, ad incontrarsi a socializzare. Lasciando Malaga, decidiamo di proseguire lungo la Costa del Sol fino a Motril da dove poi dirigersi, percorrendo la E902, a Granada. La strada costiera offre degli scorci bellissimi con le sue tante scogliere a picco su un mare azzurrissimo. Ma la perfezione della natura è qui deturpata in più punti da decine di orride villette e persino da complessi alberghieri, che, come dei Leviatani, si impadroniscono di tratti di costa che dovrebbero essere fruibili per tutti. Ad ogni modo, troviamo molto bella la spiaggia di Herradura nella quale ci fermiamo con l’obiettivo di un bagno. Il progetto, però, “naufraga” al primo contatto fra i nostri piedi e il Mar Mediterraneo. Ma non dicono che solo l’Oceano sia freddissimo?! Ci rimettiamo così in marcia alla volta di Granada. La E902 attraversa la Sierra Nevada, uno dei posti più emozionanti che sia dato di vedere in Spagna. Qui vi sono paesaggi che gli amanti del genere western “all’italiana” conoscono bene: infatti questi luoghi ispirarono il nostro Sergio Leone, che vi girò film ormai entrati nella storia della cinematografia mondiale. Il paesaggio è senz’altro bellissimo, caratterizzato com’è da alte montagne che sul far della sera mostrano dei colori cangianti che vanno dal violetto al verde scuro. Ma, persino in un posto come questo, l’uomo è capace di compiere degli scempi. Infatti, nella sua parte più prossima a Granada, la Sierra Nevada presenta delle ampie zone cosiddette di “ripopolamento”, zone di espansione edilizia caratterizzate da una serie di villette a schiera talmente brutte che il solo guardarle provoca malessere in quanto stridono fortemente con il contesto ambientale nel quale sono inserite. Purtroppo questo è il risultato del boom che l’industria delle costruzioni si trova a vivere negli ultimi anni in Spagna. Arriviamo a Granada in serata. Ancora una volta riusciamo a fermarci in una zona centrale vicino il lungofiume. L’indomani faremo un giro per la città. Granada ci appare subito come una città atipica nel contesto andaluso. Qui non sembra esservi traccia di quella allegria, di quella gioia di vivere che abbiamo riscontrato altrove in questa regione, in quanto gli abitanti, sia pur cortesi con il turista, sembrano inclini verso una certa introversione, legata forse a ragioni storiche ma anche geografiche, che hanno portato Granada ad un certo isolamento. Attraversato uno dei ponti sul fiume Genil, ci dirigiamo verso la Carrera del Genil , ove si innalza la basilica di Nostra Signora de Las Angustias, patrona della città. Si tratta di una bellissima basilica del XVII sec. che merita di essere vista. Proseguendo la nostra passeggiata attraversiamo una zona piena di edifici monumentali, negozi alla moda, bravissimi artisti di strada che suonano struggenti violini e coinvolgenti fisarmoniche. Attraversata la Gran Via de Colòn giungiamo fino a Plaza de Isabel La Cattolica, in cui spicca il monumento di Colombo che presenta i suoi progetti alla regina; un complesso scultoreo realizzato nel 1892 (in occasione del 400mo anno dalla scoperta dell’America) in pietra e bronzo. Proprio nei pressi si trova L’Alhambra di Granada la Cattedrale, costruita tra il 1523 e il 1704, che presenta una struttura esterna e una pianta gotiche, ma con decorazioni rinascimentali. Le proporzioni della Cattedrale sono grandiose: 115 metri di lunghezza per 67 di larghezza. All’interno si viene colpiti per la grande luminosità che la pervade, dovuta alle numerose finestre che si aprono sulle cappelle e al bianco dei muri e delle navate. Il punto focale della Cattedrale è senz’altro la cappella Maggiore, di forma cilindrica e caratterizzata da uno scintillante color oro. Altrettanto pregevoli sono i due grandi organi barocchi del 1745 che spiccano nella navata centrale. Interno della Cattedrale di Granada Appena usciti dalla Cattedrale, veniamo tampinati da alcune donne dai caratteristi tratti gitani IL CLUB n. 88/89 – pag. 27 che cercano insistentemente di vendere a me, a mia madre e a tutte le altre donne presenti in quel momento (chissà perché solo alle donne!) un rametto di rosmarino portafortuna con relativa predizione del futuro. Dopo averle dribblate a fatica, riusciamo ad entrare nella Cappella Reale. Si tratta di una cappella che Isabella la Cattolica, particolarmente legata a Granada, volle fosse costruita per ospitare le spoglie sue e di suo marito. I lavori cominciarono nel 1506, dopo la morte della sovrana. La Cappella, che presenta uno stile gotico, ha una sola facciata (perché gli altri tre lati poggiano sulla Cattedrale, la Chiesa del Sacrario e la Borsa Merci) sobria ed elegante che presenta un portale plateresco, mentre i muri reggono le balaustrate traforate, con una fine merlatura. L’interno è a croce latina. Il transetto è chiuso da una cancellata artistica dorata in stile plateresco. Dietro la cancellata vi sono i sepolcri dei reali di Spagna. Alla destra del transetto vi è la Sacrestia in cui è custodito il tesoro della cappella: spiccano soprattutto la corona e lo scettro di Isabella la cattolica e la spada di Don Fernando. Altro pezzo importante è lo scrigno di Isabella, dove, secondo la tradizione, la regina conservava i gioielli venduti per aiutare le spedizioni di Colombo in America. Particolare menzione meritano poi le numerose pitture di Botticelli, il Perugino, Hans Memling, ecc. La strada attorno alla Cattedrale è caratterizzata da locali e negozietti arabi. Una tappa obbligata è l’Alcaicerìa, un tipico souk arabo. Esso era un tempo il mercato più importante della città nel quale erano trattati i generi più sontuosi. La visita a questa parte della città porta via gran parte del nostro tempo perché riteniamo che qui vi sia l’anima più autentica di Granada. Ma la visita a Granada non può concludersi senza aver visto la magnifica Alhambra; e così, tornati a bordo del nostro camper, ci inerpichiamo su per la collina su cui sorge il monumento arabo. Anche l’Alhambra, o meglio, lo spazio antistante l’Alhambra (da sempre adibito a parcheggio) è cambiato rispetto a 16 anni fa. Allora il parcheggio alberato era libero, oggi siamo costretti a fermarci in un parcheggio polveroso molto più in alto, il cui costo è ai limiti della truffa. Ma se “Parigi val bene una messa”, l’Alhambra vale questo esborso economico. Definire l’Alhambra non è facile. Si tratta di un palazzo/giardino/moschea/fortezza araba; di tutte queste cose insieme e di qualcosa di più, essendo un luogo magico in cui si respira l’atmosfera delle Mille e una notte. Fu nel corso dell’epoca più gloriosa della Granada araba (intorno al 1236) che la raffinata sensibilità araba creò la meraviglia architettonica dell’Alhambra. All’interno vi si trova l’Alcazaba, una struttura dotata di muraglioni e torri, in cui spiccano la celebre Torre de la Vela e la Torre del Homenaje, da cui si controllava tutto il sistema difensivo dell’Alhambra. Ai tempi del dominio arabo l’accesso alla fantastica cittadella avveniva attraverso la Puerta de la Justicia, nella cui chiave di volta appare scolpita una mano aperta. Lasciando l’Alcazaba da un lato e il Palazzo di Carlo V dall’altro, si accede ai Palazzi Nasridi. Essi formano tre complessi monumentali indipendenti: il Mexuar, sede dell’amministrazione della giustizia; il Palazzo di Comares, residenza ufficiale del re; e il Palazzo de Los Leones, con gli alloggi privati del sovrano. Le ore scorrono all’interno dell’Alhambra senza neanche rendersene conto, data la quantità inimmaginabile di bellezze artistiche e naturali da vedere Il Patio de los Leones, il patio con i dodici leoni che circondano la fontana, che è forse l’immagine più popolare e nota dell’Alhambra; la Sala de Los Reyes, uno dei complessi interni di maggior pregio, anche per le pitture che ne decorano i soffitti; la Sala de las Dos Hermanas, le cui pareti sono ricoperte da una finissima decorazione in stucco che sembra filigrana; il Belvedere di Daraxa, realizzato per contemplare il meraviglioso panorama che si estendeva ai suoi piedi fino alla valle del Darro, prima che vi fossero costruiti gli appartamenti di Carlo V; i Giardini del Partal, circondati da interessanti monumenti di puro stile arabo che si riflettono nelle acque della fontana centrale; il Palazzo di Carlo V, una costruzione rinascimentale risalente al 1527, che comporta una soluzione di continuità rispetto al contesto arabo medievale e che fu voluta dall’imperatore come residenza. L’asettica elencazione dei monumenti che costituiscono il complesso architettonico dell’Alhambra, tuttavia, non riesce a rendere le suggestioni e la meraviglia che è possibile provare all’interno di quello che è non solo il più bello, ma anche il meglio conservato di tutti i vecchi palazzi arabi del mondo. Il nostro viaggio prosegue risalendo la penisola iberica verso la Francia. Ma prima ci sono altre città da visitare e c’è ancora tempo per una sosta al mare. Per la prima tappa scegliamo Cartagena. Dalla scogliera scorgiamo una splendida spiaggetta cui si accede scendendo una comoda scalinata: si tratta di Cala Cortina nella quale troviamo tutti i servizi offerti dalle spiagge spagnole (docce, bagnini, pronto soccorso) e in più anche un’area attrezzata per i giochi dei più piccoli. Qui il mare non ha affatto la temperatura “artica” della spiaggia di Herradura e il bagno è assicurato. Lasciamo Cartagena senza aver visto altro che la sua spiaggia (il tempo stringe!) e facciamo tappa verso Valencia. Arriviamo a sera inoltrata e il primo approccio con questa città ci lascia senza fiato per l’uso sapiente dell’illuminazione cittadina che rende ancora più affascinanti le strade, le piazze, i monumenti. L’unica cosa che non comprendiamo è la presenza abnorme di semafori lungo tutto il percorso cittadino ed, particolar modo, nella zona delle spiagge. Decidiamo di fermarci nel lungomare, di fronte una delle due spiagge di Valencia, vale a dire Malvarossa (l’altra è Arenas): qui si affaccia la casa del famoso scrittore Vincente Blasco Ibanez. La scelta di Malvarossa si rivela poco felice perché a partire dalla mezzanotte comincia ad animarsi di una folla molto rumorosa di giovani attirati dai numerosi locali notturni. Valencia è una città in cui il vecchio e il nuovo, l’arte e la scienza si mescolano in modo armonioso. Da un lato c’è il nucleo storico di questa città, caratterizzato da bellissimi palazzi vagamente arabeggianti e un po’ barocchi e dalle tante piazze (Plaza de la Reyna, Plaza de Ayuntamiento,Plaza del Mercato, Plaza de la Virgen). Da non perdere anche la L’anima moderna di Valencia IL CLUB n. 88/89 – pag. 28 La Sagrada Famiglia di Barcelona. In basso La Pedreira Sono due dei capolavori dell’architetto Gaudì nella capitale catalana trova il Mercato della Bouqueria, un mercato pittoresco in cui è anche possibile acquistare della frutta già sbucciata e tagliata a pezzi, servita in comode vaschette con forchettine. Percorrendo tutta la Rambla e superata Plaça de Catalunya, si arriva al Passeig De Gracìa dove è possibile ammirare la Casa Batllò e la Pedreira, entrambe espressione del genio artistico di Gaudì. Le creazioni di Gaudì sono altresì visibili al Parc Guell, situato su una piccola altura della città, che con le sue case di marzapane, la foresta pietrificata, la famosa spianata con le panchine in ceramica, rappresenta uno dei luoghi più bizzarri al mondo. E poi vi è la Sagrada Famiglia, l’opera incompiuta del celebre architetto. Consiglio inoltre una visita al Montjiuic, da cui si gode una splendida vista sulla città, dove è possibile ammirare il castello, la fondazione Mirò e il Poble Espaniol, una ricostruzione di tutti gli stili architettonici spagnoli. Considerazioni finali bella Cattedrale valenciana. Dall’altro lato, c’e l’aspetto moderno di questa città, rappresentato soprattutto dalla Città delle arti e delle scienze, progettata dall’architetto Santiago Calatrava. Si tratta di una struttura composta da quattro opere architettoniche: il museo delle scienze; l’Oceanografico, all’interno del quale è possibile ammirare squali, razze, gamberi giganti e ogni altra sorta di pesci, utilizzando un tunnel che corre all’interno dell’acquario; una struttura in cui fanno proiezioni; e il museo dedicato all’arte, ancora in fase di allestimento. Tutto ciò è disposto in sequenza lungo il letto prosciugato del fiume Turìa, il fiume il cui corso è stato deviato e in cui oggi sorge il Jardim del Turìa (dove, oltre alle opere di Calatrava, si trovano campi da tennis, di calcio, giardinetti, ecc.). L’ultima tappa di questo nostro soggiorno spagnolo è Barcellona. Qui sostiamo in un parcheggio sulla centralissima Via Josep Carner, comodo ma molto rumoroso a causa del sostenuto traffico cittadino. Percorsa la via suddetta e superata Plaza de les Drassanes, si giunge alla Plaza del Portal de la Pau, caratterizzata dal monumento a Cristoforo Colombo. Sulla destra vi sono i grandi magazzini Maremagnum, mentre sulla sinistra si apre la via più famosa di tutta Barcellona, la Rambla. Percorrendo la Rambla si entra in contatto con una realtà fatta di un’umanità quanto più variegata possibile: il mondo intero sembra essere rappresentato in questa lunga via nel cuore di Barcellona. E tanti anche gli artisti di strada che si distinguono, più che per il talento, per la fantasia espressa nei costumi davvero originali. A circa metà della Rambla si IL CLUB n. 88/89 – pag. 29 Alla fine di questo viaggio sono inevitabili alcune considerazioni di carattere generale. La prima è che il popolo spagnolo è un popolo che non teme di rimanere ancorato alle proprie tradizioni, ma che al contempo ha il coraggio di fare scelte molto progressiste: si pensi alla legalizzazione del matrimonio tra i gay che ha scandalizzato molti benpensanti in tutta Europa, soprattutto perché avvenuto in quella che per secoli è stata definita la “cattolicissima “ Spagna. La Spagna è dunque una nazione che cambia pur rimanendo fedele a se stessa e al proprio passato e questo è indubbiamente un indice di maturità. La seconda è che, nonostante le analisi preoccupate di alcuni economisti, io credo che la Spagna saprà trovare il modo per continuare a crescere e a stupire. Del resto, si tratta di una nazione il cui motto ufficiale è PLUS ULTRA. Attraversando il confine tra la Spagna e la Francia, mi sorprendo a guardare lo specchietto retrovisore per fissare nella mia mente l’ultima immagine di una terra che mi è rimasta nel cuore, nella quale sono già stata tre volte e nella quale sono certa tornerò ancora. Testo di Adriana Palazzolo Foto di Pippo Palazzolo Tra il Tirolo e l’Alta Austria Centellinato a piccoli passi, un itinerario che fa scoprire tesori nascosti di grande interesse in un ambiente incontaminato al confine con l’Italia L’ Austria non è soltanto Vienna. Pur senza volere togliere nulla al fascino esercitato dalla “culla della Mitteleuropa” e dal suo significato storico ed artistico, esistono altri luoghi e itinerari dell’Austria poco frequentati dal turismo di massa eppure ricchi di tesori straordinari sia dal punto di vista naturalistico che artistico. Uno di questi itinerari si sviluppa tra il Tirolo, attraverso paesaggi dai toni forti, dove prevalgono vaste foreste, prati e morbidi rilievi, disseminato di castelli e villaggi fioriti, e l’Alta Austria, dove il paesaggio è più ondulato e con vasti orizzonti, segnato dalla millenaria presenza dell’uomo. Centellinato a piccoli passi, questo percorso fa scoprire tesori nascosti di grande interesse. cittadina tirolese, dalle piccole case affrescate e adorne di multicolori fioriere sui balconi di legno e sui davanzali. Al centro del paese sorge la parrocchiale, dedicata a Sant’Osvaldo, in stile gotico del 1431, con affreschi alle pareti ed un pregevole altare maggiore, sormontato da un trittico in legno. Percorsi ventiquattro chilometri, giungiamo ad INNSBRUCK, capoluogo del Tirolo, sul fiume Inn. Dal campeggio Kranebitten, dove sosteremo per il pernottamento, con i bus di linea LK e O ci portiamo al centro della città. L’animata arteria di Maria- Theresien-Strasse rappresenta il cuore cittadino ed allo stesso tempo l’ingresso alla Altstadt, fulcro storico di Innsbruck. Quel che ci circonda rappresenta il primo vero esempio di modello asburgico: tutto l’ambiente è pervaso della magica atmosfera di piccola capitale imperiale. Lo si vede dai colori, dagli eleganti edifici, dai monumenti storici e da una impalpabile atmosfera. Quasi al centro si erge la Annasäule, colonna di Sant’Anna, innalzata nel 1704 per celebrare la liberazione della città dalle truppe bavaresi durante la guerra di successione spagnola ed Il Tirolo autriaco Prima tappa, provenendo dall’Italia, è l’abbazia cistercense di STAMS, fondata nel 1273 dal principe Meinardo II e dalla moglie Elisabetta di Baviera come luogo di sepoltura dei principi di Görz-Tirol. Procedendo lungo la strada che si snoda nell’alta valle dell’Inn, si scorgono in lontananza i caratteristici campanili ottagonali a forma di bulbo, fatti costruire dall’abate Edmund von Zoz. Tra il 1650 e il 1750, la struttura subì un profondo restauro in forme barocche ed oggi l’abbazia si presenta con un incredibile sfarzo ed una sfolgorante ricchezza di ornamenti. La chiesa fu sistemata nel 1729-1732 ad una sola navata, stretta ma di ampio respiro, dove predomina il bianco, arricchito da eleganti stucchi e dalla policroma decorazione degli affreschi sulla volta. All’inizio della navata la Fürnstengruft, cripta a cielo aperto dei principi del Tirolo, ci ricorda l’origine della fondazione del complesso abbaziale. Regali figure dorate, riccamente vestite, sembrano volere testimoniare i fasti di una grande dinastia. Prendendo la A12 e attraversando suggestivi paesaggi alpini, dopo 25 chilometri giungiamo a SEEFELD IN TIROL. E’ una tipica In alto l’Abbazia di Stams. In basso il centro storico di Innsbruck con il famoso Tettuccio d’oro IL CLUB n. 88/89 – pag. 30 alla cui sommità svetta la statua dell’Immacolata. Quasi al limite della strada sorge la Spitalskirche, del 1700, con interno ad unica sala, ricca di stucchi in stile rococò. La Herzog-Friedrich-Strasse è una strada molto particolare, completamente lastricata di ciottoli. Essa attraversa tutto il centro storico, circondata da antichi palazzi, tra cui sulla destra, al civico n. 39, la cinquecentesca casa della rosa dorata (Haus zur goldenen rose), oggi adibita a negozio delle cristallerie Swarovski, e al civico n. 31 la Gasthof weisses kreuz (alla croce bianca), dove nel 1769 abitò Mozart. Mano a mano che si procede l’attenzione viene attirata da un edifico di aspetto particolare che si scorge in fondo alla via. E’ il Neuer Hof, residenza dei duchi Federico IV e Sigismondo del Tirolo, ottenuto con l’accorpamento di due edifici borghesi preesistenti. Sulla facciata prospiciente la via si ammira il famosissimo Tettuccio d'oro (Goldenes Dachl). Voluto dall’imperatore Massimiliano I sul finire del quattrocento, è composto da un balcone decorato con stemmi e scene di danza, la cui parte sporgente è coperta da 2657 lamine di rame dorato a fuoco. Pur essendo una delle tante opere lasciate da questo imperatore in questa che era la sua città preferita, il Tettuccio d’oro per la sua peculiare caratteristica è divenuto il simbolo di Innsbruck. Poco più avanti, affacciata su una piazzetta alberata, sorge l’elegante mole del duomo di S. Giacomo (Dom St. Jakob), dalla caratteristica facciata concava in pietra tra due torri quadrangolari. L’interno ad unica navata è uno sfavillio di marmi, stucchi e affreschi del diciottesimo secolo. Sull’altare maggiore all’interno di una raggiante cornice d’oro è custodito il celebre quadro di Maria Ausiliatrice (Maria Hilf) di Lukas Cranach il Vecchio, risalente al 1520. Data l’ora nel pomeriggio inoltrato, possiamo solo sfiorare dall’esterno la Hofburg, il palazzo imperiale residenza del ramo tirolese degli Asburgo. In origine nacque come castello medievale ad opera dell’arciduca Sigmondo il ricco, conte del Tirolo. Ingrandito da Massimiliano I, deve all’imperatrice Maria Teresa (1740-1780) il suo aspetto attuale sullo stile rococò della residenza viennese. Maria Teresa soggiornò ad Innsbruck due volte, nel 1739 e nel 1765, in occasione delle nozze di suo figlio Leopoldo II con la principessa spagnola Maria Ludovica. Purtroppo la celebrazione delle nozze fu funestata dalla morte improvvisa del suo consorte Francesco I. La camera mortuaria in seguito, per ordine dell’imperatrice, fu trasformata in cappella, dove tuttora ogni anno si celebra una messa in suffragio. Il giorno dopo riprendiamo la via per la tappa successiva: HALL IN TIROL, distante da Innsbruck una decina di chilometri. Fiorente fin dal 13° secolo per l’estrazione del sale minerale, nel Il cortile del castello di Tratzberg IL CLUB n. 88/89 – pag. 31 1303 ricevette il titolo di città dall'arciduca Otto della Carinzia– Tirolo. Nel 1477 si cominciò la coniazione della prima moneta, fino al 1809. Lo zecchino di Hall era famoso ovunque. All’interno del Münzerturm (1489), torre della zecca, è allestito un interessante museo della storia del conio, dove è anche possibile coniarsi una “moneta personale”. Particolare curioso è l’esposizione dell’unica moneta emessa in Europa del valore facciale di 25 euro! Ci avviamo, quindi, ad un breve giro della cittadina. Così visitiamo la chiesa seicentesca dei Gesuiti, il gotico edificio del Municipio (Rathaus), la parrocchiale dedicata a San Nicola, per finire con la piccola cappella di Santa Maddalena (Magdalenenkappelle), oggi dedicata ai caduti, piccola costruzione a volte reticolate su pilastri a muro, con affreschi quattrocenteschi (Madonna in trono e Giudizio Universale) ed un prezioso polittico della fine del quattrocento. Nei pressi di Stams, dopo un piccolo salto di venticinque chilometri, sorge il castello di TRATZBERG, costruito nel 1297 e trasformato nei primi del cinquecento in castello di caccia da Massimiliano I secondo lo stile rinascimentale. Visitando le stanze interne spicca per originalità la cosiddetta sala degli Asburgo (Habsburgersaal) al primo piano, dominato da un gigantesco affresco formato da 148 figure, che per 46 metri lungo le pareti illustra l’albero genealogico del casato (1508). Fa sorridere un particolare curioso: i rami relativi alla discendenza maschile sono rappresentati con un bel colore verde ed i personaggi sono avvolti da bene auguranti nuvole blu; quelli relativi alla discendenza femminile sono invece sterili rami secchi di colore marrone! Ultima tappa della giornata, sotto una scrosciante pioggia impietosa, è la cittadina di SCHWAZ, a meno di dieci chilometri di distanza. Posteggiamo per la notte in un piccolo camper service, ricavato in un ampio parcheggio ai limiti del centro abitato, e ci accingiamo ad una breve visita nonostante il tempo inclemente, dominato da un vento fortissimo. Florida un tempo per lo sfruttamento delle vicine miniere di argento e rame in uso fino all’Ottocento, oggi è una tranquilla località di villeggiatura. Di aspetto medievale il centro storico si snoda lungo la principale Franz-Joseph strasse, che unisce il municipio, di impronta tardo-gotica, alla imponente parrocchiale di Nostra Signora (Pfarrkirche Unserer Lieben Frau). L’interno appare grandioso, in tre ampie navate sorrette da esili colonne cilindriche a pietra viva. L’aspetto è austero e compassato, ingentilito da slanciate finestre e dall’abside impreziosita da un ricco polittico ligneo dai forti colori. Il giorno successivo il miglioramento del tempo fa bene sperare. Seguendo sempre la linea della A12 ci fermiamo a KUFSTEIN, graziosa località di villeggiatura e sport invernali. Sul paesaggio domina la massiccia mole del castello, posto a difesa delle minacce provenienti dalla vicina Baviera. Al confine tra due mondi contrapposti il luogo è stato sempre al centro di aspre contese per tre secoli, tra il Duecento e il Cinquecento, e ciò spiega il carattere prettamente militare dell’opera. Il suo aspetto attuale risale a Massimiliano I, che ne volle fare una poderosa fortezza. Saliamo alla sommità con un ascensore e iniziamo la visita dell’edificio. Quel che prevale è l’impronta militare della struttura, con cannoni ancora minacciosamente schierati sugli spalti, camminamenti e lunghi corridoi di collegamento. Nella dominante torre circolare del 1522, la Kaiserturm, sono visitabili le tetre prigioni di un tempo. Ampie fredde celle, intercalate da anguste e infossate celle di rigore, corrono tutto attorno, recando ancora al loro interno le vestigia di antiche sofferenze. Sono piccoli quadretti lasciati dai detenuti, per la maggior parte velieri con le vele distese, forse un segno di speranza o un anelito di quella libertà che ad essi era negata. In altri locali è allestito un interessantissimo museo di storia naturale ed archeologia con opere di grande interesse e di notevole pregio artistico. All’improvviso si sente poco lontano il forte suono di un organo e l’aria è pervasa dalle note di una solenne sinfonia. E’ mezzogiorno e, come avviene tutti i giorni, è entrato in azione l’organo degli eroi (Helden Orgel), il più grande organo all'aperto del mondo delle cui canne, alcune alte 12 metri, la torre costituisce un'enorme cassa di risonanza. L’idea nacque La possente fortezza di Kufstein In basso un’immagine del centro di Kitzbőhel nel 1926 all’ingegnere austriaco Max Depolo e ad altri suoi amici per celebrare gli eroi di tutte le guerre caduti su quelle montagne. Il luogo si prestava alla perfezione, tra Austria e Germania e poco lontano quella parte di Tirolo passato all’Italia nel 1918, mentre quella torre circolare dell’antico castello fungeva perfettamente da cassa armonica. Dopo l’interruzione nel periodo dell’ultima guerra ed una revisione integrale subita nel 1966, l’organo riprese a fare sentire la sue note in tutta la sottostante valle dell’Inn. Chiude la visita una breve passeggiata nella pittoresca Römerhofgasse, caratteristico vicolo nel centro storico, che corre in parallelo al fiume Inn. Si sussegue una serie di osterie note in tutto il mondo, caratterizzate da particolari scene umoristiche e motti vari dipinti sulle loro facciate. IL CLUB n. 88/89 – pag. 32 Sempre procedendo a piccoli passi, passiamo alla tappa successiva, KITZBÜHEL, a 37 chilometri. Rinomatissima stazione sciistica delle Alpi austriache, questa deliziosa cittadina si presenta animata ed attraente anche nel periodo estivo. Sotto il cielo azzurro, libero da nuvole, le spaziose vie si illuminano di luce e di colore, arricchite dai tenui colori pastello delle belle facciate e dai colori intensi delle fioriere che ornano ogni tipo di davanzale. Gli innumerevoli negozi, che espongono merce di vario genere, per lo più frutto dell’artigianato locale, ne fanno veramente un ideale centro di shopping. Poco distante risalta la dominante mole della parrocchiale di Sant’Andrea (Pfarrkirche St. Andreas), con affreschi gotici del 15° secolo, che comprende nella stessa spianata il cimitero cittadino e la chiesa di Nostra Signora (Lie- bfrauenkirche), a due piani, affiancata da una massiccia torre tardogotica. Salisburgo, città di Mozart Per chiudere la giornata facciamo un altro balzo di 80 chilometri e ci portiamo a SALISBURGO, incantevole città d’arte, la città di Mozart e della musica. Rocambolescamente, e a dispetto del pur prezioso navigatore TomTom, questa volta purtroppo rivelatosi di poca utilità, riusciamo a trovare un campeggio quasi al sopraggiungere del buio. Quelli, infatti, che avevamo prescelto, o su segnalazioni di altri soci del club o dalle guide turistiche in nostro possesso, erano spariti come d’incanto, alcuni come mai esistiti, altri fagocitati dalla solita implacabile cementificazione edilizia. Finalmente possiamo fermarci nel bene attrezzato campeggio Nord Sam, a soli 3 km di distanza dal centro di Salisburgo, facilmente raggiungibile con autobus urbano. Il giorno dopo è tutto dedicato alla visita della città. Salisburgo è una fiorente città di 146.000 abitanti. Il suo nome e la sua storia sono legati all’estrazione del sale dalle miniere di salgemma delle vicine montagne, collegate alla città dal fiume Salzach: Salzburg (Salisburgo) significa letteralmente Castello del sale ed il nome del fiume significa appunto Via del sale. E’ sede di varie iniziative a carattere internazionale, come fiere e congressi, ospitati in uno dei centri più moderni d’Europa, il Palazzo dei Congressi “Salzburg Congress”, situato in pieno centro nel Giardino di Mirabell, anche se la manifestazione forse più nota è il Festival della Panorama di Salisburgo dalla fortezza che domina la città In basso una suonatrice d’arpa fra le vie del centro IL CLUB n. 88/89 – pag. 33 musica e del teatro (Salzburg Festspiele), che si tiene ogni anno dalla fine di luglio alla fine di agosto. Tuttavia la sua fama nel mondo è senz’altro da attribuire a Wolfgang Amadeus Mozart, che qui ebbe i natali nel 1756. Ovunque aleggia la figura di questo grande compositore, dai luoghi dove egli nacque ed abitò, dalle innumerevoli rappresentazioni a lui legate, dalla sua immagine riportata in ogni angolo e persino nelle famose praline di cioccolato, che da lui prendono il nome. Però Salisburgo non è soltanto Mozart. La sua grande storia arriva fino a noi attraverso i monumenti, tramandati ai nostri giorni integri, a testimonianza di un passato ricco e superbo. Proprio per l’armonia architettonica, che ha saputo conservare, il centro storico sulle due rive del fiume Salzach è stato dichiarato dall’Unesco nel 1977 Patrimonio Culturale Mondiale. L’autobus ci lascia sul lato del fiume in un’ampia piazza sormontata dalla mole incombente del castello-fortezza dei PrincipiVescovi. Questa istituzione risale all’alto medioevo ed aveva nel Sacro Romano Impero la funzione di principe imperiale. Le nomine servivano ai re tedeschi per limitare l’influenza delle potenti famiglie nobiliari ed impediva che il feudo fosse trasmesso per eredità. Trattandosi di vescovi ed abati, infatti, alla loro morte il feudo ritornava al signore feudale, per essere assegnato ad altro vassallo fedele. Fin da Carlo Magno era potestà dei sovrani l'assegnazione di tutte le sedi episcopali e le elezioni abbaziali, condizionando la scelta dei candidati. Con il titolo di conte il vescovo univa nella propria persona l'autorità religiosa e la carica politica. In cambio il principe eletto prestava il cosiddetto "servitium regis", che comprendeva il dovere di ospitare la corte imperiale, di disporre contingenti militari per l'esercito regio ed altri servizi di natura diplomatica ed amministrativa. Il potere temporale dei vescovi venne abolito nel 1803 con l'ultima seduta del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica (Reichsdeputationshauptschluß) e dal 1816 il territorio di Salisburgo passò definitivamente sotto la corona austriaca. Residenza ufficiale dei Principi-Vescovi fin dal 1120 fu la La Residenzplatz di Salisburgo sontuosa Residenza (Residenz). L’aspetto attuale risale alla fine del XVI secolo per volere dell’allora principe-vescovo Wolf Dietrich von Raitenau, che le volle dare un’impronta barocca. Ancora oggi l’imponente palazzo è adibito alle rappresentanze ufficiali del Land salisburghese come fastosa cornice per ricevere capi di stato e personalità stranieri. Lo scalone principale introduce nella cosiddetta Sala dei carabinieri (Karabinersaal), dal nome delle guardie del corpo del principe, la più vasta sala del palazzo, dalla quale si accede alle altre stanze di rappresentanza. In particolare meritano attenzione: la sala dei Cavalieri (Rittersaal), dove spesso si tenevano concerti in onore degli illustri ospiti e dove, tra l’altro si è esibito il giovane Mozart; la Sala delle conferenze o del consiglio (Konferenzsaal), in cui Mozart all’età di sei anni diede il suo primo concerto a corte, la Sala delle udienze(Audienzsaal), la più sontuosa della Residenza, ed ancora la sala del trono (Thronsaal), la galleria dei ritratti (Bildergalerie), la sala bianca (Weisser saal), il salone verde (Grünes Vorzimmer), la sala dell’imperatore (Kaisersaal). Dal Residenz passiamo al Dom, la cattedrale della città, che con le sue due torri gemelle segna l’inizio della città vecchia, cioè del nucleo primitivo di Salisburgo. La struttura originaria fu distrutta da un incendio nel 1598. La struttura odierna, che fu dedicata ai Santi Ruperto e Virgilio, si presenta con un’unica navata affiancata da quattro ampie cappelle laterali, sormontata dall’imponente cupola, perduta sotto un bombardamento del 1944 e riedificata nel 1949. Esaurita la visita monumentale, ci tuffiamo in un mare di folla sciamante lungo le strette vie del centro. Molto caratteristica è la Getreidegasse, stretta via che ha mantenuto pressoché intatto il suo aspetto originale, grazie alle insegne in ferro battuto riccamente decorate, ai variopinti negozi, agli edifici con artistici portali e facciate dai tenui colori. Al 3° piano del numero 9 nacque il 27 gennaio 1756 il grande Amadeus. La casa natale di Mozart (Geburtshaus) è oggi un interessante museo, che raccoglie diversi oggetti del compositore, strumenti musicali, ritratti, spartiti, lettere, e il suo primo pianoforte. Dopo un momento di sosta, giusto il tempo del pranzo, al vicino Nord See, caratteristica catena alimentare che presenta un menu quasi esclusivamente a base di pesce, affrontiamo l’ultima fatica della giornata, la “conquista” della fortezza (Hohensalzburg). La raggiungiamo rapidamente con la tipica funicolare, che risale al 1892. Dominante la città da un’altezza di oltre 120 metri, rappresenta una delle costruzioni medievali più grandi del centro Europa. Fu fatta costruire nel 1077 dall’arcivescovo Gebhard I von Helffenstein all’epoca della lotta per le investiture e fungeva da rifugio per il clero e la popolazione. Il complesso è costituito, oltre che dalle fortificazioni vere e proprie, dal nucleo residenziale del palazzo centrale in stile romanico (Hoher Stock), da una chiesa ed IL CLUB n. 88/89 – pag. 34 altri edifici. Si entra dapprima nel magazzino del sale (Salzmagazin), dove tra l’altro sono esposti piccoli modelli che illustrano le varie fasi di costruzione e trasformazioni subite nei secoli dalla fortezza. Quindi si prosegue attraverso cortili e camminamenti a visitare le imponenti torri e le strutture militari. Al terzo piano dell’Hoher Stock si susseguono le camere dei principi (Fürstenzimmer), appartamenti privati e di rappresentanza. Particolare interesse destano la stanza d’oro (Goldene Stube), in stile tardo-gotico, interamente rivestita di legno intagliato policromo e dorato, ed una grande stufa in maiolica del 1501, di grande pregio artistico oltre che visivo. Altrettanto interessante e pregevole si presenta la sala d’oro (Goldene Saal), ampia sala col tetto in legno intagliato e dorato, sorretto da quattro esili colonne tortili di marmo. Prima di esaurire la visita non tralasciamo, tra i vari musei ospitati, il Rainermuseum, interessante esposizione di armi e divise in onore del reggimento Erzherzog Rainer, di stanza nella fortezza dal 1871 al 1918. L’Alta Austria La prima tappa della nuova giornata è GMUNDEN, che dista 78 chilometri da Salisburgo, percorrendo la B150, un tratto della A1 ed infine la B145. Siamo ormai nell’Alta Austria ed il paesaggio si presenta con contorni più soffici. La cittadina si distende a semicerchio allo sbocco del Traun nell’estremità settentrionale del Traunsee, ed è una deliziosa località balneare e di villeggiatura, nota anche per le sue ceramiche. L’Esplanade, lungolago esteso 2 chilometri, è il centro pulsante della città, dominato dalla mole elegante del Municipio (Rathaus), caratteristico per il carillon in ceramica, unico in Austria, prodotto nel 1957. Con piacevole sorpresa ci troviamo al centro di una fiera di manufatti in ceramica di ogni genere e stile, provenienti da tutta Europa, che in pratica occupa l’intera piazza. Una breve passeggiata lungo le rive del lago ci porta al Seeschloss Orth, castello rinascimentale che sorge su un isolotto, collegato alla terraferma tramite un ponte in legno lungo 130 metri. Fatta una breve visita dell’edifico, torniamo sui nostri passi, questa volta comodamente seduti sul trenino turistico. Attratti da un odore invitante ci fermiamo sotto una pensilina di legno e consumiamo un breve pasto a base di pollo e patatine. Sotto la pioggia battente riprendiamo il viaggio, fino a KREMSMÜNSTER, dopo avere percorso 45 chilometri lungo la A1 e la B122. Lungo le rive del fiume Krems in una delle propaggini più ad est dell’impero di Carlo Magno, nel 777 sorse l’abbazia benedettina di Kremsmunster, fondata dal duca Tassilo III di Baviera come baluardo cristiano contro gli Avari pagani giunti all'Enns. Particolare curioso della sua lunga storia il disastroso crollo, avvenuto il 23 maggio del 1755 della Torre del Tempo in costruzione e giunta a più della metà della sua altezza, probabilmente per difetto di progettazione o di consistenza delle fondamenta. L'abbazia, sede di un famoso scriptorium nell'XI e XII sec., venne rifatta in puro barocco austriaco nel XVII e XVIII sec. su progetto di C.A. Carlone e J. Prandtauer. La visita guidata si rivela di un interesse inaspettato. Attraversiamo ampi saloni sfarzosamente arricchiti da stucchi e affreschi, dove troviamo opere di oreficeria dell’alto medioevo e pitture tedesche e fiamminghe dei sec. XVXVII, ma soprattutto la ricca Biblioteca, un ambiente fantastico, dove non sappiamo se ammirare prima i preziosi libri ivi conservati o lo scenario di stucchi e affreschi che ci circonda. Chiude la visita la Chiesa abbaziale (Stiftskirche), opera barocca di C.A. Carlone del 1709-31 a tre ampie navate. Riprendiamo il cammino e a meno di 30 chilometri arriviamo nell’antica cittadina di STEYR, detta la Romantica, posta alla confluenza dei fiumi Enns e Steyr. Sistemato il camper per la notte, ci avviamo ad una breve passeggiate per le vie del centro. Sarà per l’atmosfera un po’ opaca dovuta al cielo offuscato, sarà per le poche persone che incontriamo, sarà per l’ambiente che ci circonda, ma sembra davvero che il tempo si sia fermato. Giungiamo nell’ampia Stadtplatz, lungo asse circondato da edifici variamente ornati da leggeri stucchi e dai colori tenui, tra i quali spicca l’elegante facciata, impreziosita da un’esile torretta centrale, del municipio (Rathaus), uno dei monumenti rococò più im- Il castello di Gmunden. In basso, l’Abbazia di Kremsmőnster portanti dell’Austria. La breve passeggiata per le vie quasi deserte ci porta dalla chiesa barocca di Marienkirche del 1647, una volta annessa ad un monastero domenicano, fino alle sponde dello Steyr, da cui intravediamo sull’altra sponda, in uno scenario incantevole dominato dalle placide acque del fiume, l’ampia facciata con esili torri sormontate da cuspidi a bulbo della seicentesca chiesa di San Michele. L’indomani mattina vogliamo gustare ancora una volta questa deliziosa città, tornando nella bella Stadtplatz, finalmente rischiarata dal sole. Il santo protettore dei turisti ha voluto manifestare la sua benevolenza, quando, giunti davanti la bella Parrocchiale, la troviamo ancora chiusa. Nel momento in cui stiamo per rinunciare a malincuore, limitandoci a sbirciare dalle fessure delle porte, siamo stati fermati da una signora, IL CLUB n. 88/89 – pag. 35 che transitava lì per caso. Riusciamo a farle capire il nostro rammarico per non potere visitare l’edificio. La signora ci fa cenno di aspettare e, dopo un tempo di attesa che sembra interminabile, ritorna con delle chiavi in mano. Che potevamo volere di più? Noi soli, padroni dell’intera chiesa! Ci aggiriamo indisturbati in lungo e in largo da una navata all’altra a centellinare con comodo ogni minimo particolare tra una ripresa video ed una fotografia. Lasciamo Steyr per fare un altro piccolo passo. Dopo 24 chilometri ci troviamo davanti l’Abbazia agostiniana di MARKT SANKT FLORIAN. Fondata nel 1071 sul luogo del martirio di San Floriano, come quasi tutti i complessi analoghi in Austria fu ricostruita anch'essa in stile barocco, tra il 1686 e il 1751. Anche in questo caso la visita guidata si rivela molto utile e veramente interessante. Davanti ai nostri occhi si apre un museo vero e proprio, ricco di pregevolissime opere d’arte di ogni genere, sacro e profano, in particolare l’Altdorfer Altar, altare del martirio di San Sebastiano del 1518, opera di Albrecht Altdorfer di cui rimangono solo 16 pannelli. Anche la Biblioteca è degna della maggiore nota. E’ un ambiente grandioso, con grandi armadi in legno intarsiato stracolmi di libri dell’epoca, racchiuso da un soffitto interamente affrescato, un’armonia di forme e colori. Passiamo, quindi, alla visita delle sale di rappresentanza, in un tripudio di affreschi multicolori, come il grande salone delle feste (Marmorsaal). Al secondo piano si trovano gli appartamenti imperiali (Kaiserzimmer), destinate ad ospitare l’imperatore nelle occasioni in cui era ospite dell’Abbazia, sale degne di un vero palazzo imperiale. Un’ulteriore idea dell’opulenza dell’Abbazia la ri- scontriamo pure nell’annessa chiesa, esuberante manifestazione di stucchi bianchi ed affreschi tra i del più belli del barocco. Il salto successivo è di altri 25 chilometri, fino a LINZ, capoluogo dell’Alta Austria e terza città della nazione. Il Danubio separa i due aspetti della città, la parte antica sulla sponda destra e la parte moderna sulla sponda sinistra. Lasciato il camper nell’enorme parcheggio sulla riva del fiume, ci avviamo verso il centro. Oltrepassato il Nibelungenbrücke, giungiamo alla Hauptplatz, vasta piazza rettangolare ornata al centro dalla monumentale colonna della Trinità eretta a forma di ostensorio su colonna tortile nel 1723. Ci inoltriamo, quindi, lungo la Landstrasse, via principale chiusa al traffico e brulicante di gente. Percorrendo pigramente la strada, sul lato sinistro incontriamo due chiese barocche di impronta simile, prima la Ursulinenkirche, del 1757 La Hauptplatz di Linz. In basso una delle porte di Freidstat con una bella facciata racchiusa da due torri, e poi la Karmeliterkirche, costruita tra il XVI e XVII secolo, con elegante facciata all’esterno ed unica sobria navata all’interno. Poco distante dall’asse viario incontriamo, quasi isolato, il Marien Dom o Neuer Dom (Cattedrale nuova), edificio in stile neogotico ultimato nel 1924. Lasciamo Linz per l’ultima tappa del nostro itinerario, prima di entrare in territorio ceco. Dopo 38 chilometri lungo la A7 e la B310 arriviamo a FREISTADT, dove ci sistemiamo per la notte. Un tempo ricca città sulla rotta della Boemia, a causa delle continue lotte e sconfinamenti a seguito della Riforma nella vicina Boemia, fu fornita di possenti fortificazioni, ancora oggi quasi interamente conservate. Il borgo antico è tuttora racchiuso dalla cinta muraria con due porte d'accesso: la Linzer Tor a sud e la Bohemer Tor a nord. Il fossato, trasformato in giardino, separa la città vecchia dalla nuova. Superata la Linzer Tor ci troviamo nelI'Hauptplatz, voluta espressamente da Massimiliano I, attorniata da case gotiche e rinascimentali con facciate a tenui tinte. Sul lato sud spicca la torre bianca, ornata di balconi in ferro battuto e sormontata da una oblunga lanterna, della parrocchiale di Santa Caterina del 1288. Da nord-est della piazza si sale fino al castello (1363-97) con imponente torre quadrata e cortile interno a balconata. Qui è allestito il Muhlviertel Heimatmuseum, dedicato alla storia ed alla cultura della regione. Nella piccola cappella possiamo ammirare una importante esposizione di icone su vetro di pregiata fattura. Qui finisce il nostro itinerario tra il Tirolo e l’Alta Austria. Solo 17 chilometri ci separano dalla vicina repubblica ceca, dove ci attendono altre mete prestigiose. Quel che abbiamo realizzato in questo breve viaggio, che in sette giorni ci ha fatto percorrere appena 650 chilometri, dimostra che anche le piccole tappe, centellinate una dietro l’altra, offrono una dovizia di luoghi, magari poco noti e quasi nascosti, ma che contengono tesori d’arte e bellezze naturali non inferiori a quelli di altri centri ben più famosi, mete preferite dal cosiddetto turismo di massa. Enza Messina e Paolo Carabillò IL CLUB n. 88/89 – pag. 36 Fornazzo, la tranquillità ritrovata Il paesaggio che si staglia sullo sfondo del grande vulcano è denso di suggestioni, addormentato nel sonno incantato d'una quiete irreale A nche i sassi parlano in alcuni luoghi dello scandire lento del tempo, dell'immutabile ritorno delle stagioni, del lavoro tenace ma silenzioso degli uomini. Molti di questi sassi si ammassano ai bordi delle stradine che s'inerpicano sulle pendici del più maestoso e temibile vulcano d'Europa, l'Etna o “a muntagna”, come la chiamano da queste parti, la montagna solenne, madre e matrigna di quelle genti che alle sue rocce rimangono aggrappate da secoli, caparbie come la ginestra, testarde come i popoli della terra di Sicilia. Genti che hanno segnato nel tempo le falde del vulcano delle impronte di una civiltà contadina povera ma orgogliosa, che nulla chiede alla Natura se non di convivere con essa in pacifica operosità. Sulle pendici orientali del Mongibello s'incastonano tra le nere rocce laviche suggestivi paesini e borghi, la cui serena quiete appare al visitatore come affresco incantato che fa scivolare la mente nel fiume d'oro della nostalgia. Tra questi, arroccato a settecentocinquanta metri sul livello del mare vi è Milo, il cui nome giunge a noi da un'antica voce greca che identifica il "nero", a ricordare la negra immagine della pietra lavica per la quale scorre l'acqua salvifica delle contrade milesi. Ma è Fornazzo, piccolo borgo di Milo, che più d'ogni altro tra quelli etnei innamora della propria quiete chi lo raggiunge dal tormento agitato delle città divorate dall' ansia. Fornazzo, che si raggiunge salendo da Giarre fino a Zafferana Etnea e deviando successivamente per Milo, con l'aria tersa e pulita, le strade silenziose, i cortiletti verdi e ombreggiati, le cisterne colme d'acqua limpida e fresca, è stato prescelto a dimora e rifugio dal turbinio delle metropoli da gente semplice e da uomini di successo. Tra questi ultimi, i cantautori Franco Battiato e Lucio Dalla l'hanno eletto a proprio angolo di paradiso, tranquillo ritiro dove ritrovare se stessi. Sono appena trecentoventi gli abitanti di questo minuscolo borgo: molti vecchi; pochi giovani; pochissimi bambini. Tutta gente serena, che vive in questi luoghi quasi con discrezione, rispettosa di quella Natura che sente come madre, e come madre ama di amore profondo e tenerissimo. Qui i fanciulli si accompagnano ancora ai vecchi, che raccontano loro le storie degli anni lontani della giovinezza tracciando ampi segni nell' aria con le mani indurite e deformi dalla fatica. Qui il postino è l'amico di tutti. Con le lettere porta le voci rumorose del mondo che si agita a valle, ma che rimane lontano, a sicura distanza da queste strade dove si può ascoltare il rumore scandito dai passi. Fornazzo è però conosciuto dai molti dalle ferite con le quali, più volte in questo secolo, lo ha segnato il gigantesco vulcano sul quale riposa. Il suo ribollente sangue lavico è ora una crosta nera aggrumata nella scura pietra che delinea per sempre i solchi di que- Un’immagine di Fornazzo a inizio del secolo In basso una panoramica odierna della vallata in cui sorge il borgo IL CLUB n. 88/89 – pag. 37 ste ferite. Su quelle cicatrici, su quelle rocce nere, la fatica tenace dell'uomo ha riedificato case e speranze, nell'indomita battaglia per la sopravvivenza sulla terra degli antenati, così come la tradizione vuole che abbia fatto un uomo che accanto ad una grotta, formata dall'onda minacciosa di una colata lavica ormai rappresa, costruì la propria dimora quale trattato di pace con il vulcano. Quella grotta sembrava a chi la guardasse un grande forno: un "fornazzo". I boschi dell’Etna Qui il tempo non ha mutato la serena quiete dei luoghi, adorni di abeti e larici, di pini, di faggi e di castagni che offrono da sempre frescura e sostentamento alla gente che vi dimora. E soprattutto con i tronchi dei possenti castagni, i "maestri d'ascia" rifornivano un tempo le segherie artigianali del luogo che ancora oggi mantengono una fiorente attività. Nel rispetto prudente e secolare per la Natura, questi uomini tagliano tuttora gli alberi provvedendo con pazienza alla cura dei ceppi rimasti perché possano ricrescere rinnovando l'imperscrutabile ciclo di vita. Ma i terreni boschivi di queste contrade hanno nel passato più remoto dato vita ad un altro antico mestiere tuttora praticato, quello del carbonaio. "U carbunaru" conosce gli oscuri segreti della trasformazione del legno in carbone, che attua durante lunghe ore di estenuante lavoro e per la quale sa attendere con pazienza accoccolato sotto "u pagghiaru", precario ricovero approntato con rami secchi ed arbusti. Giovane o vecchio che sia, chi abita a Fornazzo è segnato nel cuore dal suo paesaggio: dipinto dalla Natura ora con i tratti incisivi e netti dei dirupi, ora con le linee ondulate e serene delle colline; violentato dal vulcano con l'aspra pietra nera figlia della lava; lavorato dall'uomo con i frutteti ricchi di mele, pere, ciliege e nocciole e con le terrazze coltivate a viti. Da queste, il generoso vino dell'Etna, forte e schietto, che qui si produce in proprio per la gioia di vederlo sgorgare scuro e scintillante di riflessi dalle botti costruite con l'esperienza di generazioni. Dalla terra porosa e fertile, la gente di Fornazzo trae gran parte del proprio sostentamento, nonostante il commercio dei prodotti ortofrutticoli non offra allettanti guadagni. Ma la caparbia volontà di questa gente non conosce ostacoli, ed è frequente osservare sull'uscio di casa qualcuno che, approntato un provvisorio banco di vendita, attende paziente chi vorrà acquistare le mele e le nocciole poste in bella mostra, o il gustoso miele lavorato in proprio che gli apicoltori offrono all' acquirente in differenti varietà: di zagara, di eucaliptus, di timo, di acacia, di "sudda", il "millefiori". Se il tempo non ha deturpato questi luoghi, e non li ha resi mostruosi come i dedali inestricabili ed opprimenti dei moderni insediamenti urbani, è pur vero che in essi ha cancellato alcuni mestieri che il progresso tecnologico ha ormai sancito essere superati ed economicamente improduttivi. Tra questi, quello del lavoratore della neve. Soltanto i vecchi ne ricordano oggi la figura umile ed infaticabile, quando erano in molti a scavare nel terreno le "tacche", buche larghe e profonde che servivano a raccogliere la neve caduta copiosa nei mesi freddi dell'inverno e che IL CLUB n. 88/89 – pag. 38 prendevano nome dalle contrade nelle quali si trovavano: "tacca 'a petra", "tacca 'U favu", "tacca di munti cirasa". Un vecchio carrettiere racconta ai bambini di Fornazzo come la neve venisse un tempo battuta nelle "tacche" con speciali tavolette fissate ai piedi, i "trippiaturi", e poi ricoperta di foglie perché si trasformasse in ghiaccio. Giunta la calda estate, con il "falanguni" il ghiaccio veniva tagliato in blocchi per essere trasportato a dorso di mulo o sul carretto nelle città, fino alla lontana Calabria. La Cappelletta della Madonna della Lava, sopra Fornazzo di Milo, dove si bloccò una delle colate laviche che stava per giungere in paese Alla storia dei popoli più antichi, appartiene anche la pastorizia, che a Fornazzo si pratica tutt'oggi in modo arcaico. Qui esiste ancora chi conduce il gregge al pascolo con i cani che raccolgono e guidano le pecore, e la notte veglia su esso dinnanzi al fuoco che illumina gli occhi di riflessi di fiamma. Qui il pastore fa cagliare il latte appena munto nelle "quarare", vasche di ferro battuto nelle quali prende corpo l'appetitoso formaggio dell'Etna e si aggruma candida ricotta che giovani e vecchi possono gustare come si faceva in anni lontanissimi. L'inverno è freddo in questi luoghi, ed ogni anno imbianca i religioso, essa è anche occasione di conoscenza e dialogo, opportunità di stimolo alla comune volontà di migliorarsi. A Fornazzo i giovani credono nelle tradizioni, ma sentono forte il desiderio di aggregarsi in gruppi ed associazioni proiettate verso il futuro che nella salvaguardia del passato guardi con intelligenza al nuovo. E' in questo spirito che hanno proposto alcuni itinerari turistici, definiti "sentieri natura", che ricadono nell'incantevole territorio del grande Parco dell'Etna. La chiesetta di Fornazzo tetti delle case e la campagna silenziosa. Il paesaggio che si staglia sulla sfondo della grande montagna è allora denso di suggestioni, addormentato nel sonno incantato d'una quiete irreale che insensibilmente lascia le cose per insinuarsi come nebbia sottile nelle profondità del cuore. I rigori invernali portano ad una maggiore intimità i fornazzesi, che per loro natura hanno sacro il culto della famiglia e del focolare domestico. Nelle case, costruite pietra su pietra da una volontà tenace e secolare, vi è il segno dell'amore per questi luoghi. Lo testimonia la nera e forte pietra lavica degli archi che sormontano le porte, addolcita però dai colori tenui e delicati delle pareti; lo testimoniano le edicole incastonate nelle facciate, con la Madonna o il Santo che proteggono dai pericoli della vita ed indirizzano al cielo le preghiere, come quella della Vergine Maria ai piedi della quale molti anni or sono s'arrestò, acquietandosi, un'imponente colata lavica. In quelle case abitano molti vecchi, i tratti asciutti, i volti scavati dagli anni e le mani nodose e offese dalla fatica; unici sacerdoti della memoria che a Fomazzo sostano spesso in silenzio a guardare dalle loro rughe pensose il mare della costa jonica, azzurro e luminoso, che dal belvedere gli occhi abbracciano da Augusta a Taormina. I bambini sono invece pochissimi a Fomazzo, bruni, con gli occhi neri e mobilissimi, e le guance rosse quando corrono verso la piccola scuola dove il maestro inse- gna loro a leggere e scrivere, e ad amare il borgo e la grande montagna che gli è madre. E mangiano il pane caldo e fragrante i bambini, quello che le massaie impastano con le proprie mani e cuociono negli artigianali forni a pietra; quel pane genuino con il quale si sono nutriti i loro padri, e i padri dei loro padri, per generazioni di uomini forti e sani, figli della terra e del cielo dell'Etna. La piccola chiesa del borgo è uno dei punti di riferimento per i ragazzi che vogliono conoscersi e confrontarsi con le problematiche e le contraddizioni della propria età, e nella parrocchia essi organizzano ogni anno la festa per il Sacro Cuore di Gesù. Ma la ricorrenza non rappresenta soltanto un momento Una vallata dell’Etna vicino Fornazzo Così, per coloro che desiderano conoscere le meraviglie naturali del vulcano e siano disposti ad accettare quanto la vita della montagna impone, sono praticabili due percorsi: il primo dal punto base di Pietra Cannone giunge alla Valle del Bove; il secondo, sempre dal punto base, s'inerpica fino al Rifugio Citelli. Il paesaggio rurale attorno al borgo IL CLUB n. 88/89 – pag. 39 Alfio Triolo L’infiorata di Noto Nel terzo week-end di maggio il ”Giardino di Pietra” si trasforma nel “Giardino in Fiore”. Quest’anno i bozzetti sono stati ispirati al tema del Liberty S ono passati ventotto anni da quando, nel maggio 1980, i Maestri Infioratori di Genzano vennero nello splendido “Giardino di Pietra”, Noto, per realizzare, in collaborazione con gli artisti locali, la prima Infiorata di via Nicolaci e della Sicilia. Oggi l’Infiorata è diventata una manifestazione consolidata a tal punto da diventare il fiore all’occhiello di Noto sia dal punto di vista del richiamo turistico sia per quanto riguarda la crescita artistica e culturale della città stessa. Ogni anno, quindi, la terza domenica di maggio, il “Giardino di Pietra” diventa “Giardino in Fiore” ad opera dei Maestri Infioratori di Noto che nella notte del venerdì, con lavoro certosino, ponendo petalo dopo petalo, danno vita ad un festoso e colorato tappeto di fiori, sotto lo sguardo superbo ma compiaciuto delle sirene, delle chimere, dei grifoni, degli ippogrifi, dei centauri e delle sfingi che sorreggono gli incantevoli balconi di via Nicolaci, simboli incontrastati del barocco netino, mentre una marea di visitatori, curiosi ed increduli, scorre incessantemente ai lati della strada formando una esuberante cornice umana. I materiali sono tutti rigorosamente vegetali. E’ consuetudine, infatti, nei giorni che precedono l’infiorata, andare per i campi circostanti la città in cerca di bacche, semi, strane inflorescenze e altro materiale “particolare” che possa servire per migliorare il bozzetto. La vasta gamma del marrone, per esempio, viene data dalla carruba macinata, dalla crusca, dalla torba, nonché da foglie secche e da alcune piante dalle sfumature brune. Si utilizzano anche legumi, cereali, farine, caffè, ecc., materiali tutti che danno vari effetti cromatici. Così, dall’accostamento di tutti questi colori e dalla mescolanza dei vari materiali, la via Nicolaci si trasforma nella più ricca e bella tavolozza che ogni pittore al mondo vorrebbe possedere. La preparazione dell’Infiorata. In basso Via Nicolaci alla fine dei ...lavori Larisa ed Emanuele Amenta IL CLUB n. 88/89 – pag. 40 Tra mare e natura Luogo incontaminato, la Riserva dello Zingaro è una continua sorpresa, tra vegetazione unica e incantevoli spiagge. Itinerario alla scoperta di un paradiso naturale. A lla fine degli anni Settanta veniva progettata e finanziata dall' assessorato regionale al Turismo la costruzione di una strada litoranea fra San Vito lo Capo e Scopello, nel Trapanese. Uno degli ultimi tratti di costa incontaminata della Sicilia stava per essere stravolta da questo progetto che avrebbe aperto la “strada”, subito dopo, anche alla cementificazione. Le profonde ferite prodotte dai lavori di scavo sulla costa dello Zingaro fecero gridare allo scandalo. Da questa “morte annunciata” prese inizio una vera rivoluzione culturale in Sicilia. Le proteste degli ambientalisti, degli uomini di cultura e della stampa sia siciliana che nazionale portarono al momentaneo blocco dei lavori. Da più parti si chiedeva di più: la salvezza della costa dello Zingaro con l'istituzione di una riserva naturale. Per la prima volta anche dei semplici cittadini scesero in campo per partecipare il 18 maggio 1980 alla marcia pacifica per affermare il diritto alla preservazione di quelle aree di grande interesse ambientale. L'approvazione da parte della Regione Siciliana non tardò ad arrivare. La prima ad essere istituita è stata la "Riserva dello Zingaro" che venne posta sotto la tutela del Demanio Forestale con una estensione di 1650 ettari e uno sviluppo costiero di sette chilometri. Per arrivare alla Riserva, da Palermo si prende la A.29 in direzione di Trapani sino allo svincolo di Castellammare del Golfo. Si procede quindi per la S.S. 187 fino al bivio per San Vito lo Capo, si supera il paese e si arriva all'ingresso nord della riserva. E' possibile accedere anche dal lato sud. In questo caso dalla S.S. 187 si prende lo svincolo per Scopello e si va in direzione della Tonnara di Scopello (merita una visita), la si supera e si arriva al posteggio dell'ingresso sud (imbocco della galleria). Il nostro trekking comincia dall'ingresso nord, seguendo il tracciato principale: alla nostra si- nistra in basso si apre la baia della Tonnarella dell'Uzzo con accanto il museo del mare. Dopo circa venti minuti, avendo superato l'area attrezzata, si devia a destra per Case Cosenza, il sentiero comincia a salire per inoltrarsi nel cuore di contrada Acci. La riserva è il regno della palma nana che incontreremo spesso durante il percorso, oltre al carrubbo olivastro e alla ferula con la macchia mediterranea. Dopo un'ora facciamo sosta ad un abbeveratoio ai piedi di una falesia. Proseguendo lungo il sentiero incontriamo la strada carrabile proveniente da Portella Sauci, deviamo a sinistra e in leggera discesa arriviamo alle case di borgo Cosenza (circa 150 minuti dalla partenza). Da queste case, ancora utilizzate da alcuni pastori, si gode un meraviglioso panorama sul golfo e le insenature. Un piccolo fontanile ci permette di dissetarci, in una delle case visitiamo un antichissimo torchio. Dopo la sosta riprendiamo il sentiero che comincia a scendere. Un silenzio amico ci accompagna con discrezione, si entra in simbiosi con la natura semplice di un luogo ancora integro. Dopo un'ora di cammino, superata una casa rurale, il sentiero si biforca: prendiamo a sinistra per contrada Sughero. Continuando a seguire il sentiero, deviamo nuovamente a sinistra, sotto di noi si apre il panorama della baia di torre dell'Uzzo. Poco dopo incontriamo la segnaletica, prendiamo a sinistra e seguendo il sentiero a picco sul mare lungo il parapetto in legno arriviamo alla grotta preistorica dell'Uzzo. Questa enorme cavità scavata nella roccia è stata abitata dall'uomo paleolitico, come hanno stabilito gli scavi archeologici effettuati in questo angolo dell'Isola. Lasciata la grotta e superato il museo della civiltà contadina, arriviamo alla deliziosa spiaggia della Torre dell'Uzzo per un meritato bagno ristoratore in quelle acque cristalline. Dopo la sosta seguiamo il sentiero costiero che in mezz' ora ci riporta all'ingresso nord, dove avevamo parcheggiati i nostri camper. Questo percorso può essere semplificato evitando la faticosa deviazione per borgo Cosenza in special modo durante i mesi estivi, seguendo il sentiero costiero fino alla grotta dell'Uzzo. All'ingresso della riserva è consigliabile acquistare la cartina dello "Zingaro" per apprezzare in pieno le bellezze di questo angolo, ancora integro della Sicilia. Alfio Triolo Una caletta della Riserva In primo piano la palma nana, simbolo stesso dello Zingaro IL CLUB n. 88/89 – pag. 41 Terza pagina Effetto serra ed emergenza clima: il rapporto Onu 2007 è un documento drammatico che ci presenta scenari futuri apocalittici. Dobbiamo rassegnarci all'inevitabile? I l rapporto ONU, un "tomo" di 1400 pagine elaborato da ben 2500 scienziati di tutto il pianeta, è stato consegnato a Bruxelles all'Unione Europea giovedì 5 aprile 2007 (data storica da ricordare). È questo un documento drammatico che ci presenta scenari futuri apocalittici. Dinanzi a tanta precisione di dati, ad esempi concreti, come quest'ultimo inverno caldo, a fenomeni di estremizzazione meteorologica, ad alluvioni, fusioni accelerate delle calotte polari, innalzamento dei mari e quant'altro, anche i Paesi più recalcitranti sul Protocollo di Kyoto come USA, Cina e Arabia Saudita hanno dovuto chinare il capo e accettare il documento. La novità di questo documento è che non si parla più di bloccare l'effetto serra come strategia prossima ventura, perché dal documento si evince che dobbiamo rassegnarci all'inevitabile. Si è ormai preso atto che il fenomeno si è innescato e non potrà più fermarsi. Si parla, quindi, di adattamento ai fenomeni in arrivo innescati dall'effetto serra, che gli scienziati portoghesi hanno ribattezzato "effetto stufa". Senza entrare nello specifico delle 1400 pagine, possiamo però raccogliere i principali elementi e i dati che rappresentano la sintesi di tutto il rapporto ONU. Questi pertanto i punti salienti del documento: • entro il 2050 l'Europa potrebbe perdere il 70% dei suoi ghiacciai: è previsto anche lo scioglimento delle distese di nevi "eterne" dell'Himalaya; • i fenomeni meteorologici saranno sempre più estremi e di uragani tipo "Katrina" dovremmo farci l'abitudine; • il 30% di animali e piante del pianeta potrà estinguersi; • gli oceani prima del 2100 potrebbero crescere di oltre 1 metro; • mari ed oceani inizierebbero ad acidificarsi compromettendone la vita marina stessa; al momento il fenomeno sta interessando negativamente tutte le barriere coralline; • i deserti del pianeta entro la fine di questo secolo potrebbero raddoppiarsi e la foresta dell'Amazzonia trasformarsi in savana; • i fiumi delle latitudini equatoriali e tropicali potrebbero trasformarsi in torrentelli o diminuire la loro portata d'acqua di oltre la metà; • l'Africa subsahariana finirebbe per diventare una terra senza acqua e vita; • le malattie tropicali, anche le più devastanti, vedi la febbre dengue e la meningite, si potrebbero estendere anche negli attuali Paesi temperati; • le economie dei Paesi tropicali o temperati che attualmente puntano sul turismo marino, a causa dell'eccessivo caldo, potrebbero fallire; • per la conquista dell'acqua potrebbero innescarsi nuovi conflitti e milioni e milioni di disperati fuggire dall'Africa per invadere l'Europa. Sono questi gli scenari che il rapporto intravede qualora raggiungessimo un aumento medio della temperatura della biosfera di altri 2 gradi centigradi da qui al 2050. Nel caso dell'ipotesi più nera, che vedrebbe entro la fine del secolo l'innalzamento della temperatura media del pianeta di oltre 5 gradi, i problemi sarebbero ben più gravi e per l'umanità potrebbe non esserci futuro. IL CLUB n. 88/89 – pag. 42 Il fiume Po in secca Per il bacino del Mediterraneo il rapporto dedica oltre 50 pagine, informandoci che se il trend è quello che abbiamo appena assaporato in quest'ultimo inverno, questo è quanto ci aspetta da qui alla fine del secolo: • circa 5000 Km di coste finiranno sott'acqua, a maggior rischio, il delta del Nilo, le pianure della Tunisia, le coste della Spagna, quelle Italiane e della Turchia,. Venezia finirà sommersa del tutto; • i ghiacciai delle Alpi scompariranno quasi del tutto (finiranno "le settimane bianche"); • i grandi fiumi come il Po subiranno una drastica diminuzione della loro portata, entrando in fase di secca nel periodo estivo compromettendo così l'apporto di acqua per i bacini idroelettrici; • il fenomeno deserto aggredirà in Italia la Sicilia, la Puglia, la Calabria e la Sardegna; la Val Padana sarà interessata da fenomeni di aridità; • l'acidificazione e l'aumento della temperatura sul Mediterraneo ridurrà drasticamente la vita marina, con scomparsa di pesci autoctoni a vantaggio di specie provenienti dall'Oceano Indiano poco commestibili e in alcuni casi velenose; • a causa della conformazione orografica dell'Europa con le Alpi e i Pirenei e a causa dell'aumento della evaporazione del Mediterraneo, si creerà il fenomeno della depressione: l'aria calda che dal mare salirà verso gli strati più alti dell'atmosfera "succhierà" aria calda africana, con inevitabili bolle e • • • • • ondate di calore che giungeranno fino a ridosso dell'arco alpino, come accadde nel 2003 (il 2003 è stato solo un breve assaggio!); a causa delle continue ondate di calore sono previsti per tutto il bacino del Mediterraneo, stando ai dati dell'estate del 2003, almeno 35.000 morti l'anno, ma che purtroppo potrebbero raddoppiare; oltre a ciò malattie veicolate da insetti che nel caldo-umido trovano il loro habitat ideale, aumenteranno a dismisura; con il gran caldo gli incendi delle ultime foreste e macchie mediterranee saranno inarrestabili, accelerando così il fenomeno dell'effetto serra e degradando definitivamente i suoli; l'agricoltura avrà il colpo di grazia soprattutto al Sud dove la carenza d'acqua e l'aumento delle temperature colpiranno drasticamente le produzioni ortofrutticole; per l'Italia un danno rilevante per i suoi vini ed oli doc, dove l'effetto stress da eccessivo calore modificherà gli aspetti organolettici compromettendone le caratteristiche del frutto; pericoli anche per la produzione del Parmigiano a causa dell'inevitabile peggioramento e diradamento dei pascoli; sono previste massicce ondate di "profughi del clima" (si parla da qui al 2050 di almeno 90 milioni di persone) che dalle coste africane cercheranno di raggiungere l'Europa attraverso soprattutto la Spagna, l'Italia e la Grecia. Lo scioglimento dei ghiacciai delle regioni artiche potrebbero portare a conseguenze catastrofiche sulle coste di mezza Europa Questa appena descritta è la sintesi di una altra serie di problemi connessi proprio al fenomeno del riscaldamento globale e in particolare del Mediterraneo. Il rapporto ONU anche se non parte da un altro rapporto, quello dell'economista Stern, fa riferimento ad inevitabili crisi socio-economiche che condizioneranno in futuro le scelte economiche di ogni Stato. Immagine aerea di un uragano. Li vedremo anche in Europa? Per Stern il problema è sotto gli occhi di tutti: in parole povere dice che i disastri ecologici, le malattie agli uomini e agli animali e le perdite di vita causati dai cambiamenti climatici hanno inevitabilmente un costo sociale tale che con il peggiorare della situazione andrà sempre di più ad incidere sui vari PIL. Al momento i costi per i disastri ecologici in Paesi come l'Inghilterra incidono sul PIL per lo 0.8%, ma seguendo il trend previsto di innalzamento della temperatura terreste con tutti i fenomeni connessi, l'incidenza salirà in progressione geometrica. Per cui i Paesi che non avranno trovato in tempo delle soluzioni sul fronte della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento, vedranno un'incidenza dei costi "climatici" sul loro PIL fino ed oltre il 50%: un disastro che inciderebbe pesantemente sull'economia di ogni singolo cittadino. Fatta questa breve considerazione, dobbiamo immediatamente vedere chi in Italia subirà i IL CLUB n. 88/89 – pag. 43 maggiori danni dal trend di innalzamento della temperatura: 1. gli agricoltori, che dovranno rivedere i loro progetti produttivi, impiantare nuovi tipi di coltivazioni, più resistenti al caldo, ai parassiti e alla penuria d'acqua; 2. i pescatori, che dovranno abbandonare ancora di più l'attività della pesca per penuria di pesce; 3. gli allevatori che per penuria di foraggio e di pascoli dovranno ridurre i loro capi bestiame; non solo, ma dovranno anche far fronte a sempre nuove malattie come la Lingua Blu e la Lesmaniosi che decimano animali da cortile e da compagnia (i cani); 4. gli operatori turistici che non avranno più centri invernali con piste da sci da prospettare alla loro clientela, né centri estivi al mare dove le temperature torride e la presenza di insetti fastidiosi e nocivi, nonché la penuria d'acqua, sconsiglieranno i vacanzieri ad andarci; 5. le persone sensibili al caldo, quindi gli anziani e i bambini. Con il caldo torrido aumenterà la richiesta di energia elettrica per mandare avanti tutti i condizionatori che sempre di più si istalleranno negli edifici italiani. Questo comporterà in estate, con la forte diminuzione di acqua per i bacini idrografici, per l'assenza di vento per gli impianti eolici, una grande crisi energetica che potrebbe portare a continui e gravi black out come accadde nel settembre 2003. L'Italia che per il 68% dipende dai combustibili fossili (i maggiori incriminati per l'effetto serra), non ha davanti a sé uno scenario sereno. Nel mese di giugno ci sarà un altro vertice tra scienziati e capi di Stato ad Heiligendamm; in quella sede di cercherà di trovare soluzioni pratiche che ogni Paese industrializzato della Terra dovrà adottare per salvare il salvabile. Speriamo che anche questa volta possa prevalere il buon senso e la responsabilità nei confronti di ogni cittadino del globo. Qualcuno però lo dica anche a Bush e al suo entourage. Ennio La Malfa Presidente dell’Accademia Kronos Vita in camper I pro e i contro del mondo Internet, così come dei navigatori satellitari e palmari, e anche delle pubblicazioni cartacee per chi viaggia: mappe, cartine e guide: forse, anche nell’era digitale, anche la “carta” è irrinunziabile per viaggiare... A bbiamo mai realmente pensato quale sia la percentuale di tempo che occupiamo alla guida del camper? Tanto, spesso troppo, soprattutto nelle tappe di trasferimento da nord a sud (che per noi siciliani sono un viaggio nel viaggio); e poi quando entriamo in una grande città e siamo alla ricerca di un campeggio, di un’area attrezzata o di un semplice parcheggio dove sistemarci. Ebbene, maggiori sono le informazioni di cui disponiamo, minore sarà lo stress per trovare strade e luoghi. In modo prima silente, ma man mano sempre più prepotente, sono ormai entrati a far parte della nostra vita di tutti i giorni gli strumenti digitali, come i navigatori satellitari. E pensare che soltanto fino a qualche anno fa erano un oggetto a metà tra il fantascientifico ed il lusso superfluo, visto anche il costo che si aggirava intorno ai 4 milioni di lire; ma oggi il navigatore satellitare è entrato nel numero dei dispositivi d’uso comune insieme a cellulari, lettori mp3, palmari, pc portatili, e ha finito di essere considerato un oggetto elitario. Nel giro di pochi anni un successo particolare è stato raggiunto dai modelli portatili, di gran lunga preferiti dai viaggiatori e non, per la trasportabilità da un veicolo ad un altro, in quanto assolutamente autonomi da ulteriori dispositivi e non necessari di alcuna installazione. Grazie allo straordinario progresso della tecnologia oggi questi apparecchi che possono disporre di antenne integrate, altoparlanti supplementari, cartografie dettagliate caricate su dischi fissi (anche di 20 GB), rendono i navigatori trasportabili la più comoda soluzione. La pubblicità è l’anima del commercio. Nulla di più vero. Ed è proprio con la pubblicità che i produttori incontrano le necessità dei consumatori. Ma accade pure che spesso la divulgazione pubblicitaria induca una necessità nel consumatore che “ignaro” di cosa gli stia succedendo segue l’impulso dell’ acquisto, o dettato dallo spirito di emulazione o per “necessità” di non restare arretrati, qualche volta anche non giustificato da una reale necessità. Le stesse considerazioni pensiamo non si possano fare nei confronti del navigatore satellitare: un compagno di viaggio davvero utile, qualche volta di grande aiuto per l’ottimizzazione dei percorsi da compiere, altre volte indispensabile quando, da soli, in terra straniera, magari di notte, non parlando la lingua del posto, o anche in situazioni molto più normali si ha bisogno di un’informazione relativa ad una strada, un albergo, un ristorante, un campeggio, un distributore di carburante, e tanto altro. Però, per non rischiare di trovarsi con un oggetto odioso da utilizzare, totalmente inutile o addirittura dannoso, bisogna scegliere con molta attenzione e mai a scatola chiusa. Ed è quindi necessario essere documentati prima di procedere all’acquisto al fine di capirne di più, scoprire le peculiarità e le differenze fra i vari modelli, quali gli aspetti importanti, le funzioni a cui non rinunciare, quali quelle superflue e quali gli aspetti realmente funzionali ad una facile ed affidabile navigazione. Partiamo da un assioma: le cose semplici sono sempre le migliori. Innanzi tutto deve avere un aspetto compatto, deve essere autosufficiente cioè dotato di batteria, tale da essere usato anche passeggiando a piedi. Nota importante: quasi la totalità dei navigatori non è impermeabile, eccezione fatta per quelli dedicati espressamente all’utilizzo sulle moto. Poi, non fatevi ingannare dallo schermo grande; non è sinonimo di buon navigatore. L’aspetto più importante è invece l’interfaccia utilizzata dal progettista-costruttore dell’apparecchio, cioè tutti quegli strumenti grafici presenti sullo schermo mediante i quali l’utilizzatore interferisce con l’apparecchio: quanto è più semplice e chiara, tanto più rende facile ed immediato l’uso dello stesso. IL CLUB n. 88/89 – pag. 44 Quasi irrinunciabile è il “touch screen” cioè la possibilità di interagire con il semplice tocco dello schermo con le dita, che coadiuvato da un buon sistema di icone è il modo più semplice ed intuitivo di utilizzare questi apparecchi. I dati richiesti devono essere chiari di immediata e facile leggibilità ed associati ad una voce altrettanto chiara, per consentire al guidatore di non distrarsi per guardare lo schermo. Indice di qualità è inoltre la rapidità nel ricalcalo della rotta nel caso in cui, sbagliando strada la si abbandoni. Un buon navigatore deve inoltre fornire anche la funzione “pianificazione di un itinerario” che permette di programmare una serie di destinazioni da raggiungere in successione. Da non sottovalutare i PDI, punti di interesse, ovvero l’indicazione dei locali o servizi di pubblico interesse come banche, ospedali, alberghi ristoranti, fermate di autobus, Mc Donalds, e tante altre informazioni che possono rivelarsi molto utili. Qualche anno fa erano disponibili soltanto le cartografie in 2D, cioè con immagini bidimensionali con vista dall’alto. Oggi quasi tutti i navigatori fruiscono di una grafica 3D, tridimensionale, che non è soltanto un fatto estetico, ma che grazie alla prospettiva adottata, offre un campo visivo virtuale molto più ampio e permette di replicare su schermo ciò che il guidatore vede con i suoi occhi rendendo cosi più reali le proporzioni, le distanze e le dimensioni. Altra caratteristica a cui non rinunciare è l’efficienza della cartogra- fia. Bisogna dire a tal proposito, che, a parità di utilizzo di pari cartografia, vi sono GPS che possono offrire dettagli di copertura molto diversi. In ogni caso, come sempre, tra ascoltare le esperienze altrui e vivere le proprie, la differenza può anche essere determinate in funzione di una scelta. Ed è per questo che, se siete interessati ad un eventuale acquisto, l’aver ascoltato va bene, ma toccare con mano, vedere di persona, chiedere informazioni e capire le proprie necessità è assolutamente indispensabile. Solo così il GPS è un investimento che dopo poche ore di viaggio si ripaga da sé. Altro discorso va fatto per le informazioni non necessariamente collegate alla logistica ma ai luoghi da visitare: chiese, musei, aree naturalistiche, parchi, ecc.; e ciò sia per quanto riguarda l’ubicazione e gli orari di apertura al pubblico, sia per quanto riguarda la loro reale importanza in un’ottica di tempi disponibili: se stiamo visitando una regione, avremo necessità di capire quali località sono imperdibili, e una volta dentro una città, se abbiamo pensato di dedicarvi due giorni, dovremo certamente stilare un elenco delle cose da vedere; ma se non conosciamo bene né cosa quei luoghi offrono, né cosa offre la città (così come il giorno di eventuale chiusura di un museo), correremo il rischio di perderci in cose di secondaria importanza perdendo qualcosa di importante, pentendocene una volta a casa. Internet ci aiuta: abbiamo spesso parlato nelle pagine di questo nostro bimestrale di tanti siti web che offrono informazioni turistiche e consentono così di agevolare la predisposizione di un itinerario di visita: siti di uffici del turismo di Paesi esteri (vedi FrancePassion o British Tourist Authority), così come siti locali e portali di turismo (da Virgilio a TurismoItinerante). Ma forse, per quanto i siti Internet siano (o dovrebbero quanto meno essere) sempre ag- giornati, forse qualche “buco” rimane, da colmare con qualche piccola spesa: alludiamo alle cartine e alle mappe stradali, a loro volta complementari alle “guide” turistiche pubblicate dalle più note case editrici (Touring Club, Mondadori, Baedeker-De Agostini, Routard...). Un tempo, quando si progettava un viaggio, l’acquisto di una guida e di una cartina del Paese dove si aveva voglia di recarsi era un atto pressoché obbligatorio; non che lo facessero tutti, ma era abbastanza normale farlo, anche per sapere in anticipo cosa privilegiare, quali strade preferire, attraverso quale itinerario collegare una città a un’altra nel corso del viaggio; e poi per sfruttarle proprio in corso di viaggio, stando al volante e cercando di tenere desta sempre l’attenzione insieme alla moglie, in genere occupata a svolgere il ruolo di “navigatore” (non digitale!). Nell’era di Internet e del GPS, molti pensano che tutto ciò sia roba di altri tempi, non più necessaria, anzi in molti casi inutile. Ma forse non è poi così vero come può sembrare a prima vista. Esaminiamo prima di tutto quello che può combinare anche il migliore dei navigatori GPS: quante volte “lui” ha provato a farvi percorrere, voi che state guidando un camper di almeno 7 metri di lunghezza e 3 metri di altezza trazzere di montagna o vicoletti di un paese dove nemmeno un’auto di medie dimensioni potrebbe passare? E quante altre volte, pur essendo l’ultimo modello appena uscito in commercio, non trovate caricati le strade più recenti (la variante stradale appena inaugurata o l’ultimo tratto di autostrada aperto al traffico magari poche settimane prima) e quindi vorrebbe indurvi a “tornare indietro quando potete”? Lo stesso, ovviamente, può accadere con una cartina stradale non aggiornata, ma almeno lì si ha davanti agli occhi il quadro d’insieme dei luoghi dove ci si trova e con un minimo di logica si possono elaborare i percorsi alternativi. Nell’acquisto e nell’utilizzo delle carte stradali sono necessarie comunque alcune accortezze: avere sempre tra le mani quelle aggiornate è basilare; per cui se dovete andare in Francia e siete ancora in possesso della carta usata dieci anni fa, il consiglio è buttarla e acquistarne una nuova, accertandovi della data di pubblicazione. IL CLUB n. 88/89 – pag. 45 Ma quale scegliere? Certamente quella più chiara dal punto di vista grafico, affidandosi a editori specializzati che sono in grado anche di stampare mappe molto personalizzate, con l’indicazione di molte informazioni logistiche come campeggi, castelli, luoghi di interesse, ecc., e con scale cartografiche diversificate (vedi Touring Club, MB, Michelin): se volete visitare - tenendo sempre l’esempio precedente - la Francia, potrà servirvi una carta generale di tutta la nazione; ma se volete visitare solo (o in particolare) la Bretagna, converrà affidarsi a una cartina particolareggiata della sola Bretagna, in scala 1:250.000 rispetto a quella generale che magari è prodotta in scala 1:800.000 o 1:1.000.000, dato che minore è la scala, maggiori sono il dettaglio della carta e quindi il numero delle strade secondarie evidenziate e quello dei centri abitati più piccoli. Analogo discorso va fatto per le guide: è vero che noi camperisti amiamo viaggiare seguendo il nostro istinto, ma è altrettanto vero che se non disponiamo di informazioni chiare sul territorio meta del nostro viaggio rischiamo di tralasciare località o, all’interno di una città, emergenze (un museo, una chiesa, ecc.) di cui ci pentiremo sicuramente se, al ritorno, ne scoprissimo l’importanza. Guai, quindi, a non avere con noi uno strumento essenziale di consultazione che possa fornirci indicazioni e suggerimenti per una visita, così come il giorno di chiusura di un museo o i suoi orari di apertura, oltre naturalmente al suo indirizzo e all’ubicazione sulla cartina stradale. E, anche per le guide, cerchiamo di sceglierle con accuratezza, dato che ciascuna collana ha caratteristiche che la differenzia dalle altre. Sfogliarne qualche pagina prima dell’acquisto sarà certamente opportuno per il miglior utilizzo in viaggio. Internet a parte. Luigi Fiscella e Maurizio Karra Musica in camper L’ estate è ormai alle porte e la voglia di partire diventa sempre più frenetica; i preparativi per attrezzare la nostra casa su ruote si susseguono, rendendo le nostre giornate meno grigie, dato che col cervello e col cuore siamo già in viaggio. E in questo momento non possiamo dimenticare di portare con noi anche la nostra musica preferita, perché diventi la colonna sonora delle nostre vacanze. Fra le ultime uscite, si segnala senz’altro “Call me irresponsible” di Michael Bublè, una delle voci più amate dal pubblico e di cui pochi forse conoscono le origini italiane, un musicista ormai di fama internazionale che ha finora venduto oltre 12 milioni di dischi in tutto il mondo. Il giovane cantante nato a Vancouver, star del genere swing, ha messo insieme un’altra raccolta di gioielli musicali, caratterizzati dalla sua inimitabile voce, ricca di sfumature e di profondità, che aiuta a sognare, rifugiandosi in un universo parallelo improntato al relax. Il nuovo CD contiene due brani inediti composti dal cantante, “Everything”, primo singolo estratto e già in cima alle classifiche, e “Lost”, mentre gli altri pezzi sono dei classici, con titoli che vanno da “I’m you’re man” a “Me and Mrs. Jones”, da “I’ve got the world on a string” a “It had better tonight”, che la star italo-canadese porterà in giro per il mondo anche nel corso della sua prossima tournèe. E pensare che l’artista fino al 2000 era un perfetto sconosciuto, anche se la sua notevole voce aveva già dimostrato di potersi sposare perfettamente con i classici dello swing, genere che gli aveva fatto conoscere e apprezzare il nonno materno, un idraulico di ori- gine italiana emigrato da giovane in Canada. E proprio grazie all’interessamento del nonno il giovane cantante ha potuto affinare le sue qualità canore, esibendosi inizialmente nelle sale d’albergo. E anche in questo caso la favola del brutto anatroccolo ha avuto un lieto fine, quando cioè il giovane Michael si è esibito davanti a David Foster (produttore di cantanti del calibro di Barbra Streisand e Celine Dion), che gli ha quindi aperto le porte del pianeta musicale. Atmosfere completamente diverse sono quelle che invece caratterizzano il gruppo francese degli “Air” e la loro ultima creatura “Pocket Simphony”, suadente impasto pop-soul che nell’arco delle dodici canzoni presenti permette di fare una soffice carrellata nella musica elettronica. Il duo, composto da Nicolas Godin e Jean-Benoit Dunkel, si lancia in questa sorta di “sinfonia tascabile”, nata dalla frequentazione di mondi diversi, compreso quello del Sol Levante; infatti nel complesso strumentale che accompagna i diversi pezzi figura un koto, una sorta di vibrafono a corde, e lo shaminsen, una chitarra-banjo quadrangolare, che testimoniano efficacemente l’amore del duo per il Giappone e le suggestioni orientali e new-age. Cucina in camper Farfalle con melanzane Ingredienti: 400 gr. di pasta tipo farfalle, 1 melanzana, 1 cipolla, 1 scatola di polpa di pomodoro, 2 cucchiai di capperi, 150 gr. di olive nere, basilico, sale, peperoncino, olio extravergine d’oliva e parmigiano q.b. Preparazione: soffriggete in poco olio una cipolla tritata. Non appena è cotta, aggiungete la polpa di pomodoro e la melanzana tagliata a cubetti. Fate cuocere a fuoco vivo. A cottura ultimata unite i capperi dissalati insieme alle olive neri a pezzetti. Sminuzzate nel condimento il basilico, salate e amalgamate la pasta – cotta a parte - con il condimento, insieme al peperoncino, un filo d’olio ed il parmigiano. Insalata di pollo Ingredienti: ½ pollo, 4 foglie di radicchio, 100 gr. di fagiolini bolliti, 50 gr. di prosciutto cotto, 50 gr. di emmenthal, 1 pomodoro, 1 peperone verde, 1 cetriolo, olio extravergine d’oliva, aceto, sale e pepe q.b. Preparazione: disossate il pollo (eliminando la pelle), tagliandolo a pezzetti e fatelo bollire. Tagliate a filetti il prosciutto, il formaggio e il peperone. Tritate le foglie di radicchio e il cetriolo, tagliate a pezzetti i fagiolini. Unite gli ingredienti in una ciotola e condite con l’olio, l’aceto e il sale, amalgamando il tutto. Enza Messina Nel nuovo album continua una sorta di filo conduttore che lo lega saldamente alla traccia conclusiva dell’album precedente, “Alone in Kyoto”, dove già vengono impiegati strumenti musicali giapponesi. Piano e batteria elettronica fanno, invece, da sfondo a “Once upon a time”, già uscito come singolo, caratterizzato da voci sussurrate e arrangiamento soave; anco- IL CLUB n. 88/89 – pag. ra strumentazione orientale si ascolta in “One hell of a party”, mentre un universo melodico accompagna “Somewhere betwen and sleeping”. I brani scorrono l’uno dopo l’altro dando l’impressione di concludersi troppo presto tra riverberi ed echi orchestrali sognanti che proiettano verso un universo in cui musica e melodia si coniugano felicemente; la musica che dà vita a un suggestivo viaggio, in cui immaginazione e realtà vanno di pari passo, quasi un anticipo del viaggio reale che stiamo per intraprendere, in fuga dai soliti orizzonti. Mimma Ferrante Internet, che passione Piccolo breviario delle strutture museali del vecchio continente, naturalmente estratto dal web L a stagione delle partenze è ormai alle porte e già nella nostra valigia hanno trovato posto le informazioni necessarie per rendere indimenticabile il nostro viaggio. Potrebbe essere utile inserire tra le cartine stradali e le mappe delle città del nostro itinerario un promemoria riguardante anche i musei che, presumibilmente, potremmo voler visitare lungo il nostro percorso. Un buon museo può efficacemente riempire una giornata stanca o magari piovosa colmando il nostro spirito. Storico o scientifico, archeologico o artistico, etnologico o zoologico, un museo può aiutare a comprendere genio, storia e cultura di ogni nuovo luogo visitato. Quella che segue vuole essere una piccola rubrica telematica dei siti dei grandi, ma anche insoliti, musei d’Europa. Cominciamo dall’Italia dove, secondo l’Unesco, si trova oltre la metà del patrimonio storico-artistico del mondo intero. La citazione proviene dalla pagina “Musei e Arte in Italia” del sito dell’ENIT, l’agenzia nazionale dei turismo. Si tratta di una pagina da cui è possibile effettuare ricerche su tutto il territorio nazionale, tramite un motore interno appositamente predisposto che appare come un buon strumento di consultazione, anche se forse non guasterebbero una maggiore velocità di navigazione e maggiori informazioni ad esempio sugli orari di apertura delle strutture. La ricerca delle strutture di Palermo e provincia produce 56 risultati relativi alla città tra musei e monumenti e, per quanto riguarda la provincia, 30 comuni quali sedi di analoghi siti e strutture. A voi il piacere di cercare ciò che più vi interessa, tra i più consistenti numeri riguardanti le ricerche su tutto il territorio nazionale. Un altro sito generalista sull’argomento è quello disponibile all’indirizzo www.museionline.it che nasce dalla collaborazione tra Microsoft e Adnkronos. Nella pagina istituzionale è dichiarato che il sito raccoglie informazioni su 3500 musei italiani. Anche su questa re- La home-page del sito Musei online alizzazione web è presente un motore di ricerca oltre a informazioni su mostre e news su eventi culturali. A chi pensa di passare da Roma consiglio un interessante sito da cui poter trarre spunto per documentarsi sui musei della capitale. Il portale www.museiincomuneroma.it è infatti una miniera interminabile di informazioni sulle strutture cittadine, sulle mostre, gli eventi e le manifestazioni in corso. Bello da vedere e assolutamente piacevole da navigare. Andando ancora più a nord, ed esattamente a Venezia, si potrebbe fare una visita al museo Guggenheim che nella città lagunare, nel settecentesco Palazzo Venier dei Leoni, espone una colle- zione permanente di capolavori del cubismo, futurismo, astrattismo, surrealismo ed espressionismo, con opere di artisti quali Picasso, Brancusi, Mirò, Dalì. Sculture, mostre, eventi indicano nel museo una meta da non trascurare per chi dovesse trovarsi in zona. Passiamo all’Europa. Io adoro la Germania e ho già visitato due volte il bellissimo Museo della Scienza e della Tecnica di Monaco di Baviera. Consiglio assolutamente un’accurata visita di questa grande struttura a chi viaggia con ragazzi: potete stare certi che un adolescente manterrà a lungo un buon ricordo delle sale a tema del museo. Se realmente tra i vostri obiettivi c’è la Germania consiglio anche la consultazione Riferimenti in rete http://it.wikipedia.org/wiki/Musei_del_mondo http://www.enit.it/ http://www.museiincomuneroma.it/ http://www.museionline.it/index.php http://www.guggenheim-venice.it/museum/index.html http://www.miniguide.it/arte-cultura/musei_europei.asp http://www.deutsches-museum.de/ http://www.dhm.de/links.html#deutsch1 http://www.louvre.fr/llv/commun/home_flash.jsp http://www.musee-orsay.fr/ http://www.centrepompidou.fr/Pompidou/Accueil.nsf/Document/HomeP age?OpenDocument&L=1 http://www.mnhn.fr/museum/foffice/transverse/transverse/accueil.xsp http://www.openairmuseum.nl/?rewrite=english http://www.beniculturali.it/default.asp IL CLUB n. 88/89 – pag. 47 Considerazioni Libertà in pericolo? Anche senza considera- Una delle sezioni del bel sito del museo Guggenheim In basso la home page del sito del Louvre di Parigi del sito Deutschen Historischen Museums. In una unica pagina sono elencati alcune centinaia di link che riportano ai siti internet di tutti i musei di Germania e di alcuni tra i più importanti d’Europa. Tra questi non si può non ricordare il Louvre di Parigi che dispone di un portale molto ben realizzato e la cui navigazione può richiedere anche alcune ore di tempo. Come tutti sappiamo il Louvre non è l’unico grande e prestigioso museo di Parigi. La capitale francese annovera anche il museo d’Orsay, il centro Pompidou e il Museo Nazionale di Storia Naturale che, con interessanti siti, fanno bella mostra di se nella rete. Ancora più a nord, esattamente in Olanda, ad Arnehm è situato l’Openluchtmuseum, letteralmente il museo “a cielo aperto”. Detto anche “ecomuseo” o “museo del territorio” il sito, questa volta reale, mostra al suo interno la storia olandese attraverso oltre 80 case di varie epoche storiche che, smontate dal loro originario luogo di fabbricazione, sono state minuziosamente ricostruite. Un percorso tra paesaggi naturalistici e caratteristici della nazione, tra mulini a vento e figuranti in costume che simulano per i visitatori la passata vita rurale olandese. Naturalmente tutti i siti internet fin qui nominati, a partire da quello di Monaco, sono nella lingua madre del paese in cui si trovano le strutture museali segnalate, ma quasi per tutti è anche disponibile la versione in lingua inglese. Per concludere vorrei appena dare un cenno su un sito forse non proprio in tema, ma posizionabile appena a margine degli argomenti trattati: il portale del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, di cui mi pare importante segnalare la sezione riguardante i grandi restauri effettuati e in corso sul territorio nazionale. Buone vacanze e buona strada a tutti voi. Giangiacomo Sideli IL CLUB n. 88/89 – pag. 48 re l’Islam, religione di una notevole fetta di popolazione mondiale, culturalmente lontano dalla natura “libertaria” della rete, anche Cina, Vietnam, Cuba, Tunisia o Maldive negli ultimi anni si sono distinti per aver emanato una serie di leggi liberticide che hanno gravemente limitato il libero scambio delle informazioni in Internet: siti censurati perché politicamente scorretti, intercettazione delle e-mail, individuazione nominativa dei collegamenti, messa fuori legge degli access-point, divieto di possesso di strumenti telematici. A Cuba gli internet point sono governativi, in Cina gruppi di discussione e forum sono sorvegliati 24 ore al giorno. Internet fa paura alle dittature! Ma non soltanto: perché internet fa paura anche alle democrazie! Quelle grandi. Avete sentito parlare di “Total Information Awarness”? Un megaprogetto che dovrebbe consentire agli Stati Uniti di poter raccogliere ogni genere di informazione su ogni persona al mondo. Sembra fantapolitica, ma negli Stati Uniti è cosa fatta. Per rendere il progetto più “digeribile” lo stesso è stato ribattezzato “Terrorist Information Awarness”, e lo scopo è di incrociare i dati dei navigatori in internet con quelli delle persone che ogni giorno telefonano, mandano fax, versano soldi in banca, prenotano i biglietti d’aereo, iscrivono i figli a scuola… La motivazione ufficiale è quella che saper tutto di tutti permette di individuare sul nascere intenti terroristici. E se gli Stati Uniti, come la storia ci insegna, tenteranno di esportare la loro visione del mondo anche all’estero; ovvero da noi? Luigi Fiscella News, notizie in breve Bandiere Blu alla Sicilia Nel mare italiano ci sono più "bandiere blu". Nel 2007 i "bollini di qualità" assegnati alle spiagge italiane salgono a 96, contro le 90 dello scorso anno. Il simbolo della "Bandiera Blu" non indica solo l'ottimo stato di salute delle acque marine della costa, ma è il riconoscimento della qualità ambientale complessiva della zona e della sua completa vivibilità. C'è da registrare, ha commentato Roberto Riccioni, presidente della Fee Italia, un incremento del numero delle bandiere blu, ben 96, a dimostrare un'ulteriore crescita di attenzione delle amministrazioni rivierasche verso le problematiche ambientali, indirizzandosi verso un turismo che sappia ben conciliarsi con l'ambiente. Chi non si orienta verso un turismo sostenibile - afferma Claudio Mazza, neo segretario generale Fee Italia - è destinato nei prossimi anni ad essere fuori dal mercato. Si conferma purtroppo la nota negativa del Sud: Nonostante il numero di candidature più elevate rispetto all'anno scorso - spiega Carla Creo, presidente della giuria - la motivazione principale è la scarsa capacità di crescere sulla gestione dei rifiuti. Nuove iniziative di pescaturismo nell’Isola Al rilascio del simbolo della "Bandiera Blu" contribuiscono molti fattori ambientali, quali impianti di depurazione delle acque reflue, pulizia delle spiagge ecc. La Sicilia ha ottenuto tre bandiere blu per le località balneari di Pozzallo (RG), Menfi (AG) e Fiumefreddo (CT). Pozzallo, unico comune balneare della provincia di Ragusa, ottiene per il sesto anno consecutivo l'ambito riconoscimento poiché risponde appieno a tutti i requisiti richiesti e verificati ogni anno. Menfi, tra Sciacca e Selinunte, possiede una costa dove è possibile ancora godere della macchia mediterranea, che vede alternarsi spiagge sabbiose a più rudi scogliere. La cittadina ha ricevuto il riconoscimento anche nel 1992 e poi consecutivamente dal 1998 al 2006. Anche le spiagge di Fiumefreddo sono state premiate con la Bandiera blu sia quest’anno che nel 2006 grazie soprattutto all’ incomparabile bellezza del mare Jonio in questa parte della riviera. Qui sfocia il fiume Fiumefreddo che vede la luce nell'omonima riserva naturale. La presenza del fiume rende le acque di questo mare fresche, incontaminate e sempre balneabili. Trascorrere un paio di giorni di vacanza a bordo di un vero peschereccio con il suo equipaggio per osservare da vicino i più antichi metodi di cattura del pesce, le tecniche tramandate da secoli, il gusto del pescato fresco cucinato a bordo secondo le ricette tradizionali: è questa l’ iniziativa lanciata dalla Cooperativa Gente di Mare 91 di Catania, la prima a dare l’avvio in Italia al pescaturismo. Il pescaturismo è una attività integrativa alla pesca artigianale che offre la possibilità agli operatori del settore di ospitare a bordo delle proprie imbarcazioni un certo numero di persone diverse dall’equipaggio per lo svolgimento di attività turistico-ricreative. Sono molte le località italiane che hanno avviato questa entusiasmante attività che ha avuto un ottimo riscontro e dei numeri, in termini di presenze, che hanno incoraggiato gli operatori a continuare la strada intrapresa. L’attività del pescaturismo è stata una proposta innovativa per rispondere alle esigenze di diversificazione dell’attività di pesca e per riqualificare una quota di mercato turistico in parte esistente, con l’aggiunta di una voce particolarmente interessante, il che è in perfetta linea con l’esigenza di IL CLUB n. 88/89 – pag. 49 politiche che rispondano ai criteri di un "Turismo responsabile". La Cooperativa Gente di Mare 91 imbarca gli ospiti da San Giovanni Li Cuti. In genere si salpa alle prime ore del mattino per recuperare le reti. Gli itinerari così come le battute di pesca tengono conto della stagionalità delle specie con l’obiettivo di preservare il delicato ecosistema marino. L’itinerario è arricchito dalle reminiscenze letterarie che trasportano il passeggero a scoprire i luoghi cari a Giovanni Verga che ha realizzato uno degli affreschi più affascinanti del Golfo di Catania ne "I Malavoglia". Per informazioni Cooperativa Gente di Mare 91, Via Alessi n° 18 - Catania, Tel. 095.7463548. Per dormire e mangiare oggi si va in convento In luoghi strategici, su alture dalle quali si godono panorami mozzafiato, a precipizio sulle valli o nel cuore dei centri storici: sono i conventi e i monasteri, “luoghi dello spirito”, che da qualche tempo hanno ripreso la loro antica funzione di centro d’accoglienza. Molti ordini religiosi, maschili o femminili hanno infatti attrezzato la loro “casa” per l’accoglienza dei viaggiatori secondo la formula del B&B. I conventi e i monasteri sono attrezzati ma non bisogna aspettarsi i supercomfort di un B&B di charme e di design. Tuttavia si può tranquillamente rinunciare a qualche lusso in più quando ci si trova in luoghi ricchi di storia dove il valore aggiunto è costituito dalla tranquillità e l’estrema gentilezza e ospitalità dell’ordine ospitante. Scopriamo così che l’ospitalità conventuale ha un ruolo importante in Sicilia considerando il possono permettersi grossi investimenti pubblicitari: nasce con questo duplice scopo il volume "L’Isola dei sapori", la guida edita dall'associazione Turismo verde Sicilia, nata per iniziativa della Cia siciliana che racchiude le informazioni su cento aziende agricole e agrituristiche che si dedicano alla produzione dei prodotti tipici e tradizionali. Nel volume ogni azienda è presentata con una scheda, dove sono descritte anche le produzioni principali, i recapiti e la cartina stradale. Una vacanza in convento è oggi di moda... fatto che si tratta di una formula poco conosciuta o che spesso viene associata ai pellegrinaggi mentre, in realtà, la vera novità consiste nel fatto che i religiosi hanno scelto di puntare, così come altre strutture microricettive, sulla valorizzazione del territorio sfruttando quelli che sono dei veri e propri punti di forza per motivi storici e vicende artistico-architettoniche. In Sicilia, in particolar modo, sono le monache di vari ordini che stanno sperimentando l’ospitalità presso la propria casa. E’ il caso delle Congregazione delle “Suore Collegine della Sacra Famiglia” a Cefalù e a Palermo che hanno ristrutturato le camere dei loro conventi secondo gli standard di sicurezza europei predisponendo ogni camera con bagno proprio, di impianti di climatizzazione. Ma si può scegliere di fare una visita anche alle suore francescane di Acireale o ancora al monastero di San Benedetto a Catania. Per chi non lo sapesse, in Sicilia è molto diffusa la tradizione secondo la quale le vere e proprie depositarie del sapere riguardante la preparazione dei dolci tipici, siano le monache che, all’interno delle loro case, custodiscono ricette segretissime. E non è strano, si può con certezza affermare che l’arte culinaria in tutte Europa e la relativa educazione alla tavola abbiano avuto origine tra le mura dei monasteri e della abbazie medievali. Un motivo in più per provare l’ospitalità conventuale, per dormire e mangiare... Turismo in Sicilia: OK nei primi mesi del 2007 La Sicilia sta confermando in questa prima parte dell'estate di essere una delle mete preferite dai turisti. Ma questa volta, accanto alle solite rinomate località come Palermo, Taormina o Siracusa, grande successo riscuotono anche altre realtà dell'Isola. E' quanto risulta da una ricerca condotta dalla Klaus Davi & Co grazie ai dati forniti dai vari Enti del Turismo regionale nel primo periodo dell’anno. I dati raccolti evidenziano sei nuove perle, sei località che hanno visto letteralmente impennare il loro flusso turistico. In cima alla classifica delle preferenze dei turisti italiani e stranieri svettano le ceramiche di Caltagirone seguite a ruota dai siti archeologici e le prelibatezze culinarie di Gela, da Sciacca, famosa per gli stabilimenti termali, e Noto caratterizzato dal tipico stile barocco. Il quinto posto se lo aggiudica Piazza Armerina con i suoi caratteristici mosaici, mentre ultima di una classifica prestigiosa è Cefalù, soprattutto per il suo mare, uno dei più famosi al mondo. L’isola dei sapori Una guida per promuovere il turismo enogastronomico in Sicilia, che attira sempre più visitatori, ma anche un modo per pubblicizzare le piccole aziende che non IL CLUB n. 88/89 – pag. 50 La guida - ha spiegato Antonio Terrasi, presidente dell'associazione Turismo verde Sicilia - dà risalto al contesto territoriale dove insistono molte aziende agrituristiche e agricole esaltando il loro ruolo di difesa, protezione e valorizzazione del territorio, e di conservazione delle tradizioni che è propria di gran parte dell'attività agricola che si svolge nell'Isola. Insomma, un’ulteriore possibilità di godere della nostra Isola andando alla ricerca del top della sua genuinità. IL CLUB n. 88/89 – pag. 51 (C) Rare, Medium & Well Done. Foto : Stefano Galera. Copy Enrico Chairugi. Art: Daniele Freuli L’ultima parola