Numero 88/89 - Anno XV, Maggio/Agosto 2007

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Numero 88/89 - Anno XV, Maggio/Agosto 2007
IL CLUB
Anno XV n. 88/89 (maggio/agosto 2007)
Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS
Pubblicazione periodica a circolazione interna
inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa
Responsabile editoriale
Maurizio Karra
Associazione dei camperisti e
degli amanti del plein air del
Aderente a
Redazione
Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo
Collaboratori
Larisa ed Emanuele Amenta, Francesco Saverio Bonsangue,
Paolo Carabillò, Luigi Fiscella, Ennio La Malfa, Enza Messina,
Adriana e Pippo Palazzolo, Giuseppe Eduardo Spadoni
In questo numero:
Editoriale
A.I.T.R. Associazione Italiana
Turismo Responsabile
pag.
3
Vita del Club
Tra oriente e occidente
Un tuffo nella natura
Le novità del nostro sito web
I viaggi dell’estate 2007
4
10
13
14
Tecnica e Mercato
Gemellato con
Camping Car Club ProvenceCote d’Azur
Calabria Camper Club Sila
Sede sociale
Via Rosolino Pilo n.33
90139 Palermo
Tel 091.608.5152
Fax 091.608.5517
Internet: www.pleinairbds.it
E-mail: [email protected]
Comitato di Coordinamento
Maurizio Karra (Presidente);
Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Francesco Bonsangue, Adele Crivello, Patrizia
La China, Massimiliano Magno ed Elio Rea (Consiglieri);
Mimma Ferrante, Vittorio
Parrino, Edoardo Romano e
Alfio Triolo (Collaboratori)
Collegio sindacale
Silvana Caruso La Rosa (Presidente); Luigi Fiscella e
Franco Gulotta (Componenti)
Collegio dei Probiviri
Pippo Campo (Presidente);
Giuseppe Carollo e Pietro
Inzerillo (Componenti)
Parliamo di tecnica
Fuori dal comune
Innovazione e design a buon prezzo
17
20
23
Viaggi e Turismo
Il periplo della penisola iberica (seconda parte)
Tra il Tirolo e l’Alta Austria
25
30
Terra di Sicilia
Fornazzo, la tranquillità ritrovata
L’Infiorata di Noto
Tra mare e natura
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41
Rubriche
Terza pagina
Vita in camper
Musica in camper
Cucina da camper
Internet, che passione
Riflessioni
News, notizie in breve
L’ultima parola
In copertina
Il Tettuccio d’oro - Innsbruck (foto di Paolo Carabillò)
Questo numero è anche online sul nostro sito Internet
www.pleinairbds.it
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Editoriale
H
o sempre pensato
che il camper sia un mezzo e non
un fine, e ciò in ogni senso: è un
veicolo; ed è, oltre ad esso, anzi
insieme ad esso, una casa; quindi,
un oggetto promiscuo e fin troppo
ibrido che permette comunque a
chi lo guida, e a quanti insieme a
lui lo “abitano”, di trasformarsi da
cives (in latino “cittadino”, cioè colui che vive all’interno di un habitat
urbano) in viator (viaggiatore, scopritore, anche un po’ pellegrino). A
parte chi lo usa per propria residenza abituale non avendo fissa
dimora, è anche un modello di
comportamenti sociali proprio nella
sua funzione di veicolo di viaggio,
in quanto garantisce una libertà di
movimento e di soggiorno che nessun altro veicolo può offrire, dando
l’opportunità di trasformarsi ovunque e in qualunque momento in ristorante o in albergo, anche laddove non esistono ristoranti o alberghi, a due passi dal mare così come
in pieno deserto, ovunque la nostra
voglia di mete, condita al buon
senso del “possibile”, ci porta.
Questo ruolo di casa viaggiante ma semovente, cioè capace
di muoversi con le proprie ruote,
differenzia il camper, che per
l’appunto è un veicolo-casa per il
turismo itinerante, dalla roulotte,
che invece è sempre stata solo un
surrogato della seconda casa, utilizzabile “anche” per viaggiare ma
solo accodata a un veicolo trainante, quindi valida soprattutto per
fare turismo stanziale o per gestire
alcuni periodi di stanzialità fra uno
spostamento e l’altro: due filosofie
diverse, quindi, dell’approccio al
turismo, due metodiche in parte
contrapposte, nel quale non sempre – almeno per la roulotte - il
viaggiare è un fatto saliente e fondamentale, dato che di gran lunga
la maggior parte delle roulotte almeno degli italiani si trovano da
anni sistemate sempre nello stesso
campeggio, magari con tanto di
giardinetto e tenda soggiorno sul
davanti, frigorifero accanto e pianta di basilico sul “davanzale”.
Se dunque differenti, per
tanti versi, sono le finalità dei due
mezzi, va anche detto che molti
camperisti hanno condiviso prima
l’una e poi l’altra delle due filosofie
di turismo (in genere prima la roulotte poi il camper, ma pochissime
volte il contrario). E questo confonde un po’ le cose agli occhi di
chi, abituato a usare questa seconda casa per un turismo della
stanzialità, si trova nelle mani, a
un certo punto della sua vita, uno
strumento che invece è studiato
apposta per fare turismo della mobilità. La contraddizione diventa
ancor più amara laddove l’acquisto
del camper si traduca in un rifiuto
del campeggio sic et simpliciter;
ora che ho il camper, risparmio i
soldi del campeggio! dicono molti,
dimenticando però che in un campeggio è normale trovarsi accanto
anche cento altri nuclei familiari
con cui condividere lo spazio del
“recinto”, mentre se si è in camper
e si continua a fare turismo stanziale, andando a ogni fine settimana per esempio sempre nello stesso luogo o “piantando le tende” nel
periodo estivo per due o tre settimane sempre nello stesso luogo, il
paragone non regge più.
In ogni caso una presenza
massiccia di camper in un qualunque territorio fuori dai luoghi deputati all’accoglienza (campeggi, aree
attrezzate, parcheggi, agriturismi,
ecc.) è sempre un pericolo per
l’ambiente e per la reciproca convivenza: perché gli assembramenti
provocano danni alla natura, perché si genera spesso la reazione di
rifiuto dei residenti verso gli “estranei” assimilati ai nomadi (in un
centro urbano come su un litorale),
fino ad arrivare alle proteste dei
gestori di alberghi e campeggi, cui
seguono gli interventi delle autorità e gli editti anti-camper di cui abbiamo spesso notizia. Lo sappiamo
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anche noi che siamo camperisti da
decine di anni e non possiamo fare
altro che lamentarci perché vittime
di quella iniqua legge per cui di
tutte le erbe si fa un fascio.
Ma l’equilibrio si rompe anche se uno solo dei camperisti presenti in un luogo insieme a pochi
altri adotta comportamenti incivili
come lasciare aperto il rubinetto di
scarico delle acque grigie (tanto
non puzzano), cuocere la carne sul
barbecau e mangiarla con tavoli e
sedie accanto al camper, magari
sotto il tendalino aperto per strada
(mica possiamo stare dentro con
questo caldo?), e così via. Non è
solo un fatto di cattiva educazione,
senza se e senza ma, è anche una
odiosa carenza (o mancanza) di
quella cultura del turismo della
mobilità che invece è necessaria
per generare comportamenti appena collimanti con l’etica e il senso di responsabilità, prima ancora
che con le norme di legge vigenti.
Se tutto questo vale in generale, ancor più va sottolineata
l’esigenza di usare il buon senso e
la civiltà quando si esce dai confini
della nostra bellissima Italia, approssimandosi i viaggi dell’estate:
informandosi prima di partire se le
norme locali prevedono, fra le tante cose, l’obbligo di pernottamento
in campeggio (come in Olanda, in
Slovenia o in Croazia), o il limite di
velocità per i nostri mezzi diverso
da quello delle autovetture sulle
strade extraurbane, ecc. ecc.; tutte norme che, sommandosi a quelle del buon senso valide ovunque e
a ogni latitudine, servono anche a
non fare all’estero dei camperisti
italiani dei viaggiatori “di serie B”
rispetto a tedeschi o francesi o olandesi (vi è mai capitato di giungere in un campeggio ed essere assegnati all’area riservata agli italiani, che si rivela in genere la più lontana dai servizi e la meno ospitale?).
Insomma, il turismo della
mobilità è una cosa su cui occorre
riflettere, quando progettiamo un
viaggio (vicino o lontano che sia) e
quando lo attuiamo; per evitare che
la libertà di ciascuno, diritto sempre reclamato ad alta voce dai singoli e dalle associazioni, si trasformi
in un sopruso verso gli altri, non
riconoscendo i confini del dovere.
Maurizio Karra
Tra oriente e occidente
Cronaca del tour di fine aprile alla scoperta della Calabria jonica meridionale, volto
all’esplorazione di borghi intatti e di una natura incontaminata, in un clima di grande allegria che ha coinvolto tredici camper e 36 persone
P
er fortuna, nel corso
dell’anno lavorativo ogni tanto arriva il regalo di un ponte vacanziero, una fuga lunga qualche giorno
in più rispetto al week-end di due
giorni che ci permette di ossigenarci dallo stress che la vita quotidiana non manca mai di dispensare a piene mani, permettendoci di
ricaricarci stando insieme in allegria e scoprendo le bellezze che il
mondo circostante è in grado di
offrirci; basta andare all’esplorazione di quello che c’è oltre
l’orizzonte…
Così, in occasione del ponte di fine aprile, che ci ha concesso
quattro giorni di spensierata libertà
dal 27 aprile al 1° maggio, ci siamo recati nella Calabria jonica meridionale; in tredici camper siamo
andati all’esplorazione della provincia di Reggio Calabria, tra borghi sonnolenti, antichi monasteri
ortodossi, una natura splendida
che incornicia l’Aspromonte e una
gastronomia tutta da gustare, in
un clima di goliardia e di gioia di
stare insieme, condito dai giochi e
dalle risa dei bambini che finalmente sono tornati ad essere largamente presenti nelle nostre escursioni, abbassando decisamente
l’età media che cominciava ad essere… di tutto rispetto.
L’appuntamento per i partecipanti alla “fuga” era la sera di
venerdì 27 aprile a Reggio Calabria, nel parcheggio sottostante il
lungomare di Corso Matteotti, definito da Gabriele d’Annunzio il più
bel chilometro d’Italia, per le sue
lussureggianti piante esotiche e
per il magnifico panorama che si
gode sulle vicine coste siciliane.
Qui i camper sono arrivati un po’
alla spicciolata nel corso della serata, pronti a godersi dal giorno
dopo le bellezze della Calabria.
Dopo una buona notte di
sonno i partecipanti si sono svegliati sotto il cielo azzurro e le coste della Sicilia che occhieggiavano
invitanti. La prima tappa quotidiana è stata dedicata al Museo Nazionale, che offre un panorama
completo della storia calabrese più
remota, grazie alla sezione preisto-
rica con corredi tombali e ceramiche del Neolitico, e alla vasta sezione archeologica che ospita iscrizioni votive su tavolette in terracotta, anfore a figure rosse, specchi in bronzo, gioielli che le signore
presenti avrebbero gradito indossare, e i celeberrimi Bronzi di Riace, splendide figure di guerriero
risalenti al V secolo a.C., provenienti dalla Grecia e ritrovate
nell’agosto del 1972 nel braccio di
mare di fronte a Riace Marina, a 78 metri di profondità.
Davanti al Duomo di Reggio
Queste due statue in bronzo, dopo una lunga pulizia per liberarle dalle incrostazioni marine,
hanno rivelato due esemplari alti
due metri, dalla muscolatura perfetta e dal corpo armonicamente
modellato, nei cui lineamenti gli
studiosi avrebbero individuato la
raffigurazione di Tideo e Anfiarao,
mitici eroi cantati da Eschilo tra i
Sette a Tebe, ma che tramandano,
in ogni caso, l’incarnazione stessa
della bellezza e dell’armonia maschile, ben percepibile anche a
duemilacinquecento anni di distanza,
come
ha
dimostrato
la
...schietta ammirazione delle signore presenti.
E’ seguita una piacevole
passeggiata lungo Corso Garibaldi,
su cui si affacciano costruzioni liberty e neogotiche, erette dopo il
rovinoso terremoto del 1908 che
cambiò radicalmente la fisionomia
cittadina, al pari della sua dirimpettaia Messina, costringendo gli
abitanti alla sua ricostruzione quasi
completa della città; poco oltre si
allunga il Duomo, una costruzione
dalla bianca facciata, scandita da
bifore e archetti, che costituisce
una fantasiosa interpretazione del
primo ‘900 di romanico e neogotico, e che ospita pregevoli vetrate
istoriate, ispirate alle cattedrali gotiche, nonché sepolcri seicenteschi
dei vescovi cittadini e la Cappella
del S.S. Sacramento, di impronta
I nostri soci sul lungomare di Reggio Calabria
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barocca, proveniente dal vecchio
duomo.
I nostri eroi sono, quindi,
tornati verso i camper attraverso
lo scenografico lungomare, incorniciato da palme, magnolie e aiuole
fiorite, cui fanno da contrappunto
una lunga schiera di costruzioni di
impronta liberty e neoclassica dai
colori pastello; questa sorta di orto
botanico si affaccia su una magnifica spiaggia, scandita dalla sagoma del Monumento ai Caduti, con
la grande statua in bronzo di Atena
che occhieggia verso la Sicilia, in
una sinfonia di blu che digrada
verso l’azzurro del mare.
La carovana di camper si è
poi spostata a metà giornata lungo
la S.S. 106 fino al bivio per Pentidattilo, dove si è sistemata nel
parcheggio ai piedi del borgo. In
realtà quest’ultimo è una sorta di
paese fantasma, sospeso in un
contesto di grande suggestione alla base di una rocca a cinque punte che si innalza verso il cielo. Il
borgo, di fondazione greca, ha mutuato
il
suo
nome
proprio
dall’inusuale forma della rocca che
lo sovrasta e che fa pensare a cinque dita protese verso il cielo;
l’abitato vantava tradizioni e lingua
dell’area grecanica fino alla metà
del ‘900, periodo nel quale venne
abbandonato dagli abitanti per essere ricostruito e ripopolato più a
valle, in seguito alla minaccia di
una frana.
Ai giorni nostri nel vecchio
borgo si ode soltanto il soffio del
vento che si insinua tra le vecchie
case con i tetti di tegole crollate, e
tra la vegetazione che invade i vicoletti in forte pendenza sembra
quasi di potere ascoltare i passi
delle generazioni passate. Dall’alto
della rocca si gode un panorama
magnifico sulle verdi vallate sottostanti e in questo scenario il nostro
gruppo è rimasto affascinato ad
ascoltare la guida che ci parlava
della storia del paese e delle leggende che vi si intrecciano, mentre
grandi e bambini si ritrovavano a
vagare tra le stradine deserte, tra
le casette restaurate con materiali
tradizionali in seno ad un nuovo
progetto che vuole trasformare il
borgo in una sorta di paesealbergo di grande fascino, o davanti la facciata della chiesa di San
Pietro e Paolo, situata sotto i ruderi del vecchio castello; quest’ultimo
è stato abbandonato da secoli, dopo una sanguinosa faida tra i feudatari locali, gli Alberti, e la fami-
glia dei Baroni Abenavoli, feudatari
di paesi vicini, divenuti nemici in
seguito a contese sul territorio e
anche a causa dell’amore impossibile tra due rampolli delle nobili
famiglie.
Panorama del paese fantasma
di Pentidattilo
Dopo questo tuffo in una
dimensione che appare lontana
anni-luce dalla frenesia del presente, i camper sono ridiscesi verso il
mare, fermandosi presso il camping “Stella Marina” di Melito Porto
Salvo che, nonostante le prenotazioni effettuate con largo anticipo e
a dispetto della location (sulle rive
del mare), si è rivelato una struttura dai servizi decisamente “approssimativi” (per non dire in alcuni casi inesistenti), con gestori che
molti hanno definito con scarsa
professionalità e soprattutto dalla
cortesia totalmente assente (unica
nota stonata di tutto il tour).
Il resto del pomeriggio è
stato dedicato ad una piacevole
passeggiata sul lungomare, orlato
da una lunga spiaggia, su cui si allungava un mercatino allestito in
occasione dei festeggiamenti per la
processione della Madonna di Porto
Salvo. E la sera i partecipanti si
sono ritrovati tutti insieme in pizzeria, a tenere alta la reputazione
di accanite cavallette che contraddistingue ormai da anni il nostro
gruppo.
La mattina della domenica,
dopo essere stati svegliati dal cinguettio degli uccellini e dalla risacca del mare, i nostri eroi hanno lasciato senza rimpianti l’inospitale
campeggio e si sono diretti verso
Bova, centro principale dell’area
grecanica in Calabria. La cittadina
è stata raggiunta attraverso una
strada dalle pendenze incredibili,
che si spalanca su un grandioso
panorama
nel
cuore
dell’Aspromonte, tra vallate scoscese, campi disseminati di fiori
selvatici e grotte che si aprono sulle montagne come orbite vuote,
usate come rifugio e nascondiglio
dai briganti per secoli.
Il borgo è aggrappato alle
pendici di una rocca a 850 metri di
altitudine ed è un insieme di vicoletti tortuosi in forte pendenza e di
slarghi, su cui si affacciano costruzioni dalle facciate in pietra viva di
impronta bizantina, mentre un po’
ovunque si notano cartelli con
scritte sia in italiano che in greco
I nostri eroi davanti la locomotiva che fa bella mostra di sé
nella piazza principale di Bova
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antico e dialetto grecanico, come
ulteriore riprova del bilinguismo
che ha caratterizzato per secoli
questa zona, fortemente influenzata dalla cultura greca, ma che purtroppo si va perdendo, dato che
molti giovani non capiscono più la
lingua parlata dai più anziani.
Dopo aver ammirato l’antica locomotiva che fa bella mostra
di sé nella piazza centrale dell’abitato, dono delle Ferrovie dello Stato che ha richiesto due interi giorni
di lavoro per essere trasportata a
pezzi e quindi riassemblata dopo
l’arrivo alla stazione posta sul livello del mare, ci siamo inerpicati attraverso i vicoletti dell’abitato, illeggiadriti da alcuni colorati murales, fino alla sommità della rocca,
dove si ergono i resti del castello
normanno, da cui si gode una vista
mozzafiato sulle vallate sottostanti
e alla cui sommità si innalza una
croce sotto la quale, secondo la
leggenda, si nasconde il cosiddetto
tesoro della regina, che potrà essere ritrovato soltanto da una donna che salirà nuda sulla rocca a
mezzanotte e che, dopo aver posato il piede su un’impronta visibile,
si farà avvolgere da un serpente
che ha la funzione di guardiano del
tesoro. Inutile dire che, con delle
prove così impegnative, non si è
ancora trovata nessuna novella
Eva disposta a fare la volontaria
per eseguire l’esperimento e intanto il fantomatico tesoro della regina continua ad aspettare la sua
nuova proprietaria…
Anche noi abbiamo preferito continuare le nostre esplorazioni, visitando le grotte che si aprono sulla rocca e poi ridiscendendo
verso l’abitato sottostante, fino alla
Chiesa Madre, sotto il cui pavimento sono stati scoperti un insieme di
loculi che ospitavano resti umani, e
fino alla vicina Chiesa di San Leo,
arricchita da affreschi di impronta
moderna, per proseguire poi fino ai
resti della Torre Normanna. E poi
ci siamo ritrovati tutti insieme seduti intorno ad un lungo tavolo
all’aperto (sorpresa organizzata dal
presidente insieme agli amici Emanuele e Mimmo), a consumare il
nostro pranzo domenicale in un
clima di allegria e goliardia, cui ha
fatto da contrappunto la nostra
fama (per tacere della fame!!!) di
cavallette incallite, misticamente
concentrate nel divorare quintali di
antipasti calabresi, come capocollo, soppressata, lardo, formaggi,
sottaceti e calienti peperoncini; si è
Le cavallette all’opera in un pranzo del tutto ...improvvisato a Bova.
In basso il panorama della cittadina situata nel cuore dell’Aspromonte
poi continuato con dei sublimi maccheroni fatti in casa e conditi con
sugo di maiale e con la salsiccia
pepata e arrostita sulla carbonella
tra dense volute di fumo profumato, il tutto innaffiato da vino di casa e spolverato a tempo di record
dalle mandibole più veloci ed efficienti di tutta l’Europa meridionale.
Un pranzo per buone forchette...
Quindi, con le panze traballanti ma i camper perfettamente
allineati, i presenti si sono diretti a
Gerace, splendido borgo murato di
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età medievale, parcheggiando i
mezzi ai piedi del borgo medievale
per poi salire sulla rocca a bordo
del trenino dove, al suono della
musica, il gruppo si è abbandonato
alla consueta caciara, condita da
balli sfrenati e da tanta allegria.
Dopo avere smaltito in questo modo un po’ di calorie, ci siamo dedicati ad una prima esplorazione del
borgo, fermandoci ad ammirare le
rovine del castello normanno e la
splendida Cattedrale dell’XI secolo,
dalla pianta a tre navate, separate
da colonne in marmo diverse tra
loro, perché materiale di risulta di
antichi templi pagani; al di sotto
della Cattedrale si trova una cripta
scavata nella roccia che ospita una
cappella del XIII secolo con la Madonna dell’Itria e un notevole Tesoro, che vanta pregevoli pezzi di
oreficeria sacra.
Dopo la sosta sacra, non
contente delle abbondanti calorie
già ingurgitate nel corso del pranzo
“improvvisato”, le
cavallette si sono
una gelateria per
dieta quotidiana,
nostre ineffabili
poi fiondate in
riequilibrare la
prima di ridi-
scendere - attraverso
fica Porta del Sole e
cittadino – ai camper
no, al cui interno il
la scenograil belvedere
con il trenigruppo si è
Sul trenino per la visita del centro storico di Gerace
In basso foto ricordo davanti alle rovine del castello
Ancora più in basso l’interno della grandiosa Cattedrale di Gerace
scatenato sempre di più in balli e
atmosfere da autentica discoteca,
tra le grida di gioia dei bambini e
le panze oscillanti degli adulti. Infine, i nostri eroi sono approdati ai
rispettivi camper, dove hanno suggellato con un ben meritato riposo
la fine della splendida giornata.
Il giorno dopo, lunedì 30
aprile, sempre a bordo del trenino,
siamo tornati sulla rocca, visitando
la chiesa del Sacro Cuore, un po’
malridotta a causa dell’umidità, e
poi la chiesa di San Francesco, con
un magnifico altare monumentale
ricoperto di tarsie marmoree multicolori, che danno vita a miniature
di monumenti cittadini e di animali, dietro il quale c’è il sarcofago in
marmo scolpito di un antenato della regina del Belgio, Paola Ruffo;
adiacente alla chiesa vi è il chiostro
dei francescani, parzialmente in
rovina, che è immerso in un suggestivo intrico di vecchie pietre,
sommerse dalla vegetazione e dai
fiori di campo. Nella stessa piazza
si innalza la chiesetta di San Giovannello, di rito ortodosso, che risale al X secolo ed è stata riaperta
da qualche anno al culto di rito
greco.
All’interno della Chiesa di San
Francesco, sempre a Gerace
Quindi si è dato il via anche all’esplorazione dei negozi di
prodotti tipici, che mettevano in
mostra capocollo, prodotti a base
di peperoncino, definito il viagra
dei poveri, che i partecipanti si sono affrettati ad acquistare, perché
“prevenire è meglio che curare”, e
di essenza di bergamotto, oltre ad
una gioielleria di monili di ispira-
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zione bizantina dai prezzi purtroppo inavvicinabili.
Quindi la carovana dei camper ha ripreso la statale jonica in
direzione nord fino a Monasterace
Marina, da dove ha imboccato la
S.S. 110 fino alla cittadina di Stilo,
situata tra le pieghe del Monte
Consolino, e qui si è sistemata nella piazzetta Nassirya. E’ seguita
una passeggiata tra i vicoli del
borgo, fino al malandato duomo,
caratterizzato da un ornato portale
a ogiva di impronta gotica, accanto
al quale si notano i piedi di una
statua pagana infissi nella facciata
come segno della vittoria cristiana
sul paganesimo. Quindi è continuata la scalata del borgo che diede i
natali al filosofo Tommaso Campanella, fino a giungere al monumento cittadino più significativo, la Cattolica, chiesetta bizantina del X secolo, sovrastata da cinque cupole,
con tracce di affreschi all’in-terno,
che risale al periodo in cui la zona
circostante era sotto l’influsso di
monaci bizantini, in fuga dalla Turchia e dalla Grecia sotto la minaccia degli iconoclasti che non tolleravano la visione di figure umane
all’interno degli edifici religiosi.
In sosta a Bivongi
sta dell’oriente, rinchiudendosi in
questo eremo tra le rocce. L’eremo
divenne con il trascorrere dei secoli
di rito latino e ai giorni nostri ospita un venerato Santuario.
La grotta col Santuario
di Monte Stella, vicino Bivongi
Davanti la Cattolica di Stilo
La tappa seguente è stata
nella vicina località di Pazzano,
presso l’Eremo di Monte Stella dove, a poco più di 800 metri di altitudine, in uno scenario denso di
boschi e di vallate verdissime, si
trova una suggestiva grotta che
sembra sprofondare nelle viscere
dell’Aspromonte; qui nell’VIII secolo si rifugiarono alcuni monaci basiliani in fuga dalla furia iconocla-
Quando vi si giunge si prova una forte emozione e si coglie
ancora la profonda spiritualità che
emana dalle rocce, dalla statua
della Madonna, visibile nella semioscurità della grotta, e dagli antichi affreschi dell’Annunciazione
che ancora si riescono a cogliere
sulle pareti di roccia. Sotto la grotta superiore se ne spalanca una
più ampia, sorvegliata dalla statua
del Redentore, che si apre sulle
vallate sottostanti con un notevole
effetto scenografico. Qui sembra di
essere realmente al di fuori dei
confini del mondo e non è difficile
IL CLUB n. 88/89 – pag. 8
capire lo stato di serenità che doveva cogliere i monaci rifugiatisi in
questo lembo di paradiso in terra.
Dopo questo tuffo nella
spiritualità ci siamo spostati in serata nel confinante paese di Bivongi, dove i camper hanno trovato
approdo nei pressi del campo sportivo, a ridosso delle case del borgo, mentre le nostre voci riecheggiavano tra le pietre, fino a quel
momento sonnolente, dell’abitato.
E, dopo aver fatto incetta di capocollo e pecorino fresco in un negozio vicino, i nostri eroi si sono ritirati piuttosto stanchi nei loro appartamenti su ruote.
La mattina di martedì 1°
maggio, dopo una rigenerante notte di sonno, un risveglio sotto un
sole radioso e una prima colazione
a base di ricotta calda con il siero
preparata a due passi dai camper
per le indomabili cavallette del
gruppo (!!!), ci siamo spostati verso il Monte Consolino, a 4 chilometri dal centro di Bivongi, fino al
Convento di San Giovanni Theristis, situato sulla sommità di una
collina a dominio di un magnifico
panorama di vallate verdeggianti,
intervallate dai mille colori dei fiori
di campo. Si tratta dell’unico convento ortodosso sopravvissuto in
Italia e nell’Europa occidentale, le
cui origini risalgono all’X secolo,
quando alcuni monaci provenienti
dalla Grecia e dalla Sicilia, si stabilirono su queste montagne. La
struttura fu poi abbandonata a metà del ‘600 dagli ultimi monaci rimasti, in difficoltà dopo lo scisma
d’Occidente e l’intransigenza del
Papa, fino a cadere quasi in rovina.
Nel 1994 alcuni monaci
greci, provenienti dal Monte Athos,
sono tornati tra le rovine del vecchio monastero e, dopo essere vissuti alcuni anni in totale eremitaggio tra le rovine del monastero,
senza tetto hanno cominciato a ricostruire la chiesa; della struttura
era rimasta in piedi soltanto
l’abside, su cui sono visibili ancora
tracce dell’affresco del ‘300 che
mostra San Giovanni, cui il con-
sterno e i monaci eremiti; penetrando all’interno della chiesa coloro di noi che sono stati in Grecia,
in Bulgaria e in Romania, hanno
avuto la netta sensazione di un dejà-vù, respirando l’incenso e ritrovandosi davanti all’iconostasi, al
grande lampadario affrescato rischiarato dalla luce tremolante delle candele, e alla parete affrescata
di collezionare tante preziose esperienze di vita e tanti incontri con
culture diverse, da cui usciamo arricchiti e con la possibilità di godere di una visione molto più ampia
del mondo che ci circonda.
Un’icona della chiesa di
San Giovanni Theristis
I nostri soci al Convento di San Giovanni Theristis, l’unico centro ortodosso di tutta l’Europa occidentale. In basso l’interno della chiesa
vento è per l’appunto dedicato, con
in mano la falce mentre raccoglie il
grano, in relazione ad uno dei suoi
miracoli più famosi, secondo il
quale avrebbe raccolto il grano di
un vasto appezzamento di terreno
in pochissimo tempo mentre una
pioggia torrenziale stava per distruggere tutti i raccolti.
Nel corso degli anni i monaci ortodossi hanno ricostruito la
chiesa e i loro alloggi, creando
un’autentica oasi di pace e di silenzio, al cui interno siamo stati
ricevuti dalla guida del convento,
che fa da tramite tra il mondo e-
in stile bizantino che ritrae alcuni
monaci eremiti che hanno lasciato
traccia nella religione ortodossa.
Il misticismo che pervade
l’edificio religioso ci è penetrato
sottopelle, lasciandoci profondamente commossi ed emozionati; si
è trattato di un tuffo in una dimensione spirituale che ci è sembrata
lontanissima dalla vita frenetica e
consumistica in cui siamo costretti
ad immergerci ogni giorno. Ma,
come saggiamente ha commentato
la nostra guida, almeno noi camperisti, a bordo delle nostre casette su ruote, abbiamo la possibilità
IL CLUB n. 88/89 – pag. 9
Infine siamo stati costretti
a lasciare quest’oasi di pace, appartenente al Patriarcato di Costantinopoli, decisamente a malincuore: purtroppo, nell’arco di qualche ora sarebbe scaduta la nostra
fuga dal quotidiano ed era necessario tornare verso casa, anche se
alcuni fortunati sono riusciti a godersi qualche altra ora di libertà
predisponendosi per il rientro il
giorno successivo. Ancora tutti insieme abbiamo percorso a ritroso
la S.S. 110 fino al litorale jonico e,
dopo un breve tratto di S.S. 106,
abbiamo imboccato la S.S. 682 che
ci ha condotto ben presto sul Tirreno, all’altezza di Rosarno, lungo
una serie infinita di viadotti che
tagliano in due l’Aspromonte.
Quindi ci sono stati i saluti
di arrivederci tra chi rimaneva e
chi era costretto a tornare a casa
in serata e il gruppo è stato sciolto
ufficialmente, ma con il magone in
gola e la decisa voglia di continuare a vagabondare, esplorando i tesori che ci circondano e godendo
della reciproca compagnia. D’altro
canto la bellezza della natura, la
forza del misticismo (in parte proveniente dall’altra sponda del Mediterraneo) con cui siamo entrati in
contatto e il piacere della compagnia sono stati sicuramente i punti
di forza di questi magici giorni che
hanno accomunato 13 camper e 36
persone. E, anche se imbarcandoci
sul traghetto per la Sicilia abbiamo
avuto la netta percezione del ritorno a casa, un po’ tutti ci siamo ritrovati a sognare ad occhi aperti le
prossime fughe…
Testo di Mimma Ferrante
Foto di Larisa Amenta
e Maurizio Karra
Un tuffo nella natura
E’ quello che abbiamo fatto nel week-end del 18-20 maggio, andando a zonzo fra gli scenari incontaminati dei Nebrodi, in mezzo ai boschi fra San Fratello e Cesarò, esplorando boschi magnifici, tesori architettonici e ovviamente… gastronomia e sapori genuini
L’
obiettivo era chiaro:
ossigenare polmoni e cervello, entrambi intossicati dallo smog e dallo stress della vita quotidiana; e
quale luogo migliore per farlo dei
Nebrodi, quell’isola verde nell’isola
siciliana che ne fa un’autentica oasi alpina in pieno Mediterraneo (le
“Dolomiti di Sicilia”)? Infatti, a differenza del familiare giallo che caratterizza l’interno della Sicilia con
i suoi panorami brulli, riarsi e sassosi, qui ovunque spazi lo sguardo
si susseguono boschi verdissimi,
torrenti impetuosi e vertiginose
pareti di pietra che hanno numerosi punti di contatto con gli scenari
alpini.
Così la sera di venerdì 18
maggio ci si è dati appuntamento
nella cittadina di San Fratello, dove
i camper dei soci partecipanti alla
gita hanno posteggiato nel parcheggio del Parco Urbano, nei
pressi del campo sportivo, a onor
del vero con qualche difficoltà, dato l’esubero dei presenti rispetto al
numero indicato nella circolare del
raduno. Difficoltà logistiche che si
sono accavallate nel corso del fine
settimana, data la presenza di ben
23 camper oltre al vice presidente
in auto, invece dei 16 accoglibili
come numero massimo, con la
conseguente perdita di tempo e di
ingegno necessaria a sistemare un
terzo di mezzi in più rispetto a
quelli che le dimensioni dei parcheggi avrebbero consentito.
Per fortuna, dopo le difficoltà di parcheggio, la sera del venerdì è cominciata all’insegna della
dolcezza che ha visto tutte le cavallette presenti affilare, anche nel
dopo cena, denti e mandibole davanti all’ottima torta di mele e
mandorle preparata dalle sapienti
mani di Alida Gulotta; inutile dire
che in un tempo molto breve
dell’enorme torta sono rimaste soltanto le briciole, anch’esse adocchiate famelicamente dalle ineffabili cavallette.
Dopo il rientro nei camper
si è scatenata per tutta la notte la
pioggia, ma già la mattina del sabato il sole occhieggiava tra le nu-
vole, confermandoci tempo ottimo
per il resto del raduno come assicuratoci dagli sciamani del gruppo,
Enrico e Maurizio. Così, sotto un
cielo pressoché azzurro, ha preso il
via la visita guidata di San Fratello,
fondato da una colonia di lombardi
venuti al seguito del conte Ruggero il normanno. Le origini medievali dell’abitato sono chiaramente
percepibili lungo i suoi numerosi
vicoletti e le casette in pietra viva,
nonostante la rovinosa frana che
nel 1922 si è portata via la parte
più antica del borgo; le sue tradizioni permangono inalterate, come
quella che comprende la lingua locale, un idioma gallo-italico che si
è conservato in modo inalterato,
un affascinante mix di francese, siciliano e italiano che tuttora viene
parlato soprattutto dagli anziani.
Nel corso della visita i nostri eroi hanno visitato la pregevole Chiesa Madre dedicata a Maria
Assunta, che ospita uno splendido
altare monumentale con un commovente crocifisso di Fra Umile da
Petralia e le reliquie dei tre santi
protettori del paese, i martiri Alfio,
Filadelfio e Cirino, il cui culto è
molto sentito tra i fedeli.
Con la torta di Alida inizia la gita sui Nebrodi
In basso foto d’epoca di San Fratello
IL CLUB n. 88/89 – pag. 10
La facciata della Chiesa Madre di
Santa Maria Assunta
Adiacente alla chiesa vi è
un suggestivo chiostro francescano
che reca tracce di antichi affreschi
sui santi e sui martiri francescani,
in cui si respira un’atmosfera di
profonda serenità in cui i monaci
del convento dovevano rifugiarsi,
al riparo dalle brutture del mondo
esterno.
Nella
parte
alta
dell’abitato vi è, invece, la chiesa
ottagonale del Crocifisso, ormai
chiusa al culto, che ospita diverse
tele e statue di impronta sacra, ma
anche una mostra fotografica sugli
usi e costumi del borgo, illustrati
da foto d’epoca, e due costumi dei
cosiddetti Giudei, dall’impronta decisamente vistosa.
Questi ultimi vengono indossati da alcuni figuranti i giorni
del mercoledì, giovedì e venerdì
santo, quando si svolge la cosiddetta
Festa
dei
Giudei,
un’antichissima rappresentazione
che vede i protagonisti, incappucciati e muniti di tromba e di elmo,
irridere alla passione di Gesù, replicando la gazzarra e la derisione
che hanno accompagnato il Cristo
al Calvario.
A fine mattina si è poi proceduto anche alle esplorazioni gastronomiche del borgo, con incetta
di profumatissima salsiccia, di pane di casa, di biscotti dalle mille
forme e sapori e di vino locale, dimostrando ancora una volta che la
cultura e il bisogno di conoscenza
passa anche dallo …stomaco.
Dopo il pranzo, decisamente non frugale, la carovana dei
camper si è messa in moto lungo
la statale 289 che penetra profon-
damente nel cuore dei Nebrodi, attraverso un panorama magnifico
che spazia sui boschi in cui i faggeti si alternano agli aceri, ai frassini
e agli agrifogli, dando vita ad una
tavolozza che si stempera dal verde al marrone e al giallo, fino a
trascolorare nel grigio profondo
delle scarpate scoscese, in tutto
simili a profonde ferite aperte dalla
natura. E mentre lo sguardo spaziava in alto, verso un cielo che
sembrava più vicino, più a misura
d’uomo,
si
era
attirati
dall’inconsueta visione di numerosi
uccelli che si libravano in volo.
Immersi in questo scenario
magico si è raggiunto il Passo della Miraglia, a ben 1.524 metri di
altitudine, proseguendo fino alla
cittadina di Cesarò, che la carovana ha superato per fermarsi qualche chilometro più avanti presso il
caseificio Savoca, situato in una
vallata sottostante e raggiungibile
attraverso una strada in forte pendenza che ha messo in difficoltà
diversi mezzi.
Gli animi si sono rincuorati,
però, davanti allo spettacolo dei
contenitori di ricotta e delle forme
di tuma e di pecorino offerte in assaggio, che le nostre cavallette
hanno dimostrato di gradire oltre
ogni limite. Dopo gli inevitabili acquisti di queste autentiche golosità, si è ripresa la via del ritorno,
affrontando con qualche patema
d’animo la notevole salita che collegava la fattoria alla statale e avendo incontri ravvicinati con diverse mucche che, al ritorno dal
pascolo, non volevano sentirne di
dare la precedenza a questi strani
e ingombranti mezzi.
Quindi si è percorsa la
strada a ritroso fino all’agriturismo
“Villa Miraglia”, dove con le difficoltà già dette si sono sistemati i 23
camper della carovana. E’ seguita
Foto di gruppo nel Chiostro della Chiesa Madre di San Fratello
In basso le cavallette all’opera presso il caseificio Savoca di Cesarò
IL CLUB n. 88/89 – pag. 11
Due immagini dei nostri soci nel Parco dei Nebrodi:
in alto mentre con i camper e in basso al Lago Maulazzo
I boschi del Parco si estendono a
perdita d’occhio, inframezzati da
pianori, spesso solcati da ruscelli
una breve riunione del direttivo del
Club, nel corso della quale si sono
messi a punto i programmi e i
viaggi dell’estate incombente, e poi
ha avuto inizio il rito della cena,
con le oltre cinquanta cavallette
presenti che si sono tuffate fra i
sapori genuini dei Nebrodi, dimostrando di gradire parecchio gli antipasti della casa, i sublimi maccheroni con sugo di maiale e funghi, l’arrosto misto e la paradisiaca
torta al pistacchio, spazzolando via
tutto con l’aiuto del buon vino a
tempo di record. E poi, rientrati nei
camper parcheggiati come sardine
in scatola, finalmente è seguita la
nanna che è riuscita a pacificare le
panze ballonzolanti dei presenti.
La mattina della domenica,
sotto un cielo radioso e una luce
magnifica, la carovana di camper
si è spostata di qualche chilometro, deviando al bivio per Monte
Soro fino allo spiazzo della Madon-
nina, dove con le consuete difficoltà i mezzi si sono sistemati; qui i
nostri eroi si sono trovati davanti
ad uno scenario splendido, dato
che da questo privilegiato punto di
osservazione si poteva scorgere sia
la suggestiva sagoma innevata
dell’Etna che, dalla parte opposta, i
profili delle isole Eolie che emergevano come visioni oniriche dal
mare.
Quindi ha preso il via la
bellissima passeggiata naturalistica
tra i boschi che era, fin dall’inizio,
l’obiettivo principale della gita, in
un contesto ambientale di rara bellezza, tra pinete, ruscelli che scorrevano a lato del sentiero, ciclamini e fiori di campo che emergevano
con i loro splendidi colori dal sottobosco e il cinguettio di uccelli di
ogni tipo, facendo sentire i presenti come dei novelli Adamo ed Eva
in un rinnovato paradiso terrestre,
ma senza serpente.
IL CLUB n. 88/89 – pag. 12
Dopo circa tre chilometri di
piacevole passeggiata la comitiva
ha raggiunto il lago Maulazzo che
si è concretizzato davanti agli occhi
dei presenti come un miraggio, con
le placide acque su cui galleggiavano le piante di ninfee e su cui si
affacciavano i pini e le piante del
sottobosco, mentre i boschi circostanti incorniciavano la radura in
una sorta di abbraccio arboreo di
grande fascino. E, dopo le foto di
rito, si è ripreso lentamente il ritorno verso i camper, godendosi
ancora una volta la magnifica natura incontaminata e approfittando
del percorso per godere anche della compagnia reciproca, con lunghe e rigeneranti chiacchierate tutti insieme.
Quando la sagoma dei
camper si è concretizzata davanti
agli occhi dei presenti è stato quasi
come risvegliarsi da un magnifico
sogno ad occhi aperti; ma il panorama dei prati verdissimi punteggiati dai fiori di campo ci ha accompagnato anche durante il pranzo domenicale, dandoci l’arrivederci da una delle oasi naturalistiche
più belle della Sicilia, questa nostra
splendida isola sospesa nel Mediterraneo che ci permette di alternare paesaggi marini a scenari alpini di incredibile bellezza. E meno
male che c’è il camper per goderseli tutti…
Testo di Mimma Ferrante
Foto di Maurizio Karra
Le novità del nostro sito web
E’ partita finalmente l’area riservata ai soci
P
rossimo al traguardo
delle 300.000 visite dall’inizio del
1999, il sito Internet del Club cerca
di rendersi più utile nei confronti
dei soci. Pur in progetto da lunga
data, come tantissime altre cose
che purtroppo risentono di incolmabili problemi di tempo libero, è
stata infatti attivata sul nostro sito
la sezione privata per i soci. Si
tratta di un piccolo primo passo
che si è voluto rendere disponibile
in prossimità dei viaggi estivi. Sono infatti presenti nell’area riservata ai nostri soci le schede notizie
sui paesi esteri raccolte dai nostri
soci nel corso di anni di viaggi e
l’elenco dei punti di sosta presenti
su tutto il territorio nazionale.
Nella sezione saranno presenti da adesso anche le news interne relative all’associazione che,
se pur ancora disponibili nella
home page pubblica, potranno essere solamente consultate in seguito all’inserimento delle proprie
credenziali per l’accesso alla zona
protetta. Al pari di una segreteria
virtuale del Club, la zona riservata
potrà diventare sempre più importante per la gestione del rapporto
dei soci, tanto tra loro, quanto con
il Club. Prossimi obiettivi di sviluppo saranno, in un tempo purtroppo
non preventivabile ma che si spera
possa essere il più breve possibile:
•
un'area dati personali tramite
cui sarà possibile personalizzare le proprie credenziali per
l'accesso e tenere aggiornati i
dati anagrafici e i recapiti telematici e postali, per favorire
la comunicazione interna;
•
una lavagna virtuale a disposizione dei Soci per colloquiare tra loro e con il Club: un
muro dove appendere i nostri
post-it per segnalare qualsiasi
cosa "lecita" ci passi per la
mente e sia naturalmente in
sintonia con il sito;
•
un'area riservata al “mercatino” dove si potrà vendere ogni tipo oggetto relativo al nostro ambito, dal camper alla
videocamera; l'accesso alla
sezione sarà previsto solo
tramite quest'area con l'opportunità, a giudizio dei soci
che esporranno, di rendere
pubblica sul web la propria in-
La home page del sito e una pagina della sezione riservata ai soci
•
serzione o tenerla riservata;
la gestione diretta delle schede di viaggio: si potrà intervenire per tenere aggiornate
ed ampliare tutte le schede
presenti in archivio che come
già detto, in questa prima fase, sono unicamente disponi-
IL CLUB n. 88/89 – pag. 13
bili per il download.
Molto lavoro, quindi, per il
quale ogni suggerimento o contributo da parte di tutti sarà naturalmente auspicato e gradito.
Giangiacomo Sideli
I viaggi dell’estate 2007
Dai ghiacciai del grande nord al viaggio-pellegrinaggio a Santiago de Compostela, dal mare
della Sardegna al viaggio nella memoria dell’Olocausto: questo e tanto altro nei tour di
gruppo in programma quest’estate per i soci del Club
S
ono ben dieci i viaggi di
gruppo che sono stati organizzati
quest’estate per nostri soci, un po’
dappertutto in Italia e in Europa, da
metà giugno a metà settembre; e
molteplici sono le finalità che i vari
organizzatori hanno voluto dare ai
loro programmi che, come ogni anno, sono riservati ai nostri soli soci.
mente culturali e naturalistiche. Particolarmente interessante per gli amanti della fotografia si presenta la
parte fra il territorio delle Fiandre e
la Loira Atlantica per i paesaggi del
tutto unici che si incontreranno nel
tour, che si propone quindi a persone motivate e piene di curiosità.
Tour de France
Organizzatore: Giovanni Pitré
Le mete
Dal Reno all’Atlantico
Organizzatore: Maurizio Karra
Inizio viaggio e durata: 15 giugno – 30 giorni;
Itinerario: Da Palermo per Civitavecchia, quindi veloce attraversamento dell’Italia fino al confine di
Como-Chiasso e della Svizzera sulla
direttrice Lugano-Zurigo-Sciaffusa;
entrati in Germania soste a Tubinga, Stoccarda, Baden Baden e Karlsruhe; quindi arrivo in Lussemburgo e visita della capitale del Granducato e di Echternach, Mullerhall,
Beaufort, Vianden e Diekirch; passaggio in Belgio e visite di Dinant,
Namur, Binche, Mons, Bruxelles,
Lovanio, Mechelen, Anversa, Gent e
Bruges; percorrendo la strada costiera atlantica attraversamento del
confine con la Francia e visita di
Boulogne sur Mer, del Parco Ornitologico della Baia de la Somme, Fecamp, Honfleur, Deauville, Caen,
Fourges, Nantes, il Parco del Marais
e delle Sables d’Olonne e il porto
della Rochelle; infine, via Bordeaux-Lione, arrivo in Savoia e visita
di Chambery, Annecy e ChamonixMont-Blanc; rientro in Italia dal traforo del Monte Bianco e arrivo a Palermo (6.000 km. oltre le tratte via
mare).
Note: Il programma è imperniato
soprattutto sulla visita del Lussemburgo e del Belgio, ma anche di alcune regioni di altri due Paesi
dell’Europa: la Germania (Westfalia) e la Francia (Franca Contea,
Pays du Nord, Normandia, Loira Atlantica, Aquitania e, prima del rientro in Italia, Savoia). Si tratta di un
viaggio con caratteristiche pretta-
Inizio viaggio e durata: 6 luglio
– 22 giorni
Itinerario: Palermo-Genova con
traghetto, quindi attraverso il traforo del Monte Bianco arrivo in Francia via Chambery; visita di Parigi,
Eurodisney e Versailles; trasferimento in Normandia con soste a
Mont-Saint-Michel, Saint Malo, Cap
Frehel, Saint Pol de Leon, Brest,
Point de Penhir, Point du Raz, Lorient, le dune di Pilat; quindi, via
Carcasson, rientro in Italia e via
Genova discesa a Palermo (5.200
km. oltre alla tratta in traghetto
PA-GE)
Note: Viaggio improntato al relax e
alla visita di luoghi storici, culturali
e naturalistici, soprtattutto fra
Normandia e Bretagna, il tour è
particolarmente studiato per la
classica famiglia con figli al seguito;
i pernottamenti sono previsti tutti
in campeggio o aree attrezzate.
La Valle del Reno
Organizzatore: Filippo Santonocito
Inizio viaggio e durata: 6 luglio
– 22 giorni
Itinerario: Palermo-Civitavecchia
con traghetto, quindi, superamento
del confine con la Svizzera e con la
Germania; una volta a destinazione, soste a Triberg, Freudenstadt,
Baden Baden, possibile deviazione
a Parigi per una visita di qualche
giorno della capitale francese,
quindi reintro in Germania e proseguimento per Colonia, Eltville am
Rhein, Geisenheim, Rudesheim am
Rhein, Koblenza, Sankt Goar, Bacharach,
Reichenstein,
Bingen;
IL CLUB n. 88/89 – pag. 14
quindi rientro in Italia e veloce discesa a Palermo (5.000 km. oltre
alla
tratta
in
traghetto
PACivitavecchia)
Note: Il viaggio rappresenta una
full immersion nel paesaggio idilliaco della Valle del Reno, caratterizzato da colline ricoperte di boschi,
ripidi vigneti e maestose formazioni
rocciose. Il tour, che offre un ampio
ventaglio di opportunità per scoprire una natura assolutamente unica,
ha per obiettivo l’esplorazione di una
valle che, con i suoi straordinari panorami e le numerose fortezze, è il
simbolo del romanticismo tedesco.
La Polonia
Organizzatore: Luigi Fiscella
Inizio viaggio e durata: 8 luglio
– 26 giorni
Itinerario: da Palermo al confine
col Brennero, quindi veloce attraversamento di Austria e Rep. Ceca
e arrivo in Polonia; qui giunti, visite
dei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau e proseguimento per Cracovia, Wieliczcka, Zakopane, Lancut, Sandomierz, Baranow Sandomierskin, Zamosc, Lublino, Kazimiers Dolny, Chesztockowa e Wroclaw; quindi, via Rep.
Ceca e Germania rientro in Italia e
arrivo a Palermo (circa 6.400 km.)
Note: Si tratta di un viaggio orientato alla conoscenza di alcuni siti e
città della Polonia, anche di quelle
meno conosciute del sud del Paese
che nulla da invidiare per bellezza,
storia e cultura alle più importanti e
note. I pernottamenti sono previsti
in campeggio o, laddove non presenti, aree attrezzate e parcheggi
custoditi.
La Scandinavia e il Baltico
Organizzatore: G.Eduardo Spadoni
Inizio viaggio e durata: 15 luglio
– 30 giorni
Itinerario: traghetto Palermo-Civitavecchia, quindi via Brennero, superamento dell’Austria e soste lungo la Romantische Strasse prima
dell’ultimo slancio, dal porto di Puttagrden, per la Danimarca. Da qui,
via Malmo e Goteborg in Svezia, arrivo nella capitale norvegese Oslo;
quindi proseguimento per Trondheim, MoIRana, Bognes, isole Lofoten e Vesteralen, Narvik; di nuovo in Svezia a Kiruna, Haparanda,
quindi in Finlandia a Tampere e
Helsinki. Traghetto per Tallin e proseguimento per Riga, Vilnius e Kaunas; quindi via Danzica, Stettino e
il Brennero, rientro in Italia (circa
14.000 km. più le tratte via mare)
Note: Si tratta di un viaggio
dall’intento soprattutto naturalistico
che, pur senza giungere a Capo
Nord, vuole spaziare un po’ su tutto
l’universo scandinavo e, al ritorno,
sulle capitali delle repubbliche baltiche. Saranno oggetto di visita culturale le principali città d’arte che
saranno toccate nel corso dell’itinerario. I pernottamenti sono previsti
in campeggio o parcheggi custoditi.
Il mare della Sardegna
Organizzatore: Giovanni Anello
Inizio viaggio e durata: 21 luglio
– 24 giorni
Itinerario: traghetto Palermo-Cagliari e quindi tour delle coste sarde
con soste a Chia, Porto Pino, Isola
di San Pietro, Villacidro, Oristano,
Putzu Idu, Boroneddu, Alghero,
Stintino, Porto Torres, Sassari, Castelsardo, Palau, Orosei, Nuoro, Oliena, Cala Gogone, Arbatax, Gesturi, Barumini, Villaputzu, Villasimius, Cagliari; da qui rientro a Trapani con traghetto e arrivo a Palermo (1.400 km. oltre alle tratte
via mare).
Note: Cagliari è il punto di partenza e di arrivo di un itinerario che
seguirà il periplo dell’isola, privilegiando quindi prevalentemente le
strade costiere. Durante il viaggio,
che ha come scopo preminente quello della vacanza a mare, saranno
destinati anche alcuni giorni dedicati alla perlustrazione dell’entroterra (aree naturalistiche, siti archeologici), tutto comunque nell’ottica della presenza di bambini che,
con la loro presenza, guideranno
anche i grandi nelle loro scelte. I
pernottamenti sono tutti previsti in
campeggi o in aree attrezzate.
La Croazia
Organizzatore: Sergio Campagna
Inizio viaggio e durata: 25 luglio
– 21 giorni
Itinerario: Da Palermo al confine
italo-sloveno di Trieste, quindi attraversamento del confine istriano
con la Croazia e visita di Rovinj,
Pula e Rijeka; si punterà quindi a
Zagabria per poi tornare sulla costa
con le città di Zadar, Sibenik, Trogir, Spalato, Solin, Korcula e infine
Dubrovnik. Da qui traghetto per
Bari e rientro a Palermo (circa
4.000 km. oltre alle tratte in traghetto).
Note: E’ un viaggio alla scoperta
delle città d’arte della Croazia, in
particolare di quelle che hanno conservato maggiormente l’impronta
veneziana dei secoli passati. Nel
corso del tour saranno privilegiate
le visite a monumenti e musei, prevedendo comunque anche soste in
pieno relax al mare. I pernottamenti sono previsti in campeggio o
aree attrezzate.
Città d’arte d’Italia
Organizzatore: Ninni Fiorentino
Inizio viaggio e durata: 26 luglio
– 38 giorni
Itinerario: traghetto Palermo-Napoli, quindi visita di Roma, Siena,
Lucca, Firenze, Pisa, Torino, Milano,
Verona, Trieste, Venezia, Ravenna,
Bologna, Perugia, Assisi, Roma, Napoli, Pompei e Sorrento; infine traghetto Napoli-Palermo (circa 3.000
km. oltre alle tratte via mare).
Note: Obiettivo del viaggio è la visita delle principali città d’arte della
penisola, in un tour dai ritmi lenti
che prevede brevi spostamenti e
soste di più giorni in ogni località
che sarà toccata, e sempre in campeggio. Un viaggio quindi di tutto
riposo, particolarmente adatto a chi
nel viaggio cerca relax e serenità e
vuole evitare al contrario stress e
fatiche.
Attraverso l’Italia minore
Organizzatore: Alessandro Siragusa
Inizio viaggio e durata: 12 agosto – 25 giorni
Itinerario: da Palermo in Sila,
quindi Napoli, il Parco Nazionale
d’Abruzzo, Terni, Orvieto, Todi,
Spoleto, la Cascata delle Marmore,
Assisi, Perugia, Gubbio, Arezzo, Firenze, Pisa, Livorno, Roma e rientro in Sicilia (circa 3.000 km.)
Note: Dopo qualche giorno in Sila,
il viaggio si snoderà fra i centri minori dell’Italia centrale, fra Lazio,
Umbria e Toscana, attraversando
ambienti e paesaggi in cui sono
previste passeggiate naturalistiche
anche di intere giornate sia a piedi
che in bicicletta. La presenza di
bambini al seguito fungerà da modello di riferimento per i ritmi da
imprimere a tutto il tour. I pernottamenti sono previsti in campeggio
o aree attrezzate.
Il Camino de Santiago
Organizzatore: F.sco Bonsangue
Inizio viaggio e durata: 17 agosto – 28 giorni
Itinerario: Da Palermo al confine
con la Francia di Mentone; dopo
IL CLUB n. 88/89 – pag. 15
qualche giorno di sosta in Provenza
e in Camargue, arrivo via Carcasson e Lourdes nell’area pirenaica
del Passo di Roncisvalle al confine
fra Francia e Spagna da dove ha
inizio l’itinerario classico del Camino de Santiago; soste in tutti i centri del Camino, fra cui Pamplona,
Logrono, Burgos, Leon, Lugo e arrivo a Santiago de Compostela;
quindi proseguimento per La Coruna, Oviedo, Santander, Bilbao e
Saragozza e rientro attraverso il
traforo del Monte Bianco in Italia e
quindi a Palermo (circa 7.000 km.).
Note: Particolare attenzione verrà
dedicata agli aspetti paesaggistici e
naturalistici, ai piccoli centri e agli
innumerevoli castelli, chiese, abbazie, monasteri di cui è costellata la
Spagna del nord. Ma vi è un terzo
obiettivo, spirituale, che è anche la
vera sfida del viaggio: non si vuole
fare riferimento solo ad aspetti eminentemente religiosi, ma anche
alla concreta capacità di fare nostro
il senso del pellegrinaggio, della
strada da percorrere insieme, della
costante ricerca dell’armonia e della conciliazione delle diverse esigenze. Le tappe dedicate alla Francia mediterranea e al Camino de
Santiago saranno normalmente non
superiori ai 100 km. al giorno, il più
delle volte frazionati. Le soste saranno preferibilmente in campeggi
e strutture attrezzate.
Norme sui viaggi
Tutti i viaggi in programma
sono riservati ai soci del Club Plein
Air BdS. Ognuno di essi potrà subire modifiche nella data di partenza,
nell’itinerario e nella durata per ragioni varie, indipendenti dalla volontà dei relativi organizzatori (spostamento del periodo di ferie, motivi di famiglia, ecc.). In ogni caso,
per ragioni meramente logistiche a
ciascun viaggio potrà partecipare
un numero massimo di 4 equipaggi
compreso l’organizzatore, tranne
che questi, in deroga a tale numero, non sia disponibile ad aggregare
un numero maggiore di equipaggi.
L’organizzatore fungerà anche da capogruppo e rappresenterà
il Club di fronte a terzi in tutto il
viaggio; dovrà in particolare farsi
carico di:
• rappresentare per tutta la durata del tour, e nella migliore maniera possibile, l'immagine del
Club, sia nei confronti dei partecipanti stessi (che avranno nell'organizzatore il punto di riferimento dell'associazione), sia nei
confronti di tutti gli estranei al
Club che durante il viaggio si avrà l'opportunità di incontrare
(autorità locali, gestori di campeggi, ecc.), cercando di pubblicizzare le attività dell'associazione e informare sull'impegno
di questa nell'ambito turisticoculturale e in quello del turismo
responsabile;
• utilizzare nel corso del viaggio il
consueto borderò del Club per
annotare i dati salienti di ogni
giornata, da consegnare alla segreteria del Club a fine viaggio
per aggiornare le banche dati;
• predisporre (anche a più mani, e
quindi con la collaborazione di
altri soci partecipanti al tour)
uno o più articoli destinati al
giornale e al sito Web del Club,
contenenti - anche in un box finale - la maggior quantità possibile di informazioni riguardanti
il viaggio: in particolare i campeggi, i punti sosta e i camperservice utilizzati, i musei e i palazzi storici, i siti naturalistici, i
siti archeologici, nonché informazioni sugli itinerari, i percorsi
stradali, lo shopping, il clima, gli
eventi socio-culturali e folcloristici, ecc..
Per quanto riguarda l'adesione dei soci ai vari programmi,
tutti coloro che fossero interessati a
uno dei viaggi in programma dovranno contattare al più presto direttamente
l’organizzatore
del
viaggio prescelto, concordando con
lui le modalità di partecipazione. I
vari organizzatori terranno informati via via la segreteria del Club.
Le iniziative collaterali
Collegate all'organizzazione
dei viaggi estivi, come ogni anno, vi
sono due iniziative concorsuali,
sempre riservati ai soci del Club.
Il concorso fotografico
e il calendario del Club
Tutti i soci del Club (soci
titolari e aggregati, cioè loro familiari purché conviventi) possono
partecipare a un concorso fotografico, con esposizione delle fotografie in luogo e data che saranno successivamente comunicati. Il tema
delle foto è libero (paesaggi, monumenti, persone, situazioni particolari, ecc.), anche se dovrà riguardare comunque momenti o episodi legati ai viaggi.
L’esposizione delle foto sarà
gestita, come nel più recente passato, in diverse sezioni: quattro
IL CLUB n. 88/89 – pag. 16
dedicate rispettivamente alla Sicilia, all’Italia, all’Europa, ai Paesi extraeuropei, una dedicata a pose di
natura e ambiente, una dedicata
alla ritrattistica.
Ogni concorrente potrà partecipare al concorso inviando alla
Segreteria del Club entro il 10 ottobre 2007 un numero di fotografie
compreso fra 5 e 8, ciascuna di dimensione 20 x 30, possibilmente
da inserire in più di una sezione fra
le sei già indicate. Ciascuna foto
dovrà avere sul retro una targhetta
adesiva con il nome del concorrente
e il titolo della stessa.
La valutazione sarà effettuata secondo modalità che saranno preventivamente comunicate;
gli autori delle foto vincitrici riceveranno un simpatico premio.
Tra le foto presentate alla
mostra, quelle che più si prestano
per soggetto, posa e tecnica, saranno inserite, come è ormai consuetudine, nel calendario dei soci
per il nuovo anno (2008). La selezione sarà curata da una commissione interna al Club nominata dal
direttivo.
Il concorso giornalistico
Tutti i soci del Club possono
partecipare a un concorso giornalistico predisponendo uno o più articoli o reportage di viaggio, composti ciascuno da un minimo di 8.000
e un massimo di 30.000 battute.
Gli articoli - che devono essere inediti - devono giungere alla
redazione de "IL CLUB" via E-Mail
oppure stampati su carta e registrati su dischetto, comunque in
formato Word, insieme a delle foto
a corredo, entro il 20 ottobre 2007.
Tutti gli articoli saranno pubblicati
successivamente nei vari numeri
dello stesso bimestrale.
La valutazione sarà effettuata da una commissione formata dai
componenti della redazione de “IL
CLUB”, tenendo conto del contenuto, della forma espressiva, della sensibilità dimostrata nella elaborazione del testo e delle informazioni
pratiche in esso contenute (anche
con un box a parte rispetto al corpo
generale); gli autori degli articoli
che risulteranno vincitori riceveranno quindi un simpatico premio.
Ci rivediamo a settembre...
Per consentire a tutti i soci
di essere presenti, il raduno di fine
estate si terrà quest’anno il 29/30
settembre p.v. Il programma sarà
comunicato con apposita circolare.
Parliamo di tecnica
La pompa dell’acqua e la batteria servizi: due cose di cui ci preoccupiamo solo quando non
funzionano...
Il viaggio finisce qui:
nelle cure meschine
che dividono l’anima
che non sa più dare un grido.
Ora i minuti sono uguali e fissi
come i giri di ruota della pompa.
Un giro:
un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua,
a tratti un cigolio.
B
uon Montale, è tanta
lontana la similitudine, tra non saper più dare un grido o dare in un
grido silenzioso, quasi un singulto,
all’improvviso malfunzionamento di
un organo del nostro camper che
blocca i nostri sogni, il nostro viaggio? E cosa provoca in noi
l’improvviso funzionamento della
pompa dell’acqua montata sulla
rimbombante parete, che silenziosa non è, nel bel mezzo del sognato e veloce riposino postprandiale,
anche se in una rumorosa stazione
autostradale?
Queste sono cose che percentualmente possono capitare a
tutti, e sono disagi superabili. Ben
diverso è il possibile grido che può
scaturire se un impianto di base da
noi scelto, e pagato a caro prezzo,
o aggiornato da personale non
qualificato,
non
si
dimostra
all’altezza preventivata. Accertiamoci dell’omologazione, sigle incomprensibili e sconosciute ai più;
chiediamo con impudenza e aspettiamo risposte chiare da chi - magari commerciante da poco - sconosce il prodotto venduto!
Chiediamo la cilindrata; la
potenza, la coppia, il relativo numero di giri e con quale diametro
gomme sono sviluppati; la velocità
raggiungibile nelle varie marce,
l’accelerazione a pieno carico e il
consumo; tutti termini interconnessi e ampiamente descritti in
precedenza, come la struttura del
telaio, le sospensioni e la relativa
altezza ed effettuiamo prove comparative. E se la meccanica non
soddisfa le nostre esigenze, ricerchiamo altro.
Ricordiamo che a parità di
meccanica e di infrastrutture ormai
del tutto omologate, la differenza
di costo si scarica sui volumi, e a
parità di questi, sulla qualità. Ma la
qualità è difficilmente oggettivabi-
le, essendo formata da parametri
misurabili con l’esperienza e con
prove statistiche.
Si pensi in genere alla robustezza: più grande è il camper,
meno robusto esso è; più basso e
lungo è il telaio, maggiore lo sbalzo posteriore, più pesante esso si
presenta e con alta possibilità di
interferire con lievi ostacoli, o con i
rigori dell’omologazione (superati i
3500 Kg. non si va oltre gli 80
Km/ora in autostrada, e oltre i 7
metri di lunghezza non si può usare la terza corsia in autostrada!).
Della qualità fanno parte
l’accuratezza
delle
lavorazioni,
l’isolamento,
l’ingegnerizzazione
complessiva, la praticità studiata
delle
soluzioni,
contrapposti
all’estemporaneità posticcia degli
impianti che si nota anche su prodotti di pregio. Si pensi alla disseminazione forsennata di fusibili,
sensori, segnalatori, che convivono
bellamente con tubi d’acqua o di
scarico delle batterie. Bisogna discernere, e molto, prima di acquistare. Ma non basta.
Proviamo ad esempio i decibel emessi dalla pompa e control-
Lo schema di una pompa dell’acqua completo dei suoi vari componenti
IL CLUB n. 88/89 – pag. 17
liamone l’isolamento acustico e
l’ubicazione: sarà possibile al tecnico, se non a noi, lo stringere o
l’allentare le fascette metalliche
(clamps) che bloccano i tubi senza
smontare altro? Con le vibrazioni
le fascette si allentano, anche se
sono inox, americane e con le sedi
di avvitamento perforate, cioè le
migliori del mercato.
Una pompa dell’acqua fra le più
comuni e una piccola autoclave (o
vaso d’espansione)
La pompa, formata da alcuni cilindretti e da sottili membrane in gomma neoprenica che
spingono l’acqua, è messa in funzione da un potente motorino. Ad
ogni impulso per ripristinare la
pressione nei tubi, dopo la perdita
di valore per l’apertura dei rubinetti, esso si riavvia come la prima
volta assorbendo oltre 5 Ampere,
attraverso il pressostato, con lo
“stop end go” di un microinterruttore a levetta (switch), i cui contatti si usurano con l’uso; non tutti
sanno che il loro intervento è regolabile dall’esterno con una vite di
regolazione.
Per proteggere questo essenziale servomeccanismo, allungando il periodo del suo funzionamento; per diminuire l’estracorrente al suo intervento, risparmiando la carica della batteria, e
per ottimizzare il flusso dell’acqua
rendendolo costante e non fluttuante
dovrà
montarsi
un’autoclave: si tratta di un piccolo
accumulatore da un litro precaricato ad aria compressa. E’ previsto
uno spazietto di comodo alloggiamento per la sua eventuale installazione? L’impianto ha tubazioni
rigide, o ha tubazioni flessibili che
si
sostituiscono
in
parte
all’autoclave con la loro elasticità,
almeno quando sono nuove o non
irrigidite dal freddo? E poi lo spazio
di agibilità serve al controllo ed alla pulizia del filtro di ingresso
pompa,
svitabile
teoricamente
senza attrezzi. I filtri trattengono
solo le impurità macroscopiche,
ma non i microdepositi dati dallo
sfaldamento dei serbatoi plastici.
Nessuno monta filtri a maglia sottile in nylon, similmente a quelli della benzina.
Per la potabilizzazione bisogna usare ioduri d’argento, meno aggressivi, ma più costosi
dell’amuchina, proibita nei nuovi
Combi Truma; adoperando al 90%
acqua di pozzo o di serbatoio, dovendo fidarci dei controlli altrui,
potremmo montare, tra il tanto
superfluo, anche un potabilizzatore
ceramico coadiuvato da una lampada a raggi U.V., anche se continueremo a bere acqua minerale! E
per eliminare stress indotti, forniamoci di una pompa di riserva
uguale a quella montata. A maggior ragione se essa è dell’ultimo
tipo a controllo elettronico che varia i giri in funzione del prelievo;
nulla è più frustante che rimanere
senza acqua o asciugare un pavimento allagato.
Ma chi alimenta la pompa,
ma anche le altre apparecchiature?
Diciamo subito: la batteria di servizio. Essa è compiutamente distinta da quella del motore, ed in
genere, oggi, è anche di tipo diverso. Cercarne l’ubicazione è come la
ricerca del santo Graal, ne ‘Il codice da Vinci’ di Dan Brown. Essa è
posizionata spesso in anfratti inaccessibili per le piccole cure meschine ed essenziali che tutti noi
possiamo espletare come manutenzione preventiva; ma se è di
difficile accesso, altro che grido
soffocato se dovesse scaricarsi sul
più bello! Molte case non la includono nemmeno nell’equipaggiamento del camper per non
...innalzare il costo di listino.
Ma come funziona un batteria? Una batteria è paragonabile
ad un contenitore di acqua; la sua
capacità è pari a quella di un normale serbatoio (90 litri equivalenti
a 90 Ampere). Il serbatoio può
pensarsi posizionato ad una altezza tale da fornire una pressione,
cioè una tensione: 12 Volt sono
una tensione più alta di 6 Volt e
più bassa di 24 volt, il ché è intuitivo. Nella batteria, gli ioni liberi
dopo le trasformazioni chimiche
IL CLUB n. 88/89 – pag. 18
che vedremo, fluiscono in un filo,
come fosse un tubo, con una intensità che si misura in Ampere,
come fossero litri.
Un filo chiuso su un circuito, ad esempio una lampada o un
motorino, fa fluire una corrente di
ioni; 24 Volt (tensione di alimentazione dei camion) fanno passare
più corrente di 12 Volt: a parità di
sezione di fili, maggiore sarà la velocità di trasferimento degli ioni
liberati dalla batteria; mentre le
vecchie auto e moto, che erano alimentate a 6 Volt, avevano pochi
fili con una sezione enorme, perché la corrente passasse meglio,
opponendo meno resistenza.
Oggi sarebbe impensabile
questo tipo di alimentazione con i
Km di cavi necessari ai vari comandi; anzi si tende a digitalizzarli
e a portare la tensione a 48 Volt,
ottima per i servomeccanismi
sempre più numerosi. Si tenga
conto di ciò, ogni volta che si effettua una modifica elettrica: bisogna
sempre largheggiare sui diametri
dei fili, tanto più lunghi essi sono,
per evitare cadute di tensione, energia che si dissipa riscaldando il
filo e non arrivando all’utilizzatore.
Diciamo che per ogni Ampere trasportato e per una lunghezza di 1
metro è necessaria una sezione di
filo di 1 mm quadrato.
Dagli esempi precedenti, si
dedurrebbe che la batteria pesa
tanto perché è un contenitore pieno d’acqua: dico subito di non cascare nella provocazione! Il peso,
negli accumulatori al piombo, è dato essenzialmente dalle piastre.
Quelle positive sono di perossido di
piombo PbO2, le negative di piombo Pb poroso; ogni piastra fornisce
circa 2 Volt; per ottenere i 12 volt
ci vogliono quindi sei piastre.
L’elettrolita è a base di acido solforico H2SO4 e acqua H2O.
Durante la scarica si formano dei radicali liberi SO4 che si
combinano col Pb poroso, che diventa PbSO4; anche il PbO2 diventa PbSO4; si liberano ioni che fluiscono, e tutto l’acido tende a trasformarsi in acqua, con l’ovvia
conseguenza che con la batteria
del tutto scarica e temperatura esterna prossima allo zero, si rischia
il congelamento con solfatazione
irreversibile delle piastre. Durante
la carica avviene il processo inverso, con la trasformazione completa
dei radicali liberi SO4 depositati
sulle piastre, in acido. In questo
caso essa congelerebbe a –68°.
La densità del liquido indica lo stato di carica e la longevità
della batteria: tutto bene se è 1,28
Kg/litro, tendente a 1 durante la
scarica (peso specifico dell’acqua).
L’elettrolita può essere gelificato,
eliminando il rabbocco, e può essere a ricombinazione (parziale) dei
vapori emessi, idrogeno e ossigeno, che vanno eliminati con tubicini verso l’esterno dell’abitacolo, ad
impedirne la diffusione o lo scoppio
per un eccesso di carica, se non
controllata. Le piastre possono essere inglobate singolarmente in involucri plastici speciali ad evitare
corto circuiti interni dovuti alle sedimentazioni di usura del piombo.
Oggi nei nostri camper c’è
spesso un led a luce colorata variabile che indica lo stato di carica
della batteria. All’aumentare del
freddo, essa tende ad annullare la
sua capacità e innesca un effetto
memoria, per cui deve essere
sempre carica e non deve mai scaricarsi pena la sua possibile avaria:
dico meglio, può farlo fino ad un
certo valore soglia, oltre il quale le
utenze non funzionano; questo limite in genere è segnalato dalle
moderne centraline, anche acusticamente, e si pone a circa 11,5
Volt.
La batteria è irreversibilmente scarica se la sua tensione
arriva a circa 8 Volt. Da notare,
per quanto detto, che la capacità
di targa dichiarata non corrisponde
quindi alla vera capacità di utilizzo
e per due buoni motivi: scaricandosi, la tensione si abbassa, non
essendo più utilizzabile per il funzionamento degli impianti; e se si
dovesse abbassare troppo o annullare del tutto, la stessa batteria
non sarebbe più utilizzabile.
Va un po’ meglio con le
batterie a tensione costante. Oltre
20 anni fa sono state introdotte
per l’uso sui computer ed oggi sono usate come batterie di servizio
nei nostri camper. Se è vero che si
può esemplificare, non c’è nulla di
meglio che, per analogia, in una
batteria tradizionale, pensare alla
vasca da bagno nella quale si può
regolarne sia lo scarico d’acqua,
sia il riempimento o carica, agendo
o sulla valvola o sul rubinetto.
Se poi blocchiamo la valvola di scarico, ma lasciamo aperta
quella di troppo pieno, cioè posizioniamo una soglia, otteniamo
una simulazione perfetta della batteria stazionaria o semi stazionaria, a tensione costante, nella quale
questa
è
rappresentata
dall’altezza di riempimento della
vasca fino alla suddetta valvola:
come dire 12 Volt costanti anche
senza più corrente disponibile; in
essa la carica in corrente è data
dal di più che esce oltre tale valore
nominale.
Tale tipo di batteria non è
adatta alle scariche brevi e violente e le sue piastre sono molto
spesse. Infatti la targhetta (vedi
foto) dice 12V, 75 A/h (5h), ma
dice anche 90 A/h (20h): semplificando si ha che codesta batteria
può fornire per 5 ore 15 Ampere
(cioè 5x15=75 A/h), mentre è preferibile che essa possa scaricarsi in
20 ore, con 4,5 Ampere (cioè
20x4,5=90 A/h); essa assume una
capacità maggiore se si scarica più
lentamente!
La batteria di servizio, esternamente e tecnologicamente è
del tutto identica a quella motore,
ma mentre la batteria motore può
sostituire quella di servizio (nei
vecchi camper erano addirittura
uguali per maggiore sicurezza),
oggi non è più possibile effettuare
l’interscambio: quella di servizio
Una batteria servizi – modello semistazionario
IL CLUB n. 88/89 – pag. 19
non avrà mai lo spunto necessario
e violento della seconda, pena la
sua distruzione.
La targhetta di una batteria
motore (100 A/h 860 A) dice che
essa è dimensionata per dare in
modo teorico 100 Ampere/ora, ma
che è possibile scaricare tutta la
sua capacità in pochi secondi dando 860 Ampere, il tempo giusto di
un buon avviamento, anche con
fari accesi. Le sue piastre sono sottili o pieghettate o circolari (come
nelle Optima) per incrementare i
processi chimici velocissimi che vi
avvengono. Qualunque sia la tecnologia adottata, esse hanno in
comune la necessità di effettuare i
cicli di carica in modo lento. Oggi
ciò avviene con brevi impulsi, dati
dallo spezzettamento della tensione continua che crea un’alta tensione alternata, raddrizzata e sequenziata negli alimentatori elettronici switching, nati pur essi per i
computer, che hanno eliminato i
pesanti trasformatori con raddrizzamento continuo (dozzinale) a
diodi e la loro dipendenza dalla
tensione d’ingresso (si pensi ai 110
Volt 60 Hz americani o ai 240 Volt
della rete inglese).
Di ciò potremmo anche non
occuparci finché non andiamo a
cambiare qualche parametro di costruzione che altera o compromette il bilancio energetico iniziale,
sperando comunque che i progettisti ne abbiano calcolato a priori il
possibile carico suppletivo.
Si pensi al tipo di batteria,
al caricabatteria, che oltre a quello
visto,
può
essere
ancora
l’alternatore o il pannello fotovoltaico; o all’aggiunta di utenze come visori LCD, inverter, fari antinebbia, luci allo xeno, dal consumo
proibitivo, o semplicemente il tenere in funzione la notte il riscaldamento a ventilazione; funzioni
che richiedono sia un doppio pannello che una doppia batteria di
servizio.
Quanti sono i costruttori di
camper che prevedono tutti i fusibili con gli allacciamenti accorpati
all’alimentatore in un sito visibile
ed accessibile o il doppio vano
batteria dedicato ed isolato? Per
non dire della pompa montata in
una base ricavata sul serbatoio
acqua, conformato ad U contro lo
sciabordio, che assorbe qualsivoglia vibrazione. Nessun grido, in
questo caso, sarà emesso!
Giuseppe Eduardo Spadoni
Fuori dal comune
Tante idee e particolari innovativi caratterizzano l’X-Dream 526g, un semintegrale di fascia
medio-alta prodotto dal nuovo marchio Dream del Gruppo SEA
L
a diversificazione dei
marchi è, soprattutto nei gruppi
industriali di grosse dimensioni,
ormai una consuetudine: non fa
eccezione la SEA che, accanto ai
tradizionali Mobilvetta o Elnagh, ha
da qualche anno varato il marchio
Dream per caratterizzare una
gamma di veicoli innovativi su cui
sperimentare magari soluzioni che
ritroveremo, nel giro di qualche
anno, anche nelle altre produzioni.
Quello che vi presentiamo
qui è l’X-Dream 526g, un semintegrale dalle forti connotazioni e dalla ricca personalità, su motorizzazione Fiat Ducato 2300 o, a richiesta, 3000 che ben si adatta alla
coppia esigente che nel proprio
mezzo cerca soluzioni particolari e
ricchezza di accessori e dettagli.
Tipologia: semintegrale
Meccanica: Fiat Ducato 2.300 da
130 cv (optional 3.000 da 160 cv)
Lunghezza: m. 7,16
Larghezza: m. 2,32
Altezza: m. 2,75
Posti omologati: n. 4
Posti letto: n. 4 (2 matrimoniali)
Serbatoio acque chiare: l. 125
Serbatoio acque grigie: l. 108
WC: kasset l. 17
Riscaldamento: Webasto 3500
Frigorifero: trivalente l. 150
Blocco cucina: 3 fuochi + forno
Oblò n. 1 maxi + 2 cm. 40x40
Prezzo chiavi in mano: € 55.300
La pianta è moderna e funzionale, con un comodo living anteriore formato da una semidinette
e da un divanetto laterale, cui si
possono aggiungere per fare conversazione o per mangiare le due
poltrone, girevoli, della cabina; il
tavolo, di forma leggermente inusuale e allungabile, è stondato ai
bordi e leggermente avanzato nella
parte anteriore per favorirne l’uso
a pranzo a chi sta seduto nelle due
poltrone della cabina.
Ricca la dotazione di antine, anche nella carenatura interna
della cabina, dove sono presenti
due pensili che si raccordano perfettamente con quelli presenti nella
parte anteriore della cellula abitativa, sopra le dinette e il tavolo.
Un altro particolare interessante è nella panca sotto il divanetto laterale: si tratta di
un’antina a ribalta che consente di
utilizzare parte del gavone come
scarpiera, mettendo così a posto,
fin dall’ingresso nel veicolo, scarpe
e scarponi.
Di fronte alla porta di accesso alla cellula abitativa si trova
l’angolo cucina, completo e funzionale, con un grande lavello in acciaio, cappa aspirante, forno incas-
IL CLUB n. 88/89 – pag. 20
sato alla base e vari cassetti e antine; unico neo la posizione del
piano cottura nell’angolo interno
del piano d’appoggio, raggiungibile
con qualche difficoltà soprattutto
dalle persone di statura più bassa,
in quanto posizionato dietro il lavello.
L’angolo cucina
Tre prospettive dell’interno del semintegrale
Il garage posteriore
Dalla parte opposta si trova il bagnetto, comodo e funzionale, quasi superaccessoriato, con
grande vano doccia separato; anche qui però notiamo un piccolo
neo, la mancanza dell’oblò interno
al tetto per consentire una ottimale
aerazione
e
deumidificazione
dell’ambiente.
Il bagnetto dello X-Dream 526g
Una porta scorrevole divide
questa parte dalla zona notte, dove dallo stesso lato della zona cucina si trova oltre all’armadio anche il frigorifero, da 150 litri. In
coda il letto trasversale, che consente di utilizzare alla base un e-
norme gavone-garage di 2.800
dm³, al quale si accede o
dall’interno o attraverso due portelloni di accesso laterali fra loro
contrapposti, e nel quale sono sistemabili anche biciclette o uno
scooter.
IL CLUB n. 88/89 – pag. 21
Un veicolo moderno nella
linea e innovativo nei dettagli,
quindi, da scegliere fra le motorizzazioni Ducato 2.300 (già sufficiente) e 3.000 (forse anche troppo
esuberante) e proposto a un prezzo di sicuro interesse: poco più di
55.000 euro per la versione 2.300.
Maurizio Karra
IL CLUB n. 88/89 – pag. 22
Innovazione e design a buon prezzo
Ecco cosa emerge dall’esame del Prince 57, uno dei nuovi mansardati proposti dalla Elnagh
Q
uando la Elnagh ha
presentato a Rimini, nel settembre
scorso, la nuova produzione 2007,
è stato subito chiaro che aveva
operato una scelta radicale rispetto
al passato anche più recente: non
un semplice maquillage ai nomi, ai
modelli o agli interni, ma una coraggiosa virata per proporre tre
gamme nuove (Baron, Duke e
Prince) che nulla avevano a che
fare con le precedenti; è stato
chiaro, insomma, che aveva sostanzialmente cambiato tutto. E in
meglio!
Elnagh Prince 57
Tipologia: mansardato
Meccanica: Fiat Ducato 2.300 da
130 cv (optional 3.000 da 160 cv)
Lunghezza: m. 7,35
Larghezza: m. 2,35
Altezza: m. 3,10
Posti omologati: n. 4
Posti letto: n. 6/7 (1 matrimoniale
in mansarda + 2 singoli sovrapposti + 1 matrimoniale ricavabile
dalla dinette centrale + 1 singolo
più piccolo)
Serbatoio acque chiare: l. 100
Serbatoio acque grigie: l. 100
WC: kasset l. 17
Riscaldamento: Webasto 3500
Frigorifero: trivalente l. 150
Blocco cucina: 3 fuochi
Oblò n. 1 maxi + 2 cm. 40x40
Prezzo chiavi in mano: € 47.369
La gamma “Prince”, al top
fra le tre, ha avuto ovviamente le
maggiori attenzioni, a tal punto
che la società ne ha voluto evidenziare la raffinatezza pubblicizzandola come ispirata “a un elegante
yacht”. Sembra impossibile, ma
tutto ciò è accaduto senza alzare i
prezzi, che si sono mantenuti veramente molto interessanti, proprio perché con un eccellente rapporto con qualità degli assemblaggi e degli interni.
Il Prince 57 si presenta
come un comodissimo mansardato
adatto alle esigenze di una famiglia
tipo (due adulti e due bambini se
IL CLUB n. 88/89 – pag. 23
non anche tre). La pianta è classica con due dinette nella parte centrale (una grande e una piccola) e
tanto spazio; anche la mansarda è
ben costruita, con letto in doghe di
legno e spazi porta-oggetti nella
parte finale.
Proprio sui mobili si accentra l’attenzione, dato che il loro
design arrotondato ne mette in
mostra la capienza e l’eleganza. E
molti pensili sono già ripianati per
offrire ulteriore e più funzionale
stivaggio; mentre un vano a giorno
con tre ripiani chiude la linea dei
pensili, nella parte anteriore, rispetto al piano della mansarda.
garage, al quale poi si accede esternamente attraverso due portelloni di accesso fra loro contrapposti, utile per sistemare le biciclette
o uno scooter.
L’angolo cucina.
In basso Il bagnetto del Prince 57
La parte anteriore, con la mansarda, e la prospettiva di coda
Alla porta di accesso, centrale, corrisponde dalla parte opposta, quindi dietro la dinette, il
bagno, estremamente accogliente,
con vano doccia separato dalla
porta scorrevole e addirittura un
sistema di idromassaggio. Mentre,
a sinistra della porta si sviluppa la
zona cucina con comodo mobilio
con antine e cassetti, lavello e cu-
cina a tre fuochi in acciaio; sotto i
pensili, in corrispondenza, c’è la
cappa aspirante; ancora accanto il
frigorifero da 150 litri, sopra il
quale può essere sistemato, come
optional, il forno a gas.
In coda si trovano i due
comodissimi letti a castello, uno
dei quali può essere richiuso per
trasformare il gavone di coda in un
IL CLUB n. 88/89 – pag. 24
Un bel mansardato, quindi,
perfettamente armonizzato con la
meccanica Fiat Ducato, che ovviamente va preferita nella motorizzazione da 3.000 cm³, date le generose dimensioni del mezzo (7
metri e 35 cm.).
Il prezzo è l’altra cosa assolutamente interessante: 47.369
euro la versione 2.300, meno di
50.000 euro quella da 3.000 cm³:
davvero interessante.
Maurizio Karra
Il periplo della penisola iberica
La seconda parte del bel reportage di Adriana e Pippo Palazzolo ci porta sulla costa mediterranea fra Andalusia e Catalogna
D
opo un viaggio lungo
465 km. arriviamo finalmente a
Siviglia. Entriamo in città da nord
e subito ci sfilano davanti i padiglioni dell’ Exposicion Iberoamericana del 1929, che sono magnifici
palazzi di svariati stili (fondamentalmente decò) ognuno dei quali
dedicato ad un paese diverso (Brasile, Messico, Guatemala, ecc.).
Riusciamo a sistemarci in una via
centralissima (calle de la Rabida,
dove vi sono numerosi altri camper, quasi tutti italiani) e che si
trova proprio di fronte la Real Fabrica De Tabacos.
Quest’ultima (oggi sede del
Rettorato dell’Università di Siviglia
e di alcune facoltà), costruita fra il
1728 e il 1776, fu la più grande
fabbrica di tabacco dell’Europa del
XVIII secolo ed è stata resa celebre da Merimeè che qui ambientò
la sua “Carmen” (che sarà poi anche l’eroina dell’omonima opera di
Bizet). Di fronte la Fabbrica de Tabacos, percorrendo calle Palos de
la Frontera, si trova il palazzo di
San Telmo, uno stupendo edificio
barocco che ha ampi spazi verdi e
che oggi, dopo una storia movimentata, è la sede della Presidenza della Giunta dell’Andalusia. Alle
sue spalle è invece possibile ammirare un hotel davvero singolare: si
tratta dell’Hotel Alfonso XIII, degno di nota perché trattasi di un
edificio in stile regionalista, terminato nel 1928, con dei giardini curatissimi.
Percorrendo l’Avenida de la
Constitucion, si arriva dritti alla
Cattedrale. La Cattedrale di Siviglia
è caratterizzata da una notevole
eterogeneità di stili: essa riflette
l’ultimo periodo del gotico, ma al
suo interno vi sono anche notevoli
elementi rinascimentali. Ciò che
colpisce è che essa, più di ogni altro monumento sivigliano, sembra
essere un compromesso tra il
mondo arabo e quello occidentale;
ciò in quanto sorge su una preesistente moschea che tuttavia non è
stata cancellata del tutto. Esempio
mirabile ne è la Giralda, il campanile, che altro non è che un minareto, sia pure con l’aggiunta di
qualche elemento cristiano succes-
sivo come l’angelo posto alla sua
sommità, che simboleggia la vittoria cristiana sul mondo musulmano. Chi desiderasse scalare i 94
metri della Giralda, tenga presente
che non avrà faticosi gradini da affrontare, ma 35 agevoli rampe che
pare furono escogitate per consentire la salita a cavallo degli anziani
muezìn. La Cattedrale, coi suoi 116
metri di lunghezza per 76 di larghezza, è il più grande monumento della cristianità dopo San Pietro
a Roma e San Paolo a Londra.
Nelle immediatezze della
Cattedrale, nella Piazza della Virgen, si trova la Sede Vescovile, un
bell’edificio barocco. Nei pressi si
trova anche l’Alcazar Real, che è il
secondo grande complesso monumentale di Siviglia. Vi si entra dalla
Porta del Leòn, nella Piazza del
Triunfo. Si tratta di un antico alcazar musulmano (una cittadella murata che ha da sempre avuto funzione di residenza reale) nel quale
si innestano gli elementi gotici dei
successivi ampliamenti. Questa costruzione è da sempre testimone di
nascite e di nozze reali (di recente,
per esempio, le nozze dell’Infanta
Elena). Vi sono pure degli splendidi
giardini con forti richiami arabi e
rinascimentali.
Un particolare di Plaza de Espana a Siviglia
IL CLUB n. 88/89 – pag. 25
Lasciato l’Alcazar ci si immette nel quartiere Santa Cruz,
che è una parte dell’antica “juderìa” (quartiere ebraico). E’ un
quartiere non molto esteso ma
densamente popolato, in cui forti
sono ancora le radici ebraiche. La
visita è resa affascinante dalle
strette stradine e dalle case con
patii curatissimi. Qui, tra l’altro,
nella piazza di Alfaro si rievoca il
balcone di Rosina, sotto il quale
canta Figaro, il barbiere di Siviglia
dell’opera rossiniana.
Tornati indietro verso il nostro punto di sosta, seguendo il
Guadalquivir, arriviamo fino al Paseo de Las Delicias, che si trova
proprio alle spalle della celeberrima Plaza de Espana. Questo è il
cuore della Siviglia verde. Plaza de
Espana è, infatti, un gioiello incastonato nel preziosissimo Parque
de Maria Luisa. La Piazza, costruita
da Annibal Gonzalez (massimo esponente del regionalismo di Siviglia) in occasione della Exposiciòn
Iberoamericana del 1929, è una
struttura semicircolare con un
diametro di 200 metri, che lascia
quasi senza fiato per la sua maestosità. La particolarità (e direi anche l’aspetto più originale) della
piazza consiste nella evocazione di
tutte le province spagnole attraverso quadri storici fatti di bellissimi e coloratissimi azulejos. La
piazza è inoltre delimitata da un
canale che sedici anni fa navigammo con una barchetta ma che
oggi troviamo un po’ degradato
per la presenza di cartacce e sporcizia varia e senza alcuna traccia di
quelle piccole imbarcazioni che erano letteralmente prese d’assalto
dai turisti.
Anche a Siviglia, data
l’innumerevole quantità di monumenti da vedere (alcuni dei quali
piuttosto periferici), ci siamo serviti del bus turistico, grazie al quale
ci è stato possibile visitare anche
un’altra zona di questa città che
non finisce mai di stupire. Infatti, il
Gadalquivir segna la linea di confine tra la Siviglia tradizionale, quella caratterizzata dal suo spettacolare centro storico, e la Siviglia
nuova che sorge a partire dagli
anni settanta. Si tratta di una rivoluzione urbanistica, che culmina
con l’Esposizione Universale del
1992, che consente l’espansione
della città al di là del Guadalquivir,
oggi solcato da numerosi ponti
(come l’elegante Ponte della Barqueta o il Ponte dell’Alamillo
dell’ormai celeberrimo architetto
valenciano Santiago Calatrava).
Questa
nuova
Siviglia
comprende l’Isla de la Cartuja (isola della certosa) in cui è possibile
ammirare la Certosa di Santa Maria de las Cuevas, fondata nel
1400, e il parco tematico l’Isla Magica, aperto nel 1997 e che riproduce la Siviglia del XV sec. Gran
parte dei padiglioni dell’Expo del
1992 è stata “riciclata” ed ospita
attualmente ditte, enti e centri di
ricerca o facoltà.
Le notizie sul resto dei monumenti sivigliani (chiese, musei,
monasteri, palazzi, ecc.) si possono ovviamente attingere dalle guide turistiche, ma ciò che sicuramente non vi troverete scritto è
quella che è stata una mia personalissima impressione: e cioè che
Siviglia presenta aspetti che fanno
venire in mente la nostra Palermo.
Forse il paragone vi sembrerà un
po’ azzardato, ma i tanti giardini di
limoni e di aranci di questa splendida città spagnola costituiscono
uno scenario che non è probabilmente molto dissimile da quello
della nostra Palermo dei tempi migliori. Ma v’è dell’altro. Anche Siviglia, come Palermo, è una città
nella quale convivono un’anima araba e una occidentale. La storia di
queste due città si somiglia: anche
qui, al fiorente periodo della dominazione araba (in cui cristiani e
musulmani vivevano in armonia),
segue il periodo della riconquista
cristiana, che, come da noi, porta
alla distruzione delle vestigia arabe, ma che a Siviglia sfocia poi
nell’Inquisizione, nelle persecuzioni
e nella inevitabile decadenza.
Attraverso la A92, una
strada interna che attraversa una
zona montuosa, ci trasferiamo da
Siviglia a Malaga. Siamo dunque
tornati sulla costa mediterranea.
Malaga è la tipica città turistica,
fatta ad uso e consumo del turismo di massa. Ma essa è al tempo
stesso una città che può vantare
un patrimonio archeologico di notevole varietà dovuto all’avvicendarsi di varie dominazioni. Al I sec.
risale il teatro romano, mentre in
epoca araba furono costruiti il Castello de Gibralfaro (su resti fenici
preesistenti) e l’Alcazaba, una fortezza-palazzo che domina la città.
L’Alcazaba (che insieme al Castello
de Gibralfaro si trova su una collina) è raggiungibile in ascensore e
al suo interno ospita il museo archeologico. Il Castello de Gibralfa-
IL CLUB n. 88/89 – pag. 26
ro presenta un lungo camminamento da cui si gode una superba
veduta della città e della baia sottostanti. Di sera tanto il Castello
quanto l’Alcazaba sono illuminati in
maniera spettacolare.
Di Malaga ci ha davvero
colpito la Cattedrale dell’Incarnazione, all’interno della quale siamo
stati colti da una specie di “sindrome di Stendhal”. Questo monumento religioso è affettuosamente chiamato La Manquita (cioè,
la monca), in quanto non fu mai
ultimata: manca infatti una delle
due torri campanarie della facciata.
Qui a Malaga capitiamo nel bel
mezzo della Feria de Agosto, caratterizzata da canti, balli e fuochi di
artificio. Una frenetica voglia di divertimento che non si arresta neanche la notte. Passeggiando per
le strade della città, oltre ai tanti
turisti sbarcati anche dalle tante
navi da crociera ormeggiate nel
porto, vi sono anche gli abitanti del
luogo impegnati in una sorta di
rievocazione della dominazione
romana. Le “matrone” e i “centurioni” hanno dei costumi un po’
raffazzonati, per la verità, però con
la loro allegria stanno lì a dimostrare che vi sono certe caratteristiche di un popolo che non possono essere liquidate come luoghi
comuni: esiste veramente una
“movida”, intesa come la tendenza
del popolo spagnolo a far festa, ad
incontrarsi a socializzare.
Lasciando Malaga, decidiamo di proseguire lungo la Costa
del Sol fino a Motril da dove poi
dirigersi, percorrendo la E902, a
Granada. La strada costiera offre
degli scorci bellissimi con le sue
tante scogliere a picco su un mare
azzurrissimo. Ma la perfezione della natura è qui deturpata in più
punti da decine di orride villette e
persino da complessi alberghieri,
che, come dei Leviatani, si impadroniscono di tratti di costa che
dovrebbero essere fruibili per tutti.
Ad ogni modo, troviamo molto bella la spiaggia di Herradura nella
quale ci fermiamo con l’obiettivo di
un bagno. Il progetto, però, “naufraga” al primo contatto fra i nostri
piedi e il Mar Mediterraneo. Ma non
dicono che solo l’Oceano sia freddissimo?!
Ci rimettiamo così in marcia alla volta di Granada. La E902
attraversa la Sierra Nevada, uno
dei posti più emozionanti che sia
dato di vedere in Spagna. Qui vi
sono paesaggi che gli amanti del
genere western “all’italiana” conoscono bene: infatti questi luoghi
ispirarono il nostro Sergio Leone,
che vi girò film ormai entrati nella
storia della cinematografia mondiale. Il paesaggio è senz’altro bellissimo, caratterizzato com’è da
alte montagne che sul far della sera mostrano dei colori cangianti
che vanno dal violetto al verde
scuro. Ma, persino in un posto come questo, l’uomo è capace di
compiere degli scempi. Infatti, nella sua parte più prossima a Granada, la Sierra Nevada presenta delle
ampie zone cosiddette di “ripopolamento”, zone di espansione edilizia caratterizzate da una serie di
villette a schiera talmente brutte
che il solo guardarle provoca malessere in quanto stridono fortemente con il contesto ambientale
nel quale sono inserite. Purtroppo
questo è il risultato del boom che
l’industria delle costruzioni si trova
a vivere negli ultimi anni in Spagna.
Arriviamo a Granada in
serata. Ancora una volta riusciamo
a fermarci in una zona centrale vicino il lungofiume. L’indomani faremo un giro per la città. Granada
ci appare subito come una città atipica nel contesto andaluso. Qui
non sembra esservi traccia di quella allegria, di quella gioia di vivere
che abbiamo riscontrato altrove in
questa regione, in quanto gli abitanti, sia pur cortesi con il turista,
sembrano inclini verso una certa
introversione, legata forse a ragioni storiche ma anche geografiche,
che hanno portato Granada ad un
certo isolamento.
Attraversato uno dei ponti
sul fiume Genil, ci dirigiamo verso
la Carrera del Genil , ove si innalza
la basilica di Nostra Signora de Las
Angustias, patrona della città. Si
tratta di una bellissima basilica del
XVII sec. che merita di essere vista. Proseguendo la nostra passeggiata attraversiamo una zona
piena di edifici monumentali, negozi alla moda, bravissimi artisti di
strada che suonano struggenti violini e coinvolgenti fisarmoniche. Attraversata la Gran Via de Colòn
giungiamo fino a Plaza de Isabel La
Cattolica, in cui spicca il monumento di Colombo che presenta i
suoi progetti alla regina; un complesso scultoreo realizzato nel
1892 (in occasione del 400mo anno dalla scoperta dell’America) in
pietra e bronzo.
Proprio nei pressi si trova
L’Alhambra di Granada
la Cattedrale, costruita tra il 1523
e il 1704, che presenta una struttura esterna e una pianta gotiche,
ma con decorazioni rinascimentali.
Le proporzioni della Cattedrale sono grandiose: 115 metri di lunghezza per 67 di larghezza.
All’interno si viene colpiti per la
grande luminosità che la pervade,
dovuta alle numerose finestre che
si aprono sulle cappelle e al bianco
dei muri e delle navate. Il punto
focale della Cattedrale è senz’altro
la cappella Maggiore, di forma cilindrica e caratterizzata da uno
scintillante color oro. Altrettanto
pregevoli sono i due grandi organi
barocchi del 1745 che spiccano
nella navata centrale.
Interno della Cattedrale di Granada
Appena usciti dalla Cattedrale, veniamo tampinati da alcune
donne dai caratteristi tratti gitani
IL CLUB n. 88/89 – pag. 27
che cercano insistentemente di
vendere a me, a mia madre e a
tutte le altre donne presenti in
quel momento (chissà perché solo
alle donne!) un rametto di rosmarino portafortuna con relativa predizione del futuro. Dopo averle
dribblate a fatica, riusciamo ad entrare nella Cappella Reale. Si tratta
di una cappella che Isabella la Cattolica, particolarmente legata a
Granada, volle fosse costruita per
ospitare le spoglie sue e di suo
marito.
I lavori cominciarono nel
1506, dopo la morte della sovrana.
La Cappella, che presenta uno stile
gotico, ha una sola facciata (perché gli altri tre lati poggiano sulla
Cattedrale, la Chiesa del Sacrario e
la Borsa Merci) sobria ed elegante
che presenta un portale plateresco, mentre i muri reggono le balaustrate traforate, con una fine
merlatura. L’interno è a croce latina. Il transetto è chiuso da una
cancellata artistica dorata in stile
plateresco. Dietro la cancellata vi
sono i sepolcri dei reali di Spagna.
Alla destra del transetto vi è la Sacrestia in cui è custodito il tesoro
della cappella: spiccano soprattutto la corona e lo scettro di Isabella
la cattolica e la spada di Don Fernando. Altro pezzo importante è lo
scrigno di Isabella, dove, secondo
la tradizione, la regina conservava
i gioielli venduti per aiutare le spedizioni di Colombo in America. Particolare menzione meritano poi le
numerose pitture di Botticelli, il Perugino, Hans Memling, ecc.
La strada attorno alla Cattedrale è caratterizzata da locali e
negozietti arabi. Una tappa obbligata è l’Alcaicerìa, un tipico souk
arabo. Esso era un tempo il mercato più importante della città nel
quale erano trattati i generi più
sontuosi. La visita a questa parte
della città porta via gran parte del
nostro tempo perché riteniamo che
qui vi sia l’anima più autentica di
Granada.
Ma la visita a Granada non
può concludersi senza aver visto la
magnifica Alhambra; e così, tornati
a bordo del nostro camper, ci inerpichiamo su per la collina su cui
sorge il monumento arabo. Anche
l’Alhambra, o meglio, lo spazio antistante l’Alhambra (da sempre adibito a parcheggio) è cambiato
rispetto a 16 anni fa. Allora il parcheggio alberato era libero, oggi
siamo costretti a fermarci in un
parcheggio polveroso molto più in
alto, il cui costo è ai limiti della
truffa. Ma se “Parigi val bene una
messa”, l’Alhambra vale questo
esborso economico.
Definire l’Alhambra non è
facile. Si tratta di un palazzo/giardino/moschea/fortezza araba; di tutte queste cose insieme e
di qualcosa di più, essendo un luogo magico in cui si respira
l’atmosfera delle Mille e una notte.
Fu nel corso dell’epoca più gloriosa
della Granada araba (intorno al
1236) che la raffinata sensibilità
araba creò la meraviglia architettonica dell’Alhambra. All’interno vi
si trova l’Alcazaba, una struttura
dotata di muraglioni e torri, in cui
spiccano la celebre Torre de la Vela
e la Torre del Homenaje, da cui si
controllava tutto il sistema difensivo dell’Alhambra. Ai tempi del dominio arabo l’accesso alla fantastica cittadella avveniva attraverso la
Puerta de la Justicia, nella cui
chiave di volta appare scolpita una
mano aperta.
Lasciando l’Alcazaba da un
lato e il Palazzo di Carlo V
dall’altro, si accede ai Palazzi Nasridi. Essi formano tre complessi
monumentali indipendenti: il Mexuar, sede dell’amministrazione
della giustizia; il Palazzo di Comares, residenza ufficiale del re; e il
Palazzo de Los Leones, con gli alloggi privati del sovrano. Le ore
scorrono all’interno dell’Alhambra
senza neanche rendersene conto,
data la quantità inimmaginabile di
bellezze artistiche e naturali da
vedere Il Patio de los Leones, il patio con i dodici leoni che circondano la fontana, che è forse
l’immagine più popolare e nota
dell’Alhambra; la Sala de Los Reyes, uno dei complessi interni di
maggior pregio, anche per le pitture che ne decorano i soffitti; la Sala de las Dos Hermanas, le cui pareti sono ricoperte da una finissima
decorazione in stucco che sembra
filigrana; il Belvedere di Daraxa,
realizzato per contemplare il meraviglioso panorama che si estendeva ai suoi piedi fino alla valle del
Darro, prima che vi fossero costruiti gli appartamenti di Carlo V;
i Giardini del Partal, circondati da
interessanti monumenti di puro stile arabo che si riflettono nelle acque della fontana centrale; il Palazzo di Carlo V, una costruzione
rinascimentale risalente al 1527,
che comporta una soluzione di
continuità rispetto al contesto arabo medievale e che fu voluta
dall’imperatore come residenza.
L’asettica elencazione dei monumenti che costituiscono il complesso architettonico dell’Alhambra, tuttavia, non riesce a rendere le suggestioni e la meraviglia che è possibile provare all’interno di quello
che è non solo il più bello, ma anche il meglio conservato di tutti i
vecchi palazzi arabi del mondo.
Il nostro viaggio prosegue
risalendo la penisola iberica verso
la Francia. Ma prima ci sono altre
città da visitare e c’è ancora tempo
per una sosta al mare. Per la prima tappa scegliamo Cartagena.
Dalla scogliera scorgiamo una
splendida spiaggetta cui si accede
scendendo una comoda scalinata:
si tratta di Cala Cortina nella quale
troviamo tutti i servizi offerti dalle
spiagge spagnole (docce, bagnini,
pronto soccorso) e in più anche
un’area attrezzata per i giochi dei
più piccoli. Qui il mare non ha affatto la temperatura “artica” della
spiaggia di Herradura e il bagno è
assicurato.
Lasciamo Cartagena senza
aver visto altro che la sua spiaggia
(il tempo stringe!) e facciamo tappa verso Valencia. Arriviamo a
sera inoltrata e il primo approccio
con questa città ci lascia senza fiato per l’uso sapiente dell’illuminazione cittadina che rende ancora più affascinanti le strade, le
piazze, i monumenti. L’unica cosa
che non comprendiamo è la presenza abnorme di semafori lungo
tutto il percorso cittadino ed, particolar modo, nella zona delle spiagge. Decidiamo di fermarci nel lungomare, di fronte una delle due
spiagge di Valencia, vale a dire
Malvarossa (l’altra è Arenas): qui
si affaccia la casa del famoso scrittore Vincente Blasco Ibanez. La
scelta di Malvarossa si rivela poco
felice perché a partire dalla mezzanotte comincia ad animarsi di
una folla molto rumorosa di giovani attirati dai numerosi locali notturni.
Valencia è una città in cui il
vecchio e il nuovo, l’arte e la
scienza si mescolano in modo armonioso. Da un lato c’è il nucleo
storico di questa città, caratterizzato da bellissimi palazzi vagamente arabeggianti e un po’ barocchi e dalle tante piazze (Plaza
de la Reyna, Plaza de Ayuntamiento,Plaza del Mercato, Plaza de la
Virgen). Da non perdere anche la
L’anima moderna di Valencia
IL CLUB n. 88/89 – pag. 28
La Sagrada Famiglia di Barcelona. In basso La Pedreira
Sono due dei capolavori dell’architetto Gaudì nella capitale catalana
trova il Mercato della Bouqueria,
un mercato pittoresco in cui è anche possibile acquistare della frutta già sbucciata e tagliata a pezzi,
servita in comode vaschette con
forchettine.
Percorrendo tutta la Rambla e superata Plaça de Catalunya,
si arriva al Passeig De Gracìa dove
è possibile ammirare la Casa Batllò e la Pedreira, entrambe espressione del genio artistico di Gaudì.
Le creazioni di Gaudì sono altresì
visibili al Parc Guell, situato su una
piccola altura della città, che con
le sue case di marzapane, la foresta pietrificata, la famosa spianata
con le panchine in ceramica, rappresenta uno dei luoghi più bizzarri al mondo. E poi vi è la Sagrada
Famiglia, l’opera incompiuta del
celebre architetto. Consiglio inoltre
una visita al Montjiuic, da cui si
gode una splendida vista sulla città, dove è possibile ammirare il castello, la fondazione Mirò e il Poble
Espaniol, una ricostruzione di tutti
gli stili architettonici spagnoli.
Considerazioni finali
bella Cattedrale valenciana. Dall’altro lato, c’e l’aspetto moderno di
questa città, rappresentato soprattutto dalla Città delle arti e delle
scienze, progettata dall’architetto
Santiago Calatrava. Si tratta di
una struttura composta da quattro
opere architettoniche: il museo
delle
scienze;
l’Oceanografico,
all’interno del quale è possibile
ammirare squali, razze, gamberi
giganti e ogni altra sorta di pesci,
utilizzando un tunnel che corre
all’interno dell’acquario; una struttura in cui fanno proiezioni; e il
museo dedicato all’arte, ancora in
fase di allestimento. Tutto ciò è disposto in sequenza lungo il letto
prosciugato del fiume Turìa, il fiume il cui corso è stato deviato e in
cui oggi sorge il Jardim del Turìa
(dove, oltre alle opere di Calatrava, si trovano campi da tennis, di
calcio, giardinetti, ecc.).
L’ultima tappa di questo
nostro soggiorno spagnolo è Barcellona. Qui sostiamo in un parcheggio sulla centralissima Via Josep Carner, comodo ma molto rumoroso a causa del sostenuto traffico cittadino. Percorsa la via suddetta e superata Plaza de les Drassanes, si giunge alla Plaza del Portal de la Pau, caratterizzata dal
monumento a Cristoforo Colombo.
Sulla destra vi sono i grandi magazzini Maremagnum, mentre sulla
sinistra si apre la via più famosa di
tutta Barcellona, la Rambla.
Percorrendo la Rambla si
entra in contatto con una realtà
fatta di un’umanità quanto più variegata possibile: il mondo intero
sembra essere rappresentato in
questa lunga via nel cuore di Barcellona. E tanti anche gli artisti di
strada che si distinguono, più che
per il talento, per la fantasia espressa nei costumi davvero originali. A circa metà della Rambla si
IL CLUB n. 88/89 – pag. 29
Alla fine di questo viaggio
sono inevitabili alcune considerazioni di carattere generale. La prima è che il popolo spagnolo è un
popolo che non teme di rimanere
ancorato alle proprie tradizioni,
ma che al contempo ha il coraggio
di fare scelte molto progressiste:
si pensi alla legalizzazione del matrimonio tra i gay che ha scandalizzato molti benpensanti in tutta
Europa, soprattutto perché avvenuto in quella che per secoli è stata definita la “cattolicissima “ Spagna. La Spagna è dunque una nazione che cambia pur rimanendo
fedele a se stessa e al proprio passato e questo è indubbiamente un
indice di maturità.
La seconda è che, nonostante le analisi preoccupate di alcuni economisti, io credo che la
Spagna saprà trovare il modo per
continuare a crescere e a stupire.
Del resto, si tratta di una nazione il
cui motto ufficiale è PLUS ULTRA.
Attraversando il confine tra la
Spagna e la Francia, mi sorprendo
a guardare lo specchietto retrovisore per fissare nella mia mente
l’ultima immagine di una terra che
mi è rimasta nel cuore, nella quale
sono già stata tre volte e nella
quale sono certa tornerò ancora.
Testo di Adriana Palazzolo
Foto di Pippo Palazzolo
Tra il Tirolo e l’Alta Austria
Centellinato a piccoli passi, un itinerario che fa scoprire tesori nascosti di grande interesse
in un ambiente incontaminato al confine con l’Italia
L’
Austria non è soltanto Vienna. Pur senza volere togliere nulla al fascino esercitato dalla
“culla della Mitteleuropa” e dal suo
significato storico ed artistico, esistono altri luoghi e itinerari
dell’Austria poco frequentati dal
turismo di massa eppure ricchi di
tesori straordinari sia dal punto di
vista naturalistico che artistico.
Uno di questi itinerari si
sviluppa tra il Tirolo, attraverso
paesaggi dai toni forti, dove prevalgono vaste foreste, prati e morbidi rilievi, disseminato di castelli e
villaggi fioriti, e l’Alta Austria, dove
il paesaggio è più ondulato e con
vasti orizzonti, segnato dalla millenaria presenza dell’uomo. Centellinato a piccoli passi, questo percorso fa scoprire tesori nascosti di
grande interesse.
cittadina tirolese, dalle piccole case
affrescate e adorne di multicolori
fioriere sui balconi di legno e sui
davanzali. Al centro del paese sorge la parrocchiale, dedicata a
Sant’Osvaldo, in stile gotico del
1431, con affreschi alle pareti ed
un pregevole altare maggiore,
sormontato da un trittico in legno.
Percorsi ventiquattro chilometri,
giungiamo
ad
INNSBRUCK, capoluogo del Tirolo,
sul fiume Inn. Dal campeggio Kranebitten, dove sosteremo per il
pernottamento, con i bus di linea
LK e O ci portiamo al centro della
città. L’animata arteria di Maria-
Theresien-Strasse rappresenta il
cuore cittadino ed allo stesso tempo l’ingresso alla Altstadt, fulcro
storico di Innsbruck. Quel che ci
circonda rappresenta il primo vero
esempio di modello asburgico: tutto l’ambiente è pervaso della magica atmosfera di piccola capitale
imperiale. Lo si vede dai colori,
dagli eleganti edifici, dai monumenti storici e da una impalpabile
atmosfera. Quasi al centro si erge
la
Annasäule,
colonna
di
Sant’Anna, innalzata nel 1704 per
celebrare la liberazione della città
dalle truppe bavaresi durante la
guerra di successione spagnola ed
Il Tirolo autriaco
Prima tappa, provenendo
dall’Italia, è l’abbazia cistercense
di STAMS, fondata nel 1273 dal
principe Meinardo II e dalla moglie
Elisabetta di Baviera come luogo di
sepoltura dei principi di Görz-Tirol.
Procedendo lungo la strada che si
snoda nell’alta valle dell’Inn, si
scorgono in lontananza i caratteristici campanili ottagonali a forma
di bulbo, fatti costruire dall’abate
Edmund von Zoz. Tra il 1650 e il
1750, la struttura subì un profondo
restauro in forme barocche ed oggi
l’abbazia si presenta con un incredibile sfarzo ed una sfolgorante
ricchezza di ornamenti. La chiesa
fu sistemata nel 1729-1732 ad una
sola navata, stretta ma di ampio
respiro, dove predomina il bianco,
arricchito da eleganti stucchi e dalla policroma decorazione degli affreschi sulla volta. All’inizio della
navata la Fürnstengruft, cripta a
cielo aperto dei principi del Tirolo,
ci ricorda l’origine della fondazione
del complesso abbaziale. Regali
figure dorate, riccamente vestite,
sembrano volere testimoniare i fasti di una grande dinastia.
Prendendo la A12 e attraversando suggestivi paesaggi alpini, dopo 25 chilometri giungiamo a
SEEFELD IN TIROL. E’ una tipica
In alto l’Abbazia di Stams.
In basso il centro storico di Innsbruck con il famoso Tettuccio d’oro
IL CLUB n. 88/89 – pag. 30
alla cui sommità svetta la statua
dell’Immacolata. Quasi al limite
della strada sorge la Spitalskirche,
del 1700, con interno ad unica sala, ricca di stucchi in stile rococò.
La Herzog-Friedrich-Strasse è una strada molto particolare,
completamente lastricata di ciottoli. Essa attraversa tutto il centro
storico, circondata da antichi palazzi, tra cui sulla destra, al civico
n. 39, la cinquecentesca casa della
rosa dorata (Haus zur goldenen
rose), oggi adibita a negozio delle
cristallerie Swarovski, e al civico n.
31 la Gasthof weisses kreuz (alla
croce bianca), dove nel 1769 abitò
Mozart. Mano a mano che si procede l’attenzione viene attirata da
un edifico di aspetto particolare
che si scorge in fondo alla via. E’ il
Neuer Hof, residenza dei duchi Federico IV e Sigismondo del Tirolo,
ottenuto con l’accorpamento di due
edifici borghesi preesistenti. Sulla
facciata prospiciente la via si ammira il famosissimo Tettuccio d'oro
(Goldenes Dachl). Voluto dall’imperatore Massimiliano I sul finire
del quattrocento, è composto da
un balcone decorato con stemmi e
scene di danza, la cui parte sporgente è coperta da 2657 lamine di
rame dorato a fuoco. Pur essendo
una delle tante opere lasciate da
questo imperatore in questa che
era la sua città preferita, il Tettuccio d’oro per la sua peculiare caratteristica è divenuto il simbolo di
Innsbruck.
Poco più avanti, affacciata
su una piazzetta alberata, sorge
l’elegante mole del duomo di S.
Giacomo (Dom St. Jakob), dalla
caratteristica facciata concava in
pietra tra due torri quadrangolari.
L’interno ad unica navata è uno
sfavillio di marmi, stucchi e affreschi
del
diciottesimo
secolo.
Sull’altare maggiore all’interno di
una raggiante cornice d’oro è custodito il celebre quadro di Maria
Ausiliatrice (Maria Hilf) di Lukas
Cranach il Vecchio, risalente al
1520.
Data l’ora nel pomeriggio
inoltrato, possiamo solo sfiorare
dall’esterno la Hofburg, il palazzo
imperiale residenza del ramo tirolese degli Asburgo. In origine nacque come castello medievale ad
opera dell’arciduca Sigmondo il ricco, conte del Tirolo. Ingrandito da
Massimiliano I, deve all’imperatrice
Maria Teresa (1740-1780) il suo
aspetto attuale sullo stile rococò
della residenza viennese. Maria Teresa soggiornò ad Innsbruck due
volte, nel 1739 e nel 1765, in occasione delle nozze di suo figlio
Leopoldo II con la principessa spagnola Maria Ludovica. Purtroppo la
celebrazione delle nozze fu funestata dalla morte improvvisa del
suo consorte Francesco I. La camera mortuaria in seguito, per ordine dell’imperatrice, fu trasformata in cappella, dove tuttora ogni
anno si celebra una messa in suffragio.
Il giorno dopo riprendiamo
la via per la tappa successiva:
HALL IN TIROL, distante da Innsbruck una decina di chilometri.
Fiorente fin dal 13° secolo per
l’estrazione del sale minerale, nel
Il cortile del castello di Tratzberg
IL CLUB n. 88/89 – pag. 31
1303 ricevette il titolo di città dall'arciduca Otto della Carinzia–
Tirolo. Nel 1477 si cominciò la coniazione della prima moneta, fino
al 1809. Lo zecchino di Hall era
famoso ovunque. All’interno del
Münzerturm (1489), torre della
zecca, è allestito un interessante
museo della storia del conio, dove
è anche possibile coniarsi una
“moneta personale”. Particolare
curioso è l’esposizione dell’unica
moneta emessa in Europa del valore facciale di 25 euro!
Ci avviamo, quindi, ad un
breve giro della cittadina. Così visitiamo la chiesa seicentesca dei Gesuiti, il gotico edificio del Municipio
(Rathaus), la parrocchiale dedicata
a San Nicola, per finire con la piccola cappella di Santa Maddalena
(Magdalenenkappelle), oggi dedicata ai caduti, piccola costruzione
a volte reticolate su pilastri a muro, con affreschi quattrocenteschi
(Madonna in trono e Giudizio Universale) ed un prezioso polittico
della fine del quattrocento.
Nei pressi di Stams, dopo
un piccolo salto di venticinque chilometri, sorge il castello di TRATZBERG, costruito nel 1297 e trasformato nei primi del cinquecento
in castello di caccia da Massimiliano I secondo lo stile rinascimentale. Visitando le stanze interne spicca per originalità la cosiddetta sala
degli Asburgo (Habsburgersaal) al
primo piano, dominato da un gigantesco affresco formato da 148
figure, che per 46 metri lungo le
pareti illustra l’albero genealogico
del casato (1508). Fa sorridere un
particolare curioso: i rami relativi
alla discendenza maschile sono
rappresentati con un bel colore
verde ed i personaggi sono avvolti
da bene auguranti nuvole blu;
quelli relativi alla discendenza
femminile sono invece sterili rami
secchi di colore marrone!
Ultima tappa della giornata, sotto una scrosciante pioggia
impietosa, è la cittadina di
SCHWAZ, a meno di dieci chilometri di distanza. Posteggiamo per
la notte in un piccolo camper service, ricavato in un ampio parcheggio ai limiti del centro abitato,
e ci accingiamo ad una breve visita nonostante il tempo inclemente,
dominato da un vento fortissimo.
Florida un tempo per lo sfruttamento delle vicine miniere di argento e rame in uso fino
all’Ottocento, oggi è una tranquilla
località di villeggiatura. Di aspetto
medievale il centro storico si snoda
lungo la principale Franz-Joseph
strasse, che unisce il municipio, di
impronta tardo-gotica, alla imponente parrocchiale di Nostra Signora (Pfarrkirche Unserer Lieben
Frau). L’interno appare grandioso,
in tre ampie navate sorrette da
esili colonne cilindriche a pietra viva. L’aspetto è austero e compassato, ingentilito da slanciate finestre e dall’abside impreziosita da
un ricco polittico ligneo dai forti colori.
Il giorno successivo il miglioramento del tempo fa bene
sperare. Seguendo sempre la linea
della A12 ci fermiamo a KUFSTEIN, graziosa località di villeggiatura e sport invernali. Sul paesaggio domina la massiccia mole
del castello, posto a difesa delle
minacce provenienti dalla vicina
Baviera. Al confine tra due mondi
contrapposti il luogo è stato sempre al centro di aspre contese per
tre secoli, tra il Duecento e il Cinquecento, e ciò spiega il carattere
prettamente militare dell’opera. Il
suo aspetto attuale risale a Massimiliano I, che ne volle fare una
poderosa fortezza. Saliamo alla
sommità con un ascensore e iniziamo la visita dell’edificio. Quel
che prevale è l’impronta militare
della struttura, con cannoni ancora
minacciosamente schierati sugli
spalti, camminamenti e lunghi corridoi di collegamento. Nella dominante torre circolare del 1522, la
Kaiserturm, sono visitabili le tetre
prigioni di un tempo. Ampie fredde
celle, intercalate da anguste e infossate celle di rigore, corrono tutto attorno, recando ancora al loro
interno le vestigia di antiche sofferenze. Sono piccoli quadretti lasciati dai detenuti, per la maggior
parte velieri con le vele distese,
forse un segno di speranza o un
anelito di quella libertà che ad essi
era negata. In altri locali è allestito
un interessantissimo museo di storia naturale ed archeologia con opere di grande interesse e di notevole pregio artistico.
All’improvviso si sente poco lontano il forte suono di un organo e l’aria è pervasa dalle note
di una solenne sinfonia. E’ mezzogiorno e, come avviene tutti i giorni, è entrato in azione l’organo degli eroi (Helden Orgel), il più grande organo all'aperto del mondo
delle cui canne, alcune alte 12 metri, la torre costituisce un'enorme
cassa di risonanza. L’idea nacque
La possente fortezza di Kufstein
In basso un’immagine del centro di Kitzbőhel
nel 1926 all’ingegnere austriaco
Max Depolo e ad altri suoi amici
per celebrare gli eroi di tutte le
guerre caduti su quelle montagne.
Il luogo si prestava alla perfezione,
tra Austria e Germania e poco lontano quella parte di Tirolo passato
all’Italia nel 1918, mentre quella
torre circolare dell’antico castello
fungeva perfettamente da cassa
armonica. Dopo l’interruzione nel
periodo dell’ultima guerra ed una
revisione integrale subita nel 1966,
l’organo riprese a fare sentire la
sue note in tutta la sottostante
valle dell’Inn. Chiude la visita una
breve passeggiata nella pittoresca
Römerhofgasse, caratteristico vicolo nel centro storico, che corre in
parallelo al fiume Inn. Si sussegue
una serie di osterie note in tutto il
mondo, caratterizzate da particolari scene umoristiche e motti vari
dipinti sulle loro facciate.
IL CLUB n. 88/89 – pag. 32
Sempre procedendo a piccoli passi, passiamo alla tappa
successiva, KITZBÜHEL, a 37 chilometri. Rinomatissima stazione
sciistica delle Alpi austriache, questa deliziosa cittadina si presenta
animata ed attraente anche nel
periodo estivo. Sotto il cielo azzurro, libero da nuvole, le spaziose vie
si illuminano di luce e di colore, arricchite dai tenui colori pastello
delle belle facciate e dai colori intensi delle fioriere che ornano ogni
tipo di davanzale. Gli innumerevoli
negozi, che espongono merce di
vario genere, per lo più frutto
dell’artigianato locale, ne fanno veramente un ideale centro di
shopping. Poco distante risalta la
dominante mole della parrocchiale
di Sant’Andrea (Pfarrkirche St. Andreas), con affreschi gotici del 15°
secolo, che comprende nella stessa
spianata il cimitero cittadino e la
chiesa di Nostra Signora (Lie-
bfrauenkirche), a due piani, affiancata da una massiccia torre tardogotica.
Salisburgo, città di Mozart
Per chiudere la giornata
facciamo un altro balzo di 80 chilometri e ci portiamo a SALISBURGO, incantevole città d’arte,
la città di Mozart e della musica.
Rocambolescamente, e a dispetto
del pur prezioso navigatore TomTom, questa volta purtroppo rivelatosi di poca utilità, riusciamo a
trovare un campeggio quasi al sopraggiungere del buio. Quelli, infatti, che avevamo prescelto, o su
segnalazioni di altri soci del club o
dalle guide turistiche in nostro
possesso, erano spariti come
d’incanto, alcuni come mai esistiti,
altri fagocitati dalla solita implacabile cementificazione edilizia. Finalmente possiamo fermarci nel
bene attrezzato campeggio Nord
Sam, a soli 3 km di distanza dal
centro di Salisburgo, facilmente
raggiungibile con autobus urbano.
Il giorno dopo è tutto dedicato alla visita della città. Salisburgo è una fiorente città di
146.000 abitanti. Il suo nome e la
sua storia sono legati all’estrazione
del sale dalle miniere di salgemma
delle vicine montagne, collegate
alla città dal fiume Salzach: Salzburg (Salisburgo) significa letteralmente Castello del sale ed il
nome del fiume significa appunto
Via del sale. E’ sede di varie iniziative a carattere internazionale,
come fiere e congressi, ospitati in
uno
dei
centri più moderni
d’Europa, il Palazzo dei Congressi
“Salzburg Congress”, situato in
pieno centro nel Giardino di Mirabell, anche se la manifestazione
forse più nota è il Festival della
Panorama di Salisburgo dalla fortezza che domina la città
In basso una suonatrice d’arpa fra le vie del centro
IL CLUB n. 88/89 – pag. 33
musica e del teatro (Salzburg Festspiele), che si tiene ogni anno
dalla fine di luglio alla fine di agosto.
Tuttavia la sua fama nel
mondo è senz’altro da attribuire a
Wolfgang Amadeus Mozart, che qui
ebbe i natali nel 1756. Ovunque
aleggia la figura di questo grande
compositore, dai luoghi dove egli
nacque ed abitò, dalle innumerevoli rappresentazioni a lui legate,
dalla sua immagine riportata in
ogni angolo e persino nelle famose
praline di cioccolato, che da lui
prendono il nome. Però Salisburgo
non è soltanto Mozart. La sua
grande storia arriva fino a noi attraverso i monumenti, tramandati
ai nostri giorni integri, a testimonianza di un passato ricco e superbo. Proprio per l’armonia architettonica, che ha saputo conservare,
il centro storico sulle due rive del
fiume Salzach è stato dichiarato
dall’Unesco nel 1977 Patrimonio
Culturale Mondiale.
L’autobus ci lascia sul lato
del fiume in un’ampia piazza sormontata dalla mole incombente
del castello-fortezza dei PrincipiVescovi. Questa istituzione risale
all’alto medioevo ed aveva nel Sacro Romano Impero la funzione di
principe imperiale. Le nomine servivano ai re tedeschi per limitare
l’influenza delle potenti famiglie
nobiliari ed impediva che il feudo
fosse trasmesso per eredità. Trattandosi di vescovi ed abati, infatti,
alla loro morte il feudo ritornava al
signore feudale, per essere assegnato ad altro vassallo fedele. Fin
da Carlo Magno era potestà dei
sovrani l'assegnazione di tutte le
sedi episcopali e le elezioni abbaziali, condizionando la scelta dei
candidati. Con il titolo di conte il
vescovo univa nella propria persona l'autorità religiosa e la carica
politica. In cambio il principe eletto prestava il cosiddetto "servitium
regis", che comprendeva il dovere
di ospitare la corte imperiale, di
disporre contingenti militari per
l'esercito regio ed altri servizi di
natura diplomatica ed amministrativa. Il potere temporale dei vescovi venne abolito nel 1803 con
l'ultima seduta del Sacro Romano
Impero della Nazione Germanica
(Reichsdeputationshauptschluß) e
dal 1816 il territorio di Salisburgo
passò definitivamente sotto la corona austriaca.
Residenza
ufficiale
dei
Principi-Vescovi fin dal 1120 fu la
La Residenzplatz di Salisburgo
sontuosa Residenza (Residenz).
L’aspetto attuale risale alla fine del
XVI secolo per volere dell’allora
principe-vescovo Wolf Dietrich von
Raitenau, che le volle dare
un’impronta barocca. Ancora oggi
l’imponente palazzo è adibito alle
rappresentanze ufficiali del Land
salisburghese come fastosa cornice
per ricevere capi di stato e personalità stranieri. Lo scalone principale introduce nella cosiddetta Sala dei carabinieri (Karabinersaal),
dal nome delle guardie del corpo
del principe, la più vasta sala del
palazzo, dalla quale si accede alle
altre stanze di rappresentanza. In
particolare meritano attenzione: la
sala dei Cavalieri (Rittersaal), dove
spesso si tenevano concerti in onore degli illustri ospiti e dove, tra
l’altro si è esibito il giovane Mozart; la Sala delle conferenze o del
consiglio (Konferenzsaal), in cui
Mozart all’età di sei anni diede il
suo primo concerto a corte, la Sala
delle udienze(Audienzsaal), la più
sontuosa della Residenza, ed ancora la sala del trono (Thronsaal), la
galleria dei ritratti (Bildergalerie),
la sala bianca (Weisser saal), il salone verde (Grünes Vorzimmer), la
sala dell’imperatore (Kaisersaal).
Dal Residenz passiamo al
Dom, la cattedrale della città, che
con le sue due torri gemelle segna
l’inizio della città vecchia, cioè del
nucleo primitivo di Salisburgo. La
struttura originaria fu distrutta da
un incendio nel 1598. La struttura
odierna, che fu dedicata ai Santi
Ruperto e Virgilio, si presenta con
un’unica navata affiancata da
quattro ampie cappelle laterali,
sormontata dall’imponente cupola,
perduta sotto un bombardamento
del 1944 e riedificata nel 1949.
Esaurita la visita monumentale, ci tuffiamo in un mare di
folla sciamante lungo le strette vie
del centro. Molto caratteristica è la
Getreidegasse, stretta via che ha
mantenuto pressoché intatto il suo
aspetto originale, grazie alle insegne in ferro battuto riccamente decorate, ai variopinti negozi, agli edifici con artistici portali e facciate
dai tenui colori. Al 3° piano del
numero 9 nacque il 27 gennaio
1756 il grande Amadeus. La casa
natale di Mozart (Geburtshaus) è
oggi un interessante museo, che
raccoglie diversi oggetti del compositore, strumenti musicali, ritratti, spartiti, lettere, e il suo primo
pianoforte.
Dopo un momento di sosta, giusto il tempo del pranzo, al
vicino Nord See, caratteristica catena alimentare che presenta un
menu quasi esclusivamente a base
di pesce, affrontiamo l’ultima fatica
della giornata, la “conquista” della
fortezza (Hohensalzburg). La raggiungiamo rapidamente con la tipica funicolare, che risale al 1892.
Dominante la città da un’altezza di
oltre 120 metri, rappresenta una
delle costruzioni medievali più
grandi del centro Europa. Fu fatta
costruire nel 1077 dall’arcivescovo
Gebhard
I
von
Helffenstein
all’epoca della lotta per le investiture e fungeva da rifugio per il clero e la popolazione.
Il complesso è costituito,
oltre che dalle fortificazioni vere e
proprie, dal nucleo residenziale del
palazzo centrale in stile romanico
(Hoher Stock), da una chiesa ed
IL CLUB n. 88/89 – pag. 34
altri edifici. Si entra dapprima nel
magazzino del sale (Salzmagazin),
dove tra l’altro sono esposti piccoli
modelli che illustrano le varie fasi
di costruzione e trasformazioni subite nei secoli dalla fortezza. Quindi si prosegue attraverso cortili e
camminamenti a visitare le imponenti torri e le strutture militari. Al
terzo piano dell’Hoher Stock si
susseguono le camere dei principi
(Fürstenzimmer),
appartamenti
privati e di rappresentanza. Particolare interesse destano la stanza
d’oro (Goldene Stube), in stile tardo-gotico, interamente rivestita di
legno intagliato policromo e dorato, ed una grande stufa in maiolica
del 1501, di grande pregio artistico oltre che visivo. Altrettanto interessante e pregevole si presenta
la sala d’oro (Goldene Saal), ampia sala col tetto in legno intagliato e dorato, sorretto da quattro esili colonne tortili di marmo.
Prima di esaurire la visita
non tralasciamo, tra i vari musei
ospitati, il Rainermuseum, interessante esposizione di armi e divise
in onore del reggimento Erzherzog
Rainer, di stanza nella fortezza dal
1871 al 1918.
L’Alta Austria
La prima tappa della nuova
giornata è GMUNDEN, che dista
78 chilometri da Salisburgo, percorrendo la B150, un tratto della
A1 ed infine la B145. Siamo ormai
nell’Alta Austria ed il paesaggio si
presenta con contorni più soffici.
La cittadina si distende a semicerchio
allo
sbocco
del
Traun
nell’estremità settentrionale del
Traunsee, ed è una deliziosa località balneare e di villeggiatura, nota
anche per le sue ceramiche.
L’Esplanade, lungolago esteso 2
chilometri, è il centro pulsante della città, dominato dalla mole elegante del Municipio (Rathaus), caratteristico per il carillon in ceramica, unico in Austria, prodotto nel
1957. Con piacevole sorpresa ci
troviamo al centro di una fiera di
manufatti in ceramica di ogni genere e stile, provenienti da tutta
Europa, che in pratica occupa
l’intera piazza.
Una
breve
passeggiata
lungo le rive del lago ci porta al
Seeschloss Orth, castello rinascimentale che sorge su un isolotto,
collegato alla terraferma tramite
un ponte in legno lungo 130 metri.
Fatta una breve visita dell’edifico,
torniamo sui nostri passi, questa
volta comodamente seduti sul trenino turistico. Attratti da un odore
invitante ci fermiamo sotto una
pensilina di legno e consumiamo
un breve pasto a base di pollo e
patatine.
Sotto la pioggia battente
riprendiamo il viaggio, fino a
KREMSMÜNSTER, dopo avere
percorso 45 chilometri lungo la A1
e la B122. Lungo le rive del fiume
Krems in una delle propaggini più
ad est dell’impero di Carlo Magno,
nel 777 sorse l’abbazia benedettina
di Kremsmunster, fondata dal duca
Tassilo III di Baviera come baluardo cristiano contro gli Avari pagani
giunti all'Enns. Particolare curioso
della sua lunga storia il disastroso
crollo, avvenuto il 23 maggio del
1755 della Torre del Tempo in costruzione e giunta a più della metà
della sua altezza, probabilmente
per difetto di progettazione o di
consistenza delle fondamenta.
L'abbazia, sede di un famoso scriptorium nell'XI e XII sec.,
venne rifatta in puro barocco austriaco nel XVII e XVIII sec. su
progetto di C.A. Carlone e J. Prandtauer. La visita guidata si rivela di
un interesse inaspettato. Attraversiamo ampi saloni sfarzosamente
arricchiti da stucchi e affreschi,
dove troviamo opere di oreficeria
dell’alto medioevo e pitture tedesche e fiamminghe dei sec. XVXVII, ma soprattutto la ricca Biblioteca, un ambiente fantastico,
dove non sappiamo se ammirare
prima i preziosi libri ivi conservati
o lo scenario di stucchi e affreschi
che ci circonda. Chiude la visita la
Chiesa abbaziale (Stiftskirche),
opera barocca di C.A. Carlone del
1709-31 a tre ampie navate.
Riprendiamo il cammino e
a meno di 30 chilometri arriviamo
nell’antica cittadina di STEYR, detta la Romantica, posta alla confluenza dei fiumi Enns e Steyr. Sistemato il camper per la notte, ci
avviamo ad una breve passeggiate
per le vie del centro. Sarà per
l’atmosfera un po’ opaca dovuta al
cielo offuscato, sarà per le poche
persone che incontriamo, sarà per
l’ambiente che ci circonda, ma
sembra davvero che il tempo si sia
fermato.
Giungiamo
nell’ampia
Stadtplatz, lungo asse circondato
da edifici variamente ornati da
leggeri stucchi e dai colori tenui,
tra i quali spicca l’elegante facciata, impreziosita da un’esile torretta
centrale, del municipio (Rathaus),
uno dei monumenti rococò più im-
Il castello di Gmunden. In basso, l’Abbazia di Kremsmőnster
portanti dell’Austria. La breve passeggiata per le vie quasi deserte ci
porta dalla chiesa barocca di Marienkirche del 1647, una volta annessa ad un monastero domenicano, fino alle sponde dello Steyr, da
cui intravediamo sull’altra sponda,
in uno scenario incantevole dominato dalle placide acque del fiume,
l’ampia facciata con esili torri sormontate da cuspidi a bulbo della
seicentesca chiesa di San Michele.
L’indomani mattina vogliamo gustare ancora una volta
questa deliziosa città, tornando
nella bella Stadtplatz, finalmente
rischiarata dal sole. Il santo protettore dei turisti ha voluto manifestare la sua benevolenza, quando,
giunti davanti la bella Parrocchiale,
la troviamo ancora chiusa. Nel
momento in cui stiamo per rinunciare a malincuore, limitandoci a
sbirciare dalle fessure delle porte,
siamo stati fermati da una signora,
IL CLUB n. 88/89 – pag. 35
che transitava lì per caso. Riusciamo a farle capire il nostro rammarico per non potere visitare
l’edificio. La signora ci fa cenno di
aspettare e, dopo un tempo di attesa che sembra interminabile, ritorna con delle chiavi in mano. Che
potevamo volere di più? Noi soli,
padroni dell’intera chiesa! Ci aggiriamo indisturbati in lungo e in largo da una navata all’altra a centellinare con comodo ogni minimo
particolare tra una ripresa video ed
una fotografia.
Lasciamo Steyr per fare un
altro piccolo passo. Dopo 24 chilometri
ci
troviamo
davanti
l’Abbazia agostiniana di MARKT
SANKT FLORIAN. Fondata nel
1071 sul luogo del martirio di San
Floriano, come quasi tutti i complessi analoghi in Austria fu ricostruita anch'essa in stile barocco,
tra il 1686 e il 1751. Anche in questo caso la visita guidata si rivela
molto utile e veramente interessante. Davanti ai nostri occhi si apre un museo vero e proprio, ricco
di pregevolissime opere d’arte di
ogni genere, sacro e profano, in
particolare l’Altdorfer Altar, altare
del martirio di San Sebastiano del
1518, opera di Albrecht Altdorfer
di cui rimangono solo 16 pannelli.
Anche la Biblioteca è degna della
maggiore nota. E’ un ambiente
grandioso, con grandi armadi in
legno intarsiato stracolmi di libri
dell’epoca, racchiuso da un soffitto
interamente affrescato, un’armonia
di forme e colori. Passiamo, quindi,
alla visita delle sale di rappresentanza, in un tripudio di affreschi
multicolori, come il grande salone
delle feste (Marmorsaal). Al secondo piano si trovano gli appartamenti imperiali (Kaiserzimmer),
destinate ad ospitare l’imperatore
nelle occasioni in cui era ospite
dell’Abbazia, sale degne di un vero
palazzo imperiale. Un’ulteriore idea
dell’opulenza dell’Abbazia la ri-
scontriamo pure nell’annessa chiesa, esuberante manifestazione di
stucchi bianchi ed affreschi tra i
del più belli del barocco.
Il salto successivo è di altri
25 chilometri, fino a LINZ, capoluogo dell’Alta Austria e terza città
della nazione. Il Danubio separa i
due aspetti della città, la parte antica sulla sponda destra e la parte
moderna sulla sponda sinistra. Lasciato il camper nell’enorme parcheggio sulla riva del fiume, ci avviamo verso il centro. Oltrepassato
il Nibelungenbrücke, giungiamo alla Hauptplatz, vasta piazza rettangolare ornata al centro dalla monumentale colonna della Trinità eretta a forma di ostensorio su colonna tortile nel 1723.
Ci inoltriamo, quindi, lungo
la Landstrasse, via principale chiusa al traffico e brulicante di gente.
Percorrendo pigramente la strada,
sul lato sinistro incontriamo due
chiese barocche di impronta simile,
prima la Ursulinenkirche, del 1757
La Hauptplatz di Linz. In basso una delle porte di Freidstat
con una bella facciata racchiusa da
due torri, e poi la Karmeliterkirche,
costruita tra il XVI e XVII secolo,
con elegante facciata all’esterno ed
unica sobria navata all’interno. Poco distante dall’asse viario incontriamo, quasi isolato, il Marien
Dom o Neuer Dom (Cattedrale
nuova), edificio in stile neogotico
ultimato nel 1924.
Lasciamo Linz per l’ultima
tappa del nostro itinerario, prima
di entrare in territorio ceco. Dopo
38 chilometri lungo la A7 e la B310
arriviamo a FREISTADT, dove ci
sistemiamo per la notte. Un tempo
ricca città sulla rotta della Boemia,
a causa delle continue lotte e sconfinamenti a seguito della Riforma
nella vicina Boemia, fu fornita di
possenti fortificazioni, ancora oggi
quasi interamente conservate. Il
borgo antico è tuttora racchiuso
dalla cinta muraria con due porte
d'accesso: la Linzer Tor a sud e la
Bohemer Tor a nord. Il fossato,
trasformato in giardino, separa la
città vecchia dalla nuova. Superata la Linzer Tor ci troviamo nelI'Hauptplatz, voluta espressamente da Massimiliano I, attorniata da
case gotiche e rinascimentali con
facciate a tenui tinte. Sul lato sud
spicca la torre bianca, ornata di
balconi in ferro battuto e sormontata da una oblunga lanterna, della parrocchiale di Santa Caterina
del 1288. Da nord-est della piazza
si sale fino al castello (1363-97)
con imponente torre quadrata e
cortile interno a balconata. Qui è
allestito il Muhlviertel Heimatmuseum, dedicato alla storia ed alla
cultura della regione. Nella piccola
cappella possiamo ammirare una
importante esposizione di icone su
vetro di pregiata fattura.
Qui finisce il nostro itinerario tra il Tirolo e l’Alta Austria. Solo 17 chilometri ci separano dalla
vicina repubblica ceca, dove ci attendono altre mete prestigiose.
Quel che abbiamo realizzato in
questo breve viaggio, che in sette
giorni ci ha fatto percorrere appena 650 chilometri, dimostra che anche le piccole tappe, centellinate
una dietro l’altra, offrono una dovizia di luoghi, magari poco noti e
quasi nascosti, ma che contengono tesori d’arte e bellezze naturali
non inferiori a quelli di altri centri
ben più famosi, mete preferite dal
cosiddetto turismo di massa.
Enza Messina
e Paolo Carabillò
IL CLUB n. 88/89 – pag. 36
Fornazzo, la tranquillità ritrovata
Il paesaggio che si staglia sullo sfondo del grande vulcano è denso di suggestioni, addormentato nel sonno incantato d'una quiete irreale
A
nche i sassi parlano in
alcuni luoghi dello scandire lento
del tempo, dell'immutabile ritorno
delle stagioni, del lavoro tenace
ma silenzioso degli uomini. Molti di
questi sassi si ammassano ai bordi
delle stradine che s'inerpicano sulle pendici del più maestoso e temibile vulcano d'Europa, l'Etna o “a
muntagna”, come la chiamano da
queste parti, la montagna solenne,
madre e matrigna di quelle genti
che alle sue rocce rimangono aggrappate da secoli, caparbie come
la ginestra, testarde come i popoli
della terra di Sicilia. Genti che
hanno segnato nel tempo le falde
del vulcano delle impronte di una
civiltà contadina povera ma orgogliosa, che nulla chiede alla Natura
se non di convivere con essa in pacifica operosità.
Sulle pendici orientali del
Mongibello s'incastonano tra le nere rocce laviche suggestivi paesini
e borghi, la cui serena quiete appare al visitatore come affresco incantato che fa scivolare la mente
nel fiume d'oro della nostalgia. Tra
questi, arroccato a settecentocinquanta metri sul livello del mare vi
è Milo, il cui nome giunge a noi da
un'antica voce greca che identifica
il "nero", a ricordare la negra immagine della pietra lavica per la
quale scorre l'acqua salvifica delle
contrade milesi.
Ma è Fornazzo, piccolo
borgo di Milo, che più d'ogni altro
tra quelli etnei innamora della propria quiete chi lo raggiunge dal
tormento agitato delle città divorate dall' ansia. Fornazzo, che si raggiunge salendo da Giarre fino a
Zafferana Etnea e deviando successivamente per Milo, con l'aria
tersa e pulita, le strade silenziose,
i cortiletti verdi e ombreggiati, le
cisterne colme d'acqua limpida e
fresca, è stato prescelto a dimora
e rifugio dal turbinio delle metropoli da gente semplice e da uomini
di successo. Tra questi ultimi, i
cantautori Franco Battiato e Lucio
Dalla l'hanno eletto a proprio angolo di paradiso, tranquillo ritiro
dove ritrovare se stessi.
Sono appena trecentoventi
gli abitanti di questo minuscolo
borgo: molti vecchi; pochi giovani;
pochissimi bambini. Tutta gente
serena, che vive in questi luoghi
quasi con discrezione, rispettosa di
quella Natura che sente come madre, e come madre ama di amore
profondo e tenerissimo. Qui i fanciulli si accompagnano ancora ai
vecchi, che raccontano loro le storie degli anni lontani della giovinezza tracciando ampi segni nell'
aria con le mani indurite e deformi
dalla fatica. Qui il postino è l'amico
di tutti. Con le lettere porta le voci
rumorose del mondo che si agita a
valle, ma che rimane lontano, a
sicura distanza da queste strade
dove si può ascoltare il rumore
scandito dai passi.
Fornazzo è però conosciuto
dai molti dalle ferite con le quali,
più volte in questo secolo, lo ha
segnato il gigantesco vulcano sul
quale riposa. Il suo ribollente sangue lavico è ora una crosta nera
aggrumata nella scura pietra che
delinea per sempre i solchi di que-
Un’immagine di Fornazzo a inizio del secolo
In basso una panoramica odierna della vallata in cui sorge il borgo
IL CLUB n. 88/89 – pag. 37
ste ferite. Su quelle cicatrici, su
quelle rocce nere, la fatica tenace
dell'uomo ha riedificato case e speranze, nell'indomita battaglia per
la sopravvivenza sulla terra degli
antenati, così come la tradizione
vuole che abbia fatto un uomo che
accanto ad una grotta, formata
dall'onda minacciosa di una colata
lavica ormai rappresa, costruì la
propria dimora quale trattato di
pace con il vulcano. Quella grotta
sembrava a chi la guardasse un
grande forno: un "fornazzo".
I boschi dell’Etna
Qui il tempo non ha mutato la serena quiete dei luoghi, adorni di abeti e larici, di pini, di
faggi e di castagni che offrono da
sempre frescura e sostentamento
alla gente che vi dimora. E soprattutto con i tronchi dei possenti castagni, i "maestri d'ascia" rifornivano un tempo le segherie artigianali del luogo che ancora oggi
mantengono una fiorente attività.
Nel rispetto prudente e secolare
per la Natura, questi uomini tagliano tuttora gli alberi provvedendo con pazienza alla cura dei ceppi
rimasti perché possano ricrescere
rinnovando l'imperscrutabile ciclo
di vita.
Ma i terreni boschivi di
queste contrade hanno nel passato
più remoto dato vita ad un altro
antico mestiere tuttora praticato,
quello del carbonaio. "U carbunaru" conosce gli oscuri segreti della
trasformazione del legno in carbone, che attua durante lunghe ore
di estenuante lavoro e per la quale
sa attendere con pazienza accoccolato sotto "u pagghiaru", precario ricovero approntato con rami
secchi ed arbusti.
Giovane o vecchio che sia,
chi abita a Fornazzo è segnato nel
cuore dal suo paesaggio: dipinto
dalla Natura ora con i tratti incisivi
e netti dei dirupi, ora con le linee
ondulate e serene delle colline;
violentato dal vulcano con l'aspra
pietra nera figlia della lava; lavorato dall'uomo con i frutteti ricchi di
mele, pere, ciliege e nocciole e con
le terrazze coltivate a viti. Da queste, il generoso vino dell'Etna, forte e schietto, che qui si produce in
proprio per la gioia di vederlo
sgorgare scuro e scintillante di riflessi dalle botti costruite con l'esperienza di generazioni.
Dalla terra porosa e fertile,
la gente di Fornazzo trae gran parte del proprio sostentamento, nonostante il commercio dei prodotti
ortofrutticoli non offra allettanti
guadagni. Ma la caparbia volontà
di questa gente non conosce ostacoli, ed è frequente osservare sull'uscio di casa qualcuno che, approntato un provvisorio banco di
vendita, attende paziente chi vorrà
acquistare le mele e le nocciole
poste in bella mostra, o il gustoso
miele lavorato in proprio che gli
apicoltori offrono all' acquirente in
differenti varietà: di zagara, di eucaliptus, di timo, di acacia, di
"sudda", il "millefiori".
Se il tempo non ha deturpato questi luoghi, e non li ha resi
mostruosi come i dedali inestricabili ed opprimenti dei moderni insediamenti urbani, è pur vero che
in essi ha cancellato alcuni mestieri
che il progresso tecnologico ha
ormai sancito essere superati ed
economicamente improduttivi. Tra
questi, quello del lavoratore della
neve. Soltanto i vecchi ne ricordano oggi la figura umile ed infaticabile, quando erano in molti a scavare nel terreno le "tacche", buche
larghe e profonde che servivano a
raccogliere la neve caduta copiosa
nei mesi freddi dell'inverno e che
IL CLUB n. 88/89 – pag. 38
prendevano nome dalle contrade
nelle quali si trovavano: "tacca 'a
petra", "tacca 'U favu", "tacca di
munti cirasa". Un vecchio carrettiere racconta ai bambini di Fornazzo come la neve venisse un
tempo battuta nelle "tacche" con
speciali tavolette fissate ai piedi, i
"trippiaturi", e poi ricoperta di foglie perché si trasformasse in
ghiaccio. Giunta la calda estate,
con il "falanguni" il ghiaccio veniva
tagliato in blocchi per essere trasportato a dorso di mulo o sul carretto nelle città, fino alla lontana
Calabria.
La Cappelletta della Madonna della
Lava, sopra Fornazzo di Milo, dove
si bloccò una delle colate laviche
che stava per giungere in paese
Alla storia dei popoli più
antichi, appartiene anche la pastorizia, che a Fornazzo si pratica tutt'oggi in modo arcaico. Qui esiste
ancora chi conduce il gregge al pascolo con i cani che raccolgono e
guidano le pecore, e la notte veglia
su esso dinnanzi al fuoco che illumina gli occhi di riflessi di fiamma.
Qui il pastore fa cagliare il latte
appena munto nelle "quarare", vasche di ferro battuto nelle quali
prende corpo l'appetitoso formaggio dell'Etna e si aggruma candida
ricotta che giovani e vecchi possono gustare come si faceva in anni
lontanissimi.
L'inverno è freddo in questi
luoghi, ed ogni anno imbianca i
religioso, essa è anche occasione
di conoscenza e dialogo, opportunità di stimolo alla comune volontà
di migliorarsi.
A Fornazzo i giovani credono nelle tradizioni, ma sentono
forte il desiderio di aggregarsi in
gruppi ed associazioni proiettate
verso il futuro che nella salvaguardia del passato guardi con intelligenza al nuovo. E' in questo spirito
che hanno proposto alcuni itinerari
turistici, definiti "sentieri natura",
che ricadono nell'incantevole territorio del grande Parco dell'Etna.
La chiesetta di Fornazzo
tetti delle case e la campagna silenziosa. Il paesaggio che si staglia
sulla sfondo della grande montagna è allora denso di suggestioni,
addormentato nel sonno incantato
d'una quiete irreale che insensibilmente lascia le cose per insinuarsi
come nebbia sottile nelle profondità del cuore. I rigori invernali portano ad una maggiore intimità i
fornazzesi, che per loro natura
hanno sacro il culto della famiglia e
del focolare domestico.
Nelle case, costruite pietra
su pietra da una volontà tenace e
secolare, vi è il segno dell'amore
per questi luoghi. Lo testimonia la
nera e forte pietra lavica degli archi che sormontano le porte, addolcita però dai colori tenui e delicati delle pareti; lo testimoniano le
edicole incastonate nelle facciate,
con la Madonna o il Santo che proteggono dai pericoli della vita ed
indirizzano al cielo le preghiere,
come quella della Vergine Maria ai
piedi della quale molti anni or sono
s'arrestò, acquietandosi, un'imponente colata lavica.
In quelle case abitano molti vecchi, i tratti asciutti, i volti
scavati dagli anni e le mani nodose
e offese dalla fatica; unici sacerdoti
della memoria che a Fomazzo sostano spesso in silenzio a guardare
dalle loro rughe pensose il mare
della costa jonica, azzurro e luminoso, che dal belvedere gli occhi
abbracciano da Augusta a Taormina. I bambini sono invece pochissimi a Fomazzo, bruni, con gli occhi neri e mobilissimi, e le guance
rosse quando corrono verso la piccola scuola dove il maestro inse-
gna loro a leggere e scrivere, e ad
amare il borgo e la grande montagna che gli è madre. E mangiano il
pane caldo e fragrante i bambini,
quello che le massaie impastano
con le proprie mani e cuociono negli artigianali forni a pietra; quel
pane genuino con il quale si sono
nutriti i loro padri, e i padri dei loro
padri, per generazioni di uomini
forti e sani, figli della terra e del
cielo dell'Etna.
La piccola chiesa del borgo
è uno dei punti di riferimento per i
ragazzi che vogliono conoscersi e
confrontarsi con le problematiche e
le contraddizioni della propria età,
e nella parrocchia essi organizzano
ogni anno la festa per il Sacro Cuore di Gesù. Ma la ricorrenza non
rappresenta soltanto un momento
Una vallata dell’Etna
vicino Fornazzo
Così, per coloro che desiderano conoscere le meraviglie naturali del vulcano e siano disposti
ad accettare quanto la vita della
montagna impone, sono praticabili
due percorsi: il primo dal punto
base di Pietra Cannone giunge alla
Valle del Bove; il secondo, sempre
dal punto base, s'inerpica fino al
Rifugio Citelli.
Il paesaggio rurale attorno al borgo
IL CLUB n. 88/89 – pag. 39
Alfio Triolo
L’infiorata di Noto
Nel terzo week-end di maggio il ”Giardino di Pietra” si trasforma nel “Giardino in Fiore”.
Quest’anno i bozzetti sono stati ispirati al tema del Liberty
S
ono passati ventotto anni da quando, nel maggio 1980, i
Maestri Infioratori di Genzano vennero nello splendido “Giardino di
Pietra”, Noto, per realizzare, in collaborazione con gli artisti locali, la
prima Infiorata di via Nicolaci e della Sicilia. Oggi l’Infiorata è diventata
una manifestazione consolidata a
tal punto da diventare il fiore
all’occhiello di Noto sia dal punto di
vista del richiamo turistico sia per
quanto riguarda la crescita artistica
e culturale della città stessa.
Ogni anno, quindi, la terza
domenica di maggio, il “Giardino di
Pietra” diventa “Giardino in Fiore”
ad opera dei Maestri Infioratori di
Noto che nella notte del venerdì,
con lavoro certosino, ponendo petalo dopo petalo, danno vita ad un festoso e colorato tappeto di fiori,
sotto lo sguardo superbo ma compiaciuto delle sirene, delle chimere,
dei grifoni, degli ippogrifi, dei centauri e delle sfingi che sorreggono
gli incantevoli balconi di via Nicolaci, simboli incontrastati del barocco
netino, mentre una marea di visitatori, curiosi ed increduli, scorre incessantemente ai lati della strada
formando una esuberante cornice
umana.
I materiali sono tutti rigorosamente vegetali. E’ consuetudine,
infatti, nei giorni che precedono
l’infiorata, andare per i campi circostanti la città in cerca di bacche,
semi, strane inflorescenze e altro
materiale “particolare” che possa
servire per migliorare il bozzetto. La
vasta gamma del marrone, per esempio, viene data dalla carruba
macinata, dalla crusca, dalla torba,
nonché da foglie secche e da alcune
piante dalle sfumature brune. Si utilizzano anche legumi, cereali, farine, caffè, ecc., materiali tutti che
danno vari effetti cromatici.
Così, dall’accostamento di
tutti questi colori e dalla mescolanza dei vari materiali, la via Nicolaci
si trasforma nella più ricca e bella
tavolozza che ogni pittore al mondo
vorrebbe possedere.
La preparazione dell’Infiorata. In basso Via Nicolaci alla fine dei ...lavori
Larisa ed Emanuele Amenta
IL CLUB n. 88/89 – pag. 40
Tra mare e natura
Luogo incontaminato, la Riserva dello Zingaro è una continua sorpresa, tra vegetazione unica e incantevoli spiagge. Itinerario alla scoperta di un paradiso naturale.
A
lla fine degli anni Settanta veniva progettata e finanziata dall' assessorato regionale al
Turismo la costruzione di una strada litoranea fra San Vito lo Capo e
Scopello, nel Trapanese. Uno degli
ultimi tratti di costa incontaminata
della Sicilia stava per essere stravolta da questo progetto che avrebbe aperto la “strada”, subito
dopo, anche alla cementificazione.
Le profonde ferite prodotte dai lavori di scavo sulla costa dello Zingaro fecero gridare allo scandalo.
Da questa “morte annunciata” prese inizio una vera rivoluzione culturale in Sicilia. Le proteste degli ambientalisti, degli uomini di cultura e della stampa sia
siciliana che nazionale portarono al
momentaneo blocco dei lavori. Da
più parti si chiedeva di più: la salvezza della costa dello Zingaro con
l'istituzione di una riserva naturale.
Per la prima volta anche dei semplici cittadini scesero in campo per
partecipare il 18 maggio 1980 alla
marcia pacifica per affermare il diritto alla preservazione di quelle
aree di grande interesse ambientale. L'approvazione da parte
della Regione Siciliana non tardò
ad arrivare. La prima ad essere istituita è stata la "Riserva dello
Zingaro" che venne posta sotto la
tutela del Demanio Forestale con
una estensione di 1650 ettari e
uno sviluppo costiero di sette chilometri.
Per arrivare alla Riserva,
da Palermo si prende la A.29 in direzione di Trapani sino allo svincolo di Castellammare del Golfo. Si
procede quindi per la S.S. 187 fino
al bivio per San Vito lo Capo, si
supera il paese e si arriva all'ingresso nord della riserva. E' possibile accedere anche dal lato sud.
In questo caso dalla S.S. 187 si
prende lo svincolo per Scopello e si
va in direzione della Tonnara di
Scopello (merita una visita), la si
supera e si arriva al posteggio dell'ingresso sud (imbocco della galleria).
Il nostro trekking comincia
dall'ingresso nord, seguendo il
tracciato principale: alla nostra si-
nistra in basso si apre la baia della
Tonnarella dell'Uzzo con accanto il
museo del mare. Dopo circa venti
minuti, avendo superato l'area attrezzata, si devia a destra per Case
Cosenza, il sentiero comincia a salire per inoltrarsi nel cuore di contrada Acci. La riserva è il regno
della palma nana che incontreremo
spesso durante il percorso, oltre al
carrubbo olivastro e alla ferula con
la macchia mediterranea.
Dopo un'ora facciamo sosta ad un abbeveratoio ai piedi di
una falesia. Proseguendo lungo il
sentiero incontriamo la strada carrabile proveniente da Portella Sauci, deviamo a sinistra e in leggera
discesa arriviamo alle case di borgo Cosenza (circa 150 minuti dalla
partenza). Da queste case, ancora
utilizzate da alcuni pastori, si gode
un meraviglioso panorama sul golfo e le insenature. Un piccolo fontanile ci permette di dissetarci, in
una delle case visitiamo un antichissimo torchio.
Dopo la sosta riprendiamo
il sentiero che comincia a scendere. Un silenzio amico ci accompagna con discrezione, si entra in
simbiosi con la natura semplice di
un luogo ancora integro. Dopo un'ora di cammino, superata una
casa rurale, il sentiero si biforca:
prendiamo a sinistra per contrada
Sughero. Continuando a seguire il
sentiero, deviamo nuovamente a
sinistra, sotto di noi si apre il panorama della baia di torre dell'Uzzo. Poco dopo incontriamo la segnaletica, prendiamo a sinistra e
seguendo il sentiero a picco sul
mare lungo il parapetto in legno
arriviamo alla grotta preistorica
dell'Uzzo. Questa enorme cavità
scavata nella roccia è stata abitata
dall'uomo paleolitico, come hanno
stabilito gli scavi archeologici effettuati in questo angolo dell'Isola.
Lasciata la grotta e superato il museo della civiltà contadina, arriviamo alla deliziosa spiaggia della Torre dell'Uzzo per un
meritato bagno ristoratore in quelle acque cristalline. Dopo la sosta
seguiamo il sentiero costiero che in
mezz' ora ci riporta all'ingresso
nord, dove avevamo parcheggiati i
nostri camper. Questo percorso
può essere semplificato evitando la
faticosa deviazione per borgo Cosenza in special modo durante i
mesi estivi, seguendo il sentiero
costiero fino alla grotta dell'Uzzo.
All'ingresso della riserva è
consigliabile acquistare la cartina
dello "Zingaro" per apprezzare in
pieno le bellezze di questo angolo,
ancora integro della Sicilia.
Alfio Triolo
Una caletta della Riserva
In primo piano la palma nana, simbolo stesso dello Zingaro
IL CLUB n. 88/89 – pag. 41
Terza pagina
Effetto serra ed emergenza clima: il rapporto Onu 2007 è un documento drammatico che ci
presenta scenari futuri apocalittici. Dobbiamo rassegnarci all'inevitabile?
I
l rapporto ONU, un "tomo" di 1400 pagine elaborato da
ben 2500 scienziati di tutto il pianeta, è stato consegnato a Bruxelles all'Unione Europea giovedì 5
aprile 2007 (data storica da ricordare). È questo un documento
drammatico che ci presenta scenari futuri apocalittici. Dinanzi a
tanta precisione di dati, ad esempi
concreti, come quest'ultimo inverno caldo, a fenomeni di estremizzazione meteorologica, ad alluvioni, fusioni accelerate delle calotte
polari, innalzamento dei mari e
quant'altro, anche i Paesi più recalcitranti sul Protocollo di Kyoto
come USA, Cina e Arabia Saudita
hanno dovuto chinare il capo e accettare il documento.
La novità di questo documento è che non si parla più di
bloccare l'effetto serra come strategia prossima ventura, perché dal
documento si evince che dobbiamo
rassegnarci all'inevitabile. Si è ormai preso atto che il fenomeno si è
innescato e non potrà più fermarsi.
Si parla, quindi, di adattamento ai
fenomeni in arrivo innescati dall'effetto serra, che gli scienziati portoghesi hanno ribattezzato "effetto
stufa".
Senza entrare nello specifico delle 1400 pagine, possiamo
però raccogliere i principali elementi e i dati che rappresentano la
sintesi di tutto il rapporto ONU.
Questi pertanto i punti salienti del
documento:
•
entro il 2050 l'Europa potrebbe
perdere il 70% dei suoi ghiacciai: è previsto anche lo scioglimento delle distese di nevi
"eterne" dell'Himalaya;
•
i fenomeni meteorologici saranno sempre più estremi e di
uragani tipo "Katrina" dovremmo farci l'abitudine;
•
il 30% di animali e piante del
pianeta potrà estinguersi;
•
gli oceani prima del 2100 potrebbero crescere di oltre 1
metro;
•
mari ed oceani inizierebbero ad
acidificarsi compromettendone
la vita marina stessa; al momento il fenomeno sta interessando negativamente tutte le
barriere coralline;
•
i deserti del pianeta entro la
fine di questo secolo potrebbero raddoppiarsi e la foresta
dell'Amazzonia trasformarsi in
savana;
•
i fiumi delle latitudini equatoriali e tropicali potrebbero trasformarsi in torrentelli o diminuire la loro portata d'acqua
di oltre la metà;
•
l'Africa subsahariana finirebbe
per diventare una terra senza
acqua e vita;
•
le malattie tropicali, anche le
più devastanti, vedi la febbre
dengue e la meningite, si potrebbero estendere anche negli
attuali Paesi temperati;
•
le economie dei Paesi tropicali
o temperati che attualmente
puntano sul turismo marino, a
causa dell'eccessivo caldo, potrebbero fallire;
•
per la conquista dell'acqua potrebbero innescarsi nuovi conflitti e milioni e milioni di disperati fuggire dall'Africa per
invadere l'Europa.
Sono questi gli scenari che
il rapporto intravede qualora raggiungessimo un aumento medio
della temperatura della biosfera di
altri 2 gradi centigradi da qui al
2050. Nel caso dell'ipotesi più nera, che vedrebbe entro la fine del
secolo l'innalzamento della temperatura media del pianeta di oltre 5
gradi, i problemi sarebbero ben più
gravi e per l'umanità potrebbe non
esserci futuro.
IL CLUB n. 88/89 – pag. 42
Il fiume Po in secca
Per il bacino del Mediterraneo
il rapporto dedica oltre 50 pagine,
informandoci che se il trend è
quello che abbiamo appena assaporato in quest'ultimo inverno,
questo è quanto ci aspetta da qui
alla fine del secolo:
•
circa 5000 Km di coste finiranno sott'acqua, a maggior
rischio, il delta del Nilo, le pianure della Tunisia, le coste della Spagna, quelle Italiane e
della Turchia,. Venezia finirà
sommersa del tutto;
•
i ghiacciai delle Alpi scompariranno quasi del tutto (finiranno
"le settimane bianche");
•
i grandi fiumi come il Po subiranno una drastica diminuzione
della loro portata, entrando in
fase di secca nel periodo estivo
compromettendo così l'apporto
di acqua per i bacini idroelettrici;
•
il fenomeno deserto aggredirà
in Italia la Sicilia, la Puglia, la
Calabria e la Sardegna; la Val
Padana sarà interessata da fenomeni di aridità;
•
l'acidificazione e l'aumento della temperatura sul Mediterraneo ridurrà drasticamente la
vita marina, con scomparsa di
pesci autoctoni a vantaggio di
specie provenienti dall'Oceano
Indiano poco commestibili e in
alcuni casi velenose;
•
a causa della conformazione
orografica dell'Europa con le
Alpi e i Pirenei e a causa dell'aumento della evaporazione
del Mediterraneo, si creerà il
fenomeno della depressione:
l'aria calda che dal mare salirà
verso gli strati più alti dell'atmosfera "succhierà" aria calda
africana, con inevitabili bolle e
•
•
•
•
•
ondate di calore che giungeranno fino a ridosso dell'arco
alpino, come accadde nel 2003
(il 2003 è stato solo un breve
assaggio!);
a causa delle continue ondate
di calore sono previsti per tutto
il bacino del Mediterraneo,
stando ai dati dell'estate del
2003, almeno 35.000 morti
l'anno, ma che purtroppo potrebbero raddoppiare; oltre a
ciò malattie veicolate da insetti
che nel caldo-umido trovano il
loro habitat ideale, aumenteranno a dismisura;
con il gran caldo gli incendi
delle ultime foreste e macchie
mediterranee saranno inarrestabili, accelerando così il fenomeno dell'effetto serra e degradando
definitivamente
i
suoli;
l'agricoltura avrà il colpo di
grazia soprattutto al Sud dove
la carenza d'acqua e l'aumento
delle temperature colpiranno
drasticamente le produzioni ortofrutticole;
per l'Italia un danno rilevante
per i suoi vini ed oli doc, dove
l'effetto stress da eccessivo calore modificherà gli aspetti organolettici compromettendone
le caratteristiche del frutto;
pericoli anche per la produzione del Parmigiano a causa dell'inevitabile peggioramento e
diradamento dei pascoli;
sono previste massicce ondate
di "profughi del clima" (si parla
da qui al 2050 di almeno 90
milioni di persone) che dalle
coste africane cercheranno di
raggiungere l'Europa attraverso soprattutto la Spagna, l'Italia e la Grecia.
Lo scioglimento dei ghiacciai delle
regioni artiche potrebbero portare
a conseguenze catastrofiche sulle
coste di mezza Europa
Questa appena descritta è
la sintesi di una altra serie di problemi connessi proprio al fenomeno del riscaldamento globale e in
particolare del Mediterraneo. Il
rapporto ONU anche se non parte
da un altro rapporto, quello dell'economista Stern, fa riferimento ad
inevitabili crisi socio-economiche
che condizioneranno in futuro le
scelte economiche di ogni Stato.
Immagine aerea di un uragano.
Li vedremo anche in Europa?
Per Stern il problema è
sotto gli occhi di tutti: in parole
povere dice che i disastri ecologici,
le malattie agli uomini e agli animali e le perdite di vita causati dai
cambiamenti climatici hanno inevitabilmente un costo sociale tale
che con il peggiorare della situazione andrà sempre di più ad incidere sui vari PIL. Al momento i costi per i disastri ecologici in Paesi
come l'Inghilterra incidono sul PIL
per lo 0.8%, ma seguendo il trend
previsto di innalzamento della
temperatura terreste con tutti i fenomeni connessi, l'incidenza salirà
in progressione geometrica. Per cui
i Paesi che non avranno trovato in
tempo delle soluzioni sul fronte
della mitigazione dei cambiamenti
climatici e dell'adattamento, vedranno un'incidenza dei costi "climatici" sul loro PIL fino ed oltre il
50%: un disastro che inciderebbe
pesantemente sull'economia di ogni singolo cittadino.
Fatta questa breve considerazione, dobbiamo immediatamente vedere chi in Italia subirà i
IL CLUB n. 88/89 – pag. 43
maggiori danni dal trend di innalzamento della temperatura:
1. gli agricoltori, che dovranno
rivedere i loro progetti produttivi, impiantare nuovi tipi di
coltivazioni, più resistenti al
caldo, ai parassiti e alla penuria d'acqua;
2. i pescatori, che dovranno abbandonare ancora di più l'attività della pesca per penuria di
pesce;
3. gli allevatori che per penuria di
foraggio e di pascoli dovranno
ridurre i loro capi bestiame;
non solo, ma dovranno anche
far fronte a sempre nuove malattie come la Lingua Blu e la
Lesmaniosi che decimano animali da cortile e da compagnia
(i cani);
4. gli operatori turistici che non
avranno più centri invernali
con piste da sci da prospettare
alla loro clientela, né centri estivi al mare dove le temperature torride e la presenza di insetti fastidiosi e nocivi, nonché
la penuria d'acqua, sconsiglieranno i vacanzieri ad andarci;
5. le persone sensibili al caldo,
quindi gli anziani e i bambini.
Con il caldo torrido aumenterà la richiesta di energia elettrica
per mandare avanti tutti i condizionatori che sempre di più si istalleranno negli edifici italiani. Questo
comporterà in estate, con la forte
diminuzione di acqua per i bacini
idrografici, per l'assenza di vento
per gli impianti eolici, una grande
crisi energetica che potrebbe portare a continui e gravi black out
come accadde nel settembre 2003.
L'Italia che per il 68% dipende dai
combustibili fossili (i maggiori incriminati per l'effetto serra), non
ha davanti a sé uno scenario sereno.
Nel mese di giugno ci sarà
un altro vertice tra scienziati e capi
di Stato ad Heiligendamm; in quella sede di cercherà di trovare soluzioni pratiche che ogni Paese industrializzato della Terra dovrà adottare per salvare il salvabile. Speriamo che anche questa volta possa prevalere il buon senso e la responsabilità nei confronti di ogni
cittadino del globo. Qualcuno però
lo dica anche a Bush e al suo
entourage.
Ennio La Malfa
Presidente dell’Accademia Kronos
Vita in camper
I pro e i contro del mondo Internet, così come dei navigatori satellitari e palmari, e anche
delle pubblicazioni cartacee per chi viaggia: mappe, cartine e guide: forse, anche nell’era
digitale, anche la “carta” è irrinunziabile per viaggiare...
A
bbiamo mai realmente
pensato quale sia la percentuale di
tempo che occupiamo alla guida
del camper? Tanto, spesso troppo,
soprattutto nelle tappe di trasferimento da nord a sud (che per noi
siciliani sono un viaggio nel viaggio); e poi quando entriamo in una
grande città e siamo alla ricerca di
un campeggio, di un’area attrezzata o di un semplice parcheggio dove sistemarci. Ebbene, maggiori
sono le informazioni di cui disponiamo, minore sarà lo stress per
trovare strade e luoghi.
In modo prima silente, ma
man mano sempre più prepotente,
sono ormai entrati a far parte della
nostra vita di tutti i giorni gli strumenti digitali, come i navigatori
satellitari. E pensare che soltanto
fino a qualche anno fa erano un
oggetto a metà tra il fantascientifico ed il lusso superfluo, visto anche il costo che si aggirava intorno
ai 4 milioni di lire; ma oggi il navigatore satellitare è entrato nel
numero dei dispositivi d’uso comune insieme a cellulari, lettori mp3,
palmari, pc portatili, e ha finito di
essere considerato un oggetto elitario.
Nel giro di pochi anni un
successo particolare è stato raggiunto dai modelli portatili, di gran
lunga preferiti dai viaggiatori e
non, per la trasportabilità da un
veicolo ad un altro, in quanto assolutamente autonomi da ulteriori
dispositivi e non necessari di alcuna installazione. Grazie allo straordinario progresso della tecnologia
oggi questi apparecchi che possono disporre di antenne integrate,
altoparlanti supplementari, cartografie dettagliate caricate su dischi
fissi (anche di 20 GB), rendono i
navigatori trasportabili la più comoda soluzione.
La pubblicità è l’anima del
commercio. Nulla di più vero. Ed è
proprio con la pubblicità che i produttori incontrano le necessità dei
consumatori. Ma accade pure che
spesso la divulgazione pubblicitaria
induca una necessità nel consumatore che “ignaro” di cosa gli stia
succedendo segue l’impulso dell’
acquisto, o dettato dallo spirito di
emulazione o per “necessità” di
non restare arretrati, qualche volta
anche non giustificato da una reale
necessità. Le stesse considerazioni
pensiamo non si possano fare nei
confronti del navigatore satellitare:
un compagno di viaggio davvero
utile, qualche volta di grande aiuto
per l’ottimizzazione dei percorsi da
compiere, altre volte indispensabile quando, da soli, in terra straniera, magari di notte, non parlando
la lingua del posto, o anche in situazioni molto più normali si ha bisogno di un’informazione relativa
ad una strada, un albergo, un ristorante, un campeggio, un distributore di carburante, e tanto altro.
Però, per non rischiare di
trovarsi con un oggetto odioso da
utilizzare, totalmente inutile o addirittura dannoso, bisogna scegliere con molta attenzione e mai a
scatola chiusa. Ed è quindi necessario essere documentati prima di
procedere all’acquisto al fine di capirne di più, scoprire le peculiarità
e le differenze fra i vari modelli,
quali gli aspetti importanti, le funzioni a cui non rinunciare, quali
quelle superflue e quali gli aspetti
realmente funzionali ad una facile
ed affidabile navigazione.
Partiamo da un assioma: le
cose semplici sono sempre le migliori. Innanzi tutto deve avere un
aspetto compatto, deve essere autosufficiente cioè dotato di batteria, tale da essere usato anche
passeggiando a piedi. Nota importante: quasi la totalità dei navigatori non è impermeabile, eccezione
fatta per quelli dedicati espressamente all’utilizzo sulle moto. Poi,
non fatevi ingannare dallo schermo
grande; non è sinonimo di buon
navigatore. L’aspetto più importante è invece l’interfaccia utilizzata
dal progettista-costruttore dell’apparecchio, cioè tutti quegli strumenti grafici presenti sullo schermo mediante i quali l’utilizzatore
interferisce
con
l’apparecchio:
quanto è più semplice e chiara,
tanto più rende facile ed immediato l’uso dello stesso.
IL CLUB n. 88/89 – pag. 44
Quasi irrinunciabile è il
“touch screen” cioè la possibilità di
interagire con il semplice tocco
dello schermo con le dita, che coadiuvato da un buon sistema di icone è il modo più semplice ed intuitivo di utilizzare questi apparecchi.
I dati richiesti devono essere chiari
di immediata e facile leggibilità ed
associati ad una voce altrettanto
chiara, per consentire al guidatore
di non distrarsi per guardare lo
schermo. Indice di qualità è inoltre
la rapidità nel ricalcalo della rotta
nel caso in cui, sbagliando strada
la si abbandoni.
Un buon navigatore deve
inoltre fornire anche la funzione
“pianificazione di un itinerario” che
permette di programmare una serie di destinazioni da raggiungere
in successione. Da non sottovalutare i PDI, punti di interesse, ovvero l’indicazione dei locali o servizi
di pubblico interesse come banche,
ospedali, alberghi ristoranti, fermate di autobus, Mc Donalds, e
tante altre informazioni che possono rivelarsi molto utili.
Qualche anno fa erano disponibili soltanto le cartografie in
2D, cioè con immagini bidimensionali con vista dall’alto. Oggi quasi
tutti i navigatori fruiscono di una
grafica 3D, tridimensionale, che
non è soltanto un fatto estetico,
ma che grazie alla prospettiva adottata, offre un campo visivo virtuale molto più ampio e permette
di replicare su schermo ciò che il
guidatore vede con i suoi occhi
rendendo cosi più reali le proporzioni, le distanze e le dimensioni.
Altra caratteristica a cui non rinunciare è l’efficienza della cartogra-
fia. Bisogna dire a tal proposito,
che, a parità di utilizzo di pari cartografia, vi sono GPS che possono
offrire dettagli di copertura molto
diversi. In ogni caso, come sempre, tra ascoltare le esperienze altrui e vivere le proprie, la differenza può anche essere determinate
in funzione di una scelta. Ed è per
questo che, se siete interessati ad
un eventuale acquisto, l’aver ascoltato va bene, ma toccare con
mano, vedere di persona, chiedere
informazioni e capire le proprie necessità è assolutamente indispensabile. Solo così il GPS è un investimento che dopo poche ore di
viaggio si ripaga da sé.
Altro discorso va fatto per
le informazioni non necessariamente collegate alla logistica ma
ai luoghi da visitare: chiese, musei, aree naturalistiche, parchi,
ecc.; e ciò sia per quanto riguarda
l’ubicazione e gli orari di apertura
al pubblico, sia per quanto riguarda la loro reale importanza in
un’ottica di tempi disponibili: se
stiamo visitando una regione, avremo necessità di capire quali località sono imperdibili, e una volta
dentro una città, se abbiamo pensato di dedicarvi due giorni, dovremo certamente stilare un elenco delle cose da vedere; ma se
non conosciamo bene né cosa quei
luoghi offrono, né cosa offre la città (così come il giorno di eventuale
chiusura di un museo), correremo
il rischio di perderci in cose di secondaria
importanza
perdendo
qualcosa di importante, pentendocene una volta a casa.
Internet ci aiuta: abbiamo
spesso parlato nelle pagine di questo nostro bimestrale di tanti siti
web che offrono informazioni turistiche e consentono così di agevolare la predisposizione di un itinerario di visita: siti di uffici del turismo di Paesi esteri (vedi FrancePassion o British Tourist Authority), così come siti locali e portali
di turismo (da Virgilio a TurismoItinerante). Ma forse, per quanto i
siti Internet siano (o dovrebbero
quanto meno essere) sempre ag-
giornati, forse qualche “buco” rimane, da colmare con qualche piccola spesa: alludiamo alle cartine e
alle mappe stradali, a loro volta
complementari alle “guide” turistiche pubblicate dalle più note case
editrici (Touring Club, Mondadori,
Baedeker-De Agostini, Routard...).
Un tempo, quando si progettava un viaggio, l’acquisto di
una guida e di una cartina del Paese dove si aveva voglia di recarsi
era un atto pressoché obbligatorio;
non che lo facessero tutti, ma era
abbastanza normale farlo, anche
per sapere in anticipo cosa privilegiare, quali strade preferire, attraverso quale itinerario collegare una
città a un’altra nel corso del viaggio; e poi per sfruttarle proprio in
corso di viaggio, stando al volante
e cercando di tenere desta sempre
l’attenzione insieme alla moglie, in
genere occupata a svolgere il ruolo
di “navigatore” (non digitale!).
Nell’era di Internet e del
GPS, molti pensano che tutto ciò
sia roba di altri tempi, non più necessaria, anzi in molti casi inutile.
Ma forse non è poi così vero come
può sembrare a prima vista. Esaminiamo prima di tutto quello che
può combinare anche il migliore
dei navigatori GPS: quante volte
“lui” ha provato a farvi percorrere,
voi che state guidando un camper
di almeno 7 metri di lunghezza e 3
metri di altezza trazzere di montagna o vicoletti di un paese dove
nemmeno un’auto di medie dimensioni potrebbe passare? E quante
altre volte, pur essendo l’ultimo
modello appena uscito in commercio, non trovate caricati le strade
più recenti (la variante stradale
appena inaugurata o l’ultimo tratto
di autostrada aperto al traffico
magari poche settimane prima) e
quindi vorrebbe indurvi a “tornare
indietro quando potete”? Lo stesso, ovviamente, può accadere con
una cartina stradale non aggiornata, ma almeno lì si ha davanti agli
occhi il quadro d’insieme dei luoghi
dove ci si trova e con un minimo di
logica si possono elaborare i percorsi alternativi.
Nell’acquisto e nell’utilizzo
delle carte stradali sono necessarie
comunque alcune accortezze: avere sempre tra le mani quelle aggiornate è basilare; per cui se dovete andare in Francia e siete ancora in possesso della carta usata
dieci anni fa, il consiglio è buttarla
e acquistarne una nuova, accertandovi della data di pubblicazione.
IL CLUB n. 88/89 – pag. 45
Ma quale scegliere? Certamente
quella più chiara dal punto di vista
grafico, affidandosi a editori specializzati che sono in grado anche
di stampare mappe molto personalizzate, con l’indicazione di molte
informazioni logistiche come campeggi, castelli, luoghi di interesse,
ecc., e con scale cartografiche diversificate (vedi Touring Club, MB,
Michelin): se volete visitare - tenendo sempre l’esempio precedente - la Francia, potrà servirvi una
carta generale di tutta la nazione;
ma se volete visitare solo (o in
particolare) la Bretagna, converrà
affidarsi a una cartina particolareggiata della sola Bretagna, in
scala 1:250.000 rispetto a quella
generale che magari è prodotta in
scala 1:800.000 o 1:1.000.000,
dato che minore è la scala, maggiori sono il dettaglio della carta e
quindi il numero delle strade secondarie evidenziate e quello dei
centri abitati più piccoli.
Analogo discorso va fatto
per le guide: è vero che noi camperisti amiamo viaggiare seguendo
il nostro istinto, ma è altrettanto
vero che se non disponiamo di informazioni chiare sul territorio meta del nostro viaggio rischiamo di
tralasciare località o, all’interno di
una città, emergenze (un museo,
una chiesa, ecc.) di cui ci pentiremo sicuramente se, al ritorno, ne
scoprissimo l’importanza. Guai,
quindi, a non avere con noi uno
strumento essenziale di consultazione che possa fornirci indicazioni
e suggerimenti per una visita, così
come il giorno di chiusura di un
museo o i suoi orari di apertura,
oltre naturalmente al suo indirizzo
e all’ubicazione sulla cartina stradale. E, anche per le guide, cerchiamo di sceglierle con accuratezza, dato che ciascuna collana ha
caratteristiche che la differenzia
dalle altre. Sfogliarne qualche pagina prima dell’acquisto sarà certamente opportuno per il miglior
utilizzo in viaggio. Internet a parte.
Luigi Fiscella e Maurizio Karra
Musica in camper
L’
estate è ormai alle
porte e la voglia di partire diventa
sempre più frenetica; i preparativi
per attrezzare la nostra casa su
ruote si susseguono, rendendo le
nostre giornate meno grigie, dato
che col cervello e col cuore siamo
già in viaggio. E in questo momento non possiamo dimenticare di portare con noi anche la nostra musica preferita, perché diventi la colonna sonora delle nostre vacanze.
Fra le ultime uscite, si segnala senz’altro “Call me irresponsible” di Michael Bublè, una
delle voci più amate dal pubblico e
di cui pochi forse conoscono le origini italiane, un musicista ormai di
fama internazionale che ha finora
venduto oltre 12 milioni di dischi in
tutto il mondo. Il giovane cantante
nato a Vancouver, star del genere
swing, ha messo insieme un’altra
raccolta di gioielli musicali, caratterizzati dalla sua inimitabile voce,
ricca di sfumature e di profondità,
che aiuta a sognare, rifugiandosi in
un universo parallelo improntato al
relax. Il nuovo CD contiene due
brani inediti composti dal cantante,
“Everything”, primo singolo estratto e già in cima alle classifiche, e
“Lost”, mentre gli altri pezzi sono
dei classici, con titoli che vanno da
“I’m you’re man” a “Me and Mrs.
Jones”, da “I’ve got the world on a
string” a “It had better tonight”,
che la star italo-canadese porterà
in giro per il mondo anche nel corso della sua prossima tournèe.
E pensare che l’artista fino
al 2000 era un perfetto sconosciuto, anche se la sua notevole voce
aveva già dimostrato di potersi
sposare perfettamente con i classici dello swing, genere che gli aveva fatto conoscere e apprezzare il
nonno materno, un idraulico di ori-
gine italiana emigrato da giovane
in Canada. E proprio grazie
all’interessamento del nonno il
giovane cantante ha potuto affinare le sue qualità canore, esibendosi
inizialmente
nelle
sale
d’albergo. E anche in questo caso
la favola del brutto anatroccolo ha
avuto un lieto fine, quando cioè il
giovane Michael si è esibito davanti a David Foster (produttore di
cantanti del calibro di Barbra
Streisand e Celine Dion), che gli
ha quindi aperto le porte del pianeta musicale.
Atmosfere completamente
diverse sono quelle che invece caratterizzano il gruppo francese
degli “Air” e la loro ultima creatura “Pocket Simphony”, suadente
impasto pop-soul che nell’arco
delle dodici canzoni presenti permette di fare una soffice carrellata
nella musica elettronica. Il duo,
composto da Nicolas Godin e Jean-Benoit Dunkel, si lancia in questa sorta di “sinfonia tascabile”,
nata dalla frequentazione di mondi
diversi, compreso quello del Sol
Levante; infatti nel complesso
strumentale che accompagna i diversi pezzi figura un koto, una
sorta di vibrafono a corde, e lo
shaminsen, una chitarra-banjo
quadrangolare, che testimoniano
efficacemente l’amore del duo per
il Giappone e le suggestioni orientali e new-age.
Cucina in camper
Farfalle con melanzane
Ingredienti: 400 gr. di pasta tipo farfalle, 1 melanzana, 1 cipolla, 1 scatola di polpa di pomodoro, 2 cucchiai di capperi, 150 gr.
di olive nere, basilico, sale, peperoncino, olio extravergine d’oliva
e parmigiano q.b.
Preparazione: soffriggete in poco olio una cipolla tritata. Non
appena è cotta, aggiungete la
polpa di pomodoro e la melanzana tagliata a cubetti. Fate cuocere
a fuoco vivo. A cottura ultimata
unite i capperi dissalati insieme
alle olive neri a pezzetti. Sminuzzate nel condimento il basilico,
salate e amalgamate la pasta –
cotta a parte - con il condimento,
insieme al peperoncino, un filo
d’olio ed il parmigiano.
Insalata di pollo
Ingredienti: ½ pollo, 4 foglie di
radicchio, 100 gr. di fagiolini bolliti, 50 gr. di prosciutto cotto, 50
gr. di emmenthal, 1 pomodoro, 1
peperone verde, 1 cetriolo, olio
extravergine d’oliva, aceto, sale e
pepe q.b.
Preparazione: disossate il pollo
(eliminando la pelle), tagliandolo
a pezzetti e fatelo bollire. Tagliate
a filetti il prosciutto, il formaggio
e il peperone. Tritate le foglie di
radicchio e il cetriolo, tagliate a
pezzetti i fagiolini. Unite gli ingredienti in una ciotola e condite con
l’olio, l’aceto e il sale, amalgamando il tutto.
Enza Messina
Nel nuovo album continua
una sorta di filo conduttore che lo
lega saldamente alla traccia conclusiva dell’album precedente, “Alone in Kyoto”, dove già vengono
impiegati strumenti musicali giapponesi. Piano e batteria elettronica
fanno, invece, da sfondo a “Once
upon a time”, già uscito come singolo, caratterizzato da voci sussurrate e arrangiamento soave; anco-
IL CLUB n. 88/89 – pag.
ra strumentazione orientale si ascolta in “One hell of a party”, mentre un universo melodico accompagna “Somewhere betwen and sleeping”. I brani scorrono l’uno dopo
l’altro dando l’impressione di concludersi troppo presto tra riverberi
ed echi orchestrali sognanti che
proiettano verso un universo in cui
musica e melodia si coniugano felicemente; la musica che dà vita a
un suggestivo viaggio, in cui immaginazione e realtà vanno di pari
passo, quasi un anticipo del viaggio reale che stiamo per intraprendere, in fuga dai soliti orizzonti.
Mimma Ferrante
Internet, che passione
Piccolo breviario delle strutture museali del vecchio continente, naturalmente estratto dal web
L
a stagione delle partenze è ormai alle porte e già nella
nostra valigia hanno trovato posto
le informazioni necessarie per rendere indimenticabile il nostro viaggio. Potrebbe essere utile inserire
tra le cartine stradali e le mappe
delle città del nostro itinerario un
promemoria riguardante anche i
musei che, presumibilmente, potremmo voler visitare lungo il nostro percorso.
Un buon museo può efficacemente riempire una giornata
stanca o magari piovosa colmando
il nostro spirito. Storico o scientifico, archeologico o artistico, etnologico o zoologico, un museo può
aiutare a comprendere genio, storia e cultura di ogni nuovo luogo
visitato. Quella che segue vuole
essere una piccola rubrica telematica dei siti dei grandi, ma anche
insoliti, musei d’Europa.
Cominciamo dall’Italia dove,
secondo l’Unesco, si trova oltre la
metà del patrimonio storico-artistico del mondo intero. La citazione
proviene dalla pagina “Musei e Arte in Italia” del sito dell’ENIT, l’agenzia nazionale dei turismo. Si
tratta di una pagina da cui è possibile effettuare ricerche su tutto il
territorio nazionale, tramite un motore interno appositamente predisposto che appare come un buon
strumento di consultazione, anche
se forse non guasterebbero una
maggiore velocità di navigazione e
maggiori informazioni ad esempio
sugli orari di apertura delle strutture.
La ricerca delle strutture di
Palermo e provincia produce 56
risultati relativi alla città tra musei
e monumenti e, per quanto riguarda la provincia, 30 comuni quali
sedi di analoghi siti e strutture. A
voi il piacere di cercare ciò che più
vi interessa, tra i più consistenti
numeri riguardanti le ricerche su
tutto il territorio nazionale.
Un altro sito generalista
sull’argomento è quello disponibile
all’indirizzo www.museionline.it
che nasce dalla collaborazione tra
Microsoft e Adnkronos. Nella pagina istituzionale è dichiarato che il
sito raccoglie informazioni su 3500
musei italiani. Anche su questa re-
La home-page del sito Musei online
alizzazione web è presente un motore di ricerca oltre a informazioni
su mostre e news su eventi culturali.
A chi pensa di passare da
Roma consiglio un interessante sito da cui poter trarre spunto per
documentarsi sui musei della capitale. Il portale www.museiincomuneroma.it è infatti una miniera interminabile di informazioni
sulle strutture cittadine, sulle mostre, gli eventi e le manifestazioni
in corso. Bello da vedere e assolutamente piacevole da navigare.
Andando ancora più a nord,
ed esattamente a Venezia, si potrebbe fare una visita al museo
Guggenheim che nella città lagunare, nel settecentesco Palazzo
Venier dei Leoni, espone una colle-
zione permanente di capolavori del
cubismo, futurismo, astrattismo,
surrealismo ed espressionismo,
con opere di artisti quali Picasso,
Brancusi, Mirò, Dalì. Sculture, mostre, eventi indicano nel museo
una meta da non trascurare per
chi dovesse trovarsi in zona.
Passiamo all’Europa. Io
adoro la Germania e ho già visitato
due volte il bellissimo Museo della Scienza e della Tecnica di
Monaco di Baviera. Consiglio assolutamente un’accurata visita di
questa grande struttura a chi viaggia con ragazzi: potete stare certi
che un adolescente manterrà a
lungo un buon ricordo delle sale a
tema del museo. Se realmente tra
i vostri obiettivi c’è la Germania
consiglio anche la consultazione
Riferimenti in rete
http://it.wikipedia.org/wiki/Musei_del_mondo
http://www.enit.it/
http://www.museiincomuneroma.it/
http://www.museionline.it/index.php
http://www.guggenheim-venice.it/museum/index.html
http://www.miniguide.it/arte-cultura/musei_europei.asp
http://www.deutsches-museum.de/
http://www.dhm.de/links.html#deutsch1
http://www.louvre.fr/llv/commun/home_flash.jsp
http://www.musee-orsay.fr/
http://www.centrepompidou.fr/Pompidou/Accueil.nsf/Document/HomeP
age?OpenDocument&L=1
http://www.mnhn.fr/museum/foffice/transverse/transverse/accueil.xsp
http://www.openairmuseum.nl/?rewrite=english
http://www.beniculturali.it/default.asp
IL CLUB n. 88/89 – pag. 47
Considerazioni
Libertà in pericolo?
Anche senza considera-
Una delle sezioni del bel sito del museo Guggenheim
In basso la home page del sito del Louvre di Parigi
del sito Deutschen Historischen
Museums. In una unica pagina
sono elencati alcune centinaia di
link che riportano ai siti internet di
tutti i musei di Germania e di alcuni tra i più importanti d’Europa.
Tra questi non si può non
ricordare il Louvre di Parigi che
dispone di un portale molto ben
realizzato e la cui navigazione può
richiedere anche alcune ore di
tempo. Come tutti sappiamo il
Louvre non è l’unico grande e prestigioso museo di Parigi. La capitale francese annovera anche il museo d’Orsay, il centro Pompidou
e il Museo Nazionale di Storia
Naturale che, con interessanti siti,
fanno bella mostra di se nella rete.
Ancora più a nord, esattamente in Olanda, ad Arnehm è situato l’Openluchtmuseum, letteralmente il museo “a cielo aperto”.
Detto anche “ecomuseo” o “museo
del territorio” il sito, questa volta
reale, mostra al suo interno la storia olandese attraverso oltre 80
case di varie epoche storiche che,
smontate dal loro originario luogo
di fabbricazione, sono state minuziosamente ricostruite. Un percorso tra paesaggi naturalistici e caratteristici della nazione, tra mulini
a vento e figuranti in costume che
simulano per i visitatori la passata
vita rurale olandese.
Naturalmente tutti i siti internet fin qui nominati, a partire
da quello di Monaco, sono nella
lingua madre del paese in cui si
trovano le strutture museali segnalate, ma quasi per tutti è anche
disponibile la versione in lingua inglese. Per concludere vorrei appena dare un cenno su un sito forse
non proprio in tema, ma posizionabile appena a margine degli argomenti trattati: il portale del Ministero dei Beni Culturali ed
Ambientali, di cui mi pare importante segnalare la sezione riguardante i grandi restauri effettuati e
in corso sul territorio nazionale.
Buone vacanze e buona
strada a tutti voi.
Giangiacomo Sideli
IL CLUB n. 88/89 – pag. 48
re l’Islam, religione di una notevole fetta di popolazione mondiale, culturalmente lontano dalla natura “libertaria” della rete,
anche Cina, Vietnam, Cuba, Tunisia o Maldive negli ultimi anni
si sono distinti per aver emanato
una serie di leggi liberticide che
hanno gravemente limitato il libero scambio delle informazioni
in Internet: siti censurati perché
politicamente scorretti, intercettazione delle e-mail, individuazione nominativa dei collegamenti, messa fuori legge degli
access-point, divieto di possesso
di strumenti telematici. A Cuba
gli internet point sono governativi, in Cina gruppi di discussione
e forum sono sorvegliati 24 ore
al giorno.
Internet fa paura alle
dittature! Ma non soltanto: perché internet fa paura anche alle
democrazie! Quelle grandi. Avete sentito parlare di “Total Information Awarness”? Un megaprogetto che dovrebbe consentire agli Stati Uniti di poter raccogliere ogni genere di informazione su ogni persona al mondo.
Sembra fantapolitica, ma negli
Stati Uniti è cosa fatta.
Per rendere il progetto
più “digeribile” lo stesso è stato
ribattezzato “Terrorist Information Awarness”, e lo scopo è di
incrociare i dati dei navigatori in
internet con quelli delle persone
che ogni giorno telefonano,
mandano fax, versano soldi in
banca, prenotano i biglietti
d’aereo, iscrivono i figli a scuola…
La motivazione ufficiale è
quella che saper tutto di tutti
permette di individuare sul nascere intenti terroristici.
E se gli Stati Uniti, come
la storia ci insegna, tenteranno
di esportare la loro visione del
mondo anche all’estero; ovvero
da noi?
Luigi Fiscella
News, notizie in breve
Bandiere Blu alla Sicilia
Nel mare italiano ci sono
più "bandiere blu". Nel 2007 i "bollini di qualità" assegnati alle spiagge italiane salgono a 96, contro le
90 dello scorso anno. Il simbolo
della "Bandiera Blu" non indica solo l'ottimo stato di salute delle acque marine della costa, ma è il riconoscimento della qualità ambientale complessiva della zona e
della sua completa vivibilità.
C'è da registrare, ha commentato Roberto Riccioni, presidente della Fee Italia, un incremento del numero delle bandiere
blu, ben 96, a dimostrare un'ulteriore crescita di attenzione delle
amministrazioni rivierasche verso
le problematiche ambientali, indirizzandosi verso un turismo che
sappia ben conciliarsi con l'ambiente. Chi non si orienta verso un
turismo sostenibile - afferma Claudio Mazza, neo segretario generale
Fee Italia - è destinato nei prossimi anni ad essere fuori dal mercato. Si conferma purtroppo la nota
negativa del Sud: Nonostante il
numero di candidature più elevate
rispetto all'anno scorso - spiega
Carla Creo, presidente della giuria
- la motivazione principale è la
scarsa capacità di crescere sulla
gestione dei rifiuti.
Nuove iniziative di
pescaturismo nell’Isola
Al rilascio del simbolo della
"Bandiera Blu" contribuiscono molti
fattori ambientali, quali impianti di
depurazione delle acque reflue, pulizia delle spiagge ecc. La Sicilia ha
ottenuto tre bandiere blu per le località balneari di Pozzallo (RG),
Menfi (AG) e Fiumefreddo (CT).
Pozzallo, unico comune
balneare della provincia di Ragusa,
ottiene per il sesto anno consecutivo l'ambito riconoscimento poiché
risponde appieno a tutti i requisiti
richiesti e verificati ogni anno.
Menfi, tra Sciacca e Selinunte, possiede una costa dove è
possibile ancora godere della macchia mediterranea, che vede alternarsi spiagge sabbiose a più rudi
scogliere. La cittadina ha ricevuto
il riconoscimento anche nel 1992 e
poi consecutivamente dal 1998 al
2006.
Anche le spiagge di Fiumefreddo sono state premiate con la
Bandiera blu sia quest’anno che
nel 2006 grazie soprattutto all’ incomparabile bellezza del mare Jonio in questa parte della riviera.
Qui sfocia il fiume Fiumefreddo che
vede la luce nell'omonima riserva
naturale. La presenza del fiume
rende le acque di questo mare fresche, incontaminate e sempre balneabili.
Trascorrere un paio di giorni di vacanza a bordo di un vero
peschereccio con il suo equipaggio
per osservare da vicino i più antichi metodi di cattura del pesce, le
tecniche tramandate da secoli, il
gusto del pescato fresco cucinato a
bordo secondo le ricette tradizionali: è questa l’ iniziativa lanciata
dalla Cooperativa Gente di Mare 91
di Catania, la prima a dare l’avvio
in Italia al pescaturismo.
Il pescaturismo è una attività integrativa alla pesca artigianale che offre la possibilità agli operatori del settore di ospitare a
bordo delle proprie imbarcazioni un
certo numero di persone diverse
dall’equipaggio per lo svolgimento
di attività turistico-ricreative. Sono
molte le località italiane che hanno
avviato questa entusiasmante attività che ha avuto un ottimo riscontro e dei numeri, in termini di presenze, che hanno incoraggiato gli
operatori a continuare la strada
intrapresa.
L’attività del pescaturismo
è stata una proposta innovativa
per rispondere alle esigenze di diversificazione dell’attività di pesca
e per riqualificare una quota di
mercato turistico in parte esistente, con l’aggiunta di una voce particolarmente interessante, il che è
in perfetta linea con l’esigenza di
IL CLUB n. 88/89 – pag. 49
politiche che rispondano ai criteri
di un "Turismo responsabile".
La Cooperativa Gente di
Mare 91 imbarca gli ospiti da San
Giovanni Li Cuti. In genere si salpa
alle prime ore del mattino per recuperare le reti. Gli itinerari così
come le battute di pesca tengono
conto della stagionalità delle specie
con l’obiettivo di preservare il delicato
ecosistema
marino.
L’itinerario è arricchito dalle reminiscenze letterarie che trasportano
il passeggero a scoprire i luoghi
cari a Giovanni Verga che ha realizzato uno degli affreschi più affascinanti del Golfo di Catania ne "I
Malavoglia".
Per informazioni Cooperativa Gente di Mare 91, Via Alessi
n° 18 - Catania, Tel. 095.7463548.
Per dormire e mangiare
oggi si va in convento
In luoghi strategici, su alture dalle quali si godono panorami
mozzafiato, a precipizio sulle valli
o nel cuore dei centri storici: sono i
conventi e i monasteri, “luoghi dello spirito”, che da qualche tempo
hanno ripreso la loro antica funzione di centro d’accoglienza.
Molti ordini religiosi, maschili o femminili hanno infatti attrezzato
la
loro
“casa”
per
l’accoglienza dei viaggiatori secondo la formula del B&B. I conventi e
i monasteri sono attrezzati ma non
bisogna aspettarsi i supercomfort
di un B&B di charme e di design.
Tuttavia si può tranquillamente rinunciare a qualche lusso in più
quando ci si trova in luoghi ricchi
di storia dove il valore aggiunto è
costituito
dalla
tranquillità
e
l’estrema gentilezza e ospitalità
dell’ordine ospitante.
Scopriamo così che l’ospitalità conventuale ha un ruolo importante in Sicilia considerando il
possono permettersi grossi investimenti pubblicitari: nasce con
questo duplice scopo il volume
"L’Isola dei sapori", la guida edita
dall'associazione Turismo verde Sicilia, nata per iniziativa della Cia
siciliana che racchiude le informazioni su cento aziende agricole e
agrituristiche che si dedicano alla
produzione dei prodotti tipici e tradizionali. Nel volume ogni azienda
è presentata con una scheda, dove
sono descritte anche le produzioni
principali, i recapiti e la cartina
stradale.
Una vacanza in convento è oggi di moda...
fatto che si tratta di una formula
poco conosciuta o che spesso viene associata ai pellegrinaggi mentre, in realtà, la vera novità consiste nel fatto che i religiosi hanno
scelto di puntare, così come altre
strutture microricettive, sulla valorizzazione del territorio sfruttando
quelli che sono dei veri e propri
punti di forza per motivi storici e
vicende artistico-architettoniche.
In Sicilia, in particolar modo, sono le monache di vari ordini
che
stanno
sperimentando
l’ospitalità presso la propria casa.
E’ il caso delle Congregazione delle
“Suore Collegine della Sacra Famiglia” a Cefalù e a Palermo che
hanno ristrutturato le camere dei
loro conventi secondo gli standard
di sicurezza europei predisponendo
ogni camera con bagno proprio, di
impianti di climatizzazione. Ma si
può scegliere di fare una visita anche alle suore francescane di Acireale o ancora al monastero di San
Benedetto a Catania.
Per chi non lo sapesse, in
Sicilia è molto diffusa la tradizione
secondo la quale le vere e proprie
depositarie del sapere riguardante
la preparazione dei dolci tipici, siano le monache che, all’interno delle loro case, custodiscono ricette
segretissime. E non è strano, si
può con certezza affermare che
l’arte culinaria in tutte Europa e la
relativa educazione alla tavola abbiano avuto origine tra le mura dei
monasteri e della abbazie medievali. Un motivo in più per provare
l’ospitalità conventuale, per dormire e mangiare...
Turismo in Sicilia: OK
nei primi mesi del 2007
La Sicilia sta confermando
in questa prima parte dell'estate di
essere una delle mete preferite dai
turisti. Ma questa volta, accanto
alle solite rinomate località come
Palermo, Taormina o Siracusa,
grande successo riscuotono anche
altre realtà dell'Isola. E' quanto risulta da una ricerca condotta dalla
Klaus Davi & Co grazie ai dati forniti dai vari Enti del Turismo regionale nel primo periodo dell’anno.
I dati raccolti evidenziano
sei nuove perle, sei località che
hanno visto letteralmente impennare il loro flusso turistico. In cima
alla classifica delle preferenze dei
turisti italiani e stranieri svettano
le ceramiche di Caltagirone seguite
a ruota dai siti archeologici e le
prelibatezze culinarie di Gela, da
Sciacca, famosa per gli stabilimenti
termali, e Noto caratterizzato dal
tipico stile barocco. Il quinto posto
se lo aggiudica Piazza Armerina
con i suoi caratteristici mosaici,
mentre ultima di una classifica
prestigiosa è Cefalù, soprattutto
per il suo mare, uno dei più famosi
al mondo.
L’isola dei sapori
Una guida per promuovere
il turismo enogastronomico in Sicilia, che attira sempre più visitatori,
ma anche un modo per pubblicizzare le piccole aziende che non
IL CLUB n. 88/89 – pag. 50
La guida - ha spiegato Antonio Terrasi, presidente dell'associazione Turismo verde Sicilia - dà
risalto al contesto territoriale dove
insistono molte aziende agrituristiche e agricole esaltando il loro ruolo di difesa, protezione e valorizzazione del territorio, e di conservazione delle tradizioni che è propria
di gran parte dell'attività agricola
che si svolge nell'Isola.
Insomma, un’ulteriore possibilità di godere della nostra Isola
andando alla ricerca del top della
sua genuinità.
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(C) Rare, Medium & Well Done. Foto : Stefano Galera. Copy Enrico Chairugi. Art: Daniele Freuli
L’ultima parola