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Kairós 68 – La Parola KAIRÓS La brezza di Elia e la potenza della grazia 68 Anno XIII n. 1 Settembre 2008 Indice La Parola La brezza di Elia e la potenza della grazia don Severino Pagani 3 La Preghiera A te fammi giungere e riposare in te via verità e vita Giovanni di Fécamp 14 La Tradizione Predica di nozze dal carcere Dietrich Bonhoeffer 16 1 Kairós 68 – La Parola LA PAROLA don Severino Pagani LA BREZZA DI ELIA E LA POTENZA DELLA GRAZIA Dio continua a chiamare in ogni tempo della vita. La sua parola assume di volta in volta toni diversi, si serve di persone e di circostanze diverse, compare con forza o con dolcezza, nel dolore o nella consolazione, nella tristezza o nella pace: eppure Dio rimane fedele e non si stanca mai di chiamare ciascuno di noi a costruire la storia, quella personale e quella di tutto il popolo, di tutta intera la comunità. Ad un certo punto della vita di Elia, la chiamata di Dio passa attraverso una brezza leggera, in altri tempi lo aveva chiamato con la forza di un terremoto, adesso no: nella brezza leggera il Signore lo invita a ritornare nel suo popolo, a non ritirarsi psichicamente prima del tempo, a non ripiegarsi sul suo soffrire, sulla sua debolezza, nella solitudine e nell’isolamento. 2 Kairós 68 – La Parola Bisogna ritornare nel cuore delle relazioni, con un po’ di fede, un po’ di preghiera, un po’ di entusiasmo. Diversamente si muore e il popolo di perde il suo futuro. Anche nella vita di Paolo ad un certo punto, nonostante la particolare rivelazione del mistero di Dio che ha ricevuto, nonostante la forza del suo annuncio e la radicalità della sua missione, scopre attraverso il soffrire che ogni sua superbia e ogni sua presunzione è stolta, e che un stato permanente di debolezza della vita lo sta aggredendo inesorabilmente. Paolo prova lo scoraggiamento, capisce che con le sole sue forze non ce la farà mai; avverte il rischio della insuperabilità dei limiti della sua umanità. Sentendo e provando nella carne questo soffrire, riscopre il dono della grazia: la chiede, la ricerca, la coltiva, la diffonde; anche Paolo come Elia è pronto per un nuovo cammino. Nella vita della primitiva comunità cristiana, come nella biografia di tutti, ad un certo punto della vita sembra di lottare contro forze impari. Di fronte al dolore e al male del mondo, di fronte alla ingiustizia e alla arroganza, si prova come una sfiducia nell’impossibilità di cambiare veramente qualcosa di importante, anche dentro di noi. I grandi condizionamenti culturali sembrano aver già deciso tutto, anche il futuro dei propri figli. Si rimane male, per la fragilità di se stessi e per la ipocrisia di molti. Ci si sente come agnelli in mezzo a i lupi. Nonostante questo sentire, l’antica pagina del vangelo ci ricorda di avere una più grande fiducia, perché lo Spirito del Padre suggerirà al momento opportuno quello che bisogna dire e quello che bisogna fare. Preghiamo Gesù di darci la forza di prestare attenzione a questa ultima voce dello Spirito. 3 Kairós 68 – La Parola 1. LA STORIA DELLA SALVEZZA Dal primo libro dei Re 1 Re 19, 8b-16 Dio si rivela ad Elia A. LETTURA DEL TESTO 8b Con la forza datagli da quel cibo, Elia camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb. 9 Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: “Che fai qui, Elia? ”. 10 Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita”. 11 Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. 12 Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. 13 Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: “Che fai qui, Elia? ”. 14 Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita”. 15 Il Signore gli disse: “Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. 16 Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele 4 Kairós 68 – La Parola e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel- Mecola, come profeta al tuo posto. Un breve cenno di storia: Elia inizia la sua attività profetica verso l’anno 875, sotto il regno di Acab, uno dei re più malvagi di Samaria, il quale sotto l’influsso delle su mogli ritornò a servire gli idoli, e costruì in Samaria un tempio a Baal. Distolto dal culto del vero Dio, il popolo aveva bisogno di un profeta. Elia animato da fede ardente contrasta il re Acab, annuncia che ci sarà una siccità in tutto il paese, e poi fugge la persecuzione nascondendosi presso ali anfratti di un torrente. Poi, quando il torrente rimane asciutto, Dio gli dice di andare a Sarepta presso una vedova, che lo provvederà del cibo. Dopo qualche tempo Elia annuncia la fine della siccità, ritorna dal re Acab e sconfigge i sacerdoti di Baal. Ma la regina Gezabele lo perseguita, decide di ucciderlo e lo costringe a fuggire. Il profeta Elia si trova tutto solo nel deserto; le forze lo abbandonano, non ha più né coraggio né speranza. Seduto sotto un ginepro, si augura di morire. Un angelo del Signore gli porta il cibo, e con la forza di questo cibo riprende il suo cammino, fino al monte di Dio Oreb. Mentre trascorre la notte in una caverna Dio lo chiama, e si rivela a lui. A questo punto inizia il testo che stiamo meditando: Elia entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: “Che fai qui, Elia? Il testo biblico è di straordinaria bellezza, per il modo con cui racconta l’incontro del profeta con Dio. Dio non si impone con la potenza di elementi terrificanti e scatenati da spaccare i monti e spezzare le rocce. Dio si propone all’uomo in una brezza leggere, si fa sentire in un esile soffio di vento. I questo modo Dio convince Elia a riprendere il cammino, a ripartire dal monte Oreb (come Mosè dal 5 Kairós 68 – La Parola Sinai) perché ritorni al suo popolo e lo aiuti a ricostruire la sua storia, nominando nuovi re e nuovi profeti. Ci sono alcuni tratti della vita di Elia che ci aiutano a capire la nostra personale vicenda di fede. Pensa alla gioia e alla riconoscenza del dono della fede e il senso di appartenenza alla comunità a partire dalla giovinezza; penso alle delusioni incontrate lungo il cammino, questo subdolo ritorno all’idolatria, sia da parte nostra, sia da parte di molti altri fratelli; penso a qualche difficoltà incontrata e ad un bisogno inconscio di fuggire e di stare lontano. Poi, anche noi come Elia possiamo aver incontrato periodi di siccità, situazioni di solitudine, aiuti da persone inaspettate, riprese troppo brevi, fino ad arrivare ad oggi che forse può essere il tempo di una nuova rivelazione per noi. Forse avverrà, non senza soffrire, attraverso una grande attenzione ad ogni forma di brezza leggera. B. LA PREGHIERA E LA VITA - Signore, ti ringrazio della testimonianza dei profeti; la storia di Elia, mi affascina, mi interpreta, mi sostiene: donami signore di vivere in umiltà, le vittorie e le sconfitte, le solitudini e le ospitalità, le siccità e le abbondanze. Indicami quando mi devo allontanare e quando devo ritornare sui miei passi - Signore, aiutami a non perdere mai il desiderio di te e lo zelo per la tua casa. Elia era pieno di zelo, nonostante le difficoltà che incontrava sul suo cammino: ti chiedo desiderio e generosità, per me e per le persone della mia casa. Rivelati ancora, o Signore, e donami la forza di sempre nuovamente partire. 6 Kairós 68 – La Parola - Signore, donami di ascoltare attentamente quella brezza leggera, attraverso la quale ti vuoi ancora rivelare a me. Donami forza di volontà, coraggio di discernimento, verifica del mio modo di pensare e di parlare, di trattare le persone e di entrare nelle situazioni. Voglio tornare dall’Oreb con una vivacità nuova nella preghiera quotidiana, nella carità familiare, nella lettura del mio tempo. 2. LA MEDITAZIONE TEOLOGICA A. LA LETTURA DEL TESTO Dalla seconda lettera ai Corinzi 2Corinzi 12, 2-10 La rivelazione di Cristo a Paolo 2 Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. 3 E so che quest’uomo - se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio - 4 fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare. 5 Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò fuorché delle mie debolezze. 6 Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato, perché direi solo la verità; ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi di più di quello che vede o sente da me. 7 Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. 8 A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. 9 Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. 7 Kairós 68 – La Parola Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10 Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte. Il Possiamo individuare tre stagioni spirituali nella vita spirituale di Paolo: il rapimento mistico, la spina nella carne, la forza della grazia. Sono tre esperienze che ogni cristiano, in maniera e con intensità diversa, è chiamato ad attraversare. Il rapimento mistico sta ad indicare i tempi della vita in cui si sente il Signore molto vicino; le sue parole sono di una dolcezza incredibile; il coinvolgimento è immediato, l’armonia tra il corpo e l’anima è assoluta, anche il sentimento è un aiuto fortissimo per la volontà, e quello che il Signore dice o fa capire sembra proprio vero per me. Sono sempre benedetti questi momenti e vanno continuamente chiesti al Signore; vanno preparati con la dedicazione del tempo e la calma del raccoglimento; vanno attesi con pazienza, vanno gustati con riconoscenza. Ci vuole attenzione e prontezza, perché non vengano sciupati. Questi momenti non si possono pretendere. La spina nella carne sta ad indicare una difficoltà permanente, una sofferenza che non si può mai completamente eliminare; può essere una debolezza del temperamento, una sensazione del corpo, un difetto troppo evidente, un modo di fare che fa troppo soffrire qualcuno. La spina nella carne è la traccia di una permanente debolezza, contro la quale tuttavia si deve sempre lottare, con esercizio, con determinazione, con l’umiltà del piccolo proposito, con il coraggio di qualche scelta coraggiosa, con la capacità d chiedere perdono. La forza della grazia sta ad indicare la modalità storica, concreta, spirituale con cui si deve affrontare sia il rapimento 8 Kairós 68 – La Parola mistico come la spina nella carne. Quando le cose vanno bene ti basti ricordare che è frutto della grazia; quando le cose vanno male e ti scoraggi e ti deprimi, ti basti ricordare che, se resti umile e generoso, il Signore ti sostiene, ti conduce, ti purifica e ti salva. Non ce la faremmo mai senza questo intervento continuo di Dio, che si è rivelato in pienezza nell’obbedienza e nel dolore di Cristo e che oggi ci raggiunge attraverso il dono e le intuizioni, che lo Spirito non ci fa ma mancare. Bisogna solo ascoltarle e prendere di volta in volta qualche decisione. Chissà perché qualche volta abbiamo solo tempo per qualcosa e mai per qualcos’altro? Amare significa scegliere, e scegliere significa rinunciare. B. LA PREGHIERA E LA VITA - Signore, ti ringrazio per le consolazioni spirituale che mi hai concesso nella vita. Ci sono stati dei momenti di cui solo ora capisco la bellezza e l’intensità. Ti ringrazio, Gesù, e ti prego di donare anche ai nostri figli l’esperienza di questi momenti, di questa vicinanza con te. Sostienici nel compito dolce e faticoso della trasmissione della fede. - Signore, ti prego di aiutarmi a portare per tuo amore qualche sofferenza inevitabile della vita. Saprò sopportare più agevolmente e volentieri le mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Non mi lamenterò continuamente di quando sto male, o di qualche oltraggio che mi viene fatto, e neppure di qualche piccola ingiustizia che subisco, perché voglio unirmi così all’amore che Gesù a vissuto per me. Liberami da ogni angoscia, perchè nelle angosce sofferte per Cristo, quando sono debole, è allora che sono forte. - Signore, donami tutta la buona volontà e l’esercizio ascetico che permetta veramente alla grazia di lavorare dentro di me. Possa nello spirito indirizzare e sostenere la 9 Kairós 68 – La Parola mia buona volontà. Continuerò a pregarti, Gesù, con la stessa intensità di Paolo perché mi tenga lontano dal pericolo, dalla miseria interiore, dalla umiliazione; ma come Paolo mi predisporrò il cuore alla tua parola: Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. 3. LA GIOIA DEL VANGELO Dal vangelo di Matteo Matteo 10, 16-20 È lo Spirito a suggerire ai fedeli le parole per la loro testimonianza A. LA LETTURA DEL TESTO 16 Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. 17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18 e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19 E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: 20 non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. La pagina evangelica ci introduce in un cammino di maturità, di serenità e di affidamento. 10 Kairós 68 – La Parola La maturità cristiana può essere qui intesa come la capacità di rimanere nel mondo e in tutte le sue contraddizioni come deve rimanere un cristiano. Si è come agnelli in mezzo ai lupi: si diventa più avveduti, prudenti e semplici, buoni ma non stupidi, capaci di parlare e di tacere, di valutare e di decidere, di dire dei sì e di pronunciare dei no. A cominciare dalla propria famiglia, fino a raccogliere le relazioni professionali e sociali. La serenità consiste in un stato d’animo permanente che supera l’inquietudine e la paura e conduce le persone verso una intelligente semplificazione delle cose e dell’anima. Certamente, prima o poi, saremo consegnati a qualche situazione più complessa e più difficile, forse più dolorosa, perché così richiede la fede e l’amore, e perché solo dentro queste situazioni si può capire veramente cosa significa la speranza in Dio. Insieme, il Signore non farà mai mancare le sue consolazioni. L’affidamento è invece frutto di un continuo colloquio con lo Spirito, attraverso il quale le sue parole diventano le nostre, e i suoi pensieri diventano i nostri. Lo spirito di Dio ci fa prendere le giuste misure sulla storia, ci ricorda continuamente quello che vale di più nella vita, ci aiuta a scegliere bene, ci abitua a non avere una considerazione troppo alta di se stessi, ci solleva da ogni scoraggiamento e da ogni mestizia. B. LA PREGHIERA E LA VITA - Signore, ti chiedo una vera maturità della mia persona e della mia fede: che sappia vedere e accogliere la difficoltà, che non mo abbandoni continuamente alla lamentela e alle pesantezze, che non mi scandalizzi per il male del mondo, ma che lo sappia vedere, evitare e combattere. Donami la prudenza di chi sa che 11 Kairós 68 – La Parola è facile cadere; e donami anche la semplicità di chi non esaspera i contrasti e le ferite. - Signore, ti chiedo la serenità del cuore e della vita e anche la capacità di rasserenare coloro che mi si avvicinano; che sappia comprendere, smussare gli ostacoli, consolare gli afflitti, volgere tutto al bene, aiutare a confidare in Dio. Rendimi un uomo o una donna forte, che non si scoraggia, che affronta la fatica, e che in tutto questo sa trovare il tempo per te. - Signore, ti chiedo la fede e l’affidamento a te. Donami di accoglierli dalla tua mano, ma anche di promuoverli in me e tra le persone che mi amano, con una buona gestione del tempo e del lavoro, degli impegni quotidiani e delle scadenze mensili. Ti chiede un colloquio continuo con il tuo spirito, che è sapienza, intelligenza, fortezza, pietà, misericordia, laboriosità, e tante altre buone misure delle cose della vita. 12 Kairós 68 – La Parola LA PREGHIERA Giovanni di Fécamp A TE FAMMI GIUNGERE E RIPOSARE IN TE VIA VERITÀ E VITA Tu sei il mio Dio vivo e vero, il Padre mio santo, il Signore mio amorevole, il grande mio sovrano, il giudice mio giusto, l'aiuto mio in eterno, la guida mia alla patria, la luce mia vera, la dolcezza mia santa, la via mia diritta, la sapienza mia più splendida, la semplicità mia pura, la concordia mia pacifica, il custode mio sicuro, l'eredità mia buona, la salvezza mia eterna, la misericordia mia grande, la pazienza mia fortissima, la vittima mia immacolata, la redenzione mia compiuta, la speranza mia eterna, la letizia, esultanza e visione beatissima che senza fine dovrà restare. Io ti prego, ti scongiuro e ti supplico: per mezzo di te fa che io muova i miei passi, sii tu il sostegno, sii tu la guida, a te fammi giungere e riposare in te via, verità e vita. 13 Kairós 68 – La Parola Lume della verità splendore della gloria del Padre, artefice di tutte le creature, ecco il mio cuore davanti a te: scuotine via le tenebre, e riempilo della luminosità del tuo amore perché si innalzi con volo leggero e giunga sino a te. Il peso della nostra fragilità ci trascina a terra, è vero; ma il tuo dono ci infiamma, ci porta verso l'alto, ci fa ardere e andare, salire nel nostro cuore verso il monte intonando il cantico delle ascensioni. Ė il tuo fuoco, il tuo fuoco buono che ci fa ardere ed andare, ci fa salire in alto, verso la pace di Gerusalemme, poiché davvero ho esultato di gioia quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore». Là ci ha collocati la volontà retta, perché non avessimo più altro desiderio se non di rimanervi in eterno. Se ora vediamo come attraverso un riflesso, in modo confuso, allora vedremo invece faccia a faccia. Il riflesso per noi è la tua Scrittura sacra, che nella notte di questa vita ci illumina, come lampada che brilla in luogo oscuro. 14 Kairós 68 – La Parola LA TRADIZIONE “Resistenza e Resa” raccoglie le lettere ed altri testi scritti da Bonhoeffer nel carcere berlinese di Tegel, dove fu detenuto dall’aprile ’43 all’ottobre ’44. Fu trasferito poi al campo di concentramento di Buchenwald, e poi a Flossenbürg, dove venne giustiziato. In carcere Bonhoeffer riesce a leggere, scrivere, riflettere, pregare, riceve pacchi dai familiari e lettere, sia ufficialmente, sia clandestinamente. Il libro raccoglie la corrispondenza con i genitori, con parenti e amici, ma è soprattutto lo scambio epistolare con Bethge, che contiene le più importanti riflessioni teologiche di Bonhoeffer. Questa lettera è stata scritta da Bohoeffer in occasione del matrimonio dell’amico Eberhard Bethge con sua nipote Renate. Dietrich Bonhoeffer PREDICA DI NOZZE DAL CARCERE Maggio1943 «... perché noi fossimo a lode della sua gloria» (Ef 1,12) Una coppia di sposi ha il diritto di accogliere e di celebrare il giorno del matrimonio vivendolo come un incomparabile trionfo. Se le difficoltà, le resistenze, gli ostacoli, i dubbi e le esitazioni non sono stati semplicemente tutti messi da parte, ma lealmente affrontati e vinti - ed è certo un bene che le cose non filino via troppo lisce, allora i due sposi hanno ottenuto effettivamente il trionfo decisivo della loro vita. 15 Kairós 68 – La Parola Essi hanno sfidato con serena sicurezza tutti i problemi e le perplessità che la vita fa nascere nei confronti di ogni durevole legame tra due persone, e si sono conquistati, con un atto di responsabilità personale, una terra nuova per la loro vita. Nella celebrazione di ogni matrimonio deve risuonare in qualche misura il giubilo che nasce dal fatto che gli uomini possono fare cose tanto grandi, e che a loro sono dati la libertà e il potere immensi di prendere in mano il timone della propria vita. Nella felicità di una coppia di sposi deve ritrovarsi in qualche modo il giustificato orgoglio dei figli di questa terra di poter essere artefici della propria fortuna. In proposito non è bene parlare in modo troppo frettoloso e remissivo, di volontà e di guide divine. Infatti non si può trascurare che qui è innanzitutto all’opera e celebra il suo trionfo semplicemente la nostra volontà umana; che è innanzitutto la strada da voi stessi scelta, quella su cui ponete il piede; che quello che avete fatto e fate non è in primo luogo una cosa pia, ma è una cosa in tutto e per tutto mondana. Il nostro amore susciterà in eterno Perciò, ancora siete voi e voi soli che ne portate la responsabilità, e nessun uomo può togliervela; più precisamente, su di te, Eberhard, ricade tutta la responsabilità per il successo del vostro proposito, con tutta la felicità che esso racchiude in sé; mentre tu, Renate, aiuterai il tuo uomo e gli renderai leggero portare questa responsabilità, e in ciò troverai la tua felicità. Vi rifugereste in una falsa devozionalità se oggi non osate dire: è la nostra volontà, il nostro amore, è la nostra strada. «Ferro e acciaio possono corrompersi, ma il nostro amore susciterà in eterno». Questo rivendicare la felicità terrena, che voi volete trovare l’uno nell’altra e che consiste - per usare le parole dell’inno medievale - nell’esser consolazione l’uno per l’altra con 16 Kairós 68 – La Parola l’anima e con il corpo, ebbene questo ha il suo diritto davanti agli uomini e davanti a Dio. Se mai qualcuno, voi avete tutti i motivi per ripensare alla vita trascorso con grandissima gratitudine. Siete stati addirittura ricolmati delle gioie e delle bellezze della vita , ogni cosa ha avuto buon esito, vi sono toccati in sorte l’amore e l’amicizia delle persone che vi circondano, le vostre strade sono state quasi sempre appianate prima che voi iniziaste a percorrerle; avete potuto contare in ogni situazione della vita sull’appoggio della vostra famiglia e dei vostri amici, tutti hanno desiderato per voi solo il bene, e infine avete avuto la possibilità di incontrarvi, e siete oggi al compimento dei vostri desideri. Sapete voi stessi che nessun uomo può costruirsi e ottenere con le sue proprie forze una vita come questa, che ad uno viene data mentre ad un altro viene negata. E’ questo che noi chiamiamo «guida di Dio». Se oggi il vostro giubilo per il fatto che i vostri desideri, le vostre strade sono giunte al traguardo è grande, altrettanto grande dovrà essere la vostra riconoscenza per il fatto che la volontà e a via di Dio vi hanno condotto fin qui; e se oggi assumete su di voi la responsabilità per il vostro atto, con altrettanta fiducia dovete metterla nelle mani di Dio. Dio guida il vostro matrimonio Oggi, dicendo sì al vostro sì, aderendo alla sua volontà con la vostra volontà, permettendovi e concedendovi il vostro trionfo, il vostro giubilo, il vostro orgoglio, Dio vi rende contemporaneamente strumenti della sua volontà e del suo piano per voi e per gli uomini. Dio, infatti, con una inconcepibile accondiscendenza dice sì al vostro sì; ma, così facendo crea qualcosa di assolutamente nuovo: crea, dal vostro amore, la condizione santa del matrimonio. 17 Kairós 68 – La Parola Dio guida il vostro matrimonio. Il matrimonio è di più del vostro reciproco amore. Esso possiede un valore e una potenza maggiori, perché è una istituzione santa di Dio, attraverso la quale Egli vuole conservare l’umanità sino alla fine dei giorni. Nella prospettiva del vostro amore voi vi vedete soli sulla scena del mondo; in quella del matrimonio voi siete un anello nella catena delle generazioni che Dio fa nascere e morire a sua gloria, chiamandole al suo Regno. Nella prospettiva del vostro amore vedete solo il cielo della vostra gioia personale; il matrimonio vi inserisce responsabilmente nel mondo e nelle responsabilità degli uomini; il vostro amore appartiene a voi soli, è personale; il matrimonio è qualcosa di sovrapersonale, è uno stato, un ministero. Come a fare il re è la corona e non la volontà del regnare, così non è il vostro reciproco amore, ma è il matrimonio che fa di voi una coppia davanti a Dio e davanti agli uomini. Come in un primo momenti vi siete scambiati in prima persona l’anello, ed ora lo ricevete nuovamente dalle mani del pastore, così l’amore viene da voi mentre il matrimonio viene dall’alto, da Dio. Quanto Dio è al di sopra rispetto agli uomini, altrettanto lo è la santità, il diritto e la promessa del matrimonio rispetto alla santità, al diritto e alla promessa dell’amore. Non è il vostro amore a sostenere il matrimonio, ma d’ora innanzi è il matrimonio che sostiene il vostro amore. Dio rende il vostro matrimonio indissolubile “Ciò che Dio ha unito, l’uomo non deve separare” (Mt 19.6). Dio vi unisce in matrimonio. Non siete voi a farlo, ma è Dio. Non confondete il vostro reciproco amore con Dio. Dio rende il vostro matrimonio indissolubile, lo protegge da ogni pericolo interiore ed esteriore; Dio vuole essere il garante della sua indissolubilità. 18 Kairós 68 – La Parola Questa è una gioiosa certezza per quanti sanno che nessuna forza al mondo, nessuna tentazione, nessuna debolezza umana può sciogliere ciò che Dio tiene unito; anzi, chi sa questo può dire con fiducia: ciò che Dio ha unito, l’uomo non può separare. Liberi da tutte le ansie che l’amore porta sempre con sé, potete dirvi, con sicurezza e totale fiducia: non potremo perderci mai più, ci apparteniamo reciprocamente fino alla morte per volontà di Dio. Dio fonda un ordinamento nel quale vi è data la possibilità di vivere insieme nel matrimonio «Voi mogli, siate sottomesse ai vostri mariti nel Signore, come si conviene. Voi mariti amate le vostre mogli» (Col 3,18-19). Con il vostro matrimonio voi fondate una casa. Per questo c’è bisogno di un ordinamento, e tale ordinamento è tanto importante che a porlo è Dio stesso, perché senza di esso tutto vacillerebbe. Voi siete liberi in tutto ciò che riguarda l’impostazione della vostra casa. Siete vincolati solo in questo: la donna sia sottomessa all’uomo, e l’uomo ami la sua donna. Così Dio rende all’uomo e alla donna l’onore che è loro proprio. Onore della donna è servire l’uomo, essere per lui un aiuto - come è detto nel racconto della creazione (Gn 2,20) - e onore dell’uomo è amare con tutto il cuore la sua donna. Una donna che voglia dominare il suo uomo, disonora se stessa e lui; così come amando poco la sua donna , l’uomo reca disonore a se stesso e a lei; e ambedue feriscono l’onore di Dio che deve riposare sullo stato matrimoniale. Sono insani quei tempi e quei rapporti nei quali la donna cerca di appagare la propria ambizione facendosi simile all’uomo, e l’uomo vede nella donna solo una marionetta per la sua sete di potere e per la sua libertà. Qualora il servire, che è proprio della donna, fosse considerato una diminuzione o addirittura 19 Kairós 68 – La Parola un’offesa del suo onore, e qualora l’amore esclusivo dell’uomo per la sua donna fosse considerato debolezza o addirittura stupidità, questo sarebbe l’inizio del disfacimento e della distruzione totale degli ordinamenti della vita umana. Il luogo dove Dio ha collocato la donna è la casa dell’uomo. La maggior parte degli uomini ha dimenticato che cosa possa significare una casa; per noi ciò è divenuto chiaro soprattutto in questi tempi. La casa è un regno a sé nell’ambito del mondo; una fortezza nella tempesta dei tempi, un rifugio, anzi un santuario; essa non poggia sul terreno vacillante dei mutevoli eventi della vita esterna, pubblica, ma riposa in Dio, cioè riceve da Dio il suo senso e il suo valore, la sua essenza e il suo diritto, il suo orientamento e la sua dignità. E’ una realtà fondata da Dio nel mondo, è il luogo dove - comunque vadano le cose nel mondo - devono albergare pace, quiete, gioia, amore, purezza, disciplina, rispetto, ubbidienza, tradizione, e in tutto questo, felicità. Costruire questo mondo all’interno del mondo dell’uomo, e operare in esso, è la vocazione e la felicità della donna. Lei felice se riconosce la grandezza e la ricchezza di questa sorte e di questo compito. Il regno della donna non è il nuovo ma il permanente; non ciò che muta, ma ciò che dura; non i toni alti, ma quelli sommessi; non le parole, ma l’agire; non il comandare, ma l’acquisire; non il desiderare, ma l’avere; animata e sostenuta in tutto questo dall’amore per il suo uomo. Nei Proverbi è detto: «In lei confida il cuore del marito, e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere, per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino, e li lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando è ancora notte, e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordine alle sue domestiche... Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero... Forza e decoro sono il suo vestito ed è nei confronti dell’avvenire. I suoi figli sorgono a proclamarla beata e suo 20 Kairós 68 – La Parola marito a farne l’elogio: «Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!» (Prov 31,11-15. 20.25.28.29). La più grande felicità terrena La felicità che un uomo trova in una donna onesta o, come dice la bibbia «virtuosa» e «saggia», viene costantemente considerata dalla bibbia stessa come la più grande felicità terrena. «Ben superiore alle perle è il suo valore» (Prov 31,10). «Una donna virtuosa è la corona del marito» (Prov 12,4). Altrettanto apertamente la Bibbia parla della disgrazia che per l’uomo e per tutta la casa rappresenta una donna insensata, «stolta». Se dunque l’uomo viene definito il capo della moglie, e si aggiunge addirittura: così come Cristo é il capo della comunità» (Ef 5,23), sulle nostre relazioni terrene ne discende uno splendore divino, che noi dobbiamo riconoscere e onorare. La dignità che in questo modo viene riconosciuta all’uomo non risiede nelle sue capacità e nelle sue predisposizioni personali, ma nel ministero che gli deriva dal matrimonio. E la donna deve vederlo rivestito di tale dignità. Per lui però questa dignità rappresenta la massima responsabilità. Essendo il capo egli è responsabile della donna, del matrimonio e della casa. Su d lui ricade la cura e la protezione dei familiari, egli rappresenta la sua casa di fronte al mondo, è il sostegno e la consolazione dei suoi, è il padrone di casa che esorta, punisce, aiuta, consola e sta di fronte a dio per la sua casa. E’ cosa buona, perché é ordinamento divino, che la donna onori il ministero dell’uomo, e che l’uomo lo eserciti effettivamente. «Saggi» sono quell’uomo e quella donna che riconoscono e rispettano l’ordinamento di Dio; «stolto» è chi crede di poterlo sostituire con un ordinamento derivante dalla sua volontà e dalla sua ragione. 21 Kairós 68 – La Parola Dio ha posto sul matrimonio una benedizione e un peso La benedizione è la promessa di una posterità. Dio rende partecipi gli uomini della sua ininterrotta opera creatrice; ma è Dio stesso che benedice un matrimonio per mezzo dei figli. «I figli sono dono del Signore» (Sal 127,3) e come tali dobbiamo considerarli. I genitori ricevono i figli da Dio, e a Dio devono ricondurli. Perciò i genitori hanno una autorità divina su di essi. Lutero parla della «catena dorata» con cui Dio circonda i genitori, e all’osservanza del quarto comandamento è data secondo le Scritture, la particolare benedizione di una lunga vita terrena. Ma poiché e finche gli uomini vivono sulla terra. Dio ha posto loro qualcosa che gli ricordi che questa terra è sotto la maledizione del peccato è non costituisce la realtà ultima. Sul destino dell’uomo e della donna si stende l’ombra scura di una divina parola d’ira, grava un peso voluto da Dio che essi devono portare. La donna deve partorire i figli nel dolore, e l’uomo, prendendosi cura dei suoi cari, deve raccogliere spine e cardi, ed eseguire il suo lavoro con il sudore della fronte. Questo peso deve condurre l’uomo e la donna ad invocare Dio, ricordando loro l’eterna destinazione del suo Regno, che è loro propria. La comunità terrena è solo l’inizio della comunità eterna, la casa terrena un’immagine di quella celeste, la famiglia terrena un riflesso della paternità di Dio per tutti gli uomini, che per lui sono figli. Dio vi dona Cristo come fondamento del vostro matrimonio «Accoglietevi gli uni gli altri, come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio» (Rm 15,7). In una parola vivete insieme perdonandovi a vicenda i vostri peccati, senza di che no può sussistere alcuna comunità umana, e tanto meno un matrimonio. Non siate autoritari tra voi, non giudicatevi e non condannatevi, non sovrastatevi, non attribuitevi la colpa l’un l’altra, ma accoglietevi per quello che siete, e 22 Kairós 68 – La Parola perdonatevi vicendevolmente ogni giorno, di cuore. Voi fondate la casa di un pastore. Da essa, luce e forza devono diffondersi in molte alte case. La casa di un pastore comporta una vita di particolare rinuncia. L’ uomo deve sostenere da solo molti impegni che appartengono al suo ministero, perché è lui a svolgere, e il ministero, per volontà di Dio, è riservato. Perciò tanto più grande deve essere il suo amore per la moglie e tanto più deve renderla partecipe di tutto ciò cui essa può prendere parte; ma tanto più anche la moglie del pastore dovrà facilitargli il compimento del suo ministero, stargli al fianco, aiutarlo. Ma come potete vivere da uomini fallibile nella comunione di Cristo e fare ciò che è proprio a tale comunione, se voi stessi non persisterete nella preghiera, giorno e notte, e nel perdono; se non vi aiuterete reciprocamente a vivere da cristiani? Molto dipende da un giusto inizio dall’impegno quotidiano. Dal primo all’ultimo giorno del vostro matrimonio deve restare valida questa esortazione: accoglietevi... per la gloria di Dio. Così avete udito la Parola che Dio dice sul vostro matrimonio; rendetegliene grazie; rendetegli grazie per avervi guidato fin qui e pregatelo di fondare, guidare, santificare, custodire il vostro matrimonio; in questo modo voi sarete «qualcosa a lode della sua gloria». Amen. DIETRICH BONHOEFFER, Predica di nozze. Dal carcere, maggio 1943, in Resistenza e resa, Paoline, Torino 1988, pp. 101-107 23 Kairós 68 – La Parola SE CERCHI UN LIBRO I racconti di Pasqua B. Maggioni, F. Manzi, E. Ronchi, R. Vignolo Paoline €11,00 Per essere viva e trasformarsi in esperienza, la fede ha bisogno di un continuo aggiornamento. E la risurrezione, snodo centrale della fede, può dispiegare la sua forza di speranza solo se ripensata e vissuta in ogni momento storico. Lo scopo dei tre saggi di lettura biblica raccolti nel presente volume è appunto questo: ripensare la risurrezione, aderendo con forza ai testi scritturistici. I contributi dei biblisti (originariamente pensati per gli incontri del centro culturale della Corsia dei Servi, a Milano) seguono la scansione degli eventi: - la mattina del primo giorno dopo il sabato, quando le donne si recano al sepolcro di Gesù e lo trovano vuoto (Le donne al sepolcro,di Bruno Maggioni); - il tempo che trascorre da quella mattina fino all’Ascensione, vissuto attraverso l’esperienza dei discepoli (Egli si mostrò ad essi vivo dopo la sua passione, di Roberto Vignolo); - il tempo proiettato nel futuro con il ritorno di Cristo e la fede nella risurrezione dei morti ai primi tempi della cristianità, in particolare nella Prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, la prima opera, in senso cronologico, del Nuovo Testamento (Credo nella risurrezione. La fede della Chiesa di Tessalonica, di Franco Manzi). Chiude il volume un quarto contributo, quello di Ermes Ronchi (Il passo del sole), nel quale si cerca di indicare quale dinamismo vitale, quale forza di speranza la risurrezione possa effondere nella vita del credente. 24 Kairós 68 – La Parola L’amore vince la morte: commento esegetico spirituale alle lettere di Giovanni Enzo Bianchi San Paolo €14,00 Le tre lettere di Giovanni rispondono all’esigenza della prima comunità cristiana di difendersi dai falsi maestri e dalle concezioni dualistiche che ponevano una netta separazione tra lo spirito e la materia e minavano la verità dell’incarnazione del Figlio di Dio. Enzo Bianchi prende spunto dallo scritto giovanneo per riaffermare con forza e originalità l’unità del credente e la forza di amare che viene dal fatto che “Dio è amore” (4,8). 25