La governance: che cos`è?

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La governance: che cos`è?
 LA GOVERNANCE: CHE COS’È Capitolo primo
La governance: che cos’è?
1. Definire la governance
Governance è un termine mutuato dall’inglese e se volessimo darne una definizione in italiano facendoci aiutare da un dizionario scopriremmo di non poter fare riferimento ad alcuna traduzione convincente. Come alternativa all’inglese è stata usata l’italianizzazione «governanza», senza che però questa proposta abbia avuto
un seguito nell’uso pubblicistico o scientifico. In qualche altro caso, si è preferito tradurre governance con l’espressione più articolata «sistema di governo», come ad
esempio nella versione in italiano del documento europeo A White Paper on European Governance dell’ottobre
del 2000 (Sec, 2000); proposta certamente più immediata di «governanza», ma che ha il difetto di annullare
la differenza semantica tra governance e governo. Invece,
la necessità di tener ferma una distinzione tra questi due
termini ha ragioni profonde e sostanziali. Infatti, nella
nostra lingua il lemma «governo» indica indifferentemente un’istituzione (il «governo» italiano), una particolare attività (quella di governare nel senso dell’«io governo») e il suo risultato (una certa istituzione produce
«il governo»). In inglese, per contro, e a valle di una
complessa etimologia, con government si indica l’istitu19
CAPITOLO PRIMO zione del governo (e in termini più generici anche «lo
Stato») mentre con l’espressione governing si intende la
pratica del governare (anche se talvolta anche il temine
governance è utilizzato allo stesso modo); l’espressione
governance – nel suo uso corrente – è invece utilizzata per
indicare tanto il risultato quanto la forma che assume la
generica azione del governare.
Se la assumiamo la governance come espressione generica del governare, con questo termine possiamo nominare
qualsiasi forma di organizzazione dell’azione collettiva.
Nel testo che forse più di ogni altro ha favorito l’affermarsi di questa espressione nella pubblicistica politica e
scientifica, James Rosenau ha bene espresso come la
governance […] sia un fenomeno più ampio di quello del
governo. Esso include le istituzioni di governo, ma anche quei meccanismi informali e non-governativi attraverso i quali individui e organizzazioni si orientano nei
loro campi d’azione, soddisfano i loro bisogni, e realizzano i loro obiettivi (Rosenau, Czempiel, 1992: 4).
Il governo inteso come esercizio del potere pubblico statuale (government) altro non è che una forma
particolare, un sottotipo, delle forme molteplici e plurali dell’azione e del coordinamento collettivo che
vanno sotto il termine generico di governance.
Ad un’accezione così ampia del termine, si oppongono tuttavia gli usi di questo lemma che in molteplici
ambiti disciplinari distinguono la governance dal governo
statale. In questi casi, la distinzione lessicale tra governo
(government) e governance esprime due modalità effettivamente diverse di intendere i processi politici: nel primo
caso verticali e gerarchici, e facenti riferimento all’esercizio diretto dell’autorità statale, nel secondo caso diffusi, orizzontali e tendenzialmente non gerarchici.
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LA GOVERNANCE: CHE COS’È La governance: cenni storici ed etimologici Il lemma governance proviene, al pari di quello di «governo», dal verbo greco kubernao, usato per indicare l’atto di
condurre una nave oppure un carro. Sarà in Platone che
il termine verrà utilizzato metaforicamente per indicare il
governo degli uomini. Dal greco classico, esso attraverserà la storia politica occidentale nella sua forma latina
gubernare. Nella Francia del XIII secolo il termine volgare gouvernance sarà usato per indicare sia il «governo»
nella sfera domestica e nell’ambito politico-amministrativo, sia gli istituti di autogoverno della Fiandra e della
regione medievale dell’Artois. In termini non dissimili,
nell’Inghilterra dei secoli successivi il termine indicherà
l’atto di governare. Esso però darà espressione tanto al
«governo» inteso come comando del principe, quanto
all’insieme delle norme, delle consuetudini, degli statuti
e delle libertà inglesi. Esemplare è il trattato del giurista
John Fortescue (1385-1476), On the Laws and Governance
of England, scritto tra il 1471 e il 1476, nel quale governance è un insieme ordinato di leggi, consuetudini e istituti che si affiancano – e limitano – il potere del principe e danno corpo a quello che Fortescue descrive come
«dominium politicum et regale». Poco meno di un secolo dopo, nel 1628, il giurista inglese Edward Coke
scriverà di good governance per riferirsi a un governo giusto e legale. L’opposizione tra governance e governo si afferma nel lessico pubblicistico e scientifico a partire dal
dibattito sulla riforma delle strutture e delle istituzioni
di governo metropolitano che prende avvio tra gli anni
sessanta e settanta del secolo scorso negli Stati Uniti. Il
termine riappare, in seguito, nell’ambito dell’analisi dell’organizzazione delle imprese economiche e finanziarie
(corporate governance) per descrivere le forme diverse di
organizzazione e di autogoverno.
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CAPITOLO PRIMO Proprio questa governance offrirà quindi il modello teorico di riferimento per l’elaborazione degli standard di
buona governance fatti propri dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale. Del 1995 è infine
l’esplicita codifica della governance globale da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Cgg, 1995).
In un importante saggio del 1999, Renate Mayntz
ha segnalato tre diverse accezioni del termine che ancora oggi ci permettono di cogliere i confini entro i
quali si muove il dibattito sulla governance negli studi
politici. La prima indica
un nuovo stile di governo, distinto dal modello del
controllo gerarchico e caratterizzato da un maggior
grado di cooperazione e dall’interazione tra Stato e attori non-statali all’interno di reti decisionali miste pubblico/private (Mayntz, 1999: 3).
In altri termini, la governance si distingue dal governo
per essere una modalità di cooperazione tra attori
pubblici e privati che non si basa sull’esercizio prevalente della gerarchia istituzionale. Essa costituisce pertanto una rete che vive di processi di co-decisione e di
negoziazione diffusa tra enti, istituzioni, associazioni,
gruppi di interesse. In una seconda e più complessa accezione, la governance descriverebbe, secondo Mayntz,
quelle modalità distinte di coordinamento delle azioni
individuali, intese come forme primarie di costruzione
dell’ordine sociale. In particolare questo secondo uso è
derivato dall’economia dei costi di transazione, dall’analisi di mercato e della gerarchia quali forme alternative di organizzazione economica (Mayntz, 1999: 4).
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LA GOVERNANCE: CHE COS’È La governance sarebbe, allora, la forma generale delle
relazioni sociali che si instaurano tra individui sulla
base di modelli di «scelta razionale» e di calcolo razionale dei costi e dei benefici. Infine, un più generico uso del termine è quello che include entrambe le
precedenti accezioni nella definizione più ampia di
governance che abbiamo segnalato in precedenza.
L’emergere di queste teorie, secondo la studiosa
tedesca, è il risultato delle trasformazioni che negli
ultimi decenni del Novecento sono intervenute nel
modo di intendere l’azione e le forme del governo
statale. Infatti, la governance è parte di un percorso di
messa in discussione delle procedure del governo
rappresentativo negli Stati democratici e parlamentari
che ha visto come passaggio di rilievo la tematizzazione della categoria di «governabilità» fatta dalla cosiddetta Commissione trilaterale. Per prima, questa
Commissione ha spostato gli accenti della politica democratica dagli istituti della rappresentanza – e quindi
dalle forme tradizionali della legittimazione rappresentativa – verso processi di accentramento esecutivo e di
un più ampio ricorso a politiche regolative, con il fine
di garantire stabilità ed efficacia ai processi decisionali.
A partire dalla governabilità si è pian piano indebolita
l’idea del governo diretto della società da parte dello
Stato, per valorizzare e ampliare gli spazi di auto-regolazione degli interessi e le dinamiche autonome della
società capitalistica. In quest’ottica, alla politica non
sono attribuiti come compiti primari il governo o la regolamentazione legislativa dei processi economici e sociali, quanto la loro direzione e la regolazione per via
amministrativa o attraverso la delega di funzioni anche
ad attori non statali (La Spina, Majone, 2000).
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CAPITOLO PRIMO In effetti, le difficoltà che incontrano le democrazie parlamentari nel garantire un governo efficace e
stabile hanno spinto parte della scienza politica contemporanea a sottolineare l’importanza crescente delle funzioni di direzione, programmazione e regolazione politica rispetto a quelle esecutiva e legislativa. I
limiti strutturali che tali democrazie mostrerebbero
nel rispondere con efficacia a funzioni sempre più
estese – quelle legislativa e amministrativa in particolare – e l’emergere di nuovi attori tanto sul piano
statale quanto a livello internazionale impongono il
ripensamento dell’operato dei governi in un’ottica di
governance.
A partire dalla pluralità di accezioni del lemma governance che la Mayntz ha ricostruito, è possibile mostrare come nel dibattito contemporaneo negli studi
politici e sociali si intreccino almeno tre visioni differenti di essa. Nella prima la governance è descritta come
una modalità di regolazione politica leggera (soft) distinta da quella rigida (hard) del potere esecutivo e
delle procedure del diritto pubblico; la seconda la riconduce ad uno specifico modello organizzativo, ossia a formule organizzative di natura politica differenti da quelle gerarchiche e verticali proprie dell’amministrazione statale; la terza la collega ad una determinata struttura produttiva, ossia alla ricerca di forme
organizzative e politiche di diretta espressione del contemporaneo neoliberalismo (Palumbo, Vaccaro, 2007).
Del resto, nel dibattito sorto intorno al tema della crisi dello Stato nazionale, la governance, da un lato, segnala il ruolo crescente di una molteplicità di attori
non istituzionali e forme d’azione politica orizzontali
tese a «governare senza governo». Dall’altro lato, nel24
LA GOVERNANCE: CHE COS’È la governance e nella globalizzazione emerge anche il dispiegarsi di una «nuova ragion di Stato» apparentemente tesa a spoliticizzare aree sempre più ampie del
governo e a ridimensionare gli spazi democratici
apertisi nell’immediato dopoguerra. Ques’ultima tesi,
espressa dallo studioso Klaus Dieter Wolf, mostra
come nella gestione della politica interna i governi e
le maggioranze politiche utilizzino spesso strumentalmente le spinte e le tensioni della politica internazionale
per imporre una riduzione del dibattito politico interno
e facilitare l’approvazione di politiche controverse o
impopolari (Wolf, 2000). In breve, in questo dibattito si
oppongono una governance «oltre lo Stato» (Fiaschi,
2008) e una vera e propria governance «di Stato».
In ultimo, la studiosa Maria Rosaria Ferrarese, che
alla governance ha dedicato una serie importante di lavori, ha rilevato come non sia ad oggi ancora chiaro a
quale territorio disciplinare essa appartenga:
i fenomeni di governance sono stati oggetto di analisi soprattutto da parte di politologi, ma anche i giuristi hanno spesso fatto i conti con essi. Essi si collocano dunque a metà strada tra territorio politico e territorio istituzionale (Ferrarese, 2010: 62).
Una condizione di indistinzione, tuttavia, che non
è solo il prodotto dei limiti che le scienze politiche e
sociali mostrano nel leggere fenomeni nuovi, ma soprattutto la rappresentazione di un cambiamento radicale poiché
la governance si inserisce in questo percorso di ridefinizione delle coordinate concettuali e istituzionali del
mondo. I presupposti giuridici e istituzionali che erano
alla base della democrazia rappresentativa europea pos25
CAPITOLO PRIMO sono rapidamente essere identificati in tre tratti essenziali: il primato della legislazione, la netta distinzione tra
diritto pubblico e diritto privato e la divisione tra le varie forme di potere (Ferrarese, 2010: 62-63).
Tutti e tre questi tratti sono profondamente modificati, «erosi» dalla governance che, come si discuterà nei
prossimi capitoli, sposta il piano della politica statale
dalla legislazione e dalla «regolamentazione» autoritativa e verticale ad una nuova regolazione amministrativa. Questa nuova governance scioglie i confini tradizionalmente stabiliti tra diritto pubblico e diritto privato, rendendo il primo permeabile al secondo, e invertendo il primato che lo spazio pubblico-statuale ha
avuto nei nostri sistemi politici e giuridici su quello
privato e non statale. In ultimo, se un principio costitutivo delle architetture costituzionali è quello della
separazione e del bilanciamento dei poteri, i nuovi
attori di governance e le reti di attori che emergono
tanto sul piano globale quanto ai diversi livelli sub
statali e interstatali svolgono talvolta ruoli e funzioni
che modificano radicalmente la tradizionale tripartizione.
Nel suo contributo, Ferrarese individua tre caratteristiche della governance che si discuteranno ampiamente nel corso dei prossimi capitoli: inclusività, effettività, interattività. Con la prima espressione la studiosa vuole mostrare come le politiche di governance
abbiano una pretesa «inclusiva», ossia cerchino la
maggiore partecipazione possibile di attori tanto pubblici quanto privati. Il tema dell’effettività è invece
connesso alla natura performativa e operativa di queste politiche, che sono strettamente intrecciate ad una
logica di risoluzione dei problemi e di gestione dei
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LA GOVERNANCE: CHE COS’È conflitti. Infine, il tema dell’interattività segna la loro
natura molteplice, flessibile e dinamica caratterizzata
da un pragmatismo operativo che tende a scavalcare
la rigidità e la correttezza procedimentale (due process)
cui sono obbligate le istituzioni pubbliche. L’esito,
come spiega Ferrarese, appare paradossale perché se
da un lato la governance «rifugge» la procedura come
forma chiusa, essa è però nella sua natura essenzialmente procedurale e deliberativa.
2. Governance e amministrazione pubblica
Anche solo da questi rapidi passaggi, appaiono
chiare le ragioni per cui il lemma governance significhi
molte cose diverse. Certo è che nel dibattito pubblicistico o giornalistico la governance spesso non è altro
che un’alternativa stilistica più accattivante al termine
ormai «fuori moda» di governo. Nel linguaggio scientifico, come si è accennato, si va da usi minuti e settoriali a definizioni tanto ampie da abbracciare qualsiasi
forma di coordinamento e organizzazione dell’azione
collettiva: arrivando addirittura a sostituire la governance con una superiore (meta) governance, con la quale
non si indicano tanto dei moduli organizzativi o politici specifici, quanto «la creazione delle condizioni per
un governo bene ordinato e dell’azione collettiva»
(Stoker, 1998: 17), ovvero quell’insieme di relazioni,
di incentivi, di precondizioni sociali, politiche e istituzionali che rendono possibile l’affermarsi di reti di
attori e la loro auto-regolazione.
Dunque, per cogliere il significato politico che
emerge da questo quadro confuso, e al di là delle sin27