venite a conoscere il vallone delle cime bianche

Transcript

venite a conoscere il vallone delle cime bianche
Venite a conoscere il Vallone, aiutateci a difenderlo: il documento "Lungo, ampio ed ancora incontaminato, il Vallone delle Cime Bianche si estende a NW di St. Jacques fino allo spartiacque tra la Valle d’Ayas e la Valtournenche. Questo magnifico ambiente naturale rischia di essere distrutto perché è il segmento mancante di un carosello di impianti sciistici che, se completato, collegherebbe Alagna Valsesia a Cervinia. Confidiamo che sia difesa la sua preziosa verginità con la creazione di un parco naturale: la sua salvaguardia è richiesta dai fenomeni geologici e naturalistici di straordinario interesse che contiene". Così scriveva 40 anni fa Giorgio Dal Piaz, coordinatore della Guida Geologica della Società Geologica Italiana. E proponeva di intitolare il parco: alla ricerca dell’oceano perduto. Il vallone ospita, infatti, un unicum geologico: la placca africana e la placca europea nel loro lento moto sono giunte qui a incontrarsi, chiudendo e sollevando l’antico oceano, la Tetide, che li separava. Il fondo oceanico (oggi riconoscibile nelle caratteristiche rocce verdi, gli ofioliti, che qui abbondano) fu sollevato sin oltre 3000 metri di quota e trascinò con se le isole coralline (era un oceano tropicale), che lo punteggiavano. Le riconosciamo nei tre denti bianchi (le Cime Bianche) che danno il nome al vallone e nella fascia bianca che ne percorre la sponda destra orografica. Il Vallone delle Cime Bianche riveste inoltre una notevole importanza storica e culturale essendo stato un’antica via di migrazione della popolazione Walser e, più tardi, una via di scambi commerciali tra la Lombardia e l’Europa: la Kremerthal. Ospita testimonianze della lavorazione della pietra ollare e della cottura della calce, e il famoso Ru Courthoud: un canale di irrigazione artificiale, creato nel 1300, che prende l’acqua dal ghiacciaio di Ventina e la porta a irrigare l’arida collina di Saint Vincent e Emarèse con un percorso di ben 25 chilometri, ricchi di opere d’arte, gallerie, ponti-­‐canali di più di 600 anni. Le balze erbose, i laghi e i torrenti del Vallone fanno infine da cornice a un prezioso ecosistema floreale e faunistico d’alta quota che, nonostante le severe condizioni climatiche, costituisce una piccola, intatta perla di ecologia alpina. Come temeva Dal Piaz 40 anno fa, il Vallone delle Cime Bianche è oggi nuovamente minacciato dal progetto di un collegamento funiviario tra Ayas e Cervinia, che lo deturperebbe, in modo irrimediabile, compromettendone una valorizzazione lungimirante, anche dal punto di vista turistico/economico. Non chiediamo un sostegno ad occhi chiusi. Vi chiediamo di aiutarci a difenderlo, a valorizzarlo, solo quando lo avrete visto, deciderete. Topografia e orografia Il Vallone delle Cime Bianche, o di Courthoud, è situato interamente nel Comune di Ayas e si estende per una lunghezza di circa 10 chilometri, delimitando a ovest il versante meridionale del massiccio del Monte Rosa. Solcato per l'intera lunghezza dal Torrente Courthoud, il versante orografico destro è sovrastato dai ripidi versanti che sorreggono il terrazzo orografico d'alta quota che dalla base del Grand Tournalin e del Monte Croce conduce al Monte Roisettaz. Il versante orografico sinistro, denominato anche Comba d'Aventine, è un susseguirsi di ampi pianori erbosi e torbiere che intersecano le vallette tributarie di Tzere e Rollin, le cui acque originano dagli omonimi ghiacciai. In fondo al vallone si ergono le tre bianche cime calcaree triassiche da cui ne deriva l'antico toponimo: la Pointe Sud, il Bec Carré e la Gran Sometta. Percorrendo il vallone, preferibilmente con percorso ad anello, lo sguardo non cessa di stupirsi per la meravigliosa varietà ed integrità dei paesaggi di alta quota che incontra a 360°. Giunti al Colle Superiore delle Cime Bianche, che mette in collegamento con la Valtournenche, è stupendo il colpo d'occhio sul Cervino e le Grandes Murailles. 2. Vallone delle Cime Bianche (Ayas) I valori naturalistici e paesaggistici Il vallone si stende dai dintorni di Saint-­‐Jacques (1689 m) fino ai colli alti verso la Valtournenche (Colle Superiore delle Cime Bianche, 2982 m) per culminare su un dosso glaciale del Monte Rosa (Gobba di Rollin, 3899 m). Con l’eccezione di un ristretto settore a monte di Saint-­‐Jacques, tutto il territorio è sottoposto al regime di ZPS-­‐ZSC, due acronimi che identificano la massima protezione naturalistica prevista dalle norme europee. Tale protezione è accordata sulla base di un dossier di rilevamento territoriale che evidenzia la sua rilevante importanza anche per flora, fauna e geologia. Flora Il vallone è stato segnalato dalla Società Botanica Italiana fra i biotopi italiani di rilevante interesse vegetazionale, meritevoli di conservazione. In particolare è da notare il rilevante sviluppo della varietà ambientale, che trapassa ripetutamente dalla torbiera alla prateria asciutta, dagli ambienti carsici al macereto, dai pascoli ai suoli periglaciali. Ulteriore biodiversità vegetale è creata dalla contiguità fra substrati calcarei e silicei. Si intreccia così una complessa e delicata comunità vegetazionale a più livelli ed intersezioni. Non a caso, nelle parti alte del vallone e sul massiccio si sono registrati i massimi altitudinali di numerose specie floristiche alpine (una sessantina tra specie e varietà), tra cui il ranuncolo dei ghiacciai, l’androsace alpina e la sassifraga a foglie opposte. Fauna Molte delle principali specie faunistiche alpine superiori sono rappresentate nel vallone. In particolare sono documentati, fra i mammiferi, lo stambecco, il camoscio, l’ermellino, la lepre e la marmotta. Fra gli uccelli inseriti nell’Allegato I della Direttiva 2009/147/CE nidificano la coturnice, l’aquila reale, il gracchio corallino, la pernice bianca, il gallo forcello, il fringuello alpino ed il culbianco. Sono poi regolarmente avvistati gheppio, cuculo, averla, cardellino verso le basse quote. Scarseggiano gli studi sulla fauna dei rettili e degli invertebrati. Per questi ultimi, nei tempi recenti disponiamo di segnalazioni sparse, come ad esempio quella relativa al bel carabide Oreonebria castanea che vive in ambienti periglaciali. Geologia Ancor più che negli aspetti biologici, già al massimo livello scientifico e d'interesse turistico, l’eccellenza del vallone è legata alla sua eccezionale natura geologica (Dal Piaz, 1990). Come anticipato nell’introduzione, Il vallone ospita, infatti, un unicum geologico: la placca africana e la placca europea nel loro lento moto sono giunte qui a incontrarsi, chiudendo e sollevando l’antico oceano, la Tetide, che li separava. Il fondo oceanico (oggi riconoscibile nelle caratteristiche rocce verdi, gli ofioliti, che qui abbondano) fu sollevato sin oltre 3000 metri di quota e trascinò con se le isole coralline (era un oceano tropicale), che lo punteggiavano. Le riconosciamo nei tre denti bianchi (le Cime Bianche) che danno il nome al vallone e nella fascia bianca che ne percorre ila sponda destra orografica. Più in dettaglio, diversi corpi rocciosi del massimo interesse per la comprensione del paesaggio, della dinamica alpina e della tectonica a placche si allineano lungo il vallone. 1. Posizione, forma e direzione del vallone sono essenzialmente determinati dal più dinamico di questi corpi, la falda cristallina del Monte Rosa, che non affiora nel vallone ma che ne forma verosimilmente il substrato profondo. Questa falda si trova strutturalmente sotto a tutte le altre, ma la sua dinamica ascendente l’ha portata in tempi geologicamente brevi a sovrastare topograficamente la zona fino ai 4600 metri del massiccio, provocando intorno a sé inevitabili contraccolpi sotto forma di fessure, dislocazioni, laminazioni della roccia. Queste fasce di deformazione, in cui la roccia è meccanicamente indebolita e quindi più facilmente erosa dai ghiacciai e dai torrenti, si stendono anch’esse più o meno parallele lungo il vallone, dove già scorrono i contatti fra i diversi corpi rocciosi. Ne risulta un vallone sorprendentemente suddiviso in quattro solchi paralleli, tre dei quali dotati di un autonomo sistema idrografico. 2. Tutto il versante sinistro idrografico del vallone è impostato nelle rocce dell’unità oceanica profonda detta Zermatt-­‐Saas, costituita da tre elementi allungati sull’asse del vallone: un antico mantello litosferico (serpentiniti), antichi magmi basaltici da esso derivati (metabasiti) e un sottile livello di antichi sedimenti oceanici (micascisti granatiferi a carbonato). La loro mineralogia, oltre ad essere esteticamente attraente, è della massima importanza per la determinazione dei percorsi sotterranei delle masse rocciose nel corso dell’orogenesi. 3. Lungo il versante idrografico destro appare con grande evidenza la fascia rocciosa delle Cime Bianche, unità tettonica di margine continentale (lagunare), spessa fino a 200 m. Si tratta di una serie stratigrafica molto rimescolata dalle trasposizioni, che riproduce la coeva serie delle Dolomiti (Triassico). 4. Al di sopra, le montagne sullo spartiacque con la Valtournenche sono costituite da una seconda falda oceanica di origine più superficiale, massimamente costituita da antichi sedimenti (calcescisti), coinvolta a minor profondità nel processo orogenetico. I valori storici e culturali L’interesse archeologico di questo Vallone spazia tra numerosi periodi preistorici e medievali, anche se la documentazione attualmente disponibile non corrisponde alle potenzialità del territorio. A differenza del vicino Vallese svizzero o del Delfinato, la ricerca archeologica in Valle d'Aosta si è rivolta per un lungo periodo essenzialmente verso i segni della romanità. La sistematica esplorazione dei ripari sotto roccia, appena al di là del confine, ha prodotto una ingente documentazione su insediamenti ed attività manifatturiere in alta montagna fin dalla deglaciazione e forse anche prima. Non è pensabile che a poche migliaia di metri di distanza, verso sud, non vi fosse nulla, tanto più che gli apparentamenti culturali dei reperti vallesani indicherebbero un irraggiamento dal versante padano. Il Vallone delle Cime Bianche, allora come ora, rappresentava il miglior tramite naturale fra i due versanti, e possiamo quindi tranquillamente affermare che popoli, merci ed idee già dal Neolitico confluivano nel nostro Vallone per diffondersi in queste regioni alpine. Sicuramente, ricerche in archivi naturali (torbiere) e in siti insediativi darebbero risultati in tal senso. Il primo indizio archeologico già individuato e visibile verso la testata del Vallone consiste nella traccia lastricata di una via di comunicazione, presumibilmente medievale, interrotta da una morena della Piccola Età Glaciale. Evidente è il forte stimolo culturale di tale manufatto, che attesta la continuità della funzione di collegamento viario del Vallone e la variabilità del clima a ritmo plurisecolare. Altri oggetti archeologicamente significativi si trovano sparsi in vari siti del Vallone e consistono nelle tracce di lavorazione della pietra ollare, di difficile datazione, ma in certi casi documentabile fino al secolo scorso. Si tratta essenzialmente di recipienti da mettere sul fuoco e di stufe, dei quali rimangono scarti di lavorazione tronco-­‐conici o a lastre, di tipico colore verdastro. In qualche caso è possibile risalire alla cava della materia prima, materiale esclusivo valdostano e quindi ben riconoscibile nei ritrovamenti fuori Valle, che consiste in cloritoscisto più o meno granatifero affiorante nel nostro Vallone. Alcuni pezzi sono esposti al Museo dell’Artigianato Valdostano a Fénis. Più propriamente storica è la tematica relativa al popolamento Walser dell’alta Val d’Ayas, di cui abbiamo abbondanti testimonianze ma che attende studi più documentati a raggio europeo, dove operavano i mercanti e gli artigiani alpini nei loro spostamenti. I Walser hanno lasciato tracce di un’organizzazione originale del territorio che possono essere reperite nelle terre alte della Val d’Ayas. Anche in questo caso, il Vallone delle Cime Bianche rappresentava il corridoio obbligato per congiungere i vari stanziamenti Walser delle valli del Rosa. All’incrocio di storia e costume, fra i legati culturali del Vallone delle Cime Bianche va annoverata l’intensa frequentazione da parte delle élites borghesi tra Ottocento e Novecento, che lasciarono una forte impronta su tutta l’alta Val d’Ayas. Indimenticabile è la memoria dell’Abbé Gorret, l’Orso della Montagna come si firmava, primo salitore del Cervino dal lato Italiano, che passò quasi tutta la vita a Sant Jacques. Non possiamo poi non ricordare il poeta torinese Guido Gozzano, che soggiornò a Fiéry, e il novelliere Giuseppe Giacosa che in Novelle e Paesi Valdostani, ci lasciò una indimenticabile descrizione della vita dei contrabbandieri che da Fierì, risalendo il Vallone, raggiungevano il Vallese tra ‘800 e ‘900. Ma anche negli anni seguenti il Vallone registrò il turismo culturale ed esplorativo della borghesia intellettuale torinese, di cui l’alta Val d’Ayas assorbì in parte lo spirito. Fu sicuramente questo spirito che permise a un altro intellettuale, don Michele Do, di vivere nell'eremo di Saint-­‐Jacques fino alla morte, avvenuta pochi anni fa. L'attività agricola Forse come poche altre realtà alpine, la comunità di Ayas ha saputo trarre dalla terra, dall'acqua, dalle pietre e dagli alberi gli alimenti per vivere e le materie prime da trasformare. L'agricoltura è l'attività che più di ogni altra ha definito e conformato il paesaggio che conosciamo, e che in parte rischia il degrado e la banalizzazione. L'armonia dei declivi, le praterie in fiore dei pascoli d'alta quota, i terrazzamenti, il reticolo dei ruscelli, i colori, la biodiversità, sono un frutto prezioso, ereditato da secoli di coltivazione della terra. Ancora nel 1871, agli albori della seconda rivoluzione industriale, quasi il 90% della popolazione valdostana era dedita all'agricoltura di sussistenza, che rappresentava di gran lunga la più importante attività economica. Ad Ayas non l'unica, potendo vantare l'integrazione derivante dalla lavorazione dei sabot. Se in epoca feudale si coltivavano soprattutto segale e orzo, con i quali venivano pagati i tributi feudali, le attività di allevamento si espandono a partire dal XIV secolo, dando luogo anche al commercio di bestiame e dei prodotti caseari. Facendo riferimento alle valutazioni contenute nel Piano Regolatore Generale Comunale, attualmente in territorio di Ayas sono presenti una trentina di aziende agricole e le superfici effettivamente utilizzate a fini agricoli costituirebbero ca. il 20% del territorio comunale, una percentuale che dispone di significativi margini di recupero. Il Vallone delle Cime Bianche è interessato dalla presenza di importanti alpeggi, storicamente utilizzati sia per la monticazione delle mucche sia per la monticazione di pecore e capre. Attualmente i pascoli del Mase e di Tzere sono in stato di semiabbandono e la situazione dei fabbricati di alpeggio è descritta nella tabella che segue, ripresa dal Piano Regolatore vigente: Alpeggio Stato Beau Bois discreto Le Vasé fatiscente La Cuccaz diroccato Djomen discreto Le Mase diroccato Le Cortot discreto Il rilancio dell'agricoltura è essenziale per mantenere la stabilità e la bellezza del territorio e per costruire una società e una economia articolata, basata sulla specializzazione delle produzioni e la qualità dei prodotti. L'iniziativa “Ayas a km 0”, promossa dal Comune per contrastare l’espandersi delle zone incolte e valorizzare il paesaggio rurale puntando a creare una filiera corta che stabilisca un rapporto diretto tra produttore e consumatore, va nella giusta direzione. Sugli alpeggi sono necessari interventi strutturali, ricorrendo anche a forme di finanziamento collettivo (crowdfunding), in particolare in presenza di proprietà comunitaria (Consorteria Magneaz -­‐ Champoluc -­‐ Rovinal) come nel caso degli alpeggi Le Vasé e La Cuccaz. Inoltre, occorre pianificare interventi a basso impatto ambientale per favorire l'accesso ai mezzi agricoli negli alpeggi (ad esempio da Le Cortot verso Djomen e da Beau Bois verso Le Vasé). Ayas -­‐ Punti di forza e di debolezza Ayas (1.400 abitanti), con i suoi 130 km2 di superficie, è fra i comuni più estesi della Valle d'Aosta, passando dai quasi 1.500 metri di Corbet ai 4.228 del Castore. A nord, lungo la cresta del massiccio del Monte Rosa (Alpi Pennine), confina con la Svizzera (Zermatt), a est con Gressoney-­‐La-­‐Trinité e Gressoney-­‐Saint-­‐Jean, a sud/est con Brusson, a sud con Saint-­‐Vincent, a ovest con La Magdeleine, Chamois e Valtournenche. Tranne che per la piana di Champoluc, è ancora possibile distinguere la fisionomia degli antichi insediamenti abitativi e il suolo agricolo è ancora ampiamente disponibile. Ciononostante, Ayas rientra fra i comuni valdostani caratterizzati del maggior numero di seconde case e, al contempo, possiede un numero limitato di posti letto alberghieri. Al fine di delineare alcune proposte di sviluppo, è bene aver presenti i principali punti di forza e di debolezza. Punti di forza -­‐ varietà e ampiezza degli orizzonti con una veduta sul versante sud del Monte Rosa del tutto eccezionale; -­‐ vastità degli itinerari escursionistici ed alpinistici, con una buona rete di rifugi e di strutture extralberghiere; -­‐ ampiezza dell'offerta per lo sci di discesa; -­‐ ricchezza di risorse ambientali e naturalistiche; -­‐ radicata tradizione dell'accoglienza turistica; -­‐ prossimità con le più importanti città del nord-­‐ovest e facile accessibilità; -­‐ presenza di notevoli testimonianze storiche e culturali; -­‐ radicata tradizione artigiana; -­‐ rilancio dell'offerta enogastronomica legata al territorio; -­‐ permanenza di forme di autogestione dei beni comuni (es. consorterie). Punti di debolezza -­‐ assenza di un'offerta culturale strutturata (museo, centro di documentazione); -­‐ concentrazione delle stagioni turistiche; -­‐ offerta turistica poco organizzata e integrata; -­‐ abbandono di alcuni pascoli e alpeggi; -­‐ netta prevalenza di seconde case; -­‐ difficoltà di avvicinamento mediante il treno, a causa delle condizioni della rete ferroviaria valdostana. Un quadro che può costituire una buona base per delineare una strategia di rafforzamento di una economia multisettoriale e per rispondere ad una domanda turistica sempre più esigente, costituita da persone che sempre più cercano nella vacanza la scoperta e la comprensione dei luoghi e dei saperi, la realizzazione di esperienze di condivisione e di scambio fra chi visita e chi ospita. Il turista non paga solo l'offerta turistica, qualunque essa sia, dallo sci, al semplice relax, al volo in deltaplano, ma anche la gentilezza, la cura dell'ambiente, la professionalità, la messa a sistema del tutto, in modo che ognuno trovi soddisfazione in relazione alle proprie propensioni. Il turismo invernale ad Ayas A livello europeo -­‐ secondo www.skiresort.it , il più grande portale di test di comprensori sciistici del mondo -­‐ il migliore comprensorio sciistico è quello di Kitzbühel, nel Tirolo austriaco, con 170 km di piste. Al secondo posto si classifica Kaltenbach/Hochzillertal-­‐Hochfügen, sempre nel Tirolo austriaco, con meno di 80 km di piste. Il più vasto comprensorio sciistico europeo, Les Portes du Soleil fra Francia e Svizzera, con 650 km di piste, si classifica al 25° posto. Il comprensorio di Zermatt-­‐Cervinia, fra Italia e Svizzera, con ben 360 km di piste, si colloca al 43° posto. Sono evidenziati risultati non brillanti sul piano dell'accesso e dei parcheggi, della cortesia del personale, dei servizi per principianti, della disponibilità di piste da fondo. Il comprensorio Alagna-­‐Gressoney-­‐Champoluc, con 132 km di piste, si colloca al 62° posto con risultati non brillanti per ciò che concerne accesso e parcheggi, l'après-­‐sky, l'offerta di alloggi direttamente sulle piste, i servizi per principianti, la disponibilità di snowpark e di piste da fondo. La valutazione avviene a seguito di sopralluogo, prendendo in considerazione 18 criteri. A livello italiano, la classifica vede al 1° posto la Val Gardena, Alto Adige, 175 km di piste, al 2° Plan de Corones, Alto Adige, 116 km di piste, al 3° Obereggen-­‐Pampeago-­‐Predazzo, Alto Adige, con 48 km di piste. Zermatt-­‐Cervinia si classifica al 7° posto e Alagna-­‐Gressoney-­‐Champoluc all'11° posto. Non pare proprio che sia il gigantismo dei comprensori a creare eccellenza. D'altronde c'è da interrogarsi sulle ragione per cui la società degli impianti di risalita di Zermatt (200 km di piste) consegua ricavi annui per ca. 50 milioni di euro, e la società Cervino SpA (160 km di piste) ca. 20 milioni, meno della metà. In Italia, inoltre, opera da qualche anno Skipass Panorama Turismo, l’Osservatorio italiano del turismo montano, che effettua il monitoraggio costante del fenomeno "montagna bianca italiana", offrendo quadri sempre aggiornati su un settore che rappresenta più dell'11% del sistema turistico italiano. Vale la pena leggere i rapporti annuali, disponibili on line. Dall'ultimo rapporto "Situazione congiunturale montagna bianca italiana inverno 2014-­‐2015 – Previsioni e tendenze" -­‐ http://www.panoramaturismo.com/documenti/skipasspanoramaturismo/2014-­‐
2015_SPT_previsionale_inverno.pdf -­‐ si traggono le seguenti principali tendenze: Lo sci di discesa registra un periodo prolungato di stasi: 2.092.000 praticanti nel 2014/2015 contro i 2.050.000 del 2.010/2011 Si evince inoltre la crescita delle passeggiate con le ciaspole: da 322.000 a 505.000, così come dello scialpinismo e del nordic walking. In generale, Skipass Panorama Turismo osserva una crescente disponibilità a soggiornare in montagna senza praticare lo sci su pista e calcola in 780 mila gli italiani che sarebbero disposti per la prima volta a trascorrere un soggiorno invernale in montagna, solo per piaceri legati ai paesaggi, alla gastronomia, al relax. Inoltre la tendenza fa registrare lo sviluppo delle località destinate alla famiglia, quindi dimensioni medio piccole, attente ai bambini, dall'hotel alle piste. Ci sono poi località “disabled welcoming": i clienti diversamente abili possono rappresentare un’opzione promettente e nascono così servizi e sistemi di accoglienza, nonché facilitazioni per accoglierli nella maniera migliore. I potenziali sciatori disabili sono 122.000 solo in Italia. Altro che gigantismi: ciò che conta sono la specializzazione, le nicchie di mercato, la valorizzazione delle vocazioni di ogni località. Proposte per uno sviluppo armonico E' possibile immaginare e mettere in atto fin da subito uno sviluppo basato sulla salvaguardia e messa in valore delle risorse proprie di Ayas? Uno sviluppo che possa portare benefici economici e spirituali all'insieme della comunità e non solo profitti ai costruttori di impianti e di palazzi? Pensiamo proprio di sì, proponendo un percorso che riguarda, anzitutto, proprio la testata di valle e il Vallone delle Cime Bianche. Le premesse sono poste dallo stesso Piano Regolatore Generale comunale, di recente approvazione, che individua alla testata del territorio comunale una sottozona Ef1 -­‐ di specifico interesse naturalistico che incorpora il sito d'interesse comunitario "Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa -­‐ IT1204220", con una significativa estensione che evidenzia la naturalità di una vasta area e l'importanza della presenza agricola. Aperti a un confronto ampio e approfondito con la popolazione, gli operatori economici e i diversi livelli istituzionali, individuiamo tre linee d'azione prioritarie: creazione di un parco naturale, rilancio del "Tour du Mont Rose" e valorizzazione del patrimonio storico e culturale, in un'ottica di integrazione dei diversi settori economici e di una stessa filiera. Parco Naturale Istituzione della sottozona Ef1, di ampiezza equivalente al territorio del Parco del Mont Avic, a parco regionale che si ponga immediatamente alcuni obiettivi operativi: sistemazione e promozione della ricca rete di sentieri estivi e di percorsi invernali (ciaspole, pista di fondo al Pian di Verraz), recupero degli alpeggi in stato di degrado e valorizzazione delle produzioni agroalimentari di qualità, ricerca scientifica collegata ai giacimenti costituiti dalle torbiere e aree umide. Un parco che sia strumento di sviluppo locale, che sia di guida e stimolo dei processi economici e sociali. Al fine di evitare la duplicazione di enti gestione la proposta è di trasformare il Parco naturale del Mont Avic, che dispone di un valido apparato tecnico, in Parco naturale della Valle d'Aosta (Mont Avic e Monte Rosa) con un Presidente di garanzia a rotazione. Tour du Mont Rose Il Tour du Mont Rose è un noto e splendido percorso circolare in nove tappe di ca. 150 km attorno al massiccio del Monte Rosa che tocca le valli valdostane della Valtournenche, d'Ayas, del Lys, le valli piemontesi Valsesia e Anzasca, e le valli svizzere Saastal e Mattertal. Il percorso ripercorre in buona parte gli itinerari migratori del popolo Walser. Nonostante operi da oltre 20 anni un'Associazione che ne promuove la scoperta, il Tour du Mont Rose ha ancora grandi potenzialità di crescita dal punto di vista della frequentazione e dell'offerta di servizi connessi. Pertanto, uno specifico progetto transfrontaliero merita di essere predisposto. Valorizzazione del patrimonio storico e culturale I lasciti della cultura Walser, le testimonianze di antiche attività mineraria e dell'utilizzo forestale, gli insediamenti storici (villes, villages et hameaux), chiese e cappelle, trovano particolare concentrazione all'imbocco e all'interno del Vallone delle Cime Bianche. Un patrimonio storico che, abbinato a quello culturale (lavorazione dei sabot, permanenza a Saint Jacques di personalità di rilievo quali l'Abbé Gorret, il cenacolo di Fiéry attorno alla figura di Guido Gozzano, Giuseppe Giacosa e don Michele Do, ultimo solo in ordine temporale, e l'esperienza olivettiana delle colonie estive con il campo internazionale dei ragazzi), merita indagini, approfondimenti, divulgazione, valorizzazione. Le emergenze del turismo in Valle d'Aosta La Valle d'Aosta da crocevia/Carrefour d'Europe del secolo scorso si ritrova nel 2015 ad essere terra posta ai margini, "bella e impossibile", a causa dell'arretratezza dei collegamenti ferroviari e dell'insostenibilità dei pedaggi autostradali. E' responsabilità delle classi dirigenti di questa regione, e non solo di quella politica, se nell'irrepetibile trentennio d'oro (1980/2010) non si è saputo e voluto indirizzare una quota delle abbondanti e crescenti disponibilità finanziarie verso pochi e strategici investimenti per il futuro quali una moderna ferrovia da Torino a Courmayeur, al Monte Bianco, con innesti regolari di servizi con autobus verso le vallate laterali. Ora non resta che correre ai ripari e cercare di mettere insieme le risorse (regionali, statali, europee) per intervenire sulla tratta ferroviaria, ottenere un servizio affidabile e ridurre i tempi di percorrenza. Altro che nuovi caroselli sciistici. Tutt'altra storia per ciò che riguarda i collegamenti autostradali. L'Amministrazione regionale dagli anni 60 in poi ha investito miliardi di lire e milioni di euro per far arrivare l'Autostrada a Verrès (1967), a Châtillon (1968), Nus (1969), Aosta est (1970, Morgex (1994), Courmayeur (2001), Entrèves (2007). Il risultato finale dell'ingente impegno finanziario è rappresentato oggi dall'autostrada più cara d'Italia. Il pedaggio autostradale (luglio 2015) da Milano a Trento per 245 km è di 17,00 €, il pedaggio da Milano ad Aosta ovest per 221 km ammonta sorprendentemente a 36,90 €. Anche i turisti ragionano e hanno iniziato a fare i conti. Se ne sono accorti anche all'Associazione Valdostana Impianti a fune che individua il caro autostrada fra le cause della diminuzione degli sciatori di giornata. Ora si tratta di cercare di correre ai ripari, contrattando con il Ministero e le società partecipate SAV e RAV. Altro che nuovi caroselli sciistici. Nel complesso non si ha traccia di una visione regionale dei trasporti rivolta al turismo: non esiste un biglietto week end oppure settimanale di libera circolazione (magari comprendente l'ingresso ai musei), apprezzato in modo particolare dalla terza età. I servizi di collegamento con gli aeroporti che servono la Valle d'Aosta sono assai costosi, mentre si sprecano milioni di euro all'anno per un aeroporto locale, inutilizzato e privo di senso. E' più che mai urgente che la Valle d'Aosta si doti di una politica dei trasporti per il turismo. Altro che nuovi caroselli sciistici. Il quadro strategico regionale 2014-­‐2020, elaborato ai fini dell'impiego dei fondi europei, al punto 2.1.1 Strategia integrata di sviluppo: “Aosta, la Valle sostenibile” recita: "L'ambizione è quella di diventare, al 2020, un riferimento europeo in termini di sviluppo sostenibile, in tutti i settori dell'economia regionale. “Aosta, la Valle sostenibile”: un territorio unico, la Valle dove il prodotto agricolo è genuino e DOP, la Valle delle imprese e del lavoro “verde” (rinnovo dell’habitat tradizionale, nuove tecniche di produzione e di risparmio energetico, preparazione ai mestieri tecnici “verdi”); la Valle del “turismo eco-­‐responsabile” (comprensori e alberghi virtuosi dal punto di vista del rispetto dell’ambiente, trasporti “eco sostenibili” all’interno della Valle); la Valle “sicura” rispetto ai rischi di origine antropica e naturale". L'indirizzo è giusto: occorre dare una identità forte ad una regione sempre più "bella senz'anima". C'è bisogno di coerenza, non di nuovi caroselli sciistici. L'idea del collegamento sciistico: è la strada giusta? Nel giugno 2015, è stato ufficialmente presentato nelle sue linee generali lo studio per il collegamento funiviario fra la Valle d'Ayas e la Valtournenche. La proposta -­‐ la cui sintesi è disponibile su sito web http://www.alplinks2014.it/ -­‐ prevede la realizzazione di due impianti: una telecabina dalla località Frachey alla località Vardaz (m. 2.300), e una moderna cabinovia trifune (3S) dall'alpe Vardaz al colle superiore delle Cime Bianche. Lo stesso studio esclude la possibilità di realizzare una pista di sci nella parte bassa del Vallone e accenna a una pista nella parte alta. Tutto la studio è volto, da una lato, a minimizzare sia l'impatto che i nuovi impianti avrebbero sul territorio della testata di valle sia il fabbisogno economico e, dall'altra, ad enfatizzare le prospettive di internazionalizzazione, legata in modo particolare alla notorietà del Matterhorn (Cervino). La cartografia evidenzia come il Vallone delle Cime Bianche rappresenti l'ultimo vasto spazio naturale dell'intero versante meridionale del Monte Rosa ancora non occupato da una pesante infrastrutturazione. Chiunque conosca questo vallone sa bene che la realizzazione di una pista di sci in quota distruggerebbe per sempre una ricchezza sempre più rara, non riproducibile in futuro: la naturalità e l'integrità dell'area, che rappresentano il vero punto di forza e di attrazione. La stessa moderna funivia, le stazioni di servizio e le attività di cantiere deturperebbero in modo irrimediabile un paesaggio straordinario. Si considerano i costi ad oggi dei due nuovi impianti funiviari (ca. 50 milioni) ma non si fa cenno ai costi della pista di sci in quota, ai nuovi parcheggi di Frachey, alla pista di rientro Ciarciero/Frachey, alla sostituzione degli impianti dal Breuil ad Alagna ormai obsoleti o spesso fermi per vento. Almeno altri 30/40 milioni. Ma chi paga? le aziende che già non ce la fanno a effettuare gli investimenti urgenti e necessari per ammodernare il comprensorio esistente? aumentano il costo dello skipass in un periodo di forte crisi economica e concorrenza sfrenata sui prezzi? Non sono più i tempi in cui pagava sempre Pantalone. Si mitizzano le prospettive internazionali del megacomprensorio sciistico, che già non sarebbe tale in assenza delle piste da sci nel Vallone delle Cime Bianche. La proiezione internazionale non la si fa sul marchio del Matterhon, che potrebbe portare qualche presenza in più a Zermatt che è strutturata con i necessari posti letto commerciali, la si fa partendo dalla valorizzazione delle risorse autentiche del territorio del Monte Rosa: le testimonianze della cultura Walser, le ascensioni ai 4.000 dai più facili ai più impegnativi, l'eccezionalità di ambienti naturali come quello del Vallone delle Cime Bianche, l'esistente vasto comprensorio sciistico. Collegamento funiviario: il suicidio di Ayas? La comunità di Ayas ha già pagato un tributo pesantissimo consentendo la realizzazione sul proprio territorio del collegamento fra i comprensori sciistici di Valtournenche capoluogo e della conca del Breuil. Impianti di risalita e piste che hanno devastato la testata del Vallone delle Cime Bianche lungo il solco glaciale che dal Colle Superiore conduce al Colle Inferiore delle Cime Bianche, alla base della parete est della Gran Sometta. Ed è grazie all'accortezza di qualche amministratore del Comune di Ayas se il territorio non è stato pure depredato delle acque del Lac Pers, che alimenta il torrente Courthoud, per rifornire l'innevamento artificiale, al cui scopo è stato realizzato un bacino artificiale proprio al Colle superiore, deturpandolo irrimediabilmente. Non a caso i numerosi turisti che raggiungono il colle dai due versanti, una volta scattata un foto con lo sfondo del Cervino, non si fermano e si dirigono verso il versante di Ayas per ammirare lo straordinario panorama del Vallone, del Gran Lago e del Lago della punta di Rollin. Per fortuna, la zona sfregiata è visibile solo arrivando al Passo, ma ci dimostra cosa accadrebbe se si realizzassero altre piste nella zona alta del Vallone in territorio di Ayas. Un'ulteriore devastazione del Vallone delle Cime Bianche ne comprometterebbe per sempre la sua valorizzazione in tutte le altre stagioni. E dire che già oggi, a differenza della Valtournenche, la valli del Monte Rosa hanno un turismo estivo che vale quasi quanto la stagione invernale, e si potrebbe fare molto di più. 2013 ESTATE COMPRENSORIO ITALIANI 139993 TURISTICO STRANIERI 20873 MONTE CERVINO TOTALE 160866 COMPRENSORIO ITALIANI 180449 STRANIERI 21894 TURISTICO MONTE ROSA TOTALE 2012 2011 2010 INVERNO ESTATE INVERNO ESTATE INVERNO ESTATE INVERNO 94686 142801 95936 101879 119351 137224 128550 280868 17692 269518 19313 274135 15386 255392 375554 160493 365454 121192 393486 152610 383942 118925 196522 131559 204491 150083 195398 145731 125531 24792 105121 22736 102871 19447 99629 202343 244456 221314 236680 227227 252954 214845 245360 Fonte: Regione Valle d'Aosta La discussione attorno al collegamento funiviario non fa che causare perdita di tempo prezioso rispetto allo sviluppo dell'area delineato nel Piano Regolatore Generale Comunale. A Cervinia in estate diverse strutture ricettive sono chiuse per la desolazione della "città" e della conca falcidiata da piste e sterrati. Si vuole seguire quell'esempio? "Un viaggiatore che parta per la montagna lo fa perché cerca la montagna, e credo che rimarrebbe assai contrariato se vi ritrovasse la città che ha appena lasciato" Abbé Amato Gorret (nato a Valtournenche, fece parte della cordata italiana che conquistò il Cervino il 17 luglio1865 e fu per oltre vent'anni rettore a Saint Jacques) Inoltre, una funivia da St. Jacques al Colle delle Cime Bianche non avrebbe alcun senso per l'economia di Ayas dato che costituirebbe in sostanza un impianto di mero trasferimento, poco appetibile, se non per gli sciatori diretti alla conca del Breuil, trasformando la testata di Ayas in un grande parcheggio al servizio di Cervinia. 

Documenti analoghi

Scarica il Dossier Cime Bianche in formato PDF!

Scarica il Dossier Cime Bianche in formato PDF! circa 10 chilometri, delimitando a ovest il versante meridionale del massiccio del Monte Rosa. Solcato per l’intera lunghezza dal Torrente Courtoud, il versante orografico destro è sovrastato dai r...

Dettagli