Mercati Con le reti il banker sogna in grande

Transcript

Mercati Con le reti il banker sogna in grande
CO R RI ER ECO NO M I A
25
LUNEDÌ 12 SETTEMBRE 2016
Osservatorio Private banking
Bilanci Masse gestite a quota 693 miliardi. Cresce il peso dei promotori
Mercati Con le reti
il banker sogna in grande
Clienti sempre più esigenti, ma coi tassi bassi e la volatilità...
DI PATRIZIA PULIAFITO
C
on quasi 700 miliardi di
euro di masse in gestione,
il mondo del private
banking, ufficialmente,
ha chiuso il 2015, con un incremento del 35,3% in più rispetto al
2014 che si era chiuso a quota 517.
A prima vista, sembrerebbe un
boom: una crescita c’è stata, ma il
gran balzo ha una sua ragione
tecnica. Secondo le elaborazioni
di Aipb (Associazione italiana di
private banking, guidata da Fabio
Innocenzi) la reale crescita del sistema si attesta al 4,6% ( 3,5% di
nuovi flussi e 1,1% di effetto mercato), mentre il 30,7% sono le
masse confluite nel mondo private in seguito a operazioni di riorganizzazione.
Il nuovo assetto di Unicredit
consiste in una struttura Private
Italy guidata da Salvatore Pisconti, dove sono gestiti i portafogli da
500 mila a 5 milioni di euro , mentre i portafogli più consistenti sono affidati alla nuova sim Cordusio, guidata da Paolo Langé, con
un team di 300 professionisti.
Più articolata la riorganizzazione in casa Intesa Sanpaolo che,
nell’ambito della Divisione private banking del gruppo, ha unito le
due reti private esistenti, quella di
Fideuram e quella di Intesa
Sanpaolo Private Banking, crean-
Trend
E la conferma viene dall’analisi
dei dati. Nel 2015 i flussi sono cresciuti del 3,5% rispetto all’anno
precedente, più di quanto erano
aumentati nel 2014 rispetto al
2013 (+ 3,1% ). Infatti, alla crescita complessiva del 7,5% delle masse private, realizzata nel 2014,
hanno contribuito soprattutto i
mercati che hanno prodotto buoni rendimenti, ma che nel 2015,
invece, sono stati decisamente deludenti. E, il trend positivo si conferma anche nei primi mesi dell’anno. Banca Aletti, classificata
da Aipb tra le sei grandi strutture
private banking, ha chiuso il 2015
con 32,6 miliardi di euro di masse
Riorganizzazioni
Le più importanti sono quelle
di Intesa-Fideuram e Unicredit,
che hanno cambiato il perimetro
del private banking, spostando
nelle strutture di wealth management i patrimoni consistenti che
erano in affidamento alla banca
retail. Obiettivo di queste due importanti riorganizzazioni è servire al meglio la clientela facoltosa,
offrendo un servizio mirato alle
varie fasce di portafogli.
do una nuova realtà: Fideuram
Intesa Sanpaolo private banking,
guidata da Paolo Molesini. «Certo — commenta Maurizio Zancanaro, amministratore delegato di
Banca Aletti, ex presidente di Aipb, — dalle ristrutturazioni si
comprende che la maggior parte
della raccolta nel 2015 è arrivata
dalle Reti, ma è altrettanto evidente che il mondo del private
banking è molto vivace e gode di
buona salute, nonostante il perdurare della fase critica dei mercati, dell’economia europea e dei
tassi negativi».
Aipb Il presidente
Fabio Innocenzi
Europa Che cosa cambierà con l’arrivo della Mifid2
L'identikit
L'inquadramento dei private banker
Manager di filiale/
coordinatori rete con portafoglio
La diffusione dei private banker
per area geografica
Nord Ovest
6,1%
Nord Est
40,5%
Private
banker
dipendenti
45,7%
21,3%
11.738
48,2%
23,6%
Private banker
con contratto
31/12/2015 d’agenzia
14,7%
Centro
Sud e Isole
Fonte: Aipb
Certificazione e controlli annuali:
la professione non sarà più la stessa
L
e riorganizzazioni dei big del private
banking (UniCredit e Fideuram-Intesa) hanno modificato profondamente
la fotografia del settore. Le due operazioni
non hanno riguardato solo l’ampliamento
del perimetro del mercato (masse in gestione schizzate quasi a 700 miliardi di euro),
ma, come rileva Aipb (l’Associazione italiana private banking) hanno rinforzato anche
la squadra degli operatori; fatto lievitare il
numero delle famiglie e modificato l’entità
media del portafoglio in gestione al singolo
private banker.
Il cambiamento dei numeri è l’effetto soprattutto dell’accorpamento delle reti Fideuram che ha contribuito a rinfoltire la
schiera dei private banker, passati da 5.134
nel 2014 a 11.738, con un peso rilevante dei
professionisti con contratto di agenzia (passati dal 13,8% nel 2014 al 48,2%). In compenso, per un’equazione matematica, si è abbassata a 57 milioni di euro (dagli 89 milioni) il portafoglio medio in capo al singolo
professionista e sono aumentati a 69, dai 64,
i nuclei familiari che ciascun private banker
deve seguire. Naturalmente, si tratta di medie. Resta inteso che chi opera nelle strutture bancarie continuerà a gestire i propri portafogli, più consistenti di quelli delle reti.
Ma, la rivoluzione nel mondo del private,
non si limita ai numeri del sistema, cambiamenti sostanziali bollono in pentola anche
per la vita professionale dei private banker.
Ai quali sarà richiesto un impegno professionale maggiore, non solo per effetto della
crescente complessità del mondo degli investimenti, ma anche in ottemperanza alle
normative in arrivo con la Mifid2 (che entrerà in vigore ai primi del 2018) e in base alle
linee guida dettate da Esma (European Securities and Markets Authority) lo scorso
marzo, ancora in attesa di recepimento nel
nostro ordinamento. Esma, nell’indicare i
criteri di valutazione delle conoscenze e
competenze dei professionisti che devono
attestarsi ai più elevati livelli, fa obbligo anche di una certificazione e di un annuale
controllo, non solo degli standard professionali, ma anche del comportamento del private banker nell’erogazione del servizio, oltre al controllo degli obiettivi commerciali
assegnatigli e dei collegati meccanismi di incentivazione.
L’interrogativo ancora da sciogliere è chi
sarà incaricato di effettuare certificazione e
controlli.
PA. PU.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La ripresa continua
Le ragioni
del boom
Evoluzione delle masse gestite dalle strutture «private». Dati in miliardi di euro
Nel 2016 c’è stato un boom per un cambio delle rilevazioni
3,5%
Raccolta
netta
+7,8%
+5,8%
-4%
Le quote di mercato
dei vari operatori
16,0%
12,1%
8,5%
Effetto
mercato
Cambio
perimetro
+7,5%
31 dic
31 dic
31 dic
31 dic
31 dic
2014
2013
2012
2011
2010
Fonte: Aipb. Analisi del mercato servito dal Private Banking. Dati aggiornati a dicembre 2015
finanziaria
promozione
I dati comprendono l’ammissione ad Aipb delle reti di
e riflette anche i cambiamenti strutturali di alcuni operatori
Chi guida
30,7%
1,1%
31 dic
2015
Quattro Italie
Distribuzione della ricchezza
per macro area
Business unit
Specializzate
Grandi banche
universali
Nord Ovest
9,7%
Estere
Nord Est
Centro
19,5%
47,5%
Sud e isole
63,4%
23,3%
31 dic
2015
in gestione, lievitate a 33,3 miliardi di euro al 30 giugno di quest’anno, con 400 milioni di nuova
raccolta netta. «Dopo la Brexit —
spiega Zancanaro — ci aspettavamo mesi difficili e abbiamo, così,
adottato subito strategie adeguate che si sono dimostrate efficaci,
tanto da essere convinti di chiudere bene l’anno».
Ottimismo condiviso anche da
Cassa Lombarda. L’istituto che,
secondo la classificazione di Aipb, rientra nel recinto delle banche specializzate (le realtà focalizzati sui servizi d’investimento)
con una quota di mercato del
12,1%, ha chiuso il primo semestre con masse in gestione pari a
RPirola
4,7 miliardi di euro (+1,5% rispetto al 31 dicembre 2015). E per
continuare a marciare a passo
spedito, e ampliare il raggio
d’azione, è impegnata in operazioni di riordino. «Una realtà di
private banking — spiega Paolo
Vistalli, amministratore delegato
e direttore generale di Cassa
Lombarda — se vuole rimanere
al passo con i tempi, con le esigenze del mercato e della clientela,
deve effettuare costantemente
riorganizzazioni più o meno profonde. Recentemente, oltre ad
aver rinforzato la schiera dei
banker, per rendere più rapida
l’analisi delle esigenze dei clienti e
più puntuale il monitoraggio del-
le attività svolte e programmate,
abbiamo migliorato il modello di
reporting line della struttura
commerciale, abbiamo rimodulato i team e istituito nuove figure di
raccordo con la direzione private». Accanto all’attività di private
banking, Cassa Lombarda conserva una struttura di servizi tipici della banca universale e un’area
corporate per le imprese.
Trovare soluzioni adeguate per
conseguire rendimenti positivi in
una fase di tassi negativi che, secondo gli analisti, durerà ancora
per qualche anno, è la principale
sfida che i private banker stanno
preparandosi ad affrontare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
28
COR RI E RECONO M I A
LUNEDÌ 12 SETTEMBRE 2016
Osservatorio Private banking
Strategie Le analisi dei money manager: i rendimenti sempre più bassi costringono ad assumersi più rischi. Ecco dove
1
Bond A caccia tra aziende e Paesi Emergenti
Ora arrivano
i certificati a leva
sulle azioni
La selezione di società internazionali e debiti dei Paesi Emergenti può far ottenere tra il 3 e il 6%
DI FRANCESCA MONTI
B
asta dare una rapida occhiata ai rendimenti dei fondi obbligazionari per
rendersi immediatamente
conto di quanto sia stato
redditizio tutto il comparto
del credito, ovvero le obbligazioni societarie, sia nell’area euro che in quella Usa.
Ma, nonostante questi rendimenti molto rotondi, c’è
chi, come Mark Kiesel, Cio
per il credito globale di Pimco, ritiene che, visto l’attuale contesto di mercato
(tassi ai minimi storici e in
molti casi addirittura negativi), le valutazioni correnti
dei bond societari restino
buone soprattutto per quanto riguarda le emissioni di
alta qualità.
In particolare, Kiesel pensa che un portafoglio accuratamente diversificato sia
ancora in grado di generare
una performance tra il 3% e
il 6% nell’arco dei prossimi
12 mesi. Ma c’è di più. Gli investitori più inclini a rischiare potrebbero puntare addirittura ad un guadagno potenziale tra il 6% e il 7%
sfruttando le obbligazioni
societarie dei mercati emergenti. Secondo Kiesel i fondamentali e le valutazioni
Importante
diversificare tra le
valute: dollari,
yen, sterline
del credito rimangono solidi, soprattutto per quanto riguarda le società focalizzate
sugli Stati Uniti che mostrano un potenziale di crescita
e potere di prezzo (power
pricing), nonché per specifiche compagnie dei mercati
emergenti.
Meno aggressivi
Più prudente, invece, Generoso Perrotta, responsabile Global Financial Investments di Banca Aletti che,
per un profilo di cliente con
media propensione al rischio, consiglia una scadenza media dei titoli intorno ai
2/3 anni, con rating medio
di portafoglio BBB: una scelta che potrebbe consentire
un ritorno per i prossimi 12
mesi di circa il 2,5%. Perrotta ritiene inoltre che nell’attuale situazione finanziaria
sia necessario investire un
30% in obbligazioni euro,
come una sorta di riserva di
liquidità per cogliere eventuali opportunità su nuove
emissioni. La seconda scelta,
la principale secondo Perrotta per i prossimi mesi, riguarderà l’internazionalizzazione dell’investimento
obbligazionario: in pratica
circa il 60% del portafoglio
dovrà essere investito su governativi e obbligazioni corporate trovando il giusto bilanciamento tra rendimento
e scadenza finanziaria. In
particolare, una possibile
gestione patrimoniale obbligazionaria globale, potrebbe, essere allocata con un
30% in dollari Usa, 13% in
yen, 7% in sterline, 3% dollari canadesi e australiani e a
completamento, circa il 7%
in altre valute dei paesi
11,2%
Paesi emergenti (valuta locale)
10,9%
Paesi emergenti
8,5%
High yield Usa
7,9%
Corporate bond emergenti
6,2%
High yield Europa
Inflation linked Usa
5,1%
Corporate bond euro
4,8%
Governativi euro
4,6%
Corporate bond Usa
4,1%
Inflation linked euro 2,6%
Governativi Usa
emergenti asiatici e sudamericani. La terza scelta, inferiore al 10%, del portafoglio dovrà, sempre secondo
Perrotta, riguardare le aree
degli emergenti e degli highyield. «Le obbligazioni governative dei Paesi Emer-
0,7%
La suddivisione dei fondi obbligazionari
Altre tipologie
24,5%
Obbligazionari
euro high yield
2,6%
5,4%
Obbligazionari Asia
Come investiamo
Oltre
i tassi
zero
I rendimenti
da inizio anno
dei fondi
obbligazionari
genti e le emissioni societarie high yeld, nonostante la
positiva performance conseguita negli ultimi mesi, potranno beneficiare ulteriormente di interessanti tassi di
crescita e delle politiche monetarie piuttosto accomo-
Obbligazionari
Paesi emergenti
5,8%
Obbligazionari
internazionali
high yield
3,1%
Obbligazionari
euro corporate bond
7,3%
danti» spiega Perrotta.
Tesi condivisa da Andrea
Rotti, direttore investimenti
gestioni patrimoniali Ersel
che, alla luce di un panorama di rendimenti obbligazionari ovunque non allettante, dice che il maggior va-
Obbligazionari
misti
20,9%
Obbligazionari
flessibili
18,2%
Obbligazionari
governativi euro
breve termine
10,7%
Obbligazionari
governativi euro
m/l termine
6,9%
lore può venire dalle obbligazioni societarie high yield,
soprattutto di emittenti europei, e dai debiti governativi e societari nei paesi emergenti, in particolar modo
quelli espressi in valuta forte
(dollari in primis).
Per Rotti, entrambe le asset class beneficiano in parte del rallentamento, rispetto alle attese maturate nella
prima parte dell’anno corrente, dell’aumento dei tassi
americani i cui riflessi, oltre
che sul livello assoluto di
tassi e spread (extra rendimento rispetto ai titoli di
Stato), sono determinanti
proprio per le attività finanziarie dei paesi emergenti,
molto indebitati in dollari.
Per quanto riguarda gli high- yield europei, fa presente inoltre Rotti, è interessante notare come l’indice rappresentativo di tale asset
class sia composto da titoli
con rating BB, più elevato rispetto all’analogo americano spostato verso classi di
merito creditizio inferiori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Piazza Affari
D
allo scorso 9 settembre
sono arrivati a Piazza Affari nuovi certificati a leva fissa di Société Générale. Questa
volta sono su singoli titoli
azionari e non su indici. Inoltre
la leva, cioè il moltiplicatore
del risultato (positivo o negativo) e del rischio, non è elevata, essendo pari a 2 e rendendoli così meno speculativi rispetto a quelli di livello 5 o 7.
I numeri della società francese sul mercato della leva
fissa sono di tutto rispetto. Dal
1° gennaio al 31 agosto 2016
la quota di mercato su Borsa
Italiana è stata dell’82%
quanto al numero di contratti
conclusi, poco più di 1 milione,
per un controvalore negoziato
del 77% che equivale a 5,8
miliardi di euro, dando linfa al
Sedex, il segmento della Borsa
dove avviene la loro negoziazione.
«Ci ha stupito il fatto che,
diversamente dalle aspettative che guardavano a una
clientela più retail, abbiamo
invece finito per avere molti
contatti diretti con investitori
istituzionali e professionali.
Ovvero questi certificati si sono rivelati di grande interesse
per le gestioni patrimoniali e
le realtà private, che gestiscono clienti affluent, vale a dire
dai grandi patrimoni», racconta Marcello Chelli, co-head
public distribution di SocGen
Italia. E aggiunge: «Gli investitori ci riconoscono il fatto
che quando ci sono forti oscillazioni o crolli di mercato noi
riusciamo a dare continuità. In
altre parole, il mercato ci ha
premiato per il fatto di essere
liquidi anche quando i mercati
sono turbolenti».
Più in generale, comunque,
questo tipo di strumenti non è
adatto a tutti, ma a investitori
esperti con una cultura finanziaria evoluta. «Non è un prodotto da investimento da
guardare ogni sei mesi, un anno. Si tratta di uno strumento
da monitorare, che va osservato e gestito giorno per giorno», precisa il manager. Quelli
appena sbarcati sul listino sono innovativi: «Borsa Italiana
ci ha permesso di coprire singole azioni e, nel dettaglio, le
sette più liquide, UniCredit, Intesa, Eni, Enel, Fiat, Telecom e
Generali. La nostra società è
stata quella che ha fatto da
apripista chiedendo a Borsa di
aprire questa nicchia di mercato. Così, dal primo settembre
tutti i player possono fare domanda per questa tipologia di
strumenti. Non ci dà un vantaggio competitivo ma ci fa
partire tutti all’unisono. Ci
aspettiamo quindi che altri si
muovano nella nostra stessa
direzione», spiega ancora
Chelli.
E tiene ad affermare, in
conclusione, che questo strumento «non è adatto al solo
pubblico di negoziatori di breve termine ma anche e soprattutto agli investitori tattici.
Grazie a questi certificati, infatti, si può investire sulle
azioni con minore impiego di
capitale e si possono costruire
strategie di copertura. Inoltre,
l’impatto fiscale è minore rispetto all’acquisto diretto in
azioni che comporta il pagamento della Tobin Tax». Con i
nuovi 14 arrivati, i certificati a
leva fissa di SocGen passano
da 57 a 71.
FRANCESCA VERCESI
© RIPRODUZIONE RISERVATA