Credevo di conoscere Einstein

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Credevo di conoscere Einstein
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Numero cinquantaquattro - Gennaio 2010
La regista si è raccontata al Collegio Nuovo
L
a regista Liliana
Cavani si è raccontata nell’incontro “Cinema
storie vite” al Collegio
Nuovo di Pavia. Hanno
partecipato Nuccio Lodato, docente dell’Università, Francesca Brignoli,
coautrice del libro Liliana Cavani (Edizioni Falsopiano, 2008), e Paola
Bernardi, rettrice del
Collegio Nuovo. Del suo
intervento pubblichiamo
ampi stralci.
Liliana Cavani ha diretto
attori come Lou Castel e
Mickey Rourke, Marcello
Mastroianni, Claudia Cardinale e Burt Lancaster,
Dirk Bogarde e Charlotte
Rampling, e ancora, tra
gli altri, Helena Bonham
Carter e John Malkovich.
Laureata in Lettere Antiche a Bologna e diplomata al Centro di Cinematografia di Roma, ha
iniziato, negli anni ‘60, la
carriera di regista in Rai
con una serie di documentari sulla storia contemporanea, da Stalin, al
Terzo Reich, fino alla
donna nella Resistenza;
e in Rai, trent’anni dopo
l’esordio, è pure consigliere di amministrazione, mentre l’attenzione
alla storia si riconferma
con De Gasperi. L‘uomo
della speranza (2005).
La formazione classica
porta Liliana Cavani a
firmare la regia de I Can-
nibali (1968), ispirato
all’Antigone di Sofocle;
l’esperienza nei documentari e la proiezione
dei Cannibali in un cineforum di Pistoia genera
L’Ospite (1971), film sul
disagio mentale prima
della riforma di Franco
Basaglia; sul tema dell’
handicap tornerà, nel
1993, con Dove siete? Io
sono qui.
La sua curiosità intellettuale la spinge a proporre film con riferimenti
alla letteratura (da La
pelle, dall’opera di Curzio Malaparte a Il gioco
di Ripley, dal romanzo
di Patricia Highsmith e,
ancora, Interno berlinese, ispirato a Tanizaki),
alla religione (con due
opere incentrate sulla
figura di Francesco d’Assisi) e al conflitto con la
scienza (Galileo). Né è
immune al fascino per la
fisica, materia che avrebbe forse scelto per
gli studi accademici e
che ha affrontato con il
suo recentissimo Einstein. Anche “Il libro dei
morti” tibetano le fa firmare un’opera
“sbriciolata nelle sale
d’essai” come Milarepa
ISRAELE E L’AMBASCIATORE
Credevo di conoscere Einstein
e invece scoprii che non sapevo
niente di lui. Questo accade purtroppo sempre. Di uno scienziato,
di un protagonista si conosce l’immagine, ma non sempre si sa bene
in che cosa consista esattamente la
sua importanza. Ricordo un
ingegnere che una volta
mi ha detto: “Sono appassionato di arte e finalmente, vedendo il suo film, ho
trovato semplificate e chiare le
ragioni scientifiche per cui Einstein è stato quel che è stato”. Sarebbe bello che la Tv ritrasmettesse il film. Considero importanti i
Festival del cinema: l’internazionalità che ha reso possibile il cinema
è qualcosa di straordinario. All’apertura del Festival del Cinema di
Israele la ministra della cultura mi
ha detto “Vorrei conoscere l’ambasciatore d’Italia: me lo presenta”. Ma lui non c’era, io non sapevo nemmeno che avrebbe dovuto
partecipare. La ministra c’è rimasta male.
Io penso che le autorità del nostro Paese non prendano in seria
considerazione il cinema e la televisione. L’Italia è rimasta indietro
in questo settore. L’industria dei
media negli Stati Uniti è una delle
due grandi industrie, insieme a
quella delle armi. È un prodotto di
grande esportazione, che coinvolge pensatori, scrittori, attori, tante
persone che rappresentano la cultura, l’essenza di un Paese, della
sua mentalità e dei suoi nuovi modi di vedere e di vivere, delle nuove culture. Gli stessi miei colleghi
registi spesso non hanno una visione complessa, adeguata e attuale del fenomeno dell’industria mediatica. La mancata presenza dell’ambasciatore italiano al Festival
del Cinema d’Israele mi suggerisce
l’idea che si tende a considerare
una guerra molto più importante
del cinema. E invece no, il cinema
è molto più importante delle guerre, perché con il cinema si possono vincere le guerre vere, quelle
delle anime [...].
OMERO E LA TV
Cominciai a lavorare alla televisione perché vinsi un concorso,
uno dei rarissimi concorsi che venivano organizzati allora, adesso
non se ne fanno nemmeno più.
C’era una selezione tremenda. Avrei dovuto diventare funzionario
di carriera, ma rifiutai il contratto,
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Liliana Cavani
con stupore degli altri, perché volevo fare la regista professionista,
la creativa, volevo fare dei film e
dei documentari. Si dà il caso che
all’epoca nascesse il secondo canale culturale e cercavano dei ragazzi
da inserire nel settore. E cominciai
subito a lavorare e ad appassionarmi. Certi miei colleghi, che non
hanno vinto questo concorso,
hanno tentato di fare il cinema.
Chi c’è riuscito, chi non c’è riuscito. Sta di fatto però che molti di
loro non hanno mai capito che
cinema e televisione sono semplicemente mezzi diversi per concepire lo stesso prodotto.
Tant’è che oggi non si farebbe
nemmeno un film se non ci fosse
la possibilità di utilizzare tutti i
mezzi possibili esistenti, compresi
Internet e il telefonino. Ma si tratta sempre in ogni caso dello stesso
racconto per immagini. Questo
vale ad esempio per Omero, che
ai suoi tempi non disponeva di
una macchina da presa e scriveva i
suoi racconti per poemi. Li raccontò così bene che io a suo tempo all’Università tradussi l’Iliade,
perché mi piaceva il suono della
lingua greca, corrispondeva ai rumori che Omero voleva far comprendere. Ho sempre considerato
Omero come un regista che tramanda i suoi racconti con la voce
anziché con la macchina da presa
[...].
CHIARA E FRANCESCO
Nel mio cinema ho trattato, ad
esempio, Einstein e Francesco
d’Assisi. In entrambi i film le
donne intuiscono contemporaneamente e in una maniera ancora più
precisa la direzione che prendono
gli uomini, si appassionano. Poi,
secondo le regole di ciascuna epoca, aiutano, ma per loro il ruolo
risulta sempre minore di quello
degli uomini. Nel caso di Chiara
no. Chiara oggi la si potrebbe definire un’intellettuale, mentre Francesco d’Assisi lo era in modo differente. Lei quasi intuisce per prima dove vuole arrivare Francesco,
lo segue, capisce che sta portando
avanti quella che oggi chiameremmo una rivoluzione culturale. Perché quella di Francesco d’Assisi è
stata una grande rivoluzione culturale. Questo ragazzo non particolarmente istruito, anche se particolarmente intelligente, è molto sensibile, avverte e assorbe nell’aria,
nel clima, con chissà quali antenne
e in anticipo rispetto agli altri, al
suo mondo, i segni di un cambiamento in atto.
Francesco è un personaggio
ponte tra un mondo oscurato, il
Medioevo che pure nasconde in sé
delle cose bellissime, e gli albori
dell’Umanesimo. Abbiamo negli
occhi e nel cuore il suo Cantico
delle Creature; quel Cantico che
intuì Giotto, antesignano dell’Umanesimo in pittura, che ritrasse
Francesco negli episodi della sua
vita e ce li ha lasciati dipinti come
un fumetto sui muri della basilica
di Assisi. Io non credo che Francesco avesse spiegato a Chiara
tante dottrine; egli semplicemente
con la sua grazia, con tutte le cose
esistenti, gli uomini, le donne, i
bambini, i malati, gli uccelli e tutto
il creato trasmetteva a Chiara il
senso del mondo. Francesco e
Chiara sono due provocatori inconsci, non sanno di esserlo, non
hanno la consapevolezza che con
il loro essere, la loro azione stavano portando avanti una grandissima rivoluzione culturale della storia dell’Occidente, la rivoluzione
del Vangelo, che era per Francesco il “libretto rosso”, come lo
chiameremmo oggi.
Francesco boccia la Regola scritta dei suoi confratelli, piena di
indicazioni minute su come condurre la giornata. “La Regola c’è
già, non c’è bisogno di scriverne
un’altra, è il Vangelo”, li ammonisce Francesco. Il Vangelo è dolce
e durissimo allo stesso tempo perché richiede coraggio. Francesco
rispondeva con trasporto ai dubbi
espressi dai confratelli: “Non abbiate paura, seguite il Vangelo”.
Chiara fu la prima discepola e in
parte anche maestra di Francesco;
tant’è che egli voleva che lei conducesse una vita più tranquilla,
mentre Chiara affronta una vita
poverissima, lei che era nobile e
ricca, e accoglie la Regola rigidissima che Francesco scrive. Chiara
segue Francesco e lo segue per le
contrade, ma poi ha paura delle
aggressioni e Francesco la prega di
riguardarsi, di restare ritirata. Lei
deve avergli detto: “Benissimo.
Ma allora che senso ha la mia partecipazione all’incarnazione dell’amore di Cristo? Io devo vivere
come il più povero dei poveri,
rifiutare ogni privilegio”. Francesco allora l’accontenta. E così
Chiara e le altre donne vivono
(1972); un lustro dopo
arriva con scalpore Al di
là del bene e del male
sul ménage à trois che
coinvolge Nietzsche, Reé
e Lou Salomé. Luchino
Visconti ha definito
«straziante, crudele e
terribile, che ti lascia
senza fiato, costruito
con rara sapienza ed
equilibrio» uno dei suoi
film più famosi, Il portiere di notte, indagine sul
rapporto vittima e carnefice, in questo caso un
ufficiale nazista. Il catalogo è (non solo) questo, come si può sospettare dal fatto che abbia
curato pure la regia di
opere liriche nei più importanti teatri d’ Europa.
dentro una casa nella stessa condizione in cui vivono i più poveri.
Chiara era la consulente di Francesco e lo illuminava quando egli era
confuso e in crisi.
Quando Francesco muore, il
Papa si reca nel convento di Chiara, evento rarissimo che un pontefice vada a trovare una umile suora, e le chiede di mitigare la Regola, perché così agevolerebbe l’entrata in convento
di tante ragazze che lo
chiedono. Ma Chiara si
stupisce e risponde al Papa che
quella è la Regola che Francesco
ha dato loro. Oppone il rifiuto, è
la prima e ultima donna che dice
di no al Papa. E il Papa capisce.
Questo ha sempre destato grande
stupore. Le Clarisse sono le monache più povere in assoluto. Ricordo mio nonno, che era ateo, e che
durante la guerra portava sempre
qualcosa al convento delle Clarisse. Perché sapeva che le suore
avrebbero diviso questi pochi cibi
con coloro che erano ancora più
poveri [...].
LA FORZA DI EINSTEIN
Il cinema può tutto, può mostrare tutto, e raccontare anche
quello che si fantastica e su cui
non si ha certezza. Se oggi dovessi
iscrivermi all’Università, mi iscriverei a fisica, perché la lezione di
Einstein è unica e grande, è la vera
lezione. Einstein ci insegna che il
tempo dipende dall’osservatore. Se
tu vedessi dal Sole ciò che accade
sulla Terra, vedresti la scena che è
accaduta otto minuti prima, perché la luce impiega otto minuti per
percorrere la distanza dal Sole alla
Terra. E se ti trovassi su una stella
distante cento anni luce, vedresti
la Terra che è stata cento anni prima. Così possiamo immaginare
l’Universo come una tavola di tantissimi punti di osservazione, da
ciascuno dei quali si vedrebbe la
Terra a un’età diversa.
Che cos’è dunque il tempo? C’è
un’eternità a noi sconosciuta. Da
un punto X dell’Universo potrei
vedere mio padre nel momento in
cui sta nascendo. La forza di Einstein è stata quella di un presocratico non particolarmente bravo nel
linguaggio matematico (lo soccorreva sua moglie) ma capace di fantasticare. Quante cose, quante visioni di Einstein non sono state
ancora elaborate in linguaggio matematico. Il cinema in fondo è lì
anche per raccontare certe possi(Continua a pagina 5)
sabato 26 dicembre 2009 23.35
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Numero cinquantaquattro - Gennaio 2010
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La regista si è raccontata al Collegio Nuovo
FIDUCIA NELL’UOMO
LA VERITÀ DI LILIANA
Francesca Brignoli
Nuccio Lodato
I
lluminato da un sentimento di fiducia
nell’uomo, nella sua
intelligenza e capacità
di vivere un’esistenza di
piena esplorazione: è il cinema di Liliana Cavani.
Cinema di protagonisti onerosi, che sperimentano
smarrimenti, consapevolezze e bagliori: Francesco di
Assisi e Albert Einstein
ne sono i simboli. Entrambi
i personaggi - al primo è
sottratta l’aura di santità, al
secondo sono riconosciuti
fragilità e fallimenti - entrano
in contatto con
una dimensione
altra, che Cavani
intende tradurre
in cinema: per
l’uomo di fede il
dialogo con Dio,
le stimmate, per
lo scienziato la
visualizzazione
della teoria della
relatività. In bilico tra speculazione e immaginazione (e sull’orlo della poesia), nella
chiusa del film Einstein
muore e, al di là del tempo
terrestre, in un altrove pieno di luce incontra l’amata
Mileva, mentre l’atmosfera
si riempie del suono delle
particelle elementari, armonia di sfere celesti. È la ripresa di una dimensione
inquadrata da distanze siderali: dipende dal punto di
vista, che in Cavani è da
sempre autenticamente libero. Confrontandosi con
degli archetipi e creando a
sua volta dei classici, dal
Medioevo nudo e petroso
del primo Francesco, al
dissidio tra potere e cultura
di Galileo, fino all’Italia di
De Gasperi, la regista affronta vite straordinarie, che
hanno soprattutto segnato
il Novecento. Il viaggio nel
XX secolo inizia dalle strade di Milano disseminate
dei cadaveri de I Cannibali,
incontro tra il mito di Antigone e un futuro prossimo
metafora della contemporaneità: quasi totale assenza di
parola e grande forza visiva.
Prima ancora c’era stata
l’esperienza dei documentari, da Storia del Terzo Reich a
L’età di Stalin fino a La donna nella Resistenza: intensi
primi piani dolorosamente
composti che si susseguono
(Continua da pagina 4)
MICKEY ROURKE
Quando ho fatto il secondo
“Francesco”, pensavo alla persona
che avrebbe potuto interpretarlo.
Il primo Francesco l’aveva interpretato Lou Castel. Per il secondo film ero alla ricerca dell’attore
giusto. Avevo visto “L’anno del
dragone” di Cimino con Mickey
Rourke, che mi era piaciuto moltissimo. “Nove settimane e mez-
S
Il giornale di Socrate a...
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U
n mio duplice,
immeritato privilegio testimoniale: uno remoto l’altro prossimo. Aver
potuto fruire, da neo telespettatore, del lavoro di
Liliana Cavani quasi dagli
esordi e poi seguirlo presso
che integralmente: dalle
quattro puntate della Storia
del Terzo Reich e dalle tre
dell’Età di Stalin nel 1962
alle due dell'Einstein lo scorso anno. Essermi ora trovato, nel giro di un anno, a
lirica ...) donna di spettacolo
intrattiene, nelle regìe e nell’esistenza, con la verità.
Nel quadro già stimolato
dall’incipiente “Secondo
Programma” televisivo della
Rai, trasmissioni quali La
casa in Italia (quattro puntate
sul primo canale, 1964) e La
donna nella Resistenza (1965,
nel ventennale della Liberazione) sorprendevano per la
loro maniera dirompente di
dire le cose come stanno,
caratteristica contro corrente nella tv (e nell’Italia...) di
L’INCONTRO AL COLLEGIO NUOVO.
DA SINISTRA: FRANCESCA BRIGNOLI, NUCCIO LODATO, LILIANA CAVANI E PAOLA BERNARDI, RETTRICE DEL COLLEGIO
bilità. Einstein era un filosofo, la
sua formula della relatività E =
mc2 è un ragionamento, è un paradigma della bellezza . La bellezza del cinema consiste nelle sue
potenzialità di raccontare veramente qualunque cosa [...].
i è conclusa con
successo la mostra “The Legacy
of Volta: From the
Battery to Photovoltaic Electricity”, realizzata dall’Università e dallo Iuss di
Pavia nel contesto dell’Anno italo-egiziano della
scienza e della tecnologia
2009, e ospitata dal 9 novembre al 3 dicembre nella
prestigiosa sede della Bibliotheca Alexandrina
(Planetarium Science
Center) ad Alessandria
d’Egitto. Realizzata con più
per raccontare la violenza
della guerra. C’è già tutta
Cavani - immagini potenti
sine glossa - che si muove nel
secolo di Nietzsche, come
lo definisce Lou Salomè in
Al di là del bene e del male,
suggestiva discesa agli inferi
che la regista mostra attraverso i burattini tragici di
Max e Lucia ne Il portiere di
notte, il discusso Curzio
Malaparte ne La Pelle, la
passione estetizzante e claustrofobica di Interno Berlinese. Come riemergendo dal
notturno tragico novecentesco (indagato anche con la
sceneggiatura su Simone
Weil) Cavani torna a Francesco, e con Mickey Rourke crea il Francesco definitivo, fisico e appassionato,
destinato a illuminare per
sempre il mondo, come
sembra indicare la luce oltre
i monti dell’ultima sequenza.
zo” poi mi aveva stregato. Rourke
aveva una mobilità, una formidabile capacità di passare da un personaggio all’altro. Poi seppi che
aveva insegnato per sei anni all’”Actor Studio”. E allora dissi al
produttore che avrei voluto Mickey Rourke per Francesco. E chi
ce lo dà Rourke, obiettò il produttore. Io insistetti: faccio Francesco
se c’è Mickey Rourke. Lui si affanna, va a Los Angeles, un giorno
mi telefona: “Liliana, devi darmi
un’ alternativa; se questo chiede
troppo e non ci sta, siamo fregati”. Gli rispondo: “Se ti do un’alternativa, tu anche per un solo
dollaro di differenza prendi l’altro.
L’alternativa non te la do. O così
o così”. Il produttore mi prende
l’appuntamento nel New Jersey
di 30 strumenti di fisica comprendenti originali di
Alessandro Volta e pezzi
ottocenteschi (dal Museo
per la Storia dell’Università
di Pavia), dispositivi scientifici attuali e postazioni
multimediali interattive (dal
Dipartimento di Fisica “A.
Volta” dell’Università di
Pavia) ed exhibit interattivi
moderni (dal Planetarium
Science Center della Bibliotheca Alexandrina) - la
mostra ha illustrato la ricca
eredità scientifica che Volta ci ha lasciato soprattutto
coordinare due conversazioni pubbliche con lei.
Il lungo itinerario del primo privilegio e il breve ma
intenso raffronto di idee del
secondo hanno finito per
congiungersi in un'unica
percezione: quella dello
strettissimo, ininterrotto
rapporto assoluto che questa straordinaria e completa
(lo schermo, la tv, la scena
alle 10 di sera, perché Rourke lavorava tutto il giorno. Vado a
New York, era gennaio, ci incontriamo con Rourke. Mangiamo
una pizza nella sua camera d’albergo. “Che devo fare?” mi chiede. “Fa’ come sei”. Era perfetto.
Venne a Roma.
Gli americani sono fatti così,
vogliono parlare prima di andare
sul set, non è come in Italia. Arriva un giorno, una settimana prima
delle riprese. Ci vediamo a casa
mia a parlare di noi. Gli racconto
la mia infanzia, mi racconta la sua,
due infanzie difficili, non avevamo
di che rallegrarci. Si parla, si parla,
si diventa amici. Allora, nel corso
nelle riprese del film, c’è un momento di forte avvilimento in cui
Francesco-Rourke non sente più il
rapporto con Dio. Per un uomo
religioso, perdere il contatto è la
sconfitta e la tristezza più totale, la
fine di tutto, perché “religio” è
stare in contatto, legati, avvinti. A
un certo punto vedo Rourke con
le lacrime agli occhi. “Cosa pensi?”, gli domando. E lui:
“Ripensavo a quell’episodio tuo
con tuo padre, che mi hai raccontato”. Nel girare un film l’attore
vero mette dentro tutto, la vita, il
lavoro, ha bisogno dell’emozione.
Il cinema non è il teatro, dove si
vede tutto a distanza. Nei primi
piani si vede il tremore, l’espressione, i cambiamenti più impercettibili del viso. L’attore partecipa a
tutto tondo con sé stesso, con la
propria energia, con il proprio
patrimonio di emozioni. Mickey è
VOLTA IN EGITTO
SUCCESSO DELLA MOSTRA
in campo elettrico e le modalità con cui questa eredità ha dato frutti nella scienza successiva (standardizzazione delle misure di
tensione elettrica, ruolo
della pila nella nascita e
nello sviluppo dell’elettrochimica e dell’elettromagnetismo, idea dell’elettricità di contatto), estenden-
allora come di oggi. Che
venne radicalizzandosi l’anno successivo nell'autentica
esplosione del primo Francesco, e trionfò col Galileo del
'68, film tanto stolidamente
avversato dall'ufficialità,
quanto storiograficamente e
didatticamente, oggi come
allora, prezioso e vitalissimo. E al nitore incontrovertibile degli esiti poteva al
dosi poi fino al presente, in
particolare con le recenti
applicazioni dell’ “effetto
Volta” in dispositivi come le
celle fotovoltaiche e i Led,
di crescente importanza
rispettivamente nella produzione rinnovabile e nel
risparmio dell’energia.
L’evento ha registrato un
numero molto elevato di
momento legittimamente
aggiungersi la sorpresa per
una firma al femminile.
Tale maniera adamantina
di rapportarsi alla realtà e di
rappresentarla, avrebbe esposto l’autrice a immotivati e immeritati dinieghi e
ripulse, soprattutto in presenza di risultati difficili da
assimilare per qualsivoglia
conformismo: se ne ebbero
prove clamorose nell’accoglienza via via riservata, ad
esempio, alla successione
consecutiva de Il portiere di
notte, Al di là del
bene e del male e
soprattutto La
pelle, tra il ‘74 e
l’80.
Magnifico, eticamente esemplare il modo in cui
Liliana Cavani,
sottoponendosi
alle domande del
pubblico, riflette
a lungo, con estreme serietà e
immedesimazione, cercando accuratamente
le parole e soppesandole
prima di rispondere. Questa
sua disponibilità schietta e
autentica al dialogo le consente di donare lezioni
(anche di umiltà) di altezza
non dissimile da quella dei
suoi film. Chi ha vissuto il
calore e l’immediatezza della serata con lei al Collegio
Nuovo può ben testimoniarlo.
formidabile in questo, per me è il
più grande attore tra quelli che ho
incontrato.
Quando ho fatto “Portiere di
notte”, volevo Trintignant, che
mi era piaciuto moltissimo. Lo
stesso Bernardo Bertolucci voleva Trintignant quando fece
“Ultimo Tango a Parigi”. Poi il
produttore gli suggerì Marlon
Brando, che era in un momento
di caduta. Per il ruolo femminile
pensavo a Charlotte Rampling e
a Mia Farrow. Incontro
Charlotte Rampling all’Hotel Rafel. La vedo arrivare, la sua energia. Basta, mi dico, è lei. Senza
provini, le cose nascono così, si
procede a tastoni. [...].
visitatori, superando le aspettative degli organizzatori italiani e dei partner
sulla sponda egiziana
(Ambasciata d’Italia in Egitto e Bibliotheca Alexandrina - Planetarium Science Center). I contenuti proposti al pubblico sono stati
ripresi e approfonditi da
conferenze scientifiche e
storico-scientifiche incentrate su alcuni temi della
mostra. Oltre a costituire
una vetrina di grandissima
visibilità internazionale per
il patrimonio storico-
Liliana Cavani
scientifico dell’Università di
Pavia, nel luogo che nell’antichità ha visto la nascita
e la prima realizzazione
delle idee di biblioteca e di
museo, la mostra ha anche
creato le condizioni per
l’apertura di canali di cooperazione su temi di storia
della scienza e di valorizzazione del patrimonio storico-scientifico tra i gruppi
di ricerca attivi in queste
aree all’Università di Pavia
e alla Bibliotheca Alexandrina.
sabato 26 dicembre 2009 23.35
Magenta
Ciano
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