Capitolo 4
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Capitolo 4
CINETICA ELETTROCHIMICA Un processo elettrochimico è l’insieme di una successione di diversi “stadi”, di cui almeno uno di trasferimento di carica, o meglio, di Trasferimento Elettronico (TE). c + ne R(zn)+ k O z+ (4.1) ka adsorbimento reazione O Scopo della cinetica elettrochimica è stabilire la natura e la velocità dei vari stadi. I vari processi sequenziali, benché aventi natura diversa, sono fra loro interconnessi in quanto le condizioni iniziali di ciascuno sono determinate dalle condizioni finali del precedente e il contributo di ciascuno si somma a quello degli altri. trasporto Asup Abulk Oad ne Rad R dessorbimento Bsup reazione Bbulk trasporto A circuito aperto una cella elettrochimica possiede una forza elettromotrice corrispondente alla variazione di energia libera della reazione globale. Quando passa corrente non si è più in condizioni di equilibrio e si hanno modificazioni in prossimità dell’elettrodo e/o all’elettrodo stesso. Tale fenomeno si definisce polarizzazione. Ciascuno dei due elettrodi della cella elettrochimica sarà caratterizzato dal proprio processo redox, rappresentabile con un’equazione di TE del tipo dell’equazione (4.1). In realtà è possibile che ad un elettrodo avvengano contemporaneamente più processi di TE, ma per il momento limitiamoci a considerare il caso più semplice in cui ve ne sia solo uno. Se consideriamo un singolo elettrodo in condizioni di non equilibrio si avrà il passaggio di una corrente con “verso anodico” per il verso di ossidazione della reazione di TE (cioè da destra a sinistra per la reazione 4.1) ed una corrente con “verso catodico” per il verso di riduzione della reazione (cioè da sinistra a destra per la reazione 4.1). La differenza tra la corrente del verso anodico (considerata convenzionalmente positiva) e la corrente del verso catodico (considerata convenzionalmente negativa) è la corrente netta che attraversa l’interfaccia elettrodica e corrisponde alla corrente esterna che circola nella cella, cioè quella che noi misuriamo sperimentalmente per l’elettrodo in questione. Questa può assumere anche valore zero quando il potenziale dell’elettrodo è uguale al valore di equilibrio. Se si considera una cella, quando la corrente esterna è diversa da zero, il lavoro è erogato dalla cella elettrochimica nel caso di chiusura del circuito su un carico passivo (resistenza elettrica), cioè quando la cella funziona da pila ed alimenta un circuito esterno. Viceversa, il lavoro viene assorbito dalla cella elettrochimica nel caso in cui si inserisca nel circuito un generatore di potenza con polarità concorde con quella termodinamica, cioè quando si carica la pila. In entrambi i casi il potenziale di ciascun elettrodo è diverso da quello reversibile e la differenza si chiama sovratensione (η). In una cella avremo una sovratensione totale η tot, che è la risultante del contributo dei due elettrodi. 4.1 POTENZIALE DI ELETTRODO SOTTO CORRENTE Consideriamo un singolo elettrodo, al quale avvenga il processo schematizzato nella reazione (4.1). Con un’adeguata strumentazione può essere misurato il suo potenziale, sia in condizioni di equilibrio (Eeq), cioè quando non si ha passaggio di corrente attraverso l’interfaccia elettrodica, che 61 in condizioni di non equilibrio (E), cioè quando si ha il passaggio di corrente elettrica attraverso l’interfaccia. Si può quindi misurare la sovratensione per l’elettrodo in esame, che viene definita: = E – Eeq Il valore complessivo della sovratensione di un singolo elettrodo è frutto di una serie di contributi che possono essere classificati a seconda della tipologia dei vari processi che li determinano: di barriera, o attivazione, o trasferimento elettronico: relativa allo stadio di TE attraverso l’interfaccia elettrodo-soluzione, e di reazione: quando il processo elettrochimico coinvolge reazioni chimiche antecedenti il TE o successive al TE, r di trasporto di materia, generalmente di diffusione: quando il rifornimento di A all’elettrodo (o lo smaltimento di B) è lento, d di trasporto di carica: quando la carica elettrica incontra particolari resistenze per rifornire l’interfase, . 4.2 DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELLA SOVRATENSIONE Con un’adeguata strumentazione possono essere misurati separatamente ed indipendentemente i valori di E e di per un singolo elettrodo. L'apparecchiatura necessaria per le misure di sovratensione di un elettrodo è il potenziostatogalvanostato, corredato da una serie di strumenti ausiliari, fra i quali il PC sembra oggi essere utilissimo almeno per quanto riguarda le misure in regime non stazionario, cioè transitorio. Invero nelle misure stazionarie la grandezza elettrica osservata (che può essere: una differenza di potenziale, una intensità di corrente, una resistenza, talora la fase in tecniche che prevedono la corrente alternata) viene generalmente misurata dopo che il sistema ha raggiunto uno stato stazionario (steady state), mentre in regime transitorio si determinano le grandezze elettriche in funzione del tempo dopo aver mutato le condizioni della cella con l'applicazione o l'interruzione di una corrente o di una tensione. Il potenziostato (vedi schema accanto) è costituito da un’apparecchiatura che consente di lavorare con POTENZIOSTATO un sistema a tre elettrodi: l'elettrodo sotto esame GALVANOSTATO (Working electrode, WE), un controelettrodo voltmetro (Counter electrode, CE) ed un elettrodo di riferimento (Reference electrode, RE). La funzione del CE è solo quella di chiudere il circuito, mentre RE quella di RE è di creare nella cella un riferimento CE WE fisso per il potenziale dell’elettrodo in esame. RE deve pertanto essere impolarizzabile, e a tal fine attraverso esso non passa corrente. Con questo CELLA sistema si studia quindi solo il processo (e la relativa sovratensione) che avviene al WE. Quando al WE viene applicato un potenziale diverso da quello di equilibrio, si avrà il passaggio di una corrente netta attraverso l’interfaccia di questo elettrodo. La stessa corrente deve necessariamente attraversare il conduttore ionico e, attraverso il CE, dovrà percorrere il circuito esterno per ritornare dall’esterno al WE. Il potenziostato fissa quindi una adeguata differenza di potenziale tra il WE ed il CE, in modo che al CE avvenga un processo con una corrente netta uguale ed di verso opposto a quella del WE; il valore di tale corrente, misurato dal potenziostato, viene fornito istantaneamente all’utente (al PC che gestisce il sistema). In queste condizioni il potenziostato misura anche la differenza di potenziale tra WE e RE, per cui si conosce esattamente il valore di EWE (che è la seconda informazione fornita all’utente), mentre non si ha passaggio di corrente attraverso il RE, che mantiene quindi il suo potenziale fisso e noto. 62 In condizioni stazionarie le curve di polarizzazione da studiare possono essere galvanostatiche o potenziostatiche. Nel primo caso viene applicata una corrente costante fra WE e CE e, dopo aver atteso che il sistema giunga in condizioni stazionarie, si rileva la differenza di potenziale fra WE e RE e, quindi, il valore di EWE. Nel secondo caso invece si rileva la corrente, giunta al valore "steady state", che scorre fra WE e CE quando fra WE e RE viene mantenuta la differenza di potenziale voluta (cioè un determinato valore di EWE). Durante il passaggio della corrente il sistema elettrochimico varia rispetto alle condizioni iniziali ma l'elettronica dell'apparecchiatura agisce mantenendo comunque sempre costanti la corrente (condizioni galvanostatiche) o la tensione prefissata fra WE e RE (condizioni potenziostatiche). In condizioni transitorie la disposizione è sostanzialmente identica, con la differenza che la misura nel tempo della grandezza elettrica, che risulta dall’improvvisa applicazione o interruzione di una tensione o di una corrente costanti o variabili secondo leggi prefissate, viene effettuata per mezzo di elettrometri a risposta estremamente rapida ed oscilloscopi a memoria digitale a scansione velocissima (possibilità di rilevare la grandezza elettrica un milione di volte al secondo) allo scopo di eleminare i contributi di sovratensione “ohmica” e poter ben distinguere quelli dovuti alle altre componenti (trasferimento elettronico, diffusione, reazione). I dati memorizzati vengono immessi automaticamente, o in un tempo successivo, nella memoria di un PC per la successiva analisi numerico-statistica. 4.3 SOVRATENSIONE DI TRASFERIMENTO ELETTRONICO Consideriamo come esempio di processo di trasferimento elettronico (TE) ad un singolo elettrodo (cioè al WE) il seguente: Oz+ + ne k kc F R(zn)+ (4.1) a dove generalmente n = 1. O e R rappresentano la forma ossidata e ridotta della coppia redox, cioè distanza di O dall’elettrodo le specie "elettroattive", che potrebbero essere diverse dalle specie A e B che costituiscono il G G reagente ed il prodotto del processo elettrochimico in esame. Il TE coinvolge gli elettroni nel livello Fermi del qe conduttore elettronico i quali per passare al conduttore ionico devono superare la barriera di O potenziale che esiste tra la superficie elettrodica e R l’OHP (dove normalmente si trovano le specie O q qn ed R). Tale attraversamento avviene mediante tunneling radiationless, cioè per effetto tunnel, ma senza emissione di energia radiante. Ciò significa che, considerando il processo di riduzione (4.1), l’orbitale della specie O che riceve l’elettrone deve essere esattamente allo stesso livello 63 energetico del livello Fermi e a tale livello deve trovarsi anche l’orbitale della specie R, che lo ha ricevuto. Perché avvenga il TE è quindi necessario che O subisca un riarrangiamento molecolare (lunghezze ed angoli di legame) per portare il LUMO (low unoccupied molecular orbital) allo stesso livello Fermi. In queste condizioni avviene il TE e la specie R che si forma ha esattamente la stessa energia, l’unica differenza è quella di avere un elettrone in più, cioè una diversa posizione lungo la coordinata elettronica, ma esattamente la stessa configurazione nucleare. Dal punto di vista energetico, il processo di TE è descritto dalla curva di G in funzione della coordinata di reazione q. 4.3.1 Cinetica elettrodica Considerando il processo di TE Oz+ + ne k kc R(zn)+ (4.1) a abbiamo G o kc Z exp c RT G o ka Z exp a RT (4.2) La relazione tra cG o e rG o rappresenta un aspetto di grande importanza che viene quantificato dal coefficiente di trasferimento elettronico . c G o r Go costante (4.3) Il tipo di relazione è definito dalle diverse teorie per il TE. La più semplice teoria per il TE è quella di Butler-Volmer che considera il coefficiente di trasferimento elettronico indipendente dal rG o del processo redox. Ciò significa linearizzare le curve energetiche, come riportato nella Figura seguente, per cui si può integrare facilmente l’equazione differenziale e ricavare la relazione tra cG o e rG o o tra cG o e E. relazione tra cGo (= cG) e rGo (= rGo) coefficiente di trasferimento elettronico c G r G o 0<<1 per il TE si ha: teoria di Butler – Volmer: è indipendente da rGo (relazione lineare tra cG e rGo) cG o rGo C (4.4) 64 Esistono diverse possibilità per definire l’integrale particolare (cioè la costante di integrazione C). Poiché siamo interessati alla relazione tra cG o ed il potenziale elettrodico E, è opportuno esprimere rG o in funzione di E. In questo caso bisogna considerare che è il potenziale elettrodico che provoca il processo di trasferimento elettronico (4.1), per cui la relazione è rG o = nF (E E o) (4.5) il che significa che, per la definizione della costante di integrazione C dell’equazione (4.4), si assume come riferimento il potenziale standard E o (curve continue in Figura). c G o nF ( E E o ) G0 aG o (1 )nF ( E E o ) G0 (4.6) In questo caso la costante di integrazione è la stessa G0, che è detta barriera intrinseca, poiché essa è l’energia di attivazione che si ha per il TE al potenziale standard, e definisce il valore della costante standard di TE, k 0. In questo caso, infatti, avremo o G n F (E E o ) 0 k 0 exp n F (E E ) exp RT RT RT k c Z exp G 1 n F (E E o ) 1 n F (E E o ) 0 0 k a Z exp exp k exp RT RT RT (4.7) G 0 RT k 0 Z exp dove k 0 è, appunto, la costante standard di TE. La velocità della reazione di andata vc è data dal prodotto della costante cinetica per la concentrazione del reagente O sulla superficie elettrodica cO(0,t), che in linea generale può essere diversa da quella che si ha nel bulk della soluzione. Infatti, le concentrazioni delle specie elettroattive O ed R sono funzione sia della distanza dalla superficie elettrodica x, che del tempo t, quindi vengono correttamente indicate come cO(x,t) e cR(x,t), per cui le velocità dei due TE dipendono dai valori che le due specie hanno sulla superficie elettrodica, dove avviene il TE, quindi per x = 0, al tempo t. Analogamente la velocità della reazione di ritorno va è data dal prodotto della costante cinetica per la concentrazione del suo reagente R, sempre sulla superficie elettrodica, cR(0,t). vc = kccO(0,t) va = kacR(0,t) (4.8) In questo caso si tratta di reazioni eterogenee, per cui le velocità sono misurate in mol cm–2s–1 (anche se, più correttamente, si dovrebbero esprimere in kmol m–2s–1, ma è rimasta l’unità di misura introdotta storicamente con il sistema di unità di misura cgs). Ciò significa che le concentrazioni vanno espresse in mol cm–3, per cui le costanti di TE risultano espresse in cm s–1. Alla reazione di andata corrisponde il passaggio di elettroni dal conduttore elettronico alla soluzione, cioè una corrente elettrica catodica (dato che è accompagnata dal processo di riduzione) che avrà una densità di corrente jc = nFvc; viceversa, alla velocità della reazione di ritorno corrisponde una densità di corrente anodica (dato che è accompagnata dal processo di ossidazione) ja = nFva. Vale la pena di sottolineare che queste due correnti, catodica e anodica, si riferiscono alla stessa interfaccia elettrodica e quantificano quindi i due versi del processo reversibile di TE rappresentato dall’equazione (4.1). 65 Convenzionalmente si definisce la corrente totale che attraversa l’interfaccia come differenza tra la corrente del verso anodico e quella del verso catodico (anche se storicamente era esattamente l’opposto, ma da qualche anno la convenzione internazionale è cambiata, per cui non sorprenda il fatto di trovare pubblicazioni con i segni invertiti). Ciò significa che la densità di corrente elettrica netta che attraversa l’interfaccia è data da: j = ja – jc = nF (va – vc) (4.9) per cui, considerando l’area A della superficie dell’elettrodo in esame, si ricava: v c k c cO ( 0, t ) jc nF Ic v a kacR (0, t ) n FA v v a v c kacR (0, t ) kc cO (0, t ) ja nF Ia n FA j nF j j a j c n F kacR (0, t ) kc cO (0, t ) 1 n F E E o n F E E o j n Fk 0 cR (0, t ) exp cO (0, t ) exp RT RT (4.10) dove l’ultima equazione (4.10) è nota come equazione di Butler-Volmer (B-V) estesa (poiché considera in modo esplicito le concentrazioni superficiali, cioè la possibilità che queste siano diverse da quelle nel bulk). Naturalmente, all’equilibrio E = Eeq e la corrente complessiva che attraversa l’interfaccia è nulla, il che significa che 1 n F E eq E o j n Fk 0 cR (0, t ) exp RT n F E eq E o cR (0, t ) exp RT n F E eq E o exp RT c exp n F E eq E RT n F E eq E o ( 0 , t ) exp O RT o c n F E eq E o ( 0 , t ) exp R RT n F E eq E o exp cR (0, t ) RT c O ( 0, t ) c n F E eq E o ( 0 , t ) exp O RT ( 0 , t ) 0 O c E eq E o 0 0 RT cO (0, t ) ln n F cR ( 0 , t ) Si vede che dall’equazione B-V, in condizioni di equilibrio per l’elettrodo in esame si ricava l’equazione di Nernst, con riferimento alle concentrazioni sulla superficie elettrodica (che è l’espressione più corretta, dato che vale anche quando fossero diverse da quelle nel bulk della soluzione elettrolitica; naturalmente, in condizioni di equilibrio, quando non avviene nessun processo netto, le concentrazioni sulla superficie elettrodica saranno generalmente uguali a quelle nel bulk). Se il TE è il rate determining step (rds), cioè lo stadio lento dell’intero processo elettrochimico, le concentrazioni sulla superficie elettrodica sono esattamente quelle nel bulk della soluzione, poiché il rifornimento e l’allontanamento dall’elettrodo sono veloci: cO(0,t) = cO* e cR(0,t) = cR*. Ricordando che E = Eeq + (in questo caso = e, dato che il TE è il rds), si possono fare le sostituzioni nella B-V estesa, ottenendo: 66 1 n F E eq E o j n Fk 0 cR exp RT 1 n F E eq E o n Fk 0 cR exp RT n F E eq E o n Fk 0 exp RT c R c O n F E eq E o exp RT exp 1 n F c RT n F E eq E o exp RT O n F E eq E o exp RT exp 1 n F c RT O exp n F RT n F exp RT (4.11) Quando siamo in condizioni di equilibrio, = 0 e anche j = 0, per cui si ricava anche in questo caso, dall’equazione (4.11), che nF E E o eq c 0 (4.12) c R exp O RT c O c R nF E E eq exp RT o E eq E o RT c ln O nF cR cioè l’equazione di Nernst, questa volta in funzione delle concentrazioni nel bulk, che è il caso generale. Ricordando l’equazione (4.12), possiamo raccogliere i due termini uguali nell’equazione (4.11), n F E eq E o exp j n Fk 0cO RT exp 1 n F exp n F 1 n F E eq E o n Fk 0cR exp RT RT RT exp 1 n F exp n F RT RT 1 n F n F j 0 exp exp RT RT (4.13) dove j0 è detta corrente di scambio. L’equazione finale (4.13) è nota come equazione di Butler-Volmer (anche se quella originale aveva i segni dei due esponenziali invertiti). La corrente di scambio è la corrente che passa (ad uno stesso elettrodo) in un senso e nell’altro quando E = Eeq. In condizioni di equilibrio infatti, E = Eeq, = 0, j = 0 (la corrente nel verso catodico che attraversa l’interfaccia è esattamente uguale a quella nel verso anodico e questi due valori uguali costituiscono la corrente di scambio j0). Ne risulta quindi (dall’equazione 4.11) n F Eeq E o cO exp RT c R 1 n F Eeq E o exp RT da cui si ricava ancora una volta: 67 (4.14) 1 n F Eeq E o exp RT cO n F E E o cR exp RT Eeq E o o exp n F Eeq E RT RT cO ln n F cR che è sempre l’equazione di Nernst per il potenziale elettrodico, il che ha rappresentato uno degli elementi di forza della teoria di Butler-Volmer, cioè il fatto di ottenere per via cinetica l’equazione valida in condizioni di equilibrio. L’altro punto di forza della B-V è l’equazione che si ottiene quando è grande (equazione di Tafel, vedi più avanti). Un aspetto che va evidenziato innanzi tutto è il notevole effetto che il potenziale elettrodico esercita sul valore delle costanti cinetiche kc e ka. A titolo di esempio vediamo l’effetto di un potenziale E che sia 1 V più negativo di E o, supponendo = 0.5: n F E E o kc k 0 exp RT k 0 exp 0.5 1 96485 1 k 0e19.5 k 0 0.3 109 8.314 298.15 mentre risulterà ka = k 0e–19.5 = k 0×3.4×10–9. Una sovratensione di 1 V fa aumentare un costante di nove ordini di grandezza (e diminuire l’altra di altrettanti ordini di grandezza). L’andamento di j in funzione di è riportato nella Figura a fianco. Nella i0 parte superiore sono rappresentate situazioni in cui = 0.5, per cui i due rami della curva, anodico e catodico, i0 sono perfettamente simmetrici rispetto all’origine, che è centro di simmetria. La pendenza della curva dipende dal i0=109 Acm2 i0=106 Acm2 i0=103 Acm2 valore della corrente di scambio j0: quanto più alta è j0 tanto più ripida ia =0.25 =0.5 =0.75 diventa la curva; viceversa, quanto più piccola è j0 tanto più sdraiata è la curva di corrente. Come si può notare, la corrente totale è la somma dei due contributi, anodico e catodico, i quali, per = 0, intersecano l’asse delle ordinate entrambi al valore della corrente di scambio (salvo il segno convenzionale). Se 0.5 la curva non è più simmetrica, come si può osservare nella Figura in basso. In particolare per < 0.5 il ramo anodico sale più rapidamente; viceversa per > 0.5 è il ramo catodico a salire più rapidamente. Si possono considerare due casi particolari: i) il sistema è assai vicino all'equilibrio, cioè la sovratensione tende a zero; ii) il sistema è assai lontano dall'equilibrio, cioè || è grande. Nel primo caso ( « RT/nF 50 mV), espandendo in serie i due esponenziali dell’eq. (4.13) e fermandosi al termine di primo grado si ha: ia 68 n F i 0 n F 1 n F j j 0 1 1 RT RT RT RT resistenza di barriera o di TE j j 0n F Nel secondo caso (il sistema è lontano dall'equilibrio, || > (RT/nF)ln100 = 118/n mV) si può trascurare uno dei due esponenziali rispetto all’altro (a seconda del segno di ): 1 n F nF RT exp 0.01 o 100 n F RT exp RT exp se abbiamo una sovratensione catodica ( < 118 mV), avremo n F 1 n F exp exp RT RT n F j j 0 exp RT ln j ln j 0 n F RT RT RT ln j 0 ln j a b ln j n F n F analogamente per una sovratensione anodica. = a + b ln j (4.15) L'equazione (4.15) è nota come legge di Tafel (anche se la Tafel è espressa generalmente con il logaritmo decimale), a e b come costanti di Tafel. L’equazione empirica fu ottenuta da Tafel più di vent’anni prima della teoria di Butler-Volmer. Questo è il secondo punto di forza della B-V, che continua a renderla una teoria tuttora accreditata. Questa equazione è assai importante perché consente di ottenere j0 e quindi informazioni fondamentali sulla costante standard di TE, mediante estrapolazione del tratto lineare della funzione η(ln j) a η = 0. log i log i0 200 100 0 69 100 200 4.3.2 Considerazioni generali Nel caso più generale le curve di polarizzazione (depurate dalla componente ohmica del sistema) mostrano sia la componente di sovratensione di trasferimento di carica sia quella di diffusione e/o di reazione come si vede nella Figura a destra, che per semplicità riporta solo il ramo catodico di una curva di polarizzazione. Si può notare una zona prossima al potenziale reversibile (A) in cui al valore di η contribuiscono i due termini della equazione (4.13), seguita da un tratto lineare (zona di Tafel) in cui η è ancora causata dalla lentezza del TE, equazione (4.15), e da una successiva zona di potenziali più elevati in cui prevale la sovratensione di diffusione e/o di reazione chimica. i/il Un andamento analogo si riscontra anche nella zona anodica, generalmente con pendenze diverse dato che il valore di (1-) può essere diverso rispetto ad (anche se in molti casi si può ragionevolmente assumere = 0.5). 1 400 200 200 400 /mV 1 70