Mobilità di personale nelle società partecipate

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Mobilità di personale nelle società partecipate
APPROFONDIMENTI
Mobilità di personale nelle società partecipate
di Gesuele Bellini – funzionario del Ministero dell’Interno e docente di diritto amministrativo del lavoro presso
l’Università dell’Insubria
Il quadro di difficoltà economico-finanziario che ha dominato negli ultimi anni ha coinvolto anche il
settore delle partecipazioni pubbliche, spingendo il Legislatore a porre in essere una serie di misure
consistenti in processi di riorganizzazione volti a ridurre i costi di funzionamento, che costringeranno
gli Enti ad avviare importanti processi di razionalizzazione.
Tra le risposte di maggior impatto si annoverano gli interventi diretti a conseguire la riduzione e la
chiusura delle società partecipate, con conseguente necessità di ricollocare il personale in esubero
interessato ricorrendo al meccanismo della mobilità.
Nel presente articolo, dopo un generale accenno ai caratteri di tale istituto, si ripercorreranno gli
interventi legislativi che si sono succeduti fino al consolidamento della procedura vigente.
Premessa generale sull’istituto della mobilità
prestazione dell’attività lavorativa a favore di un terzo e, quindi, dei soli effetti del contratto e non pure
dell’atto costitutivo.
Dal punto di vista dell’applicabilità dell’istituto della
mobilità, esso va, invece, analizzato innanzitutto sotto due profili:
1. il primo, quello giuridico, relativo alla cessione
del contratto e al relativo inquadramento;
2. il secondo – non di minore importanza – quello
economico, relativo alla spesa sostenibile dalle
singole amministrazioni.
Il Legislatore è intervenuto con diverse disposizioni
in materia negli ultimi anni, in particolare nell’ambito del settore pubblico, con provvedimenti diretti
a rafforzare l’applicazione di tale strumento, tanto
da renderlo preferenziale per il soddisfacimento dei
fabbisogni di personale e prevedendo apposite procedure di reclutamento, talvolta non sempre chiare
nell’individuazione dei lavoratori interessati e degli
effetti economici che ne derivano.
Tale rafforzamento della disciplina in materia di assunzioni ha portato a favorire sia per esplicito dettato normativo sia, come soluzione residuale di carattere gestionale, l’istituto della mobilità.
In tale contesto, in particolar modo nell’ultimo decennio, la creazione e il proliferare dei processi organizzativi di esternalizzazione e di creazione di
soggetti partecipati hanno fatto emergere altre problematiche.
Invero, i bisogni di flessibilità e di reclutamento che
sono stati assolti attraverso la nascita di tanti soggetti partecipati hanno dovuto fare i conti con la
conseguente crescita delle spesa pubblica, che ha
condotto a riconsiderare tali soggetti, introducendo
dei tetti di spesa e muovendo le Amministrazioni a
Con il termine di mobilità ci si riferisce, di norma, indistintamente a una pluralità di mutamenti del rapporto di lavoro, del tutto eterogenei tra loro, tanto
sotto il profilo spaziale che temporale.
Riguardo al primo aspetto, si tratta di talune modificazioni che intervengono all’interno della struttura
del singolo Ente, come nel caso del trasferimento del
dipendente da un ufficio all’altro (mobilità interna).
In altre occasioni, invece, possono riguardare il passaggio del lavoratore da un Ente all’altro, appartenente o meno allo stesso comparto (mobilità individuale o volontaria), ma anche la riallocazione di una
pluralità di dipendenti da un Ente all’altro, di norma,
per motivi di esubero, con l’effetto di evitare il loro
collocamento in disponibilità e l’eventuale successivo licenziamento (mobilità collettiva o d’ufficio), oppure può essere la conseguenza di un trasferimento,
totale o parziale, delle funzioni svolte dal cedente.
Sotto il profilo temporale, viceversa, il trasferimento può differenziarsi per la temporaneità o la stabilità, a seconda che la cessione del personale sia di breve durata, come nelle ipotesi del c.d. comando o
distacco, che concernono un’assegnazione temporanea di dipendenti presso altre strutture, ovvero a
tempo indeterminato, dunque con cessione definitiva dei soggetti coinvolti, come nelle casistiche sopra
descritte.
Quale che siano le diverse forme di mobilità, esse
sono connotate da un elemento comune che concerne la modificazione soggettiva del rapporto di
lavoro, attraverso la cessione del contratto ai sensi
dell’art.1406 cod.civ. o più semplicemente – come
nel caso del comando o distacco – della sola posizione contrattuale, in via temporanea, stante la sola
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processi di programmazione e di razionalizzazione
complessivi.
Il nuovo scenario ha prodotto per alcune Amministrazioni la spinta ad avviare processi di internalizzazione delle funzioni o di esternalizzazione definitiva
o, in alcuni casi, di accorpamento delle società partecipate, anche al fine di superare fenomeni di duplicazioni generatesi a seguito di processi parziali e poco
organici di esternalizzazione.
La mobilità, in questo contesto, ha rappresentato
uno degli strumenti utilizzati per gestire tali processi
di razionalizzazione, muovendo il personale da una
partecipata a un’altra o facendolo transitare dalle
società partecipate nella Pubblica Amministrazione.
materie disciplinate dal D.L., compreso la disciplina
relativa al personale delle società partecipate.
Il D.L., con un articolo tuttora rubricato “Misure urgenti in materia di mobilità nel pubblico impiego e
nelle società partecipate”, introduceva un importante tentativo di riorganizzazione del personale delle
società in mano pubblica, di cui, tuttavia, a seguito
della conversione, è rimasto ormai ben poco, specie
con riguardo alla mobilità del personale.
In particolare, nel D.L. si stabiliva una procedura
– che poi sarà riformulata nella L. n.147/13 – che
prevedeva la possibilità per le suddette società di
realizzare, sulla base di accordi, il trasferimento dei
dipendenti dall’una all’altra, anche senza necessità
di consenso dell’interessato e previa mera informativa alle organizzazioni sindacali.
Erano inoltre previsti processi di mobilità del personale delle società partecipate, da facilitarsi mediante
l’adozione di appositi atti d’indirizzo da parte degli
Enti controllanti.
Inoltre, le stesse società potevano procedere a una
riallocazione del personale in eccedenza al proprio
interno o presso società controllate da Enti diversi
in ambito regionale o persino all’esterno di tale territorio, solo in quest’ultimo caso previo accordo con
i sindacati .
Rimaneva, invece, precluso il trasferimento del personale verso le Pubbliche Amministrazioni, e ciò
senz’altro in ragione della violazione del principio
del concorso pubblico che ne sarebbe altrimenti derivata, atteso che per buona parte si è trattato normalmente di risorse reclutate al di fuori di qualsiasi
procedura concorsuale.
La disciplina evidenziava una significativa attenzione
verso la gestione del personale delle società controllate, riprendendo taluni dei precedenti e molteplici
interventi normativi che hanno preso atto di una
crescente consapevolezza del carattere sostanzialmente pubblico di tali organizzazioni e delle relative
risorse. A tal riguardo, in particolare, si evidenziano
le norme che assoggettano le società pubbliche –
non solo quelle che esercitano pubbliche funzioni,
ma anche quelle titolari di pubblici servizi – al regime
delle Pubbliche Amministrazioni, non solo per profili
che attengono all’attività, ma anche per profili che
attengono all’organizzazione.
D’altra parte si prevedeva, ancora, la salvaguardia
dei livelli occupazionali nelle società partecipate tramite ricorso alla mobilità del personale tra le stesse, con espresso divieto di transito nella compagine
dell’Ente proprietario o controllore.
Interventi legislativi
A parte alcuni sporadici e poco incisivi interventi
legislativi che si sono succeduti a partire dalla privatizzazione del pubblico impiego, per effetto della
Legge delega n.421/92 la disciplina della mobilità nel
settore, che di riflesso ha coinvolto anche i soggetti
partecipati, ha tratto il suo decisivo impulso con il
D.Lgs. n.150/09, poi assestato con la L. n.125/13, e
rafforzato, da ultimo, con il D.L. n.90/14 e con la L.
n.114/14.
La riforma dell’istituto di che trattasi, avviata nel
2009, ha avuto, tra l’altro, la finalità di ridurre il ricorso ai contratti di lavoro a termine, consulenze e
collaborazioni e si è tradotta in disposizioni dirette
ad agevolare i processi di mobilità, anche volontaria,
finalizzati a garantire lo svolgimento delle funzioni
pubbliche di competenza da parte delle Amministrazioni che presentano carenza di organico nonché a
favorire i processi di mobilità intercompartimentale
del personale delle pubbliche amministrazioni.
In tale contesto è subentrato successivamente il D.L.
n.101/13, recante “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni” (noto anche come decreto
D’Alia, dal nome del Ministro proponente), che aveva
presentato alcune rilevanti novità che, dopo il lungo
e travagliato iter parlamentare, hanno subito diverse
modifiche in sede di conversione.
Va ricordato che nella sua originaria versione salvaguardava, tra l’altro, i livelli occupazionali nelle società partecipate tramite ricorso alla mobilità del personale tra le stesse, con espresso divieto di transito
nella compagine dell’Ente proprietario o controllore.
La legge di conversione del decreto D’Alia, tuttavia,
ha recato un’ampia serie di emendamenti che hanno
inciso in maniera più o meno significativa su tutte le
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Finalità, quest’ultima, che però il Parlamento in sede
di conversione ha radicalmente rimosso, espungendo in toto l’articolo del decreto legge afferente la liquidazione e gli esuberi delle società partecipate.
Sulla problematica irrisolta è successivamente intervenuta la L. n.147/13, che ha introdotto apposite
procedure sindacali di gestione degli esuberi e di collocazione in disponibilità dei lavoratori delle partecipate, in vista del loro scioglimento, anche mediante
nomina di un commissario.
Inoltre, è da annoverare l'ultima parte dell'art.5, D.L.
n.90/14, il quale, riprendendo i contenuti del D.L.
n.101/13 nella parte poi non convertita, ha rimodulato l'istituto della mobilità per le società partecipate.
Ulteriori disposizioni sono infine state introdotte con
la L. n.190/14 (Legge di Stabilità 2015).
Madia per i lavoratori pubblici di cui agli artt.33 ss.,
D.Lgs. n.165/01.
Nella Legge di Stabilità 2015 sono contenute, tra
l’altro, alcune disposizioni volte a disciplinare il processo di riorganizzazione e riduzione delle società
partecipate. Riduzione prevista per alcune società
partecipate entro il 31 dicembre 2015, seguendo alcuni criteri indicati nella stessa norma.
La materia è entrata nel mirino del Legislatore dopo
la stesura della relazione del Commissario della
revisione della spesa, i cui dati sono contenuti nel
documento del 7 agosto 2014 (il testo integrale del
parere è reperibile sul istituzionale www.agcm.it),
dalla quale sono emersi dati significativi posti all’attenzione del Governo. In particolare è risultato che
oltre 1.300 società hanno un fatturato inferiore a
€ 100.000,00 e oltre 2.600 hanno un fatturato con
meno di 1 milione di euro. Sono state censite oltre
3.000 partecipate senza o con pochissimi dipendenti
e in molti casi il loro numero è inferiore a quello dei
componenti dei consigli di amministrazione. Non è
marginale, inoltre, che in diversi casi le partecipate
diano corpo a scatole vuote che gestiscono affidamenti in house esclusivamente attraverso subappalti. Infine, circa il 16% delle partecipate, pari ad oltre
1.200, o hanno già cessato l’attività oppure sono in
liquidazione volontaria oppure sono soggette a procedure concorsuali.
La risposta a queste problematiche è avvenuta con
l’introduzione nella Legge di Stabilità di apposite misure atte a assicurare il contenimento della spesa, il
buon andamento dell’azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato, sancendo che
gli Enti interessati a decorrere dal 1° gennaio 2015
avviino un processo di razionalizzazione delle società
e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la
riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015.
In particolare, la normativa mira all’eliminazione
delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità
istituzionali, anche mediante messa in liquidazione
o cessione ovvero che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti o, ancora, che svolgano
attività analoghe o similari a quelle svolte da altre
società partecipate o da Enti pubblici strumentali,
prevedendo in tale ipotesi operazioni di fusione o di
internalizzazione delle funzioni.
Tra le modalità di attuazione per il contenimento dei
costi si individua inoltre l’aggregazione di società di
Disciplina vigente della mobilità
La disciplina della Legge di Stabilità 2014 (L. n.147/13),
inserisce il co.567-bis, nell’art.1, L. n.147/13, disponendo dei termini per le procedure di ricollocazione.
Quest’ultimo, in primo luogo, fissa un termine entro
il quale le procedure vigenti devono concludersi per
il personale in esubero:
• 60 giorni per la ricollocazione nella stessa società o in società controllate dallo stesso Ente o dai
suoi Enti strumentali (co.566);
• 90 giorni per la ricollocazione in altre società dello stesso tipo collocate anche al di fuori del territorio regionale (co.567).
In secondo luogo, al pari di quanto previsto per il
personale in disponibilità delle Pubbliche Amministrazioni, viene introdotta la possibilità, anche per il
personale in esubero delle società partecipate dalle
prime, di chiedere la ricollocazione in una qualifica inferiore, nella stessa società o in un’altra, entro
quindici giorni dalla conclusione delle citate procedure. La differenza principale, come si spiegherà meglio nel proseguo, consiste nel fatto che la richiesta
di ricollocazione in una qualifica inferiore nella stessa società o in un’altra, non è limitata ex lege - come
accade nell'ambito delle Amministrazioni Pubbliche
- a "un solo livello" rispetto alla qualifica posseduta.
Fermo dunque il divieto di transitare nell’amministrazione proprietaria, a ciò ostando il principio costituzionale del reclutamento mediante concorso
pubblico e l’inapplicabilità alle società private, ancorché in house, del Testo Unico del pubblico impiego, anche per i dipendenti delle stesse si amplia la
prospettiva di riallocazione, con modalità analoghe
a quelle introdotte dal medesimo decreto Renzi-
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servizi pubblici locali di rilevanza economica e la riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali e la riduzione delle
relative remunerazioni.
Nei casi di liquidazione e scioglimento o dismissione
delle società partecipate, il co.613 rinvia alle disposizioni del codice civile, che, in quanto incidenti sul
rapporto societario, non richiedono né l’abrogazione
né la modifica della previsione normativa originaria.
Le finalità dichiarate dalla norma, comuni ad altri
precedenti interventi del Legislatore, sono volte al
“coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell’azione
amministrativa e la tutela della concorrenza e del
mercato”.
Nel processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie, direttamente o indirettamente possedute, da attuarsi entro il 31 dicembre
2015, si dispone si debba tenere conto di taluni criteri individuati esplicitamente dalla stessa norma, che
sono:
a) eliminazione delle società e delle partecipazioni
societarie non indispensabili al perseguimento
delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione;
b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
c) eliminazione delle partecipazioni detenute in
società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate
o da Enti pubblici strumentali, anche mediante
operazioni di fusione o di internalizzazione delle
funzioni;
d) aggregazione di società di servizi pubblici locali
di rilevanza economica;
e) contenimento dei costi di funzionamento, anche
mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali,
nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni.
Un ulteriore adempimento previsto dalla Legge di
Stabilità 2015, contenuto al co.612, riguarda i presidenti delle Regioni e delle Province autonome di
Trento e di Bolzano, i presidenti delle Province, i sindaci e gli altri organi di vertice delle Amministrazioni
interessate (Enti locali, Camere di commercio etc.):
in relazione ai rispettivi ambiti di competenza debbono definire e approvare, entro il 31 marzo 2015,
un piano operativo di razionalizzazione delle società
e delle partecipazioni societarie direttamente o indi-
rettamente possedute, evidenziando le modalità e i
tempi di attuazione, nonché l’esposizione in dettaglio dei risparmi da conseguire.
Tale piano, che è accompagnato da un’apposita relazione tecnica, deve essere trasmesso, entro il 31
marzo dell’anno successivo, alla competente sezione
regionale di controllo della Corte dei conti, nonché
pubblicato nel sito internet istituzionale dell’Amministrazione interessata. La pubblicazione del piano
e della relazione costituisce obbligo di pubblicità, ai
sensi del D.Lgs. n.33/13.
Nelle procedure di liquidazione, si specifica nel
co.614, si applicano le norme relative alle procedure
di mobilità di personale tra società partecipate dalle
Pubbliche Amministrazioni, di cui alla L. n.147/13 e
successive modificazioni, e il reimpiego del personale in esubero, nonché al regime fiscale delle operazioni di scioglimento e di alienazione delle società
controllate da tutte le P.A..
Procedura della mobilità
Per quanto concerne la disciplina di scioglimento, di
liquidazione o di dismissione delle società costituite
o partecipate, il co.613, art.1, Legge di Stabilità 2015,
la demanda esclusivamente alla normativa civilistica
in materia di società. Viene escluso, quindi, qualsiasi riferimento alla normativa specifica dettata per
le società partecipate in materia di razionalizzazione.
La norma prevede, in più, alcuni incentivi volti a incoraggiare il processo di razionalizzazione. Al riguardo,
vengono riconfermati gli incentivi fiscali per le operazioni di scioglimento o alienazione, le procedure di
mobilità del personale per le società che si sciolgono
e l’esclusione dal patto di stabilità dei proventi derivanti dalle dismissioni o di quotazione di aziende
di servizi pubblici locali, a condizione che le entrate
vengano utilizzate per gli investimenti.
Sulla procedura da attuare ci si rifà invece alla specifica disciplina contenuta nell’art.1, co.563-568, L.
n.147/13.
In particolare si prevede che le società partecipate possano predisporre degli accordi tra di loro per
realizzare processi di mobilità dei lavoratori in relazione al proprio fabbisogno, che possono riguardare esigenze di riorganizzazione delle funzioni e dei
servizi esternalizzati o finalità di razionalizzazione
delle spese e di risanamento economico-finanziario
secondo appositi piani industriali e atti di indirizzo
ovvero possano derivare dalla rilevazione eccedenze
di personale, in relazione alle esigenze funzionali o
incidenza delle spese di personale sia pari o superio-
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re al 50% delle spese correnti.
In tali circostanze, la procedura – che segue la disciplina in tema di trasferimento di azienda di cui
all’art.2122 cod.civ. – prescrive l’informativa preventiva alle rappresentanze sindacali operanti presso le
società interessate e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato nelle stesse, in cui sono individuati il numero, la collocazione
aziendale e i profili professionali del personale in
eccedenza. Tali informazioni sono comunicate anche
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica.
L’Ente controllante, entro dieci giorni dalla notifica
della predetta informativa, procede alla riallocazione
totale o parziale del personale in eccedenza nell’ambito della stessa società, mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, ovvero
presso altre società controllate dal medesimo Ente o
dai suoi enti strumentali.
In questa procedura non si prevede il consenso dei
lavoratori interessati.
Per la gestione di tali tipologie di eccedenze il Legislatore ha altresì previsto la possibilità per gli Enti
controllanti e le società partecipate di concludere
accordi collettivi con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, finalizzati alla
realizzazione di forme di trasferimento in mobilità
dei dipendenti in esubero presso altre società dello
stesso tipo, operanti anche al di fuori del territorio
della Regione ove hanno sede le società interessate
da eccedenze di personale.
Le predette procedure vanno concluse rispettivamente entro 60 e 90 giorni dall’avvio, trascorse le
quali, entro i successivi 15 giorni, il personale può
presentare istanza alla società da cui è dipendente
o all’Amministrazione controllante per una ricollocazione, in via subordinata, in una qualifica inferiore
nella stessa società o in altra società.
In tali procedure è stata introdotta una disposizione incentivante delle forme di mobilità, prevedendo
che le società interessate possano farsi carico, per
un periodo massimo di tre anni, di una quota parte non superiore al 30% del trattamento economico
del personale interessato dalla mobilità, nell’ambito
delle proprie disponibilità di bilancio e senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Al riguardo, si specifica che le somme corrisposte per tali
finalità dalla società cedente alla società cessionaria
non concorrano alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta
regionale sulle attività produttive.
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