Bonomi, Codeluppi, Fortis: analisi e ricette

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Bonomi, Codeluppi, Fortis: analisi e ricette
Consumi
Low cost
PAGINE 8-9
PAGINE 10-11
Il superfluo
è passato
di moda
Distretti
Cavarsela
a Milano
senza rinunce
Male il tessile
ma il mobile
tira ancora
PAGINE 12-13
Gennaio 2010
www.lab.iulm.it
Anno VII
Numero I
Bimestrale del laboratorio di giornalismo dell’Università IULM. Direttore responsabile Giovanni Puglisi. In redazione gli studenti del Master in Giornalismo - facoltà di Scienze della Comunicazione e dello
Spettacolo. Direzione e redazione: Via Carlo Bo, 1 (tel.:02.891412538/9; e-mail [email protected]). Registrazione Trib. Milano n. 477 del 20.09.2002. Stampato da Graficart snc Biassono (Milano).
LA FORZA
DELLA
INDIGNAZIONE
Giovanni Puglisi
uale crisi? È questa la domanda che cominciano a
farsi in molti da un lato
ascoltando i politici, gli economisti
e quanti a loro si accodano, che ne
predicano, a giorni alterni, l’inizio
della fine e la difficoltà ad uscirne,
e dall’altro lato osservando la vita
nelle città, le folle negli outlet, nei
supermercati, nei negozi di lusso,
nelle stazioni sciistiche, gli ingorghi sulle autostrade, nei centri storici. Certamente una crisi c’è stata
e forse c’è ancora in atto, ma di
certo la situazione è ben lontana da
quella che vogliono farci credere e
anche vedere i responsabili vicini e
lontani della crisi stessa.
Q
continua a pag. 20
La CRISI
è servita
Chi e come
è sopravvissuto
alla recessione
E chi ancora
ne sta pagando
il prezzo
Bonomi, Codeluppi, Fortis: analisi e ricette PAG. 2 - 3
Pagina 2
SPECIALE
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DOSSIER
Fra recessione
e ripresa
La crisi ci restituisce un Paese
dal volto nuovo
Tre esperti analizzano
i cambiamenti che il crollo
della finanza ha prodotto nel
sistema economico italiano
Ma anche nella società civile
e nei consumi
Italia
anno zero
Salvatore Filippone
Maria Rosaria Iovinella
Gaetano Pecoraro
na crisi porta sempre
con sé una rivoluzione, resta da capire
quale. E’ la domanda che si
pone l'Italia dopo il grande
crollo che ha travolto i mercati
finanziari internazionali e che a
cascata ha coinvolto anche
l'economia reale.
Gli ambiti che la crisi investe
sono molteplici e le risposte
non sono mai univoche soprattutto in Italia, dove il sistema
produttivo fatto di piccole e
medie imprese non consente
una strategia industriale uniforme, fornendo quindi soluzioni differenti per reagire al
cambiamento. Ma insieme alle
aziende anche il consumatore è
cambiato. Non solo per la contrazione del reddito, colpito da
cassa integrazioni e licenzia-
U
menti, ma anche perché in periodo di crisi fisiologicamente
si modificano gli stili di consumo. Un mutamento che,
spiega il sociologo Aldo Bonomi, non colpisce solo “i modelli produttivi, i distretti, i
meta distretti ma anche il tipo
antropologico dell'animale imprenditore trasformatosi nel
“commartigiano”.
Ma chi è il “commartigiano”
che esce dalla crisi e sale alla ribalta dell'economia italiana?
Un ibrido tra “l'artigiano custode dell'arte” e l'attitudine
“com” che rimanda alla comunità e al commercio e soprattutto al “com” della rete
ponendosi non solo il problema
di produrre le merci ma di vestirle e rappresentarle nel
mondo.
Già, il mondo. Il rapporto con
l'estero è una chiave importante
per la comprensione della specificità del caso italiano, ovvero
un Paese che regge alla crisi ma
è zavorrato nel suo punto forte,
l'export, da Paesi che improvvisamente hanno perso la capacità d'acquisto. Come spiega
Marco Fortis, economista, docente della Cattolica e vicepresidente della Fondazione
Spagna- spiega Fortis- non costruiranno più una casa per i
prossimi tre anni. A chi potremmo mai vendere i mobili e
le piastrelle?”. Giusto. Ma cosa
ci salverà? Forse quel localismo
che deprechiamo in tanti ambiti
e che, economicamente, si tra-
La recessione investe
molteplici settori
e le risposte
non sono mai
univoche
Edison, ci penalizza “la volatilizzazione della domanda, non
abbiamo più clienti”. Un esempio? L'atteggiamento dissoluto
tenuto da chi, come il caso spagnolo insegna, “ha drogato ad
esempio il sistema edilizio. In
sforma nella dinamica dei distretti, isole, se non felici,
quantomeno in grado di reggere
l'onda d'urto. Secondo Bonomi,
c'è “un tessuto di rete e di soggetti- “avanguardia gente” la
definisce il sociologo- che den-
tro la crisi si sta riposizionando,
grazie all'innovazione e all'internazionalizzazione delle proprie imprese” ma anche altri
soggetti, protagonisti del “capitalismo molecolare”, potranno
resistere. Il sociologo li identifica “negli artigiani e nelle piccole imprese che reggono alla
crisi”, personificando un capitalismo dei piccoli.
Quel capitalismo che ci vede
primeggiare grazie a campi
marginali per altri. Fortis illustra bene il concetto, chiamando in ballo il temuto
gigante asiatico cinese: “Siamo
capaci di essere protagonisti in
molteplici nicchie, magari inferiori per fatturato ma che, sommate, ci garantiscono un
vantaggio competitivo assoluto.
Siamo, ad esempio, i migliori
al mondo nella produzione di
macchinari per la distribuzione
dei cibi e delle bevande.
Una multinazionale come Ne-
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SPECIALE
HANNO DETTO
Marco Fortis
docente universitario
e Vice Presidente Fondazione
Edison
Aldo Bonomi
Direttore dell’Istituto di ricerca
Aaster e consulente del Cnel
“
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L’ECONOMISTA
Abbiamo difficoltà oggettive
nella piccola impresa
e siamo più forti
dei nostri concorrenti
nell’indotto
“
IL CONSULENTE
“
”
”
Credo nella nuova figura
del “commartigiano”,
un mix di artigianato,
commercio e rete
IL SOCIOLOGO
Dopo la crisi
ci sarà un’evoluzione
che porterà il consumatore
a essere più
selettivo e competente
Vanni Codeluppi
docente di sociologia
all’Università
di Modena e Reggio Emilia
stlè, che chiede a un'azienda bolognese una macchina per impacchettare, entra in possesso di
un prodotto unico, esattamente
come un borghese che compra
l'alta moda.
L’hi-tech cinese, le commodities, una volta apprese, le sanno
fare tutti. Nelle nostre macchine
c’è la migliore tecnologia. Il
post vendita, manutenzione inclusa, lo sappiamo fare soltanto
noi”. Ossigeno puro, che ci riconduce ai distretti italiani, non
inferiori, nel caso delle manifatture lombarde, alla “Baviera,
al BadenWuttenberg”.
Ma anche i distretti cambiano,
e il focus si concentra sulla
Lombardia, terra decisiva nell'economia italiana. Bonomi
esaustivamente articola: “Parliamo di “quattro Lombardie”
economiche: c’è la “prima
Lombardia” del distretto alpino,
in cui il problema è il turismo,
la risorsa ambientale.
Poi c’è la piattaforma produttiva della Pedemontana lombarda,
soprattutto
manifatturiera, che va dall’aeroporto di Malpensa a quello di
Montichiari, passando da
Lecco, Bergamo, Brescia, e ancora tutta la Brianza.
Qui c'è “il motore produttivo
manifatturiero”, con mezzo milione di imprese manifatturiere
con più di un milione e mezzo
di addetti. Poi c’è Milano, con
le sue funzioni terziarie. Infine,
tutta la Lombardia “agro-industriale” che è rappresentata
dalla Padania». Una ricchezza,
quella lombarda, che fa bene ad
un Paese che forse si sente più
pessimista di quanto la situazione richieda. Ma fatta l'Italia
della crisi, restano da fare gli
italiani.
Ci pensa il sociologo Vanni
Codeluppi a restituire il ritratto
dell'uomo italiano dopo la crisi.
L'esempio è da manuale della
sociologia, che non lesina il
dettaglio psicologico.
Spiega Codeluppi: “I “ricchi”
limitano gli acquisti legati allo
sfarzo perché, socialmente,
certe spese appaiono eticamente riprovevoli. Quindi o li
limitano, oppure li rimandano
sul futuro.” Resistono i consumi identitari, legati allo status sociale. Ma con una
differenza basilare: “Si acquistano sottomarche, oppure si
passa dalla boutique ai mercatini e ai discount”.
Il “low cost” come panacea di
I “ricchi” limitano
gli acquisti legati
allo sfarzo perché
certe spese appaiono
eticamente riprovevoli
più in la nel tempo. C'è poi il
consumatore medio, quello più
colpito dal crollo dell'economia. Oltre alla oggettiva contrazione dei consumi legata alla
riduzione del reddito, spende
meno bloccato dal meccanismo psicologico di incertezza
tutti i mali, quelli del portafoglio ma anche quelli dell'anima.
Sul lettino della crisi, il soggetto si fa consapevole e porta a
termine un processo di consapevolezza che parte da lon
tano:“Il consumatore diventerà
più selettivo e competente. E'
”
un trend ormai in atto da una
decina di anni, ma che la crisi
ha accentuato. Se fino agli anni
Ottanta avevamo un consumatore passivo, ingenuo, dagli
anni novanta in poi abbiamo
visto una lenta evoluzione del
consumatore che è diventato
più attento e che vaglia le offerte scegliendo quella migliore”.
Gli anni Novanta, decennio
padre di molti mali finanziari,
compresa l'euforia ingiustificata di manager e pubblico che
ha retto fino al crollo americano, un sistema valoriale più
che un semplice modo di fare la
finanza.
Ma niente speranze all'orizzonte cinese. Fortis ci ammonisce. “Chi si illude che la Cina ci
salverà, sbaglia. E poi non sappiamo nemmeno come sono i
loro conti pubblici, le loro banche”. Il remake della crisi non
lo vuole vedere più nessuno.
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SPECIALE
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DOSSIER
Fra recessione
e ripresa
Ilbuconero
della
produzione
Domenico Ferrara
entro il tunnel della
crisi ancora non si
vede luce per le imprese del settore manifatturiero
milanese. Le difficoltà continuano anche nella seconda
metà del 2009. Milano va
meno peggio della Lombardia,
ma questa è solo una magra
consolazione. Nel terzo trimestre 2009 si resta infatti all'interno
di
un
quadro
congiunturale negativo. Rispetto all'anno precedente, il
capoluogo lombardo fa registrare una diminuzione dei livelli produttivi del -9,3%
contro il -10,5% dell'intera regione. Numeri negativi che
non cambiano nemmeno per
quanto riguarda il fatturato interno ed estero del terzo trimestre 2009, rispettivamente
–11,8% e –10,5%.
Tuttavia, l’industria milanese conferma nel terzo trimestre 2009 l’assestamento della
dinamica recessiva e si evidenzia un graduale rallentamento della caduta produttiva
(-3,8% nel primo trimestre, 1,7% nel secondo e -1,5% nel
terzo) dovuto sia alla decelerazione del trend negativo dei
mercati esteri che di quello domestico. Miglioramenti sì, ma
come piccole gocce. Il quadro
emerge dall’analisi congiunturale del terzo trimestre 2009
sull’industria e l’artigianato
manifatturiero di Regione
Lombardia, Unioncamere e
Confindustria Lombardia, con
la collaborazione delle Associazioni regionali dell’Artigianato, effettuata attraverso
1.474 interviste ad aziende industriali. La fine del tunnel
D
L’industria manifatturiera non riesce ancora a vedere
la luce dopo dodici mesi drammatici. Gli accenni di ripresa
non autorizzano ottimismo: anche se non manca
la fiducia delle aziende, serviranno anni prima
di tornare ai livelli produttivi del periodo pre-crisi
La produzione dell’artigianato manifatturiero nel terzo trimestre 2009 è diminuita del 10,1%
sembra ancor più lontana se si
considerano le previsioni effettuate dal centro studi di Assolombarda che ha condotto
un sondaggio su 380 imprese
milanesi, di cui 219 del settore
manifatturiero. Emerge una situazione ormai statica e compromessa
dai
risultati
conseguiti finora. Il fatturato
del 2009 continuerà a diminuire per la gran parte delle
imprese. E solo nel 2010 si intravedono germogli di crescita, da rapportare pur sempre
con un 2009 critico. Per intendersi, è difficile che si recuperino i livelli precedenti allo
scoppio della crisi. Il tutto dovuto al fatto che le imprese
manifatturiere e della distribuzione industriale sono quelle
più svantaggiate perché hanno
una maggiore presenza sui
mercati esteri, nonché un diretto legame con il crollo della
domanda internazionale causato dalla crisi.
Da un'indagine della Camera di Commercio di Milano
si evince che la produzione
dell’artigianato manifatturiero
milanese nel terzo trimestre
diminuisce del -10,1% su base
annua, ma migliora rispetto
alla precedente rilevazione (13,8%, nel secondo trimestre).
Il calo della produzione su base
annua è stato accompagnato da
una ulteriore diminuzione del
fatturato totale (-17,6%). Sembra quindi che l’artigianato
manifatturiero non abbia ancora agganciato il trend di decelerazione della fase negativa
che colpisce il settore industriale. Il segnale di fondo non
è confortante, soprattutto se si
considera il robusto calo dei
volumi produttivi (-13,8% la
variazione grezza anno su
anno).
Sul fronte licenziamenti, nel
mese di ottobre sono state
circa tre milioni le ore di cassa
integrazione ordinaria autorizzate in provincia di Milano,
contro i quattro milioni del
mese di settembre. Per quanto
riguarda invece la cassa integrazione straordinaria in provincia di Milano sono state
autorizzate 3,9 milioni di ore
nel mese di ottobre, in calo
dell’8% rispetto al mese di settembre. Il tutto si traduce in
200 licenziamenti nel mese di
ottobre. Se però il quadro complessivo delle imprese resta
complessivamente negativo
emerge una attenuazione del
pessimismo di fondo. Ci sono
meno imprenditori che stimano un calo della produzione
nell'ultimo trimestre 2009 e si
evidenzia un recupero delle
aspettative sul mercato interno.
Per quanto riguarda l’occupazione, il quadro resta improntato al pessimismo, anche se
diminuisce il clima di sconforto. La fiducia non manca,
insomma. Con la speranza di
non essere l'unico fattore a cui
aggrapparsi per vedere finalmente un po' di luce nel tunnel.
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Da sinistra in senso orario opere di:
Franco Sarnari, Ruggero Savinio,
Valerio Adami e Piero Ruggeri.
E il pubblicitario si ritrovò “out”
Calano gli investimenti in advertising delle aziende, ma per il Politecnico di Milano il futuro è in rete
Jacopo D’Andrea
media tradizionali non
hanno più i guadagni
pubblicitari che avevano
un tempo. Nel 2009, numerose
aziende hanno investito di
meno in pubblicità rispetto al
2008: il calo dei loro investimenti pubblicitari sulla stampa
è stato del 20%, sulla tv analogica del 10% e sulla radio del
14%. Sono i dati di una ricerca
dell’Osservatorio su New Tv
& Media promosso dalla
School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con il Cefriel
consorzio universitario che fa
ricerca nel campo dell’Information & Communication Technology. Ma le agenzie
pubblicitarie come hanno risposto alla contrazione degli
investimenti? «Secondo la mia
esperienza – dice Gioia Feliziani esperta di pubblicità sul
web – soprattutto le agenzie rigide, che hanno strategie vecchie si trovano in difficoltà,
non quelle di nuova generazione che hanno capito come
sfruttare il boom Internet».
Proprio il mercato dei media
basato sul web, tra gli introiti
della pubblicità e delle vendite
dei contenuti premium (video,
canzoni in streaming) dovrebbe raggiungere i 910 milioni di euro. E il 98% di
questa cifra è costituito dalla
pubblicità. Ma i ricercatori del
politecnico di Milano dicono
che le potenzialità del web
sono molto superiori a questi
I
valori. L’espansione dei social
network, la moltiplicazione
dei blog e delle community
stanno cambiando molto il
modo di affrontare la crisi che
il settore sta subendo sui canali
tradizionali. Una rivoluzione
web che non è ancora “monetizzata” in maniera capillare
anche se «c’è un boom di
nuove modalità pubblicitarie
più coinvolgenti come il social
media marketing (una maniera
di fare comunicazione pubblicitaria interattiva sui social
network n.d.r)» dice Gioia Feliziani. Ma i cambiamenti del
mercato non si affrontano solo
con Internet. Marzio Bonferroni, fondatore della UniOne,
azienda che si occupa di comunicazione d’impresa, crede
che il concetto di “agenzia
pubblicitaria” sia vecchio.
«Chi utilizza questo termine
vuole vendere, non fornire una
consulenza. Oggi lo studio
della comunicazione si deve
presentare come impresa non
come intermediario» specifica
Bonferroni. Un ciclo su cui è
ancora «presto per giudicare
come possa incidere sul set-
tore pubblicitario» afferma il
fondatore di UniOne invitando
i giovani che si specializzano
in comunicazione a «dire a
gran voce, con coraggio, senso
di verità e giustizia che “il re è
nudo” come disse il bambino
de “I vestiti nuovi dell’imperatore”». Terreno fertile, la rete,
ma solo per i più flessibili sul
mercato.
Gli head hunter tornano a caccia
La crisi non è ancora finita. Ma le aziende hanno ripreso a cercare nuovi manager
Giovanni Felice
Domenico Ferrara
AA cercasi
nuovi manager. Dopo una
fase di stasi del mercato
e i licenziamenti dell’ultimo
anno,
le
aziende stanno ricominciando a cercare quadri
e dirigenti. Per il piacere degli head hunter, i cacciatori di
teste, che da qualche mese erano stati relegati in soffitta. Ma cosa cercano adesso
le aziende? Ce lo spiega Daniela Bollino, Amministratore Delegato di “Key
2 People”, una società che si occupa di
ricerca e selezione di manager.
Dopo il periodo negativo, si può dire
che adesso il mercato è ripartito?
«La crisi non è passata, ma le imprese
hanno ricominciato a rivolgersi a noi
cacciatori di teste, per cercare nuovi manager da assumere».
Cosa chiedono adesso le aziende?
«Le aziende si rivolgono a noi soprat-
A
tutto per il middle management, i cosiddetti quadri, che svolgono un’ attività più
di coordinamento che di indirizzo» .
Quanto è aumentata la domanda
negli ultimi mesi?
« Il mercato è ripartito. Fino a tre mesi
fa la domanda era pari a zero, ultimamente c’è stato un aumento pari al 30%.
I settori con più richieste sono la grande
distribuzione, le telecomunicazioni e la
finanza, senza dimenticare, anche se in
misura minore, il manifatturiero».
E per quanto riguarda l’High Management, cioè i dirigenti veri e propri?
«Qui la crescita della domanda si aggira
intorno al 20%. In particolare bisogna segnalare il settore energetico, in forte ripresa, e quello del lusso, che a parte una
piccola flessione, non si è mai fermato» .
Gli stipendi dei manager sono cambiati dopo la crisi?
«Sì, le retribuzioni sono un po’ calate
nella loro dimensione fissa e si sono praticamente azzerate per la dimensione va-
riabile, dato che le aziende sono ferme».
Ma il mercato non era ripartito?
«Sì, ma il problema è stabilire con che
marcia, e soprattutto, per chi» .
Quanto è cambiato il mestiere di
“Head Hunter”?
«E’ cambiato molto, perché nei momenti
di grande boom, come nel 2007, il nostro
contributo si limitava a fornire all’azienda i candidati.
E adesso?
Ora i nostri clienti si aspettano da noi una
partecipazione alla soluzione del problema e una condivisione a priori dello
scenario complessivo.
Il nostro è diventato un ruolo più di
ascolto, dal momento che le risorse da inserire sono pochissime».
Che crescita di domanda vi aspettate per il prossimo anno?
«Le previsioni dicono che non ci sarà
una crescita folgorante ma solo una lenta
ripresa. Con che ritmo però è ancora presto per dirlo» .
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SPECIALE
DOSSIER
LAB Iulm
Il web e i mercati
di nicchia riescono
a mantenere un buon
passo o a conquistare
nuovi spazi
Ecco chi ce l’ ha fatta
a non subire la crisi
Noi che...
Fra recessione
e ripresa
La crisi, si sa, ha toccato tutti i
settori, senza eccezioni. Ma
qualcuno è riuscito, per calcolo, per lungimiranza o più
probabilmente per fortuna a
scansarla senza accusare la recessione. Come? Buttandosi su
nuovi mercati. Quello sempre
più importante del web, ad
esempio. Ecco quindi le classiche agenzie turistiche far le
valige e traslocare online, dove
possono garantire prezzi ridotti
e contare su una clientela più
vasta. O dove se non su internet le pubbliche relazioni possono svilupparsi al meglio?
E non dimentichiamoci del valore consolatorio del cibo, specie quello di qualità. Si spiega
così il fiorire a Milano di ristoranti e prodotti etnici, difficilmente riproducibili nelle
nostre cucine.
Restiamo
in corsa
“Amore parto, ma solo con internet”
IL CASO / 3 TURISMO
Mobissimo eAtrapalo. Ecco come il business dei viaggi decolla in rete
Gaetano Pecoraro
milanesi abbandonano le
agenzie per organizzare il
proprio viaggio, adesso si
fa tutto nel web. Secondo una
ricerca della camera di commercio di Milano cresce infatti
il numero (30.000 viaggiatori)
di chi nell’estate del 2009 per
risparmiare ha preferito il fai
date, con un calo del 12% nel
2009 rispetto all’anno precedente di clienti che hanno rinunciato all’agenzia. Numeri
alla mano sembra proprio che,
anche nel resto d’Italia, andare
in agenzia per comprare un biglietto aereo e prenotare un
hotel, costi troppa fatica. Se il
mercato del turismo tradizionale è in calo, o fermo, i dati
Nielsen rivelano che l’ on-line
in Italia a fine 2009 sarà cresciuto rispetto allo scorso
anno, arrivando a rappresentare il 16% del totale, contro
un 13,7% del 2008. Ed ammonta al 60% la percentuale di
coloro che, per pianificare e
scegliere le proprie vacanze, si
affidano al web: 13 milioni di
I
persone sui 20 totali che si
concedono almeno una vacanza di una settimana ogni
anno. Non è solo la pigrizia
dei vacanzieri milanesi a decretare il successo di questo
nuovo modo di pianificare la
vacanza. Il fattore chiave è il
risparmio. Lo hanno capito
bene Expedia, Hrs, le compagnie aeree low cost da Easy jet
a Ryanair, divenute società solide con fatturati da capogiro.
Che il web rappresenti una
prateria incontaminata, se
usato sapientemente, dove seminare i propri modelli di business lo testimonia anche la
crescita di tante piccole nuove
società. E’ il caso, ad esempio,
di un sito spagnolo di agenzia
viaggi online, Atrapalo.com,
che propone il Pay what you
like. Ovvero: il cliente fa la sua
vacanza e solo alla fine paga a
secondo del gradimento. Sembra da matti, eppure nel giro di
poco tempo Atrapalo e’ capace
di concorrere con colossi del
turismo 2.0.
Altro esempio, quello di Lucia
Carniglianata a Genova ma milanese d’adozione, ha studiato
alla Bocconi compiendo un
tale privato, con un investimento di 1 M$ da parte della
Benhamou Clobal Venture,
Cambrian Ventures e Index
Una vecchia
Vespa,
il mezzo più
amato dagli
italiani in
movimento.
Rimasto nell’immaginario collettivo
come il simbolo del progresso e del
viaggio a
buon
mercato
master in ‘Economia del turismo’. Lei ha dato il nome alla
societa’ di cui è co-fondatrice
con altri due soci, con sede a
San Francisco e Milano: Mobissimo.com . Societa’ a capi-
Ventures. Il suo portale conta
oltre 180 siti web consultati, 58
compagnie aeree low cost, 68
compagnie aeree internazionali, agenzie di viaggi on line,
hotel, autonoleggi, registra un
fatturato costantemente in crescita, con una media mensile
del 12%. Mobissimo significa‘’Il meglio del Movimento
– spiega Lucia Carniglia- ed é
il frutto di cinque anni di ricerche a Stanford University
(CA). E’ stato creato con un
unico scopo: permettere ai
viaggiatori di risparmiare
tempo e denaro e migliorare il
loro modo di trovare informazioni, grazie alla capacità del
sito di trovare l’offerta su misura simultanea mente tra più’
di 180 differenti siti di viaggi
in 30 paesi e 5 continenti.
“Attenzione, anche il tursismo
2.0 soffre di alcuni problemi –
avverte Marco Montemagno
guru del 2.0, inventore di Blogophere , specializzato nel settore media e turismo - in Italia
e’ difficile trovare gente disposta a investire capitale a rischio. Il contrario di cio’ che
avviene in America. Nel nostro
Paese sono pochi, pochissimi,
i personaggi capaci di investire
in questo settore”.
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“
La buona reputazione è digitale
IL CASO / 2 PUBBLICHE RELAZIONI Hagakure e Digital Pr specializzate in comunicazione online
Clarissa Gigante
a crisi, certo, ha colpito duramente un settore
che già non se la passava bene, come quello
delle agenzie di relazioni pubbliche. Lo dimostrano le previsioni per il 2009 di Assorel (Associazione italiana delle agenzie di Relazioni Pubbliche
a servizio completo), che vedono solo il 3 % dei ricavi delle aziende in crescita, a fronte del 64% dei
fatturati in calo e del 33% che invece resta stabile.
Quasi tutte (il 92%) le imprese che riescono a mantenere un giro d’affari stabile, però, hanno deciso di
buttarsi su nuovi segmenti del mercato, come quello
online.
Lo conferma anche Nicolò Michetti, direttore di
Digital Pr (un’agenzia di pubbliche relazioni su internet, nata nel 2001 a Milano, che fa parte della multinazionale Hill & Knowlton). “L’ultimo anno è stato
duro per tutti – sostiene Michetti – ma ho la sensazione che per chi come noi opera sul web sia andata
un po’ meglio. I budget delle aziende si sono ridotti,
ma cresce l’interesse verso questo settore”. E’ anche
vero che la comunicazione online costa molto meno
rispetto a quella sui mezzi tradizionali, “e il canale
online è più efficace – continua Michetti – perché instaura relazioni a lungo termine, più che promuovere
prodotti”. La funzione principale di questo tipo di
agenzia è quella di monitorare la reputazione del
brand sui nuovi media e il feedback che i consumatori
spontaneamente danno.
Digital Pr, comunque, resta una piccola realtà, seppur in crescita, con un fatturato intorno al milione di
euro. Delle stesse dimensioni (circa 1.200.000 euro
previsti per il 2009), Hagakure, agenzia milanese di
internet Pr fondata nel 2006 da Marco Massarotto.
“Siamo partiti in due persone e un Mac – spiega Massarotto – Ora abbiamo diciotto dipendenti, quasi tutti
molto giovani. Solo ultimamente abbiamo assunto
qualcuno tra i trenta e i quarant’anni”.
Hagakure si occupa di monitoraggio della reputazione del brand, della gestione dei blog e delle community delle aziende e di tutte le altre forme di
pubbliche relazioni digitali.
L
Marco Massarotto
fondatore di Hagakure
Nicolò Michetti,
direttore di Digital Pr
Il nostro segreto?
Conoscere bene le dinamiche
di internet e social media,
senza dimenticare le strategie
di comunicazione tradizionale
”
“
L’ultimo anno è stato difficile
per tutti, ma per chi opera sul web
è andata meglio. I budget delle aziende
si sono ridotti, ma cresce l’interesse
verso questo settore
Hagakure e Digital Pr non sono le sole a fornire
questo genere di servizi, “ma il mercato è grande e in
continua espansione – precisa Massarotto – C’è
posto per tutti”. Nell’ultimo periodo, anche le agenzie tradizionali affiancano internet alla comunicazione sui media abituali. Con un approccio spesso
sbagliato, però, come sottolinea Michetti: “Non
hanno un background culturale adatto e a volte fanno
disastri. Spesso si limitano a riempire il web di commenti positivi sui prodotti o a cancellare i commenti
negativi. Noi questo non lo facciamo: abbiamo una
”
nostra policy e le critiche, costruttive e nel limite
della buona educazione, sono ben accette”. Gli fa
eco, Massarotto, che identifica il vantaggio competitivo delle agenzie digitali, rispetto a quelle tradizionali, nella “conoscenza della comunicazione classica
(il fondatore di Hagakure ha lavorato per anni nella
pubblicità, ndr), a cui abbiniamo una grande conoscenza del web e delle sue dinamiche”.
Ed entrambi sono concordi sull’importanza della
specializzazione. Meglio fare una cosa sola, ma farla
bene, insomma.
Il piatto speziato del terzo millennio
IL CASO / 3 RISTORAZIONE
Il boom dei locali etnici e della spesa a “chilometro zero”
Alessia Gabrielli
olazioni di lavoro a budget concordato e un riso
cantonese al posto di
quello alla milanese. Le ricette
per contrastare la crisi senza rinunciare a mangiare fuori casa
non mancano. per i milanesi
cercano un compromesso tra la
disponibilità di spesa più limitata e l’irrinunciabile piacere di
ordinare qualche piatto prelibato.
Almeno dieci volte nell’ultimo anno, i residenti di Milano, ormai uno su sette di
origine straniera, hanno scelto
di consumare un pasto in uno
degli oltre duemila ristoranti
etnici, metà dei quali propongono cucina cinese. Con una
spesa media inferiore a 28
euro, spopolano sapori orientali come quelli giapponesi,
scelti nel 23% dei casi, secondi
solo alla concorrenza cinese
(56% delle preferenze). Seguono a distanza le cucine indiana e messicana (10% delle
scelte), che completano il puzzle della ristorazione multiet-
C
nica. Un comparto che, secondo i dati della Camera di
Commercio di Milano, ha visto
crescere nel 2009 il numero di
imprese del 24,1% (contro il
2,2 di quelle italiane), e che
mette sul podio cinesi, arabi e
slavi. La cena etnica vince sul
pranzo nel 71% dei casi, in
controtendenza con gli altri ristoranti della città, che fatturano l’80% in pausa pranzo. A
beneficiare dei pasti consumati
fuori casa nella pausa lavoro,
come detta lo stile business
della città, è il 70% dei ristoranti di cucina tipica o nazionale (per un giro d’affari di 650
milioni di euro).
Un ristorante su quattro è
gestito da milanesi, sotto i trent’anni nel 12% dei casi, mentre
i titolari stranieri sono a capo
del 40% delle ditte individuali
del settore, dato che fa di Milano la punta di diamante della
ristorazione multietnica in Italia, dove la media nazionale
raggiunge l’8,9%, con il 17%
solo in Lombardia.
“Oggi un ristorante medio
con una settantina di coperti
fattura sui 500 mila euro, con
fredo Zini, che aggiunge: “le
presenze sono scese dell’8%,
che in tempi di crisi è già un
Ristorante
arabo nel
centro di
Milano.
Piatto forte
del menù
etnico, il
kebab (in
primo
piano), a
base di
carne cotta
allo spiedo
verticale
(doner),
servita con
pane arabo
e altri
condimenti
a piacere
un calo del 20% rispetto all’anno precedente”, dice il vicepresidente
di
Epam
(Associazione provinciale milanese esercizi pubblici), Al-
buon risultato. Il settore tiene
piuttosto bene, la gente continua ad andare abitualmente al
ristorante, ma taglia il numero
di portate”.
Addio allora a pranzi faraonici, meglio un piatto o due per
gradire, senza strafare. Ma c’è
anche chi non rinuncia ai prodotti agroalimentari di eccellenza, da consumare a proprio
piacimento. Niente coperto e
sorprese sul conto, la coda dei
clienti da Eataly, nel piccolo
spazio ricavato nella Coin di
Piazza V Giornate, “dimostra
che i milanesi sono sempre più
attenti alla qualità, e preferiscono comprare ingredienti di
prima scelta a chilometri zero,
per poi cucinarli direttamente
in casa, accompagnati da un
buon vino”, dice il fondatore
Oscar Farinetti.
La risposta convinta dei milanesi all’esperimento di Eataly in Lombardia, dove il
fatturato è arrivato quest’anno
a due milioni di euro con una
crescita del 20%, sprona Farinetti a raddoppiare i punti milanesi, con uno spazio di 11
mila metri quadri entro il 2011,
che replicherà l’originale colosso torinese.
Pagina 8
SPECIALE
LAB Iulm
DOSSIER
Fra recessione
e ripresa
C’eraunavo
il consumism
Tengono gli alimentari.
In calo auto, elettrodomestici,
abbigliamento e mobili.
Ma al cellulare non si rinuncia
Tiziana Zaffino
agli a pranzi e cene
fuori casa, meno spostamenti e auto nuova
rinviata. Si invece a libri, telefonini e sport. E’ questa la ricetta dei milanesi per
sopravvivere alla crisi: spendere ma in modo più sobrio,
sforzandosi di cambiare abitudini e stili di vita. Lo afferma
l’ultima indagine della Camera
di commercio e del Comune di
Milano. Nel 2008, l’anno in
cui è iniziata la recessione, la
spesa media mensile delle famiglie milanesi si è, infatti,
mantenuta pressoché stabile,
ridotta di solo 4 euro: dai
2.875 del 2007 è arrivata a
2.871 euro nel 2008. Una
spesa elevata se paragonata a
quella della famiglia italiana,
pari in media a 2.485 euro
(+15,5%) e a quella del Nord
(+2,2%).
Anche se non tutti, a Milano, hanno la stessa disponibilità economica. La più
elevata è quella di imprenditori e dirigenti superiore ai
4000 euro. Professionisti con
un reddito medio hanno, ovviamente, una spesa inferiore.
Le famiglie plurireddito di im-
T
piegati spendono circa 2.500
euro, gli operai quasi 2.200
euro. Stringono i cordoni della
borsa i pensionati, che con la
crisi riducono i consumi del
3%, mentre i giovani aumentano la spesa del 9%. Milano
si conferma dunque una città di
forti differenze: le coppie risparmiano dal 7 al 20% rispetto ai single e oltre 65 mila
famiglie possono spendere
solo 992 euro al mese contro
gli 11.000 euro dei “super-ricchi”. Chi vive in centro spende
4.000 euro, mentre in periferia
si è più contenuti con 2.700
euro. Al di là delle differenze,
c’è un generale cambiamento
nelle abitudini di spesa dei milanesi. Sull’onda della necessità di risparmiare, sembrano
emergere modelli di consumo
virtuosi, in cui il consumatore
sarebbe attento a quello che
compra, selettivo, esigente e
informato. Ciò è visibile soprattutto per i beni non alimentari, e in particolare per quelli
durevoli, come le autovetture,
gli articoli di arredamento, gli
elettrodomestici, e per quelli
Alla riscoperta di cinema e teatro
CULTURA E TEMPO LIBERO
Michela Di Mario
In tempo di crisi le famiglie milanesi riscoprono la cultura. Sale cinematografiche, teatri e libri sono i settori dei
consumi che tengono meglio rispetto
agli anni passati. Se, infatti, nel 2008
ogni singola famiglia spendeva in media
120,22 euro al mese, nel 2009 le spese
mensili in questo settore sono pari a
118,20 euro. Ma c’è di più. I dati forniti
dalla Camera di Commercio di Milano
rivelano che nel capoluogo lombardo i
consumatori spendono in media per questi settori quasi un miliardo di euro
l’anno. Tradotto in percentuale significa
che tempo libero e cultura incidono per
il 5% sulle spese non alimentari dei con-
sumatori. Tra chi spende di più le coppie con figli (+31,4% rispetto alla spesa
media non alimentare), le famiglie che
abitano in centro (+30,7%) e quelle con
un reddito superiore ai 60.000 euro (qui
si arriva al +187%). Tra quelli che spendono meno troviamo le famiglie che abitano in periferia (-12,9%) e chi è solo
(-38,7%). Insomma, cinema, teatri, libri
e palestre restano saldamente fra le priorità dei milanesi che, pur di non rinunciare allo svago, preferiscono tagliare su
cibo e automobili. E lo slancio dei consumatori contagia anche gli imprenditori. Ad oggi, infatti sono oltre 1200 le
imprese del capoluogo lombardo che si
occupano di attività culturali, rappresentando ben il 70% del totale regionale.
Una crescita che tra il 2008 e il 2009 è
stata del 6,9%. Tra i settori culturali a
Milano pesa di più quello cinematografico, con 1.065 imprese attive tra produzioni, distribuzioni e proiezioni, e una
crescita del 10,6% rispetto al 2008. Seguono poi teatri e sale da concerto, con
53 attività, il 76,8% del totale lombardo.
Ed ecco che salta fuori un primato: la
Lombardia è la regione con il maggior
numero di nuove iscrizioni di imprese
nel settore (106), confermando così che
il comparto culturale è significativo
anche per il mondo imprenditoriale. Dati
questi da non sottovalutare considerando
che tradizionalmente si identifica Milano come una capitale dell'industria e
della finanza.
LAB Iulm
SPECIALE
Pagina 9
Dopo quindici anni, crolla
il credito per gli acquisti
li italiani hanno davvero cambiato le gente, nel frattempo, ha perso il lavoro, è andata
loro abitudini di spesa. E per gli acqui- in cassa integrazione e non può permettersi questi scelgono di non contrarre prestiti. sto strumento finanziario. Le famiglie, quelle
Risultato? Per la prima volta, dopo quindici anni che solitamente contraggono il prestito, sono
di continua crescita, il credito al consumo crolla molto meno stupide di quanto si creda e non
del 12% nei primi nove mesi del 2009.
spendono per impulsi irrazionali, ma ben ponLo registra l’osservatorio delderati”. E così crollano i prestiti.
l’Assofin, Associazione ita- “Le famiglie sono Da gennaio a settembre del 2009,
liana del credito al consumo e
rispetto allo stesso periodo del
molto meno
immobiliare.
2008, i prestiti finalizzati all’acstupide di quanto quisto di auto e moto hanno su“La crisi ha avuto un impatto
molto pesante – ha spiegato il
bito una caduta vertiginosa del
si creda e non
direttore operativo di Assofin,
36%, quelli per motivi personali
spendono per
Giuseppe Piano Mortari sono calati del 13,6%.
impulsi
Quest’anno, dopo un lungo
“Sempre più le società di credito
periodo di crescita, il credito
- ha aggiunto Piano Mortari - ragirrazionali”
al consumo ha avuto la prima
giungono direttamente il cliente
contrazione. Anche la Lombardia, che eroga più senza servirsi di intermediari, come ad esempio
prestiti in Italia, ha risentito del trend negativo la concessionaria d’auto, favorendo l’increnazionale”. Nei primi nove mesi del 2009, nella mento dei prestiti personali su quelli finalizregione lombarda sono stati elargiti prestiti per zati”. Si sono difese, invece, con una piccola
un valore di quasi sette miliardi di euro su un crescita dello 0,2%, le carte di credito che contotale di oltre 41 miliardi, rappresentando il sentono di rimborsare a rate il saldo di fine
16,6% del credito al consumo concesso nel mese, definite carte revolving. Anche la cespaese. Secondo il direttore di Assofin, con la sione del quinto dello stipendio ha avuto un ancrisi, le famiglie italiane hanno modificato il damento positivo, con un incremento dell’8%.
modo di fare acquisti: tendono a ridurre l’ac- Guardando i dati riferiti solo al mese di settemquisto di beni durevoli, che tradizionalmente bre 2009, rispetto allo stesso periodo del 2008,
sono di sostituzione, e, di conseguenza, dimi- emergono dei segni in controtendenza. Le carte
nuisce la richiesta del credito. “A differenza di di credito revolving e la cessione del quinto
quanto molti pensano, con la crisi – ha precisato hanno registrato una contrazione, rispettivaPiano Mortari – non sono tante le famiglie che mente del 6,1% e del 7,3%. I prestiti per beni
hanno ricorso al credito per l’acquisto di beni durevoli hanno ridotto la perdita, ma hanno
(t.z.)
durevoli, come auto e moto. Il motivo è che la mantenuto la negatività (-15,2%).
G
semi-durevoli come i capi di
abbigliamento, le calzature.
Poche cene e pranzi al ristorante (-44,3%), meglio rimanere a casa, magari a cucinare
o a leggere un libro. Quindi aumentano le spese per l’abitazione (+10,2%), per i consumi
alimentari (+ 5,4%), privilegiando l’acquisto di carne,
pasti pronti o da asporto, da 20
a 27 euro mensili a famiglia.
Per i libri è boom: il budget
cresce del 200%, da 2,8 a 8,3
euro mensili. E se i milanesi
decidono di rimanere a casa,
spendono meno in trasporti,
usando poco i mezzi pubblici,
rinunciando all’acquisto di
auto e moto nuove, a fronte di
maggiori costi di esercizio e
manutenzione dei mezzi già
posseduti, da 82 a 93 euro
mensili. In linea con questo
nuovo stile di vita milanese
“anticrisi”, anche la riduzione
della spesa destinata al tempo
libero, cultura e giochi: ad
esempio, per radio, hi-fi e pc
c’è un calo del 34%.
Invece, crisi o non crisi, ci
sono alcune abitudini difficili
da eliminare. Prevedibile che i
milanesi non rinuncino alla
cura della salute (+5,5%): cre-
scono le spese per il dentista
(+10,7%), occhiali da vista e
protesi (+15,5%), mentre si registra il calo del 19,3% per i
beni legati alla protezione sociale personale (assicurazione
vita e malattia).
Non si spegne l’interesse per
telefonino, vacanze e sport,
con un incremento della spesa
tra il 15% e il 25%. I primi a
fare i conti con il cambio di
abitudini dei milanesi sono i
negozianti. A chiudere i battenti, da gennaio a settembre
2009, sono stati 529 negozi. La
Camera di commercio ha registrato, infatti, solo 756 nuove
iscrizioni contro le precedenti
1285. Il settore più colpito è
l’abbigliamento con ottanta saracinesche abbassate. Non si
salvano neanche le bancarelle:
sono 67 gli ambulanti generici
che cessano l’attività. Andamento negativo per il reparto
commerciale di arredo e corredo domestico, con 37 negozi
chiusi.
Sorprende, invece, visto
l’aumento della spesa per i
libri, la chiusura di cartolerie e
giornalai, meno 42 unità. Probabilmente, come la crisi, non
tutto ha un senso logico.
“P
L’INTERVISTA
RENATO BORGHI
Messi in crisi gli stili di vita
Renato Borghi, membro
di giunta della Camera di
commercio di Milano
I milanesi
sforzano di
essere più
austeri e sobri
nelle spese,
rinunciando
al superfluo
“
olta
mo...
Come ha influito la crisi
sulla spesa dei milanesi?
er fronteggiare la crisi,
le famiglie milanesi,
hanno messo in discussione abitudini e stili di
vita consolidati, sforzandosi di
essere più austeri e sobri nelle
spese e cercando di non rinunciare alla soddisfazione dei
propri bisogni, provando a
consumare meno, riducendo il
superfluo e razionalizzando la
spesa.
In concreto com’è cambiata?
Si approfitta degli sconti e
delle offerte promozionali, si
riduce il budget da destinare
alle vacanze cercando però di
non rinunciarci, si posticipano
gli acquisti di beni come
l’auto, magari facendo più manutenzione, si riducono gli
sprechi laddove possibile.
In questi dati ritroviamo
quasi tutte le tendenze tipiche
che poi la crisi ha accentuato:
contrazione reale dei consumi,
ricomposizione della spesa
delle famiglie, riduzione consistente di alcune voci di
spesa, come i trasporti.
Ci sono segnali di miglioramento?
Tra questi dati ce n’è qualcuno che dà un segnale di fiducia, e lascia presupporre
che, forse, il momento più
buio della crisi possa essere
alle spalle. Anche i segnali di
contesto generale ci indicano
che il clima di fiducia delle famiglie è in lenta risalita. Incoraggianti sono anche le ultime
previsioni sui dati macroeconomici, migliori rispetto alle
attese.
Quali sono i settori che si
stanno riprendendo?
Qualche segnale di ripresa
si nota in particolare nel settore degli alimentari e dell'elettronica di consumo, per
l'abbigliamento aspettiamo
l'inizio della stagione dei saldi
per fare valutazioni.
(t.z.)
Pagina 10
SPECIALE
LAB Iulm
Cibo
happy hour
DOSSIER
Fra recessione
e ripresa
Spritz
Alzaia Naviglio Grande
€8
Sergeant Pepper’s
via Vetere
€6
Francesco Maddaloni
na settimana: due pomeriggi in palestra,
un
appuntamento
dove apparire al meglio, il
compleanno del nipotino e la
partenza il venerdì.
Sette giorni a Milano senza
rinunce e senza pensare di aver
speso troppo. La ricetta da seguire è quella del low cost che,
come in una dieta equilibrata,
insegna: di tutto un pò, senza
esagerazioni. Ma vivere a
“basso costo” è davvero possibile?
Lunedì e giovedì.
Il fitness accessibile ha un
solo nome: 20 hours. Le palestre, 14 sul territorio milanese,
sono le più convenienti del settore. La formula low cost si riduce ulteriormente nei quattro
centri 20 minutes, dello stesso
gruppo. Il nome fa riferimento
ad un allenamento di tipo
“mordi e fuggi”: niente spogliatoi, niente docce, si arriva
già in tuta, ci si lava le suole
delle scarpe con un apposito
getto e si sale sul tapis roulant.
Il numero degli attrezzi è ridotto rispetto ai centri sportivi
deluxe, GetFit e Down Town in
testa, ma il prezzo è decisamente conveniente. Nella sede
di Corso Genova l’abbonamento costa solo 23 euro al
mese. Una vera condanna per i
pigri in cerca di un alibi.
Martedì.
Per l’incontro di domani è
richiesta l’impeccabilità, dalla
testa ai piedi. Si parte dai capelli. I quartieri del taglio a
buon prezzo sono Paolo Sarpi
e via Giambellino. Qui parrucchieri cinesi e arabi garantiscono rapidità e professionalità
a costi abbattuti: il trattamento
maschile costa dagli 8 ai 10
euro. Un risparmio circa
dell’80% rispetto ai colleghi
italiani, le cui accuse di abusivismo e utilizzo di prodotti
scadenti poco scoraggiano le
ragazze che si ritrovano in
coda fuori i negozi orientali al
sabato pomeriggio. Anche le
signore bon ton confessano di
essersi rivolte agli hairstylist
cinesi ma, giurano, solo per
“cose semplici come una
messa in piega o le doppie
punte”.
Per l’abbigliamento il must
è un giro nei negozi H&M,
Bershka o Pull and Bear: camicia 15 euro, cravattino 7,
scarpe intorno ai 35. L’unico
pericolo sono le “shopaholic”,
le agguerrite compratrici affette dalla sindrome dell’acquisto
compulsivo,
U
Dal sushi allo sport fino
ad una borsa in
affitto. Una Milano low
cost fatta di piccoli
compromessi e scoperte
accattivanti c’è.
Il trend è consolidato ma
le sue evoluzioni sempre
nuove. Senza dire “no”
per sette giorni.
Ecco come
missione
La
del
buon
velocissime a sottrarre capi e a
superare la fila alle casse.
Evitare San Babila se si è particolarmente sensibili alla loro
presenza massiccia.
Se invece si vuole stupire
con uno stiloso extra, la soluzione è online. Domani sera si
potrà sfoggiare una tracolla di
lusso senza acquistarla. Sul
sito myluxury.biz le borse, infatti, si affittano. Un vero asso
prezzo
nella manica, soprattutto per le
ragazze figlie di “Sex and The
City”: una chanel 2.55 jumbo,
prezzata 1.800 euro, si noleggia a 76 euro la settimana. Garantita la consegna entro 48
ore, con ritiro e trasporto a carico
dello
staff
di
myluxury.biz.
Mercoledì.
Prima dell’aperitivo in giro
alla ricerca per il regalo al ni-
potino. Da Baby Boom Boutique, in via Savona, l’usato è
garantito e a metà prezzo. Un
marsupio della “Chicco” si
porta a casa con 8 euro. Se il
piccolo è glamour andante invece, sarà meglio passare da
Costumi, in via Pietro Pomponazzi. Abbigliamento, scarpe e
accessori da 0 a 12 mesi usati
per spot pubblicitari e film: tra
i “secondhand” ben tenuti
anche capi ancora imballati!
Per l’ora di cena nessuna
esagerazione.
L’aperitivo cambia faccia e
diventa una cena low cost. Non
a caso, nella zona dei Navigli,
per quello che una volta era lo
spuntino post-lavoro c’è posto
fino alle 22.00, come da Spritz,
sul Naviglio grande. Qui con 8
euro è garantita la bibita e un
buffet che non propina solo
LAB Iulm
SPECIALE
Cibo
sushi
Pagina 11
Cibo
risotto
Kito
Corso di Porta Ticinese
Buffet libero € 18
Casottel
via Fabio Massimo
pasto completo € 20
RiFu
Viale Coni Zugna
Buffet libero € 18
Abiti
casual
H&M
Galleria Passarella
camicia € 15
Bershka
Via Spadari
scarpe € 35
Abiti
bimbi
Baby Boom Boutique
via Savona
marsupio porta bebé
€8
Viaggi
volare
TUIfly
a/r Milano - Berlino
€ 80
Vueling
a/r Milano - Barcellona
€ 70
Farsi
belli
Viaggi
dormire
Travelmama.it
ospitalità in cambio di
lavori domestici
Parrucchieri cinesi
via Paolo Sarpi
via Giambellino
Couchsurfing.com
chi si iscrive al portale
può dormire sul divano
taglio e shampoo
€ 8 - 10
finger food e paste fredde con
cui riempirsi la pancia, ma
offre carne, affettati, verdure
grigliate e cous cous. Nessun
limite sul numero dei piatti da
riempire. Basta spostarsi verso
le Colonne di San Lorenzo, in
via Vetere 9, per risparmiare
ulteriormente: da Sergeant
Pepper’s l’aperitivo costa 6
euro. Qui, oltre alla bibita e al
cibo, si aggiunge anche la mu-
sica, garantita tutte le sere. Il
lunedì poi è l’occasione ideale
per chi esita nel dimostrarsi
intraprendente. Grazie alla proposta low cost sui cocktail,
prendi due e paghi uno, “offro
io” non sarà più una frase
taboo.
Milano oltre a offrire ristoranti fusion, caffetterie dove
consumare una cheesecake in
perfetto sile newyorkese e cu-
cine etniche di ogni tipo, propone anche alternative valide
agli affezionati del risotto alla
milanese con ossobuco. Per
questi non ci si può esimere da
una visita al Casottel, cibo
lombardo D.O.C., in via Fabio
Massimo: con 20 euro il pasto
completo è assicurato. Il ristorante, non a caso, è nella top
list del sito guru dei menù anticrisi milanesi: ilcorrieredella-
polpetta.it.
Anche il sushi diventa a
basso costo e con il prezzo
fisso di 18 euro si può mangiare quanto si vuole sia da
Kito, in Corso di Porta Ticinese, che da RiFu, in Viale
Coni Zugna.
Venerdì e sabato.
Se proprio Milano sta
stretta, nulla di più facile che
l’evasione a prezzi modici par-
Sport
fitness
20 hours & 20 minutes
corso Genova
abbonamento annuale
€ 300
tendo dal capoluogo lombardo.
Bypassata la commissione
d’agenzia degli enti turistici
(vedi pagine 6 e 7), i viaggi
sono rigorosamente “fai da te”
attraverso la rete. Fanno tappa
nella città meneghina le più affermate compagnie aeree low
cost, quali Ryanair e Easyjet,
ma anche quelle di nuova generazione, come AirBaltic,
Belle Air, Germanwigs, Jet2,
Mytravel e tante altre. È vero,
molte di queste fanno riferimento come aeroporto milanese a Orio al Serio, più vicino
a Bergamo, ma non tutte. Prenotando con circa un mese di
anticipo, con TUIfly si può visitare Berlino con 80 euro e,
con Vuleling, Barcellona a 70.
In entrambi i casi tasse incluse
e partenza da Malpensa.
E per l’alloggio? Anche questo è veramente economico se
si è dotati di un certo spirito di
adattamento. Su travelmama.it
la filosofia da seguire è quella
del do ut des: l’alloggio si
scambia con la disponibilità a
svolgere lavori domestici. Il
posto letto è assicurato durante
il periodo della vacanza se si è
pronti a preparare un dolce,
passare l’aspirapolvere o innaffiare il giardino degli ospiti.
Se la rielaborazione del vecchio concetto di “viaggiatore
alla pari” in salsa internauta
sembra comunque troppo polveroso, decisamente più all’avanguardia il servizio
offerto dal portale couchsurfing.com. Iscrivendosi si ha la
possibilità di essere ospitati in
giro per il mondo saltando da
un divano all’altro, naturalmente a costo zero.
Domenica.
Vivere low cost ha un caro
prezzo: inseguire l’offerta, essere flessibili, dedicarsi alla ricerca con tempo ed energie,
avere ottime competenze matematiche. Che fatica. Ne vale
veramente la pena o aveva ragione la nonna quando ammoniva: “il risparmio è mezzo
guadagno”?
Pagina 12
SPECIALE
LAB Iulm
DOSSIER
Fra recessione
e ripresa
Nell’hinterland ribasso prezzi fino al 15%
Tiene il mercato residenziale di lusso
A picco l’immobiliare a destinazione
industriale e per gli uffici
Il crollo
dell’immobile
Maria Rosa Pavia
l boom immobiliare degli
anni ’90 è un ricordo sbiadito. Il ’96 e il ’97 sono
stati gli anni d’oro per gli acquisti immobiliari: le banche
concedevano mutui che coprivano fino al 90-100% il costo
della casa che si intendeva acquistare. Oggi, invece, si riesce a ottenere il 50% con
difficoltà. La conseguenza è
un deciso colpo di freni al
mercato dei mutui immobiliari: in Italia, nel primo semestre 2009, si riducono i flussi
del 12,5% rispetto allo stesso
periodo del 2008. Si rafforza il
trend di rallentamento già in
atto nei principali Paesi europei. In principio furono i mutui
subprime per l’acquisto della
casa a soggetti senza garanzie
di solvibilità adeguate a provocare il fallimento delle banche americane. Poi, la crisi che
ha avuto inizio nel 2008 negli
Stati Uniti, ha provocato effetti
a cascata in tutto il mondo fino
a raggiungere l’Italia, prima a
livello finanziario e poi economico. Le condizioni più restrittive delle banche per la
concessione dei mutui colpisce
in maniera aspra i più deboli
socialmente ed economicamente. La diretta conseguenza
è l’esclusione di larghe fasce
della popolazione dal mercato
con l’accentuazione della matrice elitaria già insita nel settore del mattone. Lionella
Maggi, presidente di FIMAA
I
-12,5%
Il flusso
dei mutui
immobiliari del
2009 rispetto al
primo semestre
del 2008
22.500
I contratti di
compravendita
immobiliare
stipulati
nel 2009
Milano, afferma: «Se la fascia rimasti sostanzialmente stabili,
più povera non riesce o riesce con i dovuti distinguo, si
con maggiore difficoltà a fi- oscilla dal +1% al -5%. Nel sananziare l’acquisto, tutto il lotto buono della città, i prezzi
mercato rallenta. La domanda sono rimasti stazionari o auimmobiliare è ancora presente mentati di poco con una quotazione che va dagli
ma le condizioni
8 ai 10 mila
economiche avverse non consen- “L’immobiliare euro/mq. Il semitono
di diventa sempre centro, ossia la
zona dei Bastioni,
soddisfarla». La
riduzione del ba- più un mercato è stabile o registra
leggera flescino d’utenza ha,
d’élite” una
sione del 3%. Più
infatti, prodotto
sostanziosi i cali in
un generale calo
delle compravendite: a Milano periferia, dal -3% al -5%. Rinel 2008 erano andate a buon bassi assai più vertiginosi nelfine 24.000 transazioni, mentre l’hinterland con abbassamento
per il 2009 si stima una ridu- dei prezzi a due cifre dai 10 ai
zione di 1.500 accordi. Sareb- 15 punti percentuali. Antonio
bero 22.500 i contratti, con una Pastore, presidente di Osmi
riduzione del 7% rispetto al- Borsa immobiliare, commenta:
l’anno precedente. Nel capo- «C’è una complessiva tenuta
luogo lombardo, i prezzi sono sui prezzi. In città le quotazioni
-7%
Calo percentuale
delle
compravendite
immobiliari
rispetto al 2008
8.000€
La quotazione
al metro quadro
nella zona
più chic
di Milano
si mantengono stabili, in parti- la lente il fenomeno della gencolare nelle zone interessate trification, o gentrificazione,
dai nuovi progetti di sviluppo un processo di sostituzione soe trasformazione urbana e ciale e riqualificazione edilizia
dagli investimenti immobiliari che trasforma i quartieri popoin vista dell’Expo 2015, men- lari degradati in zone abitate da
tre diminuiscono
famiglie
benein maniera vistosa
stanti. Il focus su
“Gentrification Milano è stato redecentramento e
provincia».
da Luca
morbida datto
La riqualificaGaeta e si è connel quartiere centrato sul quarzione urbana e le
infrastrutture
Isola, situato
Isola” tiere
sono due fattori di
nel
quadrante
grande
peso
Nord della città,
nell’elaborazione delle quota- vicino alla cinta dei Bastioni.
zioni immobiliari. Lidia La zona ha avuto l’identità di
Diappi, docente del politec- quartiere popolare ricco di opinico di Milano che si occupa fici, birrerie e vecchie osterie.
di urbanistica, ha coordinato Nel corso del tempo ha manteun rapporto interuniversitario nuto la sua memoria ma è stato
sui cambiamenti insieme eco- interessato dalla riqualificanomici e sociali della città. In zione del vicinoa corso Como
particolare, è stato messo sotto e, soprattutto, dal gigantesco
LAB Iulm
SPECIALE
Pagina 13
Lavori fuori corso
Da Santa Giulia a City Life: la crisi ferma i cantieri di Milano
Marino. Il tutto, però, è ancora in fase di definizione.
grandi piani di sviAnche gli altri progetti di Zuluppo urbanistico a
nino, uno nell’ex area Falck,
Milano procedono a
a Sesto San Giovanni, firrilento o si bloccano, in atmato da Renzo Piano, e
tesa di tempi migliori. E’
quello in zona Porta Vittoria,
l’effetto della crisi sul mergestito dall’Ipi s.p.a. del socio
cato immobiliare, con prodi maggioranza Danilo Copgetti ambiziosi che faticano
pola, sono in fase di
a trovare finanziastallo, in attesa di
menti pubblici e prinuovi investitori.
vati e, soprattutto,
Altra storia quella
acquirenti.
di CityLife, il piano
Attualmente
ci
urbanistico fiore alsono sei mega canl’occhiello
deltieri in diverse zone
l’EXPO milanese che
della città che valriqualifica il vecchio
gono 8 miliardi di inquartiere fieristico, in
vestimenti (in gran
cui sono coinvolti i
parte sostenuti dal
soci industriali Ligremondo del credito)
sti e Toti e quelli fipraticamente fermi.
nanziari Generali e
Tra questi, quelli
Allianz (fra gli altri).
dell’imprenditore
La data di fine lavori
Luigi Zunino, ex nuè stata fissata al 2015,
mero uno di Risanacon la benedizione
mento
s.p.a.,
del sindaco Moratti,
Il cantiere di Santa Giulia a Milano Rogoredo
salvato nel novemma dei 1.200 apparbre 2009 dal fallitamenti previsti dal
mento grazie al piano di
in quell’area la futura citta- progetto, per ora ne sono stati
rientro presentato dalle sue
della della giustizia, con uno venduti (a 8.000 euro al mq)
banche creditrici. L’impero
spostamento del tribunale e solo 100, segno che anche
dell’imprenditore piemondel carcere e il coinvolgi- nel lusso il mattone fatica a
tese si è afflosciato su un
mento dei fondi di Palazzo ripartire.
Giovanni Felice
I
I megacantieri
attualmente
presenti
nel capoluogo
lombardo
8 mld
L’investimento
nei grandi piani
di
riqualificazione
urbana
progetto Porta Nuova che sta zione che avevano fatto criticambiando la faccia del centro care duramente questo cambiadirezionale di Milano. La cre- mento durante gli anni
scita del valore delle case è Settanta. Altro fattore determistata veloce e consistente, negli nante nella variazione del merultimi 5 anni, la zona della sta- cato immobiliare è la presenza
delle infrastrutzione Garibaldi
ture.
ha registrato un
“Con la Tav Secondo Guido
aumento
del
21,4%. Secondo
aumenterà Lodigiani, capo
studi
Luca Gaeta, è
il valore dell’ufficio
di Gabetti, la Tav
stata una «gentridelle case del potrà essere un
fication morbida
che non ha messo
6 per cento” importante fattore di rilancio
in crisi la mescolanza sociale del quartiere per le case vicine alla stazione
Isola. Questo profilo differisce centrale. Nella zona, tra il 2010
dalle descrizioni tipiche della e il 2011, si prevede un augentrification anglosassone, mento nel valore degli immoche pone al centro l’espulsione bili del 6%.
dei soggetti deboli». Un mi- Crescita che potrebbe mitigare
glioramento che, a detta del- l’ulteriore raffreddamento dei
l’esperto, non ha avuto le prezzi previsto per il prossimo
caratteristiche di emargina- anno.
MARIO BREGLIA
Il mattone dà i numeri
ma il mercato risalirà
L’INTERVISTA
6
buco di circa tre miliardi di
euro di debito nel bilancio,
bloccando di fatto i lavori nel
cantiere Santa Giulia, un lussuoso piano di riqualificazione urbana in zona
Rogoredo firmato dall’architetto Norman Foster. Recentemente si è pensato di collocare
onsulente ministeriale, docente universi- di 1,4 miliardi. È il dato che riflette meglio l’antario e autore di libri sull’economia im- damento generale della crisi economica, perché
mobiliare: Mario Breglia, fondatore e risente dei tagli dei planning aziendali».
presidente di Scenari Immobiliari, istituto indiQuale settore è riuscito a galleggiare meglio
pendente di ricerche economiche sul territorio, sulla crisi?
fotografa la situazione del mercato immobiliare «Il residenziale di lusso sta tenendo bene, anche
a Milano.
per un aspetto statistico. Si è
È corretto parlare di
contratto il mercato totale e il
crisi anche per il matsettore ha registrato un lieve intone? Perché si inconcremento assoluto. Quindi, con
trano
dati
una torta più piccola, la fetta
discordanti?
che aumenta di poco il suo vo«La crisi c’è e si vede
lume appare molto più grande.
dalla riduzione delle
A Milano, le case con un costo
compravendite. Non
superiore ai 5 mila euro/mq coesistono dati assoluti
stituiscono 1/5 del mercato.
perché le tecniche di riQuelle sopra i 7 mila, il 5%».
levazione sono diverse.
Cosa può dire riguardo ai
Scenari
immobiliari
contratti di locazione?
compie un’indagine a
«Nonostante la crisi del settore,
campione e in seguito
gli affitti non sono scesi. Inolopera una proiezione
tre, il proprietario di casa è sestatistica. L’Agenzia
lettivo: l’inquilino dev’essere
delle entrate, invece, rebianco, single, non deve vivere
gistra il momento del
prevalentemente a Milano.
passaggio di proprietà
Purtroppo, in questo settore
che può essere succesmolti dati sfuggono al controllo
sivo o effettuato in
a causa della notevole presenza
un’altra città».
di un mercato sommerso. Gli
Mario Breglia
Il settore colpito più
affitti in nero non garantiscono
duramente?
l’inquilino in caso di sfratto. In
«L’immobiliare industriale ha avuto un crollo aggiunta, proliferano i contratti atipici, rinnodel 50% in Italia. In Lombardia abbiamo assi- vabili ogni tre o sei mesi».
stito a un calo del 40% rispetto al 2008. Anche
Cosa si aspetta dal mercato immobiliare nel
il mercato degli uffici ha sofferto nel 2009 di 2010?
una discesa, circa il 30% in meno di scambi. «Credo che l’anno prossimo andrà meglio. DoNel 2008 sono stati collocati 380.000 mq con vremmo restare stabili o avere una leggera inun fatturato di 1,8 miliardi
versione di tendenza».
Nel 2009 intorno ai 270.000mq con un fatturato
m.r.p.
C
Pagina 14
SPECIALE
LAB Iulm
DOSSIER
Fra recessione
e ripresa
Gloria Riva
offre il settore tessile
comasco, ma gli imprenditori non intendono gettare la spugna. Nei
primi dieci mesi dell’anno le
ore di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria
sono state circa 22 milioni, la
performance peggiore tra le
province lombarde; nel tessile,
in particolare, sono 450 le
aziende coinvolte pesantemente nella crisi, 10.400 i lavoratori
a
rischio.
Considerando che le imprese
del settore sono 731 e gli addetti 16.300, è il caso di parlare
di pandemia.
«Como da città della seta è
diventata una provincia a rischio desertificazione economica - commenta Alessandro
Tarpini, segretario generale
della Camera del lavoro di
Como – Questa era una provincia florida e una delle zone più
ricche del Paese, ora è travolta
da ciò che sta succedendo». Un
fatto confermato anche dalla
Caritas locale, che ha raddoppiato i pasti distribuiti ai poveri
in pochi mesi.
«Oggi le iniziative a favore
del manifatturiero – continua
Tarpini -, comprese quelle della
politica locale, sono confuse e
contraddittorie. Si è fatta strada
l'idea, malata e priva di fondamento, che il nostro territorio
possa fare a meno del manifatturiero. Ma le fabbriche e i laboratori danno lavoro a più
della metà degli occupati comaschi ».
S
Non sarà
roseo neppure
il 2010.
Ci vorranno
anni prima di
tornare
ai livelli e alla
redditività
del 2007
La spinta propulsiva del motore tessile locale ha dato i
primi segnali di cedimento sul
finire degli anni novanta
quando parte delle attività produttive sono state delocalizzate
nell’Est Europa e in Oriente,
aree capaci di garantire produzioni e manodopera a basso
costo. Il colpo di grazia lo ha
dato la crisi finanziaria del
2008: le banche hanno chiuso i
Como, la città della seta, è oggi
un territorio
a rischio desertificazione
industriale. Quella
che un tempo era una
delle province più
ricche e floride del Paese,
si trova coinvolta
in una situazione
di gravissima difficoltà
22 milioni
Sono le ore di cassa integrazione ordinaria e
straordinaria richieste dalle aziende del distretto
comasco.
Si tratta di una delle performance peggiori tra le
province lombarde
10.400 lavoratori
E’ il numero delle maestranze impiegate nel
settore tessile che rischia di perdere il lavoro a
causa della crisi e della contrazione di ordini.
In tutto le imprese tessile del distretto comasco
sono 450, su un totale di 731 imprese e 16.300
addetti
Meno 40%
Sopra uno scorcio del Lago di Como
rubinetti del credito, le imprese
più vivaci, quelle con progetti
innovativi in corso, si sono ritrovare stritolate dai debiti. E’
il caso della Tessitura Ratti e
della Mantero Seta, due
aziende che complessivamente
occupano 600 dipendenti.
Le previsioni del sindacato
non sono rosee: «L’industria
della moda conoscerà un forte
sfoltimento nel panorama competitivo. Gli episodi di crisi
aziendale temo siano solo un
assaggio di quanto sucederà nel
2010 », dice la Cgil.
Tesi confermata dal direttore
della Mantero Seta, Massimo
Brunelli: «Credo che le prospettive del settore che noi serviamo stiano prendendo una
direzione molto chiara, di pulizia del mercato, fino a confermare soltanto chi nel mercato
avrà veramente valore da of-
frire. Una pulizia che trovo ragionevole, perché in un mercato che si contrae finiranno
per prevalere soltanto coloro
che agli occhi del cliente
avranno davvero valore. In
questo contesto è chiaro che sopravvivono i più forti ».
Cifre alla mano, appare sempre più evidente come la crisi
abbia colpito nella stessa pesante misura tutti gli anelli
della filiera serica. E non è un
caso se anche Como, come
hanno fatto Biella e Prato, si sia
mossa per chiedere lo stato di
crisi in soccorso di una situazione che si teme possa ulteriormente peggiorare.
«Di momenti difficili in passato ce ne sono stati tanti, ma
per quel che mi ricordo non era
mai capitato una cosa simile esordisce Graziano Brenna,
vice presidente di Confindu-
Gli imprenditori stimano di chiudere il 2009 con
una perdita di fatturato compresa tra il meno 30 e
il meno 40% rispetto all’anno precedente.
Dalla crisi non è stato risparmiato nessun settore
della filiera tessile, tutti sono stati coinvolti nello
stesso modo
stria Como, a capo di un
gruppo di aziende specializzate
nella tintura e commercializzazione di filati -. Lo tsunami scatenato dal crac della finanza
internazionale ha colpito l’intero sistema industriale. Non si
è salvato nessuno, per la prima
volta nella storia del tessile
sono state intaccate in modo
determinante e senza eccezioni
tutte le tipologie di prodotto,
dagli accessori all’abbigliamento ».
Il picco della crisi è stato toccato lo scorso anno, una caduta
verticale senza precedenti. «Poi
siamo ripartiti, anche se molto
lentamente. Settembre e ottobre sono stati trainati dal ripristino delle scorte, ma a
novembre il vento è cambiato,
si moltiplicano i segnali di rallentamento ».
Tenuto conto di questo enne-
simo stop, gli imprenditori stimano di chiudere il 2009 con
una perdita tra -30 e-50% di
fatturato rispetto all’anno precedente. Purtroppo aumentano
anche le ansie per il 2010, a
detta degli operatori ancora in
stagnazione. «Ormai risulta
chiaro che ci vorranno anni
prima di tornare ai livelli e alla
redditività del 2007 - commenta Brenna -. L’intera filiera
deve riorganizzarsi per resistere e conservare un ruolo
chiave ».
Come? Con capacità progettuale, massima elasticità e flessibilità: «Magari ci si ferma il
giovedì e si lavora la domenica.
Insomma, tutti dobbiamo far
quadrato: titolari, dipendenti,
sindacati. Solo con l’unione
delle forze si può sperare di
mantenere in vita questo mestiere ».
La SETA
tramonta
sul lago
LAB Iulm
SPECIALE
Pagina 15
I gomitoli di seta sono solo una
delle numerose produzioni tessili
che hanno reso famosa e ricca la
provincia di Como. Oggi il settore è
in difficoltà.
Il tessile si innova e impara
a vestire gli organi del corpo
essuti che sostituiscono
quelli tendinei gravemente
danneggiati,
garze e filati che curano ulcere
profonde di pazienti diabetici e
organi colpiti da traumi, stringhe di supporto per la crescita
delle isole pancreatiche per la
cura del diabete.
Non si tratta di fibre venute
dal futuro, ma di preziosi fili di
seta, lavorati da aziende comasche e trasformati in tessuti di
ultima generazione al servizio
della medicina dai ricercatori
della Stazione Sperimentale
per la Seta di Como e Milano.
La soluzione alla crisi passa
anche da qui. I progetti e le
loro applicazioni nascono dalla
collaborazione della Stazione
sperimentale con ospedali,
aziende seriche e enti a livello
nazionale e internazionale, ma
il successo di uno studio è soprattutto frutto di un lavoro di
laboratorio lungo e complesso.
Protagonista di tutte le ricerche è la fibroina, una componente nobile quanto preziosa
che costituisce il filo di seta e
che si dimostra indicata per applicazioni mediche: se opportunamente
trattata,
può
costituire una perfetta impalcatura per ancorare e far proliferare alcune linee cellulari poi
destinate, per esempio, ad essere impiantate su pazienti
ustionati.
«La fibroina è una proteina
particolarmente biocompatibile. Se impiantata all’interno
di un tessuto, la reazione immunitaria è pressoché pari a
zero», spiega Silvio Faragò, responsabile del Laboratorio di
Microscopia elettronica della
Stazione sperimentale seta.
T
Forti delle eccezionali caratteristiche delle proteina e delle
sue potenziali applicazioni, i
ricercatori hanno intrapreso un
dialogo con le aziende seriche
comasche che, da sole, non
avrebbero mai potuto sopportare i costi di ricerche tanto innovative e tanto sperimentali,
e hanno proposto una serie di
progetti poi realizzati grazie ai
fondi erogati dalla Regione.
Tre anni fa, il Bennova fu il
primo progetto pilota biomedico relativo alla realizzazione
di bendaggi innovativi a base
di fibroina estratta dagli scarti
di seta per la cura di ulcere vascolari gravi e fortemente in-
IL PERSONAGGIO
validanti che colpiscono anziani e pazienti diabetici.
Una delle prime aziende a
mettere a disposizione la propria esperienza è stata la Tessitura Peverelli di Menaggio,
che partecipa anche al progetto
Panagenesi, fornendo «stringhe» per la proliferazione delle
isole pancreatiche da trapianto
in pazienti diabetici. In collaborazione con i reparti di Terapia Tissutale e Traumatologia
dell’Ospedale Niguarda, è
anche allo studio un particolare
prodotto da utilizzare per la ricostruzione di tessuti ustionati
e di tendini, il cui filo serico
sarà fornito dalla Torcitura di
MASSIMO PEVERELLI
Domaso. «Abbiamo finalmente trovato un terreno di
ascolto da parte di aziende tradizionalmente legate alla seta
per produrre cravatte e foulard,
ma che cominciano a intravedere un vero e proprio sbocco
futuro nel settore biomedicale,
tanto da voler creare una sorta
di micro - divisione dedicata»
sottolinea Faragò. E i progetti
futuri sono davvero ambiziosi:
è già allo studio una particolare
calzamaglia con rilascio di fibroina e farmaci per la cura
della psoriasi, in collaborazione con la Clinica dermatologica dell’Università di
Milano.
«Il biomedicale sarà la nuova
sfida per l’azienda di famiglia»
assimo Peverelli,
erede della passione
e della tradizione
serica di famiglia, è stato uno
dei primi imprenditori comaschi a mettere a disposizione la
propria tecnologia e il proprio
know how alla Stazione sperimentale seta. Ha partecipato al
progetto Bennova che utilizzava gli scarti della seta per
realizzare bendaggi innovativi
a base di fibroina, e ora collabora al progetto Panagenesi,
per la creazione di scaffold o
supporti a base di fibroina per
la proliferazione delle isole
pancreatiche da trapianto. «La
M
mia famiglia si occupa di seta
dagli anni Sessanta. Siamo
sempre stati legati al territorio
del lago, fino all’ultimo insediamento della nostra attività
produttiva nella ex Tessitura
Mantero di Menaggio», spiega
l’imprenditore. Da anni, la Peverelli lavora con la Stazione
sperimentale, ma il coinvolgimento in ambito biomedicale è
relativamente recente. Una
vera e propria sfida. Riuscire a
soddisfare il mondo della
moda con elevati livelli qualitativi e con tecnologie innovative, faceva parte di una
tradizione e di una esperienza
ormai consolidate, ma rapportarsi con ricercatori e scienziati
rappresentava un salto nel buio.
«All’inizio non sapevamo dove
saremmo andati a parare, poi
con impegno, prove e anche errori siamo riusciti a soddisfare
richieste per noi complesse e
ora, forti di questa esperienza
così specifica, intendiamo sviluppare, nel tempo, una divisione dedicata», sottolinea
Peverelli. Quello che è partito
come un incerto tentativo, va
ora profilandosi come una futura diversificazione, una possibile alternativa alla crisi del
tessile.
LA SCHEDA
Ilcentrodiricercaal
serviziodell’industria
edellacultura
La stazione sperimentale
per la seta di Como e Milano svolge attività di ricerca applicata per imprese
private e pubbliche, mettendo a disposizione ricercatori, laboratori e
strumentazioni di alto livello. Tra le diverse attività, si occupa di «Tessili
Intelligenti» - manufatti
tessili in grado di registrare
parametri fisiologici e movimenti degli arti a fini riabilitativi;«Nanotecnologie»
- funzionalizzazione di tessuti mediante modificazione a livello atomico
delle superfici; «Biomedicale» - utilizzo biomedicale della fibra di seta per
bendaggi superficiali e profondi, legamenti, vasi sanguigni, protesi erniarie.
«Ambiente» - utilizzo razionale delle acque di lavanderia e tintura. «Beni
Culturali» - conservazione
di beni culturali, come la
caratterizzazione di manufatti tessili di pregio sia
storico che artistico.
Pagina 16
SPECIALE
DOSSIER
LAB Iulm
Undiam
nonè
persempre
Fra recessione
e ripresa
Il distretto orafo valenzano
è stato travolto dalla crisi
ma reagisce e riparte
da sé, con un’analisi accurata
dei propri limiti
e con la volontà di valorizzare
i suoi punti di forza. Obiettivo,
i nuovi mercati
Sara Occhipinti
alenza Po, il più importante centro in Italia per la lavorazione
di gioielleria d’artigianato, è in
ginocchio. I dati dell’osservatorio sul distretto, rilevati a
fine giugno dal dipartimento di
sociologia dell’Università del
Piemonte Orientale, parlano
chiaro. Cassa integrazione per
4000 dei 7000 addetti, seppur
a rotazione e per brevi periodi.
I numeri dell’occupazione
sono altrettanto sconfortanti,
indicano quest’anno un incremento di disoccupati del 300%
rispetto al 2008. “Nel distretto
di Valenza si sono sempre contati circa 400-500 addetti disoccupati” afferma Luciano
Ponticello, Presidente del CNA,
Consorzio Nazionale Artigiani di Valenza “ma sono
quelli cronici, presenti in tutte le aree
industriali o artigianali, mentre dal
2008 in avanti siamo
giunti ad un numero
che sta tra i 1700 e
1800”. I dati sui ricavi di fine 2009 seguono a ruota, con
una contrazione generalizzata tra il
40% e il 50% che si riflette
anche sull’export.
“Questo è il dato che ci preoccupa di più” continua Ponticello “Valenza ha sempre
avuto una forte vocazione
esportativa e un calo così improvviso del fatturato sull’export andrà ad incidere
significativamente sui valori
assoluti”. Già negli ultimi 5
anni, Valenza aveva perso il
suo primato negli USA, surclassata da India, Cina, Tailandia e Turchia. “Molti di noi
hanno seri dubbi rispetto alla
possibilità che il mercato si
possa risvegliare e possa trovare interesse rispetto al prodotto di gioielleria, Valenza
V
nell’ambito del Piemonte è il
distretto che più soffre in questo momento ” sottolinea Ponticello.
Questa la situazione di Valenza Po, polo manifatturiero
di rilevanza internazionale con
una lunga tradizione gioielliera alle spalle. Basti pensare
che fino al 2007, nella cittadina Piemontese e dintorni venivano trasformate in gioielli
30 tonnellate d’oro l’anno e
che, storicamente, Valenza accoglieva il 70-80% delle pietre
preziose importate in Italia dai
paesi di estrazione e produzione.
I piccoli e medi imprenditori
valenzani tuttavia non gettano
A Valenza Po arrivano
il 70-80% delle pietre preziose
importate in Italia
la spugna, si mantengono lucidi e scandagliano il delicato
momento alla ricerca di punti
di appiglio per una sterzata
nella direzione più opportuna.
“Sicuramente siamo davanti
ad una crisi complessa legata
in parte al calo della domanda”
afferma Germano Buzzi, amministratore delegato di Expo
Piemonte Spa, il centro fieristico di Valenza “il nostro è un
settore i cui acquisti vengono
tagliati subito quando il mercato dispone di minor liquidità
e le campagne comunicative
non possono ovviare in alcun
modo a questo effetto: è inutile
ripetere “compra il gioiello” se
le persone non hanno la disponibilità economica”. Crisi
della domanda dunque ma non
solo. “Ci stiamo anche domandando” incalza Ponticello “se
la crisi non sia anche legata al
prodotto stesso. Ci chiediamo
se stiamo pensando a gioielli
che hanno la capacità di essere
acquistati nel mondo”. La
scoperta di nuove nicchie nei
mercati mondiali emergenti
potrebbe esser il giro di boa
ma le piccole imprese da sole
non hanno gli strumenti per individuare questi spazi e per
comprenderne le richieste. La
mobilità in nuove aree
deve portare con sé
anche la consapevolezza del diverso significato che i gioielli
hanno a seconda del
luogo e della cultura.
“Mentre in Europa”
spiega Buzzi “il gioiello
è diventato un accessorio moda, una manifestazione della biografia
estetica di chi lo porta,
in Oriente è ancora legato al vecchio significato,
quello
di
ostentazione di potere e
ricchezza”. Inoltre, l’accesso
ai mercati orientali è proibitivo
a causa dei dazi ineguali. “Se
io voglio esportare in Cina”
sottolinea Bruno Guarona,
medio imprenditore e titolare
del marchio Bibigì “ pago il
30% di dazio, in India il 25%,
loro di contropartita ne pagano
il 2,5%, in più è per noi impossibile competere sui numeri con incassatori cinesi che
guadagnano 90 euro al mese
lavorando 20 ore al giorno,
quando da noi un incassatore
prende 90 euro in mezza giornata”. Per reagire a questo scenario soffocante, subentrano
allora due strategie, come evidenziano Buzzi e Ponticello: la
Nel distretto Valenzano
vengono trasformate in gioielli
30 tonnellate d’oro ogni anno
1200
5,6
Aziende presenti
sul territorio
Media addetti
per ogni impresa
7000
4000
Addetti totali impiegati
nel distretto valenzano
1700
Disoccupati
a partire dal 2008
valorizzazione dei punti di
forza del distretto, come la
qualità del prodotto, l’innovazione, il design e la coesione
tra i piccoli e medi imprenditori. Nonostante Valenza non
abbia una forte storia cooperativistica alle spalle, nel 2008 è
nato il Consorzio del Marchio
di Valenza, cui hanno aderito
Cassaintegrati
da giugno ‘09
50%
Calo dei ricavi e
dell’export a fine ‘09
100 aziende, che mira a ricercare gli strumenti per veicolare
le imprese in possibili nuovi
luoghi di vendita. Come un’automobile che accompagni i
vari laboratori artigiani negli
spazi di mercato idonei e li
lasci poi liberi, una volta scesi,
di presentare le proprie peculiari caratteristiche.
LAB Iulm
SPECIALE
mante
Pagina 17
«Le nostre boutiques
ci salvano dal crollo»
L’INTERVISTA
DAMIANI, BIG DEL GIOIELLO
a crisi non ha certo risparmiato il marchio Damiani, leader del settore
in Italia e conosciuto in tutto il
mondo, che sembra aver retto
al colpo abbastanza bene,
come ci ha spiegato Paola
Burzi, responsabile, per
l’azienda valenzana, dei rapporti con gli investitori.
Com’è andata l’azienda nel
2009?
“Se confrontiamo i dati dell’ultimo semestre 2009, rispetto al semestre finale del
2008, troviamo i ricavi globali
delle vendite in calo del
14,5%. Se però andiamo ad
analizzare i ricavi per canale,
troviamo due situazioni molto
diverse”.
Di quali canali si tratta?
“Il primo è quello delle gioiellerie indipendenti, sia in Italia
che all’estero: le nostre principali clienti. Il secondo è rappresentato, invece, dalle nostre
boutiques dirette, sia quelle di
proprietà Damiani, sia quelle a
marchio Rocca che abbiamo
acquistato più o meno un anno
fa”.
Come è variato il ricavato dei
due settori dal 2008 al 2009?
“Il canale rappresentato dalle
gioiellerie indipendenti è in
forte calo. I ricavi sono in diminuzione del 29,7% perché i
rivenditori sono spaventati
dalla crisi e riducendo le vendite del 10% o, addirittura, del
20%, da noi comprano meno
L
del 30%, inoltre sono preoccupati di non riuscire ad esaurire
le scorte. Nel nostro settore è
normale che si faccia un magazzino molto abbondante perché non siamo soggetti ai
rischi del fashion e non vi è il
pericolo che una collezione
vada fuori moda. Buoni risultati, al contrario, sono giunti
dalle nostre boutiques dirette.
In questo caso i ricavi erano in
crescita del 118%”.
Spille da balia preziose,
simbolo della linea di gioielleria
creata da Damiani per
Gianfranco Ferré
Come si spiega l’eccellente
risultato delle vostre boutiques di proprietà?
“Grazie al contributo di tutte le
boutiques Rocca che l’anno
scorso non avevamo, quindi, in
realtà, si tratta di un dato non
omogeneo. La crescita di fatturato dovuta al marchio Rocca,
inoltre, ha un’incidenza sul fatturato totale minore, rispetto a
quella dei ricavi provenienti
dai negozi indipendenti. Per
dirla in cifre, nel 2009 grazie a
Rocca abbiamo fatturato 14,7
milioni contro i 6,7 dell’anno
scorso ma con i rivenditori indipendenti siamo scesi da 58,9
milioni del 2008 a 41,4 milioni
di quest’anno”.
Che provvedimenti avete
preso per far fronte alla
crisi?
“Da un lato abbiamo tagliato i
costi. Il personale, rispetto allo
scorso anno, è stato ridotto di
oltre 50 persone su un organico
di circa 600 lavoratori, come
anche la pubblicità è diminuita
drasticamente. Dall’altro, abbiamo intrapreso delle azioni
per rafforzare la nostra presenza nei mercati: abbiamo
concluso un accordo di distribuzione con la catena americana Birks and Mayors ed
avviato numerosi contratti di
licenza con grandi marchi
come Ferrari, Maserati e Ferré,
iniziando a produrre linee di
gioielleria per loro”.
Cosa vi ha portato in dote il
Natale 2009?
“Abbiamo visto i primi segnali
di ripresa in ottobre e questo ci
ha reso ottimisti. E’ stato senz’altro meglio di quello 2008”.
S.O.
Dalgeniodiungiovaneorafo,lafortunadiValenzaPo
LA STORIA
Sara Occhipinti
l distretto orafo valenzano
è il principale centro produttivo di gioielleria
d’Europa. Il dato può incuriosire se si pensa che a Valenza
non ci sono né diamanti, né
pietre preziose. La fortuna
della città non nasce, infatti,
dalle materie prime ma va ricercata indietro nel tempo,
nella storia e nel genio di un
giovane orafo valenzano: Vincenzo Melchiorre. Era il 1850
e in tutta Italia sorgevano laboratori di oreficeria. A Valenza l’unica bottega presente
era quella di Caramora e Melchiorre lavorava alle sue dipendenze. I gioielli, allora,
erano un prodotto realizzato
su commissione, non per la
vendita al dettaglio, quindi i
I
Vincenzo Melchiorre,
orafo valenzano
del XIX secolo,
papà del distretto
di Valenza Po
due artigiani creavano i loro
prodotti su richiesta di persone facoltose che disponevano di una grande quantità
d’oro e di pietre preziose. Il
giovane Melchiorre, seppur
molto capace e stimato, era
attanagliato da una profonda
inquietudine: sentiva che il
mondo stava per cambiare ma
aveva la consapevolezza che
dalla piccola città non
avrebbe potuto cavalcare questo mutamento. Spinto dalla
sua irrequietezza, decise di
partire e cominciò a viaggiare
di città in città per acquisire
nuove competenze. Nel 1860
approdò a Parigi dove, finalmente, si sentì nel posto giusto al momento giusto. L’onda
tanto cercata era finalmente
arrivata. La città francese in
quegli anni, nel pieno della
seconda rivoluzione industriale, rappresentava la capitale economica del mondo. La
borghesia, nuova classe emergente, si era accaparrata la
scena economica, sociale e
politica e voleva manifestare
il suo stato di dominanza, agghindandosi di gioielli come
aveva fatto un tempo l’aristocrazia. E’ in questo preciso
momento che avvenne il mutamento percepito da Melchiorre. Il gioiello cambiò
completamente il suo modo
d’essere; diventò un prodotto
da offrire in vendita, da mettere in vetrina, proprio come
la moda che insorse in quel
periodo. Il giovane valenzano
intuì la realtà che lo circondava e riuscì a creare e vendere gioielli apprezzati.
Tornato in patria, dopo più di
dieci anni, fondò a Valenza Po
un’azienda orafa che destò
l’interesse del mercato internazionale. Dopo un trentennio
di grandi successi, la fabbrica,
che era arrivata a far lavorare
200 addetti, entrò in crisi alla
vigilia della prima guerra
mondiale, ma non morì: le
maestranze non si arresero a
specializzarsi in altri settori e,
non potendo più lavorare da
Melchiorre, costituirono tanti
piccoli laboratori. La grande
azienda si polverizzò in imprese di minori dimensioni
che diedero così origine al distretto orafo valenzano.
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SPECIALE
DOSSIER
LAB Iulm
Il settore del legno soffre
ma dalla Lombardia
la speranza di una riscossa
arriva dalla piccola
industria artigianale
dove a trainare il mercato
sono le esportazioni
LaBrianzariparte
dalmobile
Fra recessione
e ripresa
In Italia
Nel 2008 il settore del mobile in Italia, secondo Cosmit/Federlegno-Arredo, ha registrato un calo della
produzione del 3,4%, scesa a 22,9 miliardi. In generale l’intero settore ha subito nel 2008 una riduzione delle esportazione del 1,3%
In Lombardia
Il settore del mobile in Brianza occupa 21 mila addetti suddivisi in 4500 attività industriali ed artigiane. L’80% produce mobili e il restante 20%
Carpenteria.
Nel 2008 secondo Cosmit/Federlegno-Arredo
il 52% del fatturato è dovuto alle esportazioni
Il Salone
Sono 300 mila i visitatori nell’edizione 2009 del Salone Internazionale del Mobile, con 300 milioni di
euro movimentati, di cui 20 milioni movimentati dal
distretto brianzolo. Per l’edizione 2010 sono previsti 2.300 espositori.
Salvatore Filippone
ici Brianza e pensi al
mobile: divani, cucine, armadi, completi
d’arredo, design. Lo dici oggi
e lo dirai domani. Una certezza
che rimane anche in tempi di
crisi come questa, dove tutti
hanno perso quote di mercato,
e dove invece il distretto brianzolo è riuscito a tenere, con
una crescita del peso delle
esportazioni sul fatturato fino
al 52%.
Un contributo importante al
settore del mobile nazionale
che, invece, ha chiuso il 2008
con un calo del 3,4% della produzione, scesa a 22,9 mld di
euro, e con una riduzione dell'export del 1,3 % (dati centro
studi Cosmit/Federlegno-Arredo). La Brianza, territorio a
nord di Milano che comprende
D
ben trentasei comuni - venti
nella provincia di Monza e
Brianza, e sedici nella provincia di Como - è il cuore centrale del mobile italiano con
ben 4.500 tra attività industriali
e artigiane che occupano circa
21 mila addetti di cui l'80%
producono mobili e il restante
Nel 2008
produzione
in calo del
3,4 per cento
20% carpenteria. Se infatti le
esportazioni del mobile italiano registrano un generale
segno meno, a dare impulso
alla domanda del mobile della
Brianza sono state le esportazioni verso gli Emirati Arabi
Uniti, Russia e la Grecia. Un
forte calo ha subito invece l'export verso paesi come la Spagna e gli Stati Uniti,
tradizionalmente mercati storici del mobile brianzolo, e che
più di altri stanno subendo
contraccolpi dal crollo dell'economia mondiale.
L'andamento delle esportazioni delinea in Brianza uno
scenario meno critico rispetto
al resto del paese, anche se nei
prossimi mesi alcuni mercati
dell'est Europa mostreranno significative flessioni. “Questa
tenuta è dovuta anche alla ricerca di nuovi mercati, quelli
che in passato erano stati trascurati e che adesso, in periodo
di crisi, consentono dei margini di sviluppo– dice Mario
Barzaghi presidente degli imprenditori del legno-arredo di
Confindustria
Monza
e
Brianza – Ma anche alle doti
del mobile brianzolo che si
possono ricondurre a tre fattori: innovazione, design e tradizione; fattori che hanno reso
celebre questo settore e che lo
hanno contraddistinto nel
mondo” conclude Barzaghi.
La dimostrazione di quanto sia
ancora importante l'industria
briantea del legno è stata l'ul-
Punti di forza:
innovazione,
design
e tradizione
tima edizione del Salone del
Mobile.
Una delle rassegne più importanti a livello mondiale per
questo settore e che si è chiusa
nell'Aprile dell'anno scorso
con oltre 300.000 visitatori e
con circa 300 milioni di euro
tra mobili e design movimentati. Di tutta questa ricchezza,
la Brianza ha avuto un grosso
spicchio: 20 milioni di euro
(dati Ufficio studi della Camera di commercio di Monza
e Brianza). Un Salone che
anche per il 2010 prevede numeri importanti con oltre 2300
espositori già prenotati e che
andranno ad occupare gli oltre
210.000 metri quadri espositivi
della fiera di Rho.
La situazione del mobile italiano non è certo da Eldorado,
ma il fatto che la Brianza tenga
di fronte ad un mercato che
chiude l'anno con risultati negativi a doppia cifra, è indubbiamente un dato positivo.
Certo, ci vorranno ancora anni
per ritornare ai risultati del
2007, ma sembra proprio che
la ripresa del settore possa passareattraverso la ripresa della
manifattura brianzola.
Varese,l’aerospaziale
LAB Iulm
SPECIALE
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decolla
L’esempio
di un distretto
vincente
dove l’export
cresce
Il caso
di Alenia
Aermacchi
simbolo di
un settore
che non
conosce crisi
Maria Rosaria Iovinella
istretti che planano in
picchiata e altri che
continuano a volare
alto. La struttura a rete del sistema produttivo italiano ha
retto l’onda d’urto della crisi in
maniera disuguale.
Un esempio di modello vincente, in Lombardia, è il distretto varesino di Vergiate,
che con l’alta tecnologia aerospaziale ha segnato un incremento del 21,8% sull’export,
in un semestre, quello di inizio
2009, dove, secondo i dati
della Fondazione Edison, i 101
principali distretti italiani
hanno segnato un calo del
21,1%. Un traino decisivo
quello di Varese, considerato il
dato aggregato dell’aerospaziale lombardo, stimato in crescita al 27, 6%, come indicato
dall’Unione degli Industriali di
Varese. Il segreto del distretto
varesotto, ormai assurto a network con 100 aziende aderenti
distribuite in diverse province,
è la capacità di contare su progetti e commesse di lungo periodo che, grazie ad Alenia
Aermacchi e Agusta Westland,
con sede a Venegono e Cascina
Costa, creano un effetto domino su tutto l’indotto.
L’azienda di Venegono rappresenta un osservatorio privilegiato. Come afferma Graziano
Resteghini, della segreteria
Fim Cisl di Varese, “il settore
non ha mostrato segnali preoccupanti dal punto di vista occupazionale, non ci sono state
richieste di cassa integrazione
e le aziende hanno gestito il
tutto senza bisogno di ammor-
D
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Unione degli Industrali della Provincia di Varese
tizzatori sociali” ma permane
qualche perplessità sui “volumi complessivi, che vedono
un rallentamento se non produttivo quantomeno commerciale. Non parlerei di
contrazione, semmai di allungamento nelle consegne come
testimoniano i ritardi per le
consegne degli Airbus 380”.
Se, per Resteghini, “parlare di
crescita è inappropriato, “non
si ravvedono le condizioni di
difficoltà che Alenia ad esem-
pio sta incontrando al Sud”.
E la maxicommessa ottenuta
Nessuna crisi
occupazionale
Fatturati
in crescita
dal Governo degli Emirati
Arabi che in febbraio ad Abu
Dhabi ha avviato la fase negoziale per l’acquisto di 48 veicoli da addestramento? Può
attendere: gli Emiri hanno infatti scelto l’aereo, l’M 346,
ma la concretizzazione del
contratto è ancora lontana, a
detta di Resteghini, essendo in
discussione “le indicazioni dei
requisiti”. Aermacchi, nell’accordo stipulato coi sindacati a
maggio, ammette nella previsione del piano industriale che,
in ambito civile, la richiesta
per i velivoli regionali ed executive è in ribasso, prevedendo
“un
impatto
significativo in termini di ricavo e fatturato per il 20102011”. Note positive arrivano
dal “core business” dell’azienda, ovvero il segmento
dei velivoli addestratori militari, dove Alenia dovrebbe beneficiare della ripresa della
domanda e svolgere un ruolo
da monopolista, essendo
l’M346 l’unico candidato in
linea con i requisiti Eurotraining. Segmenti che salgono e
altri che scendono. Anche il
narrow body (ovvero gli aerei
con fusoliera di piccola sezione), non ancora del tutto
evaso a livello di ordini, rischia
un rallentamento mentre nel
breve-medio periodo si prevede in crescita il settore dei
business jet. E in Finmeccanica, la Casa Madre che controlla Alenia e Agusta, cosa
dicono? La soddisfazione per
commesse come quelle con gli
Emirati e con l’Aereonautica
(6 veicoli) è tangibile. Gli ordini al 30 settembre 2009 ammontano a 2.098 milioni di
euro e presentano una crescita
di 650 milioni di euro (+45%)
dovuta ai maggiori ordini del
segmento militare.
Neanche i ricavi piangono:
dal 30 settembre 2009 sono
pari a 1.768 milioni di euro con
un incremento di 67 milioni
(+3,9%) rispetto agli €mil.
1.701 del 30 settembre 2008.
“La crescita- secondo il resoconto intermedio di gestione di
settembre- è proprio dovuta al
maggior segmento militare, in
particolare gli addestratori.”
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SPECIALE
LAB Iulm
L’unica vera rivoluzione sta nella ricostituzione di un’ etica individuale e collettiva
“Recuperare il piacere dell’onestà”
segue dalla prima
Sicuramente la ricchezza è
distribuita in modo ingiusto sia
nel nostro Paese che nel resto
del mondo: certamente chi
oggi ha il controllo dei mezzi
di produzione ha anche il controllo delle fonti d’informazione e spesso anche quello
delle leve del comando della
finanza e, spesso, anche delle
leve del potere vero e proprio,
ovvero quello politico: Carlo
Marx poco meno di un due secoli fa aveva fatto una diagnosi
teorico-economica corretta,
aveva sbagliato a farne un manifesto politico rivoluzionario,
o almeno avevano sbagliato i
suoi seguaci, i cosiddetti marxisti, giacchè la storia ha dimostrato che la formula
politica di origine marxista è
miseramente fallita, mentre le
ragioni profonde economiche e
sociali, che ne sottendevano la
motivazione scientifica e culturale, sono rimaste esattamente valide.
Naturalmente parlare oggi
un linguaggio marxiano è di sicuro politically incorrect, però
dire che il mondo rimane diviso tra i ricchi e i poveri, purtroppo molto più spesso tra i
nuovi arricchiti e i nuovi e i
vecchi poveri è assolutamente
vero. È vero anche a livello
planetario, dove la parte ricca
e opulenta del mondo che è la
minoranza, quella cosiddetta
capitalista, utilizza e disperde
risorse e ricchezze naturali e
costruite, appartenenti al resto
dell’umanità, la maggioranza,
che si trova nei Paesi, ridicolmente definiti, “in via di sviluppo” – è stato codificato
anche un acronimo PVS ! –
sempre più poveri e sempre più
“arrabbiati”. Sta in capo a questa analisi da un lato la forte
onda migratoria che nel nostro
tempo attraversa tutti i Continenti da Oriente a Occidente,
da Sud a Nord del mondo,
come sta pure in capo a questa
analisi il nuovo scontro di culture – un tempo si sarebbe parlato di “classe” – che va
sempre più caratterizzando con
azione spesso sconsiderate e al
limite della criminalità organizzata, la vita delle nostre
città, delle nostre campagne e
delle nostre genti, giovani e
vecchie, ricche e povere.
La cosa più orribile è che il
crinale della differenza non si
cerca più, anche se è sempre
quello, nella scorretta distribu-
zione della ricchezza, bensì
nella diversità di religione, di
razza o di cultura. Il nuovo razzismo, che sempre più attraversa le nostre strade e le
nostre culture, spesso le nostre
anime, nasconde ragioni di natura economica, che acquistano colori e connotazioni
diverse un po’ per comodità
dei gestori dei poteri, un po’
per
semplificazione
del
“quarto potere”, il sistema dell’informazione, sempre più asservito alle lobbies del potere
finanziario e politico.
La vera crisi è, dunque, morale, prima che economica o
sociale: sarebbe più facile gestire sia i rapporti interni, che
quelli internazionali, se i veri
detentori del potere mondiale
cominciassero a perseguire
davvero le ricchezze criminali,
quelle cioè realizzate in modo
scorretto, violando leggi positive e morali, evadendo regole
e sistemi di gestione e di controllo fisiologico e giuridico
corrompendo e concutendo,
sfruttando, talora con lo stesso
strumento della corruzione, i
più deboli sia in termini fisici,
che in termini economici ed
etici. La responsabilità non è
mai distribuita equamente neppure in questi casi: gli effetti
della crisi sono pagati da tutti i
più deboli e sfiorano appena i
più forti. È accaduto nella recente crisi finanziaria internazionale, accade ogni giorni
nelle imprese – dove pagano
per prime quelle piccole e
medie – accade nelle università
– dove l’egualitarismo distributivo delle risorse ha sempre
premiato i più grandi, senza alcuna valutazione di merito e di
qualità – accade anche nella
sanità – dove lo sperpero è
stato sempre premiato dalle
lungaggini dell’azione giudiziaria. Basti vedere gli ostacoli
che sta incontrando negli Stati
Uniti il Presidente Obama per
dare una qualche forma di as-
sistenza sanitaria anche ai più
deboli: le grandi lobbies sanitarie e assicurative e, di conseguenza, anche politiche si
stanno battendo contro di lui
come leoni.
L’unica vera rivoluzione sta
nella ricostituzione di una soglia etica nelle coscienze individuali e collettive, che
recuperi il piacere dell’onestà
insieme alla forza dell’indignazione. Purtroppo non ci si
riesce più ad indignare: e questo vuol dire che la partita è
perduta. La forza dell’indignazione è l’unica forza che non
costa nulla, ma che riesce a
sprigionare un’energia, che
nessuna legge fisica riuscirà
mai a calcolare: infatti è infinita. È come l’acqua, la sua purezza va cercata nelle sorgenti
di montagna, alla sua fonte originaria, prima che inizi il suo
percorso inquinato: la nostra
acqua sono i nostri giovani. Distruggere una sorgente è criminale, come è ancora più
criminale distruggere la coscienza etica e civile nei nostri
giovani, perché equivale ad inquinare il futuro dell’umanità,
che proprio non ci appartiene.
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