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C ONSORZIO INTERUNIVERSITARIO
DI RICERCA IN CHIMICA DEI
METALLI NEI SISTEMI BIOLOGICI
Attività scientifica svolta
dalle Unità Locali nel corso
dell’anno 2007
PRESENTAZIONE
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PRESENTAZIONE
Le conoscenze scientifiche e tecnologiche e la disponibilità di risorse umane qualificate
costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese. Essere in
posizione avanzata su questi temi, poter partecipare alla cooperazione internazionale in forma non
subalterna, accrescere ed innovare la propria capacità produttiva e la disponibilità e diffusività di
servizi determinano la possibilità dei sistemi nazionali di essere protagonisti e competitivi nei
processi di crescita economica, culturale e sociale.
Si parla comunemente di “economia della conoscenza e dell'apprendimento” e di “sistemi
nazionali di innovazione” per indicare una nuova fase di sviluppo in cui non è più possibile tenere
separata la funzione di produzione di idee, progetti e prodotti scientifici e tecnologici da quella di un
loro impiego per il soddisfacimento di una domanda diffusa generata dalle complesse esigenze della
società moderna.
In questo contesto il Consorzio Interuniversitario di Ricerca in Chimica dei Metalli nei
Sistemi Biologici (C.I.R.C.M.S.B.), con sede legale a Bari e 21 Università consorziate, promuove e
coordina le proprie ricerche con l‟obiettivo di formare e valorizzare i ricercatori ed i risultati da essi
ottenuti con la consapevolezza del valore strategico della ricerca come vantaggio competitivo nella
Società della Conoscenza e nella convinzione che le infrastrutture di ricerca e alta formazione siano
leve strategiche per il rilancio dell‟economia nazionale.
A tale scopo le attività del C.I.R.C.M.S.B. si articolano in macro aree di ricerca scientifica e
tecnologica a carattere interdisciplinare, che riguardano i settori delle biotecnologie, dei farmaci, dei
materiali e dell’ambiente. Tali aree di intervento attualmente oggetto di ricerca del Consorzio si
articolano nelle seguenti tematiche:
a) Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari: la Risonanza Magnetica per
Imaging;
b) Metallo-proteine come catalizzatori biologici;
c) Biomineralizzazione e biocristallografia;
d) Biosensori e biostrumentazione;
e) Nuovi farmaci inorganici in oncologia;
f) Radiofarmaci nella diagnostica e radioterapia tumorale;
g) Ioni metallici nelle patologie degenerative croniche.
Il C.I.R.C.M.S.B. è presente in tutta Italia attraverso una rete di Unità Locali di Ricerca, al fine di
favorire una diffusione capillare delle proprie competenze su tutto il territorio nazionale ed
agevolare i contatti e le collaborazioni con enti ed industrie locali.
Quello di seguito riportato è un riassunto dei risultati acquisiti nell‟anno 2007 da ciascuna
delle Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B.
A tutti coloro che vi hanno partecipato va rivolto il mio più profondo e sentito
ringraziamento.
Prof. Giovanni Natile
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INDICE
7
INDICE
BARI
Pag. 13
BOLOGNA
Pag. 19
CAMERINO
Pag. 35
CATANIA
Pag. 37
FERRARA
Pag. 43
FIRENZE
Pag. 51
INSUBRIA
Pag. 57
MESSINA
Pag. 59
NAPOLI
Pag. 61
PADOVA
Pag. 65
PALERMO
Pag. 81
PARMA
Pag. 87
PAVIA
Pag. 97
PIEMONTE ORIENTALE
Pag. 101
POLITECNICA DELLE MARCHE
Pag. 109
ROMA “La Sapienza”
Pag. 111
ROMA “Tor Vergata”
Pag. 117
SALENTO
Pag. 119
SIENA
Pag. 127
TORINO
Pag. 129
TRIESTE
Pag. 131
PUBBLICAZIONI E BREVETTI
Pag. 137
STRUMENTAZIONE DISPONIBILE
Pag. 165
PERSONALE AFFERENTE
Pag. 177
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ATTIVITA’ DI RICERCA SVOLTE
DALLE UNITA’ LOCALI
DEL C.I.R.C.M.S.B.
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UNITA’ DI RICERCA DI BARI
Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Natile
L'attività scientifica dell‟unità di ricerca di Bari ha riguardato le seguenti tematiche:
1) Sintesi e caratterizzazione di complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali;
2) Aspetti molecolari dell‟attività antitumorale di farmaci a base di platino.
1) Sintesi e caratterizzazione di complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali
La progettazione di nuovi farmaci a base platino ha negli ultimi tempi coinvolto l‟utilizzo di leganti
carrier biologicamente attivi come intercalanti del DNA, doxorubucina, analoghi estrogenici,
amminoacidi, ferrocene, fosfonati e zuccheri. Questi leganti sono stati selezionati quali carrier
molecolari in grado di ottenere un trasporto specifico ed un accumulo di farmaco antitumorale in
cellule e organi bersaglio oppure attività farmacologiche sinergiche.
In questo contesto l‟U.R. di Bari ha portato avanti la sintesi di un composto di platino con legante
specifico per il recettore periferico delle benzodiazepine (PBR) quali 2-[6,8-dicloro-2-(1,3-tiazol-2il)H-imidazo-[1,2-a]piridin-3-il]-N,N-dipropilacetammide (TZ6, Figura 1), con il proposito di
combinare le proprietà alchilanti del centro metallico con la grande affinità del TZ6 per i tessuti nei
quali PBR è sovrespresso (soprattutto tessuti periferici e cellule gliali del sistema nervoso centrale).
Il complesso risultante, cis-[PtCl2(TZ6)], è stato completamente caratterizzato via NMR e si è
dimostrato possedere affinità e selettività per il PBR paragonabili a quelle del TZ6.
Figura 1
Modificazioni dei leganti carrier del cisplatino sono state progettate per aumentare la specificità
verso tumori ossei. In particolare sono stati studiati complessi di platino contenenti leganti
amminobisfosfonici e dietil[(metilsulfinil)metil]fosfonati (SMPa). Il legante SMP risulta
strutturalmente analogo ai bisfosfonati, una classe di farmaci originariamente sviluppata per i
disturbi dell‟omeostasi del calcio e, più recentemente, per la prevenzione delle metastasi ossee.
Vista l‟abilità dei bisfosfonati di inibire le metalloproteinasi di matrice (MMP) l‟U.R. di Bari ha
valutato se i complessi [PtCl2(SMP)] e [Pt(dimethylmalonato)(SMP)] fossero dotati di attività antiMMP, esplorando così la possibilità di utilizzare come bersaglio enzimi criticamente legati a
fenotipi invasivi e metastatizzanti. In particolare le MMP mediano il rimodellamento della matrice
extracellulare, sono sovrespresse in quasi tutti i tipi di cancro umano e la loro presenza è spesso
associata a prognosi infauste.
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Il [PtCl2(SMP)] e il [Pt(dimethylmalonato)(SMP)] sono risultati deboli inibitori delle MMP-2 (IC50
= 258 ± 38 e 123 ± 14 μM, rispettivamente) ma forti inibitori delle MMP-9 (IC50 = 35.5 ± 6 e 17 ±
4 μM), MMP-3 (IC50 = 5.3 ± 2.9 e 4.4 ± 2.2 μM), e MMP-12 (IC50 = 10.8 ± 3 e 6.2 ± 1.8 μM). Al
contrario il cisplatino, il carboplatino ed il legante SMP risultano inattivi, mentre il bisfosfonato
clodronato mostra un largo spettro di attività inibitoria in un alto range micromolare (IC 50 > 200
μM).
Questi risultati dimostrano come le variazioni del legante dei complessi di platino possono essere
esplorate con il fine di perseguire un bersaglio farmacologico diverso dal DNA.
Figura 2
L‟U.R. di Bari ha inoltre valutato la possibilità di sviluppare nuovi nanocristalli biomimetici di
apatite con il potenziale utilizzo negli impianti di osso e con la proprietà ulteriore di poter veicolare
localmente farmaci antitumorali e antimetastatici e quindi rilasciarli in maniera controllata. In
questo contesto sono stati studiati l‟assorbimento ed il rilascio di cisplatino (Fig. 3a), alendronato
(Fig. 3b) e di(etilenediamminoplatino)medronato (DPM) (Fig. 3c) usando due matrici di
nanocristalli biomimetici di apatite con morfologia planare (plate-shaped, HAps) e lineare (needleshaped, HAns) e con differenti proprietà chimico-fisiche di superficie. Queste molecole bioattive
sono state scelte con lo scopo di confrontare il comportamento dei farmaci a base di metallo
(cisplatino e DMP) con quello di un classico farmaco organico (alendronato) e valutare così l‟effetto
della carica totale delle molecole di farmaco sull‟affinità verso i nanocristalli di apatite con struttura
e proprietà chimiche diverse.
I risultati ottenuti hanno dimostrato che le cinetiche di adsorbimento e desorbimento sono
dipendenti dalle specifiche proprietà dei farmaci e dalla morfologia delle nanoparticelle di HA. I
dati suggeriscono che l‟adsorbimento dei due complessi di platino sia dovuto ad attrazione
elettrostatiche, mentre l‟interazione tra l‟alendronato e le superfici di HA abbia luogo per scambio
di legante nel quale i due gruppi fosfonati della molecola di farmaco sostituiscono due gruppi
fosfato di superficie. L‟adsorbimento delle specie idrolizzate del cisplatino, caricate positivamente,
è favorito sulle superfici di HAns ricche di gruppi fosfato, mentre l‟adsorbimento dell‟alendronato,
caricato negativamente, è favorito sulle superfici di HAps ricche di calcio. Quest‟ultimo tipo di
interazioni elettrostatiche a corto raggio sembra dominare le cinetiche di desorbimento; di
conseguenza il rilascio del farmaco è più grande per il DMP neutro che per l‟alendronato carico e
l‟aquospecie del cisplatino. Inoltre, mentre il rilascio, per unità di area, delle specie cariche è lo
stesso per i due tipi di Has, il rilascio di DMP è più veloce nel caso di HAns che nel caso di HAps.
Questi studi dimostrano come le proprietà dei nanocristalli HA possano essere modulate in modo
tale da produrre coniugati HA/biomolecole specifici per determinate applicazioni terapeutiche.
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Figura 3
Oltre all‟idrossiapatite, anche gli xerogel nanoporosi possono essere usati come sistemi di rilascio
biodegradabili. In particolare, gli xerogel bioattivi a base di silice sono biocompatibili e lentamente
bioerodibili dopo l‟impianto e sono sempre stati utilizzati per intrappolare e lentamente rilasciare
cisplatino.
L‟U.R. di Bari ha portato avanti la sintesi di un nuovo complesso di platino, specificatamente
disegnato per contenere un bisfosfonato geminale (Figura 4), e la sua introduzione in xerogel di
silice, con lo scopo di ottenere una matrice inorganica ibrida che potrebbe essere usata per il
trattamento dei tumori ossei con impianto locale. Sono stati considerati due xerogel di silice: uno di
silice pura e l‟altro contenente anche calcio quale potenziale agente modulatore di rilascio grazie
alla sua alta affinità per i bisfosfonati. Sono stati inoltre studiati, in funzione della concentrazione
del complesso di platino e dell‟addizione di calcio, la capacità della matrice inorganica di caricare il
complesso di platino, le cinetiche di rilascio in condizioni fisiologiche e la stabilità dopo
immagazzinamento. Si è trovato che la presenza di calcio nel composito influenza profondamente
non solo la stabilità delle formulazioni ma anche la natura del complesso di platino liberato in
soluzione.
Figura 4
2) Aspetti molecolari dell’attività antitumorale di farmaci a base di platino.
Durante gli ultimi 20 anni l‟interesse della comunità scientifica che lavora sui composti antitumorali
a base platino si è soffermato sull‟interazione del platino con il DNA, il suo target primario. Al
contrario, abbastanza sorprendentemente, le reazioni del farmaci di platino con le proteine hanno
ricevuto una scarsa attenzione.
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Tali interazioni però potrebbero giocare un ruolo cruciale nei processi di assorbimento e
biodistribuzione dei farmaci di platino così come nella determinazione del loro profilo di tossicità.
Le reazioni dei farmaci di platino con le proteine potrebbero inoltre essere coinvolte in molti aspetti
del loro generale meccanismo d‟azione attraverso interazioni dirette con altri bersagli proteici.
In particolare l‟U.R. di Bari si è occupata dello studio dei meccanismi di trasporto dei farmaci a
base di platino: è stato dimostrato che, mentre inizialmente la diffusione passiva fosse ritenuta
l'unico meccanismo di trasporto, al contrario l'ingresso del cisplatino, del carboplatino e
dell'ossaliplatino, sia in cellule di lievito che di mammifero, può essere mediato dal trasportatore ad
alta affinità per il rame, chiamato Ctr1. Analogamente, l'accumulo e l'esporto di questi farmaci
antitumorali appaiono regolati anch‟essi da due ATPasi che trasportano ioni rame, le proteine di
Menkes (ATP7A) e Wilson (ATP7B). Questo indica che i farmaci antitumorali a base di platino
possono essere introdotti, distribuiti a vari comparti cellulari ed espulsi dalle cellule tumorali anche
attraverso il sistema di trasportatori di membrana e di trasportatori solubili ("chaperone") che
sovrintendono al mantenimento dei livelli omeostatici degli ioni rame.
Figura 5
L‟U.R. di Bari ha inoltre studiato in collaborazione con l‟U.R. di Firenze le reazioni che avvengono
fra alcuni composti di platino con legante imminoetere e il cyt c, chiarendo la natura degli addotti
formati. In particolare sono stati studiate le reazioni di quattro complessi antitumorali di
platino(II)imminoetere, il
trans- e cis-EE (trans- e cis-[PtCl2 (E)-HN=C(OCH3)CH3 2],
rispettivamente) ed il trans- e cis-Z (trans- e cis-[PtCl2(NH3) (Z)-HN=C(OCH3)CH3 ],
rispettivamente), con il citocromo c (cyt c) di cuore equino (Figura 6).
È stato trovato che il trans-EE produce un addotto di massa maggiore (12 667 Da) rispetto a quello
prodotto dagli altri composti (12 626 Da). Inoltre è stata chiaramente documentata la presenza di
reazioni di idrolisi/amminolisi (quest‟ultima favorita dal buffer ammonio carbonato) del legante
imminoetere, con formazione delle corrispondenti ammidi/ammidine promosse dalla proteina.
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Figura 6
Conoscere il meccanismo d‟azione del cisplatino e come i tumori sono o diventano resistenti ad esso
è il presupposto per un ulteriore progresso nella terapia antitumorale a base di platino. A causa della
forte reattività dei composti di platino verso molecole S-donatrici i tioli intracellulari conferiscono
resistenza ai farmaci antitumorali di platino. I maggiori tioli intracellulari coinvolti nella farmacoresistenza sono il glutatione (GSH) e le metallotioneine (MT). Queste ultime sono degli ottimi
chelanti e normalmente sono ricche di Zn(II).
In questo contesto l‟U.R. di Bari ha studiato la reazione di dodici composti cis/trans-[Pt(Ndonatore)2Cl2] e [Pt(dien)Cl]Cl con Zn7MT-2 umana e quindi caratterizzato i relativi prodotti
(Figura 7). Il confronto fra le cinetiche di reazione ha rivelato che i composti trans-Pt(II) reagiscono
più velocemente di quelli cis-Pt(II). La caratterizzazione dei prodotti di reazione ha mostrato che,
mentre nei composti cis-Pt(II) tutti i leganti sono sostituiti da tiolati cisteinici, i composti transPt(II) mantengono i loro leganti N-donatori rimanendo così in una forma potenzialmente attiva.
Questo risultato contribuisce a comprendere il ruolo delle MT nella resistenza acquisita ai farmaci
antitumorali a base platino.
Figura 7
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UNITA’ DI RICERCA DI BOLOGNA
Direttore Scientifico: Prof. Norberto Roveri
L‟ attività dell‟ Unità di Ricerca di Bologna si è sviluppata principalmente su cinque linee di ricerca
nell‟ ambito della tematica “ biomineralizzazione e biocristallografia” oltre ad una attività di
divulgazione scientifica :
1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati
2) Biomateriali proteici biomimetici nanostrutturati
3) Interazione superficiale di materiali inorganici con proteine modello
4) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d‟ interesse ambientale
5) Cristallizzazione e struttura di proteine.
6) Contratti e convenzioni con l‟ Industria
1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati
I tessuti biologici sono i soli sistemi in grado di agire come veri “materiali funzionali”. Solo
recentemente si è cominciato a mettere a punto “bio-inspired materials” in grado di riprodurre
seppure in parte, delle specifiche funzionalità dei tessuti biologici.
Le funzioni dei tessuti biologici, che sono caratterizzati da una forte gerarchia strutturale, non
possono essere riprodotte
senza potere caratterizzare la loro struttura dalle dimensioni
macroscopiche fino a quelle nanometriche. La nanodimensione dei componenti strutturali dei
tessuti biologici è una caratteristica fondamentale per loro notoria capacità di auto-organizzarsi e
auto-assemblarsi. Questa è l‟importante motivazione per cui la sintesi di materiali bioattivi deve
essere finalizzata a controllarne la struttura e la morfologia a livello nanometrico. Questo è il
concetto guida per la preparazione di biomateriali biomimetici.
Uno dei risultati raggiunti durante il 2007 è stata la sintesi di nuove apatiti nano-dimensionate e geli
di silice nanostrutturati che rappresentano due importanti classi di materiali biogenici. Le apatiti
sono i costituenti fisiologici delle ossa e dei denti, mentre la silice nanoporosa è prodotta da
organismi unicellulari che rappresentano una delle classi più importanti di materiali biogenici. E‟
stata usata oltre alla classica sintesi in “batch” già ampiamente studiata durante gli anni precedenti
anche un‟altra tecnica di cristallizzazione sviluppate in collaborazione con il gruppo di ricerca
dell‟università di Granada (Spagna) del Prof. Juan Manuel Garcia Ruiz .
La sintesi dei nanocristalli è avvenuta mediante cristallizzazione in fase gel (gel di metasilicato).
Questa tecnica permette di ottenere cristalli molto piccoli di dimensioni nanometriche quindi con
alta reattività nei confronti dell‟ambiente biologico e ideali per essere usati come sostitutivi ossei.
Si sono ottenuti cristalli di idrossiapatite usando un sistema di diffusione di una soluzione di cloruro
di calcio attraverso un gel di metasilicato attivato con acido fosforico a pH basico. A pH inferiori a
8 si sono ottenuti cristalli di brushite. Durante la diffusione del cloruro di calcio si sono ottenuti i
classici anelli di Liesegang differentemente spaziati a differente concentrazione di acido fosforico e
quindi a diverso pH (Fig. 1).
Fig. 1. Anelli di Liesegang
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Accanto alle apatiti nanocristalline, un materiale interessante ai fini della realizzazione di device per
il rilascio programmato di molecole bioattive è rappresentato dai geli di silice nanoporosi.
I geli di silice possono essere ottenuti da tetraalcossisilani mediante un processo sol-gel che,
avvenendo a temperatura ambiente ed in condizioni non lontane dalla neutralità, ha il vantaggio di
consentire di incapsulare nella matrice silicea molecole bioattive senza alterarne la stabilità. La
modulazione di alcuni parametri di sintesi consente di controllare la nanoporosità dei materiali
ottenuti e di conseguenza la cinetica con cui essi rilasciano le molecole bioattive incapsulate.
Il passo successivo alla messa a punto in laboratorio di biomateriali è il conferimento ad essi di
bioattivà specifiche. Questo scopo può essere ottenuto con la sintesi di strutture composite
materiale-molecola funzionale, dove la molecola funzionale sia in grado di veicolare le informazioni
che stimolino specifiche risposte cellulari. In parecchi casi le suddette informazioni vengono
veicolate mediante il rilascio controllato di farmaci. Convenzionalmente la somministrazione di
principi attivi nell‟organismo avviene ad intervalli regolari per via orale o endovenosa. Gli
svantaggi che ne derivano sono che l‟agente terapeutico circoli in tutto l‟organismo e venga spesso
degradato prima di raggiungere il sito di azione e che la sua concentrazione raggiunga livelli
superiori alla quantità terapeutica e vicini a quella tossica. Al contrario, i sistemi per il rilascio
controllato realizzano l‟obiettivo di rilasciare la molecola bioattiva vicino al sito di azione al
momento giusto e in quantità terapeutica corretta.
Il lavoro di ricerca si è indirizzato verso la sintesi di apatiti nanocristalline funzionalizzate con
molecole di antitumorale che possano esser rilasciate con cinetica controllata nel sito dell‟impianto.
In particolare sono stati realizzati compositi d‟apatite e complessi di platino con leganti bisfosfonici
(Fig.2) (sintetizzati dall‟unità di Bari) e complessi di oro (Fig.3) (sintetizzati dall‟unità di Padova)
ad attività citotossica.
O
H2
N
O
Pt
N
H2
H2
N
O
P
Pt
O
P
O
N
H2
O
Fig.2 Di(ethylendiaminoplatino)medronate (DPM)
Fig. 3 Complessi di Oro ad attività citotossica
La reattività tra i nanocristalli di idrossiapatite e le molecole di farmaco esaminate è stata modulata
variando le dimensioni e la composizione superficiale dei cristalli in modo tale da realizzare
coniugati di apatite-complesso metallico finalizzati alle specifiche applicazioni terapeutiche.
Oltre all‟HA, anche xerogeli di silice nanoporosa possono essere usati come sistemi di device
bioerodibili e bioriassorbilibili. In tal senso un nuovo complesso di platino è stato sintetizzato
dall‟unità di Bari ed incapsulato in polimeri a base di silice con lo scopo di ottenere materiali ibridi
aventi potenzialità nel trattamento dell‟osteosarcoma (Fig. 4)
Fig. 4 Pt2(en)2(AHBP-H)](HSO4)
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Le proprietà di rilascio del materiale sono state variate mediante tayloring del network inorganico di
supporto e mediante sua funzionalizzazione con ioni calcio affini alla funzionalità bisfosfonica del
complesso.
Sono state inoltre studiate alcune modificazioni strutturali e morfologiche del carbonato di
calcio indotte dalla presenza di additivi polimerici.
Lo scopo di questo lavoro è stato di stabilire le relazioni possibili relazioni strutturali tra le
macromolecole acide presenti nei tessuti
mineralizzati dei molluschi e gli additivi
superfluidificanti utilizzati nell‟industria
dei cementi. Questi ultimi hanno il ruolo
di aumentare la lavorabilità dei cementi.
Le macromolecole acide presenti nei
molluschi sono delle glicoproteine
aventi una catena proteica ricca di
amminoacidi acidi, quali aspartico e
glutammico, e da questa catena si
ramificano regioni polisaccaridiche. I
Le glicoproteine presenti nei tessuti mineralizzati delle conchiglie
superfluidicanti hanno una struttura
mostrano una struttura simile ai comb-polymers utilizzati
analoga, in essi è presente una catena di
nell‟industria dei cementi.
poli-metacrilato da cui si ramificano
delle catene the poli-etilenglicole. Si è
visto come questa analogia strutturale si rifletta anche nella capacità di modificare la morfologia del
carbonato di calcio. Questo interessante risultato è stato utilizzato per la progettazione di
superfluidificanti con una struttura di ispirazione biologica. La ricerca è stata anche indirizzata verso
la caratterizzazione dell‟interazione delle macromolecole acide dai molluschi con le fasi cementizie.
Questo aspetto è tuttora in fase di studio.
Si è inoltre portato a termine la progettazione, sintesi e caratterizzazione di microparticelle
inorganiche in grado di rendere le superfici idrofiliche, quindi facilmente risciacquabili. E‟ stato
depositato un brevetto riguardante la messa a punto di una formulazione di sospensione acquosa di
particelle inorganiche poco abrasive adatte a detergere superfici dure. La caratteristica di tali
microparticelle di idrossiapatite consiste nel rendere la superficie trattata idrofila, cioè in pratica
rendendola più facilmente risciacquabile. Le microparticelle di idrossiapatite aventi formula
Ca10(PO4)6-y(CO3)y+z(OH)2-z , grazie alla presenza dello ione carbonato e dello ione fosfato mostrano
una spiccata attitudine ad interagire facilmente con le molecole di acqua rendendo idrofila la
superficie trattata..
Infine sono state applicate le nanotecnologie a problematiche odontoiatriche. Infatti i denti,
come il tessuto osseo dei vertebrati, sono un materiale composito naturale in cui il componente
principale è una fase inorganica “carbonato-idrossiapatite”che rappresenta il 65-70% in peso della
dentina ed oltre il 90% in peso dello smalto. Lo smalto dentale costituisce la sottile ricopertura
superficiale esterna dei denti ed è considerato il più resistente e duro tra i materiali biogenici (figura
1).
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Lo smalto dei denti è costituito prevalentemente da grossi cristalli prismatici di Idrossiapatite ad
altogrado di cristallinità e da una percentuale bassissima di componente proteica. (fig. 2a e 2b)
Lo smalto nell‟individuo adulto non contiene cellule e quindi non è in grado di rigenerarsi. Ogni
eventuale deterioramento è irreversibile non esistendo, infatti, alcun processo biologico in grado di
riparare lo smalto danneggiato.
Anche per quanto riguarda la dentina (figura 3) esposta all‟ambiente orale, non è possibile ottenere
una rigenerazione poiché il fronte di deposizione di nuova dentina avviene sulle superfici interne
della corona, cioè in prossimità della polpa dentaria e non sull‟esterno. Ne consegue che qualsiasi
intervento riparativo è affidato all‟utilizzo di materiali o sostanze estranee al metabolismo del
tessuto dentale. Sostanze che possono essere o precipitati dalla saliva o materiali
di sintesi. E‟ stato pubblicato il brevetto relativo alla sintesi ed utilizzo dei MICROREPAIR® I
microcristalli di idrossiapatite (Microrepair®) sono del tutto simili alla sostanza minerale che
costituisce la dentina e lo smalto. E‟ proprio questa somiglianza a conferire ai microcristalli sintetici
le proprietà ricostruttive dello smalto e della dentina.
Il materiale utilizzato in BlanX ha caratteristiche tecnologiche innovative in quanto essendo sotto
forma di microcristalli ha un‟elevata reattività chimica. I microcristalli manifestano la propria
azione remineralizzante nei confronti della dentina cedendo localmente i costituenti minerali calcio
e fosforo. L‟azione dei microcristalli nei confronti dello smalto si esplica attraverso la
loro capacità di aderire ai tessuti naturali colmando i microgaps dello smalto. Le figure 5 e 6
mostrano i microcristalli di Microrepair®esaminati con il TEM.
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L‟elevata reattività dei cristalli di Microrepair® è sostanzialmente dovuta all‟azione “bio-mimetica”
di queste micro-particelle che hanno come caratteristica peculiare quella di avere una
composizione chimica molto simile a quella dello smalto e della dentina.Lo spettro a diffrazione
Raggi X dei nanocristalli di Microrepair® (figura 9) mostra come i microcristalli abbiano un grado
di cristallinità che si trova a metà fra quello dello smalto e quello della dentina.
La possibilità di ottenere una remineralizzazione dei tessuti duri ha effetto su numerose patologiedei
tessuti duri del dente:1. effetto preventivo sulla carie dentaria attraverso la remineralizzazione delle
lesioni iniziali 2. effetto desensibilizzante della dentina in quanto promuove la obliterazione dei
tubuli dentinali 3. effetti antitartaro e antiplacca grazie all‟azione antibatterica esplicata dalla
presenza di Zn2+ che ha riconosciuti effetti antisettici.Le figg.10 (a ,b, c, d) mostrano l‟azione
graduale dei cristalli Microrepair® che progressivamente si legano saldamente alla superficie
dentinale occludendo i canalicoli ed esplicando in tal senso una efficacee duratura azione
desensibilizzante sulla dentina.
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In Fig 10 le immagini SEM mostrano la superficie della dentina prima del trattamento (a) e dopo
trattamenti con Microrepair® di 1 minuto (b), 10 minuti (c) e un‟ora (d). E‟ chiaramente visibile la
graduale crescita dei nanocristalli apatitici fino a nascondere completamente i canalicoli della
dentina.
2) Biomateriali proteici biomimetici nanostrutturati
Sono stati preparati coating proteici (collageno), apatitici e compositi mediante tecniche di
deposizione elettrochimica e nebulizzazione ultrasonica. Quest‟ultima tecnica è stata sviluppata in
collaborazione con la School of Chemistry dell‟Università di Bristol. Nel primo caso i parametri del
processo di deposizione e gli elettrodi possono essere opportunamente scelti in modo da
sincronizzare il processo di autoassemblaggio delle fibre di collageno durante la formazione dei
cristalli di idrossiapatite. I risultati inoltre stabiliscono nuove metodiche di sperimentazione per
studiare i meccanismi di biomineralizzazione del collageno nei tessuti biologici (Fig. 5).
Fig. 5
Coating proteico ottenuto
mediante
deposizione
elettrochimica su lamina di
titanio
24
Nel secondo caso film ceramici ad alta area superficiale e film polimerici possono esser ottenuti
mediante precipitazione di un reagente aerosol in una soluzione reattiva. Per entrambe le tecniche, i
dati ottenuti consentono di creare nuovi film o coating bioattivi che potranno anche essere utilizzati
come substrati biomimetici per il rilascio di farmaci con cinetica controllata. Nel caso dei film
nanopatitici ottenuti via nebulizzazione ultrasonica tale possibilità è stata già testata utilizzando ad
esempio un bisfosfonato.
Fig. 6 Schematizzazione dell‟apparato per nebulizzazione ultrasonica
La deposizione elettrochimica ha invece permesso di ottenere layers nanostrutturati di carbonato
idrossiapatite attivati superficialmente con eparina. E‟ stato dimostrato come la coagulazione del
sangue risulti esser significativamente ritardata sul coating di nanopatite funzionalizzato con eparina
rispetto a quanto avviene sul coating non funzionalizzato. Ciò apre nuove prospettive nella
realizzazione di device con potenzialità antitrombogeniche.
Coating proteici sono stati preparati mediante elettrofilatura che può essere considerata una
variazione dell‟“electrospray”, applicato alle sostanze a più basso peso molecolare che permette di
ottenere fibre micro-nano dimensionate sfruttando la differenza di potenziale applicata tra una
soluzione di polimero (contenuta in una siringa) ed una piastra di raccolta (collettore). Fino ad ora
tale tecnica è stata utilizzata per ottenere “mats” di collagene in presenza di solventi organici in
modo particolare il solvente maggiormente impiegato è esafluoroisopropanolo (HFIP)1.
Con il presente lavoro si è utilizzato una sospensione molecolare di collagene di tipo I estratto da
tendine di Achille equino per solubilizzazione in acido acetico e sottoposto alla eliminazione della
frazione telopeptidica e della componente glicosaminoglicanica. Le molecole della proteina
presentano proprietà autoassemblanti formando fibre di collageno per opportune variazioni di pH2.
Con il processo di elettrofilatura siamo stati in grado di ottenere fibre di collagene di dimensioni
superiori 200nm senza ricorrere all‟uso di solventi organici e variazioni di pH. Le fibre sono state
caratterizzate morfologicamente tramite microscopia elettronica SEM e TEM e spettroscopiche
(FTIR) ed inoltre sono state indagate le proprietà termiche tramite TGA e DSC. Questa
caratterizzazione ha permesso di correlare le proprietà chimico-fisiche delle fibre con la loro
gerarchia strutturale inoltre questa indagine ha messo in evidenza le caratteristiche biomimetiche
delle fibre di collagene ricostituite che risultano particolarmente importanti qualora si vogliano
utilizzare in ambito biomedico.
La curva calorimetrica (DSC) della sospensione molecolare di collagene tipo I 1% w/w è riportata
in Figura 2a, ed è possibile osservare una transizione endotermica a TD = (76 ± 1)°C imputabile alla
denaturazione a cui è associato un valore di ΔHD pari a (35 ± 1) J/g. Tali valori risultano essere più
bassi rispetto ai quelli ottenuti per il tendine equino che corrispondono a TD = (112 ± 1)°C and ΔHD
= (41 ± 1) J/g anche se i valori di entalpia e di temperatura di denaturazione del collagene nativo
determinati tramite DSC risultano sensibilmente dipendenti dal grado di idratazione
25
a
b
Figura 1: Analisi SDS-PAGE (a) HMW kit
di calibrazione, (b) di collagene tipo I.
2.2
a
Figura 2: Curve calorimetriche
ottenute per: (a) fibre di collagene
tipo I, (b) fibre di collagene
elettrofilate, (c) fibre di collagene
auto-assemblato con NaOH e (d)
fibre di collagene elettrofilate in
presenza di vapori di NaOH.
Heat Flow (W/g)
1.0
b
c
-0.2
-1.4
d
-2.6
-3.8
0
40
80
Temperature (°C)
Exo Up
120
160
Universal V4.1D TA Instruments
Come detto in precedenza le molecole di collagene si auto-assemblano quando il pH della
sospensione molecolare è aumentato fino ad un valore di 5.5. La morfologia di tali fibre è stata
investigata tramite Sem (vedi Figura 3). Le fibre sono risultate essere lunghe più di 100 μm e con
spessore di pochi micron e dall‟analisi calorimetrica risultano avere TD = (85 ± 1)°C e ΔHD = (39 ±
1) J/g (Figura 2c): tali valori sono sensibilmente più elevati rispetto a quelli ottenuti per il collagene
molecolare tipo I ma inferiore a TD e ΔHD ottenuti per tendine equino.
Le analisi spettroscopiche FTIR effettuate sul collagene di tipo I (Figura 4a) e sulle fibre di
collagene auto-assemblato tramite aumento del pH (Figura 4b) rivelano alcuni apprezzabili
differenze riguardanti le caratteristiche bande di assorbimento a 1650 , 1560, 1240 cm -1,
corrispondente rispettivamente alla regione delle ammidi I, II e III.
Le differenze osservate tramite DSC riguardanti i valori di TD e di ΔHD possono essere attribuite
alla diversa organizzazione gerarchica strutturale del collagene molecolare. Le nanofibre ottenute
tramite elettrofilatura presentano stabilità termica superiore in quanto hanno una organizzazione
gerarchica interna parzialmente simile a quella dei tendini. Il lavoro di caratterizzazione ha
permesso di correlare le proprietà chimico-fisiche delle fibre con la loro gerarchia strutturale ed
inoltre questa indagine ha messo in evidenza le caratteristiche biomimetiche delle fibre di collagene
ricostituite che risultano particolarmente importanti qualora si vogliano utilizzare in ambito
biomedico. Pertanto in questo lavoro sono state preparate nanofibre di collagene utilizzando la
tecnica dell‟elettrofilatura a partire da una sospensione di collagene molecolare, evitando l‟utilizzo
di solventi organici e di eventuali sistemi binari polimero/collagene. I parametri fondamentali nel
processo di elettrofilatura che influenzano la dimensione delle fibre sono la concentrazione della
soluzione, il voltaggio applicato, la distanza tra collettore e ago della siringa.
26
Figura 3: Micrografia SEM di fibre di collagene auto-assemblato ottenute con aumento del pH.
100
98
d
96
94
c
92
%T
%T
90
a
88
86
b
84
82
80
78
1900
1800
1700
1600
1500
1400
1300
1200
1100
Wavenumbers (cm-1)
Wavenumber cm-1
Figura 4: spettri FTIR ottenuti per: (a) fibre di collagene tipo I, (b) fibre di collagene autoassemblate con NaOH, (c) fibre di collagene elettrofilate e (d) fibre di collagene elettrofilate in
presenza di vapori di NaOH.
In Figura 5 sono riportate le micrografie delle fibre ottenute applicando una differenza di potenziale
di 10-20kV, una velocità di flusso pari a 0.005-0.02 ml/min e con una distanza ago-collettore di 1020cm: le fibre sono risultate prive di difetti morfologici con diametri di un centinaio di nanometri.
Dalla analisi spettroscopica (Figura 4c) si può osservare che non ci sono evidenti differenze rispetto
agli assorbimenti tipici del collagene molecolare. Lo stesso si può osservare dall‟analisi
calorimetrica (Figura 2b). Si può concludere affermando che utilizzando il processo di elettrofilatura
si ottengono nanofibre di collagene che hanno dimensione e morfologia biomimetica.
Figura 5: micrografia SEM
di collagene elettrofilata
27
E‟ stata inoltre valutata la possibilità di utilizzare gelatine crosslinkate per il rilascio controllato
e prolungato (80 gg) di un antibiotico modello, ovvero la vancomicina. La tecnica di elettroforesi
capillare ha permesso di quantificare contemporaneamente il rilascio di vancomicina e gelatina. La
cinetica di degradazione della proteina può essere descritta dal modello semplificato di Higuchi,
mentre il rilascio dell‟antibiotico è governato contemporaneamente dal processo di diffusione
Fickiana attraverso il network della matrice di gelatina e dal processo di dissoluzione della stessa
gelatina. Dal confronto fra la cinetica di eluizione dalle gelatine a diverso grado di reticolazione
abbiamo osservato che la degradazione della matrice proteica ha influenza minore nel controllo del
rilascio. Un‟altra importante osservazione è che la vancomicina rilasciata da tutte le gelatine
parzialmente crosslinkate risulta ancora attiva nei confronti dei batteri più comunemente osservati
nelle infezioni ortopediche ovvero Staphylococcus aureus r Streptococcus faecalis.
Questo sistema appare promettente come possibile device biodegradabile per il rilascio di antibiotici
nella trattamento di infezioni in artoplastica.
E‟ stata inoltre studiata la cristallizzazione di fosfati di calcio su substrati di “pure helical
collagen” in “simulated body fluid”
In questa ricerca è stato utilizzato del collagene di origine bovina privi delle regioni terminali
disordinate, i telopeptidi, e delle regioni polisaccaridiche. Questo collageno, in cui sono presenti
solo le regioni elicoidali, mostra delle proprietà diverse rispetto al collageno nativo e soprattutto ha
una migliore biocompatibilità verso i tessuti
biologici. Nella ricerca questo collageno è stato
utilizzato a diversi stadi di aggregazione, gel, film e
film deformati uniassialmente, e sono state
investigate le sue capacità mineralizzanti di fosfati
di calcio in “simulated body fluid”. La ricerca ha
mostrato come questo collagene sia in grado di
favorire la mineralizzazione dei fosfati di calcio,
principalmente idrossiapatite, solo quando presente
in uno stato di gel, ossia prima del processo di
fibrillazione che porta alla formazione di films. Sui
films la deposizione della fase minerale sembra
essere controllata da processi diffusivi, senza che vi
sia una induzione della mineralizzazione da parte
del substrato.
Si
è
inoltre
condotto
uno
studio
Immagine SEM di una sezione di un film di sull‟utilizzazione di amminoidrocarburi in grado di
“pure
helical
collagen”
parzialmente rendere le superfici idrofobiche (EFFETTO
mineralizzato in “simulated body fluid”. Scala
LOTUS). Si è brevettato la formulazione di una
10 m.
soluzione acquosa di amminoidrocarburi in grado
di formare sulla superficie trattata un film polimerico idrofobico. Si è infatti verificato come alcuni
amminoidrocarburi aventi azione antisettica abbiano anche la capacità di formare un film idrofobico
sulla superficie trattata rendendola in pratica autopulente, non consentendo quindi all‟acqua e alle
particelle da lei trasportate di depositarsi.
Infine si è messo a punto un metodo per la produzione di sali dell‟ acido L piroglutammico con
una sintesi catalogabile come “green chemistry” senza l‟impiego di solventi organici. La ricerca è
stata svolta al fine di trovare una via sintetica per la produzione di sali di Mg, Cu,Ca, K, Mn, e Zn
dell‟ acido. Sintesi che potesse essere applicabile industrialmente e che consentisse l‟uso di questi
sali all‟interno di innovative formulazioni di prodotti per l‟integrazione alimentare. I sali L
piroglutamici di sodio, potassio, calcio, magnesio, rame, manganese e zinco sono poi stati tutti
caratterizzati mediante spettroscopia infrarossa FT-IR e analisi di spettrometria di emissione al
plasma per determinare le effettive quantità dei diversi metalli all‟interno dei sali.
3) Interazione superficiale di materiali inorganici con proteine modello
La realizzazione di biomateriali e di device biomedici non può essere effettuata senza una ottima
conoscenza di come queste strutture interagiscano con l‟organismo e i suoi componenti. Diventa
perciò fondamentale lo studio dell‟interazione di questi materiali con le proteine del plasma. In
particolare l‟attenzione si è concentrata verso la mioglobina (Fig. 8).
28
Fig. 8 Rappresentazione GRASP della
distribuzione del potenziale elettrostatico della
mioglobina
Si è messo in evidenza come la superficie dei nanocompositi sia di fondamentale importanza poiché
è direttamente correlata alla risposta biologica. Uno degli aspetti più interessanti è quello di
conferire selettività all‟adsorbimento di proteine. Si sono messe in atto sintesi di coniugati
idrossiapatite-bisfosfonati e si è andato a verificare la cinetica di adsorbimento delle proteine in
modo da valutare sia come viene influenzato il substrato in termini morfologici sia la risposta della
molecola biologica come cambio di conformazione (Fig. 9).
Fig. 9
Schema dell‟interazione
della mioglobina con
l‟idrossiapatite e con il
coniugato
idrossiapatite/bisfosfonato
L‟adsorbimento di proteine all‟interfaccia del materiale è l‟evento che si verifica prima che le
cellule possono interagire con esso La superficie con cui le cellule interagiscono è quindi in realtà
una superficie ricoperta da proteine e l‟interazione cellula/superficie è effettivamente un‟interazione
cellula/proteine legate alla superficie. Lo studio accurato delle proprietà e dei processi che
avvengono all‟interfaccia tra materiali sintetici nanostrutturati sia biomimetici sia di interesse
ambientale da una parte e l‟ambiente biologico dall‟altra consente di avere un approccio di controllo
della risposta biologica all‟interfaccia
In questo ambito è stata studiato l‟adsorbimento di albumina bovina e umana su nanocristalli
sintetici stechiometrici di crisotilo simulando le condizioni biologiche “in vitro” , sfruttando la
possibilità di avere a disposizione come substrato uno standard di riferimento che mima le
caratteristiche delle fibre di asbesto. Le modificazioni strutturali della proteina a seguito
dell‟adsorbimento sul crisotilo sono state quantificate utilizzando la spettroscopia FTIR, in funzione
del grado di copertura superficiale. I dati ottenuti indicano un adsorbimento di tipo bimodale,
evidenziato da due diverse costanti di legame, guidato dalle interazioni superficiali proteinasubstrato. L‟equilibrio di adsorbimento/desorbimento della proteina è stato studiato mediante
spettroscopia di dicroismo circolare analizzando le variazioni strutturali dopo il desorbimento della
proteina dalla superficie. In mancanza del substrato, la proteina in soluzione si riorganizza,
mantenendo però perturbazioni rispetto alla specie nativa.
Risultati preliminari sono stati ottenuti utilizzando come substrato nanocristalli sintetici biomimetici
di idrossiapatite caratterizzati da proprietà superficiali diverse e che mostrano interazioni differenti
con il materiale biologico.
Inoltre, uno studio teorico di dinamica molecolare affiancato da uno studio sperimentale FTIR
sull‟adsorbimento di albumina umana su nanocristalli di crisotilo ha confermato i risultati
29
sperimentali e cioè che l‟ adsorbimento della proteina sulla superficie avviene in due stadi
successivi. Infatti, in un primo stadio le modificazioni strutturali risultano di entità più limitata,
mentre nello stadio successivo si hanno variazioni conformazionali significative che portano a
modifiche nella struttura secondaria della proteina.
4) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d’ interesse ambientale
Tra i metalli presenti nelle fibre minerali di crisotilo, il Fe sembra assumere un ruolo
fondamentale per la sua notoria citotossicità. E‟ stato quindi portato a termine uno studio sia sulla
caratterizzazione chimico-fisica e strutturale di fibre di crisotilo drogato con ferro, sia sulla sua
interazione con i sistemi biologici. Nell‟ambito della caratterizzazione chimico-strutturale e
morfologica è stato condotto uno studio dinamico meccanico mediante un microscopio a forza
atomica (AFM), e un microscopio elettronico a trasmissione ad alta risoluzione (HRTEM). In
accordo con i precedenti studi condotti sul crisotilo stechiometrico, il crisotilo drogato col Fe
sembra contenere maggiori difetti strutturali. La figura seguente mostra come l‟aggiunta di Fe non
modifichi la morfologia tubolare caratteristica del crisotilo.
(a
)
(b
)
Immagine TEM del crisotilo drogato col Fe (a) e profilo di diffrazione
del nanotubo (b).
E‟ stato inoltre condotto uno studio di “bending tests” sui nanotubi sia stechiometrici che drogati col
ferro sottoponendoli a stress meccanico mediante una forza laterale utilizzando un microscopio a
forza atomica dopo averli prima sospesi, come mostrato in figura SEM.
Immagine SEM di nanotubo di crisotilo sospeso.
I nanotubi mostrano una deformazione elastica lineare per piccole deformazioni. Il modulo di
Young dei nanotubi è stato determinato dalle curve di stress-strain applicando l‟equazione di
bending δ = FL3/192EI dove δ è il piegamento del nanotubo, F è la forza applicata, L è la lunghezza
del nanotubo, E è il modulo di Young e I è il momento di inerzia del cilindro. Lo stress indotto in un
esperimento di bending comprende tensione, compressione e sforzo di taglio. Per i nanotubi di
crisotilo stechiometrico è stato trovato un valore medio del modulo di Young di 159±125 GPa
mentre per il crisotilo drogato col Fe un valore di 279±260 GPa
Le modificazioni strutturali indotti dal ferro alterano le proprietà meccaniche con un‟apparente
dipendenza dal numero di pareti che costituiscono le pareti.
Al fine di individuare il ruolo degli ioni sostitutivi, in particolare del Fe, presenti nel crisotilo
naturale sulla sua tossicità, sono stati studiati campioni di crisotilo naturale e di crisotilo sintetico, il
quale è costituito solamente da Si, Mg, O e H.
L' aver sintetizzato crisotilo sintetico drogato con concentrazioni di crescenti di Fe, introdotto come
30
vicariante del silicio o/e del magnesio ha permesso di provare una diretta evidenza sperimentale del
ruolo del Fe nella reattività chimica e nel danno cellulare legato all' amianto.
La presenza di Fe, anche in concentrazioni molto basse (0,2% wt) trasforma le fibre di crisotilo da
inerti a biologicamente dannose.
In questo studio per la prima volta si è confrontato in modo specifico le fibre di crisotilo drogate con
diverso tenore di ferro, senza che le interferenze dovute ad altre variabili (tali come differenza in
struttura, dimensioni o modificazioni chimico fisiche).questi risultati mostrano che il ruolo del ferro
nella tossicità dell‟amianto è molto più complesso rispetto agli studi presenti in letteratura. In altre
parole la presenza di ferro non è un semplice sito catalitico dove si formano i ROS, ma la superficie
delle fibre potrebbe influenzare in diversi modi le interazioni tra crisotilo e cellule. Infatti induce
l‟inibizione del G6PD (glucosio 6 fosfato deidrogenasi) diminuendo così le difese antiossidanti delle
cellule e quindi soggette ad un maggiore danneggiamento cellulare, in oltre provoca
danneggiamento al DNA, lipoperossidazione, inibizione delle redox del metabolismo e l‟alterazione
dell‟integrità delle celule. L‟immagine seguente mostra l‟ effetto delle fibre di crisotilo nella
produzione intracellulare di ROS sulle cellule bersaglio:
31
Le cellule sono state incubate per 24 ore in assenza (ctrl) o presenza di crisotilo naturale standard
UICC A, crisotilo sintetico stechiometrico (syn), o sintetico drogato con 0.9 % di Fe (syn 0.9% Fe).
Un‟aliquota delle cellule di controllo sono state trattate per 15 min con 500 µM di perossido di
idrogeno (H2O2). Le cellule sono state poi incubate con 10 µM di diclorodiidrofluorescina di
acetato (DCF) e 0.2 µM “Mito Tracker” rosso (MC) per 15 minuti prima dell‟osservazione col
microscopio confocale a scansione laser.
5) Cristallizzazione e struttura di proteine.
Le gliceraldeidi-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) sono enzimi implicati nella glicolisi, nella
glucosogenesi e nel ciclo della riduzione del carbonio di organismi fotosintetici. Il gruppo di ricerca
ha recentemente pubblicato, per la prima volta, la struttura cristallografica di una GAPDH
fotosintetica (la forma non regolatrice A4 estratta dalle foglie degli spinaci) complessata con il
NADP. Le caratteristiche basilari di questa struttura sono molto simili alla GAPDH glicolitica, già
conosciuta. Tuttavia delle differenze
sostanziali sono state osservate nel
dominio di legame col cofattore.
Anche la struttura cristallina della
forma ricombinante A4-GAPDH da
Spinacia oleracea, espressa in E.coli,
complessata con NAD è stata risolta
dal gruppo di ricerca. Dal confronto tra
le strutture dei due complessi si
osservano,
nell‟organizzazione
tridimensionale,
delle
differenze
minime quando la GAPDH ospita nel
dominio di legame il NAD o il
NADP.La
struttura
cristallina
dell‟isoforma A2B2 complessata con il
NADP è stata risolta mediante un
approccio
multidisciplinare
di
cristallografia, modeling e mutagenesi.
La struttura ha mostrato che la regione
C-terminale della catena B cambi la
sua struttura in funzione del suo stato
di ossidazione e che questa, quando
ossidata viene ospitata in una sacca
Struttura dell'isoforma A2B2 della gliceraldeide-3-fosfato
4
posra that la catena A e la Catena B.
fotosintetica.
Potenziale elettrostatico superficiale
delle RIPs studiate a diversi pH.4
Sono state studiate anche alcune RIP: Proteine Inattivanti il
Ribosoma. Infatti numerose proteine isolate da una varietà
di tessuti vegetali sono simili alla catena A della ricina e, in
modo analogo a queste, inattivano il ribosoma eucariotico
mediante un meccanismo enzimatico. Il loro meccanismo di
azione è stato identificato come un‟attività N-glicosidica che
rompe in modo idrolitico il legame N-glicosidico del A4324
del 28 S rRNA. La denominazione proteine inattivanti il
ribosoma (RIP) tipo 1 (a differenza del tipo 2, tra le quali la
ricina e tossine simili a doppia catena) è utilizzata per
indicare le proteine a catena singola con le proprietà
descritte sopra. Le RIP mostrano un‟alta omologia di
sequenza amminoacidica e sembrano avere una simile
attività enzimatica. Tuttavia, esse agiscono in modo diverso
su ribosoma di piante, protozoa e animali. L‟attività di
ricerca del gruppo è ricolta allo studio di RIP tipo I.
Queste sono: la lichnina, la diantina 30, la buganina e la
momorchina S. La diantina 30, la buganina e la lychnina
sono state cristallizzate e la loro struttura è stata risolta
tramite “molecular replacement”. Sono ancora in corso
esperimenti di cristallizzazione della momorcochina-S per
ottenere dei cristalli adatti ad uno studio strutturale a raggi
32
X. Le strutture della buganina e della lichinina sono state risolte e vanno ad aggiungersi a quella
della dianthina 30 già determinata dal gruppo di ricerca. Lo Studio ha evidenziato ancora con
maggior impeto il ruolo del potenziale di superficie nel determinare l‟attività catalitica e la
selettività verso diversi substrati.4
6) Contratti e convenzioni con l’ Industria
Presso il Laboratorio di Strutturistica Chimica Ambientale e Biologica (LEBSC) localizzato nel
Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”dell’Università degli Studi di Bologna e costituente la
Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B. dell’ Ateneo Bolognese, si è svolta nel 2007 l’ attività di ricerca
prevista da alcuni contratti tra C.I.R.C.M.S.B e Industria.
Per quanto riguarda il contratto C.I.R.C.M.S.B – GHIMAS S.p.A. Attività coerente con le
ricerche riportate al punto 1).In questo anno di attività è stata progettata la sintesi di Idrossiapatiti
biomimetiche nanocristalline con proprietà chimico-fisiche superficiali tali da rendere i cristalli
altamente bioreattivi, rendendoli particolarmente idonei alla formazione di scaffolds per l’
ingegneria tissutale. Sono state realizzate sintesi di tipo sol-gel, utilizzando soluzioni acquose
fortemente diluite ed operando in condizioni costanti di temperatura e pressione nell’intervallo
fisiologico per tempi di reazione variabili da alcune ore ad una settimana. Sono state variate le
condizioni di reazione quali concentrazione dei reagenti, velocità di neutralizzazione acido-base,
velocità di miscelazione dei reagenti, temperatura ed atmosfera di reazione, tempo di maturazione e
crescita cristallina nelle acque madri di reazione, per determinare l’ effetto di questi parametri di
sintesi sulle caratteristiche strustrutturali, morfologiche, dimensionali e sulle proprietà superficiali
dei nanocristalli sintetizzati. I risultati ottenuti hanno permesso di definire i parametri di sintesi per
la produzione di nanocristalli di idrossiapatite biomimetica con proprietà morfologiche e strutturali
tali da renderla particolarmente idonea alla preparazione di scaffolds inorganici biomimetici per la
crescita di cellule staminali.
Per quanto riguarda il contratto C.I.R.C.M.S.B – COSWELL S.p.A. si è condotta una attività di
ricerca coerente con parte delle ricerche riportate al punto 1) e riguardanti la sintesi e
caratterizzazione di Idrossiapatiti attive nei processi riparativi delle superfici dentali smalto e
dentina.I risultati hanno portato alla pubblicazione di un brevetto internazionale. Sono state inoltre
messe a punto sintesi di sospensioni di particelle apartitiche nanometriche in grado di modificare l’
idrofilicità superficiale. I risultati hanno permesso il deposito di due brevetti internazionali.
Per quanto riguarda il contratto C.I.R.C.M.S.B-ARPA di Reggio Emilia, di durata biennale, nel
2007 si sono condotte analisi coerenti con le ricerche riportate al punto 4) per l’identificazione di
fibre di amianto in pietre ofiolitiche presenti nelle massicciate ferroviarie delle stazioni dell’EmiliaRomagna. Scopo dell’attività è quello di rilevare in campioni opportunamente selezionati di pietre
di massicciata ferroviaria, attraverso analisi al microscopio ottico ed elettronico a scansione, l’indice
di rilascio di eventuali fibre di amianto e mettere i risultati in relazione con i valori specificati dai
termini di legge. Nel corso del 2007 sono stati analizzati presso il LEBSC oltre 500 campioni di
pietre, provenienti da varie stazioni ferroviarie, tra cui Parma, Piacenza, Castel Maggiore e San
Benedetto Val di Sembro.
33
UNITA’ DI RICERCA DI CAMERINO
Direttore Scientifico: Prof. Alfredo Burini
L‟unità operativa di Camerino si è occupata principalmente delle seguenti tematiche:
1) Sintesi, caratterizzazione e studio delle proprietà antitumorali in vitro di complessi di Cu(I).
2) Applicazioni radiofarmaceutiche (PET e microPET) di nuovi complessi di 64Cu con leganti
biologicamente attivi.
3) Sintesi di derivati metallici di Mn(II), Fe(II), Co(II), Ni(II), Cu(II), Zn(II), Pb(II), Cd(II),
Hg(II) Sn(IV) e Re(V) con leganti scorpionato o fosfinici.
4) Sintesi di derivati eteronucleari ciclici di Au(I) e Ag(I).
Sintesi di complessi di Cu(I) con proprietà antitumorali e per applicazioni radiofarmaceutiche
(punti 1 e 2)
I complessi di rame(I) con il legante tris(idrossimetil)fosfina posseggono le caratteristiche
necessarie per soddisfare i seguenti scopi:
a) ottenere complessi di rame che presentino una attività antitumorale paragonabile o superiore
a quella del cis-platino;
b) una selettività verso i tumori resistenti ai principali chemioterapici antineoplastici tale da
essere vantaggiosamente impiegati come agenti antitumorali nel trattamento di malattie
tumorali di per sé ed anche in associazione con farmaci antitumorali già impiegati in terapia;
c) la presenza del gruppo idrossimetilico conferisce inoltre idrofilicità ai leganti fosfinici e ai
relativi complessi di Cu(I) con elevata stabilità redox in soluzione acquosa.
A tale scopo, complessi idrosolubili e mononucleari di Cu(I) del tipo LCu(thp)2 e
[Cu(thp)2(CH3CN)2](PF6) con leganti appartenenti alla classe del bis(1,2,4-triazolil)acetato e
bis(3,5-dimetilpirazolil)acetato (L = [HC(CO2)(tz)2]- o [HC(CO2)[(pzMe2)2]) sono stati ottenuti in
soluzione alcolica in presenza dell‟accettore metallico [Cu(CH3CN)4](PF6), del colegante thp (thp =
tris(idrossimetil)fosfina)) e del corrispondente legante scorpionato.
Tali
complessi sono stati caratterizzati sia in soluzione che allo stato solido e testati per le loro proprietà
citotossiche nei confronti di un‟ ampia serie di linee cellulari tumorali umane. Tutti i complessi
hanno mostrato una attività antitumorale in vitro confrontabile o migliore di quella mostrata dal cisplatino. In particolare il derivato 3 presenta un valore di IC50 notevolmente inferiore a quello del
composto di riferimento nei confronti di tutte le linee cellulari investigate.
35
Analogamente sono stati ottenuti nuovi complessi di Cu(I) del tipo [H2B(tzNO2)2]Cu[PR3]2 [H2B
(tzNO2)2]Cu[dppe] e [H2B(tzNO2)2]Cu[PR3] per reazione dell‟accettore CuCl con il legante
diidrobis(3-nitro-1,2,4-triazolil)borato di potassio, K[H2B(tzNO2)2] in presenza di fosfine terziarie
mono o bi-dentate. Alcuni di tali derivati sono stati testati per le loro proprietà citotossiche e hanno
mostrato valori di IC50 apprezzabilmente inferiori a quella del cis-platino. E‟ comunque
interessante notare che tutti i derivati testati sono particolarmente efficaci nei confronti del
carcinoma A549, che risulta resistente al cis-platino.
Infine gli studi condotti su una ampia varietà di complessi fosfinici di Cu(I) ha portato allo sviluppo
di un brevetto industriale relativamente al derivato tetrakis(idrossimetil)fosfinina di rame(I) che ha
mostrato i migliori risultati quale agente antitumorale:
HO
OH
OH
HO
P
HO
P
OH
Cu
PF6
P
HO
OH
P
OH
HO
HO
OH
Dello stesso derivato è stato sintetizzato il complesso marcato con rame-64 per le applicazioni in
microPET.
Sintesi e caratterizzazione spettroscopica di derivati metallici (punti 3 e 4)
Con lo scopo di correlare la struttura, allo stato solido ed in soluzione, alle proprietà chimico fisico e
farmacologiche, sono stati sintetizzati e caratterizzati numerosi derivati metallici utilizzando
principalmente leganti scorpionato, fosfinici o eterocicli azotati.
36
UNITA’ DI RICERCA DI CATANIA
Direttore Scientifico: Prof. Raffaele Pietro Bonomo
Complessi di rame(II) e ciclodestrine funzionalizzate
Le capacità antiossidanti dei complessi di rame(II) (come è noto, molti metallo-enzimi naturali
contengono rame nei loro siti catalitici) possono essere sfruttate per progettare farmaci con proprietà
antinfiammatorie di nuova generazione. Tuttavia, essi pongono il problema di come effettuare una
terapia adeguata, infatti occorre superare i problemi che si pongono in una somministrazione orale. I
complessi di rame(II) sono labili e potrebbero subire alterazioni in conseguenza dell'acidità nella
quale si troverebbero in ambiente gastrico. Se da un lato, si è alla ricerca di opportuni mezzi di
trasporto dentro l'organismo (ultimamente abbiamo anche esplorato la possibilità d'uso di eritrociti
umani), dall'altro occorre esplorare le capacità donanti di leganti che siano meno suscettibili alla
protonazione. Inoltre, poiché le differenti attività catalitiche dei complessi del rame(II) sono legate
alle diverse geometrie che questi possono assumere all'interno di bio-leganti, occorre scegliere in
modo opportuno tali leganti. Infatti è' noto che il rame(II) possiede una notevole "plasticità" nella
sua capacità di coordinazione, ha cioè la possibilità di formare complessi in svariate stereochimiche,
come conseguenza sia delle richieste steriche che delle capacità donanti degli stessi leganti. In
questa prospettiva verranno indagate le ciclodestrine funzionalizzate con opportuni leganti (in
particolare con carnosina e carcinina). Questi leganti (cioè l'insieme della cavità ciclodestrinica con
l'opportuno legnate prescelto) hanno il vantaggio di presentare sia il sito metallico capace di essere
coinvolto in un processo redox, ma anche una cavità idrofobica capace di interagire con i vari
substrati. Inoltre, si vuole pensare ad uno stesso complesso capace di "neutralizzare" tutte le specie
radicaliche (per esempio il radicale ossidrile ed il superossido) derivate dall'ossigeno negli
organismi umani. Svilupperemo lo studio di molecole con attività antiossidante capaci di svolgere
un‟azione terapeutica nelle malattie neurodegenerative quali la malattia di Alzheimer e le patologie
prioniche. Diversi autori descrivono la carnosina come un farmaco protettivo nei confronti degli
stress ossidativi e di malattie affini, incluse le alterazioni oculari. La carnosina esogena non si
accumula nei tessuti e la sua distruzione, attraverso l‟enzima carnosinasi, una dipeptidasi altamente
specifica, presente nel plasma, avviene nel cervello, nel fegato e nei reni. La carnosina resa stabile
con la ciclodestrina (CDs) mantiene le sue proprietà biologiche e farmacologiche. Inoltre, abbiamo
recentemente dimostrato che la -ciclodestrina ( -CD) è un efficiente “scavenger” dei radicali OH.
Un obiettivo di questo progetto riguarda la sintesi di mono- e bi- funzionalizzate -CD con la
carnosina. Poiché studi recenti hanno dimostrato che le -CD svolgono attività antiaggregante nei
confronti dei peptidi A si potrebbero ipotizzare per questi bioconiugati attività combinate metallo
chelante, antiossidante ed antiaggregante. Nell‟ambito di questo progetto l‟attenzione sarà rivolta
anche ad un altro composto con proprietà antiaggreganti, uno zucchero a basso peso molecolare, il
trealosio vista la capacità di stabilizzare la conformazione strutturale delle proteine in piante
soggette a stress ossidativo. Nuovi composti saranno sintetizzati con questo zucchero e la carnosina
o la carcinina. Inoltre, saranno sintetizzati bio-coniugati contenenti farmaci antinfiammatori non
steroidei e porfirine. L‟attività antiaggregante ed antiossidante sarà provata nei riguardi dell‟amilina
e dell‟A .
Prodotti di sintesi con capacità antiossidante.
L‟attività di ricerca svolta ha riguardato la sintesi e la caratterizzazione di glicoconiugati di
molecole ad attività antiossidante, descritte in letteratura come sistemi mimetici delle superossido
dismutasi (SOD). La capacità delle SOD di proteggere le cellule dai danni che si generano da
patologie quali malattie cardiovascolari, artrite, diabete mellito e patologie neurodegenerative, alle
quali è stato associato l‟aumento di radicali superossido, ha suggerito la possibilità di utilizzare
questi sistemi mimetici a scopo terapeutico.
37
La presenza dello zucchero conferisce nuove caratteristiche a questi sistemi quali: i) la solubilità in
acqua, decisamente bassa per i Mn-salen che è decisamente aumentata; ii) la capacità di veicolare
più efficacemente la molecola ad attività biologica per la presenza dello zucchero che può fungere
da elemento si riconoscimento per particolari tessuti. In particolare sono stati sintetizzati e
caratterizzati i glicoconiugati con la β-ciclodestrina, il galattosio e il glucosio del salen e sono
successivamente stati sintetizzati i complessi del MnIII. Di questi complessi è stata valutata l‟attività
antiossidante ed in particolare, l‟attività SOD è stata misurata con il metodo di Fridovich mentre
l‟attività catalasica, è stata misurata mediante tecniche elettrochimiche (elettrodo ad ossigeno). La
funzionalizzazione dell‟unità salen con lo zucchero non modifica significativamente l‟attività del
complesso metallico e, alla luce di questi dati, sono state progettate delle misure su sistemi cellulari
per verificare l‟efficacia di questi sistemi e per valutare il ruolo dello zucchero nell‟esplicarsi
dell‟attività antiossidante in sistemi cellulari in grado di dimostrare il riconoscimento del sistema
SOD mimetico in relazione alla natura dello zucchero. E‟ stata anche studiata la sintesi e l‟attività
antiossidante di complessi di rame con bio-leganti di coniugati ciclodestrine-peptidi. Quest‟attività
ha avuto come oggetto complessi di rame con leganti di coniugati ciclodestrina omocarnosina.
Indagini di tipo spettroscopico combinate con esperimenti di radiolisi pulsata e test biologici
effettuati su diversi sistemi modello hanno permesso di caratterizzare pienamente struttura e
proprietà antiossidanti di questi sistemi biocompatibili, di correlarli all‟attività mostrata dai singoli
leganti in assenza di metallo e di chiarire il ruolo chiave giocato dalla cavità ciclodestrinica
nell‟intero contesto .
Processi di riconoscimento molecolare.
a) Il design di nuovi sistemi peptidici contenenti siti specifici per la complessazione di ioni metallici
fornisce una nuova via per la produzione di piccole “proteine artificiali” in grado di esplicare una
varietà di interessanti funzioni. Si avvierà uno studio mirato all‟ottenimento di sistemi polipeptidici
che siano capaci di adottare conformazioni stabili e ben definite in presenza di ioni metallici. I
risultati ottenuti dall‟analisi di questi sistemi possono contribuire ad aumentare le conoscenze sui
processi coinvolti nei primissimi eventi del “folding” delle proteine oppure costituire il primo passo
verso la produzione di molecole con spiccata attività biologica. Il design di nuovi polipeptidi può
essere realizzato mediante l‟utilizzo di diversi approcci sperimentali quali ad esempio il de novo
design, la modificazione di sequenze naturali oppure la costruzione di peptidi ibridi costituiti dalla
combinazione di elementi strutturali artificiali e naturali. E‟ stato da noi dimostrato che la presenza
dei gruppi imidazolici dell‟istidina sono essenziali nella stabilizzazione di questa conformazione. Ci
dedicheremo allo sviluppo di molecole utili per il trattamento di malattie neurodegenerative e del
diabete di tipo II e, perciò, alla sintesi e caratterizzazione strutturale di peptidi fibrillogenici e delle
loro interazioni con i metalli, quindi alla progettazione e sintesi di nuove molecole capaci di
antagonizzare gli effetti di proteine strutturalmente alterate o di ridurre i processi di fibrillogenesi.
In particolare, i peptidi selezionati che si intendono caratterizzare sono:
-PrP60-91. Questo peptide è rappresentativo di una regione con un contenuto inusualmente elevato
di glicine. Esso contiene dei motivi ripetuti PHGGGWGQ, che sono deputati a legare gli ioni
Cu(II);
-PrP106-126. Si tratta di un peptide the rappresenta la sequenza piu conservata fra le differenti
specie e che si trova fra la parte strutturata a quella non strutturata della proteina PrP. E‟ un peptide
con attivita neurotossica e gliotrofica in modelli in vitro.
-PrP178-193 e 180-193. Si tratta delle sequenze corrispondenti al dominio dell‟elica 2. E‟ stato
dimostrato, recentemente, che tali frammenti peptidici esaltano l‟attività citotossica del Cu(II).
-Il peptide -amilode (1-42). Il principale componente peptidico dei depositi delle placche amiloidi
nell'Alzheimer.
-Il frammento del peptide -amiloide 25-35. Un derivato sintetico dell'-amiloide, altamente tossico e
fibrillogenico, che è considerato un sistema modello utile, unitamente ad alcuni suoi derivati (Gly
33 N-rnetilato e Leu 34 N-metilato), per testare inibitori dell'aggregazione e tossicità.
38
-Il peptide amilina 1-37. Il polipeptide coinvolto nei processi citotossici per le cellule pancreatiche.
-Amu17-29 e Amu20-29. Frammenti tossici responsabili dell‟aggregazione dell‟amilina nell‟uomo.
-Amt17-29 e Amt20.29. Sequenze analoghe alle precedenti ma con le varianti esistenti nell‟amilina
del topo, dove la proteina non dà luogo ad aggregazione.
Alcuni dei complessi di rame(II) formati con questi peptici in ambiente attorno alla neutralità
verranno anche studiati nella loro interazione con piccole molecole radicali come NO od O2-, questi
ultimi ottenuti da NO-donors o da sistemi enzimatici rispettivamente.
b) Le porfirine sono tra le molecole più studiate dai chimici. Le ragioni di tale interesse dipendono
non solo dal fatto che esse svolgono un ruolo fondamentale in diversi sistemi biologici, ma anche
dalla facilità con cui esse possono essere studiate grazie alle peculiari proprietà spettroscopiche.
Esse presentano, infatti, proprietà spettroscopiche notevoli (quali l‟elevato coefficiente di estinzione
molare e l‟alta resa di emissione di fluorescenza) che possono essere facilmente modulate inserendo
sia diversi ioni metallici (al centro dell‟anello), sia diversi sostituenti (alla periferia, per esempio in
posizione meso-). In particolare, l‟introduzione di gruppi carichi in posizione meso- ha reso
possibile l‟ottenimento di porfirine solubili in acqua. E‟ importante sottolineare a questo punto che,
in funzione del numero e/o della disposizione dei vari gruppi carichi, le porfirine presentano in
acqua una naturale tendenza verso la auto-aggregazione. I gruppi carichi rendono, infatti, tali
molecole solubili in acqua, ma non idrofiliche. Del resto, la stessa struttura di queste molecole (un
ampia superficie piana, elettron-ricca) favorisce interazioni tipo van der Waals anche in solventi
meno polari dell‟acqua. Chiaramente le porfirine con un alto numero di cariche sono quelle che
restano monomeriche per un più ampio intervallo di concentrazione e forza ionica. In relazione a
ciò, vi era in letteratura la diffusa convinzione che l‟aggregazione su matrici di carica opposta a
quella delle porfirine fosse una prerogativa specifica di porfirine con una forte tendenza verso
l‟auto-aggregazione. poiché in acqua, in presenza di una matrice, sono guidate da specifici processi
di riconoscimento molecolare. Ciò è vero anche per porfirine tetra-cariche che non mostrano alcuna
tendenza ad auto-aggregare (in assenza di una specifica matrice) anche ad „alte‟ concentrazioni (10-4
M) e forze ioniche. La specificità di queste interazioni insieme alla inerente presenza di
cooperatività dei processi di aggregazione, indirizzerà la nostra ricerca verso settori applicativi
come quello dei sensori. Infatti, sia la specificità che la cooperatività sono dei requisiti essenziali per
ottenere , rispettivamente, una buona selettività ed una elevata sensibilità.
i) interazioni in soluzione acquosa tra porfirine cationiche e porfirine anioniche, e ii) interazioni tra
le porfirine e templati di carica opposta la cui funzione è quella di organizzare e modulare il numero
di porfirine aggregate. I templati investigati sono stati sinora biopolimeri chirali quali polipeptidi
recanti in catena laterale gruppi ionizzabili al variare del pH. La variazione della densità di carica
sul polipeptide è stata sfruttata per modulare con il pH il numero di porfirine aggregate. Questo ha
consentito di ottenere tutta una serie di sensori per pH, ioni metallici, DNA o RNA. Grazie alle
peculiarità elettroniche e coordinative dei metalli coordinati nel core della porfirina è stato inoltre
dimostrato che è possibile controllare la geometria di aggregazione. Comunque, sia in presenza che
in assenza di templati non è stato ancora acquisito il controllo sulle dimensioni degli aggregati.
Infatti, l‟auto-aggregazione delle porfirine porta alla formazione di specie in cui il rapporto
stechiometrico non coincide con la reale stechiometria delle specie che sono di dimensioni notevoli
e variabili
In questo progetto si propone il disegno, la formazione e la caratterizzazione in soluzione
acquosa di aggregati di porfirine aventi stechiometria determinata e modulabile utilizzando le
interazioni elettrostatiche tra cariche nette di segno opposto quale forze guida dei processi di selfassembly. Questi complessi saranno progettati in maniera tale da renderli attivi verso processi di
trasferimento elettronico fotoattivati o per essere utilizzati come sensori. Il progetto prevede due
approcci diversi, uno in presenza e l‟altro in assenza di templati. Nel primo caso si propone
l‟ottenimento di aggregati di porfirine di carica opposta utilizzando metallo-porfirine pentacoordinate per limitare la crescita dei complessi supramolecolari alle dimensioni desiderate. Infatti,
a differenza delle porfirine planari, i derivati pentacoordinati hanno una sola faccia disponibile
all‟aggregazione e quindi fungono da “stopper”.
39
Nel secondo caso verranno studiati complessi calixarene-porfirina in cui i calixareni esplichino
una funzione di templato organizzatore per l‟ottenimento di aggregati a stechiometria nota e
modulabile. Infatti, dati preliminari indicano che i calixareni carbossilati inducono l‟aggregazione di
un numero discreto e modulabile di porfirine poiché il numero di siti disponibili per la
complessazione varia con il pH. L‟uso di queste molecole come templati presenta anche altri
vantaggi. Infatti: i) possono essere variamente funzionalizzate variando sia il numero che la natura
(cationica, anionica, chirale etc.) dei siti complessanti, consentendo il disegno di specifiche specie
supramolecolari, e ii) sono particolarmente adatti ad essere utilizzati quali sensori.
Caratterizzazione chimico-fisica di complessi di rame(II) con leganti correlati alle proteine
prione da mammiferi o uccelli e loro interazione con monossido di azoto
Lo studio della proteina prione (PrP) si inserisce nel contesto delle malattie provocate da modifiche
conformazionali delle proteine, e dei fattori ambientali che ne determinano l‟eziopatologia. Come
glicoproteina si trova principalmente sulla membrana plasmatica dei neuroni e delle cellule gliali dei
mammiferi. L‟isoforma conformazionale della PrPC, la proteina PrP(scrapie), è il fattore
responsabile delle encefalopatie spongiformi finora identificato. Il protein misfolding può essere
indotto da cambiamenti dell'omeostasi degli ioni metallici, dalla presenza di proteine chaperon
patologiche, da modifiche di pH e da stress ossidativi. E‟ stato dimostrato che la proteina prione ha
un ruolo come trasportatore del rame all‟interno della cellula (per endocitosi), e potrebbe avere
attività SOD-like, anche se questa evidenza è oggetto di grandi controversie in letteratura. La
regione N-terminale del prione umano, costituita dai residui 60-91, possiede quattro sequenze
octapeptidiche, altamente ripetitive, PHGGGWGQ. Studi spettroscopici hanno dimostrato che il
Cu(II) induce la formazione di strutture ordinate in questa regione; infatti, utilizzando peptidi
sintetici corrispondenti a tali sequenze, alcuni autori hanno dimostrato che il legarsi del Cu(II) a PrP
sia necessario a fare assumere la corretta conformazione che consente alla proteina di espletare la
sua funzione antiossidante. Allo scopo di comprendere il tipo di interazione tra metalli e le
specifiche sequenze della PrP, sono stati effettuati numerosi studi utilizzando frammenti peptidici
della proteina PrP, che possono essere considerati un modello semplificato, ma rappresentativo.
Determinare, quindi, la precisa coordinazione del rame(II) all'interno del dominio octarepeat è stato
un obiettivo primario per comprendere il ruolo della PrP come "copper protein". A tale scopo, sono
stati effettuati studi spettroscopici e spettrofotometrici dei complessi di Cu(II) con i peptidi AcHGGG-NH2 e Ac-PHGGGWGQ-NH2 , in soluzione acquosa, variando il pH da 4 a 11 per avere
una chiara conoscenza di tutte le specie che si formano in questo intervallo di pH, delle loro relative
percentuali, della loro stechiometria e delle loro caratterstiche geometriche. Successivamente, per
verificare la presenza di molecole d'acqua nella sfera di coordinazione, come riportato nella struttura
cristallografica del Cu-Ac-HGGGW-NH2 , sono stati effettuati studi di ESI-MS nei complessi di
rame a pH neutro e basico. Spettri EPR in banda X a temperatura ambiente e a bassa temperatura
hanno consentito di determinare il numero di atomi di azoto direttamente legati al rame nel piano
equatoriale. In particolare, a pH fisiologico, i complessi di rame(II) con i peptidi Ac-HGGG-NH2 ed
Ac-PHGGGWGQ-NH2 danno luogo alla specie [Cu(L)H-2] (dove con L si indica uno dei generici
peptidi ed H-2 indica la deprotonazione di due atomi di azoto ammidici, in conseguenza della
complessazione), che presenta una geometria piramidale a base quadrata, con tre atomi di azoto
donatori nel piano equatoriale, provenienti dall‟imidazolo e dai gruppi ammidici, ed un atomo di
ossigeno carbonilico. Negli spettri EPR a bassa temperatura si è ottenuto sia un basso valore di g||
che della costante di accoppiamento iperfine. Il basso valore della costante di accoppiamento
parallela implica una forte interazione apicale e, quindi, la presenza di un forte legame con il rame
lungo la direzione perpendicolare al piano equatoriale, mentre, la struttura superiperfine a 7 righe,
dovuta all'interazione dell'elettrone spaiato nell'orbitale dx2-y2, o dxy, centrato sul rame, indica la
presenza di tre atomi di azoto nel piano equatoriale. Questi fatti indicano che la stereochimica del
complesso si avvicina di più ad una piramide a base quadrata.
In una seconda fase, viste le elevate potenzialità dell‟ossido di azoto come probe per lo studio
strutturale e redox dei centri metallici, è stata valutata il tipo di interazione con NO da parte dei
40
complessi Cu- Ac-HGGG-NH2, Cu- Ac-PHGGGWGQ-NH2, come precedentemente fatto con
metalloproteine. In particolare, in questo studio sono state impiegate molecole di NO-donors che
rilasciano ossido di azoto in maniera controllata. Recenti evidenze, inoltre, hanno mostrato che la
PrP influenza l‟attività enzimatica della nNOS (neuronal nitric oxide synthase), l‟enzima deputato
alla sintesi dell‟ossido di azoto nei neuroni. E‟ stato dimostrato che la PrP e la nNOS sono
colocalizzate ed entrambe sono associate a microdomini membranosi ricchi in colesterolo, insolubili
nei detergenti, detti rafts. La nNOS è alterata negli encefali di topi infettati con la proteina scrapie, e
la riduzione della sua attività è dovuta all‟assenza della nNOS dalla sua consueta localizzazione di
membrana, a causa della sua dissociazione dai rafts. La nNOS solubile, infatti, è parzialmente attiva;
sembra, inoltre, che la PrP possa determinare la corretta localizzazione della nNOS o comunque,
che entrambe facciano parte dello stesso sistema funzionale, che può in qualche modo essere
responsabile dell‟attivazione di altre proteine, alcune delle quali capaci di indurre i sintomi della
scrapie. Questi risultati suggeriscono quindi un ruolo della PrP nella regolazione dell‟efficienza
catalitica della nNOS, mentre non è noto come l‟attività dell‟enzima neuronale, o del suo prodotto
NO, possa influenzare la stabilità delle diverse isoforme della PrP. In questo tipo di misure, si
realizzerebbe un modello mimetico della condizione in vivo in cui la presenza dei due sistemi
proteici, il prione e la nNOS, sono colocalizzati. Sperimentalmente, in seguito all‟interazione del
monossido di azoto con questi complessi si osserva una notevole riduzione del Cu(II), che
lascerebbe pensare ad un processo di electron transfer mediato dalla formazione di un legame
debole tra il rame e l‟NO (probabilmente nitrito, cioè la forma ossidata), con successivo
trasferimento dell‟elettrone al centro metallico. Gli shifts spettroscopici osservati sia negli spettri
visibili che nei parametri magnetici, suggeriscono un‟espansione della sfera di coordinazione del
rame(II) che cambia da una piramide a base quadrata ad una geometria pseudo-ottaedrica. La
formazione dell'addotto potrebbe coinvolgere la posizione apicale libera. In presenza di ossigeno,
gli spettri UV-Vis ed EPR (RT) dei due sistemi mostrano le stesse caratteristiche del complesso
originario. Comunque, non si può escludere la possibilità che lo scambio elettronico avvenga anche
a sfera esterna supponendo che la reazione non sia sotto un controllo termodinamico, ma cinetico.
Molti sono gli studi effettuati sulle interazioni del rame con la proteina prione PrPC espressa nei
mammiferi, (topo, criceto e uomo), mentre sono pochi gli studi (e contrastanti fra di loro)
riguardanti la proteina prione delle specie volatili e la sua interazioni con lo ione rameico.
L‟omologia della sequenza con la proteina espressa nei mammiferi è solamente del 30 %, (44% nel
caso del pollo), ma comunque vi sono delle forti e significative analogie. Sono ambedue proteine Nglicosilate e possiedono, nella regione N-terminale, dei “repeats” [(PHGGGWGQ)6 per i
mammiferi e (PHNPGY)8 per i volatili]. La presenza del prione, ma la mancanza di malattie
neurodegenerative nei volatili ha indotto a studiare gli esarepeats della parte N-terminale, in modo
da verificare se essi siano in grado di complessare il rame e di paragonare i dati ottenuti con quelli
dell‟octarepeat dei mammiferi per avere informazioni sul ruolo fisiologico della proteina prione.
Sono stati sintetizzati gli esapeptidi Ac-NPGYPH-NH2 (ESA), Ac-PHNPGY-NH2 (ESAPY), AcHNPGYP-NH2 (ESAHP), ed il dodecapeptide Ac-(PHNPGY)2-NH2 (DodecaPY)per studiare in
maggiore dettaglio come le differenti posizioni delle due unità di prolina possano influire sulla
conformazione dei peptidi stessi e sull‟intorno di coordinazione dello ione rameico. I rispettivi
complessi rameici sono stati caratterizzati mediante misure di potenziometria, spettroscopia
elettronica UV-Vis, dicroismo circolare ed EPR. Poiché i primi dati spettroscopici hanno
evidenziato che la tirosina nel caso del dodecapeptide possa essere direttamente coinvolta nella
coordinazione dello ione rameico sono stati sintetizzati i corrispondenti frammenti sostituendo il
residuo tirosinico con la fenilalanina, Ac-NPGFPH-NH2 (ESAF), Ac-PHNPGF-NH2 (ESAPF), AcHNPGFP-NH2 (ESAHF) ed i dodecapeptidi Ac-(PHNPGF)2-NH2 (DodecaF), AcPHNPGFPHNPGY-NH2 (DodecaF1) e Ac-PHNPGYPHNPGF-NH2 (DodecaF2). La speciazione è
analoga da un punto di vista qualitativo, con piccole differenze nelle costanti di stabilità delle specie
11-1 e 11-2, e non si hanno evidenze spettroscopiche di un diretto coinvolgimento della tirosina
nella di coordinazione al rame(II). Esiste una specie [CuL2] non riscontrata per l‟octarepeat, che
possiede una costante di formazione pari al doppio della specie [CuL] dell‟octarepeat, segno che in
questa specie il rame è coordinato da due anelli imidazoloici.
41
La speciazione dei complessi rameici coi dodecapeptidi indica notevoli differenze . Fino a pH 6 la
specie principale è quella in cui lo ione rameico è coordinato da due azoti imidazolici.
All‟aumentare del pH, nel dodecaPY si hanno le specie complesse Cu2LH-1 e Cu2LH-2. Gli spettri
elettronici e CD indicano la presenza di una banda a trasferimento di carica a circa 380 nm indice
della coordinazione diretta del tirosinato con lo ione rameico. Il dodecaF forma invece solo la specie
11-1 in cui si ha la deprotonazione di un solo azoto ammidico. Sostituendo una sola tirosina non si
osservano specie complesse binucleari.
Realizzazione di sistemi in grado di generare ossido di azoto (NO) sotto l’esclusivo controllo di
stimoli luminosi
Per quanto riguarda questa tematica, è stato realizzato un sistema “ibrido” costituito da
nanoparticelle di platino opportunamente decorate con cromofori fotottivabili che costituisce il
“primo esempio” di nanoparticelle metalliche in grado di rilasciare ossido di azoto in seguito a
stimoli di luce visibile. Oltre alla bassa energia di eccitazione richiesta addizionali vantaggi offerti
dal presente sistema sono: l‟ottima solubilità e l‟elevata stabilità termica in condizioni fisiologiche,
l‟elevata biocompatibilità nei confronti di sistemi cellulari anche ad elevate concentrazioni , la
potenziale capacità veicolante grazie alle ridotte dimensioni (circa 1 nm) e non ultimo la facilità e
basso costo di preparazione. Mediante l‟opportuna introduzione di unità porfiriniche, tali
nanoparticelle sono state rese fluorescenti in modo da poterle localizzare efficacemente in
compartimenti cellulari (vedi relazione Borsa). Al fine di poter aumentare gli effetti anticancerogeni
dell‟NO sono state altresì progettate e preparate nanoparticelle bicromoforiche in grado di generare
simultaneamente e nella stessa regione dello spazio NO ed ossigeno di singoletto, un‟altra specie
dalla note proprietà anticancro, in seguito all‟assorbimento di un singolo fotone di luce visibile.
Tenendo infine conto che il principale target dell‟ossido di azoto è il DNA, è stato progettato e
sintetizzato un NO fotofonatore in grado di legarsi specificatamente al DNA a doppia elica e di
generare pertanto NO nelle immediate vicinanze sempre in seguito ad irradiamento luminoso.
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UNITA’ DI RICERCA DI FERRARA
Direttore Scientifico: Prof.ssa Paola Bergamini
L’attività 2007 dell’Unità di Ferrara ha riguardato tre tematiche:
1.
Studio di composti di coordinazione del platino con acido ascorbico o suoi derivati
finalizzato alla messa a punto di farmaci innovativi - Rresponsabile: P. Bergamini
2.
I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione –
Responsabile: M. Remelli
3.
Complessi metallo porfirinici come modello di ossigenasi in sistemi compositi Responsabile: A. Maldotti
1) Studio di composti di coordinazione del platino con acido ascorbico o suoi derivati
finalizzato alla messa a punto di farmaci innovativi.
HO5
O
5
HO
6
1
O
4
6
3
HO3
2
2OH
Acido ascorbico
Ascorbati come leganti anionici
In questo anno di attività, nell‟unità di Ferrara è proseguito il lavoro di progettazione, sintesi e
caratterizzazione di complessi di Platino(II) contenenti come leganti l‟acido L-ascorbico, o la sua
forma ossidata deidroascorbico o alcuni derivati di queste due molecole naturali.
Lo scopo di questo lavoro è l‟ottenimento di complessi che associno le note proprietà antitumorali
dei componenti (platino e acido ascorbico) con la capacità dell‟acido ascorbico di superare la
barriera ematoencefalica attraverso trasportatori specifici. E‟ noto infatti che il cisplatino e
congeneri non sono attivi contro i tumori del sistema nervoso centrale in quanto non superano la
barriera emato-encefalica. Un gruppo di chimici farmaceutici della nostra Università alcuni anni fa
ha dimostrato che alcuni farmaci, somministrati in forma coniugata con l‟acido ascorbico,
acquisiscono la capacità di superare la barriera emato-encefalica, sfruttando la strategia denominata
del “cavallo di Troia” [S. Manfredini, B. Pavan, S. Vertuani, M. Scaglianti, D. Compagnone, C. Biondi, A.
Scatturin, S. Manganelli, L. Ferraro, P. Prasad, A. Dalpiaz, J. Med. Chem. 2002, 45, 559-562].
Questo ci ha portato a riconsiderare la chimica di coordinazione dell‟acido ascorbico al platino, in
parte già nota, nella prospettiva di impiegare i prodotti come farmaci capaci di raggiungere il SNC.
Lo scorso anno erano stati da noi sintetizzati diversi complessi fosfinici e amminici, sia della forma
ridotta (varie modalità di coordinazione O2-O3, C2-O5, O5-O6) che ossidata dell‟acido ascorbico e
la loro attività antiproliferativa in vitro era stata testata sia in culture cisplatino sensibili che
cisplatino resistenti, con risultati promettenti per alcune molecole.
Tuttavia, nonostante numerosissimi tentativi, non eravamo riusciti a preparare un composto di
coordinazione che mantenesse liberi dalla coordinazione e da protezioni gli OH in 2 e 3,
responsabili delle proprietà redox dell‟acido ascorbico e probabilmente indispensabili per la
interazione col trasportatore specifico presente nella barriera.
La strategia alternativa che abbiamo quindi tentato di attivare prevede, invece di coordinare
direttamente l‟acido ascorbico al platino, l‟introduzione di connettori chelanti tra l‟acido ascorbico
e il platino, tali da rendere la coordinazione del metallo estremamente robusta e adatta all‟attività
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antitumorale, nonché lontana dalle funzionalità che l‟acido ascorbico utilizza per il legame col
trasportatore.
Acido ascorbico come componente di un legante neutro
Per soddisfare tutti questi requisiti è necessario che l‟acido ascorbico sia introdotto come un
componente del legante neutro destinato a legare il Platino.
Abbiamo quindi progettato la preparazione del legante protetto 1Bz, la sua coordinazione e
deprotezione, attraverso gli step descritti nello Schema 1.
OH
O
O
O
O
OH
O
O
HO
OH
O
O
acetone, CH3COCl
O
O
BzCl
HO
BzO
OH
OBz
HCl
OH
O
O
O
OH
HO
NHBo c
+
BzO
NHBo c
OBz
DCC/DMPA
OH
O
O
OH
O
O
O
O
NHBo c
O
O
NH 2
TFA
NHBo c
BzO
BzO
OBz
1Bz
OBz
NH 2
K2PtCl4
OH
O
O
O
H2
N
O
Cl
Pt
BzO
1BzPt
OBz
NH 2
Cl
H2/C/Pd
OH
O
O
O
O
H2
N
Cl
Pt
1Pt
HO
NH 2
Cl
OH
Schema 1
Siamo riusciti a isolare e caratterizzare il legante protetto nelle posizioni 2 e 3 (1Bz). A questo
punto abbiamo introdotto il Platino ottenendo il complesso 1BzPt, ma purtroppo l‟ultimo step di
deprotezione dei due OH in 2 e 3 (debenzilazione) non è realizzabile senza decomporre il
complesso.
44
Stiamo considerando la possibilità di introdurre protezioni diverse per gli OH 2 e 3, rimovibili con
metodi non riducenti.
Nuova reattività Acido ascorbico con agenti metilanti.
Rottura dell‟anello dell‟acido ascorbico in mild conditions e coordinazione dei frammenti al Pt
Sono stati fatti numerosi tentativi per ottenere altre forme O2-O3 protette dell‟acido ascorbico con
sistemi la cui rimozione risultasse più agevole rispetto ai benzili.
Un risultato interessante, anche se inaspettato, è stato ottenuto nel tentativo di isolare la forma O3
metilata dell‟acido 5,6-O-isopropiliden L-ascorbico attraverso una versione modificata della
strategia riportata in letteratura che prevede l‟impiego di MeI in DMSO basico [A. O. Olabisi, K.
Wimalasena, J. Org. Chem. 2004, 69, 7026-7032]. Al fine di evitare l‟impiego del DMSO, tossico e
altobollente, è stato quindi utilizzato il metanolo come solvente della reazione. Tale cambiamento di
solvente ha provocato la rottura dell‟anello e il successivo trattamento acido, necessario per
rimuovere le protezioni, ha portato ad isolare l‟acido L-treonico. A tale punto, l‟addizione del
precursore di platino [Pt(CO3)(Ph3P)2], ha dato il complesso 1 [Pt(L-threonate-O,O')(PPh3)2],
completamente caratterizzato via NMR e struttura ai raggi-X. I passaggi descritti, sono riassunti
dallo schema 2.
HO
O
H
O
O
H
OH
5
6
1
4
i
HO
O
5
6
H
1
3
2
O
O
4
OH
H
3
2
OH
HO
ii
O
KO
O
OK
O
HO
H
HO
H
O
3
iii
4
2
O
HO
4
2
H
O
1
OMe
OH
3
H
1
OH
CH 3COCH 3 + MeOH
iv
i
ii
iii
iv
dry acetone
K2CO3, MeI, MeOH
HCl
[PtCO3(PPh3)2]
HO
H
Ph 3P
O
OH
3
4
Pt
Ph 3P
2
O
H
1
O
1
Schema 2
È noto che l‟acido L-ascorbico può essere attaccato facilmente dall‟ossigeno gassoso in soluzione
acquosa alcalina, ma la successiva degradazione ossidativa ad acido ossalico e treonico è sempre
stata imputata alla presenza di ossidanti più forti dell‟ossigeno molecolare come H2O2, NaIO o
KMnO4 . [R. W. Herbert, E. L. Hirst, E. G. V. Percival, R. J. W. Reynolds, F. Smith, J. Chem. Soc. 1933, 1270-1290;
K. Schöning, X. Wu, S. Guntha, G. Delgado, R. Krishnamurthy, A. Eschenmoser, Helv. Chim. Acta, 2002, 85, 4111; C.
C. Wei, S. D. Bernardo, J.P. Tengi, J. Borgese, M. Weigele, J. Org. Chem. 1985, 50, 3462-3467; J. M. Perel and P. G.
Dayton, J. Org. Chem. 1960, 25, 2044-5].
45
Altri autori attribuiscono tale fenomeno ad un effetto catalitico del metallo [M. J. Arendse, G. K.
Anderson, N. P. Rath, Polyhedron, 2001, 20, 2495-2503; M. Davies, J. Austin, D. A. Partridge in “Vitamin C - its
chemistry and biochemistry” RSC ed, 1991; A. E. Martell, M.M.T. Khan, J. Am. Chem. Soc. 1967, 89, 4167; A. E.
Martell, M.M.T. Khan, J. Am. Chem. Soc. 1967, 89, 7104].
Nel nostro caso, invece, la rottura dell‟anello avviene senza l‟impiego di ossidanti forti e
precedentemente alla reazione con il metallo.
A nostra conoscenza, il complesso 1 è il primo complesso di platino con l‟acido L-treonico isolato e
completamente caratterizzato. Esso presenta un anello a cinque membri PtOCCOO analogo a quello
presente nel nedaplatin (noto farmaco antitumorale) e alcune analogie formali con l‟acido Lascorbico che potrebbero consentirne il legame con il trasportatore specifico dell‟ascorbato
OH
H
H3N
Ph3P
O
Pt
O
4
O
H
OH
5
6
1
3
O
4
2
H
3
HO
O
nedaplatin
O
O
6
Ph3P
O
OH
5
Pt
H3N
OH
H
OH
L-ascorbic acid
8
Infine, per il complesso 1 è stata testata l‟attività antiproliferativa in vitro su due linee cellulari
tumorali umane: le T2, cisplatino-sensibili e le SKOW3, cisplatino-resistenti. La tabella 1 riporta i
risultati preliminari di tale indagine impiegando il cisplatino come riferimento.
Table 1. Attività antiproliferativa di 1 rispetto al cisplatino
T2
SKOV3
50μM
10μM
2μM
50μM
10μM
2μM
1
86.7
84.5
17.6
85.9
10.7
3.1
cisplatin
81.2
70.8
13.1
20.9
13.7
8.1
Per confermare il meccanismo proposto nello schema 2 è stata ricercata una evidenza sperimentale
relativa alla perdita di acido ossalico nello step ii. A tale scopo, l‟intero processo è stato ripetuto
evitando di purificare l‟intermedio della reazione estraendo con acqua. In tal caso, l‟addizione finale
del precursore [Pt(CO3)(PPh3)2], ha portato ad ottenere una miscela di 1 e del noto prodotto
[Pt(oxalate)(PPh3)2] di cui è stata ottenuta la struttura ai raggi-X.
2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione
Interazione tra ioni metallici e proteina prionica
Una delle emergenze sanitarie di maggior attualità è quella che riguarda le malattie
neurodegenerative. Tra queste il morbo di Alzheimer, di Parkinson e di Creutzfeldt-Jakob (CJD)
nell‟uomo, ma anche la BSE (encefalopatia spongiforme dei bovini, più nota come “morbo della
mucca pazza”) e la “scrapie” negli ovini. L‟agente infettivo che è stato riconosciuto alla base della
BSE e della corrispondente variante del morbo di CJD nell‟uomo, è il “prione” [S. B. Prusiner, Proc.
Natl. Acad. Sci. USA, 95 (1998) 13363], costituito da una modificazione strutturale di una proteina,
normale costituente delle cellule viventi, detta appunto proteina prionica (PrP). All‟insorgere della
malattia la proteina normale, chiamata PrPC, viene convertita in una forma tossica, denominata
PrPSc, tramite un processo post-traslazionale in cui si ha una variazione della sua struttura
secondaria e terziaria. Questa transizione strutturale rende la proteina praticamente insolubile e
resistente alla proteolisi. PrPC è una glicoproteina costituita da 253 residui amminoacidici. È stato
dimostrato che nel passaggio da PrPC a PrPSc una porzione di -elica viene convertita in -foglietto.
46
Vi sono evidenze sperimentali che ioni metallici, tra cui il rame(II), siano coinvolti in tale
trasformazione. PrP è infatti in grado di legare, a pH fisiologico, almeno 5 ioni rame [S. Lehmann,
Curr. Opin. Chem. Biol., 6 (2002) 187].
Il nostro gruppo di ricerca ha recentemente studiato gli equilibri di complesso-formazione in
soluzione di alcuni frammenti della proteina prionica (PrP106-113, PrP106-126, PrP92-100, PrP91-120 e
PrP91-114) con gli ioni Cu2+, Mn2+ e Zn2+: tali frammenti contengono infatti potenziali siti di
coordinazione della proteina stessa (Gaggelli et al., JACS, 2005; Berti et al., Chem. Eur. J., 2007). Lo studio
ha comportato la sintesi dei peptidi (eseguita presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche
dell‟Università di Ferrara), studi potenziometrici, calorimetrici e spettrofotometrica (eseguiti presso
i nostri laboratori), analisi spettroscopiche mediante tecniche EPR e CD (eseguite presso il
laboratorio di Chimica Bioinorganica e Biomedica della Facoltà di Chimica dell‟Università
Wroclaw (Polonia)) e misure NMR ed ESI (eseguite presso il Dipartimento di Chimica
dell‟Università di Siena). Lo studio ha confermato l‟esistenza di due siti di coordinazione per il
rame, centrati sui residui His-96 e His-111, di cui il secondo risulta quello più forte a temperatura
ambiente, mentre si verifica il contrario a bassa temperatura. Studi di dinamica molecolare hanno
fornito la spiegazione di tali osservazioni: a temperatura ambiente il residuo Met-112 è in grado di
interagire a lungo raggio con il rame, schermando in tal modo il centro metallico e stabilizzando il
complesso. Ciò favorisce ovviamente la coordinazione del rame a His-111.
Metallacrown
I metallacrown sono dei metallomacrocicli. La loro architettura molecolare ricalca quella dei
corrispondenti composti organici, e si ottiene, concettualmente, sostituendo gli atomi di carbonio
dello scheletro dei macrocicli organici con unità di coordinazione metallo-eteroatomo. Così, ad
esempio, l‟analogo del 12-crown-4 (12-C-4) può essere ottenuto sostituendo le coppie di gruppi
metilenici presenti nella struttura con unità -M-N-: la struttura che ne deriva è chiamata 12metallacrown-4 (12-MC-4) (v. Fig. 1). L‟analogia tra metallacrown ed analoghi organici è solo
strutturale e non funzionale: infatti, non sono stati mai
isolati metallacrown con la cavità centrale vuota. Come
M
N
nel caso dell‟etere corona, il 12-MC-4 è un macrociclo a
O
O
O
O
12 membri; nella sua cavità sono presenti 4 atomi di
M
N
ossigeno ed è in grado di incapsulare uno ione metallico
N
O
O
M
O
O
di dimensioni opportune. Quindi, mentre un 12-MC-4,
contiene solitamente nella cavità centrale ioni CuII,
N
M
metallacrown più grandi, come i 15-MC-5, possiedono
Fig. 1 - Etere corona 12-C-4 e analogo
una cavità di dimensioni adatte ad incapsulare uno ione
metallacrown 12-MC-4.
calcio, uranile o lantanidico. Complessi 15-MC-5
contenenti Gd3+ sono attualmente in fase di studio come possibili nuovi agenti di contrasto in
Risonanza Magnetica a uso diagnostico (MRI).
I metallacrown si formano, nelle adatte
R
O
condizioni sperimentali, in seguito ad un
O
processo di “self-assembling” di ioni metallici e
M
M
leganti. Nell‟ultimo decennio, sono stati
N
H2N
O
H2N
sintetizzati numerosi metallacrown di CuII [J.J.
N
O
M
M
-
-
Fig. 2 - Chelazione di tipo (O,O )-(NH2,N ) di un - e di un
β-ammino-idrossammato.
Bodwin, V.L. Pecoraro, Coord. Chem. Rev., 216-217
(2001) 489-512; G. Mezei, C.M. Zaleski, V.L. Pecoraro,
Chem. Rev. 107 , (2007) 4933-5003], utilizzando
come leganti gli acidi ammino-idrossammici
(ammino-ha), che possono agire da bis-chelanti a ponte (O,O-)-(NH2,N-) (Fig. 2). Per quanto
riguarda in particolare i 12-MC-4, essi sono stati preferenzialmente ottenuti con -ammino-ha, che,
per la loro geometria, formano i complessi più stabili. Tuttavia, è stato recentemente dimostrato che
anche gli - e i -ammino-ha sono in grado di dare questo tipo di complessi metallomacrociclici con
lo ione CuII [F. Dallavalle, M. Tegoni, Polyhedron, 20 (2001) 2697-2704; M. Careri, F. Dallavalle, M. Tegoni, I.
Zagnoni, J. Inorg. Biochem., 93 (2003) 174-180; M. Tegoni, F. Dallavalle, B. Belosi, M. Remelli, Dalton Trans., (2004)
1329-1333].
47
A partire dal 1989 V.L. Pecoraro ha preparato un numero notevolissimo di questi complessi con
diversi tipi di leganti e di metalli e ne ha definito in modo approfondito le proprietà strutturali,
magnetiche e spettroscopiche. Tuttavia, mancano quasi del tutto dati termodinamici relativi agli
equilibri di formazione dei complessi in soluzione.
O
Il nostro gruppo di ricerca si occupa da qualche anno di questa
problematica, in collaborazione con l‟Università di Parma. Gli
H2N
studi più recenti [M. Tegoni, L. Ferretti, F. Sansone, M. Remelli,
NH
V. Bertolasi, F. Dallavalle, Chem. Eur. J., 13 (2007) 1300-1308]
riguardano gli equilibri di compesso-formazione in soluzione
OH
dell‟acido -ammino-butirridrossammico (GABAha) (Fig. 3) con Fig. 3 - Acido -amminoil rame. GABAha forma diversi complessi con lo ione Cu2+ e, tra butirridrossammico (GABAha).
questi, il metallacrown di tipo 12-MC-4, come confermato dalle misure ESI in soluzione e dalla
struttura ottenuta per via cristallografica. I dati termodinamici sono stati confrontati con quelli
disponibili di altri metallacrown precedentemente studiati ed interpretati sulla base della dimensione
degli anelli di chelazione e della planarità dei macrocicli.
Potenziali farmaci chelanti del ferro da impiegare per una terapia orale
La β-talassemia major, nota anche come morbo di Cooley, è una grave forma di anemia,
caratterizzata da un‟insufficiente produzione di emoglobina, causata da mutazioni genetiche che
impediscono in modo parziale o totale la sintesi della catena della β-globina. La terapia principale
della talassemia consiste in regolari trasfusioni di sangue che hanno come scopo quello di mantenere
il corretto tasso di emoglobina, di correggere l‟anemia, di sopprimere l‟inefficiente eritropoiesi e di
far diminuire l‟assorbimento di ferro da parte della mucosa gastrointestinale. Purtroppo però le
continue trasfusioni provocano un dannoso accumulo di ferro nell‟organismo, che, se non viene
trattato, può portare a gravi e progressive disfunzioni di cuore, fegato e ghiandole endocrine entro
pochi anni. Dall‟inizio degli anni ‟80, la storia clinica della talassemia è cambiata radicalmente,
grazie all‟introduzione della terapia chelante combinata con le trasfusioni regolari [G. Faa, G. Crisponi,
Coord. Chem. Rev., 184 (1999) 291-310]. Come conseguenza di ciò, l‟età media dei pazienti affetti da βtalassemia major è aumentata da 5 anni nel 1965 a circa 27 anni nel 1995. La mortalità è diminuita
progressivamente per il drastico calo del numero di decessi dovuti a disturbi cardiaci, sebbene
questa rimanga tuttora la principale causa di morte (71%).
Il primo agente chelante approvato per l‟uso clinico fu la desferossiammina [ D. S. Kalinowski,
D.R. Richardson, Pharmacol. Rev., 57 (4) (2005) 547-583]. Questo farmaco fu introdotto nel 1962 per mezzo
di iniezioni intramuscolari, ma fu solo verso la fine degli anni ‟70, con l‟introduzione di infusioni
sottocutanee per mezzo di pompe portatili, che la terapia chelante del ferro con desferossiammina
divenne efficace. Tuttavia, nonostante che gli effetti terapeutici siano potenzialmente soddisfacenti,
molti pazienti non sono in grado di usare questo farmaco, a causa di ipersensibilità o di effetti
collaterali tossici. Inoltre, l‟alto costo della desferossiammina ne impedisce l‟uso in paesi
sottosviluppati o in via di sviluppo. Infine, la necessità di infusioni sottocutanee prolungate fa sì che
la terapia sia spesso poco tollerata.
In tempi recenti, sono stati studiati molti composti come
potenziali farmaci chelanti del ferro da usare per via orale.
O
La ricerca ha portato all‟identificazione di diverse molecole
OH
interessanti, tra le quali però solo il deferiprone (1,2-dimetil3-idrossipiridin-4-one) e l‟ICL670A (acido 4-[3,5-bisN
CH3
(idrossifenil)-1,2,4-triazol-1-lil]-benzoico)
sono
entrati
CH3
nell‟uso clinico. Il nostro gruppo di ricerca si è recentemente
occupato dello studi termodinamico completo degli equilibri Deferiprone
di complesso-formazione del deferiprone con gli ione Fe3+ e (1,2-dimetil-3-idrossipiridin-4-one)
Cu2+, in collaborazione con l‟Università di Cagliari [G. Crisponi, M. Remelli, Coord. Chem. Rev., in stampa;
G. Crisponi, V.M. Nurchi, T. Pivetta, M.M. Leone, M. Donatoni, M. Remelli, J. Inorg. Biochem., in stampa].
48
Le misure (potenziometriche, calorimetriche e spettrofotometriche) sono state eseguite alle
temperature di 25 e 37 °C e a diverse forze ioniche, in modo da poter sia confrontare i risultati coi
dati di letteratura sia verificare il comportamento di questi leganti in condizioni fisiologiche. Le
variazioni di temperatura e forza ionica, negli intervalli studiati, non sembrano avere grande
influenza sul modello di speciazione. In presenza di entrambi i metalli, il deferiprone si lega
preferenzialmente a Fe3+; tuttavia, in condizioni di eccesso di legante (come avviene durante la
terapia chelante) si possono formare quantità non trascurabili di complessi di Cu2+, con possibili
conseguenze negative sull‟omeostasi di questo metallo.
3) Complessi metallo porfirinici come modello di ossigenasi in sistemi compositi
Le monoossigenasi citocromo P-450 nel loro ciclo catalitico attivano riduttivamente l‟O2 attraverso
la formazione della specie Fe(II)(O2) = Fe(III)O2-; questa specie per successiva riduzione e rottura
eterolitica del legame perossidico porta alla formazione della specie ferrile ipervalente in grado di
inserire un atomo di ossigeno in un legame C-H non attivato. L‟importanza di questa reazione e la
necessità di comprendere a fondo il meccanismo di azione di questi enzimi hanno aperto la strada
alla sintesi e allo studio delle proprietà redox di ferro porfirine capaci di mimare l‟attività catalitica
del citocromo P450 [B. Meunier, Chem. Rev. 1992, 92, 1411]. Il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato
che la luce del vicino ultravioletto (300-400 nm) può indurre la riduzione del Fe(III) a Fe(II), che
coordina l‟O2 attivandolo e, riproducendo passaggi significativi del ciclo catalitico del citocromo
P450, evita tutti gli inconvenienti derivanti dall‟uso di reagenti chimici riducenti, che tendono a
ridurre anche la specie monossigenante ipervalente. [A. Maldotti, C. Bartocci, G. Varani, A. Molinari, P.
Battioni, D. Mansuy, Inorganic Chemistry, 1996, 35, 1126].
Pertanto, l‟utilizzo di complessi ferro porfirinici fotoeccitati, come modelli di monoossigenasi
naturali, ci ha consentito di realizzare sistemi catalitici in grado di ossidare selettivamente
idrocarburi scarsamente reattivi in condizioni blande di temperatura e pressione e di mimare
l‟azione della NO sintasi [A. Maldotti, L. Andreotti, A. Molinari, V. Carassiti, Journal of Biological Inorganic
Chemistry,- 1999, 4, 154;
G. Varani, A. Molinari, C. Bartocci, A. Maldotti, Inorg. Chim. Acta, 2000, 306, 122; A. Maldotti, A. Molinari, I. Vitali,
E. Ganzaroli, P. Battioni, D. Mathieu, D. Mansuy, Eur. J. Inorg. Chem., 2004, 3127].
Tuttavia, la ridotta stabilità fotochimica del complesso ferro porfirinico resta un problema, data la
fragilità a livello dei ponti metinici, nonostante nei complessi di sintesi vi sia stata l‟introduzione di
gruppi fenili orto e para sostituiti.
Negli scorsi anni, diverse strategie sono state individuate per migliorare questo aspetto, tra cui
l‟utilizzo di un supporto su cui eterogeneizzare il complesso o l‟impiego di un sistema composito.
Nel corso di questo ultimo anno si è deciso di individuare e sintetizzare nuovi sistemi che fossero
allo stesso tempo compositi ed eterogenei. Lo scopo è quello di unire in modo sinergico i vantaggi
ottenuti in precedenza sia dalla eterogeneizzazione che dal sistema composito: infatti,
l‟eterogeneizzazione si è dimostrata utile non solo per migliorare la stabilità del complesso ma
anche per indirizzare la chemoselettività del processo ossidativo; come l‟anello ferro porfirinico
mima il sito catalitico delle monoossigenasi, così il supporto eterogeneo può mimare la struttura
proteica che circonda il sito attivo della metallo proteina. Parallelamente, sistemi compositi in fase
omogenea costituiti da un componente fotosensibile (ad esempio l‟anione decatungstato) e da una
ferro porfirina hanno dato notevoli miglioramenti per quanto riguarda la stabilità del complesso,
dato che il decatungstato, dotato di elevata stabilità fotochimica, veniva irradiato dando luogo alla
sua forma ridotta, che era capace di fornire elettroni alla ferro porfirina, funzionando così in modo
simile al NADH in vivo.
I sistemi compositi eterogenei che sono stati individuati sono i seguenti:
- Pd-porfirina e Fe-porfirina ancorate su amberlite, resina a scambio cationico: questo sistema
composito è stato già studiato su membrane di Nafion, un polimero con scheletro fluorocarburico e
gruppi solfonici che funzionavano da scambiatori di cationi [A. Maldotti, A. Molinari, L. Andreotti, M.
Fogagnolo, R. Amadelli, Chemical Communication - 1998, 507; V. Vasil‟ev, S. M. Borisov, A. Maldotti, A. Molinari, J.
Porphyr. Phthalocyan., 2004 , 7, 780; A. Maldotti, L. Andreotti, A. Molinari, S. Borisov, V. Vasil‟ev, Chemistry: A
European Journal, 2001, 7, 3564].
49
La scelta della resina è dovuta principalmente al fatto che è possibile scegliere un catione
scambiatore diverso da H+, eliminando i problemi dovuti all‟eccessiva acidità dell‟ambiente di
reazione, nonché ridurre la formazione di aggregati da parte della palladio porfirina, che essendo
tetracationica rimaneva sulla superficie del polimero senza penetrare nelle sue cavità. L‟ancoraggio
dei complessi porfirinici è semplice e si effettua disperdendo in agitazione la quantità desiderata di
resina in una soluzione in cui è stato sciolto il complesso. L‟avvenuto ancoraggio si osserva dalla
variazione del colore della resina e dallo sbiancamento dello spettro di assorbimento uv-visibile
della soluzione. La palladio porfirina risulta ancorata stabilmente, dato che non si osserva rilascio
del complesso quando la resina supportata viene dispersa in un mezzo acquoso o organico. La stessa
cosa purtroppo non si verifica per la FeTDCPP (tetra diclorofenil porfirina) che essendo
monocationica, non è evidentemente trattenuta con sufficiente forza dalla resina. Attualmente si
stanno facendo tentativi utilizzando ferro porfirine cationiche diverse (ottenute partendo dall‟anello
libero tetra(N-metil, 4 piridil)porfirina che è reperibile in commercio che viene poi metallato per
introdurre il Fe(III)), mentre sono in corso gli studi che riguardano il processo fotochimico primario
relativo all‟uso della palladio porfirina\Amberlite come fotosensibilizzatore per la formazione di
1
O2.
- anione decatungstato e Fe-porfirina su resina a scambio anionico: amberlite in forma cloruro si è
già dimostrata un utile supporto per l‟anione decatungstato [ A. Molinari, G. Varani, E. Polo, S. Vaccai, A.
Maldotti, J. Mol. Catal. A: Chem, 2007, 262, 156 ]; in questo caso si utilizza una ferro porfirina
tetrasolfonata, che può essere ancorata facilmente e stabilmente sulla resina. Come già studiato in
passato in soluzione omogenea [A. Maldotti, A. Molinari, R. Amadelli, Chem. Rev., 2002, 102, 3811 ],
l‟irradiazione di questo sistema composito nella regione compresa tra 300-370 nm, porta alla
eccitazione fotochimica del solo poliossoanione, che in presenza di un substrato organico di riduce.
La vicinanza tra i due componenti determina la possibilità di un trasferimento elettronico tra
l‟anione fotoridotto e la ferro porfirina, che può iniziare l‟attivazione biomimetica dell‟ossigeno
molecolare. Inoltre, il gruppo di Tanielian ha riportato che irradiando in fase omogenea l‟anione
decatungstato in presenza di 2-propanolo in miscela con acetonitrile o acetone o acqua, si ottengono
in situ quantità millimolari di acqua ossigenata [C. Tanielian, F. Cougnon, R. Seghrouchni, J. Mol. Catal. A:
Chem, 2007, 262, 164]. L‟idea è che la specie ossidante generata in situ venga utilizzata dal complesso
ferro porfirinico per mimare il cosiddetto ciclo abbreviato del citocromo P450, cioè quello che porta
direttamente alla formazione del ferrile ipervalente.
- decatungstato e ferro porfirina inclusi in matrice silicica: diversi studi hanno messo in evidenza
che le proprietà fotochimiche del decatungstato non vengono alterate a seguito della sua
eterogeneizzazione su matrici siliciche. In anni recenti vari tipi di supporti sono stati utilizzati: silice
amorfa, silice mesoporosa MCM-41, silice amorfa funzionalizzata con cationi ammonio [A. Maldotti,
A. Molinari, G. Varani, M. Lenarda, L. Storaro, F. Bigi, R. Maggi, A. Mazzacani, G. Sartori, J. Catal., 2002, 209, 210;
A. Maldotti, A. Molinari F. Bigi, J. Catal., 2008, 253, 312 ]. Ora seguendo anche lavori comparsi di recente in
letteratura [Y. Guo, C. Hu, X. Wang, Y. Wang, E. Wang, Chem. Mater., 2001, 13, 4058], stiamo tentando di
includere il decatungstato e la ferro porfirina dentro la matrice; ciò è possibile se si pongono i due
componenti nella soluzione acquosa di 1-butanolo in cui si fa l‟idrolisi del TEOS. La procedura solgel garantisce materiali con elevata area superficiale e possibilità di rendere definitivamente
insolubili entrambi i componenti in qualsiasi mezzo disperdente sia più opportuno usare.
- TiO2 nanocristallino e ferro porfirina inclusi in matrice silicica: seguendo la strategia descritta al
punto precedente ma utilizzando opportune miscele di TEOS e di Ti-tetraisopropossido è possibile
inglobare il complesso e il biossido di titanio in forma nanocristallina dentro la matrice. Anche per
questo sistema composito lo scopo è utilizzare il semiconduttore come componente fotoattiva, data
la sua maggiore stabilità alla degradazione. L‟inclusione della ferro porfirina e la sua vicinanza alla
specie fotoeccitabile dovrebbe garantire un aumento di stabilità del complesso ed una migliore
interazione tra i due componenti.
50
UNITA’ DI RICERCA DI FIRENZE
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Messori
L‟attività di dell‟Unità di Ricerca di Firenze del CIRCMSB, nel corso del 2007, condotta
principalmente presso il Laboratorio sui Metalli in Medicina (Dip. Chimica, Università di Firenze),
si è focalizzata sui seguenti temi:.
Metallofarmaci antitumorali
Metalli e Neurodegenerazione
Composti Metallici per il trattamento della Malaria.
Altri studi
I maggiori risultati conseguiti nei vari ambiti di ricerca nel corso del 2007 e le relative pubblicazioni
scientifiche sono, di seguito, analiticamente descritti.
Metallofarmaci antitumorali
E‟ questo il tema su cui si sono maggiormente concentrate le attività di ricerca dell‟UR di Firenze.
Le attività svolte all‟interno della tematica, a loro volta, possono essere così suddivise:
1. Sviluppo di Composti di Oro(III) come Agenti Citotossici ed Antitumorali.
2. Studio di Composti Antitumorali a base di Rutenio.
3. Interazioni di Antitumorali Metallici con Proteine.
1. Sviluppo di complessi di oro(III) come agenti citotossici ed antitumorali
Presso il Dipartimento di Chimica dell‟Università di Firenze è attiva, da oltre 10 anni, una
linea di ricerca diretta a valutare le proprietà chimiche e biologiche di composti dell‟oro come
possibili agenti antitumorali. I complessi di oro(III), isolettronici ed isostrutturali con i complessi di
platino(II), sono infatti interessanti candidati come possibili agenti antitumorali. Parimenti, anche
alcuni composti di oro (I) mostrano significative proprietà citotossiche, come già ampiamente
documentato, e meritano particolare attenzione.
In anni recenti, abbiamo dimostrato che certi complessi di oro(III), opportunamente
sostituiti, mostrano una accettabile stabilità in ambiente fisiologico e sono, al contempo, dotati di
significative proprietà antitumorali in vitro. I risultati più significativi di questa linea di ricerca, da
noi ottenuti nel corso dell‟anno 2007, sono riportati di seguito.
a) Estesa caratterizzazione chimica di complessi dinucleari di oro(III).
In collaborazione con un gruppo di chimici inorganici dell‟Università di Sassari (Prof.
Cinellu e Minghetti) abbiamo completato gli studi riguardanti una serie di complessi dinucleari di
oro(III) con leganti bipiridilici (AuOXO-1,6). I composti di interesse sono mostrati in figura 1.
51
But
N
N
O
Au
N
N
[PF6]2
Au
N
[PF6]2
Au
O
Auoxo2
[{4,4'-But2(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
N
N
N
N
O
[PF6]2
Au
Au
Me
O
N
Me3CH2C
Auoxo4
[{(6-CH2CMe3bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
Me
N
N
O
N
[PF6]2
Au
Au
N
O
N
O
Auoxo3
[{(6-Mebipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
R
CH2CMe3
[PF6]2
Au
But
Bu
N
O
Au
N
N
t
Auoxo1
[{(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
N
N
O
Au
N
O
Me
But
R
R=2,6-Me2C6H3
Auoxo5
[{(6-Rbipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
Me
N
O
N
N
O
Me
[PF6]2
Au
Au
Me
Auoxo6
[{(6,6'Me2bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
Figura 1. Rappresentazione schematica dei complessi dinucleari di Au(III).
In collaborazione con il gruppo del Prof. Mini, farmacologo presso l‟Università di Firenze,
abbiamo studiato gli effetti cellulari di questi composti su selezionate linee cellulari tumorali umane
sensibili e resistenti al cisplatino (A2780); i risultati di questo screening hanno evidenziato che il
composto denominato AuOXO6, mostra le proprietà citotossiche più ragguardevoli, comparabili
con il cisplatino ed addirittura migliori nel caso della linea cellulare resistente al cisplatino.
Successivamente, abbiamo condotto una estesa caratterizzazione delle proprietà strutturali e della
reattività chimica di questa famiglia di composti, al fine di stabilire alcune iniziali relazioni
struttura/attività in grado di spiegare le diverse proprietà biologiche osservate. Gli studi
elettrochimici sono stati condotti in collaborazione con il gruppo del Prof. Zanello dell‟Università di
Siena. Parimenti sono stati effettuati degli studi teorici in collaborazione con il Dr. Massimiliano
Arca dell‟Università di Cagliari. Il lavoro è stato adesso accettato per la pubblicazione su Inorganic
Chemistry.
b) Studi di carattere generale sui complessi di oro.
Nel corso del 2007 sono state approntate dal nostro gruppo di ricerca due rassegne di
letteratura riguardo al ruolo dei composti dell‟ oro come possibili agenti antitumorali. La
pubblicazione di questi articoli su invito su prestigiose riviste scientifiche testimonia il grado di
riconoscimento internazionale raggiunto dal nostro gruppo di ricerca in questo specifico settore di
attività.
c) Altri studi sui composti dell’oro.
Nel 2007 sono stati effettuati estesi studi di citotossicità su vari composti dell‟oro in
collaborazione con la ditta Oncotest (Freiburg, Germania). L‟analisi degli importanti risultati
ottenuti è tuttora in corso e costituirà la base per future pubblicazioni scientifiche.
In collaborazione con il gruppo del Prof. Bindoli (CNR, Padova) sono stati effettuati nuovi
studi relativi agli effetti di vari composti di oro(III) sulla tioredossina reduttasi. Tali studi mostrano
che tali composti si comportano effettivamente come potenti inibitori di questo enzima. Il lavoro è
in avanzata fase di preparazione.
Stiamo anche effettuando studi di interazione di composti oro ditiocarbammato con proteine
in collaborazione con il gruppo della prof. Dolores Fregona, dell‟università d Padova.
2. Studio su nuovi composti antitumorali a base di rutenio.
È noto che alcuni complessi di rutenio, in particolar modo certi complessi di rutenio(III),
mostrano promettenti attività antitumorali. Ad oggi, dopo i complessi di platino(II), i complessi di
rutenio sono i composti metallici più intensamente studiati come possibili agenti antitumorali e forse
anche i più promettenti. Da alcuni anni, l‟UR di Firenze sta valutando alcuni aspetti chimico52
bioinorganici di rappresentativi composti di rutenio, quali ad esempio NAMI-A e KP1019 (Figura
2).
-
H
-
N
H
N
N
Cl
Ru
Cl
Cl
Cl
HN
Cl
H N
+
Cl
Ru
N
S
NH
N
Cl
O
H+
N
Cl
NH
KP1019
NAMI A
Figura 2 Rappresentazione schematica di [ImH] [trans-RuCl4(Im)(DMSO)] (NAMI-A) e
[INdH][trans-RuCl4(Ind)2] (KP1019).
Nel corso del 2007 abbiamo proseguito queste attività con un certo successo ponendo particolare
attenzione a due nuovi tipi di composti di rutenio.
Un nuovo composto di rutenio(III), tipo “Keppler” , è stato preparato e caratterizzato in
collaborazione con il Dr.Pasquale Mura (Istituto di Cristallografia, CNR, Montelibretti, Roma).
Abbiamo potuto descrivere il comportamento in soluzione di questo composto, le sue interazioni
con alcune biomolecole (proteine modello e DNA) e le proprietà di inibizione dell‟enzima
Tioredossina Reduttasi (in collaborazione con il Dr. Bindoli del CNR di Padova). Il lavoro è stato
adesso pubblicato su J. Med. Chem.
Il prof. Renzo Cini (UR Siena) ci ha invece fornito un interessante composto di rutenio(II)
con alcuni ligandi carbonilici di cui abbiamo analizzato le interazioni con calf thymus DNA e con le
proteine albumina e transferrina. Ne sono state anche analizzate le proprietà antiproliferative in
vitro. I risultati ottenuti sono stati pubblicati su Inorganic Chemistry in un lavoro di collaborazione.
3. Interazioni di antitumorali metallici con proteine.
Abbiamo messo a punto delle specifiche metodologie di indagine per valutare le interazioni di
complessi di platino(II), oro(III) e rutenio(III) con alcune proteine modello. La procedura
sperimentale si basa inizialmente su prove di ultracentrifugazione abbinate a determinazioni
spettrofotometriche oppure ICP-OES. Successivamente gli addotti formati possono essere
caratterizzati mediante tecniche di spettrometria di massa e di cristallografia. Una descrizione
generale della problematica in questione, delle metodologie associate e dei risultati più significativi
da noi ottenuti è fornita dal riferimento.
i) Spettrometria di massa.
È stata perfezionata la metodologia per lo studio degli addotti metallofarmaco/proteina,
utilizzando la spettrometria di massa di tipo ESI (ESI-MS). Con questa tecnica, infatti, grazie
all‟introduzione di un metodo di ionizzazione “soft”, è possibile trasferire l‟addotto complesso
metallico/proteina, intatto, nella fase di gas, e determinarne, in modo accurato, la massa molecolare.
È stata effettuata una attenta selezione delle condizioni sperimentali, in modo da ottenere spettri
ESI-MS di alta qualità di addotti metallofarmaco/proteina. Abbiamo scelto per questi studi alcuni
farmaci noti a base di Pt (cisplatino, transplatino, oxaliplatino e carboplatino) oppure alcuni
complessi di platino più nuovi, sintetizzati nel gruppo di ricerca del Prof. Natile, dell‟Università
degli Studi di Bari. Abbiamo poi individuato per questi studi alcune piccole proteine modello quali
lisozima, ubiquitina e citocromo c.
Per quanto riguarda i composti del platino i risultati più rappresentativi ottenuti mediante
questo approccio sperimentale riguardano la descrizione delle reazioni fra i composti di platino
classici ed il lisozima come pure le reazioni fra i composti di platino tipo trans ed il ctocoromo c.
53
Oltre agli studi sui composti di platino abbiamo anche condotto studi di interazione con proteine
utilizzando sia composti di rutenio che composti dell’oro.
In particolare, la spettrometria di massa è stata utile per caratterizzare le interazioni del
NAMI A con il citocromo c e le interazioni di alcuni composti tipo RAPTA con cyt c e lisozima.
La reattività di alcuni rappresentativi composti di oro con le proteine modello è stata
descritta in un lavoro adesso pubblicato su JIB.
ii) Studi cristallografici
Anche in questo ambito, è stato selezionato il lisozima come proteina modello, di cui è ben nota la
struttura a raggi-X. E‟ stata poi messa a punto la tecnica di soaking della proteina con diversi
complessi metallici di platino e rutenio. I cristalli dei vari addotti sono stati quindi analizzati tramite
tecniche di diffrazione a raggi-X. Il primo risultato ottenuto è stata la risoluzione della struttura
dell‟addotto del noto farmaco antitumorale cisplatino con il lisozima. La struttura dell‟addotto
cisplatino-lisozima, risolta a 1.9 Å, è molto simile a quella della proteina nativa (Figura 3). Il lavoro
è stato pubblicato su ChemComm.
Figura 3 Struttura cristallografica dell‟addotto cisplatino-lisozima.
Metalli e Neurodegenerazione
Nel corso del 2007, grazie alle risorse fornite dal progetto nazionale FIRB sulle malattie
neurodegenerative coordinato dal prof. Enrico Rizzarelli, sono stati incrementati gli sforzi della
nostra ricerca in questo settore. In particolare abbiamo cercato di sviluppare alcune nuove
metodologie di indagine.
In breve, le metodologie che stiamo adesso ottimizzando ed utilizzando sono le seguenti:
-ESI MS per studiare le interazioni di metalli con beta amiloide (in collaborazione con Prof. Paolo
Zatta e con CISM).
-Metodi ICP OES per mappare la distribuzione dei metalli nel cervello in appropriati modelli murini
(in collaborazione con Prof. Casamenti e Prof. Udisti dell‟Università di Firenze).
-Metodi AFM per visualizzare la crescita di fibrille amilofdi e gli effetti di ioni metallici su detta
crescita (in collaborazione con Prof. Foresti e Dr. Innocenti, Dip Chimic, Università di Firenze).
Alcuni risultati ottenuti con il metodo ESI MS sono stati già pubblicati. In particolare, la
spettrometria ESI MS si è rivelata assai preziosa per la caratterizzazione dell‟addotto che si forma
fra lo ione alluminio ed il peptide Aβ (1-42).
Metalli e malaria
Nel corso del 2007 abbiamo esteso gli studi sul meccanismo di azione dell‟agente
antimalarico artemisinina, focalizzando la nostra attenzione sulle interferenze con i processi del
metabolismo del ferro. È stata analizzata in dettaglio la reazione dell‟artemisinina con emina (Figura
4) e microperossidasi 11 (MP11) tramite spettrofotometria UV-visibile, ESI MS e più recentemente
tramite NMR. I dati ottenuti sono in fase di elaborazione ed analisi. Gli studi sono condotti in stretta
54
collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell‟Università di Firenze (gruppo del
Prof. Vincieri).
2,4
(a)
1,8
(b)
(c)
1,2
A
(d)
0,6
(e)
(f) (g)
0,0
330
400
nm
460
520
580
650
Figura 4 Spettri elettronici derivanti dalla reazione emina ridotta-artemisinina (1:2) in tampone
fosfato/DMSO. Emina rid (a), emina rid-artemisinina a t:0 (b), t:2h (c), t:4h (d), t:6h (e), t:15h (f),
t:24h (g).
Inoltre, in collaborazione con il Dr. Severini dell‟Istituto Superiore di Sanità di Roma, abbiamo
condotto studi di inibizione della crescita in vitro di Plasmodium Falciparum, da parte di complessi
metallici e di epicatechine, uno dei principali componenti del tè verde. Questi ultimi studi sono stati
oggetto di una pubblicazione scientifica.
Altre attività
Abbiamo proseguito studi precedentemente avviati sulle interazioni di peptidi sintetici,
lineari e ciclici, con lo ione rame. I complessi risultanti vengono caratterizzati mediante varie
tecniche spettroscopiche e mediante potenziometria. Gli studi vengono condotti in collaborazione
con il gruppo del Prof. Ginanneschi, (Laboratory of Peptide & Protein Chemistry & Biology)
dell‟Università di Firenze, e con il gruppo del Prof. Kozlowski, dell‟Università di Wroclaw,
Polonia. Stiamo elaborando alcuni risultati relativi alla caratterizzazione del complesso di rame con
un tetrapeptide ciclico variamente sostituito (Figura 5). I riferimenti i e ii testimoniano queste
attività. Altre attività di ricerca sono state indirizzate alla caratterizzazione dell‟interessante
complesso del rame con il cuprizone ed alla caratterizzazione delle interazioni fra piccole molecole
di DNA e liposomi.
H2N
O
O
NH
HN
NH
HN
N
N
HN
NH
O
O
Figura 5 c(His-β-Ala-D-His-Lys)
55
56
UNITA’ DI RICERCA DELL’INSUBRIA
Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Palmisano
Il lavoro di ricerca dell‟UO dell‟Insubria-Como nel 2007 ha riguardato la sintesi di leganti
polidentati di ioni metallici paramagnetici allo scopo di individuare nuovi mezzi di contrasto per
MRI. Il crescente interesse per complessi di ioni lantanoidei, ed in particolare di Gd(III), deriva dal
fatto che l‟MRI ha assunto negli ultimi decenni un ruolo preminente nella pratica clinica quale
tecnica diagnostica non invasiva. I complessi di Gd(III) sono in grado di aumentare il contrasto
dell‟immagine e di fornire quindi utili informazioni diagnostiche.
I leganti poliamminopolicarbossilici rappresentano la classe piu studiata di chelanti per applicazioni
biomediche; il complesso Gd(DTPA)(H2O)-2 (DTPA, acido dietilentriammino-N,N,N’,N’,N”,N”pentaacetico) è stato il primo l‟agente di contrasto approvato per l‟uso in vivo in MRI. Il suo
derivato bis-metilammidico (GdDTPA-BMA) è pure utilizzato nella pratica clinica allo scopo di
ridurre il potenziale osmotico (complesso neutro) nel caso di analisi che richiedano alte dosi di
mezzo di contrasto.
Una razionale modifica della struttura del legante può indurre variazioni non solo nelle capacità
coordinanti ma pure nella dimensione , nella carica e nella lipofilia del corrispondente complesso
influenzando così la relativa affinità nei confronti di diversi target biologici.
A questo scopo abbiamo pensato di sostituire le due unità CH2COOH su N-1 ed N-7 (numerazione
del 1,4,7-triazaeptano) con gruppi 6-idrossimetil-2-piridilmetilici allo scopo di ottenere nuovi
leganti neutri ottadentati e capaci di legare in modo efficiente ioni lantanoidei. Le unità
idrossimetiliche possono essere ulteriormente funzionalizzate facilitando il processo di
riconoscimento molecolare da parte di specifici targets. In effetti, le funzionalizzazioni potrebbero
permettere di modulare le proprietà del complesso (lipofilia, dimensione,carica) mediante una scelta
opportuna dei sostituente all‟atomo di ossigeno.
A partire dalla 2,6-di(idrossimetil)piridina, prodotto disponibile in commercio, è stato sintetizzato il
legante 1 in buone rese complessive.
Il corrispondente complesso neutro di Gd(III) mostra un valore di relassività a 20MHz e 25 °C di
4.03 mM-1s-1 leggermente superiore a quello esibito dal complesso GdDTPA-BMA (3.53 mM-1s-1).
E‟ attualmente n corso di studio l‟opportuna funzionalizzazione dei due gruppi idrossimetilici.
HO
N
COOH
N
N
N
COOH
COOH
N
HO
1
57
UNITA’ DI RICERCA DI MESSINA
Direttore Scientifico: Prof. luigi Monsù Scolaro
Composizione e settore di indagine
L‟unità di ricerca di Messina è composta da sei distinti gruppi di ricerca, ciascuno dei quali possiede
delle competenze specifiche in settori di interesse del Consorzio.
Obiettivi e Metodi
Gruppo di Ricerca dei Proff. Luigi Monsù Scolaro e Raffaello Romeo. Questo gruppo di ricerca si
interessa allo studio di processi di auto-aggregazione e di organizzazione supramolecolare a carico
di specie planari (porfirine e relativi metallo-derivati, e complessi planari di platino(II)) su
biomolecole o su sistemi polimerici di rilevanza biologica. Studi meccanicistici, inoltre, vengono
condotti su complessi di platino(II), inerentemente a processi fondamentali.
Sulla linea di ricerche precedenti, sono stati intrapresi nuovi studi sulla formazione in soluzioni
acquose di sistemi aggregati di porfirine aventi delle interessanti proprietà ottiche. In particolare, la
formazione di aggregati di tipo J di una particolare porfirina tetra-anionica possono essere mediati
dall‟aggiunta di semplici poliammine, quali la spermina. I cluster ottenuti, insieme ad un
innalzamento dei segnali di scattering risonante di luce, mostrano un notevole incremento
dell‟intensità dello scattering RAMAN. Questi effetti sono stati correlati alla struttura frattalica dei
cluster.1
In solvente organico, impiegando degli acidi con anioni molto ingombranti e scarsamente
coordinanti, è stato possibile caratterizzare spettroscopicamente la specie monoprotonata della
tetrafenilporfirina. Queste specie sono state sempre considerate elusive ed instabili rispetto alle
corrispondenti forme diacide. Studi teorici condotti mediante calcoli DFT e TDDFT hanno
consentito di chiarire le proprietà strutturali ed elettroniche e di interpretare gli spettri elettronici.2
La tecnica Langmuir-Schaefer è stata impiegata con successo per la preparazione di film sottili di
porfirine anioniche e ciclodestrine anfifiliche, che sono efficientemente in grado di generare
ossigeno in stato di singoletto per irradiazione con luce visibile.3
Un‟indagine combinata attraverso spettroscopia UV/Vis, dicroismo circolare, emissione di
fluorescenza e varie tecniche di light scattering hanno permesso di chiarire l‟effetto di specie
anfifiliche naturali (n-dodecil-beta-D-maltoside) sull‟aggregazione del sistema fotosintetico II
(PSII).4
La reattività di vari complessi organometallici di platino(II) è stata indagata quale ausilio per la
sintesi mirata di specifici composti di questo ione metallico. In particolare, un‟indagine cinetica e
teorica è stata condotta per ottenere ulteriori informazioni sul ruolo degli idrogeni in posizione beta
su carboni di gruppi alchilici sostituenti i complessi di tipo cis-[Pt(PR3)2(R)(S)]+ (R = alchile, S =
solvente) in reazioni di isomerizzazione geometrica.5 Un altro studio è stato indirizzato ad
approfondire il meccanismo del moto sincronizzato di flipping di leganti fenantrolinici e di
rotazione di un legante fosfinico in complessi cationici planari quadrati di tipo
[Pt(Me2phen)Me(PR3)]+.6
Gruppo di Ricerca del Prof. Matteo Cusumano. Questo gruppo si dedica allo studio delle proprietà
di intercalazione di una serie di complessi planari quadrati di platino(II) e palladio(II) contenenti
leganti aromatici nei confronti di acidi nucleici ed alle variazioni di reattività indotte dal
microambiente specifico.7 Uno studio combinato basato su tecniche di scattering di luce (elastico e
dinamico) unitamente a misure di scattering elettroforetico ha consentito di verificare il ruolo di vari
complessi cationici di palladio sull‟abbassamento della barriera repulsiva elettrostatica e
sull‟induzione di aggregazione tra catene di biopolimero.8
59
Gruppo di ricerca dei Proff. Giuseppe Bruno ed Enrico Rotondo. Questi ricercatori si occupano
essenzialmente della determinazione di strutture di composti inorganici ed organici di potenziale
interesse farmacologico tramite l‟impiego di tecniche di diffrazione di raggi-X9-13 e di risonanza
magnetica nucleare.14
Gruppo di Ricerca del Prof. Giuseppe Teti. Questo gruppo di ricerca opera nel settore della
microbiologia, sviluppando sia attività di ricerca indipendente che di supporto ai vari gruppi
dell‟Unità di ricerca.15,16
Gruppo di Ricerca del Prof. Franco Felice. Questi ricercatori svolgono della ricerca indipendente
nei settori della biologia molecolare e genetica,17-19 e forniscono attività di supporto al gruppo del
Prof. Monsù nello sviluppo di sistemi antenna basati su virus filamentosi e porfirine e di biosensori
specifici per batteri patogeni.
60
UNITA’ DI RICERCA DI NAPOLI
Direttore Scientifico: Prof. Carlo Pedone
L‟attività scientifica dell‟Unità operativa di Ricerca di Napoli è stata svolta, per l'anno 2007,
principalmente nell‟ambito delle seguenti tematiche:
1) Sonde per la diagnosi in medicina nucleare basate su peptidi
Una delle strategie per diagnosticare con precisione la presenza di cellule tumorali e
veicolare farmaci specificamente è quella basata sull'impiego di marcatori molecolari che risultano
sovraespressi nei tumori solidi. Tali ligandi possono essere utilizzati come vettori per migliorare
l‟accumulo di mezzi di contrasto in cellule patogene e migliorarne l‟immagine. Da diversi anni
l‟unità di Napoli è impegnata nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di sistemi basati su
molecole bioattive (peptidi) in grado di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali. In
particolare i sistemi studiati intendono riconoscere i recettori della colecistochinina e i recettori delle
integrine per ottenere nuove sonde che migliorassero in particolare la biodistribuzione di quelle
precedentemente preparate e caratterizzate nell‟ambito delle attività svolte dall‟unità di Napoli del
consorzio.
a) Sonde per la SPECT e la PET per evidenziare tessuti tumorali sovraesprimenti i recettori
della colecistochinina
Negli ultimi anni sono state preparate sonde basate sul peptide CCK8 in grado di riconoscere
i recettori della colecistochinina sovraespressi in diverse patologie tumorali. Studi di rational design,
basati su strutture determinate mediante la tecniche NMR, hanno permesso di determinare che
l‟unità N-terminale della sequenza amminoacidica del peptide endogeno CCK8, può essere
opportunamente modificata con agenti chelanti senza perdere la funzione bioattiva del peptide.
Pertanto negli ultimi anni sono state messe a punto sonde per la medicina nucleare in grado di
veicolare l‟isotopo dell‟Indio 111In e del tecnezio 99mTc per applicazioni SPECT. Soprattutto però
per le sonde marcate con il tecnezio, pur risultando specifiche per individuare cellule tumorali, non
si sono ottenuti risultati eccellenti a livello di biodistribuzione. Pertanto sia per ampliare la gamma
delle tecniche da applicare estendendo anche alla PET il targeting specifico che migliorare la
biodistribuzioni, sono state progettate nuove sonde. In questi coniugati l‟agente chelante è il DOTA
che è in grado di coordinare gli isotopi 67Ga e 68Ga (per applicazioni SPECT e PET
rispettivamente).
[67/68Ga]DOTA-G-CCK8 mostrano un binding rapido e specifico alle cellule A431. In
esperimenti di biodistribuzione, il coniugato dà un alto livello targeting per il recettore CCK2
sovraespresso in cavie 1h dopo l‟iniezione e mostra bassa ritenzione nei reni. L‟accumulo di
[67/68Ga]DOTA-G-CCK8 nei rimanenti organi, incluso il fegato, è trascurabile e appare decrescere
in parallelo alla eliminazione del composto dal circolo sanguigno.
Inoltre sono stati preparati due derivati peptidici, analoghi della minigastrina (DTPAGlu-SMG, e
DTPAGlu-LMG)che si differenziano per la presenza di un linker capace di conferire proprietà
idrofiliche al coniugato, conferendo quindi diverse proprietà di biodistribuzione. Il chelante
prescelto DTPAGlu coordina stabilmente l‟isotopo dell‟Indio 111In. .
Esperimenti in vitro mostrano un‟affinità di binding per 111In-DTPAGlu-DGlu(1)-minigastrina
(SMG), 111In-DTPAGlu-DGlu-Glu(5)-minigastrina (LMG) simili a quelli ottenuti in precedenza per
111
In-DTPAGlu-CCK8 sui recettori sovraespressi da cellule A431 (Kd> 10-8M). Esperimenti di
Biodistribuzione mostrano che il livello di targeting di 111In-DTPAGlu-LMG sui recettori CCK2-R
sono più alti sia di quelli ottenuti con 111In-DTPAGlu-SMG o con 111In-DTPAGlu-CCK8. La
61
maggiore idrofilicità è anche responsabile di una maggiore ritensione (10-20 volte), nei reni di 111InGluDTPA-LMG paragonato agli altri due composti.
b) Nuovi tools da molecole, antagonisti dell’integrina
v
L'integrina v 3 è considerata un interessante marcatore molecolare sovraespresso in
diverse forme tumorali. In tale ambito sono stati progettati nuovi ligandi per l'integrina v 3 a
partire dall' antagonista selettivo RGDechi sviluppato dall‟unità di Napoli lo scorso anno e descritto
nella relazione 2006, opportunamente modificato per l'utilizzo come sonda in tecniche di imaging
molecolare PET e SPECT. Dal punto di vista sintetico si è reso necessario ottimizzare la strategia
sintetica per consentire la funzionalizzazione solo della lisina della porzione ciclica del peptide. I
nuovi ligandi per l'integrina avb3 sono stati sintetizzati in fase solida, purificati mediante RP-HPLC
e caratterizzati mediante LC/MS. Il ligando da utilizzare per la SPECT è stato funzionalizzato con il
chelante DTPA per consentire la marcatura con in111In. Il ligando per la PET è stato ottenuto
sostituendo uno dei due residui di lisina e marcando l'altro con 18F.
Per l‟imaging in vivo è stato allestito un modello animale di topi nei quali sono state
inoculate con delle iniezioni sottocutanee nel fianco destro cellule sovraesperimenti il recettore avb3
K562avb3 o cellule K56 v 5 che sovraesperimono v 5 e nel fianco sinistro le cellule di
controllo. A seguito dell‟inoculamento del peptide marcato con 111In, trascorse due ore per
permettere la biodistrobuzione del tracciante, le immagini SPECT ottenute hanno evidenziato un
accumulo di tracciante nel tumore v 3 dimostrando che RGDechi è capace di legare tale integrina
in vivo. Un altro modello animale è stato allestito inoculando sottocute cellule di glioblastoma
umano U87MG ipersperimenti v 3 e dall‟altra parte cellule di carcinoma epidermoide A341
sovraesperimenti v 5. Il modello animale così ottenuto permette di visualizzare non solo il legame
del peptide RGDechi con l‟integrina v 3 ma anche la sua selettività. In questo modello animale
l‟imaging in vivo è stato eseguito mediante PET utilizzando il peptide marcato con 18F. Questo
radiotracciante permette la visualizzazione del tumore di glioblastoma e non del tumore
epidermoide. Questi risultati sono molto incoraggianti perché evidenziano la possibilità di utilizzare
il peptide RGDechi per l‟imaging selettivo dell‟integrina v 3 in vivo.
2) Aggregati supramolecolari peptidi-chelanti come tools per la diagnosi oncologica mediante
la tecnica della risonanza magnetica imaging (MRI).
Questa attività in collaborazione con l‟UO di Torino si articola nella progettazione, sintesi e
caratterizzazione di nuovi mezzi di contrasto selettivi per la visualizzazione di patologie
oncologiche mediante la tecnica della Risonanza Magnetica Imaging (RMI). Questa tecnica fornisce
immagini ad altissima risoluzione, ma a causa della bassa sensibilità della tecnica, è necessario
mettere a punto opportuni agenti di contrasto (ACs) selettivi capaci di accumularsi sull‟organo
bersaglio che si intende visualizzare, ad una concentrazione almeno dell‟ordine di 10 -4M. A tal fine
negli ultimi anni sono stati preparati sistemi supramolecolari, come micelle miste, che espongono
sulla loro superficie un vettore peptidico in grado di riconoscere un recettore sovraespresso dalle
cellule tumorali. I recettori target prescelti per verificare il modello sono quelli della
colecistochinina.
Inizialmente è stata sintetizzata una molecola anfifilica indicata schematicamente come MonY (vedi
figura 1.a) in cui la testa idrofilica è costituita dal peptide CCK8, in grado di riconoscere il recettore,
e dal chelante DTPAGlu
62
(a) MonY
O
N
O
N
H
O
H
N
O
O
O
O
N
H
(CH2)4
O
N
COO -
N
O
Gly CCK8
O2
COO -
N
COO-
N
-OOC
H
N
-OOC
(b) MonX
O
O
H
N
N
O
O
N
H
H
N
O
O
(CH2)4
D-Y-M-G-W-M-D-F-Amide
G
5
NH
O
O
N
N
H
O
O
H
N
-
O
O
N
-
OOC
-
OOC
N
N
-
COO
-
COO
Figura 1: Rappresentazione schematica dei monomeri anfifilici: (a) contenente il peptide CCK8 e
agenet chelante DTPAGlu e due code idrofobiche, indicato come MonY; (b) contenente il peptide
CCK8 e agenet chelante DTPAGlu e quattro code idrofobiche, indicato come MonX.
Questa molecola autoaggrega sottoforma di micelle ellissoidali. Il valore della concentrazione
micellare critica (cmc 10-6 mol kg-1) è stato determinato mediante misure di fluorescenza usando
l‟8-anilinonaftalene-1-sulfonato (ANS) come probe di fluorescenza. I dati strutturali ottenuti
mediante Scattering di neutroni (SANS) sono brevemente riportati in figura 2.a. Il numero di
aggregazione (Nagg), dell‟aggregato supramolecolare è di ~ 35. Il valore molto basso del numero di
aggregazione, rispetto a quanto evidenziato per aggregati formulati precedentemente con una coda
idrofobica per monomero, può essere spiegato in base a due effetti: uno derivante dall‟elevato
ingombro sterico della parte polare, dovuta alla contemporanea presenza del chelante e del peptide
sul singolo monomero; l‟altro derivante dalla repulsione elettrostatica dovuta alla presenza delle
cariche negative sul chelante DTPAGlu. La caratterizzazione rilassometrica di MonY ha evidenziato
che il tempo di reorientazione molecolare (ηr) ha un valore di 4.6 ns e il tempo medio di residenza,
nel centro paramagnetico, della molecola d‟acqua in rapido scambio con l‟acqua di “bulk” della
soluzione (ηM) un valore di 1.1 μs e quindi la relassività molare dell‟aggregato per atomo di Gd(III)
è 15 mM-1s-1 a 25°C e 20 MHz. Il ηr, in accordo con le premesse fatte in fase di progettazione, ha un
valore molto elevato, indice di un‟alta rigidità strutturale del sistema.
Allo scopo di ottenere anche aggregati liposomiali sono stati formulati aggregati misti
(MonY/DOPC) con una molecola anfifilica quale la diasteroil fosfatidil colina (DOPC), che come è
noto, induce la formazione di liposomi. Aggregati misti DOPC/MonY a diversi rapporti molari
(70/30, 80/20, 90/10) sono stati preparati mediante sonicazione ed estrusione. Le soluzione
liposomiali ottenute sono state caratterizzate strutturalmente mediante tecniche di scattering di
neutroni (DLS e SANS).
63
(a)
(b)
(c)
Lys
Lys
O
=MonY
P O
=MonY
+
N
Lys
=MonX
Asp
=DOPC
O-
a
b=c
a
d
b=c
a=9Å
b = c = 27Å
= 15 Å
a = 12 Å
d = 100 nm
= 40 Å
P = 0.06
b = c = 38 Å
= 15 Å
P = 0.13
Figura 2: Rappresentazione schematica degli aggregati ottenuti, della loro forma e dei loro
parametri strutturali.
I risultati di caratterizzazone chimico fisica permettono di concludere che solo quando il monomero
MonY è presente in quantità inferiore al 20% gli aggregati sono dei liposomi, altrimenti si verifica
una coesistenza di micelle e liposomi. Immagini di microscopia a trasmissione elettronica (cryoTEM) hanno confermato questi dati e permesso di valutare che le dimensioni del diametro degli
aggregati liposomiali è di ~ 100 nm (figura 2.b). La caratterizzazione è stata ripetuta anche per le
soluzioni in cui il MonY complessa lo ione Gd(III). Il valore di relassività molare dell‟aggregato
misto DOPC/MonY(Gd) (80/20) per atomo di Gd(III) è 12 mM-1s-1 a 25°C e 20 MHz. A questo
valore di relassività contribuiscono sia i complessi di Gd(III) esterno che quelli interni al liposoma.
Questo risultato è stato evidenziato mediante un esperimento aggiuntivo nel quale è stato preparato
un aggregato in cui gli ioni Gd(III) sono stati sostituiti da quelli di La(III), e in cui è stato
incapsulato il complesso HPO3A(Gd).
Allo scopo di ottenere liposomi anziché micelle per auto-aggregazione del MonY, sono state
apportate delle modifiche sintetiche sulla sua porzione idrofobica del monomero. E‟ stato pertanto
sintezzato un altro sistema in cui la parte idrofobica è costituita da quattro catene alchiliche a 18
atomi di carbonio anziché due (figura 1.b). Introducendo una parte idrofobica più sostanziale
dovrebbe infatti abbassare il fattore di impacchettamento del monomero nell‟aggregato e di
conseguenza favorire la formazione di liposomi.
Questo monomero indicato schematicamente come MonX è stato sintetizzato mediante tecniche di
sintesi in fase solida con chimica Fmoc e caratterizzato mediante cromatografia RP-HPLC e
spettrometria di massa LC-MS. Gli aggregati ottenuti per auto-aggregazione e caratterizzati come
descritto precedentemente, formano ancora micelle ellissoidali con gli assi be c più lunghi rispetto a
quelli dell‟aggregato di MonY (vedi figura 2.c) e con un valore di cmc inferiore (cmc ~ 5∙10 -7
mol∙kg-1). Attualmente sono in corso presso l‟unità di Torino prove di complessazione e studi
relassometrici sull‟aggregato.
64
UNITA’ DI RICERCA DI PADOVA
Direttore Scientifico: Prof. Ulderico Mazzi
Radiofarmaci nella diagnostica e terapia tumorale
Parte 1. Sviluppo di radiofarmaci target-specifici marcati con 99mtecnezio e 186/188renio. - Elena
Zangoni, Laura Melendez Alafort, Ulderico Mazzi
Gli isotopi radioattivi di metalli di transizione offrono molte opportunità nello sviluppo di
radiofarmaci, e tra di essi il tecnezio-99m ed il renio-186/188 giocano un ruolo importante in
ambito, rispettivamente, diagnostico e terapeutico. A differenza di isotopi di atomi naturalmente
presenti nelle molecole biologiche (O, C, N), che possono essere incorporati nelle molecole
direzionatrici attraverso la formazione di un legame covalente, gli isotopi di natura metallica per
essere incorporati nelle biomolecole devono essere stabilizzati da un sistema chelante in un
complesso di coordinazione.
Nell‟ultimo decennio è stata sviluppata un‟ampia gamma di tecniche per la marcatura di
biomolecole con radiometalli, ma la metodica più ampiamente studiata e impiegata consiste
nell‟approccio del chelante bifunzionale (Bifunctional Chelating Agent, BFCA). Il chelante
bifunzionale presenta da un lato un set coordinativo in grado di stabilizzare il metallo, dall‟altro un
gruppo funzionale per l‟ancoraggio covalente della biomolecola, che può essere diretto oppure
mediato da uno spaziatore (linker), a dare il derivato BFCA(-linker)-BM. La scelta accurata del
BFCA è uno degli aspetti fondamentali nella progettazione di radiofarmaci target-specifici.
BM
Un BFCA ideale dovrebbe garantire la formazione di un complesso con alta resa e a concentrazioni
molto basse del coniugato BFCA-BM. Tale complesso non dovrebbe sottostare a reazioni di
ossidoriduzione, dovrebbe essere termodinamicamente stabile e cineticamente inerte e presentare un
basso numero di isomeri, in quanto tutte questi parametri possono influenzare notevolmente le
caratteristiche biologiche e farmacocinetiche del coniugato BFCA-BM. Infine, l‟attacco del BFCA
alla biomolecola dovrebbe essere facilmente realizzabile.
La selezione del BFCA dipende dal tipo di radiometallo e dal suo stato di ossidazione. Il core
[M=O]3+ viene largamente impiegato per la marcatura di biomolecole con 99mTc- e 186/188Re e negli
ultimi 15 anni sono stati sintetizzati e valutati molti chelanti bifunzionali, la maggior parte dei quali
possiede un set coordinativo di tipo NxS(4-x). Questi chelanti, sebbene abbiano trovato applicazione,
soffrono di alcune limitazioni quali l‟elevata lipofilia, una scarsa flessibilità strutturale, più forme
isomeriche spesso difficili da separare e limitata stabilità in vivo. Inoltre la loro marcatura richiede
spesso condizioni drastiche. Lo sviluppo di BFCA più efficienti resta quindi uno degli interessi
principali nell‟ambito della medicina nucleare.
Nel 2007 l‟Unità del CIRCMSB di Padova non ha sviluppato chelanti bifunzionali nuovi ma ha
utilizzato il miglior chelante testato per il tecnezio ed il renio negli anni precedenti ovvero il
chelante di natura peptidica N-[N-(3-difenilfosfinopropionil)glicil]-S-benzil-L-cisteina, contenente il
set coordinativo PN2S per consentire la marcatura di biomolecole, in particolare peptidi quali l‟UBI39-41 o derivati dell‟octreotide.
65
L‟Ubiquicidina (UBI) 29-41 è un frammento peptidico antimicrobico cationico umano ed è stato
ampiamente dimostrato legarsi preferibilmente con le membrane anioniche cellulari microbiche in
corrispondenza dei siti d‟infezione. Questo frammento peptidico è stato marcato direttamente con
99m
Tc ed ha dimostrato selettività per i batteri, ma non nel caso di processi infiammatori sterili, in
esperimenti con animali ed ha dimostrato di essere utile nella pratica clinica per la valutazione
dell‟efficacia di una terapia antibiotica. Studi preclinici di 99mTc-UBI29–41 in modelli animali con
infiammazione ed infiammazione in corso hanno dimostrato l‟assenza di effetti collaterali. Studi di
biodistribuzione nell‟uomo hanno evidenziato che il composto 99mTc-UBI29–41 presenta una rapida e
prevalente escrezione renale e la mancanza di effetti collaterali. Tuttavia la struttura chimica del
radiofarmaco marcato direttamente non è attualmente definita. L‟obiettivo del progetto sviluppato
nell‟Unità di Padova è stato quello di marcare in maniera indiretta l‟UBI29-41 coniugando al peptide
il chelante bifunzionale (PN2S) da solo o attraverso il polietilenglicole (PEG5000). Il complesso è
stato quindi marcato con 99mTc ed è stata valutata l‟influenza del sistema chelante PN2S o PN2SPEG5000 sulla biodistribuzione dell‟UBI29-41 in modelli animali sani come tracciante per immagini
d‟infezioni indotte da Staphlococcus aureus, anche rispetto al 99mTc- UBI29-41 ottenuto attraverso
marcatura diretta.
La purezza radiochimica sia del prodotto 99mTc-PN2S-UBI29-41 che 99mTc-PN2S-PEG5000-UBI29-41,
determinata via RP-HPLC, è risultata pari a 95-98 % ed è anche stata confermata la presenza di un
singolo prodotto. I prodotti hanno dimostrato, dopo incubazione in soluzione salina e in soluzione
di buffer fosfato, di essere stabile fino a 6 h e di avere purezza radiochimica maggiore del 90-95 %.
Studi di biodistribuzione di 99mTc-PN2S- UBI29-41 come di 99mTc-PN2S-PEG5000-UBI29-41 in animali
con infezione hanno dimostrato che l‟attività nel sito d‟infezione è paragonabile agli studi effettuati
con il 99mTc-UBI29-41.
Studi effettuati in topi con infezione hanno dimostrato una buona clearance epatobiliare e renale ed
anche un accumulo nel sito d‟infezione analogo a quello riscontrato con il 99mTc-UBI29-41. La
marcatura indiretta quindi, così come l‟introduzione dello spaziatore PEG5000 non ha portato
miglioramenti nel rilevamento di siti d‟infezioni, ma non ha neppure influenzato la biospecificità
dell‟ UBI. L‟inconveniente maggiore, che ha prodotto la riduzione dell‟effetto dell‟introduzione del
PEG, è stato dovuto all‟accumulo del 99mTc-PN2S-PEG5000-UBI29-41 nel fegato.
Parte2. Studi di marcatura, biodistribuzione ed efficacia radioterapeutica di
Ialuronico) - Laura Melendez Alafort, Elena Zangoni, Ulderico Mazzi
188
Re-HA (Acido
L'acido ialuronico (HA) è uno dei componenti fondamentali dei tessuti connetivi dell'uomo e degli
altri mammiferi. Chimicamente è definibile come un glicosaminoglicano dalla catena
polisaccaridica non ramificata prodotta dall'aggregazione di migliaia di unità disaccaridiche
formate a loro volta da residui di acido glucuronico (un derivato del glucosio) e Nacetiglucosamina. Entra nella costituzione della sostanza fondamentale del tessuto connettivo della
pelle, il quale contiene il 63% di acqua, il 32% di collagene e l'1% di acido ialuronico. E' contenuto
in concentrazioni elevate nell' umor vitreo, nel cordone ombelicale, nei liquidi delle articolazioni. Si
presenta come una sostanza amorfa, solubile in acqua. Regola il contenuto idrico della sostanza
intracellulare e la permeabilità del tessuto connettivo. Funge da sostanza cementante dei tessuti ai
quali conferisce la tipica plasticità. E' contenuto nel collagene, nel quale ha la funzione di catturare e
trattenere l' acqua. Per costruire il collagene le cellule impiegano molta vitamina C. Ha proprietà
antinfiammatorie. Oltre che idratare la pelle possiede anche la proprietà di cicatrizzare le ferite. Nel
derma ha un' azione plastica e permette una migliore diffusione delle sostanze.
Inoltre l'acido ialuronico lega con dei recettori cellulari denominati CD44, ben conosciuti dagli
studiosi del sistema immunitario per la loro presenza nella pelle, tra l'altro sulla superficie delle
cellule cheratiniche, inclusi i follicoli piliferi. I CD44 sono anche sovraespressi in diversi tipi di
tumore e ciò ha sviluppato l‟impiego dell‟HA quale veicolante chemioterapici per tali tipi di tumore.
Sulla base delle proprietà dell‟HA sopra descritte sono stati eseguiti nell‟Unità di Ricerca di Padova
del CIRCMSB diversi studi di marcatura con Tc-99m su acido ialuronico sostituito con acido
66
Weight (g)
butirrico, o con tassolo per determinare la loro distribuzione in vivo, e definire le capacità dell‟HA
di veicolare questi chemioterapici sul tumore.
E‟ stato inoltre definito un metodo di marcatura con Tc-99m dell‟acido ialuronico (HA) semplice e
con alta resa che è risultato adatto per studi radioterapeutici nei topi.
Nel 2007 il metodo di marcatura con Tc-99m dell‟HA è stato trasferito al Re-188, con lo scopo di
utilizzare le proprietà veicolanti dell‟HA per trasportare il radionuclide Re-188 sul tumore affinché
esplichi la sua azione radioterapica.
Riportiamo qui i dati preliminari sull‟efficacia delle radiazioni del Renio-188 sulle cellule del
carcinoma epatocellulare (HCC) nel topo. Trattamenti di tale tipo di tumore sono stati già riportati
in letteratura utilizzando il 131I-lipiodol con prolungati aumenti di sopravvivenza. Si può pensare che
il 188Re, per le sue migliori proprietà fisiche e chimiche quali la più alta energia delle emissioni beta,
la più breve emivita e la concomitante emissione di una componente gamma di energia paragonabile
a quella del Tc-99m, che consente di eseguire l‟imaging durante il trattamento terapeutico, sia più
promettente per il trattamento di questo tipo di tumore.
D‟altra parte, studi di biodistribuzione in topi sani dell‟analogo 99mTc-HA hanno mostrato che 25
minuti dopo la somministrazione intravenosa, più dell‟80% del radiofarmaco si trova nel fegato e
nella milza in seguito al binding selettivo dell‟HA su recettori specifici.
Basandoci su tali indicazioni, cellule di carcinoma epatocellulare sono statte indotte nel fegato del
topo e trattati con HA marcato direttamente con 188Re.
L‟acido ialuronico ( 70 kDalton) è stato marcato semplicemente aggiungendo 100 l of 188Reperrenato con attività pari a 20 Mbq ad una fiala contenente HA ed una soluzione di SnCl2
aggiustando il pH al valore di 4.
La biodistribuzione di 188Re-HA è stata studiata in femmine sane di topi neri C57BL/6 trattati con
50 L (3 MBq) di marcato purificato con iniezione nella vena caudale.
Trenta minuti dopo l‟iniezione le dosi accumulate nel fegato e nella milza hanno raggiunto il valore
massimo e rimangono poi costanti per più di 72 h senza clearance renale.
Per verificare l‟efficacia terapeutica del 188Re-HA sulle metastasi de fegato, i topi C57BL/6 sono
stati iniettati i.v. con cellule tumorali M5076, un fibrosarcoma che metastatizza specificatamente
nel fegato, e trattati 7 giorni più tardi con 9.2, 7.4, 4.5, e 2.2 MBq di 188Re-HA. Due settimane più
tardi i topi sono stati sacrificati per valutare
5
l‟impatto terapeutico. Mentre I fegati dei topi
spleen weight
non trattati mostravano un grande aumento di
liver weight
4
peso (Fig. 1) ed esibivano una massiva
infiltrazione neoplastica (Fig. 2) gli organi degli
animali trattati erano macroscopicamente
3
normali. Pochi foci metastatici erano visibili
*
solo nei topi che avevano ricevuto minor
2
*
attività.Risultati simili sono stati anche ottenuti
in un modello di topo xenogenico con metastasi
1
a livello del fegato di coloncarcinoma umano
impiegando cellule tumorali HT-29impiantate
*
0
in topi SCID. Degno di nota è anche che il
Positive Control
60 µCi
120 µCi
trattamento con 188Re-HA ha portato ad un
aumento della sopravvivenza di questo modello Fig. 1. La figura mostra il peso (medio ± SD) della milza e del
di topi. Inoltre l‟approccio radioteraputico con fegato di topi con metastasi di tumore M5076 e trattate con 120
188
Ci o 60 Ci di 188Re-HA.
Re-HA è stato ben tollerato ed associato con
una leggera tossicità nel fegato e a livello di
midollo osseo. Ora si stanno verificando le potenzialità terapeutiche usando somministrazioni
multiple di basse dosi di attività di radiofarmaco per determinare l‟effetto curativo a tempi lunghi,
per poi definire tutte le condizioni sperimentali per il potenziale a livello clinico.
Si può concludere dicendo che questi studi di biodistribuzione hanno dimostrato che il
complesso188Re-HA è più stabile rispetto al Re-188-HDD/lipiodol che è tuttora sotto
sperimentazione clinica.
67
Inoltre, al contrario del Re-188-HDD/lipiodol, che deve essere somministrato via intra-arteria, il
188
Re-Ha può essere somministrato per semplice iniezione intravenosa ed è rapidamente concentrato
nel fegato e nella milza, senza eliminazione, riducendo così il rischio di danno agli atri organi. Il
trattamento delle metastasi al fegato nei topi ha rivelato che il coniugato mostra un forte effetto
terapeutico anche in presenza di bassa attività. E‟ inoltre importante notare che le attività qui usate
sono simili a quelle già in uso nei trial clinici. Infine l‟efficacia terapeutica del trattamento è anche
confermata in un modello di topo xenogenico con metastasi al fegato di coloncarcinoma umano
usando cellule tumorali HT-29 impiantate in topi SCID, e non associate con rilevante tossicità al
fegato ed al midollo spinale.
A
B
C
Fig. 2. La figura mostra le foto della milza e del fegato espiantate da topi iniettati con cellule tumorali
M5076 al giorno 0 e trattate al giorno +7 con soluzione fisiologica (A), 60 Ci (B) o 120 Ci (C) di
188Re-HA. Gli animali furono sacrificati al 21° giorno dall‟iniezione del tumore.
Pertanto l‟188Re-HA sembra essere un promettente agente terapeutico per curare tumori al fegato
primari o metastatici.
Nuovi Farmaci inorganici in oncologia
Parte 1. Design, sintesi e caratterizzazione chimica e biologica in vitro ed in vivo di complessi
di metalli di transizione come innovativi agenti antitumorali. - Dolores Fregona, Lorena
Giovagnini
L‟attività svolta in questo anno dal nostro gruppo si inserisce nell‟ambito del progetto
“Design, sintesi e caratterizzazione chimica e biologica in vitro ed in vivo di complessi di metalli di
transizione come innovativi agenti antitumorali”. Da diversi anni il nostro gruppo sintetizza e studia
dal punto di vista chimico e biologico nuovi complessi metallici con leganti ditiocarbammici al fine
di ottenere dei composti che abbiano un migliore indice chemioterapico in termini di elevata
68
capacità antineoplastica e ridotta tossicità rispetto ai farmaci attualmente in uso clinico. Oltre alla
continuazione degli studi sui composti di Au(I,III) e Ru(II,III), sono stati sintetizzati nuovi
complessi di Cu(II) e Zn(II) che sono stati caratterizzati e sottoposti a test in vitro.
Complessi ditiocarbammici di Au(III)
I farmaci a base di platino ampiamente impiegati nella terapia di vari tipi di tumori, presentano
numerosi inconvenienti che ne precludono l'utilizzo per lunghi periodi di tempo: sono infatti
altamente neuro- e nefrotossici e inducono pesanti effetti collaterali ed in molti casi, dopo un
iniziale successo terapeutico, causano l'insorgenza di resistenza crociata da parte delle cellule
cancerose. Per ridurre la tossicità di tali farmaci, vengono somministrate sostanze contenenti zolfo o
vengono usate terapie combinate con farmaci a base di platino e glutatione o in generale composti
tiolici. Nella pratica clinica, per inibire la nefrotossicità, vengono usate delle terapie combinate con
farmaci a base di platino e chemioprotettori contenenti gruppi sulfidrilici come i ditiocarbammati;
essi infatti sono in grado di rimuovere selettivamente il platino dai complessi con gli enzimi
attraverso un attacco nucleofilico degli atomi di zolfo chelanti, ristabilendo la struttura di partenza
dell‟enzima stesso e proteggendo così i tessuti sani senza inibire l‟effetto antitumorale del farmaco.
I leganti zolfo donatori sono stati selezionati con l‟obiettivo di ottenere dei composti attivi sulle
linee cellulari tumorali sensibili e resistenti al cis-platino e che presentassero al tempo stesso una
bassa tossicità renale. La grande affinità del platino per i siti solforati di molecole biologicamente
attive, oltre ad indurre nefrotossicità, è anche una delle cause dell‟insorgere della resistenza. In
generale infatti i composti di platino sono in grado di reagire con piccole molecole solforate che
sequestrano il metallo impedendone la reazione con le basi azotate e riducendo il danno indotto nel
DNA. Partendo da tali considerazioni abbiamo sintetizzato in passato complessi di Pt(II) e Pd(II)
con leganti ditiocarbammici e varie ammine con l‟obiettivo di ottenere composti con un aumentato
indice chemioterapico rispetto al cisplatino, in termini di alta citotossicità e bassi effetti collaterali.
Tali complessi misti hanno presentato una significativa citotossicità sia in vitro su numerose linee
cellulari anche cisplatino-resistenti, sia in vivo su diversi tipi di tumori sperimentali del topo. Sono
stati inoltre eseguiti numerosi test biologici per testare la nefrotossicità di tali composti. Il
complesso di tali verifiche sperimentali ci ha permesso di identificare alcuni complessi di Pt(II) e
Pd(II) caratterizzati da una ottima attività antitumorale, talvolta anche molto superiore al
chemioterapico di riferimento, ed una minima se non addirittura inesistente nefrotossicità.
Negli ultimi anni, nel nostro gruppo di ricerca sono stati sintetizzati alcuni nuovi complessi
ditiocarbammici di Au(III), aventi una formula generale del tipo [AuX2(dtc)] (X = Cl, Br; dtc =
legante ditiocarbammico), ideati in modo da riprodurre il più fedelmente possibile le caratteristiche
strutturali principali del cisplatino. Tali composti hanno mostrato una attività in vitro, da una a
quattro volte maggiore del cisplatino, nei confronti di cellule tumorali umane sia sensibili che
resistenti al cisplatino, escludendo l‟insorgenza di resistenza crociata con il chemioterapico di
riferimento. Inoltre, i risultati riguardanti il loro comportamento in condizioni fisiologiche, la
capacità di binding al DNA e le proprietà emolitiche supportano senza dubbio l‟ipotesi di un diverso
meccanismo d‟azione rispetto al cisplatino. Gli studi biologici intesi al chiarimento dei processi
biochimici che stanno alla base dell'elevata attività dei nostri composti di oro, sono stati estesi alla
valutazione del danno mitocondriale e all'inibizione dell'enzima tioredossina redattasi. Tenuto conto
delle ultime scoperte riguardanti le funzioni mitocondriali, i mitocondri costituiscono un campo di
ricerca di sicuro interesse; infatti essi, non solo rappresentano la principale fonte di energia per le
cellule, ma recentemente, è anche stato ipotizzato che ricoprano un ruolo di primaria importanza nel
meccanismo apoptotico. Date le loro proprietà di elevata stabilità in soluzione, riproducibilità di
sintesi e di promettente attività antineoplastica, tali composti sono stati sottoposti anche a studi di
attività antitumorale, tossicità sistemica e nefrotossicità in vivo, portando a dei risultati
estremamente positivi (dati non ancora pubblicati). Durante quest‟anno la ricerca ha seguito tre vie:
1) sintesi di nuovi complessi ditocarbammici di Au(III) con la pirrolidinaditiocarbammato;
2) valutazione su cellule HeLa (provenienti da un carcinoma uterino umano) e 293T (cellule renali
embrionali intrinsecamente resistenti al cisplatino) dell‟attività apoptotica di complessi
ditiocarbammici di Au(III) già sintetizzati ([Au(ESDT)Br2] ed [Au(DMDT)Br2]), che, in studi
precedenti, avevano evidenziato risultati estremamente incoraggianti dal punto di vista dell‟attività
antitumorale;
69
3) studio del meccanismo di induzione di morte cellulare dei due complessi sopra citati attraverso la
loro influenza sul funzionamento della caspasi-3 e sulla formazione di ROS (specie radicaliche
attive), coinvolti in diverse fasi del meccanismo di morte cellulare e nelle alterazioni di alcune
proteine mitocondriali. Valutazione dell‟inibizione del Proteasoma correlata con l‟attività
antineoplastica in vivo.
Risultati:
1) I nuovi complessi sintetizzati con il legante pirrolidinaditiocarbammato sono stati
caratterizzati mediante spettroscopia NMR mono- e bidimensionale, FT-IR, analisi
termogravimetrica ed elementare. La scelta di tale legante si è basata su dati di letteratura che ne
riportano le proprietà antiossidanti, antivirali ed antinfiammatorie, e, in aggiunta, la capacità di
indurre o inibire il processo apoptotico in diverse linee cellulari tumorali.
La valutazione delle proprietà citotossiche in vitro e gli studi riguardanti l‟inibizione del
proteasoma, sono tuttora in corso presso il Dipartimento di Patologia del Barbara Ann Karmanos
Cancer Institute, Wayne State University di Detroit con il quale è attiva da anni una collaborazione
scientifica.
Il proteasoma è un grosso complesso macromolecolare adibito alla degradazione di molte
proteine mal costruite o non più utili al metabolismo cellulare, la cui azione è strettamente legata ai
meccanismi di apoptosi della cellula. In particolare la sua inibizione porta alla morte delle cellule
tumorali, risparmiando quelle sane, in molti tipi di colture cellulari, ed ha anche un effetto sulle
cellule tumorali umane resistenti a diversi farmaci.
2)-3) L‟attività apoptotica relativa ai complessi [Au(ESDT)Br2] ed [Au(DMDT)Br2] è stata
testata in base all‟attivazione delle caspasi-3, una classe di cistein-proteasi che, con meccanismo a
cascata, vengono attivate in numerosi modelli di apoptosi. Tale misura è stata rilevata attraverso la
percentuale di clivaggio del PARP (poli-ADP-ribosio-polimerasi) che viene operato dalle caspasi-3
attivate. I risultati valutati sulle linee cellulari tumorali umane HeLa e 293T, testando il cisplatino in
parallelo come riferimento, hanno evidenziato come i due complessi di oro inducano la morte
cellulare in entrambe le linee testate mentre il farmaco di riferimento risulta essere attivo solo sulle
cellule HeLa. Sulla base della valutazione della percentuale di clivaggio del PARP si è visto come
per i complessi di oro non si è registrata una corrispondenza diretta tra la morte cellulare e la
percentuale di clivaggio, su entrambe le linee cellulari. L‟attivazione della caspasi-3 pertanto, non
sembra essere l‟unico meccanismo che porta alla morte cellulare, ma tali composti di oro devono
esercitare la loro capacità citotossica attraverso un qualche meccanismo alternativo. Tale via di
morte cellulare è stata valutata attraverso la formazione di ROS utilizzando un test che prevede
l‟utilizzo della diidrorodamina (HDR), fluorocromo potenziale dipendente, che penetra nel
mitocondrio ed in presenza di radicali si ossida a rodamina divenendo così fluorescente e rilevabile
attraverso l‟uso del citofluorimetro. Nel caso del cisplatino, misure citofluorimetriche non hanno
evidenziato la formazione di ROS, mentre per quanto riguarda i due complessi di oro testati la
formazione di specie radicaliche è stata evidenziata dalla fluorescenza verde a livello mitocondriale
(collaborazione con l‟Istituto Oncologico Veneto). Si è svolto inoltre, uno studio sull‟interazione
con proteine mitocondriali e citosoliche e sul loro effetto sul potenziale di membrana, mettendo in
evidenza una notevole inibizione della tioredoxina reduttasi accompagnata da uno swelling della
membrana mitocondriale (Chemistry & Biology ) Tali studi sono stati eseguiti in collaborazione con
il Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova e con l‟Istituto di Neuroscienze,
Sezione di Biomembrane del CNR di Padova.
Per quanto riguarda lo studio dell‟inibizione del proteasoma esercitata dai complessi
[Au(ESDT)Br2], [Au(DMDT)Br2], [Au(ESDT)Cl2] ed [Au(DMDT)Cl2], eseguita su estratti cellulari
di tumore mammario, è stato evidenziato come tali derivati di oro siano in grado di inibirne l‟attività
già a concentrazioni nell‟ordine di 10 M.. Inoltre per il complesso [Au(DMDT)Br2] è stato
identificato il proteasoma come target primario sia in vitro che in vivo ed è stata riscontrata una
capacità di inibizione della crescita tumorale di circa il 50%., su tumori xerografici, (tumori umani
trapiantati su topi immunodepressi) dopo trattamento per 29 giorni con il composto in esame
70
Inoltre, gli studi condotti su leucemie mieloidi acute, in collaborazione con il Centro di
Riferimento Oncologico di Aviano, hanno messo in evidenza come i nostri composti inducano solo
modeste perturbazioni del ciclo cellulare a sostegno dell‟ipotesi che il meccanismo d‟azione sia
diverso da quello presentato dai classici complessi di Pt(II).
Complessi ditiocarbammici di Cu(II) e Zn(II)
La sintesi dei nuovi complessi di rame è stata eseguita seguendo recenti studi che hanno
dimostrato che, tra i metalli di transizione, soltanto il rame è concausa nel processo di angiogenesi
durante la crescita tumorale. L‟angiogenesi è un fenomeno da cui dipende l‟accrescimento e la
metastatizzazione dei tumori. È noto infatti che i tumori sviluppandosi consumano molto ossigeno e
producono nuovi vasi sanguigni (neovascolarizzazioni) che tuttavia non sono in grado di soddisfare
la continua richiesta di ossigeno da parte delle cellule tumorali in crescita portando ad un‟ipossia
cellulare. Alti livelli di rame sono stati trovati in molti tipi di tumore umano come quello alla
prostata e al colon; inoltre sembra sia richiesta una quantità specifica e localizzata di rame affinché
l‟angiogenesi possa avvenire. È stato anche dimostrato che profarmaci a base organica, utilizzati nel
trattamento della malattia di Wilson (malattia ereditaria caratterizzata da un eccessivo accumulo di
rame in diversi organi) hanno un effetto anti-angiogenico su modelli di tumore murino. È stato poi
scoperto che l‟efficacia di questi farmaci non è dovuta solo al loro potere di rimuovere il rame, ma
anche alle proprietà citotossiche dei complessi di coordinazione che si formano tra essi e il rame
stesso. Alcuni di questi complessi infatti hanno una notevole capacità di inibire l‟azione del
proteasoma.
Sulla base di queste considerazioni sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi complessi
ditiocarbammici di Cu(II) e di Zn(II) (per comparazione) scegliendo come donatori allo zolfo gli
stessi leganti precedentemente utilizzati per i complessi di oro .
Oltre alla caratterizzazione tramite spettroscopia NMR mono e bidimensionale, FT-IR,
analisi elementare e termogravimetria, sono stati eseguiti i seguenti studi: 1) valutazione delle
proprietà elettrochimiche dei complessi in CH2Cl2; 2) studi preliminari di citotossicità in vitro su
linee cellulari tumorali umane; 3) valutazione dei loro effetti sul ciclo cellulare.(dati non ancora
pubblicati); 4)studio della loro stabilità in ambiente fisiologico con spettroscopia UV-Vis e delle
loro interazioni con biomolecole con NMR e CD.
Risultati:
1) Le indagini elettrochimiche eseguite sui complessi di Cu(II) hanno evidenziato sia
l’ossidazione a Cu(III) che la riduzione a Cu(I) del centro metallico originario; tali processi
decorrono in un range di potenziale probabilmente accessibile da parte di componenti cellulari.
2) Gli studi di citotossicità in vitro (MTT test) eseguiti preliminarmente sulle due linee
cellulari tumorali umane sensibili al cisplatino 2008 (carcinoma ovarico) e A431 (carcinoma della
cervice uterina), e sulle corrispondenti linee cellulari rese resistenti, hanno evidenziato valori di IC50
(concentrazione di sostanza necessaria ad indurre il 50% di inibizione della crescita cellulare)
comparabili se non nettamente superiori a quelli del cisplatino.
3) Il ciclo cellulare è costituito da una serie di eventi successivi che coinvolgono diverse
molecole e che comprendono diversi meccanismi rigorosamente regolati a livello cellulare. Difetti
nella regolazione delle varie fasi del ciclo inducono la formazione di cellule tumorali; pertanto
riuscire a determinare con esattezza i meccanismi e le molecole coinvolte è di vitale importanza
nell‟ambito dell‟oncologia. La valutazione dell‟effetto dei complessi di Cu(II) sul ciclo cellulare, è
stata effettuata attraverso l‟uso del citofluorimetro. I risultati ottenuti hanno dimostrato che i
complessi ditiocarbammici di Cu(II) sono in grado di alterare il ciclo cellulare, manifestando effetti
diversi nelle varie fasi del ciclo, con evidente induzione di apoptosi su tutte le linee cellulari
tumorali testate.
4) Gli studi di stabilità in soluzione hanno portato a concludere che i composti considerati
reagiscono lentamente in soluzione di DMSO/PBS mostrando delle deboli interazioni con il
solvente che, nel tempo, portano a piccole variazioni nella sfera di coordinazione del complesso
stesso.
71
Parte 2. Sintesi e caratterizzazione chimica e biologica di complessi di metalli di transizione
agenti antitumorali - Cristina Marzano, Valentina Gandin, Frazia Bettio
I derivati di oro sono attualmente impiegati nel trattamento di alcune forme di artrite reumatoide e di
asma bronchiale, ma da tempo notevole interesse è rivolto allo studio delle proprietà antitumorali, in
particolar modo dei complessi di oro(I).
Studi condotti in precedenza dimostrano, infatti, che tra questi i più promettenti, in termini di
potenziale attività antiproliferativa, risultano i fosfinotiolati di oro(I), aventi struttura generale
[Au(SR‟)(PR3)], ed in particolare interessanti sono i risultati ottenuti con Auranofin (S-trietilfosfina
oro(I)-2,3,4,6-tetracetil-1-tio-β-D-glucopiranoside), dimostratosi efficace nell‟inibire sia in vitro che
in vivo la proliferazione cellulare neoplastica.
Nel corso delgli ultimi anni, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Dr. A. Bindoli del
Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova, abbiamo indagato il meccanismo
dell‟azione antiproliferativa promossa da Auranofin nei confronti di una coppia di linee cellulari di
adenocarcinoma ovarico umano sensibile (cellule 2008) e resistente al cis-platino (cellule C13*).
Auranofin, già a concentrazioni nanomolari, si è dimostrato, in entrambe le linee testate,
particolarmente efficace nel ridurre la proliferazione cellulare e, quindi, in grado di superare la
resistenza mediata dal cis-platino.
Studi di determinazione del rilascio dal compartimento mitocondriale al citosol del citocromo c,
noto fattore proapoptotico cellulare, e di valutazione del grado di frammentazione del DNA nucleare
suggeriscono, inoltre, che esso sia in grado di indurre morte cellulare per apoptosi.
L‟attivazione della via apoptotica di morte cellulare è stata valutata anche mediante analisi di
citofluorimetria a flusso. I risultati evidenziano come il trattamento con Auranofin induca un netto
incremento della fase sub-G1 del ciclo cellulare in maniera tempo e dose dipendente e come tale
caratteristico picco ipodiploide, indice della presenza di cellule apoptotiche nella popolazione in
analisi, risulti maggiormente consistente nella linea cellulare resistente.
Mediante l‟impiego della sonda fluorescente CM-H2DCFDA abbiamo inoltre evidenziato che il
trattamento con Auranofin induce un netto incremento nella produzione basale di H2O2,
sottolineando, in tal modo, come la sua attività citotossica sia da correlarsi ad una alterazione
dell‟omeostasi ossidoreduttiva cellulare.
La massiccia induzione di apoptosi e l‟enorme incremento dello stress ossidativo cellulare
riscontrati nei nostri studi sono da considerarsi, però, come il risultato ultimo dell‟inibizione da
parte di Auranofin di uno tra i più importanti sistemi tiolici enzimatici responsabili dell‟equilibrio
ossidoreduttivo cellulare, la Tioredossina Reduttasi (TrxR).
Come recentemente è stato osservato, infatti, a differenza dei composti di platino che, come
risaputo, agiscono principalmente a livello del DNA, Auranofin agisce a concentrazioni nanomolari
come inibitore specifico ed irreversibile della tioredossina reduttasi.
La TrxR è un enzima flavoproteico contenente selenio che appartiene alla famiglia delle piridin
nucleotide disolfuro ossidoreduttasi. A livello del carbossile terminale della proteina, infatti, è
presente un‟estensione il cui penultimo aminoacido è una selenocisteina. Proprio tale residuo
sembra essere il sito di reazione preferenziale dell‟Au(I,III). Questo enzima esistente in diverse
isoforme, tra cui quella mitocondriale e quella citosolica, attraverso il sistema tioredossina
reduttasi/tioredossina/tioredossina perossidasi svolge un ruolo di fondamentale importanza in eventi
come il cell-signaling, l‟apoptosi e la proliferazione cellulare, nella regolazione redox cellulare
mediata dai tioli e partecipa tramite la tioredossina perossidasi alla detossificazione cellulare dagli
idroperossidi, proteggendo la cellula dallo stress ossidativo.
Tale sistema enzimatico è stato dimostrato essere sovraespresso in numerosi tipi di cellule tumorali,
anche se la relazione esistente tra espressione di tioredossina reduttasi e sviluppo di cancro non è
ancora ben compreso. Abbiamo, perciò, verificato se il sistema tioredossinico e quello della
glutatione reduttasi, altro sistema fondamentale per il mantenimento dell‟equilibrio redox cellulare,
fossero sovraespressi nella coppia di linee cellulari considerate.
I nostri risultati dimostrano chiaramente che l‟attività della tioredossina reduttasi, risulta
marcatamente aumentata in entrambe le linee cellulari ed in particolar modo nel fenotipo resistente e
72
come Auranofin si dimostri estremamente selettivo nell‟inibire solamente la TrxR. Inoltre, seppur in
modo meno marcato, anche la glutatione reduttasi (GR) risulta sensibilmente incrementata nella
variante resistente al cis-platino, al contrario della glutatione perossidasi (Gpx) rivelatasi pressoché
eguale in entrambe le linee cellulari. Ambedue questi enzimi fondamentali per l‟equilibrio
ossidoreduttivo cellulare, però, non vengono inibiti da Auranofin.
Allo stesso modo, risultati preliminari riguardanti l‟espressione proteica cellulare, ottenuti mediante
analisi proteomica bidimensionale in fase fluida e successiva analisi ESI-MS/MS e bioinformatica
condotti in collaborazione con la Dott.ssa A. Roveri del Dipartimento di Chimica Biologica
dell‟Università di Padova e la M.P. Dott.ssa Vitale del Centro regionale indicatori biochimici di
tumore di Venezia, confermano che numerose proteine facenti capo al sistema enzimatico della
TrxR risultano marcatamente sovraespresse nelle cellule resistenti al cis-platino.
Poichè è risaputo che in elevate concentrazioni il selenio promuove la frammentazione del DNA e
l‟attivazione della via apoptotica di morte cellulare, mentre a basse dosi è un elemento essenziale
capace di indurre l‟espressione delle selenoproteine, recentemente abbiamo valutato l‟attività
citotossica indotta da Auranofin in seguito ad un pretrattamento delle cellule con dosi sub-letali di
sodio selenito.
I risultati ottenuti evidenziano come la riduzione della vitalità cellulare promossa nel fenotipo
sensibile al cis-platino risulti pressoché eguale sia per il solo trattamento con Auranofin che per la
combinazione tra sodio selenito ed Auranofin. Al contrario, nella variante resistente al cis-platino il
suo potere citotossico è notevolmente aumentato dal co-trattamento con sodio selenito.
Inoltre, studi biochimici per la valutazione dell‟attività tioredossinica nelle due linee cellulari
evidenziano come il trattamento con sodio selenito induca un notevole e selettivo incremento
dell‟attività TrxrR (sia citosolica che mitocondriale) e come tale attività venga drasticamente ridotta
in seguito a co-trattamento con Auranofin. Poiché alle stesse concentrazioni di utilizzo il selenito
non incrementa nelle linee cellulari testate un altro importante selenoenzima coinvolto nel
mantenimento dell‟equilibrio ossidoreduttivo cellulare come la GPX (Glutatione Perossidasi), o altri
enzimi indispensabili per mantenimento del bilancio redox cellulare come la GR (Glutatione
Reduttasi), il sistema della TrxR è da ritenersi fondamentale nella protezione cellulare dallo stress
ossidativo, soprattutto nella linea cellulare resistente al cis-platino.
Poichè questi risultati supportano l‟ipotesi che la sovraespressione di tale sistema enzimatico sia
implicata nel meccanismo di sviluppo di resistenza al cis-platino stesso e poichè tale
sovrespressione sembra comune a molti altri tipi di cellule resistenti, la TrxR costituisce un
promettente target per lo sviluppo di nuovi ed alternativi farmaci antitumorali.
Sempre nell‟ambito della ricerca di nuovi complessi contenenti metalli diversi dal platino, che
possiedano un‟attività antitumorale paragonabile al cis-platino accompagnata però da una minore
tendenza allo sviluppo di farmacoresistenza e di effetti indesiderati, il nostro gruppo di ricerca, in
collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. Carlo Santini dell‟Università di Camerino, si è
indirizzato verso lo sviluppo e l‟analisi delle proprietà biologiche di nuovi complessi fosfinici
idrosolubili di Cu(I).
Il crescente interesse per tali tipi di complessi scaturisce dal fatto che il rame è, a differenza di altri
metalli impiegati nella progettazione di agenti antiproliferativi metal-based, un elemento essenziale
per gli esseri viventi in quanto fa parte di numerose attività enzimatiche che catalizzano reazioni
ossidoriduttive. E‟ stato anche notato come vari complessi di rame presentino attività biologiche
interessanti poiché, a seconda dei leganti utilizzati, possono essere in grado di catalizzare la
formazione di radicali oppure, viceversa, avere attività antiossidante.
Precedenti studi in vitro hanno dimostrato come complessi difosfinici di Cu(I) contenenti leganti
fenil-sostituiti (dppe, dppp e dppey) posseggano un ampio spettro di attività antitumorale e
presentino un meccanismo d‟azione diverso da quello tipico del cis-platino, agendo principalmente
come disaccoppianti della fosforilazione ossidativa nei mitocondri. A fronte di questa elevata
attività antiproliferativa però, i complessi con i leganti dppe e dppp, a causa della presenza di diversi
gruppi fenilici legati all‟atomo di P donatore, dimostrano possedere una pesante nefrotossicità e
tossicità cardiovascolare in modelli animali, così da precludere i test clinici in pazienti umani.
73
Nel tentativo di superare questo svantaggio, pur mantenendo la stabilità del complesso attraverso i
legami Cu-P, sono stati sintetizzati complessi CuP4 parzialmente sostituiti nella sfera di
coordinazione con leganti più idrofilici quali il legante diidrobis(3-nitro-1,2,4-triazolil)borato
[H2B(tzNO2)2] e fosfine terziarie mono- e bidentate. Questi complessi di Cu(I) hanno dimostrato
possedere una buona attività citotossica nei confronti di un vasto pannello di linee cellulari tumorali
umane. La successiva sostituzione di questi leganti con tris(idrossimetil)fosfine idrofiliche ha poi
consentito l‟ottenimento di specie solubili in acqua con migliori proprietà citotossiche.
Le indagini preliminari, condotte in vitro, hanno infatti consentito di individuare alcuni derivati
dotati di considerevole attività antiproliferativa.
In particolare, il complesso [HC(CO2)(pzMe2)2]Cu[P(CH2OH)3]2, oltre a mostrare una buona attività
citotossica nei confronti di un vasto pannello di linee cellulari tumorali umane, si è dimostrato in
grado di superare il fenomeno della resistenza al cis-platino poiché presenta un‟attività antitumorale
in vitro significativamente più elevata rispetto al chemioterapico di riferimento anche su linee
cellulari opportunamente selezionate per la loro resistenza
Successivamente, tenendo conto dell‟ideale solubilità in acqua e della stabilità verso la
disproporzione mostrata dai complessi misti di Cu(I) contenenti leganti tris(idrossimetil)fosfinici,
sono stati sintetizzati e studiati due nuovi complessi di Cu(I) interamente idrossimetilfosfinici del
tipo CuP4: {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 e {Cu[(HOCH2)2PCH2CH2P(CH2OH)2]2}PF6.
HO
HO
OH
P
P
OH
OH
HO
Cu
HO
OH
OH
OH
HO
HO
P
P
HO
OH
P
HO
OH
(1)
P
P
Cu
OH
HO
HO
P
OH
(2)
Fig. 1 Complessi di Cu(I): 1 {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 , 2 {Cu[(HOCH2)2PCH2CH2P(CH2OH)2]2}PF6.
Nell‟ambito degli studi condotti, l‟attenzione è stata rivolta in particolare al complesso di rame(I)
contenente quattro leganti tris(idrossimetil)fosfinici. Studi preliminari di attività biologica condotti
su un vasto pannello di linee cellulari tumorali mediante MTT test hanno evidenziato, infatti, come
esso sia significativamente più attivo rispetto al farmaco di riferimento nell‟inibire la proliferazione
cellulare anche nei confronti di particolari coppie di linee cellulari tumorali selezionate per la loro
resistenza sia al cis-platino che di tipo MDR. L‟apparente inattività, al contrario, del complesso 2
può essere imputata alla presenza dei due leganti bis-idrossimetilfosfinici uniti da un ponte etilenico,
che, come confermato mediante studi NMR, conferiscono eccessiva stabilità alla molecola
precludendo, quindi, qualunque interazione con i vari target cellulari.
Al fine di ottenere informazioni circa una eventuale specificità d‟azione del complesso di rame(I), si
è andati a valutare la vitalità cellulare con altri test colorimetrici che permettono di rilevare
l‟integrità o la funzionalità di diversi organelli subcellulari.
Sono stati condotti i test della Solforodamina B, che valuta il contenuto proteico totale, e del Neutral
Red, che valuta la funzionalità degli organelli cellulari ad ambiente interno acido, quali i lisosomi e
l‟apparato del Golgi e del Trypan blue che valuta l‟integrità di memebrana e i relativi valori di IC50
sono stati confrontati con quelli ottenuti mediante il test dell‟MTT, che, come è noto, valuta la
funzione mitocondriale.
Il confronto tra i differenti test colorimetrici evidenzia come la citotossicità sia dovuta ad un danno
precoce al lisosoma, il quale porta poi all‟interno dell‟ambiente cellulare una serie di perturbazioni
cui consegue la morte cellulare.
Data l‟importanza biologica del rame come cofattore in molti enzimi e le sue caratteristiche di
metallo coinvolto nei cicli redox, i processi chimici che conducono alla sua attività/tossicità sono
74
stati solitamente associati alla generazione di specie reattive dell‟ossigeno (ROS) o alla alterazione
dello stato ossidativo cellulare. Alla luce di queste considerazioni, il test dell‟MTT è stato ripetuto
in presenza di scavenger dei ROS e di modulatori di attività enzimatiche coinvolte nell‟inattivazione
delle specie reattive dell‟ossigeno quali il sodio selenito (Na2SeO3), il mannitolo, il 1,4diazobiciclo[2.2.2]ottano (DABCO), il tocoferolo e l‟acido ascorbico. I risultati ottenuti dimostrano
come l‟aggiunta al terreno di agenti in grado di neutralizzare gli effetti indotti da specie radicaliche
o di modulatori di enzimi responsabili dell‟inattivazione dei ROS porti ad una riduzione delle
proprietà citotossiche del complesso {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6, lasciando presagire che alla base del
suo meccanismo d‟azione vi sia proprio un‟induzione della produzione di ROS all‟interno della
cellula. Si è voluto quindi valutare il coinvolgimento di fenomeni di tipo ossidativo nel meccanismo
d‟azione ed in particolare la produzione di ROS attraverso l‟impiego delle sonde fluorescenti
H2DCFDA (2',7'-dichlorodihydrofluorescein diacetate) e DHR (dihydrorhodamine 123).E‟ apparso
evidente, però, che non vi sono significative modificazioni nella produzione basale di ROS nelle
cellule trattate con il complesso 1.
Probabilmente questo risultato andrà riconfermato attraverso l‟impiego di altre metodiche per la
valutazione della produzione di ROS, poiché la presenza di fosfine libere che possono essere
parzialmente rilasciate dal complesso, potrebbero interferire con la determinazione da noi operata
mediante sonde fluorimetriche.
Studi di citometria a flusso svolti al fine di valutare un eventuale effetto promosso dal complesso in
esame sulla distribuzione della popolazione cellulare nelle varie fasi del ciclo indicano che esso è in
grado di indurre un elevato decremento tempo-dipendente della popolazione cellulare in fase G1
concomitante ad un incremento della fase G2/M, provocando, in tal modo, un arresto del ciclo
cellulare in fase G2/M. Non vi sono, invece, sostanziali modificazioni della fase sub-G1, il cui
incremento risulta caratteristico nelle cellule in apoptosi.
Poiché i dati di citometria a flusso non permettono di discriminare tra la popolazione cellulare in
fase G2 e quella in mitosi (fase M) per l‟eguale contenuto in DNA che le cellule posseggono in
entrambe, abbiamo calcolato l‟indice mitotico delle cellule trattate con il complesso di Cu(I). I
valori ottenuti attestano che il trattamento con il complesso 1 riduce notevolmente ed in maniera
tempo dipendente il numero di cellule capaci di completare la mitosi, confermando, quindi,
l‟ipostesi di un blocco del ciclo cellulare in fase G2.
Inoltre è possibile osservare come {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 promuova nella popolazione cellulare un
notevole aumento della complessità intracellulare (granulometria) come anche delle dimensioni.
Studi di colorazione ematossilina-eosina confermano quanto verificato dagli studi di citometria,
ovvero come cellule trattate con il complesso 1 presentino una forma nettamente rotondeggiante e
dimensioni decisamente maggiori rispetto alle cellule di controllo, con presenza di una intensa
vacuolizzazione citoplasmatica.
Infine, poiché i mitocondri sono organelli coinvolti in vari pathways molecolari responsabili della
regolazione della risposta cellulare, per meglio caratterizzare la sequenza di eventi coinvolti nel
signaling della morte cellulare innescata col complesso 1, abbiamo verificato se vi fosse altrazione
della funzionalità mitocondriale dopo trattamento con il complesso in esame.
Al tal fine attraverso l‟utilizzo della sonda fluorescente TMRM (tetrametilrodamina metil-estere)
mediante studi di citometria a flusso siamo andati a misurare eventuali variazioni del potenziale
mitocondriale di membrana.
Al contrario di quanto avviene in cellule in apoptosi, in cui si assiste ad una caduta del potenziale
mitocondriale, il trattamento con il complesso di Cu(I) in esame induce una consistente
iperpolarizzazione del potenziale mitocondriale. Tale iperpolarizzazione, inoltre, appare stabile fino
alla fase finale del processo di morte cellulare impedendo, in tal modo, il rilascio di cictocromo c,
come dimostrato da studi preliminari, e la conseguente attivazione della cascata apoptotica.
Simili risultati sono stati ottenuti da altri autori impiegando diversi agenti citotossici in grado di
bloccare il ciclo cellulare in fase G2/M.
I parametri biochimici considerati e le caratteristiche morfologiche delle cellule trattate con il
complesso {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 ci rimandano ad un caratteristico meccanismo di morte cellulare
programmata (PCD) non apoptotico.
75
Un meccanismo di morte cellulare con progressione di eventi analoga a quella riscontrata con il
complessi di rame(I) in esame è stato osservata da Clarke nel 1990 ed è stato definito dallo stesso
autore come para-apoptotico del tipo 3B.
Poiché uno dei principali problemi nella terapia chemioterapia è rappresentato dalla
chemoresistenza, spesso associata ad un incremento di resistenza delle cellule neoplastiche
all‟apoptosi, appare evidente come possa essere estremamente utile approfondire il meccanismo
d‟azione di tali complessi di rame in grado di eludere i meccanismi di difesa delle cellule
neoplastiche e di indurre una forma di morte cellulare programmata alternativa.
Parte 3. Ruolo dei leganti ancillari nella interazione di complessi analoghi al cisplatino con
nucleobasi modello - Bruno Longato Diego Montagner
Negli ultimi 40 anni le interazioni di nucleobasi modello con ioni metallici sono state studiate in
grande dettaglio, in particolare verso centri di platino(II) aventi ammine o diammine quali leganti
ancillari.1 Recenti risultati relativi all‟interazione di nucleobasi (Schema 1) con complessi analoghi al
Cisplatino stabilizzati da fosfine terziarie hanno dimostrato l‟importanza dei leganti ancillari nel
determinare la nuclearità degli addotti metallo-biomolecola e/o il modo di coordinazione della
nucleobase.
NH 2
N(6)H2
(7)
N
(1)N
N
(3)
N(9)
Me
9-MeAd
(3)N
O
O
(7)
N
H(1)N
N(1)
H2N
N
(3)
Me
Me
1-MeCy
N(9)
9-MeGua
Schema 1
Per esempio, i complessi dinucleari cis-[L2Pt( -OH)]2X2 (X- = NO3; L= PMe3, PMe2Ph,
PMePh2 e PPh3) deprotonano la 1-metilcitosina (1-MeCy) formando i complessi trinucleari cis[L2Pt{1-MeCy(-H)N3,N4}]33+, in cui la nucleobase si coordina a ponte tra i centri metallici
attraverso gli atomi N(3) e N(4), quando L = PMe3 e PMe2Ph ma forma esclusivamente una specie
mononucleare quando la fosfina è PPh3 (Figura 1). In questo caso, infatti, la citosina deprotonata
agisce da legante monodentato e il metallo completa la sfera di coordinazione legando una seconda
molecola di nucleobase attraverso N(3).2,3
Figura 1. Struttura del catione cis-[(PMe2Ph)2Pt{1-MeCy(-H)N3,N4}]33+ (sinistra) e del cis[(PPh3)2Pt{1-MeCy (-H)}(1-MeCy)]+ (destra)
76
+
L
H
N
Pt
9-MeAd
DMSO;
CH2Cl2
N
N
L
Analogamente, la deprotonazione della 9-metiladenina forma le
specie polinucleari cis-[L2Pt{9-MeAd(-H)N1,N6}]nn+ (n = 2, L = PMe3 e n
= 3 con L = PMe2Ph e PMePh2)4-6 mentre la fosfina PPh3 stabilizza
esclusivamente la specie mononucleare in cui l‟anione adeninato agisce
da chelante attraverso gli atomi N(6) e N(7), come appare nello Schema
2.6
La fosfina PPh3 gioca un ruolo essenziale anche nella
stabilizzazione di monoaddotti di 1-MeCy e 9-metilguanina (9-MeGu) in
cui le nucleobasi agiscono da leganti neutri monodentati. Risultati
Me
precedentemente acquisiti avevano indicato che il nitrato complesso cisSchema 2
L2Pt(ONO2)2 (L = PMe3) nelle reazioni con un equivalente di queste
nucleobasi formavano miscele di mono- e bis-addotti, cis2+
[L2Pt(nucleobase)] e cis-[L2Pt(nucleobase)2]2+, rispettivamente, in equilibrio con il dinitrato.
Abbiamo ora dimostrato che la presenza dei leganti PPh3 stabilizza sufficientemente i monoaddotti
cis-[L2Pt(nucleobase)]2+ da permettere la loro caratterizzazione come composti puri.7
Il complesso cis-(PPh3)2Pt(ONO2)2, (1a), la cui struttura ai raggi X è riportata in figura 4, per
reazione con 1-MeCy e 9-MeGu, in rapporto molare 1:1, forma gli addotti cis-[(PPh3)2Pt(1MeCy)(ONO2)]NO3 (2a) e cis-[(PPh3)2Pt(9-MeGu)(ONO2)]NO3 (3a), rispettivamente.
N
N
Figura 2. Struttura di cis-(PPh3)2Pt(ONO2)2 (1a)
Le strutture di 2a e 3a, riportate nella figura 3, mostrano la coordinazione della nucleobase citosina
attraverso l‟atomo N3 e della guanina all‟atomo N7.
Figura 3 . Struttura di cis-[(PPh3)2Pt(1-MeCy)(ONO2)]+ (2a)
MeGu)(ONO2)]+ (destra) (3a)
77
(sinistra) e di cis-[(PPh3)2Pt(9-
La lunghezza del legame Pt-N3 (2.101(2) Å) in 2a è leggermente superiore a quella del
legame Pt-N7 in 3a (2.075(5) Å) indicando che l‟azoto dell‟anello a 5 atomi può avvicinarsi
maggiormente al centro metallico di quanto possa fare lo stesso atomo in un anello a 6. In entrambi i
casi, le nucleobasi sono quasi ortogonali (ca 76°) al piano di coordinazione del metallo. Inoltre, uno
dei gruppi fenilici della fosfina è orientato in modo da favorire interazioni intramolecolari di tipo (distanza fra i centroidi di ca 3.5 Å).
Per reazione del complesso 1a con due equivalenti di nucleobase sono stati isolati i bisaddotti cis-[(PPh3)2Pt(1-MeCy)2](NO3)2 (4a) e cis-[(PPh3)2Pt(9-MeGu)2](NO3)2 (5a), dei quali non è
stato possibile ottenere la caratterizzazione mediante raggi X. Tuttavia i corrispondenti derivati
stabilizzati dalla fosfina PMePh2 (4b e 5b) possono essere facilmente preparati dal dinitrato cis(PMePh2)2Pt(ONO2)2, (1b) e le loro strutture sono riportate nella figura 4.
Figura 4 . Struttura dei cationi cis-[(PMePh2)2Pt(1-MeCy)2]2+ (4b) (sinistra) e cis-[(PMePh2)2Pt(9MeGu)2]2+ (5b) (destra)
Le basi, legate attraverso N3 e N7 in 4b e 5b, rispettivamente, sono disposte in una
conformazione testa-coda. In 4b questa stereochimica permette la formazione di legami a idrogeno
intermolecolari tra il gruppo esociclico NH2 e il carbonile della base adiacente. In entrambi i
complessi sono presenti interazioni tipo - intramolecolari tra l‟anello di ogni base e un gruppo
fenile della fosfina.
In soluzione i bis-addotti isolati cis-[L2Pt(nucleobase)2]2+, mostrano equivalenza chimica
delle due nucleobasi e la loro coordinazione al centro metallico determina uno spostamento a campi
alti delle risonanze 31P NMR (rispetto al dinitrato) e una diminuzione dei valori di 1JPPt. Come
esempio, in Figura 5 è riportato lo spettro 31P di una soluzione in DMSO-d6 ottenuta per
dissoluzione di quantità equimolari di cis-(PMePh2)2Pt(NO3)2 e di 1-MeCy (oppure di una miscela
di cis-(PMePh2)2Pt(NO3)2 e cis-[(PMePh2)2Pt(1-MeCy)2](NO3)2, in rapporto molare 1:1).
Figura 5. Parte centrale dello spettro 31P 1H NMR di una miscela di 1b e 4b (rapporto molare 1:1)
in DMSO-d6
78
Dei due doppietti AX (2JPP = 24.3 Hz) a –12.36 (1JPPt = 3934 Hz) e –3.54 (1JPPt = 3453 Hz) tipici
del monoaddotto cis-[(PMePh2)2Pt(1-MeCy)]2+, il primo è attribuibile alla fosfina in trans al legante
nitrato o, più probabilmente, a una molecola di solvente, il secondo alla fosfina trans alla
nucleobase. I singoletti a –6.90 e – 11.13 (1JPPt = 3322 Hz) sono dovuti al dinitrato 1b e al bisaddotto 4b, rispettivamente.
Per entrambe le nucleobasi studiate, i monoaddotti cis-[L2Pt(nucleobase)]2+ con L= PMePh2
sono in equilibrio con concentrazioni relativamente elevate dei bisaddotti cis-[L2Pt(nucleobase)2]2+
(e dinitrati) mentre con PPh3 la stabilità relativa dei monoaddotti è largamente aumentata. Per
esempio nella soluzione di 2a (ca 0.1 M) in DMSO, la concentrazione del bis-addotto 4a in
equilibrio è solo del 4%. E‟ da osservare infine che gli spettri NMR dei monoaddotti 2a e 2b
appaiono dipendere dalla natura del solvente.
79
UNITA’ DI RICERCA DI PALERMO
Direttore Scientifico: Prof. Lorenzo Pellerito
Consuntivo della Unità locale di Palermo per l’anno 2007
L'attività scientifica dell‟unità locale di Palermo, come conseguenza della sua composizione, si è
svolta nell‟ambito di quattro differenti tematiche di ricerca:
1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed
organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in
vitro ed in vivo.
2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi.
3.Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale.
4. Indagini Archeometriche.
1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed
organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in vitro ed
in vivo
Nell'ambito del progetto di ricerca proposto dall'unità di Palermo dal titolo "Nuovi complessi
metallici ed organometallici con potenziale attività antiproliferativa: metodologie integrate di
valutazione", l'attività di ricerca si è sviluppata lungo due diverse linee. La prima, preliminare al
progetto, ha riguardato la sintesi, le indagini configurazionali allo stato solido ed in soluzione,
mentre la seconda linea di ricerca ha riguardato l'attività citotossica di nuovi complessi metallici ed
organometallici nei confronti di organismi modello.
Sono stati sintetizzati e caratterizzati mediante spettroscopia FT-IR e Mössbauer complessi di
diorganostagno(IV) con N-nitroso-N-fenilidrossoamminati (cupf), con formula Et2Sn(cupf)2 ,
Bu2Sn(cupf)2 , {[Bu2Sn(cupf)]2O}2 , t-Bu2Sn(cupf)2 e Oc2Sn(cupf)2. Le indagini FT-IR hanno
permesso di avanzare ipotesi sulla coordinazione del legante che agisce nei confronti delle metà
organostagno da legante chelante o a ponte. Le indagini strutturale condotte con spettroscopia 119Sn
Mössbauer hanno permesso di avanzare l‟ipotesi di strutture ottaedriche trans-O, mentre l‟analisi ai
raggi X del complesso t-Bu2Sn(cupf)2 ha evidenziato una struttura trapezoidale sghemba attorno
all‟atomo di stagno definita dai 4 atomi donatori del legante cupferronato e due atomi di carbonio
dei sostituente t-butilici legati all‟atomo di stagno(IV). Le indagini 119Sn NMR indicano infine che
in soluzione I complessi mantengono la loro natura di complessi esacoordinati.
Sono stati sintetizzati e caratterizzati sia allo stato solido che in soluzione nuovi complessi di
organostagno(IV) con il sale disodico dell‟antibiotico fosfomicina. In particolare complessi di
diorganostagno(IV) e triorganostagno(IV) sono stati sintetizzati e la loro configurazione allo stato
solido indagata mediante cristallografia con raggi X, spettroscopia FT-IR e 119Sn Mössbauer . Le
indagini condotte con diffrattometria e con dinamica reticolare di spettroscopia 119Sn Mössbauer a
temperatura variabile, concernenti la struttura del bis[trimetilstagno(IV)]fosfomicina, hanno
mostrato che il gruppo PO32- della fosfomicina coordina l‟atomo di stagno(IV) in una geometria
trigonale bipiramidale in un insolito reticolo polimerico planare a zig-zag. Analoghi risultati sono
stati ottenuti utilizzando indagini con FT-IR e con 119Sn Mössbauer per la formazione di strutture
molecolari trigonali bipiramidali (Tbp), sia per i
derivati diorganostagno(IV) che
triorganostagno(IV), anche se nel caso dei diorganostagno(IV) derivati la struttura tetraedrica non
può essere esclusa a priori. Sono stati inoltre indagati gli equilibri coinvolti nella coordinazione
delle metà dimetilstagno(IV) e trimetilstagno(IV) da parte dello stesso antibiotico, in soluzione
acquosa, utilizzando metodi potenziometrici ed UV-visibile, a forza ioni 0,1 M per NaClO4 ed alla
temperatura di 25° C. E‟ stata evidenziata la presenza delle specie Me2SnLH+, Me2SnL, Me2SnL22−,
Me2SnLOH− and Me2SnL(OH)22−
(L = fosfomicinato2−) nel sistema dimetilstagno(IV)−
fosfomicinato e delle specie Me3SnL e Me3SnLOH2− nel caso del sistem trimetilstagno(IV)fosfomicinato. Sono state inoltre valutati i diagrammi di speciazione dei vari complessi in funzione
81
del pH determinate le costanti di protonazione del fosfomicinato e le costanti di formazione dei
complessi formatisi utilizzando diversi metodi computazionali. Indagini 119Sn Mössbauer in
soluzione congelata hanno inoltre permesso di avanzare ipotesi strutturali per i diversi complessi in
soluzione acquosa.
Due nuovi complessi di diorganostagno(IV) con l'acido N-acetil-neuraminico, con formula
R2Sn(IV)NANA (R = Me, Bu) sono stati sintetizzati e caratterizzati con spettroscopia 1H, 13C e
119
Sn NMR, sia in soluzione di D2O che DMSO-d6.
I dati sperimentali in DMSO suggeriscono che il monosaccaride si comporti da chelante bidentate
via gli atomi O1 del carbossilato e O2 dell'alcossido vicinale, che, in D2O,può essere esteso in modo
dinamico ad un terzo sito di legame (l'atomo O8) della catena pendente. La coordinazione
sull'atomo di stagno è stata inoltre discussa non solo sulle basi dei dati NMR sperimentali ma anche
sulle basi di calcoli DFT.
Nell‟ambito delle indagini concernenti l‟attività citotossica di derivati metallici ed organometallici
su modelli biologici, particolare attenzione è stata rivolta all‟interferenza di derivati organostagno su
cellule di piante vascolari, in particolare su Allium cepa, Solanun tuberosum and Solanum
melongena, che sono piante vascolari coinvolti in maniera diretta nell‟alimetazione degli essere
umani.
Sono stati investigati gli effetti del TBTCl su metafasi mitotiche, polline, microtubi e cellule
parenchimatiche di tuberi. In particolare è stata determinata la concentrazione del TBTCl all‟interno
delle cellule parenchimatiche trattate con soluzioni di TBTCl, mediante ICP-m. Sono stati inoltre
determinati i contenuti di ossigeno e clorofilla cellulari consequenziali all‟esposizione delle cellule
all‟azione dell‟organostagno. I risultati ottenuti mostrano che TBTCl influenza non solo la
morfologia ma anche la fisiologia delle cellule vegetali poiché, malgrado la bassa concentrazione di
TBTCl utilizzata, le cellule sono state sottoposte a notevole stress. Inoltre l‟aumento della
concentrazione di TBTCl nelle cellule con l‟aumentare del tempo di incubazione, mostra che TBTCl
possiede una elevata capacità di essere bioaccumulato e pertanto di costituire un serio rischio per la
sua capacità di entrare nella catena alimentare.
2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi
L‟attività scientifica svolta nell‟anno 2007 è stata indirizzata allo studio degli equilibri chimici
che si istaurano in sistemi complessi metallici e organometallici di interesse ambientale e biologico.
In particolare:
a) è stato studiato il comportamento acido base della s-carbossimetil-L-cisteina (carbocisteina)
noto farmaco utilizzato nelle affezioni dell‟apparato respiratorio, al fine di valutare la capacità di
scambio protonico e il tipo di siti leganti coinvolti nella coordinazione. Sono stati determinati i
parametri di interazione specifica e i coefficienti di attività della carbocisteina in mezzo acquoso
NaCl. Un successivo lavoro sulla complessazione di questo legante con diorgano e triorgano
derivati dello stagno in differenti mezzi ionici e a diverse forze ioniche è stato inviato per la
pubblicazione sulla rivista ISI Chemical Speciation and Bioavailability.
b) E‟ stata definita quantitativamente la capacità sequestrante di leganti policarbossilici ad alto
peso molecolare di sintesi (poliacrilati) e di origine naturale (acido alginico) nei confronti del
monometilmercurio, al fine di valutare il ruolo di molecole policarbossilate sui processi di
detossificazione negli ecosistemi acquatici naturali.
c) E‟ stato completato lo studio termodinamico sulla interazione di composti di mono-, di- e
triorgano stagno(IV) con leganti policarbossilati a basso peso molecolare contenenti da 1 a 6
gruppi carbossilici per molecola. Il completamento dello studio ha consentito di trarre
indicazioni sui parametri termodinamici di interazione e di formulare relazioni predittive sul
comportamento della classe di leganti carbossilici.
d) Sulla base dell‟esperienza acquisita sullo studio dei complessi deboli è stata pubblicata una
review nella quale sono stati raccolti i risultati sulla stabilità di complessi di metalli alcalini e
alcalino-terrosi con leganti organici e inorganici in soluzione acquosa.
e) Nell‟ambito della collaborazione con il gruppo del Prof. Orecchio sono stati effettuati studi di
biomonitoraggio ambientale sul contenuto di IPA nei fanghi dell‟isola di Vulcano.
82
3. Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale
L‟attività scientifica svolta si è basata per la maggior parte su studi termodinamici e strutturali di
sistemi acquosi di tensioattivi e macromolecole. La tecnica termodinamica è particolarmente
appropriata per detti sistemi poiché fornisce informazioni univoche a livello molecolare essendo
molto sensibile alle interazioni idrofobe e idrofile. Quali macromolecole sono stati studiati alcuni
copolimeri tri-blocchi e ciclodestrine. I primi sono polimeri non ionici che presentano due blocchi
idrofili e uno idrofobo e, grazie alla loro struttura, danno luogo alla formazione di aggregati
micellari. Le ciclodestrine sono oligosaccaridi ciclici costituiti da un numero variabile di unità -Dglucopiranosidiche le quali possono includere nella cavità idrofoba molecole di natura diversa
mediante interazioni non covalenti. Lo studio di detti sistemi ha avuto l‟obiettivo di progettare
nuove miscele solventi efficaci nei processi di estrazione e solubilizzazione sia in fase bulk che
all'interfaccia solido/liquido, liquido/aria, ecc. E‟ noto che la classe di sostanze più idonee nei
processi di solubilizzazione è costituita dai tensioattivi i quali sono capaci di auto-organizzarsi in
micelle oppure di adsorbirsi su vari tipi di interfaccia (liquido/liquido, solido/liquido e liquido/aria).
Un mezzo solvente diverso dagli aggregati micellari può essere rappresentato dalle ciclodestrine. I
tensioattivi e le ciclodestrine, pertanto, possono essere efficaci in problematiche attuali come quella
del recupero di bacini acquiferi contaminati da fasi liquide non acquose (NAPLs). Una delle
tecniche adoperate è la surfactant-enhanced aquifer remediation la quale impiega soluzioni di
tensioattivo per la rimozione di NAPLs. Infatti, il ruolo giocato dalle molecole anfifile è duplice in
quanto si adsorbono all‟interfaccia solido/liquido competendo con il contaminante nel processo di
adsorbimento e formano aggregati micellari con elevate affinità per soluti idrofobi. Sebbene il
potere solubilizzante delle soluzioni micellari sia maggiore di quello delle ciclodestrine, è stato
recentemente mostrato che queste ultime sono ottimi mezzi chimici per il recupero del sottosuolo.
L‟impossibilità di scegliere a priori il mezzo solvente più adatto a ottimizzare il processo di
solubilizzazione rende necessario effettuare studi sistematici mirati a progettare sistemi e verificarne
le potenzialità nelle specifiche applicazioni. Pertanto, la ricerca effettuata è stata indirizzata a una
nuova classe di tensioattivi polimerici, i.e. i copolimeri a blocchi caratterizzati da segmenti di
idrofobia differente, e loro miscele con tensioattivi convenzionali. Il duplice carattere polimerico e
tensioattivo suggerisce che gli aggregati molecolari possano manifestare effetti sinergici nel
processo di solubilizzazione o stabilizzazione i quali possono essere amplificati in presenza di un
tensioattivo convenzionale. Il potere solubilizzante di detti sistemi è stato analizzato mediante
diverse tecniche complementari. E‟ stato, infine, studiato il ruolo di anfifili (copolimero e
tensioattivo) sulla stabilità di sospensioni acquose e nella progettazione di nanocompositi.
Altri studi hanno interessato sistemi acquosi formati da ciclodestrine e molecole di interesse
biologico e tensioattivi macromolecolari e si sono focalizzati sulle ciclodestrine modificate le quali
sono più solubili delle corrispondenti naturali. E‟ stata dimostrata la potenzialità delle soluzioni
acquose di ciclodestrine nella rimozione di un contaminante adsorbito su un substrato solido.
4. Indagini Archeometriche
Nel campo delle indagini archeometriche è di primaria importanza l‟uso di tecniche non
invasive. I neutroni, da questo punto di vista sono una sonda ideale, data la loro notevole
penetrabilità e l‟esistenza di una serie di infrastrutture di ricerca di grande prestigio in Europa.
Quanto qui presentato è da considerarsi in stretto collegamento con quanto presentato nello scorso
rapporto informativo. In particolare, nel 2007, ci siamo interessati all‟applicazione della Tomografia
Neutronica (NT) a legni degradati e a marmi, oltre a continuare le indagini su reperti recuperati da
navi affondate e gentilmente forniti dalla Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia.
Le indagini sui legni avevano lo scopo primario di mettere a punto una base sistematica di indagine
che confermasse la possibilità di usare la tecnica NT sia per seguire la dinamica di migrazione delle
soluzioni impregnanti che per ottimizzare le tecniche già note.
Le indagini sui marmi avevano lo scopo di creare un database di dati strutturali mesoscopici su
materiali lapidei di interesse archeologico, in particolare marmi.
83
In figura 1 viene mostrata la ricostruzione tomografica di un campione di legno sottoposto ad un
trattamento di conservazione. I coefficienti di attenuazione della soluzione impregnante (rosso) e del
legno sono mostrati nelle due immagini di sinistra, mentre l‟immagine di destra mostra la stima del
volume occupato dalla soluzione impregnante.
Figura 1
La figura 2 a lato mostra una ricostruzione tomografica
di un campione trattato in maniera simile. L‟estrazione
dei vari componenti è chiaramente indicata.
Per quel che riguarda l‟applicazione di NT a materiali lapidei, la figura 3 mostra i risultati ottenuti
nel caso di un marmo policromatico proveniente da Villa Adriana (Tivoli, Roma). La figura mostra
la ricostruzione 3D della distribuzione dei 3 componenti che costituisco il reperto la cui
composizione è riportata nella tabella 1.
Figura 3 : L‟immagine a destra è una foto del campione esaminato.
84
Tabella 1
Fase, No.
1
2
3
Coeff. di Attenuazione 0.50-0.80 0.80-1.10 1.10-1.50
(cm-1)
Frazione di Volume %
40
58
2
Infine, per quel che riguarda i reperti forniti dalla Soprintendenza del Mare, la figura 4 mostra la
ricostruzione di un oggetto (chiodo) fortemente concrezionato. Le immagini mostrano l‟importanza
della tecnica tomografica.
Figura 4
Oltre alla linea esposta nella parte precedente, ci siamo anche interessati di applicazioni di tecniche
neutroniche per indagini di struttura della materia e di tecniche computazionali a supporto dello
studio sperimentale.
85
UNITA’ DI RICERCA DI PARMA
Direttore Scientifico: Prof.ssa Marisa Ferrari Belicchi
Sono di seguito descritti i risultati ottenuti nell‟anno 2007 relativamente alle varie tematiche di
ricerca.
Complessi di Cu(II) a potenziale attività antitumorale.
Al fine di ottenere complessi di rame analoghi al composto citotossico A0 (2), e potenzialmente utili
per comprenderne la relazione tra attività e struttura, tre nuovi leganti sono stati sintetizzati (3,5,7),
schema 1. I relativi complessi di rame(II) (4,6,8) sono stati strutturalmente caratterizzati e per
ognuno di essi sono state ottenute le costanti di stabilità. In ambiente acquoso il complesso (4) si è
dimostrato meno stabile del complesso (6) a sua volta meno stabile di A0. Per il complesso (8) non
è stato possibile determinare la costante di stabilità a causa della sua insolubilità in mezzo acquoso.
Schema 1
L‟attività citotossica dei complessi (4) e (6) è stata testata sulla linea cellulare HT1080, derivata da
un fibrosarcoma umano. Le concentrazioni in grado di inibire il 50% della crescita cellulare (IC50)
risultavano essere 100 e 68 µM per (4) e (6) rispettivamente, valori nettamente superiori a quelli già
ottenuti per A0 nello stesso modello (12 µM). Questi risultati indicano che il gruppo tioamidico, in
A0 coordinante il centro metallico, è almeno in parte responsabile dell‟attività del complesso.
Nonostante i complessi analoghi di A0 neosintetizzati, si siano dimostrati meno potenti di
quest‟ultimo nell‟indurre morte cellulare è da notare il fatto che anch‟essi, seppur a concentrazioni
più elevate, inducono lo stesso tipo di morte cellulare. E‟ possibile osservare nella morfologia delle
cellule trattate la presenza della vacuolizzazione citoplasmatica caratteristica della paraptosi.
Al fine di approfondire il meccanismo di azione di questa tipologia di complessi è stato analizzato il
contenuto di rame accumulato dalle cellule in seguito a trattamento con A0 (25 µM) mediante ICPAES (spettroscopia ad emissione atomica). Un primo esperimento volto a valutare la cinetica di
accumulo in cellule HT1080 ha dimostrato come A0 induca un progressivo aumento del pool
intracellulare di rame che raggiunge dopo 12 ore di incubazione livelli circa mille volte superiori a
quelli di controllo misurati in cellule non trattate, Figura 1.
87
tempo d’incubazione (ore)
Figura 1.
Partendo da tale risultato ci si è interrogati sulla relazione tra la quantità di rame accumulato e la
sensibilità ad A0. Tra i diversi modelli cellulari umani su cui era stata precedentemente valutata
l‟attività di A0, sono state scelte oltre alle HT1080, due linee tumorali, una derivante da un
carcinoma della cervice (HeLa) la cui sensibilità ad A0 era comparabile a quella delle HT1080
(IC50=16µM), l‟altra derivante da un liposarcoma (SW872) risultata insensibile (IC50>50 µM). Al
gruppo sono stati inoltre aggiunti fibroblasti ottenuti da derma (HF), un modello cellulare “normale”
insensibile agli effetti di A0.
I risultati ottenuti (Figura 2) mostrano grandi differenze nella “capacità” di accumulo di rame da
parte dei diversi tipi cellulari, sia in seguito a trattamento con A0 (barre nere) che con rame
inorganico (CuCl2) alla stessa concentrazione (barre bianche).
I livelli di rame relativi alle cellule di controllo, alle SW872 e HF trattate con CuCl2, sono risultati
essere inferiori al limite di rilevabilità della metodica (nd).
Figura 2
Una chiara relazione lega dunque la sensibilità ad A0 alla quantità di rame accumulato dentro alle
cellule; ciò suggerisce che alterazioni nei meccanismi di influsso/efflusso del metallo possano
modulare la risposta ad A0.
L‟elevata concentrazione di rame raggiunta nelle cellule sensibili ad A0 (circa 5mM per le HT1080
dopo 9 ore di trattamento) ci ha indotto a valutare se A0 inducesse stress ossidativo. Il principale
antiossidante non enzimatico presente nei vari compartimenti cellulari è il glutatione. La
determinazione del contenuto cellulare di glutatione nella forma ridotta GSH e nella forma ossidata
GSSG è stata effettuata mediante saggio biochimico Figura 3. I risultati ottenuti in cellule HT1080
trattate con A0 dimostrano che l‟incubazione con il complesso induce un incremento della forma
ossidata GSSG. Tale incremento segue una cinetica (saggio biochimico) parallela a quella già
osservata per il contenuto di rame nelle stesse cellule e condizioni di trattamento.
88
Lo sbilanciamento dell‟equilibrio tra GSSG e GSH riscontrato nelle cellule trattate con A0 è una
prova dello stress ossidativo cui le cellule vanno incontro in seguito a trattamento con A0 e
conseguente accumulo di rame.
Figura 3. Saggio biochimico.
Metallacrown in soluzione acquosa: formazione e reattività verso specie anioniche.
I metallacrown sono complessi metallamacrociclici ottenuti per self-assembly di acidi
amminoidrossammici e ioni metallici di transizione, e sono gli analoghi inorganici degli eteri
corona. In questi complessi le unità metileniche degli eteri corona vengono sostituite da sistemi di
coordinazione metallo-eteroatomo. In letteratura, numerosi 12-metallacrown-4 sono stati sintetizzati
e caratterizzati allo stato solido utilizzando acidi β-amminoidrossammici e Cu2+ (Schema 1, a). I 15MC-5, al contrario, sono stati isolati impiegando acidi α-amminoidrossammici, Cu2+ o Ni2+ e
lantanidi(III) (Schema 1, b). In questi ultimi complessi, la cavità centrale è occupata da uno ione
lantanide coordinato sul piano da cinque atomi di ossigeno. Come dimostrato da studi riportati in
letteratura, l‟analogia fra crown e metallacrown è di tipo strutturale ma non funzionale (non è
possibile rimuovere selettivamente il metallo dalla cavità centrale senza provocare la distruzione
dell‟intero assembly molecolare).
2+
H 2N
O
NH 2 Cu
O
O
Cu
O
N
O
H 2N
Cu N
N O
n+
O
Cu NH
2
O N
Cu O
NH 2
(a)
{Cu[Cu4L4H-4]}2+
O
N
Cu
O
O
M
N
NH 2
Cu
N
O
O
Cu
O N
NH 2 Cu O
N Cu
O
O
NH 2
(b)
NH 2
Schema 1. Rappresentazione
di un 12-MC-4 (sinistra) e di
un 15-MC-5 (destra) di Cu2+
(Mn+ = Ln3+, Ca2+, UO22+).
{M[Cu5L5H-5]}n+
Una prima linea di ricerca ha avuto come obiettivo lo studio degli equilibri di formazione dei
complessi di Ni2+ con acido (S)-α-alaninaidrossammico (α-Alaha) in soluzione acquosa, al fine di
verificare l‟eventuale formazione di 12-metallacrown-4 analoghi a quelli formati dallo stesso
legante con Cu2+. Questo studio è stato condotto tramite titolazioni potenziometriche con elettrodo a
vetro e spettrometria di massa con interfaccia elettrospray.
89
Il modello di speciazione ottenuto per il sistema Ni2+ / α-Alaha è costituito da 5 complessi: [NiL]+,
[NiL2], [NiL2H-1]-, [Ni5L4H-4]2+ e [Ni5L5H-5]. Le prime 3 specie si riferiscono a complessi
mononucleari già riportati in letteratura per questo stesso sistema, mentre le altre 2 specie
polinucleari corrispondono a due metallacrown.
Per la specie [Ni5L4H-4]2+ è stata proposta una struttura 12-MC-4 analoga a quella dell‟analogo
complesso di Cu2+, ossia una struttura non planare avente una conformazione a coppa. La stabilità di
[Ni5L4H-4]2+ (log β = 15.40) è nettamente inferiore a quella dell‟analogo complesso [Cu5L4H-4]2+
(log β = 40.16).
Il complesso [Ni5L5H-5] non era stato invece osservato per lo stesso legante con Cu2+, e la sua
stechiometria corrisponde ad un 15-metallacrown-5 (Schema 1b, Ni2+ al posto di Cu2+) senza alcuno
ione incapsulato nella cavità. La presenza di questa specie è stata osservata mediante spettroscopia
ESI-MS, identificando un picco corrispondente a [Ni5L5H-5]K+. La struttura che si propone per
questo complesso è pertanto quella di un 15-MC-5, sebbene la presenza di elevate concentrazioni di
K+ nelle soluzioni studiate per via potenziometrica (I = 0.1 M (KCl)) abbia impedito di definire la
effettiva presenza del catione K+ all‟interno della cavità. Tale presenza è tuttavia suggerita dal dato
ESI e dalle dimensioni della cavità del metallacrown simili a quelle del catione.
Una seconda linea di ricerca ha avuto come obiettivo quello di dimostrare la possibilità di
coordinazione di anioni agli ioni metallici dei 15-MC-5 in soluzione acquosa. Infatti la
coordinazione di anioni (nitrati, carbossilati) al metallo centrale è già stata verificata allo stato
solido, come nel caso del complesso {Eu[Cu5L5H-5](OH)(NO3)}(NO3).8H2O (HL = acido (S)-αalaninaidrossammico), la cui struttura mostra
Figura 1. Struttura allo stato solido del [15]MC-5 {Eu[Cu5L5H-5](OH)(NO3)}(NO3).8H2O
che i residui benzilici dei cinque leganti si trovano tutti dalla stessa parte del piano del metallacrown
a formare una tasca idrofobica (Figura 1). Lo ione Eu3+ si trova incapsulato all‟interno della cavità
centrale del metallacrown ed è coordinato sul piano da cinque atomi di ossigeno appartenenti ai
gruppi idrossammici. La coordinazione dell‟Eu3+ è completata da uno ione nitrato bidentato chelato
e da uno ione OH-.
Lo studio della interazione MC-carbossilato è stato condotto utilizzando un carbossilato
fluorescente, la Cumarina 343 (Schema 2). L‟interazione con il metallacrown è stata dimostrata
mediante una titolazione seguita con tecniche fluorimetriche e di assorbimento nel visibile. Lo
spegnimento della fluorescenza della Cumarina 343 è consistente con la formazione di un addotto
1:1 (Figura 2a).
N
O
O
O
O
Schema 2. Cumarina 343 in forma deprotonata
90
Questi risultati hanno suggerito la possibilità di utilizzare l‟addotto metallacrown-Cumarina come
sensore per ioni carbossilato non fluorescenti quale lo ione acetato. La titolazione di una soluzione
dell‟addotto con una soluzione di acetato risulta in una parziale riaccensione della luminescenza
dell‟indicatore (Figura 2b).
5
6x10
2.4x10
15-MC-5/Cou + AcO = 15-MC-5/AcO + Cou
-
15-MC-5 + Cou = 15-MC-5/Cou
2.0x10
-
5
5
4x10
Intensità (u.a.)
Intensità (u.a.)
5
-
5
5x10
5
3x10
5
2x10
5
1.2x10
8.0x10
4.0x10
1x10
5
5
4
4
0.0
0
400
1.6x10
450
500
550
600
650
700
750
800
400
450
500
550
600
650
700
750
800
Lunghezza d'onda (nm)
Lunghezza d'onda (nm)
(a)
(b)
Figura 2. (a) Spettro di fluorescenza della Cumarina 343 (Cou-) a concentrazioni crescenti di
crown. (b) Incremento di fluorescenza dell‟indicatore per aggiunta di acetato.
Studi su complessi di tiosemicarbazoni di rame e nichelio e valutazione della loro attività
biologica .
Recentemente, nell‟ambito del tema di ricerca riguardante lo studio di complessi di nichelio e di
rame con tiosemicarbazoni, sono stati approfonditi gli studi in vitro sui meccanismi di azione che
stanno alla base dell‟attività biologica esplicata dal complesso di Ni(II) con il tiosemicarbazone del
citronellale ([Ni(tcitr)2]) sulla linea cellulare leucemica umana U937. Cercando di individuare il
percorso seguito dall‟entità complessa all‟interno di cellule umane, è stato verificato, mediante la
versione alcalina del saggio COMET, che il composto causa un danno significativo su cellule
proliferanti (linea cellulare di linfoma istiocitico U937) a concentrazioni che non interferiscono con
cellule sane (leucociti freschi) in G0 e che invece induce arresto del ciclo cellulare ed apoptosi su
cellule p-53 mutate (linee U937 e CEM).
O
S
N
N
H
N
H
N
EtMorfHtcitr
H
Per verificare l‟effetto biologico cooperativo di due
diverse specie chimiche abbiamo modificato il
tiosemicarbazone del citronellale (Htcitr) inserendovi
come sostituente sull‟azoto amminico terminale il
radicale etilmorfolinico, scelto perché sono disponibili
molti lavori sulle proprietà biologiche della morfolina e
di suoi derivati.
Abbiamo inoltre sintetizzato i relativi complessi di rame e di nichelio facendo reagire Ni(Ac)2 o
Cu(Ac)2 in MeOH con il legante (EtMorfHtcitr) in rapporto molare 1:2. I cristalli isolati,
caratterizzati mediante diffrazione ai raggi X, sono risultati isomorfi ([Cu(EtMorf-tcitr)2] e
[Ni(EtMorf-tcitr)2]). Lo ione metallico giace su un centro di simmetria e coordina due molecole di
legante SN bidentato nella sua forma monodeprotonata. La geometria di coordinazione è quadrata
planare.
91
[Cu(EtMorf-tcitr)2]
[Bis(N4-etilmorfolina citronellal
tiosemicarbazonato)rame(II)]
L‟identico intorno dell‟atomo centrale ci ha permesso anche di verificare l‟influenza dei diversi
metalli sull‟inibizione della proliferazione cellulare ed induzione di apoptosi e di valutare il
potenziale genotossico ed il conseguente danno al DNA.
La variazione del motivo strutturale del legante Htcitr, conseguente all‟introduzione del radicale
etilmorfolino, ha modulato positivamente l‟attività biologica nei complessi di rame, mentre non ha
causato differenze nella citotossicità nei complessi di nichelio. La presenza dell‟anello morfolinico
abbassa però in questi ultimi la genotossicità (LED: lowest effective dose 10 vs 20 mM). I dati
riguardanti lo stesso legante coordinato ad un diverso ione metallico (Cu o Ni) mostrano che
soltanto Ni dà origine a molecole attive verso il DNA (genotossicità) su cellule in ciclo (U937):
U937
15
15
10
10
TI increase
TI increase
Leukocytes
5
0
5
0
0.1
1
10
100
0.1
1
M
[Ni(EtMorf-tcitr)2]
[Ni(tcitr)2]
[Ni(EtMorf-tcitr)2]
100
[Ni(tcitr)2]
U937
Leukocytes
15
15
10
10
TI increase
TI increase
10
M
5
0
5
0
0.1
1
[Ni(EtMorf-tcitr)2]
10
100
0.1
[Cu(EtMorf-tcitr)2]
1
[Ni(EtMorf-tcitr)2]
92
10
100
[Cu(EtMorf-tcitr)2]
Per quanto riguarda la citotossicità dei vari composti il derivato di nichelio con il tiosemicarbazone
del citronellale non sostituito è più attivo ( infatti [Cu(tcitr)2] non induce apoptosi), mentre tra quelli
con l‟etilmorfolintiosemicarbazone del citronellale il complesso di rame prevale sul derivato del
nichelio agendo a concentrazione più bassa e inducendo apoptosi precoce.
4h
8h
12h
24h
control
[Ni(EtMorf-tcitr)2]
18.55µM
[Cu(EtMorf-tcitr)2]
10µM
control
[Ni(EtMorf-tcitr)2]
18.55µM
[Ni(tcitr)2] 14.4µM
Sono in corso esperimenti per approfondire come le modificazioni chimiche introdotte possano
determinare differenti meccanismi di azione per l‟attività biologica.
In parallelo sono stati fatti studi su tiosemicarbazoni eterociclici opportunamente sostituiti e sui
relativi complessi di rame per valutare l‟influenza dei sostituenti sull‟intorno di coordinazione del
metallo e sulla capacità di legarsi al DNA. In particolare, poichè in precedenza avevamo rilevato
che i complessi con il tiosemicarbazone del 5-formiluracile presentano un‟apprezzabile attività
biologica, sono stati sintetizzati e caratterizzati quattro tiosemicarbazoni del 5-formiluracile con
93
sostituenti, che presentano un differente carattere liofilo, sull‟atomo di azoto amminico della catena
tiosemicarbazidica.
R
H
R
N
H
N
N
S
NH
O
N
H
Composti
CH3-CH2-
Et-H3ut
(1)
CH2=CH-CH2-
Allyl-H3ut
(2)
Ph-H3ut
(3)
MePh-H3ut
(4)
O
Trattando questi nuovi leganti con il cloruro ed il nitrato di rame(II) sono state ottenute le due
rispettive serie di complessi mononucleari che sono state successivamente caratterizzate con diverse
tecniche analitiche e spettroscopiche. Misure di conducibilità hanno messo in evidenza la natura
delle entità complesse isolate: quelle contenenti lo ione cloruro sono molecolari, mentre quelle con
lo ione nitrato sono saline. Inoltre i risultati dell‟analisi termogravimetrica relativi ai derivati con lo
ione nitrato hanno mostrato la presenza di due molecole di acqua strettamente legate al centro
metallico. Sulla base di questi risultati i complessi molecolari sono formulabili come [Cu(RH3ut)Cl2]; in essi l‟atomo di rame è pentacoordinato per mezzo degli atomi SNO donatori del
legante e di due atomi di cloro. I complessi che contengono lo ione nitrato sono invece formati da
monocationi complessi ed anioni nitrato, rispondono ad una formula generale del tipo [Cu(RH3ut)NO3(OH2)2]NO3 e la coordinazione (4+2) attorno all‟atomo di rame implica gli atomi donatori
del legante chelante SNO tridentato, due atomi di ossigeno di due molecole di acqua e l‟ossigeno di
un gruppo nitrato monodentato.
O
-
O
H
+
H
N
N
N Cl S
N
O
H
N
N
HN
+ S
O
N
Cu
O
H
OH2
H2O
HN
NH
O
N
H
O
Cu
Cl
A parità di controione, il variare del carattere lipofilo del sostituente sulla catena tiosemicarbazidica
non determina né la variazione della natura chimica dei complessi né la modificazione sostanziale
dell‟intorno di coordinazione.
Per quantificare la capacità di questi composti di legarsi al DNA in soluzione acquosa è stata avviata
un‟analisi spettroscopica UV-visibile con CT-DNA. Le costanti di affinità per i leganti 1, 2, 3 and 4
sono rispettivamente 2.1 × 103, 1.0 × 103, 2.9 × 102, 5.6 × 103 M-1 e quelle per i complessi [Cu(EtH3ut)NO3(OH2)2]NO3·2H2O
(5),
[Cu(Allyl-H3ut)NO3(OH2)2]NO3·2H2O
(7),
[Cu(PhH3ut)(NO3)(OH2)2]NO3 (9), [Cu(MePh-H3ut)(NO3)(OH2)2]NO3.3H2O (11) sono rispettivamente 2.5
× 102, 5.9 × 102, 2.3 × 101, 2.3 × 103 M-1. In Figura è rappresentato il grafico da cui si possono
ricavare le Kb che riporta il rapporto [DNA]/( εA – εf) in funzione della concentrazione di DNA per
le titolazioni dei complessi studiati.
94
[CT-DNA]/| A- F | x 108
Grafico del rapporto [DNA]/( εA –
εf) vs [CT-DNA] per le titolazioni
dei complessi studiati con CTDNA in tampone 50 mM NaCl/5
mM Tris, a pH 7.2 e 25 °C
15
25
35
45
55
65
75
85
[CT-DNA] x 105 / M b. p.
5
7
9
11
Tutti i valori di Kb ottenuti, più bassi di quelli osservati per classici intercalanti tipici del DNA,
indicano che i nuovi composti hanno una minor affinità di legame, come peraltro già notato per
complessi di rame (II) con leganti macrociclici. Inoltre i valori di Kb di questi nuovi complessi
metallici risultano minori di quelli mostrati da analoghi complessi, da noi precedentemente studiati,
in cui i sostituenti sulla catena laterale del tiosemicarbazone del formiluracile erano meno
ingombranti. Poiché con la complessazione dei leganti 1-4 non si osservano significativi aumenti di
Kb i valori della costante possono probabilmente essere correlati al ruolo giocato dal legante
nell’interazione con il DNA.
Il gruppo terminale NH sembra avere un’importante funzione nel processo di legame al DNA:
all’aumentare dell’ingombro sterico dei sostituenti, l’associazione all’acido nucleico via legami di
idrogeno diventa più debole. Ciò trova conferma nei trascurabili effetti ipocromici e batocromici
osservati negli spettri UV. (Evidenti spostamenti sono generalmente attribuiti a intercalazione e
implicano una forte interazione di “stacking” fra cromofori aromatici e le basi del DNA).
E’ stata verificata anche l’attività nucleasica mediante saggi elettroforetici usando il DNA circolare
di plasmide pBR322. I risultati hanno mostrato che a concentrazioni millimolari per tutti i complessi
era predominante la forma superavvolta del DNA seguita da una piccola quantità della forma
circolare aperta. Quindi non c’è significativa rottura del DNA plasmidico dovuta a stress ossidativi
o idrolisi di esteri fosforici.
95
UNITA’ DI RICERCA DI PAVIA
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Casella
Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Casella
Studi su Metalloproteine e loro Modelli
Lo sviluppo degli studi di modificazione chimica delle eme proteine è stato esteso al
membro più recentemente acquisito di questa famiglia di proteine, la neuroglobina umana, che viene
espressa nei tessuti nervosi ma la cui funzione fisiologica è al momento ignota. Questa proteina
contiene un eme esacoordinato e una coppia di residui di cisteina che possono formare un ponte
disolfuro. La forma prevalente della proteina in vivo dipende in effetti dallo stato redox della
cellula, ed è interessante notare che la reattività della proteina è condizionata in buona misura dalla
presenza o meno del ponte disolfuro. Nel corso del nostro lavoro è stata studiata l‟attività ossidativa
e nitrativa delle due forme della neuroglobina in presenza di perossido di idrogeno e nitrito verso
substrati esterni o residui amminoacidici endogeni. Lo studio ha mostrato un‟attività nitrante
sorprendentemente elevata per la proteina, che in assenza di substrati esterni si indirizza verso
residui di tirosina e ovviamente di cisteina (che vengono ossidati ad acidi solfinici e solfonici). Le
modificazioni endogene sono state caratterizzate con tecniche HPLC-MS/MS sui frammenti
peptidici risultanti da proteolisi controllata della proteina.
Un studio termodinamico sui mutanti sito-specifici della mioglobina svolto in collaborazione
con il gruppo del prof. Sola dell‟università di Modena ha mostrato una quasi perfetta
compensazione dei parametri entalpico ed entropico nel processo di riduzione del gruppo eme nella
serie di proteine, con un effetto modesto da parte delle mutazioni introdotte. Dato che i mutanti
esibiscono un aumento di attività perossidasica rispetto alla proteina nativa, questo risultato indica
che l‟aumento di attività pseudo-enzimatica non è dovuto a variazioni delle proprietà redox del
centro eme ma ad effetti conformazionali che consentono una migliore disposizione del substrato
nel sito attivo.
Si sono proseguiti studi sui modelli di eme enzimi basati su complessi ferroporfirinici
sintetici e in particolare lo studio si è focalizzato su tre linee di ricerca, indirizzate rispettivamente
verso sistemi biomimetici per le perossidasi, per il legame reversibile di NO e CO, e per il centro
eterobinucleare eme/rame presente nella citocromo c ossidasi. Le ferroporfirine modificate con
l‟attacco di catene polari contenenti gruppi carichi positivamente alle catene laterali propioniche
dell‟eme b mostrano in effetti un incremento notevole di attivià perossidasica, che in alcuni casi
avvicinano quelle degli enzimi, in termini di efficienza catalitica. Naturalmente la stabilità chimica
limitata dei complessi in presenza di ossidanti quali perossido di idrogeno non consente di
supportare l‟attività per tempi apprezzabilmente lunghi e questo costituisce i limite attuale alle
potenziali applicazioni di questi catalizzatori. Lo studio del legame di NO e CO è stato condotto su
complessi ferroporfirinici contenenti un braccio recante un residuo istidinico il cui gruppo
imidazolico si coordina all‟atomo di ferro. Si è trovato che il legame di NO è più debole nel
complesso in cui il gruppo imidazolico è legato più fortemente, mentre un effetto opposto controlla
il legame del CO. Infine i complessi eme-rame sono stati studiati prevalentemente a bassa
temperatura per caratterizzare gli addotti Fe(II)/Cu(I)-O2 e Fe(III)/Cu(II)-O22- (oppure
Fe(III)/Cu(II)-OOH) generati rispettivamente dalle forme ridotte per reazione con ossigeno
molecolare e delle forme ossidate con perossido di idrogeno. Questi addotti hanno caratteristiche
spettroscopiche differenti ma in entrambi i casi mostrerebbero una partecipazione dell‟atomo di Cu
alla coordinazione del residuo diossigenato. La presenza del rame incrementa anche l‟attività
catalitica pseudo-perossidasica dei complessi, che è stata studiata per la prima volta su sistemi di
questo tipo.
97
Nel campo dei rame enzimi è stato condotto uno studio sulla reattività dei chinoni generati dalla
tirosinasi per ossidazione del 3-fluorofenolo sui residui amminoacidici di una proteina target quale
la mioglobina. Lo scopo di questo studio è preliminare all‟analisi che verrà condotta in seguito sugli
effetti tossici dei chinoni generati dalla dopammina nei neuroni dopamminergici. In effetti i chinoni
sono specie molto reattive verso molti residui nucleofilici quali la cisteina e l‟istidina. Nel caso dei
fluorochinoni e della mioglobina si è trovato che le principali modificazioni coinvolgono residui di
istidina anche per la proteina umana, la quale contiene una cisteina apparentemente inaccessibile
stericamente ai fluorochinoni. In collaborazione col gruppo del prof. Tolman dell‟università del
Minnesota è stata inoltre esplorata la possibilità di sintetizzare nuovi sistemi modello trinucleari e
tetranucleari di rame tramite una sintesi modulare di leganti poliazotati. Nonostante il lavoro si sia
focalizzato per ora prevalentemente sugli aspetti sintetici e di caratterizzazione dei complessi,
esperimenti preliminari di ossigenazione a bassa temperatura mostrano la possibilità di ottenere
addotti CunO2 (n=2,3) sufficientemente stabili da garantire una futura caratterizzazione.
Infine in collaborazione col gruppo di Firenze coordinato dal prof. Messori è stato condotto
uno studio sull‟interazione di un promettente farmaco antitumorale di rutenio, il NAMI, con il
citocromo c, che sarà descritto in dettaglio nella relazione del gruppo di Firenze.
Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Fabbrizzi
L‟attività di ricerca del progetto è stata rivolta (i) alla sintesi di nuovi recettori e sensori per
piccole molecole e anioni e (ii) allo studio delle interazioni tra recettore e substrato.
(i) nuovi recettori e sensori
E‟ stato preparato un tipo di recettore a tripode, in grado di stabilire interazioni
particolarmente forti con il substrato grazie alla capacità di offrire ben 6 legami a idrogeno, che è
stato impiegato per il riconoscimento di anioni alogenuro e ossigenati in MeCN, dimostrandosi
specifico per il cloruro in presenza di fluoruro e bromuro.
Un recettore chirale per anioni è stato ottenuto partendo dal cicloesano 1,2-disostituito: questo
gruppo esiste nelle forme enantiomere R,R e S,S ed è stato unito a due subunità 4-nitrofenilurea, per
dare un recettore capace di interagire con vari tipi di anioni, quali carbossilati e fosfati. Il
riconoscimento viene segnalato dal cambiamento delle caratteristiche spettrali del cromoforo
nitrobenzene in presenza di interazione con gli anioni. In particolare, la forma S,S del recettore si è
dimostrata specifica per l‟anione D-2,3-glicerofosfato, la cui costante di associazione è doppia
rispetto a quella della forma R,R.
Infine, è stato preparato un nuovo tipo di recettore per anioni, basato sull‟interazione con frammenti
protonati e attivato da uno scambio redox, p. es. CuII/CuI. Il recettore è specifico per il nitrato
98
Nell‟esempio riportato, il recettore di anioni a due compartimenti lega lo ione nitrato (X-,
sfera gialla) tramite il centro metallico CuII (sfera azzurra, con forte preferenza per la pentacoordinazione); a seguito della riduzione elettrochimica a CuI (sfera rossa, coordinativamente saturo
nel complesso CuI(bpy)2+), il nitrato si sposta, con un veloce processo reversibile, nell‟adiacente
compartimento bis-imidazolio, dove profitta di interazioni legame a idrogeno. Anioni diversi non
possono dare lo stesso processo, in quanto demetallano il complesso di CuI.
(ii) studio delle interazioni tra recettore e substrato
Altri studi hanno riguardato la natura delle interazioni tra frammenti di vario tipo impiegabili
quali recettori e i rispettivi substrati. In particolare, è stato considerato il comportamento della
1,3-bis(4-nitrofenil)urea, che interagisce formando legami a idrogeno con una varietà di ossoanioni
in soluzione di MeCN a dare addotti 1:1 di stabilità decrescente con la basicità dell‟anione. La
natura dell‟interazione a ponte di idrogeno tra urea e acetato è stata dimostrata dall‟isolamento in
forma cristallina dell‟addotto sotto forma del sale di tetrabutilammonio e dalla determinazione della
struttura molecolare. Si è inoltre osservato che il fluoruro forma inizialmente legami a idrogeno
nell‟addotto 1:1, mentre l‟aggiunta di un secondo equivalente porta alla deprotonazione dell‟urea
con formazione di HF2-.
99
UNITA’ DI RICERCA DEL PIEMONTE ORIENTALE
Direttore Scientifico: Prof. Domenico Osella
L‟attività di ricerca si inquadra nelle sezioni tematiche “a” (Diagnostici innovativi in oncologia e
malattie cardiovascolari) ,”d” (Biosensori e biostrumentazione) ed “e” (Nuovi farmaci inorganici in
oncologia) del Consorzio CIRCMSB.
Agenti di contrasto per MRI (tematica a)
L‟impiego di agenti di contrasto paramagnetici nella Risonanza Magnetica Nucleare per Immagini
(MRI) è ormai una pratica consolidata ed estremamente diffusa; ciò è attestato dalle statistiche che
indicano che più del 30% dei milioni di scansioni diagnostiche annualmente condotte a livello
mondiale viene effettuato con la somministrazione di agenti di contrasto paramagnetici. Questi
ultimi comprendono sistemi particolati a base di ferro e complessi stabili di gadolinio; su questi
ultimi si è focalizzata la nostra ricerca.
La teoria alla base del meccanismo di rilassamento paramagnetico su cui si fonda il funzionamento
di complessi di ioni metallici paramagnetici pone in stretta relazione l‟efficienza del sistema
(definita come “rilassività”) e una serie di parametri strutturali e dinamici della molecola.
Nonostante questa teoria consenta di prevedere rilassività elevatissime per complessi con parametri
adeguatamente ottimizzati, è risultato finora impossibile approssimarsi all‟optimum teorico con un
complesso stabile e praticamente realizzabile.
Altro obiettivo primario auspicabile per gli agenti di contrasto è il loro targeting verso tessuti e
organi specifici, permettendo una somministrazione più ridotta e mirata dell‟agente di contrasto
stesso e aumentandone di conseguenza la potenzialità diagnostica.
L‟attività svolta in questo anno è stata indirizzata al raggiungimento di tali obiettivi.
Leganti AAZTA-like
A prosecuzione dell‟attività svolta negli anni precedente, sono stati sintetizzati alcuni derivati del
legante base AAZTA (acido 6-ammino-6-metilperidro-1,4-diazepin-N,N‟,N”,N”-tetraacetico). Il
legante AAZTA forma un complesso di Gd3+ in possesso di caratteristiche ottimali per lo sviluppo
di agenti di contrasto ad elevata efficienza:
-
è stabile in vivo e non tossico anche a dosi molto superiori a quelle impiegabili;
mostra una rilassività elevata, conseguenza della presenza di due molecole di acqua
coordinate e di una elevata velocità di scambio delle stesse.
La presenza di questi due parametri strutturali e dinamici ottimali permette di predire rilassività
elevatissime, a patto di ottimizzare anche l‟ulteriore variabile rappresentata dal tempo di
correlazione rotazionale del complesso, risultato ottenibile con l‟aumento della massa molecolare
del sistema paramagnetico.
E‟ stato quindi progettato e sintetizzato un legante AAZTA-like lipofilo, caratterizzato da una
catena alchilica eptadecilica (AAZTA-C17) e in grado di formare supramolecole a base lipidica.
Il legante AAZTA-C17 forma un complesso stabile con Gd3+ con una rilassività di 10.2 mM-1s-1, ben
superiore a quella di Gd-AAZTA (7.1) e ai riferimenti clinici Gd-DOTA e Gd-DTPA (4.2-4.3). Tale
rilassività si innalza a 30 mM-1s-1 a concentrazioni > 0.1 mM a causa della auspicata autoformazione
di micelle e infine raggiunge il valore di 84 mM-1s-1 in presenza di albumina (HSA) con la quale il
complesso (e anche le corrispondenti micelle) formano un addotto supramolecolare reversibile di
dimensioni ragguardevoli. Tale valore di rilassività rappresenta il massimo assoluto per questa
categoria di complessi di gadolinio.1
Il complesso Gd-AAZTA-C17 forma inoltre addotti reversibili con LDL (Low Density
Lipoproteins), con una rilassività di circa 22 mM-1s-1 ma soprattutto in grado di legarsi ai recettori
101
delle LDL, sovraespressi in cellule tumorali. Ciò permette di indirizzare LDL caricate con GdAAZTA-C17 verso le cellule tumorali stesse e di visualizzare queste ultime con maggior selettività.
Questa azione di contrasto mirato e selettivo di addotti LDL Gd-AAZTA-C17 è nettamente superiore
a quella ottenibile con analoghi complessi basati su altri leganti.2
Leganti EGTA-like
Il legante commerciale EGTA forma un complesso di Gd3+ dotato di una molecola di acqua
coordinata in regime di scambio veloce con l‟acqua di bulk. Tale caratteristica è utile per lo
sviluppo di agenti di contrasto ad elevata rilassività, ma il complesso Gd-EGTA è inficiato dal basso
tempo di correlazione rotazionale e dalla scarsa stabilità termodinamica. L‟aumento della massa
molecolare ed un irrigidimento strutturale potrebbero risolvere questi due problemi e portare la
rilassività dell‟agente di contrasto risultante a valori prossimi ai massimi teorici.
A tal fine sono stati ideati e realizzati nuovi leganti basati sulla modifica strutturale del legante
commerciale EGTA, nei quali l‟unità ossietilenica centrale è fusa con sistemi aromatici benzenici o
poliaromatici. Tra questi va segnalato un legante, NpEGTA, nel quale l‟unità ossietilenica è fusa
nelle posizioni 2,3 di un nucleo naftalenico. Il risultante complesso Gd-NpEGTA, in possesso di una
rilassività leggermente superiore a quella del genitore Gd-EGTA, moltiplica la propria efficienza in
seguito ad un‟interazione reversibile non covalente con HSA, caratterizzata da una particolare
coesione tra la macromolecola e il complesso paramagnetico; la conseguenza immediata è un
sensibile aumento del tempo di correlazione rotazionale dell‟addotto supramolecolare e una
rilassività dell‟ordine di 80 mM-1s-1, la più alta per un complesso con una sola molecola di acqua
coordinata. Un analogo derivato benzofuso di EGTA è stato preparato parallelamente, ma forma un
addotto con HSA meno coeso a causa di fenomeni di rotazione interna; la rilassività di quest‟ultimo
è nettamente inferiore.
Nonostante la stabilità di questi nuovi derivati di EGTA sia ancora da implementare per giungere ad
un sicuro impiego in vivo, è stato possibile dimostrare che un‟adeguata ottimizzazione dei parametri
strutturali e dinamici del complesso può risultare in valori di rilassività molto vicini a quelli teorici.
Altri leganti
In questo filone di ricerca sono stati studiati alcuni derivati di leganti più classici, sempre con
l‟obiettivo di acquisire maggiori informazioni sulla dinamica di questi sistemi e di impiegare tali
conoscenze per il loro miglioramento.
In un primo caso è stato sintetizzato un legante a struttura aciclica, basato su uno scheletro
dietilentriamminico sul quale sono stati impiantati, oltre a tre canonici gruppi acetici anche due
residui 6-idrossimetil-2-piridinmetilici. Il legante risultante è un analogo del noto DTPA (acido
dietilentriamminopentaacetico) nel quale i due residui eterociclici sono deputati alla coordinazione
del metallo (mediante gli eteroatomi azinici) e ad interagire con la molecola di acqua coordinata
(attraverso i residui idrossimetilici).
Il corrispondente complesso di Gd3+ risulta strutturalmente simile al complesso Gd-DTPA, a
conferma della coordinazione da parte dei residui piridinici. La marcata differenza risiede nel
sensibile aumento del tempo di residenza dell‟acqua coordinata, otto volte maggiore che nel
corrispondente complesso Gd-DTPA e la cui ragione è stata attribuita all‟influenza di legami ad
idrogeno stabilentisi tra la molecola di acqua coordinata e i residui idrossimetilici posizionati sugli
anelli eterociclici.4
In un secondo caso, struttura e dinamica dei complessi di due leganti derivati dal noto DOTA (acido
1,4,7,10-tetraazaciclododecan-1,4,7,10-tetraacetico) sono state studiate con una combinazione di
metodi rilassometrici e di luminescenza. In tali leganti uno dei residui carbossimetilici di DOTA è
sostituito da un residuo 2-naftilmetilico oppure 2-chinolinmetilico, gruppi cromofori ma dei quali
solo l‟ultimo coordinante il metallo. Sono state determinate numerose informazioni sui
corrispondenti complessi di Gd3+, Eu3+ e Tb3+.5 Come atteso, il gruppo naftilico non coordina ma
nonostante ciò può trasferire al metallo energia acquisita da fotoni.
102
Il residuo eterociclico coordina il metallo, anche se la coordinazione è in questo caso complicata
dalla formazione di più specie in soluzione; il trasferimento di energia acquisita da fotoni è in questo
caso più efficiente, dato il contatto diretto tra il cromoforo e il metallo.
Ottimizzazione di coniugati macromolecolari
La teoria del rilassamento paramagnetico prevede un possibilie incremento di relassività da circa 5 a
50-100 mM-1 s-1 (per Gd e per molecola d‟acqua coordinata) qualora il tempo di riorientazione
molecolare ( R) aumenti da 60 ps a 1-10 ns. Lungo questa linea sono stati preparati dimeri o trimeri,
legati i complessi a substrati macromolecolari, in modo sia covalente che non covalente, studiata
l‟incorporazione dei complessi in micelle, liposomi e dendrimeri. Per quanto si sia osservato un
buon aumento di relassività, questo è stato ben lontano dal valore previsto dalla teoria. Ciò è
spiegato dal fatto che l‟aumento delle dimensioni molecolari è stato accompagnato spesso da un
notevole aumento dei moti locali (ad es. rotazioni interne attorno al punto d‟attacco del complesso al
sistema macromolecolare) che risultano in un aumento del R efficace abbastanza limitato e da una
velocità ridotta dello cambio dell‟acqua coordinata.
Per affrontare questi problemi noi abbiamo considerato:
l‟ancoraggio di complessi idrossipiridinonici di Gd(III) sulle superfici interne ed esterne di
capsidi virali. Questi nanosistemi selettivamente funzionalizzati presentano una notevolissima
relassività molecolare, adatta per applicazioni di Imaging Molecolare. Inoltre, la coniugazione
delle sonde sulla sola superficie interna permette la funzionalizzazione di quella esterna con
vettori per il targeting recettoriale.
ii) la sintesi di un derivato “ad hoc” dell‟EGTA con l‟introduzione di un residuo naftalenico sul
ponte ossietilenico. Il corrispondente complesso di Gd(III) interagisce reversibilmente con la
HSA e l‟addotto risultante è caratterizzato da una mancanza di moti interni di rotazione.
Un‟analisi più dettagliata dei dati rilassometrici con l‟approccio Lipari-Szabo ha permesso di
dimostrare che gli alti valori di relassività previsti dalla teoria sono effettivamente misurabili
con la simultanea ottimizzazione della rotazione del sistema e dello scambio dell‟acqua
coordinata.
i)
Sviluppo di complessi della famiglia “HOPO”
E‟ proseguito lo studio dei complessi di Gd della famiglia HOPO (leganti esadentati derivati dal
TREN-3,2-idrossipiridinone), caratterizzati da elevatissima stabilità termodinamica e dalla presenza
di due molecole d‟acqua di coordinazione. I risultati più rilevanti sono: i) complessi stabili in
condizioni fisiologiche in cui lo ione Gd(III) è nonacoordinato e quindi presenta 3 molecole d‟acqua
nella sua sfera interna di coordinazione. L‟aumento del numero di idratazione q, pur in presenza di
una elevata stabilità, fornisce complessi di elevata relassività molto promettenti per la messa a punto
di sonde ad alta efficacia. Il parametro q e quindi la stabilità dello stato fondamentale di
coordinazione dei complessi è controllato grazie alla natura di opportuni sostituenti ed alla loro
capacità di formare interazioni idrogeno con le molecole d‟acqua coordinate. Alternativamente, un
controllo di q, cioè un suo aumento da 2 a 3, si è realizzato cambiando il gruppo “cappante” da
TREN a triazaciclononano (TACN). ii) complessi ottacoordinati (4 gruppi HOPO) che realizzano
una struttura altamente simmetrica e risultano in un tempo di rilassamento elettronico
favorevolmente lungo, pur mantenendo una elevata velocità di scambio per la molecola d‟acqua
coordinata.
Sistemi paramagnetici “responsivi”
Si tratta di complessi di Gd la cui relassività è resa funzione di un determinato parametro
biochimico: pH, pO2, T, concentrazione di metabolici, attività enzimatica. Noi abbiamo studiato la
potenzialità di un complesso con un legante eptadentato derivato dal DO3A che varia il suo stato di
idratazione in seguito all‟attacco dell‟enzima esterasi. In seguito all‟azione dell‟enzima vengono
rimosse cariche negative sul legante e reso possibile l‟approccio al centro metallico di ioni
103
carbonato (presenti in soluzione acquosa a pH fisiologici) che rimuovono le due molecole di acqua
coordinate. La variazione di relassività è molto pronunciata e specifica per l‟enzima considerato.
Sviluppo di sonde per l’imaging molecolare
La messa a punto di sonde per imaging molecolare consiste di due parti: la sintesi di vettori
peptidici in grado di procedere al riconoscimento di molecole-reporter di alcune determinate
patologie per diagnostica oncologica e/o cardiovascolare e l‟ottimizzazione di sistemi ad elevata
capacità contrastante nelle immagini di risonanza magnetica. La coniugazione delle due parti
permette la preparazione di una sonda per imaging molecolare. I target molecolari sono
rappresentati da molecole che siano un‟espressione caratteristica del tumore, possibilmente comune
a più tipologie di tumore oppure molecole che siano espresse in eccesso nel corso di determinate
patologie (ad es. la fibrina nelle placche arteriosclerotiche). I target possono trovarsi: nello spazio
extracellulare in stretta prossimità della superficie cellulare (a), sulla superficie delle cellule
tumorali (b), o sulle cellule endoteliali dei vasi neoformati all‟interno della massa tumorale (c). A
questo scopo è stato individuato tramite tecnica di “phage display”, e sintetizzato attraverso sintesi
in fase solida, un peptide (BB1) che riconosce cellule endoteliali tumorali umane selettivamente da
quelle sane. Questo peptide è stato poi coniugato ad una tossina (Saporina) per osservare l‟apoptosi
delle cellule tumorali su cui il coniugato BB1-saporina si era legato. Dal punto di vista invece
dell‟imaging reporter, sono state esplorate una serie di vie sintetiche per l‟ottenimento di agenti
chelanti bifunzionali (BFCA) basati sulla struttura del DOTA-monoammide. I BFCA presentano
una gabbia macrociclica in grado di coordinare ioni lantanoidei ed un gruppo funzionale reattivo più
o meno lontano dal complesso di coordinazione. In questo caso sono stati sintetizzati BFCA
contenenti gruppi ammino, idrossi, aldeide, maleimmido spaziati dalla gabbia da linkers di due
diverse lunghezze. Questi gruppi funzionali permettono la coniugazione del legante o del complesso
a substrati biologici in grado di agire da vettori per il targeting cellulare.
Biosensori e biostrumentazione (tematica d)
I biosensori sono dispositivi analitici innovativi costituiti da un elemento biologico responsabile del
riconoscimento molecolare in intimo contatto con un trasduttore di segnale. Tali dispositivi sono
proposti come sistemi rapidi di analisi per le più diverse problematiche che spaziano dall‟analisi
ambientale, alla diagnostica clinica ed allo studio di base dell‟interazione farmaci-biomolecole.
In particolare nei nostri laboratori sono stati sviluppati biosensori costituiti da DNA
(ss- o ds-DNA) come recettore in intimo contatto con un trasduttore di segnale
elettrochimico (la cella elettrochimica è una striscia serigrafata monouso di
dimensioni estremamente ridotte, vedi figura a lato). La tecnica si basa
sull‟osservazione del segnale di ossidazione delle guanine del DNA adsorbito sulla
superficie dell‟elettrodo. Qualsiasi sostanza che interagisce direttamente con esse o
nelle sue vicinanze (attraverso legame covalente o intercalazione) modifica il
comportamento redox delle basi e, di conseguenza, l‟intensità del segnale. La
valutazione di tale interazione può aiutare a stabilire se il DNA può rappresentare il
bersaglio d‟elezione per un farmaco antitumorale, ma anche a stimare il rischio
collegato all‟uso o alla presenza in un certo ambiente di sostanze potenzialmente
pericolose e predire la possibilità di effetti tossici e danno al DNA.
Il biosensore elettrochimico è stato testato con diversi complessi metallici di affermata o potenziale
attività antitumorale (cisplatino, carboplatino, oxaliplatino ed altri complessi di Pt(II), ma anche
complessi di Ru e Ti) per avere informazioni semi-quantitative sulla loro farmacodinamica, l‟effetto
di massa svolto da altre sostanze presenti in soluzione, e l‟affinità intrinseca con la
biomacromolecola. In particolare sono stati eseguiti recentemente studi sull‟effetto del sistema
tampone carbonato sull‟attivazione dei complessi tipo cisplatino.
104
E‟ ben noto che la formazione dei legami intrastand Pt-purine sulla doppia elica del DNA necessita
la sostituzione di due cloruri con molecole d‟acqua. E‟ stata tuttavia ipotizzata la formazione
d‟intermedi con altri anioni, come carbonati (che costituiscono per importanza il secondo sistema
tampone nel corpo umano), acetati, fosfati, o tiolati. I risultati ottenuti confermano che gli ioni
carbonato aumentano in modo significativo l‟interazione tra cisplatino, carboplatino ed oxaliplatino
con il DNA.
Oltre che in campo farmacologico, i biosensori trovano impiego negli studi ecotossicologici per
verificare il possibile effetto genotossico di metalli pesanti o loro composti. Lo studio sia di sistemi
modello che di sistemi reali hanno mostrato sempre ottime correlazioni tra i risultati elettrochimici
ed i classici test di genotossicità. Il metodo proposto può completare ed affiancare i test classici di
ecological/environmental risk assessment e quindi funzionare da pre-screening per la valutazione
preventiva (economica e rapida) dei campioni da inviare poi all‟analisi ecotossicologica.
Nuovi farmaci inorganici in oncologia (tematica e)
Farmaci antitumorali a base di Pt(IV)
È generalmente accettata l‟ipotesi secondo la quale i complessi di Pt(IV) agiscono come profarmaci: la riduzione al corrispondente complesso di Pt(II), cineticamente più labile, sembra essere
alla base dell‟attività antitumorale dei complessi di Pt(IV). In effetti, molti complessi di Pt(IV) sono
attivati dall‟ambiente riducente (ipossico) del tessuto tumorale che converte il complesso ottaedrico
di Pt(IV) (inerte) nel corrispondente complesso planare-quadrato di Pt(II) (attivo per la sostituzione
di due cloruri con altrettante molecole d‟acqua) tramite una riduzione a due elettroni e la perdita dei
leganti assiali. Pertanto sia la facilità con cui un complesso si riduce (potenziale di riduzione) che
l‟efficacia del complesso di Pt(II) prodotto ne influenzeranno l‟attività biologica. La scelta dei
leganti è quindi un punto chiave nel design di nuovi complessi di Pt(IV) per collocare il potenziale
redox nella finestra biologica e per modulare la lipofilia del complesso stesso.
In questo lavoro, sono state sintetizzate due serie di complessi di Pt(IV)
utilizzando il cisplatino e il nedaplatino rispettivamente come scaffold
H3N
Cl
H3N
O
L
L
equatoriale e variando invece i leganti assiali L (L = carbossilato, cloruro
Figura 1: complessi sintetizzati
e ossidrile). I complessi sintetizzati sono stati caratterizzati tramite
l‟utilizzo di RP-HPLC ed NMR multinucleare.
H3N
L
Pt
Cl
H3N
L
Pt
O
O
La citotossicità dei complessi è stata testata in vitro su linee cellulari A2780 (carcinoma ovarico
umano) e HCT116 (coloncarcinoma umano). Inoltre sono stati misurati i potenziali di riduzione di
tutti i complessi utilizzando sia la polarografia (su elettrodo a goccia di mercurio) che la
voltammetria (elettrodo glassy carbon).
I valori di IC50 per il tumore del colon e per il tumore dell‟ovaio seguono lo stesso trend: complessi
attivi su una linea cellulare sono attivi anche sull‟altra. È stata trovata una correlazione tra i
potenziali di riduzione e la citotossicità: i complessi con potenziale di riduzione più positivo (più
facilmente riducibili) sono quelli che hanno un effetto citotossico maggiore. Questi dati si accordano
con l‟ipotesi dell‟attivazione come conseguenza della riduzione; tutti i complessi ridotti portano al
medesimo complesso di Pt(II), quindi l‟attività dell‟analogo Pt(II) è la stessa per tutti i composti. Le
differenze sono da imputarsi alla facilità o meno della riduzione, che sembra essere il parametro più
influente.
Inoltre sono stati presi in considerazione complessi con diversi leganti equatoriali ma con gruppi
acetato come leganti assiali. I risultati sono analoghi a quelli precedenti, fatta eccezione per i
complessi JM216 e Trans-cis-cis-[Pt(IV)(Ac)2(DACH)(Cl)2], i cui i valori di IC50 per entrambe le
linee cellulari sono molto bassi (migliori dello stesso cisplatino), nonostante i potenziali di riduzione
nettamente negativi. È ipotizzabile che per questi complessi la riduzione non sia il meccanismo di
attivazione seguito o comunque che non sia il solo meccanismo possibile. Anche il complesso
destino biologico cui va incontro il JM216 nell‟organismo, formando tra le altre anche specie di
105
Pt(IV), avvalora quest‟ipotesi. Sono attualmente in corso ulteriori studi su questi ed altri complessi
di Pt(IV).
Effetto combinato di ipertermia e farmaci antitumorali a base di platino
I complessi di platino inibiscono la crescita tumorale attraversando la membrana cellulare e
reagendo con il DNA ma l‟esatto meccanismo con cui tali farmaci entrano o escono dalle cellule
non è ancora stato completamente spiegato. Si pensa che essi entrino nelle cellule per diffusione
passiva; l‟uptake del cisplatino è direttamente proporzionale alla sua concentrazione, non è inibito
da analoghi strutturali e non giunge a saturazione. Inoltre l‟ipertermia aumenta l‟uptake,
probabilmente perché aumenta la permeabilità della membrana cellulare. Studi recenti indicano che
il trasporto di rame e platino all‟interno della cellula sono strettamente correlati, pertanto si ipotizza
anche un certo coinvolgimento delle proteine trasportatrici del rame nell‟uptake di platino. Maggiori
informazioni sull‟uptake cellulare possono fornire basi farmaceutiche per modulare l‟effetto
antiproliferative dei farmaci stessi.
L‟ipertermia è una tecnica usata per trattare varie forme di malattie ed potenzia l‟azione citotossica
in chemioterapia antiblastica. L‟ipertermia agisce nelle cellule su acidi nucleici, membrana
cellulare, citoscheletro, DNA polimerasi, e altri enzimi preposti alla sintesi di DNA o RNA.
L‟ipertermia modifica molte proprietà fisiche delle membrane, specialmente la permeabilità e la
fluidità. Sono stati proposti molti modi d‟interazione tra farmaci ed ipertermia: aumento dell‟uptake
cellulare, alterazione della distribuzione cellulare del farmaco, alterazione del suo metabolismo,
aumento delle lesioni al DNA, ed inibizione dei meccanismi di riparazione dei danni al DNA.
L‟aumento della citotossicità di molti farmaci dovuto al calore è stato ampiamente dimostrato ed è
anche adottato in alcuni protocolli clinici.
Tra i complessi di Pt(II) il cisplatino mostra il maggiore incremento di citotossicità in combinazione
con l‟ipertermia su diverse linee cellulari. L‟effetto combinato di calore e di farmaco a base di
platino può essere additivo o sinergico e spesso ciò dipende dal tipo di farmaco, di linea cellulare,
dalla temperatura, dal tempo del trattamento e dal protocollo di trattamento. In ogni caso, il calore
aumenta la citotossicità dei farmaci a base di platino.
In questo lavoro è stato pertanto studiato l‟effetto
della temperatura sull‟uptake cellulare e la
Pt
Pt
H3N
Cl
H3N
O
citotossicità di tre farmaci a base di platino
O
O
(cisplatino, carboplatino ed oxaliplatino). Sono state
cisplatino
oxaliplatino
carboplatino
testate diverse concentrazioni e temperature. Per la
Figura 2: complessi di Pt(II) in uso clinico
valutazione dell‟uptake, le cellule sono state trattate
per 2 ore a 12-43 °C e poi mineralizzate. Il contenuto
di platino è stato testato mediante ICP-MS. La vitalità cellulare è stata valutata con test MTT dopo
24 ore di trattamento continuo e 48 ore di recovery in terreno di coltura fresco.
Solo il cisplatino ha dato effetti sinergici con l‟ipertermia (+43 °C). Il cisplatino è in grado di
idrolizzare e poi essere attivato per il legame al DNA nella scala dei tempi utilizzata (2 ore) e questo
processo è certamente favorito dalla temperatura. L‟effetto di questo trattamento combinato
potrebbe essere correlato ad una maggior formazione di addotti interstrand con il DNA e
all‟inibizione del sistema di riparazione del DNA.
O
H3N
H3N
Cl
H2
N
O
Pt
N
O
H2
O
O
O
N
H
OH
O
Studio di coniugati Pt-folato
OH
OH
Nell‟intento di sintetizzare complessi a base di platino che
possano manifestare una maggiore selettività verso le
H2N
N
N
cellule tumorali (drug targeting), è stata sfruttata la
Figura 3: acido folico
caratteristica delle cellule di molti tipi di tumore di
sovraesprimere i recettori per l‟acido folico. Pertanto, l‟acido folico, adeguatamente funzionalizzato
su uno dei suoi gruppi carbossilici, può essere utilizzato come vettore per la veicolazione selettiva di
frammenti citotossici di platino, in quanto riconosciuto ed internalizzato dai suoi recettori.
N
N
O
N
H
106
In questo lavoro sono stati preparati cinque complessi di Pt(II): quattro di essi contengono l‟acido
folico funzionalizzato in modo da essere il leaving group del complesso finale ed il quinto contiene
l‟acido folico come carrier group.
I leganti sono solubili in solventi organici (DMSO, DMF) ed in solventi acquosi a pH basici e sono
stati caratterizzati mediante spettroscopia NMR multinucleare; i corrispondenti complessi hanno una
solubilità notevolmente ridotta sia in solvente organico che in soluzione acquosa e sono stati
caratterizzati
mediante
analisi
NH2R
+ O
KO
O
O
termogravimetrica
(TGA),
Inductively
O
Pt NH R
H
2
N
O
Coupled Plasma – Mass Spectrometry
N
O
R = H o CH3
n
H
(ICP-MS) e spettroscopia IR. Solo il
O
O
n=0 o 3
N
N
HN
H
derivato con il folato carrier è risultato
O
O-K+
N
H2N
N
sufficientemente solubile da poter essere
O
O
H
N
caratterizzato
anche
mediante
NH2
N
N
O
H
H
N
O
spettrometria NMR multinucleare. Pur
H2N Pt
N
HN
Cl
H
avendo ottenuto leganti e complessi con
Cl
N
N
H2N
un elevato grado di purezza ed una
Figura 4: complessi Pt-folato
buona resa, questi ultimi sono
scarsamente solubili in soluzione acquosa, anche con l‟uso di un cosolvente (DMSO 1%), e quindi
non possono essere testati da un punto di vista biochimico e biologico.
Sono in corso ulteriori studi che prevedono la coniugazione dell‟acido folico ad un frammento
citotossico di platino attraverso un braccio spaziatore a basso peso molecolare contenente gruppi
polari (l‟inserimento di PEG ha prodotto complessi solubili, ma con citotossicità ridotta) per trovare
una soluzione al problema della solubilità dei complessi.
107
UNITA’ DI RICERCA POLITECNICA DELLE MARCHE
Direttore Scientifico: Prof. Giorgio Tosi
Biospetroscopia Micro FT-IR Imaging
In collaborazione con l‟Unità di Ricerca di Bologna,si è continuato lo studio finalizzato allo
sviluppo di una nuova tecnica per la preparazione di biomateriali da poter utilizzare come protesi
ossee. E‟ stato dimostrato che il calcio fosfato, in particolare l‟idrossiapatite Ca10[PO4]6[OH]6
(HAP), è ben tollerato dal tessuto osseo, soprattutto se associato al collagene. Il lavoro è stato perciò
suddiviso in due parti: una prima parte dedicata alla progettazione delle protesi ed una seconda parte
rivolta alla caratterizzazione delle stesse. Le protesi sono costituite da una superficie di titanio
rivestita da telopeptidi di HPA-collagene generati mediante una tecnica di deposizione
elettrochimica, con la quale le molecole di collagene vengono addizionate ad una soluzione acquosa
di NH4H2PO4-Ca(NO3)2 in modo da garantire la formazione sinergica di HAP e fibre di collagene
sulla superficie di titanio. Per quanto concerne la nostra competenza, abbiamo seguito il processo di
deposizione del collagene e dell‟HAP nel tempo, per caratterizzare la morfologia, le proprietà
termiche e la struttura del prodotto di rivestimento. L‟FT-IR Microimaging ha permesso di
evidenziare la natura chimica e l‟omogeneità dello strato di HAP-collagene nel corso della
deposizione elettrochimica. Per brevi periodi di deposizione, i risultati spettroscopici hanno messo
in risalto che l‟HPA si presenta sottoforma di fosfato di calcio amorfo e che cristallizza aumentando
il tempo di deposizione. Il processo di deposizione del minerale sulla superficie di titanio, inoltre,
viene favorito dalla presenza del collagene, che ne migliora la cristallinità e facilita la formazione di
una rete fibrosa mineralizzata.(1)
Sempre in collaborazione con l‟Università di Bologna,(2) si è proseguito lo studio relativo alla
citotossicità del crisotilo (o amianto bianco). Recentemente è stato possibile sintetizzare dei
nanocristalli di crisotilo da poter utilizzare come standard per lo studio delle loro proprietà
fisicochimiche e le loro interazioni con i sistemi biologici. L‟FT-IR, in particolare, ha permesso di
investigare le variazioni conformazionali della BSA (albumina sierica di bue), strutturalmente simile
all‟HSA (albumina sierica umana) nel momento in cui interagisce con la superficie del crisotilo.
L‟analisi spettroscopica della regione dell‟AI mediante il curve-fitting ha evidenziato, infatti, la
modifica della struttura secondaria della proteina, che da β-sheet (nella proteina liofilizzata) passa a
β turn (nell‟addotto BSA-crisotilo), suggerisce una riorganizzazione strutturale della proteina che
determina una maggiore interazione tra le proteine idrofiliche e la superficie del minerale, così da
creare un sito per il riconoscimento molecolare.
E‟ continuata anche l‟analisi su „building blocks‟ di composti bioattivi nella fattispecie di derivati
pirrolidinici preparati con la reazione di Baylis-Hillman, al fine di meglio comprendere il
meccanismo della reazione. Determinazioni FT-IR e studi di meccanica molecolare hanno permesso
di delucidare la stabilità conformazionale in vari solventi(3).
Lo studio spettroscopico di campioni biologici, come cellule o tessuti inoculati e tessuti umani da
resezione chirurgica nonché su fluidi biologici, è proseguito nell‟ottica di effettuare analisi quali- e
quantitative a livello molecolare con la possibilità di usare questa tecnica nella diagnosi di patologie
tumorali. Abbiamo approfondito i complessi e variegati aspetti dello studio FT-IR di tumori della
cavità orale, del colon e del seno (quest‟ultimo in collaborazione con l‟università di Atene) usando
sia una sorgente IR convenzionale e sia dispositivi multidetector.(4-6)
Gli spettri sono stati effettuati su linee cellulari e su sezioni di tessuto caratterizzate da zone
neoplastiche. I risultati dell‟Analisi multivarita sono stati confrontati con modelli spettrali di
proteine, acidi nucleici, lipidi e altri componenti di sistemi biologici. Sono stati inoltre analizzati
alcuni rapporti di bande rappresentative utili per differenziare i campioni sani da quelli malati e per
valutare il grado di avanzamento del tumore.
Si è iniziata una nuova linea di ricerca mirante allo studio di cellule staminali derivanti dalla polpa
dentaria al fine di una loro caratterizzazione spettroscopica durante il processo di differenziazione
che viene influenzato da vari fattori come il tipo e l‟età del paziente, l‟età del paziente nonchè dalle
109
modalità di trattamento. Il protocollo contempla la messa a punto di una buona casistica per la
formulazione di caratteristici standard spettroscopici da usare come riferimenti nello studio di
cellule staminali patologiche.
In collaborazione con l‟Università di Verona, inoltre, abbiamo proseguito lo studio sia di colture
cellulari transfettate con PSMA (Prostate Specific Membrane Antigen) (7) sia di linfomi di tipo nonHodgkin,(8). Abbiamo analizzato l‟effetto della trasfezione di PSMA nella linea cellulare CHO-WT
(Chinese Hamster Ovary cell-Wild Type), dal momento che non sono noti in letteratura studi
condotti su linee cellulari che correlino le modifiche spettroscopiche con i meccanismi coinvolti nei
processi patologici di questa ghiandola. Questi studi preliminari ci hanno permesso di constatare che
la trasfezione del PSMA nelle cellule CHO determina un aumento del contenuto proteico a livello
cellulare ed incrementa l‟attività di sintesi del DNA.
Per quanto concerne i linfomi non-Hodgkin (gruppo eterogeneo di malattie linfoproliferative di
varia malignità e aggressività che originano dai linfociti), l‟analisi spettroscopica ha evidenziato
notevoli differenze spettrali tra i campioni sani e quelli malati permettendoci di confermare l‟ipotesi
che nel processo di carcinogenesi l‟intera cellula subisce delle modificazioni riguardanti sia la
concentrazione lipidica e proteica sia il numero dei legami idrogeno tra i gruppi fosfato degli acidi
nucleici.
Complessi ternari lipidi-DNA-ioni metallici
Complexes composed of cationic liposomes (CLs) and DNA exhibit great potential in gene therapy
(GT), an innovative technique for correcting defective genes responsible for disease development.
Realization of the full potential of the GT will depend mainly on the future development of safe and
efficient nonviral gene delivery reagents. Cationic lipid-DNA complexes are presently the most
diffuse DNA carriers in nonviral gene delivery applications and are extensively used in clinical
trials worldwide because of their ability to mimic natural viruses as chemical carriers of
extracellular DNA across outer-cell and nuclear membranes (transfection). However, their
transfection efficiency is still low compared to the one of viral vector, the complexes are unstable in
the presence of serum, which creates difficulties for in vivo applications. Also, CLs are frequently
toxic for the cells. Complexes composed exclusively of neutral (zwitterionic) lipids could offer an
alternative to CLs, in that they exhibit lower inherent cytotoxicity and much longer circulation
lifetimes. Within this frame, we have carried on our search of complexes able to warrant loss of
celllular citoxicity together with effective DNA transfection ability.(9) The work on the
determination of the structure of complexes of DNA and lipidic mixture formed of DOPE/DOPEPeg350 have been completed. The results show interesting phase transitions of the complex, from
hexagonal (2D) to cubic phases (3D), depending on the DOPE-PEG(350) concentration in the
complex.(10) At the same time we have opened new synthetic routes to obtain liposomes of a
completely new structure consisteng on the functionalisation of liposomes either with saccarides,
that shall be able to activate enzymatic structures and so increase the trasfection efficiency, either
with oligopeptides characterised by high isoelectroic point, which, at physiological values of pH
show positive charge and by consequence could act as the CLs.
110
UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “La Sapienza”
Direttore Scientifico: Prof.ssa Elena Borghi
Nel corso del 2007 l‟Unità Operativa dell‟Università "La Sapienza" di Roma ha operato secondo le
seguenti linee di ricerca:
Metalloproteine come catalizzatori biologici
Biosensori e Biostrumentazione
1) Metalloproteine come catalizzatori biologici
Aspetti inorganici e bioinorganici nella chimica di sistemi macrociclici ad alta
delocalizzazione elettronica (Porfirine, Ftalocianine, Porfirazine)
C. Ercolani, F. Monacelli, M. P. Donzello, E. Viola
L‟attività scientifica del gruppo durante l‟anno 2007 si è andato sviluppando all‟interno di un
progetto complessivo che mira allo studio della sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nuovi
sistemi molecolari appartenenti alla classe delle porfirazine, argomento a cui lo stesso gruppo ha
dato un significativo contributo nell‟arco complessivo dell‟ultimo decennio con la preparazione di
nuovi macrocicli tetrapirrolici ftalocianino-simili quali le tetrakis(tia/seleno)diazolporfirazine
(Donzello,
M.
P.,
et
al.,
Coord.
Chem.
Rev.,
2006,
250,
1530),
le
tetrakis(difenildiazepino)porfirazine (Donzello, M. P. et al., J. Amer. Chem. Soc., 2003, 125, 14190)
e le tetrakis(dipiridinopirazino)porfirazine (Villano, M. et al, J. Phys. Chem. B, 2006, 110, 24534).
Orientamenti verso la finalizzazione applicativa dei sistemi studiati hanno riguardato aspetti
attinenti alle proprietà di semiconduttori, alle proprietà di ottica non lineare e, negli ultimi due-tre
anni, anche con l‟aiuto finanziario avuto dal CIRCMSB sotto forma di borse di studio annuali
bandite all‟interno dello stesso Consorzio, una nuova prospettiva di applicazione si è aperta che ha
riguardato lo studio di alcune serie di porfirazine come fotosensibilizzatori per la produzione di
ossigeno di singoletto,1O2. Tale agente chimico è particolarmente attivo nel contrasto ad alcune
forme di cancro all‟interno di una modalità terapeutica che va sotto il nome di terapia fotodinamica
(PDT). Gli ulteriori sviluppi di questo lavoro sono stati orientati alla sintesi, la caratterizzazione
chimico-fisica e lo studio della struttura molecolare ed elettronica di nuove classi di sistemi
macrociclici tetrapirrolici di tipo porfirazinico, avendo come ulteriore obiettivo l‟esame della loro
attività come fotosensibilizzatori. Questa tematica di lavoro era stata iniziata con significativi
risultati nel 2005, portata all‟interno del CIRCMSB come linea di ricerca innovativa e non
sviluppata da altri gruppi. Tale linea ha potuto ricevere l‟apporto della dottoranda Elisa Viola
entrata a far parte del gruppo di lavoro, usufruendo di una borsa di studio per l‟anno 2005 e di una
ulteriore borsa di studio che le è stata assegnata per l‟anno 2007.
Degli studi effettuati nell‟ambito della PDT si è relazionato in parte nell‟anno 2006 e quello
immediatamente precedente. Si riassumono qui in breve i progressi compiuti nell‟arco del 2007,
in primo luogo per ciò che riguarda lo studio effettuato sui complessi di Pd(II) della
tetrakis(dipiridinopirazino)porfirazina mono- e pentapalladati di formule, rispettivamente,
[Py8TPyzPzPd] (Figura 1A) e [(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] (Figura 1B).
Cl
Cl
Pd
Cl
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
Pd
N
N
N
N
Cl
N
N
Pd
N
N
Cl
A
111
Pd
Cl
B
Figura 1
Cl
N
N
N
N
N
N
Pd
N
N
N
N
N
N
Pd
N
N
N
Cl
Come fatto prioritario, si è ritenuto di approfondire l‟informazione circa gli aspetti strutturali di
notevole interesse che riguardano principalmente la specie pentanucleare, per la quale sono
prevedibili diversi isomeri strutturali. Gli studi condotti mediante tecniche 1H NMR e COSY e
calcoli teorici di tipo DFT, unitamente ad informazioni riguardanti la coordinazione esterna di PdCl 2
sul precursore 2,3-diciano-5,6-dipiridinopirazina [(CN)2Py2Pz] a formare la specie
[(CN)2Py2PzPdCl2], hanno permesso di stabilire sia il tipo di coordinazione del PdCl2 nella specie
pentapalladata, sia che quest‟ultima si presenta in modo preponderante nella forma geometrica che
prevede i gruppi esterni PdCl2 ed i relativi siti di coordinazione N2PdCl2, tutti orientati sullo stesso
lato rispetto al piano molecolare pirazinoporfirazinico, un caso raro di coordinazione “fuori del
piano” mai riscontrata, per quanto è dato sapere dalla letteratura, nel caso di sistemi macrocicli
pentanucleari, essenzialmente studiati dai gruppi di B.M.Hoffman e A.M.Barrett. A quello
dell‟aspetto strutturale, si è accompagnato uno studio dettagliato elettrochimico che ha permesso di
stabilire che riduzioni monoelettroniche ligando-centrate, reversibili o quasi reversibili, sono
possibili ed hanno valori di potenziale (V vs SCE) significativamente meno negativi di quelli
riscontrati per gli analoghi complessi di tipo ftalocianinico. Ciò è reso possibile per il carattere
fortemente elettron-deficiente del macrociclo pirazinoporfirazinico in conseguenza dell‟effetto
elettron-attrattore esercitato dai raggruppamenti esterni dipiridinopirazinici e degli effetti
addizionali dovuti alla coordinazione del PdCl2 nel pentapalladato o della quaternarizzazione,
mediante CH3I, degli N atomi piridinici presenti nella specie ottacationica, [(2-Mepy)8TPyzPzPd]8+
di Figura 2 (neutralizzata da ioni ioduro).
N
+
+N
H3C
CH3
N
+
N
N
N
H3C
N
N
N
Pd
N
(I-)8
N
N
CH3
N
N
N
N
N
+
+
CH3
N
N
H3C
+
N
N
N+
N
CH3
H3C
N
+
Figura 2: [(2-Mepy)8TPyzPzPd]8+
L‟attività di fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto, come già evidenziato
nella relazione del 2006, per le specie [Py8TPyzPzPd] (Figura 1A) e [(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] (Figura
1B) è di tutta rilevanza, con valori trovati di resa quantica di 1O2 intorno a 0.8-0.9. I dettagli di
questo comportamento come fotosensibilizzatori delle tre specie, inclusa quella ottacationica di
Figura 2, sono stati raccolti in un recente brevetto (C.Ercolani, et al.: RM2007A000571; 29/10/07).
La parte strutturale è stata ampliamente illustrata in una recentissima pubblicazione (Donzello,
M.P., et al., Inorg. Chem., 2008, 47, in stampa). E‟ stato inviato per la pubblicazione un
manoscritto, che fa seguito all‟uscita del brevetto, che illustra l‟azione di fotosensibilizzazione dei
suddetti complessi di Pd(II) (Donzello, M.P., et al., 2008).
L‟indagine riguardante l‟azione fotosensibilizzatrice è stata estesa ad altri derivati metallici
(Zn(II), Mg(II)) sia del macrociclo “pirazinoporfirazinico” (anche nella sua forma ottacationica)
come del macrociclo “tiadiazolporfirazinico” (Figura 3). Anche in questi casi, i complessi studiati
si comportano come potenti fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto e
particolarmente nel caso dei complessi (Figura 3) della tetrakis(tiadiazol)porfirazina, [TTDPzH2],
gli effetti studiati sono stati accompagnati da uno studio accurato, mediante calcoli DFT, dello
stato fondamentale dei macrocicli [TTDPzM] (M = 2H I, ZnII, MgII(H2O), CuII) e del
comportamento elettrochimico ancora caratterizzato da processi reversibili di riduzione
monoelettronica ligando-centrata, che dimostrano una notevole capacità di acquisizione elettronica
112
da parte del macrociclo associata alla proprietà di ridistribuzione della carica elettronica in eccesso
sull‟intero macrociclo.
S
N
N
N
N
N
N
N
N
S
N
M
N
S
N
N
N
N
N
N
S
Figura 3: [TTDPzM]
Il lavoro di sintesi di complessi contenenti il macrociclo “pirazinoporfirazinico” è stato esteso
alla preparazione e caratterizzazione di sistemi pentametallici eteronucleari, la cui caratterizzazione
è in fase di studio. Sempre per lo stesso anello macrociclico è stata studiata la serie di complessi di
cobalto. La serie è costituita da complessi di Co(I), Co(II) e Co(III). Anche questi sono in fase di
una definitiva caratterizzazione.
Due sono gli argomenti di lavoro riguardanti sistemi a “bassa simmetria”. Un contributo riguarda
la rifinitura di uno studio di un complesso avente al centro il sistema tetrapirrolico porfirazinico su
cui sono o-condensati tre anelli benzenici ed un anello difenildiazepinico. Di questa struttura
molecolare è stato studiato in particolare il complesso di Mg(II) su cui recentemente è stata svolta
una accurata indagine mediante NMR per stabilire quale forma tautomerica sia presente sull‟anello
diazepinico. Il lavoro è quasi completato e presto sarà pronto il manoscritto per una eventuale
pubblicazione.
Sempre nel campo della bassa simmetria, sono stati preparati complessi di Fe(II) del macrociclo
porfirazinico alla cui periferia sono legati 6 anelli benzenici ed un anello selenodiazolico ocondensato su un anello pirrolico. Dell‟anello selenodiazolico è stata studiata la possibilità di
conversione in anello tiadiazolico direttamente nei complessi sia di Mg(II) che di Fe(II) del
macrociclo a “bassa simmetria” (Donzello, M.P., et al., Mend. Comm., 2007, 17, 337).
1) Metalloproteine come catalizzatori biologici
L‟attività di ricerca si è articolata nell‟ambito della “Bio-X ray Absorption Spectroscopy (BioXAS)”
per i seguenti argomenti.
Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello
E. Borghi
In questo campo si è completato lo studio della modulazione del segnale XANES con MXAN per la
famiglia dei composti di rame mononucleari del legante poly(benzimidazolo) 2-BB, gli addotti con
azide ed acqua, forniti dal prof. L. Casella di Pavia. Questi composti hanno proprietà strutturali e/o
di reattività correlate a quelle dei derivati delle proteine enocianine (Hcs). Infatti il legante 2-BB,
tridentato con due N-imidazolici (N1 e N3) ed un N-ammino (N5), è modello strutturale del motivo
tris(imidazolo) presente nelle Hcs ed in altri sistemi biologici. In un lavoro di Casella (Inorg.Chem.
1996,35,1101-1113), dati cristallografici per gli addotti con metanolo, azide, nitrito, mostrano come
le distanze di legame e gli angoli non risentano della variazione della stereochimica al centro
metallico, e suggeriscono che il valore dell‟angolo N1-Cu-N3 possa sia riflettere variazione nel
numero di coordinazione sia presenza di disordine strutturale a causa della flessibilità del legante.
113
Precedentemente questi composti sono stati oggetto di un‟accurata analisi EXAFS con cui, però non
è stato possibile determinare il valore dell‟angolo N1-Cu-N3. I risultati XANES ottenuti hanno
indicato un perfetto accordo tra i dati strutturali di assorbimento X ed i dati strutturali di diffrazione
X (test del complesso [Cu(2-BB)N3](ClO4) a struttura nota). È stato necessario procedere al
raffinamento della modulazione XANES dello spettro sperimentale del complesso con acqua (senza
struttura X) per ottenere, in modo univoco e sicuro, informazioni strutturali.
E. Borghi, L. Casella, lavoro in preparazione
Caratterizzazione XAS alla soglia L3 del Pt di composti modello di platino(II)
E. Borghi in collaborazione con L.Olivi, Sincrotrone ELETTRA di Trieste
Questa linea di ricerca riveste importanza per la mancanza di una banca dati di spettri XAS, per i
pochi lavori d‟assorbimento X alle soglie (L1, L2, L3) del Pt disponibili in letteratura, e per la
necessità di testare la procedura di simulazione del programma MXAN sulle soglie L3 del Pt.
Sono stati considerati cis-[Pt(NH3)2Cl2], trans-[Pt(NH3)2Cl2], K2[PtCl4] e [Pt(NH3)4]Cl2 allo scopo
di testare la sensibilità di questa spettroscopia con differenti intorni dell‟atomo assorbitore, in
presenza di una diversa geometria di legame e di differenti strutture. Gli spettri XANES alla soglia
L3 del Pt sono stati acquisiti presso il sincrotrone ELETTRA di Trieste sulla linea EXAFS. La
misura effettuata in transmittanza in stato solido - unica possibilità per le caratteristiche della linea
di Trieste - stressa il contributo strutturale e complica la simulazione degli spettri XANES dei
complessi di Pt(II) considerati. La simulazione per il cisplatino ed il transplatino (stesso intorno Ztipo del legante, diverse distanze ed angoli tra i leganti, diversa geometria di legame) si è rivelata
molto più complessa del previsto. Dal momento che si deve tener conto degli effetti geometrici delle
proprietà di simmetria presenti, che provocano distanze intermolecolari < di 3.6 Å (cisplatino) e ~
5.0 Å (transplatino), è necessario considerare per la simulazione cluster di atomi ad ampio raggio.
Questo approccio – che considera non più centri mononucleari, ma bi- o tri-nucleari -sta
complicando ed allungando i tempi di calcolo, ed i relativi costi.
E. Borghi, L. Olivi, simulazione in corso
Trasporto cellulare del platino: interazione di antitumorali a Pt con platinofili intra-cellulari e
proteine coinvolte nel trasporto di Cu
E. Borghi in collaborazione con G. Natile, F. Arnesano- Dipartimento Farmaco-Chimico, Università
di Bari- Congiu-Castellano- Dipartimento di Fisica, Università di Roma “La Sapienza”
Un progetto di spettroscopia XAS, alla soglia L3 del Pt, è stato attivato nel 2007 presso il laboratorio
EMBL ad Amburgo e le prime misure sono state effettuate in novembre presso il sincrotrone DESY
sulla linea EMBL EXAFS (D2). Il progetto XAS è parte di un approccio combinato (NMR
strutturale, ESI-MS, CD-UV/Vis) che si pone l‟obiettivo di contribuire a spiegare il meccanismo di
trasporto cellulare del platino. L‟analisi e la simulazione quantitativa dei dati XAS permetteranno di
meglio comprendere e caratterizzare la natura e la quantità dell‟informazione chimica (Z-tipo del
legante, distanze ed angoli tra i leganti) contribuendo alla risoluzione strutturale degli addotti
“attivi” nel processo di trasporto cellulare del platino.
In approccio XANES ed EXAFS sono stati acquisiti gli spettri, in soluzione, per due composti
modello di riferimento (cisplatino e transplatino, dati X disponibili) e per due Pt(II)-complessi,
senza struttura ai raggi X, con differenti intorni di N/Cl/S-atomi donatori allo scopo di elucidare le
caratteristiche strutturali di intorni al Pt-assorbitore differenti per Z-tipo e isomeria geometrica.
È stato considerato un complesso con glutatione (GSH) poichè questo peptide è ritenuto rivestire un
ruolo importante nel trasporto cellulare degli antitumorali a platino. Questo complesso, senza
struttura X, è stato caratterizzato con NMR e testato in vitro (J.Med.Chem., 2005, 48, 3364-3371) ed
è supposto essere una specie binucleare simmetrica con cromoforo [(N2)Pt(µ-GS)2Pt(N)2].
Sono stati acquisiti dati per il complesso Mets7 : transplatino e per due addotti Mets7 : cisplatino.
Mets7 è l‟octapeptide MTGMKGMS, strutturalmente simile al motivo ricco in metionina della
proteina Ctr1 coinvolta nel trasporto di Cu, implicata anche nell‟ingresso attraverso la membrana
cellulare degli antitumorali a Pt. L‟interazione di Mets7 con cisplatino e transplatino è stata già
114
considerata con UV-CD, ESI-MS e NMR strutturale (Angew.Chem.Int.Ed., 2007, 46, 1-4), ed è
stato mostrato un diverso comportamento per i due isomeri.
Per tutti i campioni considerati si è effettuata un‟analisi EXAFS di prima sfera di coordinazione, ma
solo l‟analisi e la simulazione quantitativa dei dati XAS in approccio di multiplo scattering EXAFS
e XANES permetterà di contribuire alla risoluzione strutturale degli addotti Mets7:cis-/trans-platino
e dei composti di Pt(II) senza struttura X.
2) Biosensori e Biostrumentazione
Biosensore respirometrico per l’identificazione di dosi critiche ed indici di meccanismi di
tossicità dei metalli
R. Dragone in collaborazione con C. Frazzoli, A. Mantovani - Dipartimento Sanità Alimentare ed
Animale, Istituto Superiore di Sanità, Roma - C. Massimi, L. Campanella - Dipartimento di
Chimica, Università di Roma “La Sapienza”
È stato applicato un biosensore a cellule di lievito per la valutazione della tossicità di forme
biodisponibili (cloruri) di metalli di transizione (Pd, Pt e Rh), per i quali il documentato accumulo negli ultimi decenni- nei diversi comparti ambientali, negli alimenti e nei fluidi biologici umani
segnala la necessità di studi tossicologici mirati ad una correlazione fra esposizione ambientale,
concentrazione nei tessuti e potenziali conseguenze tossiche.
I risultati ottenuti con tale metodo sono stati pubblicati.
115
UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “Tor Vergata”
Direttore Scientifico: Prof. Massimiliano Coletta
Nel corso del 2007 l‟Unità Operativa di Roma Tor Vergata ha effettuato una serie di ricerche sui
seguenti argomenti.
1) Emoproteine e composti modello
2) Metalloenzimi
3) Stress ossidativo
1) Emoproteine e composti modello
In questo campo le indagini si sono focalizzate su alcuni aspetti delle interazioni di alcune
mioglobine con legandi della forma ferrica. In particolare, si è studiata la reattività di sodio azide
con mioglobine di cavallo, di balena ed una forma chimicamente troncata della mioglobina di
cavallo (miniMb). Si è così evidenziato che l‟interazione di sodio azide è modulata dalla relassività
della molecola di H2O, che coordina la forma Fe(III). Infatti nella mioglobina di cavallo, in cui il
tempo di rilassamento della molecola di H2O fra la tasca dell‟eme ed il solvente esterno è molto più
rapida, si ha una velocità di reazione con sodio azide molto più lenta, risultato di una più efficace
competizione della molecola di H2O nei confronti del legando esogeno. Questa proprietà è stata
attribuita, in via ipotetica, alla diversa conformazione della tasca dell‟eme nei confronti della
mioglobina di balena. La miniMb è risultata essere in due forme, l‟una (in cui l‟eme è coordinato
con una molecola di H2O, come in quella intera di cavallo) è più veloce della mioglobina intera,
probabilmente a causa della maggiore apertura della tasca dell‟eme nei confronti del solvente; l‟altra
(in cui l‟eme è esacoordinato con un residuo endogeno, probabilmente un‟istidina) risulta essere
molto più lenta, in quanto è limitata dalla dissociazione del legando endogeno. Tale studio è stato
pubblicato sulla rivista internazionale Biophysical Journal. Inoltre, sempre per quanto riguarda le
forme ferriche, si sono effettuati due studi, entrambi pubblicati sulla rivista Biochemical and
Biophysical Research Communications, in cui si è evidenziato che (i) l‟ossidazione da perossinitrito
della forma Fe(II)-CO è limitata dalla dissociazione del legando gassoso, seguita da una rapida
ossidazione; (ii) l‟ossidazione da ferricianuro della forma Fe(II)-NO mostra invece la rapida
formazione (linearmente dipendente dalla concentrazione di ferricianuro) dell‟intermedio Fe(III)NO, che poi evolve verso la forma Fe(III) con dissociazione della molecola di NO.
Inoltre, si sono effettuati studi di folding/unfolding sulla mioglobina a seguito della reazione con
detergenti anionici, quali sodio dodecil solfrato (SDS). Tale indagine, che ha prodotto una
pubblicazione sulla rivista Biophysical Journal, ha evidenziato come la mioglobina reagisca
differentemente con SDS a seconda che questi si trovi in forma solubile o macellare. Gli intermedi
spettroscopici appaiono essere diversi nei due casi, mostrando la formazione di specie esa- e pentacoordinate.
Inoltre, sempre nel campo del folding/unfolding si è studiato l‟effetto di mutazioni sito-specifiche
nel citocromo c, evidenziando come le differenti istidine svolgano ruoli fondamentalmente diversi
nelle varie fasi di fodling/unfolding. Sempre sul citocromo c, si è effettuata la caratterizzazione
spettroscopica e funzionale del citocromo c adsorbito su un elettrodo d‟oro. Si è trattato della messa
a punto di una procedura che permettesse di avere un mutante sito-specifico del citocromo c, in cui
la Thr102 è stata sostituita da una Cys (capace di legare l‟elettrodo), adsorbito su un elettrodo di
oro. Tale citocromo mantiene le proprietà redox del citocromo nativo, anche se non è stato ancora
possibile eliminare una certa eterogeneità di popolazione.
Infine, si è effettuato uno studio completo di una emoproteina batterica da Azotobacter vinelandii,
composta di due domini, uno preposto all‟interazione con legandi gassosi, quali O2 e CO, e l‟altro
come sensore per la trasduzione di un segnale associato ai livelli di ossigeno. Si sono caratterizzate
le proprietà funzionali, sia cinetiche che termodinamiche, delle reazioni del solo dominio eme e
della proteina intera con O2 e CO, evidenziando delle drammatiche differenze funzionali che
117
presuppongono una variazione conformazionale del dominio eme allorché è legato al dominio
sensore.
2) Metalloenzimi
Lo studio si è prevalentemente rivolto alla caratterizzazione funzionale dell‟attività delle
Metalloproteasi di matrice (MMPs, che sono delle endopeptidasi con un atomo di Zn++ nel sito
attivo con un ruolo catalitico) nei confronti di substrati naturali, in particolare di collageni di vario
tipo fra quelli presenti nel tessuto connettivo, ma anche del fibrinogeno.
In particolare, un‟indagine, che ha portato ad una pubblicazione su Journal of Molecular Biology,
si è rivolta alla caratterizzazione funzionale del meccanismo di processamento del collagene I da
parte di una collagenasi (MMP-8), una gelatinasi (MMP-2) e la porzione esocellulare di una
metalloproteasi di membrana (MMP-14). Si è così evidenziato come il meccanismo di azione della
gelatinasi sia sostanzialmente diverso da quello delle altre due. Infatti, l‟interazione della gelatinasi
MMP-2 con il collagene I avviene tramite il dominio fibronectinico (presente solo nella MMP-2),
che lega preferenzialmente la catena -1, inducendo uno rotolamento massiccio della struttura a
tripla elica. Una volta srotolata l‟elica, la MMP-2 processa preferenzialmente la catena -2.
Completamente diverso è il comportamento della collagenasi MMP-8 (così come della MMP-14),
che interagisce con il collagene I tramite il dominio emopessinico, non inducendo alcuna alterazione
(almeno osservabile) della struttura a tripla elica. L‟interazione non mostra alcuna preferenzialità e
le due catene vengono processate in modo assai simile.
Analoga preferenzialità di interazione è stata osservata nel caso dell‟interazione della MMP-2 con
il fibrinogeno (formato da una tripla elica di tre catene distinte -, - e -),. Infatti, i dati cinetici e il
molecular modeling hanno indicato entrambi che MMP-2 interagisce preferenzialmente con la
catena
del fibrinogeno, processando invece molto velocemente la catena
(che è la più
disordinata dal punto di vista strutturale) e più lentamente la catena , mentre la catena è lasciata
imperturbata. Infine, appare particolarmente interessante l‟osservazione che il fibrinogeno ossidato
da perossinitrito, processo che sembra aver luogo “in vivo” durante lo stress ossidativi, comporta
l‟abolizione delle proprietà coagulanti del fibrinogeno, che continua però ad essere processato
enzimaticamente da MMP-2
3) Stress ossidativo
Nell‟ambito di tale argomento si è continuato ad investigare il ruolo di metalli, quali soprattutto gli
ioni Cu nel determinare stresso ossidativo e come questo sia correlabile al morbo di Alzheimer. In
particolare, si sono studiati dei nuovi composti di sintesi a base di Cu2+ che inducono apoptosi
tramite meccanismi differenziati, ossia tramite (a) un danno diretto a livello del nucleo e dei
mitocondri, oppure (b) un‟ossidazione diffusa accompagnato da segnali di stresso ossidativo.
Infine si è evidenziato come dei composti derivanti dall‟estrazione dell‟aglio inducano apoptosi e
arresto della crescita cellulare nel neuroblastoma collegato all‟attività della NO sintetasi neuronale.
Infatti, l‟esposizione delle cellule di neuroblastoma ai solfuri derivati dall‟aglio insieme ad un
inibitore della NO sintetasi induce un‟apoptosi molto più marcata e veloce, che viene invece ridotta
dalla iperespressione di NO sintetasi.
118
UNITA’ DI RICERCA DEL SALENTO
Direttore Scientifico: Prof. Francesco Paolo Fanizzi
Gruppo Prof. Francesco Paolo Fanizzi, Michele Benedetti, Antonella Ciccarese, Sandra Angelica
De Pascali, Paride Papadia, Danilo Migoni, Serena Capoccia, Vecchio Vita Maria Grazia, Cosimo
Ducani, Laura Del Coco, Daniela Antonucci.
L‟attività del gruppo di Chimica Generale ed Inorganica svolta nel contesto delle linee
programmatiche C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati,
inerenti la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”.
Orto-alchilazione altamente selettiva di fenoli metallo mediata. Primi analoghi
organometallici del cromano contenenti platino.
Abbiamo sintetizzato e caratterizzato, per la prima volta in letteratura, derivati del Pt
strutturalmente simili alla vitamina E, caratterizzati da un core metallo-cromano,
[Pt(EtPh)(phen)]
(1a) (EtPh = 2-(ethan-2'-yl-kC1)-1-phenolato-kO1, phen = 1,10phenanthroline) e [Pt(MeOEtPh)(phen)] (1b) (MeOEtPh = 2-(ethan-2‟-yl-kC1)-4-(methoxy)-1phenolato-kO1). Il meccanismo della reazione di formazione include una reazione inattesa di
alchilazione con una sostituzione elettrofila aromatica altamente stereoselettiva in orto
sull‟anello fenolico, operata da [PtCl( 1-C2H4OR)(N–N)], R = Me or Ph, e uno step finale di
ciclizzazione. E‟ stata determinata la struttura ai raggi X del complesso [Pt(EtPh)(phen)]. Gli
studi di citotossicità e la determinazione dell‟uptake del platino, effettuati utilizzando i
complessi di Pt sintetizzati su cellule HeLa, mostrano un‟interessante correlazione strutturaattività per i nuovi analoghi metallo-cromani, risultando per
il complesso
[Pt(MeOEtPh)(phen)], che dal punto di vista strutturale è il più simile alla Vitamina E, valori di
citotossicità ed uptake del platino considerevolmente maggiori rispetto al complesso
[Pt(EtPh)(phen)]. I risultati ottenuti pongono le basi per ulteriori investigazioni, al fine di
verificare la possibilità che questa nuova classe di complessi organometall ici siano utilizzabili
per indirizzare un metallo verso specifici target cellulari per scopi terapeutici.
Sintesi, caratterizzazione ed attività citotossica di nuovi complessi di Platino(II) con leganti
acilpirazolonici.
Le interessanti attività antiangiogeniche ed antitumorali possedute da alcuni derivati pirazolici,
insieme con i numerosi esempi di coordinazione a centri metallici da parte di β-dichetonati di
derivazione pirazolica, hanno rappresentato il punto di partenza per lo studio del tipo di
coordinazione al platino e della reattività di una classe di β-dichetonati eterociclici di derivazione
pirazolica: i 4-acil-5-pirazoloni. Gli acilpirazoloni rappresentano una classe molto interessante di βdichetoni contenenti un anello pirazolico fuso ad un braccio chelante. La prima sintesi di un
acilpirazolone risale alla fine del XIX secolo ma solo successivamente (1959) fu realizzato da B. S.
Jensen un protocollo vantaggioso per la preparazione del composto 1-fenil-3-metil-4-acilpirazolo-5one. Nella chimica di coordinazione è stata già ampiamente riportata la capacità di diversi metalli,
in particolare dell‟argento(I), del rame(I) e (II), dello zinco e del cadmio, di coordinarsi a βdichetonati di derivazione pirazolica. Proprio questa spiccata attitudine a legarsi ai centri metallici,
rispetto ai classici complessi β-dichetonati, unita alle semplici procedure di sintesi ed all‟alta
solubilità in molti solventi, è responsabile delle numerose applicazioni di tali molecole in campo
medico-scientifico e tecnologico. Composti di derivazione pirazolica vengono utilizzati come
catalizzatori in reazioni di idroformilazione e idroborazione e come agenti chelanti in spettroscopia
per la determinazione di metalli in tracce. Inoltre, complessi di coordinazione a base di lantanidi
aventi come leganti gli acilpirazoloni vengono utilizzati per le loro proprietà luminescenti. Infine,
sono attribuite ad alcuni derivati pirazolici interessanti attività antiangiogeniche ed antitumorali.
Considerato il notevole interesse generato negli ultimi anni dalle applicazioni dei leganti di
derivazione pirazolica nella terapia dei tumori, il nostro gruppo di ricerca ha rivolto il suo interesse
verso la sintesi di complessi di coordinazione di Pt(II) con leganti pirazolici a potenziale attività
119
biologica. I leganti utilizzati sono i 4-acil-5-pirazoloni: (HQPh) 1-fenil-3-metil-4- R‟(C=O)-pirazol5-one, R‟ = fenile; e (HQpy,CF3) 1-piridin-3-metil-4-R‟(C=O)-pirazol-5- olo, R‟ = CF3. Attraverso
spettroscopia NMR multinucleare e multidimensionale è stata verificata la coordinazione dei leganti
pirazolici al Pt(II) e sono state risolte attraverso diffrazione ai raggi X le strutture cristalline dei
complessi
di
nuova
sintesi:
[PtCl(DMSO)(Qpy,CF3)],
[PtCl2(HQpy,CF3)],
trans[PtCl2(DMSO)(HQPh)] e cis-[PtCl2(DMSO)(HQPh)]. Successivamente il lavoro di ricerca ha
riguardato l‟allestimento di saggi di citotossicità in vitro dei complessi di nuova sintesi che hanno
dimostrato buona solubilità in acqua, ([PtCl2(HQpy,CF3)], cis- e trans-[PtCl2(DMSO)(HQPh)]), e la
comparazione dei risultati ottenuti con quelli relativi al cisplatino. In tutti i nuovi complessi di Pt(II)
è stata osservata la preferenza del metallo di coordinarsi ai leganti acilpirazolonici attraverso
l‟atomo di azoto disponibile del nucleo pirazolico, piuttosto che alla funzionalità -dichetonica,
portando alla formazione di complessi bidentati chelati solo nel caso dei composti ottenuti con il
legante HQpy. Le prime indagini condotte sull‟attività citotossica in vitro hanno mostrato uno scarso
effetto biologico per i complessi [PtCl2(HQpy,CF3)] e cis-[PtCl2(DMSO)(HQPh)], evidenziando
invece un‟interessante citotossicità per l‟anologo composto a geometria trans, il quale possiede
un‟attività citotossica paragonabile a quella del cisplatino e, soprattutto, superiore a quella
dell‟isomero cis. Tale risultato, pur mettendo in discussione una delle regole classiche alla base
della relazione struttura-attività per i complessi di coordinazione del Pt(II) analoghi al cisplatino e
con leganti carrier azotati, è in linea con quanto riportato in letteratura sui complessi di Pt(II) aventi
geometria trans che, contrariamente al transplatino, manifestano attività antitumorale. Nei
complessi di nuova sintesi, oltre alla presenza di gruppi uscenti classici come gli ioni Cl -, è
interessante mettere in evidenza la presenza di una molecola di dimetilsolfossido. Questa potrebbe
essere una caratteristica strutturale molto importante alla luce dei recenti risultati riportati dal lavoro
di ricerca del nostro gruppo su complessi del Pt(II), contenenti acetilacetonato (acac) e leganti
solforati. Inoltre, la particolare geometria del complesso trans-[PtCl2(DMSO)(HQPh)], rispetto a
quella dell‟isomero cis, potrebbe favorire un inserimento di tipo intercalante del legante
acilpirazolonico tra le coppie di basi nucleiche del doppio filamento di DNA.
Studio della selettività hard/soft in complessi di Pt(II) con -dichetonati.
Il nostro gruppo di lavoro ha recentemente pubblicato la sintesi e la caratterizzazione di nuovi
complessi di coordinazione del Pt(II), aventi struttura molto dissimile dal cisplatino ed i suoi
analoghi classici: il [PtCl(O,O’-acac)(DMSO)] ed il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)]. Questi
complessi presentano, al posto dei classici leganti carrier azotati, una molecola di
acetilacetonato (acac) chelato o due molecole di acac, di cui una O,O’-chelata e l‟altra -legata
attraverso l‟atomo di carbonio Cγ. È stato osservato che entrambi i complessi in CDCl 3
subiscono sostituzione selettiva del DMSO da parte del DMS, portando alla formazione degli
analoghi complessi [PtCl(O,O’-acac)(DMS)] ed il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], per i quali è
stata messa a punto una procedura di sintesi preparativa. Attraverso spettroscopia 1H NMR è
stato possibile seguire l‟andamento della reazione di sostituzione in CDCl 3. Nel caso del
complesso [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)], dopo pochi minuti dall‟aggiunta del DMS, si
osserva la comparsa di nuovi segnali relativi alla specie [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] e
l‟aumento del segnale relativo al DMSO libero e di quello del DMS coordinato al platino. Al
fine di escludere l‟effetto del solvente sulla selettività chimica, le reazioni di sostituzione sono
state effettuate in CD 3OD ed il loro decorso seguito attraverso spettroscopia 1H NMR. È stato
accertato che la reazione che porta alla formazione del complesso [PtCl(O,O’-acac)(DMS)] (K1
= 6.5·101±1.3·101) è rapida e raggiunge velocemente l‟equilibrio, mentre la reazione di
formazione del complesso [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] (K2 = 17,0·101±3,4·101) richiede circa
3 giorni per raggiungere l‟equilibrio. Il confronto dei valori delle due costanti di equilibrio
suggerisce che il legame Pt-S sia rafforzato dalla sostituzione del legante Cl - con il γ-acac, forte
legante ζ-donatore. Per avere conferma della selettività hard/soft nelle reazioni di sostituzione
nei complessi del Pt(II) aventi O,O’-acac come legante-carrier, si è pensato di far reagire i
complessi [PtCl(O,O’-acac)(DMSO)] e [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)] con trifenilfosfina
(PPh3), molecola con forte carattere nucleofilo.
120
Anche in questo caso è stata osservata la sostituzione selettiva del DMSO con una molecola di
PPh3, portando rispettivamente alla formazione del complesso [PtCl(O,O’-acac)(PPh3)] e
[Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(PPh3)]. Inoltre, anche la reazione del complesso [PtCl(O,O’acac)(DMS)] con PPh3 ha dato sostituzione selettiva del legante soft DMS, formando
[PtCl(O,O’-acac)(PPh3)]. Altre prove che confermano la selettività hard/soft da parte dei
complessi di coordinazione contenenti un O,O’-acac chelato sono state ottenute addizionando
leganti eterociclici azotati come piridina (py), guanosina (Guo) e 5‟-GMP. Attraverso
spettroscopia 1H NMR è stato osservato che [PtCl(O,O’-acac)(DMSO)] e [PtCl(O,O’acac)(DMS)] reagiscono lentamente in presenza di py, Guo e 5‟-GMP, portando alla
sostituzione del legante Cl - ed alla formazione di [Pt(O,O’-acac)(DMSO)(py)]Cl, [Pt(O,O’acac)(DMSO)(N7-Guo)]Cl e [Pt(O,O’-acac)(DMSO)(N7-5‟-GMP)]Cl rispettivamente. I
complessi [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)] e Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] non reagiscono con
py e Guo, per le caratteristiche più hard di tali basi rispetto al DMSO ed al DMS, oltre che per
l‟assenza di altri gruppi uscenti classici. La reattività di tali complessi è stata accer tata anche nei
confronti di leganti soft, quali gli amminoacidi solforati L-metionina, L-cisteina. Infine,
ulteriori ed importanti sviluppi nello studio del comportamento biologico del complesso
[Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] hanno evidenziato la capacità di indurre apoptosi in colture di
cellule HeLa e, successivamente, una elevata citotossicità di tale complesso anche su cellule di
carcinoma mammario umano MCF-7, relativamente resistenti a molti agenti chemioterapici,
cisplatino incluso, attraverso l‟attivazione del pathway apoptotico mitocondriale.
Evidenze sperimentali della incorporazione, operata da una DNA polimerasi, di Guanine
N7-platinate in DNA di nuova sintesi.
L‟incorporazione nel DNA di nucleotidi legati a gruppi funzionali ha una varietà di p otenziali
applicazioni. Diversi gruppi organici legati covalentemente a nucleotidi sono già largamente
usati come strumenti sperimentali per la modifica degli acidi nucleici. In letteratura sono stati
riportati studi estensivi sulla sintesi, struttura e proprietà di nucleotidi, oligonucleotidi, DNA e
RNA metallati, principalmente ma non soltanto in relazione al cisplatino. Tale metallazione
generalmente si realizza attraverso reazioni dirette del substrato polinucleotidico con un
complesso metallico. Gli studi condotti dal nostro gruppo in questa linea di ricerca ci hanno
consentito di dimostrare che una DNA polimerasi può inserire purine N7-platinate nel DNA di
nuova sintesi, in vitro, per dare DNA platinato. Abbiamo proposto un nuovo metodo per
ottenere la metallazione sito-specifica con l‟incorporazione di nucleotidi modificati con metalli
nel DNA.
Nei nostri studi sono stati utilizzati: 1) una DNA polimerasi modello, la Taq polimerasi, 2) il
complesso
[Pt-(dien)(N7-5‟-dGTP)]
(dien
=
dietilenetriammina,
5‟-dGTP=5‟-(2‟deossi)guanosina trifosfato), opportunamente scelto come modello di monoaddotti di complessi
di platino con derivati delle basi nucleiche, in quanto, per l‟assenza di labili leganti cloruro, è
incapace di dare sistemi chelati, come avviene invece per i derivati del cisplatino.
La possibilità di ottenere un metallo legato covalentemente ad un nucleotide, in una posizione
specifica di una sequenza di un polinucleotide, dovrebbe portare ad un ampio spettro di
applicazioni sia farmacologiche (drug design) che tecnologiche (produzione di array metallici
basati su DNA-templati ).
Gruppo Prof. Marsigliante Santo, Muscella Antonella, Urso Loredana, Calabriso Nadia, Vetrugno
Carla.
Valutazione dell’attività citotossica di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] nel cancro mammario.
L‟unità coordinata dal prof. Marsigliante ha effettuato la caratterizzazione biologica di nuovi
complessi del platino(II): [PtCl(O,O‟-acac)(DMSO)], [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMSO)] e [Pt(O,O‟acac)(γ-acac)(DMS)]). Questi complessi del platino contenenti acetilacetonato (acac) e
dimetilsolfossido (DMSO) o DMS nella sfera di coordinazione del metallo hanno una ridottissima
reattività con le nucleobasi e una specifica reattività con ligandi solforati, suggerendo che i bersagli
cellulari preferiti possano essere i tioli proteici.
121
Per questi nuovi composti, interessanti anche per la loro dimostrata citotossicità in vitro (cellule
tiroidee di ratto), ne avevamo ipotizziamo l‟efficacia anche verso tumori cisplatinoresistenti/refrattari (in funzione della loro interazione con le proteine), anche in base alla possibile
presenza di bersagli proteici tumore-specifici. Per cui la valutazione della citotossicità/resistenza
cellulare in assenza e in presenza dei composti a base di Pt è stata effettuata mediante tecniche
analitiche e spettroscopiche in varie cellule di carcinoma mammario.
In breve, le cellule mammarie utilizzate sono state: tumorali ER-positive MCF-7; cellule trasformate
ma ER negative MDA-MB-131, SKBr3 e HCC-1937 e le cellule derivate da tessuti sani MCF-10A
(non tumorigeniche) ed HBL-100 (tumorigeniche). Con questo pannello di linee, che può essere
ulteriormente allargato alle cellule in coltura primaria, abbiamo stabilo il potenziale clinico di
[Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]).
[Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) ha un effetto citotossico maggiore nelle MCF-7, rispetto a tutte le
linee cellulari sopra menzionate. Dall‟analisi dei valori di IC50 dopo 72 h di esposizione a [Pt(O,O‟acac)(γ-acac)(DMS)]) si nota che questi sono più elevati nelle cellule sane MCF-10A e più bassi
nelle cellule tumorali MCF-7 (circa 40 µM e 0.6 µM rispettivamente; p<0.0001). Le linee cellulari
MDA-MB-131, HBL-100 e SKBr3 hanno valori di IC50 comparabili tra loro (p>0.05), superiori a
quelli misurati nelle MCF-7 (p<0.001) e inferiori a quelli nelle MCF-10A (p<0.001). L‟analisi
densitometrica di ERK fosforilato mostra che in condizioni di controllo esso è differentemente
attivato nelle varie linee utilizzate. [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) provoca la fosforilazione (e
quindi l‟attivazione) di ERK in tutte le linee, senza modificarne l‟espressione proteiva totale. Inoltre
si è evidenziata una correlazione inversa e significativa tra la citotossicità e il grado di fosforilazione
di ERK dovuta all‟azione di [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) (r2=0.973; p=0.0013) ma non con il
grado di fosforilazione basale di ERK. Inoltre, la citotossicità di [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) si
correla in modo diretto con lo stato recettoriale (ER) delle cellule analizzate (r2=0.902; p<0.005).
In conclusione i risultati ottenuti incoraggiano la continuazione di questo studio allo scopo di
chiarire i meccanismi di azione e la comprensione delle vie di trasduzione coinvolte nella risposta
cellulare alla azione dei nuovi complessi del platino (II) interessanti per le modalità di interazione
con le proteine cellulari piuttosto che con gli acidi nucleici.
Gruppo Prof. Michele Maffia, Raffaele Acierno, Fernanda Chiriacò, Antonio Danieli, Agnese De
Luca, Marianna De Mitri, Marilena Greco, Andrea Papa, Antonia Rizzello, Emanuela Urso,
Daniele Vergara.
Il rame è un micronutriente essenziale in tracce per la sopravvivenza di tutti gli organismi, tuttavia,
se in eccesso rispetto alle necessità fisiologiche di una cellula, può risultare tossico. L‟assunzione di
rame da parte di un organismo avviene essenzialmente attraverso le mucose intestinali ed è mediata
da un sistema di trasporto saturabile ad elevata affinità per il substrato, il carrier CTR1. All‟interno
della cellula, gli ioni rame liberi sono praticamente inesistenti, poiché legati da una famiglia di
proteine altamente conservate nei procarioti e negli eucarioti, i chaperon del rame, che veicolano il
metallo verso specifici compartimenti subcellulari ed enzimi che lo richiedono come cofattore.
L‟efflusso di rame dalla cellula avviene essenzialmente ad opera delle proteine di Menkes e Wilson.
Si tratta di due ATPasi di tipo P, localizzate a livello dell‟apparato di Golgi, che, in presenza di un
eccesso di rame, si localizzano a livello della membrana plasmatica. Alterazioni del delicato
equilibrio omeostatico del rame dovute al malfunzionamento di queste ATPasi sono associate a
diversi stati patologici. Nonostante il riconosciuto coinvolgimento del metallo nell‟insorgenza di
svariate patologie neurodegenerative, in ogni caso legate ad un ridotto assorbimento dello ione e/o
ad una distribuzione tissutale deficitaria, i meccanismi che presiedono all‟omeostasi cellulare del
rame, in particolare nei tessuti nervosi, non sono stati ancora del tutto definiti. Alla luce di queste
premesse, l‟attività sperimentale è in gran parte consistita nello studio degli effetti prodotti da una
scarsa disponibilità di rame in un modello cellulare di neuroblastoma di ratto, denominato B104, che
riproduce in vitro numerose caratteristiche tipiche dei neuroni (sintesi di neurotrasmettitori,
eccitabilità di membrana, ecc…).
122
Per definire nel modello cellulare in questione gli effetti di una condizione di deprivazione di rame,
le cellule B104 sono state incubate in presenza di cuprizone, chelante specifico degli ioni rame, per
48 e 96 h. Anzitutto, tale trattamento non ha prodotto in alcun caso significative alterazioni
dell‟integrità cellulare (saggio Trypan Blue), né è stata rilevata alcuna variazione da un punto di
vista morfologico rispetto alle condizioni di coltura standard. Tuttavia, poiché è ampiamente
documentato in letteratura come un‟alterata omeostasi cellulare del rame possa in molti casi
costituire uno stimolo pro-apoptotico, è stata valutata mediante test colorimetrico (quantificazione
spettrofotometrica dell‟attività proteolitica sul substrato cromogeno DEVD-pNA) l‟eventuale
attivazione dell‟enzima caspasi-3 in risposta a deplezione di rame. A dispetto di un‟inalterata
vitalità cellulare, è stato osservato nel tempo un incremento sensibile e scalare dell‟attività di tale
enzima. Questo dimostrerebbe che la deplezione di rame non è sufficiente a generare uno stress
ossidativo tale da indurre effettivamente le cellule in apoptosi, benché si attivino i relativi
meccanismi. Al fine di verificare la specificità d‟azione del cuprizone, sono state condotte delle
misurazioni di attività enzimatica dei cuproenzimi Cu,Zn Superossido Dismutasi e Citocromo C
Ossidasi su lisati cellulari ottenuti da cellule B104 esposte alla presenza di cuprizone per 48 e 96 h.
Parallelamente, sono state effettuate delle misure su tre enzimi considerati generici marker del
metabolismo cellulare (non rame-dipendenti), la Lattico Deidrogenasi, la Succinato Citocromo C
Reduttasi e la Catalasi. Dopo 48 ore di deprivazione di rame, sorprendentemente, l‟attività del
cuproenzima Cu, Zn Superossido Dismutasi è risultata invariata, mentre, protraendo il trattamento
per 96 ore, ne è stato rilevato un incremento estremamente significativo (p<0.001). L‟incremento
nell‟attività della Cu,Zn SOD è un evento insolitamente registrato in risposta a carenze di rame in
vivo ed in vitro, poiché la mancata incorporazione dello ione rame nella struttura enzimatica
rappresenta un fattore critico per la funzionalità della proteina. Tuttavia, i dati sperimentali di cui
disponiamo sulla modulazione dell‟espressione dei trasportatori di rame in risposta a carenza di
rame per 48 h evidenziano un marcato aumento nella sintesi del carrier CTR1, implicato
nell‟uptake del metallo ad elevata affinità. Questo potrebbe contribuire ad un ripristino di livelli
intracellulari di rame tali da non alterare significativamente l‟attività del cuproenzima citosolico
Cu,Zn SOD. La pre-incubazione delle cellule B104 in presenza di cuprizone per 48 ore non ha
influito sull‟attività enzimatica della Citocromo C Ossidasi. Contrariamente a quanto osservato per
la Cu,Zn SOD, prolungando il trattamento per 96 ore, si è osservata una sensibile riduzione
dell‟attività dell‟enzima rispetto alla condizione controllo (p<0.05). Il diverso comportamento dei
due cuproenzimi può essere giustificato alla luce dell‟architettura della cellula, che veicola una
risorsa scarsamente disponibile verso i compartimenti più facilmente accessibili. L‟enzima
Citocromo C Ossidasi ha una collocazione intracellulare che non lo predispone alla captazione
immediata del rame scarsamente disponibile rispetto ad un enzima citosolico come la SOD. Inoltre,
analisi condotte su ratti alimentati con diete a basso contenuto di rame hanno messo in evidenza una
up-regulation dell‟espressione del chaperone CCS (Copper Chaperon for SOD), deputato
all‟incorporazione di rame nella SOD, associata a condizioni di carenza di rame, rivelando questo
l‟esistenza di una priorità nella distribuzione di rame all‟interno della cellula. Meccanismi di
modulazione dell‟espressione analoghi a quelli noti per il chaperone CCS non sono stati riportati
per altre proteine con analoga funzione. Riguardo la ridotta attività della CCO dopo 96 h di carenza
di rame, occorre aggiungere che l‟omeostasi del rame influenza criticamente l‟assemblaggio delle
subunità che costituiscono l‟oloenzima funzionale. Questo potrebbe essere all‟origine di squilibri
nel funzionamento dei mitocondri con conseguente formazione di specie reattive dell‟ossigeno,
comparsa di stress ossidativo e attivazione dei meccanismi apoptotici (caspasi-3). Per quanto
riguarda gli enzimi Lattico Deidrogenasi, Succinato Citocromo C Reduttasi e Catalasi, in nessun
caso sono state riscontrate significative alterazioni dell‟attività enzimatica, eccezion fatta per la
Catalasi, la cui attività è risultata moderatamente incrementata dopo 96 ore di trattamento con
cuprizone. Questo dato appare concorde con il riscontro sperimentale di un sensibile incremento
nell‟attività del cuproenzima Cu,Zn SOD dopo 96 ore di deplezione di rame. Entrambi gli enzimi
sono, infatti, deputati alla detossificazione della cellula da specie reattive dell‟ossigeno, che in
genere si formano in condizioni di bassi livelli di rame intracellulare.
123
Al fine di rilevare nel modello cellulare B104 eventuali alterazioni dei flussi cellulari dello ione
rame in risposta alle condizioni sperimentali sopra descritte, è stata condotta un‟analisi cinetica
tramite una metodica di analisi fluorimetrica basata sull‟utilizzo dell‟indicatore fluorescente
sensibile al rame Phen Green SK. La metodica citata ha consentito di dimostrare precedentemente
che l'ingresso dello ione in cellula è mediato essenzialmente da un sistema di trasporto saturabile, la
cui costante di Michaelis e Menten (0.22±0.06 µM) risulta compatibile con i valori riportati in
letteratura per i trasportatori della famiglia CTR (0.6-5 µM), interpreti molecolari dell‟intake
cellulare di rame. L‟idoneità della tecnica in questione è stata, inoltre, confermata tramite verifica
delle caratteristiche biochimiche proprie dei flussi di rame in ingresso nella cellula (K + -dipendenza,
inibizione da parte degli ioni Ag+, Zn2+). L‟analisi cinetica effettuata su cellule B104 incubate in
presenza di cuprizone per 48 e 96 h non ha in alcun caso evidenziato significative alterazioni nel
processo di uptake cellulare degli ioni rame rispetto alle condizioni di coltura standard. Alla luce
degli studi da noi condotti in precedenza rispetto all‟espressione dei diversi trasportatori coinvolti
nell‟uptake cellulare del metallo, riteniamo plausibile che questo sia dovuto ad un meccanismo di
co-regolazione CTR1-DMT1, già ipotizzato nel caso di un‟altra linea cellulare (HepG2), esposta ad
un‟alterata disponibilità di rame extracellulare. Per confermare i risultati degli studi funzionali
condotti su cellule in sospensione, si è deciso di mettere a punto una metodica di analisi dei flussi
cellulari di rame mediante microscopia confocale applicata a cellule adese e pre-caricate con la
sonda fluorescente Phen Green SK. Questo tipo di approccio ci ha consentito di verificare come le
variazioni del segnale di emissione dell‟indicatore osservate mediante lo spettrofluorimetro siano
imputabili in maniera specifica alle molecole di sonda trattenute all‟interno del citosol. Al momento
si sta lavorando al perfezionamento di tale metodica, che possa consentire di preservare la fisiologia
delle cellule il più a lungo possibile nel corso delle valutazioni sperimentali ed apprezzare eventuali
variazioni nei fenomeni di trasporto nelle cellule B104 in seguito a deprivazione di rame. Ci sembra,
comunque, che l‟utilizzo di una metodica di microscopia confocale possa evidenziare delle
variazioni nei fenomeni di trasporto solo se di una certa entità e, ad ogni modo, è improbabile che si
possano quantificare con precisione.
Nell‟intento di definire più in dettaglio le strategie adattative messe in atto dal modello cellulare
B104 in risposta alla ridotta disponibilità di rame nel mezzo di coltura, ci si è proposti di indagare
con un approccio di tipo proteomico le eventuali variazioni del profilo d‟espressione proteica. Per
avere maggiori riscontri, si è lavorato al perfezionamento di procedure per l‟allestimento di
campioni da sottoporre ad analisi proteomica a partire da omogenati cellulari totali e preparazioni di
membrane. Sono tuttora in corso le analisi di identificazione degli spot proteici escissi dalle mappe
proteomiche elaborate.
Infine, il nostro gruppo di ricerca si è avvalso del metodo di indagine proteomica nell‟ambito di uno
studio volto a definire un‟eventuale correlazione tra le manifestazioni cliniche di una patologia che
potrebbe essere correlata ad un dismetabolismo del rame, la Sclerosi Multipla, ed il profilo
d‟espressione proteica dei PBMC (cellule mononucleate del sangue periferico) in soggetti malati e/o
sottoposti a terapia con interferone (IFN).
Gruppo di ricerca diretto dal prof. T., Schettino, Maria Giulia Lionetto, Maria Elena Giordano,
Roberto Caricato, Elisa Erroi, Antonio Calisi.
Nel corso dell‟anno 2007 il gruppo di ricerca diretto dal prof. Schettino ha continuato lo studio del
metalloenzima anidrasi carbonica e, in particolare, della sua sensibilità in vitro alle principali classi
di contaminanti chimici ambientali, quali metalli pesanti, pesticidi e PCB, intrapreso negli anni
precedenti. L‟anidrasi carbonica è un metalloenzima che catalizza la reazione reversibile di
idratazione dell‟anidride carbonica a bicarbonato. Tale enzima ha un‟ampia diffusione nel mondo
vivente, essendo presente in alcuni batteri, nelle piante e negli animali. Il sito attivo dell‟enzima è
localizzato in una profonda tasca, situata nel centro della molecola in cui è alloggiato lo ione Zn 2+
che si lega a tre residui di istidina della proteina.
124
Nel corso del 2007, inoltre, il gruppo di ricerca del prof. Schettino ha proseguito lo studio,
intrapreso negli anni precedenti, delle metallotioneine, proteine citoplasmatiche ad elevata affinità
per i cationi dei metalli pesanti, su organismi sentinella della qualità del suolo, quali i lombrichi, ai
fini dello studio della contaminazione del suolo da metalli pesanti.
Gruppo Prof.ssa Luciana Dini, Bernardetta Tenuzzo, Elisa Panzarini, Laura Zatta, Alessandra
Scordari, Loredana Morelli.
La terapia fotodinamica nella cura dei tumori
La terapia fotodinamica (PDT) dal punto di vista clinico è il trattamento dei tumori basato
sull‟azione di molecole fotosensibilizzanti (PS), che si localizzano, spesso in modo preferenziale,
nelle cellule tumorali rispetto a quelle sane circostanti, e svolgono un‟azione citotossica, quando
sono eccitate dalla luce ad opportune lunghezze d‟onda. In seguito all‟eccitazione, la dissipazione di
energia assorbita avviene attraverso processi fotochimici, con conseguente comparsa di nuove specie
chimiche ossidanti instabili e quindi capaci di interagire fortemente con le molecole del
microambiente circostante, inducendo morte cellulare sia per necrosi che per apoptosi.
Sono stati presi in considerazione gli effetti del trattamento fotodinamico per la capacità di indurre
apoptosi, usando come substrato fluorogenico il Rosa Bengala (RB) e cellule HeLa come linea
cellulare tumorale.
I primi studi, riportati in un lavoro pubblicato su Journal of Photochemistry and Photobiology, ci
hanno portato a concludere che il tipo di morte preferenzialmente indotta dal nostro protocollo
sperimentale è l‟apoptosi.
La nostra indagine è proseguita, quindi, cercando di definire i meccanismi molecolari alla base
dell‟apoptosi indotta dal nostro tipo di trattamento. Tra i diversi pathways di induzione apoptotica ci
siamo concentrati su quello che parte dai recettori di membrana (estrinseco) e su quello che
coinvolge i mitocondri (intrinseco). Valutando l‟attività enzimatica di 3 diverse caspasi, la 8 per la
via estrinseca, la 9 per quella intrinseca e la 3, abbiamo concluso che entrambi i pathways vengono
indotti dal trattamento in modo tempo-dipendente: il segnale di morte parte precocemente dai
mitocondri, mentre ai tempi più lunghi è mantenuto dall‟attività della caspasi 8. Ci siamo
concentrati, comunque, sul danno mitocondriale, valutando innanzitutto alterazioni del potenziale
transmembrana al microscopio a fluorescenza tramite marcatura con MitoTracker e, quindi, la
quantità di citocromo c che viene riversata dai mitocondri nel citoplasma e il coinvolgimento dei
geni della famiglia Bcl-2, i cui prodotti formano canali sulla membrana mitocondriale per il
passaggio del citocromo c.
Alla luce dei risultati ottenuti, abbiamo ipotizzato che altri pathway di induzione apoptotica sono
coinvolti nel nostro modello sperimentale, come ad esempio la via caspasi indipendente e
l‟induzione attraverso il reticolo endoplasmico. Nel primo caso abbiamo valutato la presenza di un
fattore apoptogenico, AIF, in grado di indurre morte apoptotica attraverso danneggiamento del DNA
senza intervento dell‟azione delle caspasi, attraverso analisi Western Blotting di estratti proteici di
cellule HeLa fotosensibilizzate con il Rosa Bengala. Nel secondo caso abbiamo valutato
l‟attivazione della caspasi 12, che i dati in letteratura riportano come effettrice di un danno al
reticolo, e l‟alterazione dell‟omeostasi dello ione Ca2+. I risultati ottenuti ci hanno portato a
concludere che il trattamento fotodinamico condotto secondo il nostro protocollo sperimentale
induce morte per apoptosi indotta, in tempi diversi, secondo differenti pathway.
Abbiamo poi valutato anche l‟induzione di forme di morte cellulare diverse dall‟apoptosi,
concentrandoci in particolare sulla morte per autofagia. Abbiamo utilizzato il marker biochimico
maggiormente riportato dai dati in letteratura, LC3, e abbiamo condotto un‟analisi Western Blotting
dell‟estratto proteico ricavato dalle cellule dopo il trattamento fotodinamico.
In quest‟anno la ricerca sperimentale si è concentrata soprattutto nello studio della fagocitosi,
valutando innanzitutto quali tipi di recettori di superficie le cellule HeLa, rese apotptiche con la
PDT, utilizzano come mezzo di riconoscimento da parte dei macrofagi: abbiamo valutato una serie
di lectine fluorescenti e 3 diversi recettori, ICAM-3, HCAM e CD47, attraverso analisi morfologica
al microscopio a fluorescenza.
125
Sono stati valutati, quindi i rispettivi recettori presenti sui macrofagi RAW 264.7 attivati con LPS. I
dati ottenuti ci hanno permesso di concludere che le cellule utilizzano l‟esposizione di residui
saccaridici come segnale per il riconoscimento da parte dei macrofagi. Si stanno, comunque,
valutando vie di segnalazione macrofagica alternative all‟esposizione recettoriale.
E‟ stato allestito, quindi, un modello di fagocitosi in vitro e al momento è in corso di valutazione
l‟efficienza di clearance da parte dei macrofagi delle cellule HeLa, PDT-trattate.
Gruppo Prof. Bruno Di Jeso , Luca Ulianich, Sonia Treglia, Giuseppe Specchia, Angela Lombardi.
Studio dello Stress del Reticolo Endoplasmico in cellule tiroidee.
Abbiamo recentemente dimostrato che il trattamento di cellule PC Cl3 con
tapsigargina/tunicamicina causa l‟acquisizione di un errata conformazione tridimensionale da parte
della tireoglobulina (Tg), la quale viene ritenuta nel reticolo endoplasmatico (RE). Ciò porta
all‟attivazione di una serie di risposte di tipo adattativo, complessivamente note come UPR
(Unfolded Protein Response). Oltre ad esse, tuttavia, abbiamo osservato
una marcata
dedifferenziazione delle cellule tiroidee. Sia i livelli degli mRNA tiroide-specifici che quelli delle
proteine corrispondenti, quali Tg, tireoperossidasi, pompa dello iodio, i fattori di trascrizione tiroidei
(TTF)-1/2 e Pax8 diminuivano drammaticamente dopo 12-24 ore di trattamento, mentre i livelli di
geni “housekeeping” quali GADPH, actina e tubulina non subivano variazioni apprezzabili. Tali
effetti erano accompagnati da cambiamenti morfologici, come testimoniato da esperimenti di
immunofluorescenza condotti sia su cellule PC Cl3 che su cellule FRT. La E-caderina veniva
drammaticamente ridistribuita dalla superficie cellulare a compartimenti intracellulari. In accordo
con tale osservazione, la resitenza transepiteliale diminuiva di circa il 50%. Inoltre, si formavano
fibre di stress che erano assenti nelle cellule non stressate. Le osservazioni di tipo morfologico sono
state confermate biochimicamente. Esperimenti di RT-PCR e Western Blot hanno infatti mostrato
che sia i livelli di mRNA che di proteina corrispondenti alla E-caderina diminuivano marcatamente.
126
UNITA’ DI RICERCA DI SIENA
Direttore Scientifico: Prof. Piero Zanello
Nel corso del 2007, l'Unità di Ricerca di Siena ha proseguito ricerche e studi su molecole di
interesse biomedico e farmacologico avvalendosi delle competenze specifiche dei diversi gruppi
componenti l‟unità, competenze che spaziano dalla sintesi alla caratterizzazione chimico-fisica
(strutture molecolari mediante tecniche a Raggi X e mediante tecniche spettroscopiche, proprietà
elettro- e spettroelettro-chimiche e capacità complessante di metalloleganti mediante misure
calorimetriche), alla caratterizzazione farmaco-bio-medicale. Gran parte di tali indagini sono state
condotte in collaborazione con gruppi di ricerca sia nazionali, che internazionali.
1.
Gruppo di ricerca del Professor Piero Zanello
Nel corso dell'anno 2007 sono proseguite collaborazioni già in atto da alcuni anni e ne sono state
instaurate di nuove, tutte mirate alla determinazione della capacità ossido-riduttiva di molecole di
potenziale interesse bio-medico.
Infatti, in collaborazione col gruppo del Professor L. Messori (Dipartimento di Chimica
dell'Università di Firenze) sono stati effettuati studi sull‟inibizione dell‟attività della tioredossina
reduttasi da parte di complessi di Ru(III) e in collaborazione col Professor L.Messori e il Professor
M.Ginanneschi (Dipartimento di Chimica Organica “Ugo Schiff” dell'Università di Firenze) è stato
caratterizzato un complesso di Cu(II) con un nuovo legante macrociclico tetrapeptidico capace di
ossidarsi a Cu(III) in atmosfera di ossigeno.
Infine, in collaborazione col Professor Z.J.Lesnikowsky (Centre of Medical Biology, Laboratory of
Molecular Virology and Biological Chemistry, Polish Academy of Sciences, Lodz, Poland) sono
stati sintetizzati coniugati nucleosidici con cobaltocarborani come potenziali sensori del DNA
2.
Gruppo di ricerca del Professor Marco Ferrali
Sono continuati gli studi per definire le caratteristiche chimico-fisiche di un nuovo chelante del
ferro(III) nella prospettiva di offrire un'alternativa agli specifici farmaci tuttora in uso nella terapia
anti-accumulo di ferro nei tessuti. Il frutto di tali studi è in fase di stesura. Nel contempo si è portata
a termine la collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell'Università di Modena riguardante lo
studio di nuove molecole come trasportatori di Ga(III) nella terapia antineoplastica.
3.
Gruppo di ricerca del Professor Mario Casolaro
Durante l‟anno 2007, la ricerca del dr. Mario Casolaro ha riguardato soprattutto lo sviluppo di nuovi
idrogeli polimerici sensibili a varie sollecitazioni esterne (pH, temperatura, concentrazione e tipo di
sale, potenziale elettrico) e la loro applicazione nel rilascio di farmaci a base di metalli (es. Pt).
4.
Gruppo di ricerca dei Professori Vomero, Anzini, Cappelli.
L‟attività scientifica svolta nel 2007 dal gruppo di ricerca dei Prof. Vomero, Anzini, Cappelli ha
riguardato:
a) la progettazione, la sintesi, la caratterizzazione strutturale, e farmacologica di composti
eterociclici di interesse farmaceutico;
b) la sintesi, caratterizzazione e lo studio delle potenziali applicazioni nel rilascio controllato
di farmaci di matrici polimeriche innovative;
c) la veicolazione di cluster icosaedrici del boro a cellule tumorali attraverso la coniugazione
con ligandi di recettori sovraespressi nei tessuti tumorali (drug targeting);
d) lo sviluppo di traccianti per la tomografia ad emissione di positroni (PET).
127
5.
Gruppo di ricerca del Professor Giuseppe Campiani
Nel corso del 2007 sono proseguite le ricerche chimico-farmaceutiche nei settori delle malattie
neurodegenerative legate al misfolding delle proteine, delle malattie neuropsichiatriche, nel campo
dei farmaci antienzimatici, nel settore dei farmaci antimalarici, antivirali, anti-HIV ed anti-HCV, nel
settore dei farmaci antitumorali a struttura taxanica o a struttura eterociclica e nel campo dei
diagnostici per malattie causate da prione e amiloide.
6.
Gruppo di ricerca del Professor Gianni Valensin
Nel corso del 2007 è proseguita la caratterizzazione strutturale e dinamica in soluzione acquosa
a pH fisiologico dei complessi dello ione Cu(II) e Zn(II) con sequenze aminoacidiche di proteine
coinvolte in processi neurodegenerativi. In particolare, sono utilizzate tecniche potenziometriche
per determinare le costanti di stabilità e la stechiometria dei complessi le interazioni tra ioni
Cu2+ e spettroscopiche (NMR, EPR, UV-Vis, CD) per ottenere la struttura dei complessi stessi.
Tali studi sono stati condotti in collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. H.Kozlowski
(Università di Wroclaw, Polonia).
Un‟altra linea di ricerca ha riguardato il ruolo svolto dagli ioni Cu(II) nell‟interazione tra
antibiotici aminoglicosidici e la il sito A della sub-unità 16S dell‟RNA. È stato affrontato lo studio
seguendo la seguente traccia, anche alla luce di pubblicazioni precedenti: (i) conformazione in
soluzione dell‟antibiotico libero; (ii) struttura del complesso antibiotico-Cu(II); (iii) interazione
antibiotico-RNA in assenza e in presenza di ioni Cu(II).
Sono stati infine caratterizzati mediante 1H-NMR ed altre tecniche spettroscopiche i
complessi di disprosio dell‟antibiotico di natura peptidica Ciclosporina A e il complesso rameico
dell‟antibiotico sinefungina.
7.
Gruppo di ricerca del Professor Renzo Cini
Nel corso del 2007 e nell‟ambito delle tematiche del Consorzio è continuata la ricerca su complessi
metallici come potenziali farmaci. La strategia di ottenere farmaci multivalenti grazie alla
combinazione delle attività farmacologiche dei leganti con quelle del metallo ha dato promettenti
risultati nel caso di complessi rame-oxicam, che hanno mostrato attività anticancro selettiva in vitro
per una serie di tumori maligni umani. Come in passato, è stata curata la sintesi e la
caratterizzazione strutturale mediante metodi diffrattometrici e di chimica computazionale dei
complessi, e la loro reattività con proteine ed altre biomolecole. Sono stati effettuati studi ab initio e
funzionali di densità su complessi metallici e addotti substrato proteina.
Particolare attenzione è stata rivolta a studi di carico e rilascio dei complessi preparati in questo
progetto su e da idrogeli di sintesi preparati e caratterizzati dal collega Mario Casolaro nell‟ambito
della cooperazione all‟interno del CIRCMSB-Unità di Siena. Lo scopo di questo studio è quello di
realizzare delle vie di somministrazione di farmaci a base di metalli che siano efficaci ed in grado di
ridurre gli eventuali effetti collaterali indesiderati dei farmaci stessi.
128
UNITA’ DI RICERCA DI TORINO
Direttore Scientifico: Prof. Silvio Aime
L‟attivita‟ di ricerca dell‟Unita‟ di Torino si e‟ articolata lungo le seguenti linee e i risultati ottenuti
sono stati oggetto di 38 pubblicazioni a stampa.
Nuovi agenti MRI
Il lavoro si e‟ focalizzato su chelati di Gd(III) ad elevata stabilita‟ termodinamica e cinetica e
caratterizzati dal possedere due molecole di acqua nella loro sfera di coordinazione. Da un lato si e‟
proceduto con l‟ottimizzazione dei leganti della serie HOPO (in collaborazione con L‟Unita‟ di
Ricerca del Piemonte Orientale e con il Dipartimento di Chimica dell‟Universita‟ di Berkeley)
andando ad introdurre sostituenti sugli anelli aromatici in grado di ulteriormente rinforzare le
caratteristiche chelanti del sistema.
In un‟altra direzione si e‟ sviluppato il sistema Gd-AAZTA (anch‟esso caratterizzato da due
molecole di acqua di coordinazione) andando ad introdurre una catena alifatica sul carbonio
esociclico. Il complesso Gd-(AAZTA-C17) forma micelle ed interagisce con l‟Albumina generando
un addotto supramolecolare la cui relassivita‟ e‟ la piu‟ alta fin‟ora riportata. Un altro derivato
lipofilo di AAZTA contenente due catene lipofile in grado di formare micelle caratterizzate da un
valore di cmc estremamente basso e‟ stato utilizzato per mettere a punto una nuova procedura di
“labeling” cellulare. Le micelle di questo complesso anfifilico sono cariche negativamente e
pertanto possono essere raccolte da un polipeptide carico positivamente (es. poliarginina) il quale
interagisce anche con residui negativi sulla superficie cellulare. Per questa strada e‟ stato possibile
dimostrare che si possono “labellare” cellule senza internalizzare la sonda paramagnetica che,
viceversa, viene ad essere tenuta “al guinzaglio” dal “linker” polipeptidico.
Un‟altra attivita‟ ha riguardato la caratterizzazione del “binding” di complessi di Gd funzionalizzati
con residui di acidi colici alla proteina di trasporto degli acidi biliari (in collaborazione con
ricercatori dell‟Universita‟ di Verona). In questo modo e‟ stato possibile mettere in evidenza le
caratteristiche dei determinanti del “binding” ad una proteina che rappresenta uno “step”
importatnte nel trasporto di questi agenti di contrasto epatotropici. Ancora nel campo di sistemi
funzionalizzati sono stati caratterizzati complessi di Gd funzionalizzati con l‟acido fenil-boronico,
potenzialmente in grado di riconoscere strutture glucidiche attraverso il riconoscimento della
funzione diolica
Nel contesto della comprensione del ruolo di fattori ambientali sulla modifica di parametri quali la
velocita‟ di scambio dell‟acqua coordinata a centri metallici e la stabilita‟ dei complessi e‟ stato
messo in evidenza l‟importanza della formazione di legami di idrogeno coinvolgenti atomi donatori
della gabbia di coordinazione. Attraverso la sintesi di un composto-modello contenente un gruppo
fosfonico (coordinate) e un gruppo amminico ( separato da una corta catena alifatica) e‟ stato
possibile mimare le caratteristiche interazioni che si stabiliscono tra un complesso metallico e la
superficie di una proteina.
Infine molta attenzione e‟ stata dedicata al miglioramento degli agenti CEST (Chemical Exchange
Saturation Transfer), in particolare dei sistemi a base di Liposomi. Questa classe di agenti CEST
dispone di un gran numero di protoni scambiabili (tutte le molecole di acqua contenute nella cavita‟
del liposoma) ma lo shift indotto sulla loro risonanza, ai valori massimi di “shift-reagent”
intrappolabili nella cavita‟ intraliposomiale, e‟ piuttosto ridotto (3-4 ppm). La possibilita‟ di
disporre di sistemi nei quali la risonanza dei protoni da irradiare sia molto piu‟ “shiftata” offrirebbe
notevoli vantaggi da un punto di vista dell‟applicabilita‟ “in vivo” di questi sistemi (accesso a valori
maggiori di Kex, rimozione degli effetti di saturazione diretta della risonanza dell‟acqua di “bulk”,
rimozione degli effetti di trasferimento di magnetizzazione da molecole endogene....) A tal fine si
sono raggiunti risultati importanti andando a generare Liposomi non-specifici contenenti complessi
paramagnetici sia nella cavita‟ interna che incorporati nella membrana liposomiale. E‟ stata messa a
punto una procedura basata sulla preparazione di Liposomi ipo-osmolari i quali, a contatto con un
mezzo di con osmolarita‟ del plasma, espellono acqua e assumono forma asimmetrica. Un siffatto
comparto asimmetrico genera un forte contributo al chemical shift dell‟acqua nella cavita‟
129
liposomiale. Per questa strada si sono realizzati sistemi nei quali lo shift dell‟acqua interna e‟ a 3540 ppm dal segnale dell‟acqua di “bulk”.
Procedure di Imaging Molecolare
In collaborazione con gruppi di Biologi sono state messe a punto nuove procedure di imaging
molecolare.
Un importante “target” nella diagnostica dei tumori e‟ rappresentato dal trasportatore delle LDL
(Lw Density Lipoproteins). Infatti le cellule tumorali, in rapida proliferazione, hanno bisogno di
grandi quantita‟ di colesterolo e altre stostanze lipidiche per la realizzazione delle membrane
cellulari. A questo fine e‟ stato riscontrato che un gran numero di tumori mostra una
sovraespressione dei recettori per le LDL. Su questa base la visualizzazione MRI di un tumore puo‟
essere perseguita attraverso l‟impiego di LDL opportunamente labellate con complessi di Gd.
Utilizzando il complesso anfifilico Gd-(AAZTA-C17) e‟ possibile “caricare” ogni particella di LDL
con circa 400 atomi di Gd, dotati di una relassivita‟ di circa 25mM-1s-1. Le LDL cosi “labellate”
sono state iniettate in topi nei quali erano state preventivamente inoculate sottocute, cellule tumorali
(neuroblastoma e melanoma). A partire da qualche ora dopo la somministrazione del mezo di
contrasto si ottiene una buona visualizzazione del tumore. L‟accumulo delle LDL nella regione
tumorale e‟ stata validata mediante l‟impiego di LDL opporunamente “dopate” con coloranti
fluorescenti per l‟osservazione al microscopio confocale.
Un altro target preso in considerazione e‟ rappresentato dai residui tiolici sulla membrana cellulare.
Vi e‟ in letteratura un certo interesse al ruolo che possono avere i residui di cisteina esposti alla
matrice extracellulare. In particolare e‟ stato messo in evidenza che in determinate proteine di
membrana esse rivestono un ruolo determinante nel definire la conformazione. Al fine di dosare i
residui –SH e‟ stato preparato un derivato del Gd-DOTA in grado di legarsi selettivamente ai gruppi
SH.
Altri sistemi “vettorializzati” con peptidi sono stati preparati e caratterizzati in collaborazione con
l‟Unita‟ di Napoli. Si tratta di sistemi micellari contenenti un elevato numero di Gd in grado di
superare i problemi della scarsa sensibilita‟ delle sonde MRI.
Infine e‟ stato isolato e caratterizzato un nuovo peptide con la tecnica del “phage display” per il
riconoscimento di molecole di adesione sulla superficie di cellule endoteliali tumorali.
Utilizzo di ultrasuoni e microonde nelle reazioni
Il gruppo del Prof. G.C.Cravotto ha sviluppato una serie di apparecchiature atte a sfruttare
ultrasuoni e microonde nella sintesi chimica. E‟ stato dimostrato come l‟utilizzo di queste
stimolazioni fisiche portano ad una notevole accellerazione della velocita‟ di reazione con un
marcato aumento della resa. In particolare sono state studiate alcune reazioni per le quali la semplice
attivazione termica non permette l‟isolamento di quantita‟ significative di prodotto. E‟ stato anche
indagato l‟uso di cristalli ionici in presenza di ultrasuoni e microonde come pure l‟uso di ultrasuoni
nella decontaminazione dell‟amianto.
Studi spettroscopici
Il Prof. R.Gobetto e i suoi collaboratori hanno continuato lo studio delle proprieta‟ fotofisiche di
complessi di metalli di transizione per potenziali impieghi quali sensori. Inoltre questo gruppo di
ricerca ha messo a punto procedure di NMR allo stato solido per la caratterizzare il polimorfismo di
prodotti di interesse farmaceutico.
130
UNITA’ DI RICERCA DI TRIESTE
Direttore Scientifico: Prof. Ennio Zangrando
COMPOSTI ANTITUMORALI DI RUTENIO
Enzo Alessio, Ioannis Bratsos, Stephanie Jegger, Teresa Gianferrara, Ennio Zangrando
L‟attività di ricerca svolta è suddivisibile sostanzialmente in due parti: 1) processo di avvio della
sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio denominato NAMI-A e
sviluppato in anni precedenti dai gruppi del Prof. Alessio e del Prof. Sava. 2) Sviluppo di nuovi
composti di rutenio con attività antitumorale, allo scopo di sviluppare filiere innovative di principi
attivi chemioterapeutici capaci di migliorare l‟efficacia del NAMI-A.
1. Sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio NAMI-A.
La fase clinica 1-2 del NAMI-A (Figura 1) in combinazione terapeutica
CH3 con il farmaco gemcitabina, di cui è sponsor il Dipartimento di Scienze H3C
O
S
Chimiche, è programmata presso il Netherland Cancer Institute (NCI)
di Amsterdam. Sono state portate a termine le seguenti fasi preliminari: Cl Ru Cl HN
Cl
a)
E‟ stata effettuata la produzione (in condizioni di Good
Laboratory Practice) di un quantitativo di circa 2000 g di NAMI-A
analiticamente puro per la sperimentazione clinica.
NH
Cl
N
HN
NAMI-A
b)
In seguito ad una serie di analisi termogravimetriche è stata valutata la stabilità allo stato
solido di numerose formulazioni farmaceutiche di NAMI-A con vari eccipienti. La stabilità delle
preparazioni in soluzione è stata investigata tramite HPLC. In base a tali prove, è stata individuata la
formulazione più adatta, che verrà utilizzata nella sperimentazione clinica.
c)
E‟ in corso, presso il Dipartimento di Farmacia e Farmacologia del NCI, la produzione su
larga scala della formulazione farmaceutica del NAMI-A per la sperimentazione clinica.
d)
Il progettato studio clinico ha ricevuto nel mese di ottobre 2007 il primo nulla osta dalla
CCMO (Centrale Commissie Mensgebonden Onderzoek) del Netherland Cancer Institute di
Amsterdam. La sperimentazione clinica inizierà dopo che il progetto avrà ricevuto la valutazione
positiva da parte del Comitato Etico dell‟NCI.
Sviluppo di nuovi composti di rutenio con attività antitumorale
Per quanto riguarda la ricerca chimica su nuovi composti di rutenio con attività antitumorale, sono
stati sviluppati numerosi nuovi composti. Vengono qui riportati i risultati del progetto denominato
“carbo-NAMI-A”, il cui presupposto deriva della constatazione che la chimica del NAMI-A in
soluzione fisiologica è ampiamente determinata dall‟idrolisi dei cloruri, similmente a quanto
avviene nel caso del cisplatino. Negli antitumorali di platino, la sostituzione dei due cloruri uscenti
con dicarbossilati chelanti ha portato allo sviluppo degli antitumorali di seconda e terza generazione,
tipo carboplatino ed oxaliplatino, attualmente in uso clinico.
Me
Me
Si intendeva applicare lo stesso approccio nel caso del NAMIO
O
Me
Me
S
S
A e cioè sostituire, parzialmente o completamente, i cloruri
COO
OOC
con carbossilati, o monodentati (e.g. acetato, trifluoroacetato) Cl Ru OOC
Ru
Cl
OOC
COO
OOC
o bidentati chelanti (e.g. ossalato, malonato, ciclobutanN
N
dicarbossilato), lasciando invariati gli altri leganti (Figura 2).
HN
HN
E‟ da attendersi che il comportamento di tali composti rispetto
131
all‟idrolisi sia marcatamente diverso rispetto a quello del NAMI-A. Di conseguenza, anche l‟attività
antitumorale ne verrà molto probabilmente influenzata, anche se non è possibile prevedere se in
senso migliorativo o peggiorativo.
Nonostante i molti approcci sintetici investigati, con vari dicarbossilati, non è stato possibile isolare
alcun composto di Ru(III) tipo-NAMI-A, cioè contenente contemporaneamente il dmso ed il
dicarbossilato.
In parallelo, è stato tuttavia condotto uno studio molto approfondito e sistematico della reattività di
due precursori di Ru(II), cis-[RuCl2(dmso)4] ed il corrispondente derivato privo di cloruri fac[Ru(dmso-S)3(dmso-O)3](CF3SO3)2, la cui attività antitumorale (seppure inferiore a quella del
O
0/-1
NAMI-A) era stata evidenziata anni
O S
H2O O
O
fa, nei confronti di numerosi
S
O O
O
O
S
O
S
Ru
and/or
dicarbossilati (dicarb). In questo caso
Ru
Ru
S
X
S
O
S
O
O
è
stato
possibile
isolare
e
n+ O
S
S O
O
OO OH2
caratterizzare
un
elevato
numero
di
S
X
Ru
O
nuovi prodotti del tipo Ru(II)-dmsoS
X
0/-1
O
0/+2
S
O
X
O
S
dicarb e chiarire completamente la
S = dmso-S
O
O
S
O
S
O
O
S
O = dmso-O
or
Ru
Ru
reattività dei precursori di Ru-dmso
Ru
O
X = Cl, n = 0
S
X
S
O
O
S
X = dmso-O, n = 2
nei confronti dei dicarbossilati
S
S
X
impiegati. I risultati possono essere
Ocomplessivamente riassunti nella
O
O
O
O
OOOR2
seguente Figura:
R1
OOO
In pratica si è osservato che, con
OO
O
O
O
dicarbossilati
chelanti
diversi
mal
R1= R2=H
suc
cbdc
dall‟ossalato, è possibile ottenere
mmal R1=H, R2=Me
dmmal R1=R2=Me
specie mononucleari (in cui il
dicarbossilato è coordinato come chelante) oppure dinucleari (in cui il dicarbossilato è coordinato a
ponte, un modo di coordinazione piuttosto inusuale per questi leganti). La preferenza per l‟una o
l‟altra struttura dipende essenzialmente dall‟ingombro sterico presente sul carbonio centrale del
dicarbossilato.
=
Similmente ai loro precursori, nessuno dei nuovi composti è risultato particolarmente citotossico in
vitro. I più promettenti sono stati anche saggiati in vivo su modelli di tumori animali, ma non hanno
dimostrato attività particolarmente promettente.
Nuovi composti di rutenio con geometria half-sandwich
E‟ noto da alcuni anni che composti organometallici di Ru(II) con struttura halfR
+ sandwich, come quello riportato in Figura 1, hanno elevata citotossicità in vitro
contro linee tumorali e buona attività antitumorale in vivo, anche verso modelli
di tumori animali resistenti al cisplatino. Sono stati da noi sviluppati dei nuovi
composti “half-sandwich” di Ru(II), strutturalmente simili a quelli
Ru
Cl
organometallici, nei quali il frammento aromatico è sostituito con un altro
H2N
NH2
legante neutro a geometria facciale, lasciando inalterato il resto del complesso.
In particolare, per il momento è stata preparata una serie di composti in cui
l‟anello aromatico è sostituito del chelante facciale 1,4,7-tritiociclononano ([9]aneS3), Figura 2:
Innanzitutto sono stati preparati dei precursori contenenti il
legante [9]aneS3 e cloruri e/o molecole di dmso come gruppi R
S
uscenti, in particolare [Ru([9]aneS3)Cl(dmso)2](CF3SO3) e
S
S
Ru
[Ru([9]aneS3)(dmso)3](CF3SO3)2. I gruppi uscenti sono stati
Ru
successivamente sostituiti da chelanti azotati o dicarbossilati.
Prove di citotossicità in vitro hanno dimostrato che la
[9]aneS3
sostituzione
del
frammento
aromatico
con
il
tritiociclononano comporta una diminuzione di attività, seppure non drammatica.
132
Il dato più significativo emerso dallo studio è che, ancor più della natura del chelante facciale, ai fini
dell‟attività in vitro è importante la natura del chelante bidentato. Infatti, in accordo con quanto già
rilevato per i composti organometallici, soltanto i composti contenenti etilendiammina (en) quale
chelante di supporto presentano citotossicità verso numerose linee cellulari.
BIOCRISTALLOGRAFIA
Randaccio Lucio, Wuerges Jochen, Siega Patrizia, Dreos Renata, Geremia Silvano, Nicola
Demitri, Rita De Zorzi
Purificazione e caratterizzazione strutturale di complessi della fosfodiesterasi umana
(famiglia pde4) con nuovi inibitori.
La funzione delle proteine della famiglia delle PDE rientra nel metabolismo dei nucleotidi.
Queste proteine, infatti, idrolizzano il legame 3‟-5‟ fosfodiestereo che si forma nei nucleotidi
monofosfato ciclici purinici come cAMP e cGMP, regolandone così l‟attività di secondi messaggeri
intracellulari ad esempio nel meccanismo fisiologico del rilassamento muscolare. L‟azione
enzimatica ed il ruolo delle PDE sono di rilevante importanza anche in alcuni processi infiammatori,
dove agiscono attraverso l‟inibizione di cellule specifiche del sistema immunitario. In uno studio
infatti è stato dimostrato come nella patologia della sclerosi multipla il ruolo delle PDE sia
fondamentale per la regolazione dell‟attività di monociti e macrofagi, mentre la regolazione di
cellule come eosinofili, neutrofili e linfociti rappresenta un ruolo chiave in patologie infiammatorie
come asma, psoriasi e dermatite allergica. Numerosi studi condotti fino ad ora sono orientati verso
lo sviluppo di farmaci specifici in grado di regolare l‟attività di questi enzimi.
Nell‟ambito di questa tematica è stata svolta una ampia ricerca bibliografica per conoscere le
strutture e le sequenze primarie di queste proteine PDE4. Ciò ha permesso di evidenziare le
sequenze dei domini catalitici delle varianti PDE4B2 e PDE4D2 adatte alla cristallizzazione. Queste
sequenze sono state fuse all‟N-terminale con sequenze standard His-Tag le quali hanno già
permesso di ottenere cristalli di buona qualità della proteina e dovrebbero semplificare
notevolmente la fase di purificazione.
Questo lavoro è condotto in collaborazione con l‟Università degli Studi di Udine (Prof. Gianluca
Tell) e ha pemesso la produzione del plasmide della PDE4B2 fuso con l‟His-Tag. Diverse
problematiche sono state riscontrate nella fase di espressione della proteina HisTag-PDE4B2, sia a
livello di preparazione del plasmide sia per le scarse rese connesse con l‟espressione del plasmide
stesso in E. Coli. Si è proceduto perciò di provare ad usare il vettore di espressione pGEX-2T che
comporta la sostituzione della His-Tag con la GST-Tag e ci si è concentrati sulla purificazione della
proteina di fusione GST-PDE4B2.
Le proteina GST-PDE4B2 viene espressa in quantità sufficientemente grandi da poter essere usati
per le prove di cristallizzazione; vista la notevole dimensione del tag GST questo può ostacolare il
processo di cristallizzazione e richiede perciò la sua rimozione tramite taglio con trombina.
Purtroppo la formazione di aggregati proteici tra la proteina di fusione GST-PDE4B2 ed altre specie
ha reso impossibile il normale approccio di purificazione mediante cromatografia di affinità su
colonna con glutatione. Dopo aver provato diverse condizioni si è deciso di sondare approcci di
purificazione alternativi usando altre tecniche cromatografiche come la gel-filtrazione o lo scambio
ionico. Finora le frazioni ottenuto non presentano un grado di purezza sufficiente.
Studio delle interazioni redox dipendenti nei complessi di trasferimento elettronico del
citocromo c
Lo studio, volto ad analizzare l‟interazione del citocromo c da cuore di cavallo con i propri
partner biologici, è svolto in collaborazione con il gruppo di ricerca del prof. Luigi Messori
dell‟Università di Firenze. L‟obiettivo di questo lavoro è l‟individuazione delle variazioni strutturali
connesse alla variazione dello stato d‟ossidazione del citocromo.
L‟analisi delle variazioni strutturali, indotte dallo stato di ossidazione del metallo, è particolarmente
importante per poter comprendere il meccanismo di formazione e rottura dei complessi proteici
nella catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri. Infatti, l‟interazione con i partner biologici
133
per formare i complessi funzionali per il trasporto degli elettroni deve essere strettamente
dipendente dallo stato di ossidazione del citocromo, la cui variazione deve indurre la rottura di tali
complessi dopo il trasferimento elettronico.
Per analizzare le differenze nella carica elettrostatica superficiale fra la forma ossidata e la forma
ridotta e ottenere nuove informazioni riguardo al meccanismo di trasferimento degli elettroni, si è
affrontato lo studio mediante tecniche biocristallografiche della superficie elettrostatica del
citocromo c da cuore di cavallo utilizzando lo ione nitrato come sonda ionica. Il gruppo di ricerca
dell‟Università di Firenze ha condotto esperimenti di cristallizzazione del citocromo c da cuore di
cavallo in presenza di ioni nitrato. In particolare, sono state utilizzate due diverse forme di questa
proteina, una ridotta e una ossidata. Lo stesso gruppo ha anche condotto la raccolta dei dati di
diffrazione di raggi X da cristallo singolo. La determinazione di queste due forme cristalline del
citocromo c, una forma ridotta monoclina e una ossidata trigonale, è stata condotta presso il Centro
di Eccellenza in Biocristallografia dell‟Università di Trieste.
Le maggiori differenze tra le due strutture riguardano le catene laterali dei residui che si trovano
sulla superficie della proteina. Sovrapponendo le due strutture della forma ossidata e di quella
ridotta, si osserva che le principali differenze nelle posizioni delle catene laterali dei residui sulla
superficie siano localizzate nella regione opposta alla tasca dell‟eme.
Variazioni significative si osservano anche per quanto riguarda il core proteico. Nelle strutture è
stata osservata la presenza delle due molecole di acqua in prossimità del gruppo prostetico, che,
dall‟analisi di altre strutture di citocromi di tipo c, risultano altamente “conservate”. Anche nelle
strutture del ferricitocromo e del ferrocitocromo da cuore di cavallo, risolte in questo lavoro, è
presente la stessa variazione nella posizione di una di queste molecole d‟acqua, che studi precedenti
hanno dimostrato dipendere strettamente dalla variazione dello stato d‟ossidazione del metallo
complessato. Questa molecola d‟acqua forma legami idrogeno con gli ossidrili di un residuo di
tirosina (che a sua volta forma un legame ad idrogeno con la metionina coordinata al ferro) e di un
residuo di treonina e con il gruppo carbonilico di un residuo di asparagina.
Sono state analizzate anche le interazioni della proteina con gli ioni nitrato, presenti nella soluzione
di cristallizzazione e utilizzati come sonda ionica per individuare le zone della superficie del
citocromo con carica elettrostatica positiva. In particolare, alcuni siti di interazione sono localizzati
nella regione in cui il gruppo eme è esposto al solvente, che è una porzione della proteina
determinante nel processo di trasferimento degli elettroni. Ciò ha permesso una estesa mappatura
(della superficie del citocromo c da cuore di cavallo) che ha messo in evidenza tutti i possibili siti di
interazione elettrostatica presenti sulla proteina.
Modelli della vitamina B12 e complessi di cobalto
La vitamina B12 è un nutriente essenziale per i mammiferi, i quali non la producono e
devono assumerla col cibo. Il suo passaggio dall‟apparato digerente alle cellule coinvolge tre
proteine di trasporto: l‟aptocorrina, il fattore intrinseco e la transcobalamina (TC). Nell‟ultimo
stadio il complesso TC-CNCbl entra nelle cellule tramite un processo di endocitosi mediata da un
recettore della membrana cellulare. La CNCbl è dotata di molti gruppi funzionali che possono
essere facilmente modificati, ma la scelta tra essi per la realizzazione del bioconiugato deve tenere
conto dell‟efficienza della molecola risultante nel raggiungere le cellule bersaglio. Quindi l‟affinità
del bioconiugato per la TC non deve diminuire significativamente. Recenti studi cristallografici
condotti presso la nostra unità di ricerca di Trieste sulla TC umana e bovina hanno rivelato che il
gruppo 5‟-idrossile della CNCbl può venire funzionalizzato senza compromettere sensibilmente la
formazione del complesso TC-CNCbl.
Lo studio in questo sezione è documentato da tre lavori pubblicati nel corso del 2007:
Una review tratta dei risultati cristallografici delle proteine che interagiscono con il
micronutriente essenziale della cobalamina (vitamina B12). In questo lavoro vengono descritti in
dettaglio gli aspetti strutturali sia degli enzimi B12 dipendenti che delle proteine di trasposto.
Nello studio riportato su Biochem. J. (403, 431–440, 2007), è stata analizzata la specificità dei
leganti da un punto di vista strutturale con l‟uso di “molecular modelling”. Infatti sono stati prodotti
modelli comparativi del fattore intrinseco (IF) e dell‟aptocorrina (HC) basati su dati ottenuti dalla
134
struttura cristallografica dell‟omologa transcobalamina (TC), recentemente determinata in questi
laboratori (PNAS 103, 4386-4391, 2006) e corroborata da dati di saggi di binding. Molte interazioni
tra la cobalamina (B12) e il sito di legame all‟interfaccia dei due domini dello scaffold della proteina
sono conservati tra le proteine trasportatrici delle Cbl. I più recenti dati strutturali a RX del
complesso IF-Cbl (PNAS, 104, 173111-17316, 2007) hanno confermato la struttura da noi proposta
per questo sistema IF-Cbl.
Nel lavoro riportato sul IUBMB è stato investigato per via cristallografica lo spostamento del
legante Co(III)-H2O sul lato β della cobalammina da parte di una catena istidinica. Lo studio è stato
condotto sulla Cbl legata alla transcobalammina (TC) in presenza di ioni cianuro e ioni solfito. Le
mappe di densità elettronica hanno evidenziato che la catena dell‟istidina è stata spostata dal legante
esogeno cianuro o solfito in minima entità rispetto a quanto aspettato sull‟affinità di questi leganti
per il cobalto e l‟eccesso di concentrazione usato rispetto all‟istidina. Ciò può riflettere sia la minor
affinità degli ioni cianuro e solfito o un legame favorevole del residuo istidina-proteina nella
competizione per il lato beta della cobalammina legata alla TC. Il loop che ospita il residuo dell‟
istidina appare più flessibile dopo la rottura del legame His-Cbl, ma non sono evidenziate altre
significative differenze nella struttura della olo-transcobalammina. I risultati hanno permesso di
discutere il possibile ruolo fisiologico della sostituzione dell‟istidina da parte di una molecola
d‟acqua nei β-coniugati degli analoghi della Cbl, recentemente proposti quali target nel trasporto di
agenti di contrasto.
135
136
PUBBLICAZIONI E BREVETTI
137
A
Accardo A., Tesauro D., Mangiapia G., Pedone C., Morelli G.
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The [Tc(N)(PNP)]2+ metal fragment labeled cholecystokinin-8 (CCK8) peptide for CCK-2
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Campiani G., Gemma S., Fattorusso C., Kukreja G., Joshi B. P., Butini S., Persico M., Sanna
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163
STRUMENTAZIONE DISPONIBILE
165
STRUMENTAZIONE DISPONIBILE PRESSO LE UNITA’ LOCALI
LABORATORIO CENTRALE DI BARI
 Spettrofotometro AA UV-Vis Varian Cary 100 con controllo della temperatura con effetto
 Peltier
 Spettrometro AA Varian 880Z con fornetto di grafite, generatore di idruri Varian VGA77,
 controller elettronico della temperatura Varian ETC-60 e autocampionatore Varian
GTA100Z
 Spettrometro di massa con sorgente al plasma (ICP/Modena-Siena) Varian 820 MS
Unità Locale: BARI
 Polarimetro Perkin-Elmer mod. 341
 Gas-Massa Hewlett-Packard HP6890-5973MSD
 HPLC Perkin-Elmer mod. 200
 Analisi elementare CHN Eurovector EA 3011
 Gas-Cromatografo Capillare DANI mod. 3800HR
 UV-Vis Perkin-Elmer mod. Lambda Bio 20
 NMR-300 MHz Varian VX Mercury
 NMR-90 MHz Varian mod. EM 390
 Spettropolarimetro CD-ORD. JASCO mod. J-810
 FT-IR Perkin-Elmer mod. Spectrum One System
 Liquido-Massa 1100 LC/MSD Trap system AGILENT
 Bilancia analitica Mettler H64
 Idrogenatore Bassa Pressione (n. 2)
 Idrogenatore Alta Pressione Büchi 300 ml 60 bar
Unità Locale: BOLOGNA
 n.° 3 diffrattometri a raggi X a polveri
 n.°4 diffrattometri a raggi X a film piano e cilindrico per spettro di fibra
 Diffrattometro a raggi X a cristallo singolo
 Spettrometro UV-visibile
 Spettrometro FTIR, ATR
 Spettrometro CD
 Spettrometro AA con fornetto di grafite
 Spettrometro Raman
 Termobilancia TGA-DSC
 Microscopio elettronico a scansione
 Microscopio elettronico a trasmissione
 Microscopio a forza atomica
 Cromatografo ionico
 Cromatografo liquido
 Gas cromatografo
 Spettrometria ICP
 Microscopie ad alta risoluzioneTEM, SEM, AFM
 Diffrattometrie con luce di sincrotrone (Elettra, Trieste, Italy; ESRF, Grenoble, France;
Brookhaven national laboratories, USA)
Unità Locale: CAMERINO
 Microscopio Elettronico A Scansione (Cambridge Stereoscan 360)
 Microscopio Elettronico A Trasmissione (Philips Cm10)
 Diffrattometro Per Polveri (Anodo Rotante Rigaku Ru-300)
167
















Xrd (X-Ray Diffraction)
Spettrometro Icp Sequenziale Veloce (Jobin Yvon Jy 24r)
Cromatografo Ionico (Dionex 4500i)
Analisi Termogravimetrica Setaram Tag 24
Ultramicrotomo Leica Ultracut R
Ft-Nmr (Varian Gemini 200)
Ft-Nmr (Varian Mercury Plus 400)
Analisi Elementare (Fisons Ea 1108)
Sistema Hplc-Dad-Ms (Hplc: Hp 1090 Liquid Chromatograph Series Ii; Ms: Hp 1100 Mass
Spectrometer Series 1100 Msd; Diode Array Detector)
Sistema Hplc-Ms-Ms (Ion Trap) (Equipaggiato Anche Con Rivelatori Dad Ed Indice Di
Rifrazione)
Sistema Gc-Ms (Gc: Agilent 6890n; Ms: Ei5973n)
Sistema Gc-Fid-Ecd
Spettrofotometro Uv-Vis (Varian Cary 1e)
Spettrofotometro Ft-Ir (Perkin-Elmer Rx Ft-Ir System)
Assorbimento Atomico (Analytik Yena Aaszenit 60)
Assorbimento Atomico (Varian Spectra Aa 10)
Unità Locale: CATANIA
 Spettropolarimetro Jasco J 810
 Spettropolarimetro Jasco J 810
 Spettropolarimetro Jasco J 710
 Spettrofotometro Jasco V 530
 Spettrofluorimetro Jobin Yvon Horiba-Fl3-11
 Spettrometro Di Massa Thermo Lxq Finnigan (Sorgente Esi)
 Elettroforesi Capillare Beckman P/Ace Mdq (Dad Detector)
 Spettrofotometro Cary 500 Scan Varian
 Spettrometro Bruker E 500 Cw-Epr (Elexsys) A Banda X. Analizzatore Voltammetrico
Bioanalytical System Bas Cv-50w
 Spettrofluorimetro accessoriato di polarizzatori
 Sistema di laser flash photolysis per misure UV-Vis risulte nel tempo
 Workstation per misure elettrochimiche e spettroelettrochimiche
 Sensore amperometrico per misure di ossido nitrico
Unità Locale: FERRARA
 Spettrometro FT-IR Nicolet 510 P;
 Analisi Elementare Carlo Erba modello EA 1110;
 Spettrometro NMR Bruker AM 200;
 Spettrometro NMR Varian Gemini 300 MHz;
 Spettrometro NMR Mercury 400 plus Varian
 Spettrometro di massa Hewlett-Packard MALDI TOF mod. G2025A; (presso Dip. di
Scienze farmaceutiche)
 Diffrattometro raggi-X presso il centro di strutturistica del Dip. di Chimica dell‟Università
di Ferrara.
Unità Locale: FIRENZE
 Spettrofotometro Lambda 20 BIO (Perkin Elmer) che opera nell‟intervallo 200/700 nm
equipaggiato con una cella termostatica 298-373 K.
 Spettrofotometro Cary 50 Win-UV (Varian) equipaggiato di accessorio multicella.
 Spettropolarimetro J-600 (Jasco). che opera nell‟intervallo 200-700 nm.
 Spettrofluorimetro L55 (Perkin Elmer) equipaggiato con una cella termostatica che opera
nell‟intervallo 298-373 K.
168
 SX.18MV-R Analizzatore Stopped Flow (Applied-Photophysics, UK) oer studi in
assorbimento oppure emissione di reazioni veloci (msec-sec) .
 Spettrometro NMR ad alta risouzione 300 MHz, Varian.
Unità Locale: INSUBRIA
 Bruker NMR Avance 400
 Bruker AXS D8 Advance
 Enraf Nonius Cad-4
 Perkin-Elmer series II analyzer
 Icp plasmaquad ICP-massa
 Gbc 908 aa Assorbimento Atomico
 Metrohm 761 compact IC Cromatografia Ionica
 Shimadzu GC-17A, rivelatore fid e tcd Gascromatografo Capillare
 Shimadsu GC-17A, rivelatore quadrupolo QP-5000 gas/massa
 Shimadzu LC-10AC, rivelatore UV diode array HPLC
 Shimadzu FT-IR Prestige 21
 Netzsch Luxx sta 409 pc
 Minipal Panalytical
 Spettrofluorimentro quanta ray gcr-3-10
Unità Locale: MESSINA
 Spettrometro NMR Bruker ARX-300 con probe broad band e gradienti di campo
 SpettrofotometroUV/Vis HP8452-A
 n.° 2 Spettrofotometri UV/Vis HP8453 con sistema di termostatazione Haake D8
 Spettrofotometro UV/Vis Jasco V560 con sistema di termostatazione Haake C25
 Spettrofluorimetro Jasco FP-750
 Spettropolarimetro Jasco J-500 A
 Spettropolarimetro Jasco J-810
 Spettrometro diode-array Ocean Optics SF2000 doppio canale di acquisizione con fibre
ottiche.
 Apparato Stopped-Flow Tritech SF-3L
 Apparato Stopped-Flow a 3 siringhe Biologic SFM-3
 Omogenizzatore ad ultrasuoni a penna Sonoplus HD2070
 Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204
 Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204 con accessorio per misure di tensione superficiale
 Stufa Ecocell55 683/10000 Medcenter
Unità Locale: NAPOLI
 Sintetizzatore di peptidi Shimadzu PSSM-8
 Sintetizzatore di peptidi Applied Biosystem ABI 433
 Sintetizzatore di peptidi Advanced Chemtech 348 Omega
 Sintetizzatore di DNA e PNA
 Spettrometro di Massa Perspective Maldi Tof
 n.° 2 Sistemi HPLC analitici Hewlett Packard 1100
 Sistema HPLC biocompatibile Waters 625
 Sistema HPLC analitico Shimadzu LCA10
 n.° 2 Sistemi HPLC preparativi Shimadzu LC8A
 Sistema HPLC preparativo Water Deltaprep 4000
 Elettroforesi capillare Waters Quanta 4000
 Sistema LC/MS
 Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 600 Mhz
 Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 400 MHz
169
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Dicroismo circolare Jasco J715 con controllo di temperatura
Spettrofluorimetro Varian
Spettormetro UV-Vis Jasco
BIACORE
Citofluorimetro
Diffrattometro ad anodo rotante con area detector
Diffrattometro 4 cerchi Noius CAD4-Turbo
Calcolatore parallelo a 6 CPU SGI Challenge
n.° 15 workstation grafiche SGI (O2, Indigo2, Octene)
Calcolatore parallelo Compaq Alpha.
Cluster di PC sotto Linux per calcolo intensivo
Unità Locale: PADOVA
 Spettrometro VARIAN NMR Gemini 200
 Spettrometro NMR AMX-3 300 Bruker
 Spettrometro di Massa “Mariner” Perkin Elmer”
 Spettrofotometro UV/VIS Lamba 40 Perkin Elmer
 Sistema HPLC AGILENT-Technologies, con rivelatore Fotodiode Array e Radioattivo
(Raytest)
 Spettrometro BRUKER, MOD.FT-NMR AVANCE DMX 600 con sistema SHIM,AMOS,
acquis.dati,controllo digitale,GRASP III, unità radiofreq. e temp.
 Spettrometro di massa a quadrupolo marca Hiden, mod.553021
 Microscopio Elettrochimico a scansione marca IJ CAMBRIA
 Gas massa "VARIAN" mod. SATURN 2100 T
 Spettrometro FT-IR "Bruker" mod. Equinox 55
 Sistema calorimetrico mod.TAM marca Qi
 Sintetizzatore Automatico di Peptidi, Mmarca ADVANCED CHEMTECH, MOD. 348
OMEGA, dotato di cappa di protezione.
 Diffrattometro modulare con goniometro 0/0 Philips mod.X'Pert Pro, attrezzato con una
camera Anton Paar TKK 450 per media e bassa temperatura
 Spettrometro di massa AGILENT-Technologies Mod.G1725A
 Spettrometro FT-NMR marca BRUKER mod. AC 300 completo di accessori
 Spettrometro marca Bruker, mod.FT-NMR completo di criomagnete superconduttore,
schermato e generatore di radiofrequenza,trasmettitore, lineare e multi
 Spettrofuorimetro, marca PERKIN ELMER, MOD. LS-50B completo di torretta
termostabile con agitatore incorporato, polarizzatore e fotomultiplicatore.
Unità Locale: PALERMO
Dipartimenti di Chimica
 Spettrometri I.R.
 Spettrometri ad assorbimento atomico con fornetti di grafite
 Mineralizzatori
 Spettrometri Mössbauer
 Spettrofotomeri U.V.-visibile
 Analisi Termogravimetrica
 Raggi X di polveri
 Spettrometro Laser-Raman
 Osmometri
Dipartimento di Zoologia
 Microscopio elettronico a contrasto di fase
 Istituto di Biologia (Facoltà di Medicina)
 Microscopio elettronico Leitz Orthoplan
 Microscopio elettronico Philips EM 410
170
Unità Locale: PARMA
 Spettrometro FT-IR Nexus Nicolet equipaggiato con microscopio Nicolet Continuum
 Spettrometro Perkin Elmer Lambda 25 UV/Vis
 HPLC preparativo con Rivelatore UV-VIS
 Sistema per titolazioni potenziometriche Metrohm
 Sistema per l'analisi quantitativa dell'immagine - FLUOR-S Multimager
 Diffrattometro SMART 1000 Bruker AXS
 Spettrometro NMR BRUKER AVANCE 300 MHz
 Spettrometro NMR BRUKER AMX-400 MHz
 Spettrometro NMR VARIAN INOVA 600 MHz
 Spettrometro di Massa M@LDI-TOF
 GC-Spettrometro di Massa FINNIGAN SSQ 710
 Spettropolarimetro JASCO J 715
 ENRAF NONIUS CAD4 con OXFORD CRYOSYSTEMS 600
 SIEMENS AED
 PHILIPS PW 1100
 Diffrattometro per polveri PW 1050
Unità Locale: PAVIA
 Spettrofotometro Infrarosso Jasco FT-IR-5000
 spettrofotometri UV-visibile a diodi HP8452A e HP8453
 Spettrometro NMR Bruker AVANCE 400 MHz
 spettrometro di massa LCQ DECA a trappola ionica e sorgente ESI della Thermo-Finnigan
 HPLC Jasco MD-1510 con rivelatore ottico diode array
Unità Locale: PIEMONTE ORIENTALE
Laboratori Chimici
 Spettrometro ESR in banda X JEOL FA-200
 Spettrometro NMR JEOL Eclipse Plus con magnete superconduttore da 9,4 T
 Spettrofotometro UV-visibile a doppio raggio JASCO V-550
 Spettrometro di massa con plasma accoppiato induttivamente X Series 5 – THERMO
 Spettrofluorimetro FP-2020 Plus JASCO
 Gascromatografo THERMO Trace GC Ultra equipaggiato con analizzatore di massa a
singolo quadrupolo THERMO Trace DSQ.
 Gas cromatografo CP-3800 Varian equipaggiato con autocampionatore e con analizzatore di
massa a trappola ionica Saturn 2200
 Sistema cromatografico HPLC Spectra System con autocampionatore e rivelatore PhotoDiode-Array accoppiato con uno spettrometro di massa LCQ Duo (analizzatore a trappola
ionica e doppia sorgente di ionizzazione ESI e APCI) collegato direttamente ad un
generatore d‟azoto N2LC-MS Claind
 Sistema cromatografico HPLC Waters 2690 con autocampionatore e rivelatore UV-vis
accoppiato con uno spettrometro di massa Micromass ZMD (analizzatore a singolo
quadrupolo e doppia sorgente di ionizzazione ESI e APCI)
 Cromatografo HPLC con pompa a 4 canali JASCO PU 2089, rivelatore UV-visibile
VARIAN Prostra 320 e rivelatore elettrochimico ESA Coulochem II
 Sistema cromatografico HPLC Spectra System THERMO con autocampionatore e rivelatore
 n.° 2 sistemi cromatografici HPLC Merck Hitachi con rivelatori UV-vis e conduttometrico
 Sistema cromatografico GPC HP series 1100
 Cromatografo liquido a media pressione Alltech dotato di rivelatore UV-vis con cella
semipreparativa
 Rilassometro STELAR Spin Master
 Sistema elettrochimico modulare composto da n. 5 potenziostati
171
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
Elettroforesi capillare Agilent
Strumento per l‟analisi termogravimetrica TGA/SDTA851e METTLER TOLEDO
Calorimetro a scansione differenziale DSC821e METTLER TOLEDO
n.° 2 strumenti per analisi dinamico-meccaniche DMTA V RHEOMETRIC SCIENTIFIC
Reometro rotazionale ARES RHEOMETRIC SCIENTIFIC
Dinamometro MINIMAT RHEOMETRIC SCIENTIFIC
Reometro Capillare Goetfert 2000
Rheotens Goetfert
Sistemi di calcolo parallelo a 32 processori (in collaborazione con DISTA) munito di
software per la simulazione di proprietà molecolari di sistemi organici e inorganici
complessi e per la soluzione di equazioni cinetiche chimiche anche su scala geografica
regionale
 Raman portatile System 100 Remshaw
 Stereoscopic microscope SMZ-U Nikon Corporation
 Reattore a microonde CEM Discover
 Accelerates Solvent Extraction ASE 100 Dionex
 Omogenizzatore Ultraturrex IKA-WERKE
 Bagno ultrasuoni
 Sistema di produzione acqua ultrapura Milli-Q Millipore
 Cappa a flusso laminare Bluecoltur 4
 Sono inoltre disponibili bilance analitiche, stufe, muffola, pH-metri, rotavapor, centrifughe.
Laboratori Biologici
 Sistema per cromatografia liquida LC-Packings/Dionex NanoHPLC
 Sistema robotizzato per il prelievo di porzioni di gel di proteomica ProteomeWorks Plus
Spot Cutter (Bio-Rad)
 Sistema per la preparazione di campioni di proteine MultiPROBE® II Proteomics
Workstation (Perkin Elmer)
 Spettrometro di massa quadrupolo TOF (QqTOF) Applied Biosystems QSTAR® XL
 Spettrometro di massa Applied Biosystems Voyager-DE™ PRO MALDI-TOF
 Sistema confocale Zeiss LSM 510 su Microscopio Axiovert 100 M (sorgenti luminose: 1
Laser Ar e 1 Laser He-Ne, lampada a fluorescenza HBO 50W)
 Microscopio Zeiss Axiovert 100 M con telecamera digitale Axiocam (sorgenti luminose:
lampada a fluorescenza e UV FluoArc)
 Microscopio Elettronico Philips EM210
 Microscopio Leica DM RB associato a sistema di analisi d‟immagine
 Stereomicroscopio Zeiss Stemi SV6
 Stereomicroscopio Leica Zoom 2000
 Stereomicroscopio Leica MZ16
 Stazione Silicon Graphics per analisi d‟immagine
 Microtomo Zeiss HM 350
 Criostato Leica CM 3050
 Citometro a flusso Partec PAS (fonte d‟illuminazione Laser Argon e lampada HBO100)
 Sonicatore Misonix Microson XL 2000
 Sistema di produzione acqua ultrapura Millipore MilliQ
 Termociclatore Techne TC-512
 Termociclatore per analisi quantitativa BioRad iCyler
 Termociclatore Perkin-Elmer 2400
 Termociclatore Hybaid PCR Express
 Stazione preparativa per acidi nucleici Applied Biosystems 6100
 Scanner per microarray BioRad Chip Reader
 Transilluminatore Bio-Rad UV Transilluminator 2000
 Carbonatore Leica CLS 150 XE
172
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Ingranditore fotografico Durst Elite 2000 Tim
Taglialame LKB Knife maker 7801
Ultramicrotomo Reichert-Jung Ultracut E
Ultramicrotomo Leica Ultracut UCT
Spettrofotometro Beckmann DU530
Turbidimetro Biolog 21907
Densitometro per acquisizione di gel proteici mono e bidimensionali BioRad GS 710
Apparato con fotocamera per acquisizione in chemiluminescenza e fluorescenza di gel
BioRad Chemidoc XRS
Apparato per corsa in I dimensione di gel elettroforetici bidimensionali Amersham
Biosciences ETTAN IPGphor
n.° 2 Apparati per corsa in II dimensione di gel eletroforetici bidimensionali Bio-Rad
Protean Xi/XL cells
Spettrofotometro Varian Cary 50
Ultracentrifuga Beckman Coulter L8-70
Fluorimetro Perkin-Elmer LS50B
Incubatore con piano rotante – modello: Gallenkamp – ditta: Sanyo centrifughe refrigerate,
agitatori basculanti, vortex e magnetici, bagnomaria termostatati con sistema Dubnoff,
bilance tecniche ed analitiche, pHmetri, termostati e stufe.
Unità Locale: POLITECNICA DELLE MARCHE
 Spettrometro Perkin Elmer Spectrum 1 equipaggiato con un microscopio AUTOIMAGE per
determinazioni in riflessione e trasmittanza (micro-ATR objective). Sii ha anche accesso
(per gentile concessione della Perkin Elmer Italia) allo spettrometro Spotlight FT-IR
Imaging System 300 con risoluzione spaziale fino a 6.25µm. - Si dispone di svariati
accessori: ATR verticale ad angolo variabile, ATR orizzontale, ATR CIRCLE (riflettanza
interna cilindrica), DRIFT (riflettanza interna diffusa) tutti dalla Spectra Tech..
 spettrometro infrarosso Perkin Elmer NTS spectrum one;
 Spettrometro Bruker Vertex-70 equipaggiato con un un HgCdTe FPA multidetector di 4096
elementi (in collaborazione con l‟Università di Verona).
 Spettrometro NMR Varian Gemini 200;
 Spettrometro EPR EMX Bruker ;
 Spettrometro di massa Fisons QMD1000.
 Spettrofotometro UV-Vis Varian Cary 50 scan
 Sintetizzatore Beckman Oligo 1000 DNA Synthesizer
 Gas cromatogtafo Chromopack CP 9001
 Si dispone di vari programmi per il trattamento dati e per l‟analisi
Unità Locale: ROMA “La Sapienza”
 Spectrophotometer per fluorescenza Cary Eclipse
 Spettrofotometro UV-visibile Varian Cary 3E accessoriato con Peltier 1X1 Cell Holder
 Varian
 Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 5E
 Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 50
 Spettrofotometro FT-IR Bruker Vertex 70
 Spettrofotometro IR Perkin Elmer 783
 Analizzatore elementare CHNS-O (Strumenti CE, EA1110)
 Diffrattometro EDXD non commerciale per LAXS e SACS (brev. 0126484, 23/05/96,
 specifico per lo studio di materiali amorfi).
 Dry box Braun con accessorio per la misura in ppm di O2 e H2O
 Spettrofotometro NMR Varian 300 MHz (Dipartimento di Chimica)
 Termoanalizzatore simultaneo Stanton-Redcrof mod. STA 781
173
 Bilancia magnetica Sherwood Scientific
 Spettrofotometro EPR Varian E-9 (banda X) accessoriato con computer (Dipartimento di
 Chimica)
 Electrochemical computerized system AMEL SYSTEM 5000
 HPLC Varian Prostar con detector UV-visibile modello 320
 Spettropolarimetro CD Jasco J-715 (Dipartimento di Fisica)
 Spettrofotometro FTIR Jasco 401 (Dipartimento di Fisica)
 Spettrofotometro ATR Pro Jasco (Dipartimento di Fisica)
Unità Locale: ROMA “Tor Vergata”
 Cappa a flusso laminare Heraeus
 Incubatore a 37° per crescita batteri
 Centrifugha refrigerata Sorvall
 Microcentrifuga Heraeus
 Apparecchi per elettroforesi di DNA e proteine
 Lettore ELISA per micropiastre DAS
 PCR
 Gas cromatografo ThermoFinnigan
 HPLC di ultima generazione Surveyor ThermoFinnigan
 Spettrofluorimetro Varian Eclypse
 Spettrofotometro Jasco V-530
 Stopped-flow SX.18MV Applied Photophysics.
Unità Locale: SALENTO
 Microscopio confocale (C1 NIKON)
 Microscopio ottico (TE 300 NIKON)
 Set up per cortocircuitazione (DVC-1000, WPI)
 Centrifuga (Beckman J-25)
 Camere per colture cellulari con incubatori, cappe a flusso laminare, microscopi invertiti,
centrifughe da banco
 Apparati per elettroforesi e western blotting
 Microscopi ottici e a fluorescenza
 Fluorimetri e spettrofotometri
 Camere per l‟uso di radioisotopi con scintillatore
 Microscopio ottico a fluorescenza Nikon Eclipse 80i (Nikon, Japan) con obiettivi Plan Fluor
(Nikon), equipaggiato di una fotocamera digitale DXM1200F: l‟acquisizione delle immagini
è effettuata con un ACT-1 software per Nikon DXM 1200F (Nikon).
 Microscopio invertito TE2000-E (Nikon, Japan)
 Microscopio ottico Olympus (Japan)
 1 cappa a flusso laminare (Nicostra SpA, Milano)
 3 cappe chimiche
 1 incubatore per colture cellulari Modello 2123TC CO2 (pbi International, Milano)
 Dispositivi per gel-elettroforesi proteine e DNA e per Western Blotting (Biorad, Hercules
California, US)
 Centrifuga per eppendorf, Sigma, 1-15 (Baar, Svizzera)
 Centrifuga per tubi 4236 CWS (ALC, Milano, Italia)
 Microtomo Reichert-Jung 2050
 Ultramicrotomo ULTRAMICROTOME SYSTEM 2128 ULTROTOME LKB, Bromma
(Ontario, Canada)
 Taglialame 7800 Knifemaker, LKB Gromma
 Balzer 020 Critical Point Dryer
 Balzer 040 Sputter Coater
 Strumentazione per l'isolamento e la purificazione delle cellule epatiche
 Camera oscura per sviluppo e stampa foto
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Unità Locale: SIENA
 NMR Bruker DRX 600
 NMR Varian VXR 300
 NMR Bruker AMX 400
 NMR Bruker 400
 NMR Varian 300
 EPR BRUKER 200D-SRC
 Microwave CEMM
 Spettrometro UV-Vis HP8453
 Spettrofotometro UV-vis-NIR Perkin Elmer Lambda 900
 Spettrometro CD Jasco J-815
 MS VG 70-250S (Micromass, Manchester) LSIMS
 HPLC/MS SATURN GC/MS 2000 / CP-3800 (Varian)
 MS Electrospray LCQ DECA (ThermoFinnigan)
 HPLC/MS Agilent
 Apparato elettrochimico BAS 100 A
 Apparato elettrochimico BAS 100 W
Unità Locale: TORINO
 Elenco della strumentazione dell‟Unita‟ di Torino del CIRCMSB
 Bruker Avance 300 spectrometer (7 T)
 Bruker Avance 600 spectrometer (14T)
 High-resolution 400 MHZ, JEOL EX-400
 High-resolution wide bore 270 MHz, JEOL GX-270, 2 MHz spectral width
 High-resolution 90 MHz, JEOL EX-90
 Field Cycling Relaxometer, Stelar
 Variable field (20 - 80 MHz) Stelar Spinmaster
 UV-Visible Spectrophotometer U-2800 Hitachi
 Malvern Zeta-sizer Instruments, Malvern, UK
 Sintetizzatore automatico di peptidi Liberty Microwave-Enhanced (CEM)
 Fluoromax-4 Spectofluorometer Horiba Jobin Yvon
 HPLC Amersham AKTA
Unità Locale: TRIESTE
 Sistema ad Area detector Enraf-Nonius DIP1030 con generatore Enraf-Nonius
 Sistema ad Area detector Bruker-Enraf CCD2000 con anodo rotante Bruker-Nonius
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PERSONALE AFFERENTE
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