ECO DEL SANTUARIO - Santuario di Oropa
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ECO DEL SANTUARIO - Santuario di Oropa
ECO DEL N° 1 - Gennaio/Marzo 2011 - Trimestrale - Anno CXIV- Sped. in Abb. Post. - Art. 2 - Comma 20/c - Legge 662/96 - VC SACRE FUNZIONI Orari Festivi Basilica Antica 7.30 9.00 10.30 S. Messa S. Messa S. Messa Basilica Sup. 11.45 15.15 16.30 18.15 Rosario e Processione eucaristica S. Messa S. Messa S. Messa Orari Feriali 7.10 Basilica Antica Lodi 7.30 11.30 tutti i giorni 8-12 15-19 Festivo: mezz'ora prima della S. Messa 16.30 18.15 S. Messa S. Messa prefestiva S. Messa Luglio e Agosto Confessioni Basilica Sup. 10.30 S. Messa S. Messa S. Messa Basilica Sup. Basilica Antica 9.00 Eco del Santuario di Oropa Periodico trimestrale Anno 114 - N°1 - 2011 Direttore Responsabile Canonico Michele Berchi Redazione Santuario - 13813 Oropa (BI) Sito internet: www.santuariodioropa.it Autorizzazione Tribunale di Biella n°27 del 07/09/1950 Sped. in Abb. Postale - Art. 2 Comma 20/c - Legge 662/96 - VC Conto Corrente Postale 251132 intestato a: Canonico Rettore Santuario di Oropa - 13813 Oropa (BI) Stampato da Tipografia Novograf 13900 Biella (BI) - Tel. 015/401605 Tutela dati personali Vengono usati esclusivamente per la gestione abbonamenti, in conformità alla vigente legge sulla privacy (n. 675 del 31/12/1996). SOMMARIO La parola del Rettore pag. 4 Alla scuola di Benedetto pag. 7 Visita al Seminario Romano Maggiore La voce dell’amministrazione pag. 11 Vita del Santuario pag. 13 Battesimi e Anniversari e Consacrazione dei bambini pag. 16 Ministro Bhatti pag. 17 La primavera del mondo Arabo pag. 20 Intervista al cardinale Scola pag. 23 Il Dio ignoto pag. 26 Contatti (prefisso 015) Stati vegetativi pag. 29 Can. Rettore Tel. 255.51.220/221 Fax 255.51.229 [email protected] Amministrazione Tel. 255.51.202 Fax 255.51.209 Ufficio Tecnico 255.51.205 Istituto Figlie di Maria 255.51.223 Uff. Accoglienza Tel. 255.51.200 Fax 255.51.219 [email protected] Uff. Offerte 255.51.222 Uff. Postale 24.55.903 Osservatorio 24.55.928 Funivie 24.55.929 Guardia notturna 335.81.83.278 Guardia medica estiva 24.55.958 Donazione Torrione pag. 31 Recensioni: L’isola del mondo pag. 32 Lettere di fede pag. 33 La famiglia che raggiunse Cristo pag. 34 Controcorrente Offerte al Santuario pag. 35 pag. 36 Osservatorio pag. 39 La Parola del Rettore Carissimi pellegrini e amici di Oropa, questi tre mesi trascorsi dall’inizio dell’anno sono stati così colmi di drammi e di provocazioni che risulta quasi naturale rendersi conto che questa Quaresima non è capitata per caso, ma è stata un aiuto provvidenziale per darne un giudizio di fede e per poter starne davanti in un modo più umano. Mi riferisco a tragedie come quelle del Giappone e della Libia, ma anche alla valanga staccatasi dalle nostre montagne oropensi e che ha travolto una decina di sciatori e ucciso due di loro. Sono rimasto molto colpito che, benché si tratti di fatti di proporzioni incomparabilmente diversi, la valanga prima e lo tsunami sette giorni dopo, siano state sciagure in qualche modo accumunate dal fatto che siano accadute proprio a 4 cavallo del mercoledì delle ceneri. Mercoledì delle ceneri, dobbiamo ammettere che questo giorno con cui l’anno liturgico segna l’inizio della Quaresima, spesso ci lascia un po’ spiazzati. E’ vero che quella frase così spietata (ricordati che sei cenere e cenere ritornerai) è stata ormai sostituita da una più pacata e meno scomodante (convértiti e credi al Vangelo) ma il gesto di ricevere sulla propria testa della cenere rimane inequivocabilmente sconcertante. La chiesa non ci risparmia questa scomoda memoria, ma al contrario ci mette davanti a una verità che, per il resto dell’anno, cerchiamo di censurare e di negare: siamo un nulla, un nulla che un po’ di neve o dell’acqua possono spazzare via in pochi minuti. Ma allora: cosa c’è nell’uomo che val- ga la pena? Che cosa resiste nel tempo? Che cosa non è un illusione? Questa domanda, che di fronte alle tragedie dovrebbe essere naturale e spontanea e che invece rifuggiamo sempre, la Chiesa, con sapienza millenaria, ce la ripropone all’inizio di ogni quaresima nella speranza che possiamo accorgerci della vacuità di tutte le cose e fissare il nostro sguardo su ciò che solo resiste ad ogni cosa. Ma quelle stesse tragedie, che potrebbero farci rinsavire dal delirio di onnipotenza che si accumula lungo l’anno, quasi sempre diventano occasioni per imboccare il cammino opposto: quello del cinismo e della accusa verso un dio che, si dice, se esistesse, non permetterebbe tanto dolore. Davanti a ciò, diventa molto interessante quanto scrive sagacemente il Papa (quando ancora era solo il Cardinal Ratzinger) in un suo commento alla via Crucis: davanti a queste tragedie le reazioni sono spesso di due tipi. Chi si ritrova coinvolto nel dramma, a scavare tra le macerie o a recuperare il poco che si è salvato, guarda al Divino come l’unica speranza, come l’unica roccia che sia rimasta in piedi e a cui aggrapparsi; mentre chi, la stessa tragedia, la guarda comodamente seduto sulla propria poltrona alla televisione, normalmente porta dio in tribunale, alla barra del proprio giudizio. A dire il vero, c’è anche una terza possibilità, che forse risulta essere la più frequente fra noi che, da una parte non osiamo mettere in discussione Dio e dall’altra non abbiamo spiegazioni convincenti da offrire: davanti a tali notizie, spesso rimaniamo semplicemente confusi e, siccome restiamo incapaci di vedere il nesso tra tanto dolore e la fede che abbiamo nel Dio che preghiamo tutti i giorni, preferiamo evitare l’argomento o rifugiarci dietro a ortodossissime spiegazioni da catechismo. Spiegazioni che suonano così astratte e che non ci soddisfano realmente, che non avremmo mai il coraggio di sciorinare davanti a coloro che stanno patendo in prima persona nella tragedia. Ne parlavo proprio in questi mesi con un gruppo di pellegrini proveniente dal paese di Yara G. (tutti purtroppo conosciamo la sua tragica storia), anche loro sconvolti da tanto insensata violenza e misterioso dolore. Cosa vuol dire stare davanti con fede a queste tragedie? Il fatto che si possa scaricare la responsabilità totalmente sull’uomo (come in quest’ultimo caso) o anche solo in parte o per nulla, come nel caso della valanga e dello tsunami in Giappone, sostanzialmente non cambia la questione: come stanno insieme la violenza (della natura e dell’uomo) e Dio? Questa domanda sembra inchiodarci e ci confonde. Perché? Perché anche noi, come tutti, partiamo dalle idee (pur pie e religiose) e non dall’esperienza. Siamo astratti e dialettici e crediamo che trovare il senso di queste tragedie significhi trovarne una spiegazione. Invece è nell’esperienza 5 che siamo condotti alla verità. Quando noi pensiamo a Dio e ne parliamo, a cosa ci riferiamo? All’idea astratta, l’idea che tutti ne hanno, all’idea che la nostra società contrabbanda nei suoi mezzi di informazione; ma, accidenti, noi, forse, non lo conosciamo!? Dio si è fatto o no conoscere da te? Non ne hai fatto esperienza nella tua vita? Il Dio che conosci tu, che conosciamo noi, non è forse quel Dio che si è fatto uomo e che, muovendo la storia è arrivato fino a te attraverso la compagnia della Chiesa, nei tuoi genitori, attraverso le persone con cui ha voluto diventare presenza fedele alla tua vita? Non è forse Colui che ti ha “ripescato” mille volte nei tuoi sbandamenti, che ti ha sostenuto nei momenti difficili? Colui che ti perdona sempre qualunque cosa tu abbia fatto? Colui che hai riconosciuto più e più volte in quel sacerdote, in quell’amico, in quell’occasione, in quel frangente in cui Lui chiaramente si chinava su di te? Tu lo conosci Dio! Lui si è fatto conoscere da te, e tanti più anni hai e più sai di cosa stia parlando. Vedete? Parliamo di Dio come se non lo conoscessimo, come se non ne avessimo fatto esperienza. Come è facile essere come Pietro fuori dal Sinedrio! Certo, nessuno di noi ha spiegazioni che risolvano il mistero del male e del dolore, ma noi che abbiamo avuto la grazia di conoscere da vicino Dio, possiamo partire da questa certezza e siccome Lo conosciamo, sappiamo come Lui ci guarda, il valore che abbiamo per Lui, non possiamo non capire e non sapere che Lui è dalla nostra parte. Non sappiamo perché debba permettere tutto ciò , ma di due cose possiamo essere certi per esperienza: che Lui piange e soffre come e più di noi e che la sua onnipo6 tenza benché non ci faccia risparmiare niente di quella croce che Lui stesso non ha voluto evitare, è capace di tirare fuori il bene dal male, la vita dalla morte. Ecco, la questione è chiara: non si tratta di spiegazioni, dev’essere un’esperienza. Un esperienza presente. L’esperienza della Sua presenza e compagnia ora. Non quando ero giovane, non quando facevo parte di qualche associazione cattolica, non quando andavo in parrocchia, ma adesso. O Gesù è una presenza viva e sperimentabile ora in una comunità o per noi è come se non fosse mai resuscitato. Per questo l’augurio di una Santa Pasqua lo voglio fare a ciascuno di voi con le parole di Benedetto XVI che, nel suo ultimo libro, citando San Paolo nella prima lettera ai Corinti al capitolo 15 che ci richiama dicendo che “se Cristo non è risorto, vuota allora è la vostra fede”, commenta: “La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti. Se si toglie questo, si può, certo raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul dover essere – una sorta di concezione religiosa del mondo- , ma la fede cristiana è morta. Gesù in tal caso non è più il criterio di misura; criterio è allora soltanto la nostra valutazione personale che sceglie dal suo patrimonio ciò che sembra utile. E questo significa che siamo abbandonati a noi stessi, la nostra valutazione personale è l’ultima istanza. Solo se Gesù è risorto , è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il criterio, del quale ci possiamo fidare. Poiché allora Dio si è veramente manifestato”. Alla scuola di Benedetto VISITA AL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA MADONNA DELLA FIDUCIA (4 MARZO 2011) Nel pomeriggio di ieri, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita al Seminario Romano Maggiore, alla vigilia della Festa della Madonna della Fiducia, Patrona dell’Istituto. Nella Cappella Maggiore del Seminario, dopo l’indirizzo di omaggio del Rettore, il Papa ha tenuto una lectio divina sul testo della Lettera agli Efesini (4,3), per tutti i seminaristi della diocesi di Roma. Pubblichiamo di seguito il testo della lectio divina del Santo Padre: Cari fratelli e sorelle, sono molto felice di essere, almeno una volta all’anno, qui, con i miei seminaristi, con i giovani che sono in cammino verso il sacerdozio e saranno il futuro presbiterio di Roma. Sono felice che questo succeda ogni anno nel giorno della Madonna della Fiducia, della Madre che ci accompagna con il suo amore giorno per giorno e ci dà la fiducia di andare avanti verso Cristo. “Nell’unità dello Spirito” è il tema che guida le vostre riflessioni durante questo anno formativo. È un’espressione che si trova proprio nel passo della Lettera agli Efesini che ci è stato proposto, là dove san Paolo esorta i membri di quella comunità a “conservare l’unità dello spirito” (4,3). Questo testo apre la seconda parte della Lettera agli Efesini, la cosiddetta parte parenetica, esortativa e comincia con la parola “parakalo”, “vi esorto”. Ma è la stessa parola che sta anche nel termine “Paraklitos”, quindi è un’esortazione nella luce, nella forza dello Spirito Santo. L’esortazione dell’Apostolo si basa sul mistero di salvezza, che aveva presentato nei primi tre capitoli. Infatti, il nostro brano inizia con la parola “dunque”: “Io dunque… vi esorto…” (v. 1). Il comportamento dei cristiani è la conseguenza del dono, la realizzazione di quanto ci è donato ogni giorno. E, tuttavia, se è semplicemente realizzazione del dono datoci, non si tratta di un effetto automatico, perché con Dio siamo sempre nella realtà della libertà e perciò - poiché la risposta, anche la realizzazione del dono è libertà - l’Apostolo deve richiamarlo, non può darlo per scontato. Il Battesimo, lo sappiamo, non produce automaticamente una vita coerente: questa è frutto della volontà e dell’impegno perseverante di collaborare con il dono, con la Grazia ricevuta. E questo impegno costa, c’è un prezzo da pagare di persona. Forse per questo san Paolo fa riferimento proprio qui alla sua attuale condizione: “Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto…” (ibid.). Seguire Cristo significa condividere la sua Passione, la sua Croce, seguirlo fino in fondo, e questa partecipazione alla sorte del Maestro unisce profondamente a Lui e rafforza l’autorevolezza dell’esortazione dell’Apostolo. Ora entriamo nel vivo della nostra meditazione, incontrando una parola che ci colpisce in modo particolare: la parola “chiamata”, 7 “vocazione”. San Paolo scrive: “comportatevi in maniera degna della chiamata, della klesis che avete ricevuto” (ibid.). E la ripeterà poco dopo, affermando che “…una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (v. 4). Qui, in questo caso, si tratta della vocazione comune a tutti i cristiani, cioè della vocazione battesimale: la chiamata ad essere di Cristo e a vivere in Lui, nel suo corpo. Dentro questa parola è inscritta un’esperienza, risuona l’eco dell’esperienza dei primi discepoli, quella che conosciamo dai Vangeli: quando Gesù passò sulla riva del lago di Galilea, e chiamò Simone e Andrea, poi Giacomo e Giovanni (cfr Mc 1,16-20). E prima ancora, presso il fiume Giordano, dopo il battesimo, quando, accorgendosi che Andrea e l’altro discepolo lo seguivano, disse loro: “Venite e vedrete” (Gv 1,39). La vita cristiana comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta, fino alla fine. E ciò sia nella dimensione del credere, sia in quella dell’agire: tanto la fede quanto il comportamento del cristiano sono corrispondenza alla grazia della vocazione. Ho parlato della chiamata dei primi apostoli, ma pensiamo con la parola “chiamata” soprattutto alla Madre di ogni chiamata, a Maria Santissima, l’eletta, la Chiamata per eccellenza. L’icona dell’Annunciazione a Maria rappresenta ben di più di quel particolare episodio evangelico, per quanto fondamentale: contiene tutto il mistero di Maria, tutta la sua storia, il suo essere; e al tempo stesso parla della Chiesa, della sua essenza di sempre; come pure di ogni singolo credente in Cristo, di ogni anima cristiana chiamata. A questo punto dobbiamo tenere presente che non parliamo di persone del passato. Dio, il Signore, ha chiamato ognuno di noi, ognuno è chiamato con il nome suo. Dio è così grande che ha tempo per ciascuno di noi, conosce me, conosce ognuno di noi per nome, personalmente. È una chiamata personale per ognuno di noi. Penso che dobbiamo meditare diverse volte questo mistero: Dio, il Signore, ha chiamato me, chiama me, mi conosce, aspetta la mia risposta come 8 aspettava la risposta di Maria, aspettava la risposta degli Apostoli. Dio mi chiama: questo fatto dovrebbe farci attenti alla voce di Dio, attenti alla sua Parola, alla sua chiamata per me, per rispondere, per realizzare questa parte della storia della salvezza per la quale ha chiamato me. In questo testo, poi, San Paolo ci indica qualche elemento concreto di questa risposta con quattro parole: “umiltà”, “dolcezza”, “magnanimità”, “sopportandovi a vicenda nell’amore”. Forse possiamo meditare brevemente queste parole nelle quali si esprime il cammino cristiano. Ritorneremo poi alla fine, ancora una volta, su questo. “Umiltà”: la parola greca è “tapeinophrosyne”, la stessa parola che san Paolo usa nella Lettera ai Filippesi quando parla del Signore, che era Dio e si è umiliato, si è fatto “tapeinos”, è sceso fino al farsi creatura, fino al farsi uomo, fino all’obbedienza della Croce (cfr Fil 2,7- 8). Umiltà, quindi, non è una parola qualunque, una qualche modestia, qualcosa… ma è una parola cristologica. Imitare il Dio che scende fino a me, che è così grande che si fa mio amico, soffre per me, è morto per me. Questa è l’umiltà da imparare, l’umiltà di Dio. Vuol dire che dobbiamo vederci sempre nella luce di Dio; così, nello stesso tempo, possiamo conoscere la grandezza di essere una persona amata da Dio, ma anche la nostra piccolezza, la nostra povertà, e così comportarci giustamente, non come padroni, ma come servi. Come dice san Paolo: “Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia” (2Cor 1,24). Essere sacerdote, ancora più che l’essere cristiano, implica questa umiltà. “Dolcezza”: nel testo greco qui sta la parola “praütes”, la stessa parola che appare nelle Beatitudini: “Beati i miti perché avranno in eredità la terra” (Mt 5,5,). E nel Libro dei Numeri, il quarto libro di Mosé, troviamo l’affermazione che Mosé era l’uomo più mite del mondo (cfr 12,3) e, in questo senso, era una prefigurazione di Cristo, di Gesù, che dice di sé: “Io sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Anche questa parola, quindi, “mite”, “dolcezza”, è una parola cristologi- ca e implica di nuovo questo imitare Cristo. Perché nel Battesimo siamo conformati a Cristo, quindi dobbiamo conformarci a Cristo, trovare questo spirito dell’essere miti, senza violenza, di convincere con l’amore e con la bontà. “Magnanimità”, “makrothymia” vuol dire la generosità del cuore, non essere minimalisti che danno solo ciò che è strettamente necessario: diamo noi stessi con tutto quello che possiamo, e cresciamo anche noi nella magnanimità. “Sopportandovi nell’amore”: è un compito di ogni giorno sopportarsi l’ un l’altro nella propria alterità, e proprio sopportandoci con umiltà, imparare il vero amore. E adesso facciamo un passo avanti. Dopo questa parola della chiamata, segue la dimensione ecclesiale. Abbiamo parlato adesso della vocazione come di una chiamata molto personale: Dio chiama me, conosce me, aspetta la mia risposta personale. Ma, nello stesso tempo, la chiamata di Dio è una chiamata in comunità, è una chiamata ecclesiale, Dio ci chiama in una comunità. E’ vero che in questo brano che stiamo meditando non c’è la parola “ekklesia”, la parola “Chiesa”, ma appare tanto più la realtà. San Paolo parla di uno Spirito e un corpo. Lo Spirito si crea il corpo e ci unisce come un unico corpo. E poi parla dell’unità, parla della catena dell’essere, del vincolo della pace. E con questa parola accenna alla parola “prigioniero” dell’inizio: è sempre la stessa parola, “io sono in catene”, “catene ti terranno”, ma dietro sta la grande catena invisibile, liberante dell’ amore. Noi siamo in questo vincolo della pace che è la Chiesa, è il grande vincolo che ci unisce con Cristo. Forse dobbiamo anche meditare personalmente su questo punto: siamo chiamati per- sonalmente, ma siamo chiamati in un corpo. E questo non è una cosa astratta, ma molto reale. In questo momento, il Seminario è il corpo nel quale si realizza concretamente l’essere in un cammino comune. Poi sarà la parrocchia: accettare, sopportare, animare tutta la parrocchia, le persone, quelle simpatiche e quelle non simpatiche, inserirsi in questo corpo. Corpo: la Chiesa è corpo, quindi ha strutture, ha anche realmente un diritto e qualche volta non è così semplice inserirsi. Certo, vogliamo la relazione personale con Dio, però il corpo spesso non ci piace. Ma proprio così siamo in comunione con Cristo: accettando questa corporeità della sua Chiesa, dello Spirito, che si incarna nel corpo. E dall’altra parte, spesso forse sentiamo il problema, la difficoltà di questa comunità, cominciando dalla comunità concreta del Seminario fino alla grande comunità della Chiesa, con le sue istituzioni. Dobbiamo anche tenere presente che è molto bello essere in una compagnia, camminare in una grande compagnia di tutti i secoli, avere amici in Cielo e in terra, e sentire la bellezza di questo corpo, essere felici che il Signore ci ha chiamati in un corpo e ci ha dato amici in tutte le parti del mondo. Ho detto che la parola “ekklesia” non c’è qui, ma c’è la parola “corpo”, la parola “spirito”, 9 la parola “vincolo” e sette volte, in questo piccolo brano, ritorna la parola “uno”. Così sentiamo come sta a cuore all’Apostolo l’unità della Chiesa. E finisce con una “scala di unità”, fino all’ Unità: Uno è Dio, il Dio di tutti. Dio è Uno e l’unicità di Dio si esprime nella nostra comunione, perché Dio è il Padre, il Creatore di tutti noi e perciò tutti siamo fratelli, tutti siamo un corpo e l’unità di Dio è la condizione, è la creazione anche della fraternità umana, della pace. Quindi, meditiamo anche questo mistero dell’unità e l’importanza di cercare sempre l’unità nella comunione dell’unico Cristo, dell’unico Dio. Ora possiamo fare un ulteriore passo avanti. Se ci domandiamo qual è il senso profondo di questo uso della parola “chiamata”, vediamo che essa è una delle porte che si aprono sul mistero trinitario. Finora abbiamo parlato del mistero della Chiesa, dell’unico Dio, ma appare anche il mistero trinitario. Gesù è il mediatore della chiamata del Padre che avviene nello Spirito Santo. La vocazione cristiana non può che avere una forma trinitaria, sia a livello di singola persona, sia a livello di comunità ecclesiale. Il mistero della Chiesa è tutto animato dal dinamismo dello Spirito Santo, che è un dinamismo vocazionale in senso ampio e perenne, a partire da Abramo, che per primo ascoltò la chiamata di Dio e rispose con la fede e con l’azione (cfr Gen 12,1-3); fino all’”eccomi” di Maria, riflesso perfetto di quello del Figlio di Dio, nel momento in cui accoglie dal Padre la chiamata a venire nel mondo (cfr Eb 10,5-7). Così, nel “cuore” della Chiesa – come direbbe santa Teresa di Gesù Bambino – la chiamata di ogni singolo cristiano è un mistero trinitario: il mistero dell’incontro con Gesù, con la Parola fatta carne, mediante la quale Dio Padre ci chiama alla comunione con Sé e per questo ci vuole donare il suo Santo Spirito, ed è proprio grazie allo Spirito che noi possiamo rispondere a Gesù e al Padre in modo autentico, all’interno di una relazione reale, filiale. Senza il soffio dello Spirito Santo la vocazione cristiana semplicemente non si spiega, perde la sua linfa vitale. E finalmente l’ultimo passaggio. La forma dell’unità secondo lo Spirito richiede, come 10 avevo detto, l’imitazione di Gesù, la conformazione a Lui nella concretezza dei suoi comportamenti. Scrive l’Apostolo, come abbiamo meditato: “Con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore”, e poi aggiunge che l’unità dello spirito va conservata “per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4,2-3). L’unità della Chiesa non è data da uno “stampo” imposto dall’esterno, ma è il frutto di una concordia, di un comune impegno di comportarsi come Gesù, in forza del suo Spirito. C’è un commento di san Giovanni Crisostomo a questo passo che è molto bello. Crisostomo commenta l’immagine del “vincolo”, il “vincolo della pace”, e dice: “E’ bello questo vincolo, con cui ci leghiamo insieme sia gli uni con gli altri sia con Dio. Non è una catena che ferisce. Non dà crampi alle mani, le lascia libere, dà loro ampio spazio e un coraggio più grande” (Omelie sull’Epistola agli Efesini 9, 4, 1-3). Troviamo qui il paradosso evangelico: l’amore cristiano è un vincolo, come abbiamo detto, ma un vincolo che libera! L’immagine del vincolo, come vi ho detto, ci riporta alla situazione di san Paolo, che è “prigioniero”, è “in vincolo”. L’Apostolo è in catene a motivo del Signore, come Gesù stesso, si è fatto schiavo per liberarci. Per conservare l’unità dello spirito occorre improntare il proprio comportamento a quella umiltà, dolcezza e magnanimità che Gesù ha testimoniato nella sua passione; bisogna avere le mani e il cuore legati da quel vincolo d’amore che Lui stesso ha accettato per noi, facendosi nostro servo. Questo è il “vincolo della pace”. E dice ancora san Giovanni Crisostomo, nello stesso commento: “Legatevi ai vostri fratelli, quelli così legati insieme nell’amore sopportano tutto con facilità… Così egli vuole che siamo legati gli uni agli altri, non solo per essere in pace, non solo per essere amici, ma per essere tutti uno, un’anima sola” (ibid.). Il testo paolino del quale abbiamo meditato alcuni elementi, è molto ricco. Ho potuto portare a voi solo alcuni spunti, che affido alla vostra meditazione. E preghiamo la Vergine Maria, la Madonna della Fiducia, perché ci aiuti a camminare con gioia nell’unità dello Spirito. Grazie! La voce dell’Amministrazione E’ trascorso ormai un anno dall’insediamento di questo consiglio di Amministrazione e desideriamo iniziare un dialogo con i lettori dell’Eco del Santuario sui temi che ci sono propri e che, non sempre in modo evidente, vanno ad interessare tutti i pellegrini, i visitatori, gli ospiti del Santuario. Iniziamo con il capire che cosa è e da chi è composto il Consiglio: Oropa, definita giuridicamente un “Ente laicale di culto”, fin dai secoli trascorsi, è stata governata da un Consiglio di Amministrazione che ha il compito di curare la gestione del complesso architettonico, le attività a supporto di quella principale legata alla Spiritualità ed alle manifestazioni di Fede, curandone anche il patrimonio costituito da tutta la proprietà dell’area su cui è stato edificato il Santuario , fino alla cima delle montagne che ne fanno corona. Questa dotazione, comprendente alpeggi, edifici adibiti ad attività di ristorazione, oltre al complesso Santuariale ed alla gestione dell’accoglienza e di attività commerciali , aveva lo scopo di consentire il mantenimento della struttura ed il suo costante adeguamento alle esigenze crescenti. Oggi questo si realizza solo in parte, considerati i costi sempre crescenti degli interventi, la vetustà delle costruzioni, il deterioramento dovuto alle condizioni climatiche, le esigenze di adeguamento normativo ed il lievitare dei costi gestionali. Di tutto questo parleremo nel corso di successivi appuntamenti nei quali affronteremo le tematiche relative 11 alle esigenze del Santuario, alle necessità di manutenzione ordinaria e straordinaria, all’intervento dei benefattori ed ai sogni che condividiamo con il rettore per un Santuario sempre più rispondente alle attese di chi lo frequenta. Il Consiglio di Amministrazione, che dura in carica cinque anni, è composto da otto membri titolari e da due supplenti, la metà degli Amministratori è nominata dal Capitolo della Cattedrale che sceglie fra i Canonici della Diocesi, l’altra metà è composta da persone nominate dal Consiglio Comunale di Biella, e fra queste è compreso, quale Membro di diritto, il Sindaco della Città, proprio a sottolineare lo strettissimo legame fra la Città ed il suo Santuario. Ognuna della due componenti, religiosa e laica, nomina all’interno dei Suoi membri, un Amministratore Delegato, ed i due Amministratori Delegati hanno il compito di realizzare le decisioni assunte dal Consiglio e provvedere alla gestione del complesso. Il Consiglio si riunisce con una certa frequenza ad Oropa (abitudine, quella di riunirsi in loco ripresa fin dall’inizio di questa Amministrazione), sotto la Presidenza del Vescovo di Biella. Il Presidente non ha diritto di voto, ma non come limitazione al Suo potere, bensi per evitare che la più alta carica religiosa del territorio si trovi nella necessità di “schierarsi”, affidando, invece, alla Sua Autorità morale la capacità di mediare alla ri12 cerca di soluzioni condivise. I Consiglieri attualmente in carica sono, per la parte religiosa, i Canonici Don Remo Baudrocco, Don Roberto Lunardi, Don Gianni Panigoni, Don Gianni Sacchi, supplente il Canonico, presidente del Capitolo, don Angelo Bessone. I Consiglieri di parte laica sono Il dr. Dino Gentile, Sindaco di Biella, il dr. Giancarlo Macchetto, il rag. Simone Mainardi, il sig. Alberto Scicolone e, come membro supplente, il rag. Fabrizio Soncina. Al Consiglio, presieduto, come detto, dal Vescovo Mons. Gabriele Mana, partecipa anche come invitato permanente il Canonico rettore, Don Michele Berchi ed il Segretario Generale, dr. Oliviero Girardi che ha la responsabilità operativa della gestione del Santuario. Gli amministratori Delegati attualmente in carica sono il Canonico Don Gianni Panigoni ed il dottor Giancarlo Macchetto. Bene, dopo aver fatto la nostra conoscenza, ci auguriamo di poter fornire ai lettori dell’Eco del Santuario anche qualche elemento aggiuntivo di conoscenza e saremo lieti di cercare di soddisfare ogni richiesta, segnalazione o suggerimento che vorrete far pervenire all’indirizzo mail “amministratoridelegati@santuariodioropa. it”, o postale del Santuario alla attenzione degli Amministratori. Vita in Santuario (gennaio/febbraio/marzo 2011) Sabato 1 gennaio: Sabato 1° gennaio: 44° Giornata della Pace; come di consueto la Santa Messa delle 9.00 è stata celebrata dai Padri della congregazione dei Figli di Dio. Alle 11.00 nel Chiostro della Basilica Antica si sono dati appuntamento i motociclisti provenienti da tutto il Biellese per la tradizionale benedizione dei loro mezzi da parte del Rettore. Domenica 2 gennaio: era presente in Santuario un gruppo di circa 37 giovani della parrocchia di Gozzano (NO) guidato dal vice parroco don Federico e dal parroco don Fabrizio Cammelli, il quale ha presieduto la Santa Messa delle 18.15. Lunedì 3 gennaio: alle 11.00 in Basilica Antica il Rettore ha incontrato un gruppo composto da circa 80 studenti provenienti da Imola. Alle 19.00 il Rettore ha celebrato l’Eucarestia in Basilica Antica alla presenza degli studenti dell’ Università Statale di Milano, che si sono trattenuti in Santuario per alcuni giorni dedicati allo studio. Giovedì 6 gennaio: Epifania del Signore; alle 10.30 il Rettore ha celebrato la Santa Messa alla quale hanno partecipato i Pastori delle vallate biellesi, la celebrazione è stata animata dalla Corale della Valle Elvo. La Corale di Bioglio ha partecipato alla celebrazione delle 16.30 eseguendo un repertorio di canti. Venerdì 7 gennaio: era presente in Santuario un gruppo di 300 giovani “Cavalieri” di Forlì che si è incontrato con il Rettore per prepararsi alla “promessa”. Domenica 16 Gennaio: per l’Opera delle Famiglie Missionarie della Trinità i coniugi Celestino Allorio e Gabriella Macchetto hanno tenuto il Ritiro Spirituale. Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. Ecumenismo ed identità proprie: chiarezza, apertura, equilibrio…. o tradimento? La Parola del Signore, con particolare 13 riferimento a Gv 17, e l’agire dell’uomo: reale adesione e concreta risposta? La necessità di una fedele corrispondenza! Spirito Santo ed unità: missione, martirio ed ecumenismo. Famiglia ed ecumenismo: aspetti etici. Lunedì 17 gennaio: si è celebrata la 22° Giornata del dialogo tra Cattolici ed Ebrei con una funzione in Basilica Antica condotta dal Canonico Edoardo Moro. Martedì 18 gennaio: ha avuto inizio la settimana per l’Unità dei Cristiani. Ogni giorno durante le celebrazioni un’intenzione era dedicata a questo avvenimento. Sabato 22 gennaio: sono giunti a Oropa diversi gruppi di scout della Diocesi di Biella. Sotto la guida di Padre Giovanni Gallo, hanno trascorso due piacevoli giornate tra la preghiera e lo svago. Sabato 29 gennaio: era in Santuario un gruppo di circa 60 persone della Fraternità di San Giuseppe; hanno partecipato alla Santa Messa delle 18.15 celebrata dal Rettore. Domenica 30 gennaio: il Rettore ha incontrato un gruppo della Fraternità CL proveniente da Milano; prima dell’incontro il gruppo ha partecipato all’ Eucarestia delle 16.30. Mercoledì 2 febbraio: Festa della Presentazione di Gesù al Tempio. Alle ore 10.00 si è svolta la Processione nel chiostro della Basilica Antica e successivamente la Santa Messa presieduta da Sua Eccellenza Mons. Mana. Molti sacerdoti hanno onorato la festa concelebrando con il Vescovo. Sabato 5 febbraio: era presente un gruppo di scout proveniente da Garlasco (PV); il gruppo ha trascorso due giornate in Santuario tra preghiera e svago. Giovedì 10 febbraio: è giunto in Santuario un folto gruppo di studenti dell’ Università Statale di Milano delle facoltà di Agraria e Veterinaria; si sono fermati alcuni giorni dedicandosi allo studio e alla preghiera. Nello stesso giorno era presente un gruppo di pellegrini polacchi provenienti da Otwock guidati dal loro parroco don Wieskaio Chudzik che ha celebrato la Santa Messa in Basilica Antica. Venerdì 11 febbraio: Giornata mondiale del Malato e festa di Nostra Signora di Lourdes. Era presente in Santuario un gruppo di circa 120 persone dell’Unità Pastorale di Biandrate (NO) guidato da don Salvatore Puglisi che ha celebrato la Santa Messa alle 11.15 in Basilica Antica. Sabato 12 febbraio: il Santuario ha accolto un pellegrinaggio proveniente da Hong Kong; la Santa Messa è stata celebrata in lingua cinese dal loro sacerdote. Giovedì 17 febbraio: era presente in Santuario un gruppo di studenti dell’ Università di Farmacia di Milano; hanno pernottato per alcuni giorni dedicandosi soprattutto allo studio e alla preghiera. Sabato 19 febbraio: si è svolta l’ Assemblea dei gruppi OFTAL guidata dal loro Presidente Mons. Gian Paolo Angelino. Durante la loro permanenza in Santuario hanno anche partecipato ad alcune funzioni guidate da Mons. Angelino. Lo stesso giorno alle 11.30 in Basilica Antica il Rettore ha consacrato alla Madonna ben 40 bambini. 14 Domenica 20 febbraio: in Basilica Antica alle ore 12.00 don Giorgio Antonioli ha celebrato la Santa Messa alla presenza dei suoi pellegrini provenienti dalla parrocchia di San Nicolò Vescovo di Bergamo. Lunedì 21 febbraio: Mons. Francesco Ravinale, Vescovo di Asti è giunto in Santuario già di buon mattino, accompagnato da alcuni Sacerdoti operanti nella sua Diocesi, per un breve ritiro. Alle 10.30 ha concelebrato con i suoi sacerdoti la Santa Messa in Basilica. Nel tardo pomeriggio, dopo la recita del Santo Rosario, sono ripartiti alla volta di Asti. Sabato 5 marzo: diversi gruppi di scout e studenti universitari sono giunti in Santuario per qualche giorno, che ognuno ha dedicato alle proprie attività. Alla sera alle ore 21.00 si è svolta la Fiaccolata della Parrocchia di Sandigliano a ricordo della Peregrinatio Mariae. Mercoledì 9 marzo: le Ceneri; è iniziato il periodo Quaresimale, anche in Santuario ad ogni celebrazione i sacerdoti hanno imposto le ceneri ai pellegrini presenti. Era presente in Santuario un gruppo di circa 35 ragazzi di Legnano e Rho, che hanno soggiornato presso la struttura di Oropa Dimensione Giovani per 4 giorni dedicati allo studio e alla partecipazione alle funzioni religiose. Venerdì 11 marzo: è iniziata alle ore 15.00 la celebrazione della Via Crucis in Basilica Antica guidata dal Rettore. La celebrazione si è ripetuta per tutti i venerdì di Quaresima. Sabato 12 marzo: si è tenuto il ritiro della Confraternita di Ns Signora di Oropa presso la Comunità dei Figli di Dio a Vigliano B.se. Il ritiro ha avuto inizio alle 9.00 con la celebrazione della Santa Messa, seguita dalla 1° meditazione tenuta dal Rettore. Al pomeriggio alle 15.00 la 2° meditazione guidata da don Roberto Razzoli. Domenica 13 marzo: ha avuto luogo il Pellegrinaggio annuale della Parrocchia del Villaggio Lamarmora di Biella. Alle ore 11.00 si è snodata la Processione nel chiostro della Basilica Antica, molto partecipata nonostante la neve, alla quale è seguita la Santa Messa celebrata dal parroco don Piero Gibello. Nello stesso giorno un folto gruppo di CL “Amici di Bottini” era presente in Santuario per un pomeriggio di preghiera. Sabato 19 marzo: festa di San Giuseppe; durante tutte le celebrazioni della giornata il Santo è stato ricordato in maniera solenne. Ha soggiornato presso la struttura O.D.G. un gruppo di giovani provenienti da Novara guidati dal loro parroco don Sandro Mora, arrivati in Santuario per prepararsi alla Santa Cresima. Domenica 20 marzo: si è tenuto l’incontro del gruppo “Retrouvaille”, circa 50 persone presso la Sala Convegni del Santuario; il gruppo ha partecipato alla Santa Messa delle 10.30 in Basilica Antica. Nello stesso giorno era presente anche il gruppo dei Figli di Dio, che ha trascorso una giornata di preghiera guidati da padre Serafino. Per l’Opera delle Famiglie Missionarie della Trinità i coniugi Celestino Allorio e Gabriella Macchetto hanno tenuto il Ritiro Spirituale. La donna: grembo dell’umanità. Dignità, vocazione e missione della donna: per una corretta interpretazione, al di là dell’usuale, del banale e del non vero. Approfondimenti. Maria sotto la Croce: la sua corredenzione, in unione all’Offerta redentrice di Gesù 15 che dà senso e significato al mistero del dolore e della morte: se ne fa carico. Come da sempre la giornata è caratterizzata dai vari e significativi momenti, tra cui: intensa e prolungata preghiera, intercessione, meditazione della Parola di Dio e formazione spirituale. Sabato 26 marzo: un gruppo di parrocchiani di Cerrione, Vergnasco e Magnonevolo guidato dal parroco don Gian Rocco Bombelli è giunto in Santuario al mattino per passare una giornata di preghiera che si è conclusa alla sera con la fiaccolata e la Santa Messa alle 20.30 alle quali hanno partecipato anche le parrocchie di Carisio e Salussola accompagnate da don Lodovico Debernardi. Domenica 27 marzo: si è tenuto il ritiro delle Fraternità CL di Biella, Magenta e Bergamo. Battesimi, Bambini consacrati e Anniversari Matrimoni (gennaio/febbraio/marzo 2011) Battesimi: Sabato 19 febbraio: Pirulli Francesco Sabato 12 marzo: Riccardo Roviera Bambini consacrati sabato 19 febbraio: Pirulli Francesco Pio, Sofia Laura e Michele Pirulli Tommaso e Marta Cuneo Carola Fortuna Fazzari Angelo Guglielmo e Elisa De Paor Kian Michele Masera Letizia Battiston Giulia Carola e Fabio Tudda Francesco e Giovanni Pellin Emma Coccia Caterina, Nicola e Benedetta Porto Elisa, Alice, Giovanni e Lorenzo Pilotti Marta Maria Ferrara Rita Maria Fasano Andrea Antonio Maria e Francesco Pierino Maria Moncada Sergio Millo Eleonora e Alessandra Primiceri Elena, Luca, Maria e Bruno Fodde Marta, Simone e Chiara Scolaro Matteo De Luca Vincenzo e Camilla Ida Brignoni Pietro Luigi Maria Anniversari di matrimonio: Mercoledì 16 febbraio : 50° anniv. di Bozzone Costa Stefano e Graziola Irene Domenica 20 febbraio: 30° anniv. di Racanelli Angelo e Raccon Maura Domenica 6 marzo: 25° anniv. di Filisetti Roberto e Roberta 16 Sapeva che l’avrebbero ucciso Non ci stancheremo mai di guardare con gratitudine coloro che ci dimostrano che Cristo è una presenza viva. Perché i martiri, con la loro morte gridano al mondo che solo in Cristo la vi è la vita vera. I martiri cristiani non sono eroi, sono uomini la cui vita è fondata sulla roccia, quella Roccia che salva ogni cosa e che a dispetto di ogni apparenza, non permette che tutto finisca in cenere. Le ultime parole del ministro Bhatti ricordate dal cardinale Jean - Louis Tauran Si è celebrata ieri, presso il Pontificio Collegio San Pietro Apostolo, la messa di suffragio del ministro pakistano delle Minoranze Shahbaz Bhatti, ucciso da estremisti islamici a Islamabad. Pubblichiamo l’omelia pronunciata dal cardinale presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. di JEAN - LOUIS TAURAN La Liturgia della Parola ci ha ricordato che essere cristiani è sempre fare una scelta. tra la luce e le tenebre, , tra la fede e la legge, tra la vita e la morte, tra il Dio rivelato da Gesù e la sapienza umana, tra servire e dominare. Non si tratta però solo di ascoltare la Parola di Dio, di ricevere i sacramenti o di acquisire una buona conoscenza. Ma Gesù domanda pure un’altra cosa. Desidera che il «dire» sia accompagnato dal «fare». «Non chiunque mi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio». Se ci accontentassimo di essere cristiani solo sociologicamente, o peggio, cristiani la cui vita fosse in contraddizione con ciò che diciamo di Gesù, allora correremmo il rischio di sentirci dire un giorno: «Via da me, non vi conosco». Oggi abbiamo davanti a noi la vita luminosa di Shahbaz Bhatti. Aveva scelto Cristo, come salvatore, la Chiesa come madre, ogni essere umano come fratello. Fu coerente fino alla fine. La sua vita fu e rimarrà per sempre una vita immolata, un sacrificio offerto a Dio. Come desiderava, lo troviamo ai piedi della croce di Gesù: «Non voglio posizioni di potere, voglio solo un posto ai piedi di Gesù, voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo!» Queste parole sono così forti che converrebbe tacere. Ma lasciamoci prendere per mano dal nostro amico Shahbaz Bhatti. Seguiamolo fino alla croce di Gesù. Da lì, dice ai suoi aguzzini: «Fino al mio ultimo respiro continuerò a seguire Gesù in questa povera umanità sofferente: i cristiani, i bisognosi, i poveri». Poi, con lui, alziamo lo sguardo verso il Crocifisso. E’ là che comprendiamo la profondità della perdizione dell’uomo, il mistero di iniquità, di cui parlava Paolo, il potere del male. Ma in Gesù crocifisso, scopriamo anche un po’ dell’immensità dell’amore divino che redime. La croce ci rivela il volto misericordioso di Cristo, che ci apre sempre il cammino del17 la speranza. Sant’Agostino ha immaginato un dialogo tra Gesù e il Buon Ladrone. Sant’Agostino gli chiede: «Come hai fatto per capire il dramma del Calvario? Hai studiato le Scritture tra i tuoi latrocini? Come hai fatto a capire le profezie e confessare la tua fede in Cristo in modo cosi luminoso, proprio quando i suoi discepoli lo stavano abbandonando?». E poi Agostino presta al Buon Ladrone questa risposta: «No, non ho studiato le Scritture, non ho meditato le profezie, ma Gesù mi ha guardato e nel suo sguardo ho capito tutto!». Poichè, da bambino e da uomo, Shahbaz ha fatto sì che gesù incrociasse il suo sguardo e aprisse il suo cuore, egli non ha più avuto alcuna paura, anzi ha avuto il coraggio di servire i suoi fratelli cristiani e non cristiani, il proprio Paese, di offrire i suoi servizi alla Chiesa, a rischio della propria vita. Dobbiamo rendere grazie a Dio per aver messo sulla nostra strada quest’autentico «martire», cioè «testimone» della fede cristiana, che ha saputo «dire» e «fare» e che ci ricorda che nella croce si trova l’autentica speranza: la Croce ci spinge a dare la nostra vita per i fratelli; la Croce ci ricorda che l’amore è più forte dell’odio; la Croce ci fa comprendere meglio che c’è più gioia nel dare che nel ricevere; la Croce significa che Dio è sempre più grande di noi uomini, e soprattutto che la vita è più forte della morte. Se Gesù ha detto: «Nessuno mi toglie la vita, ma sono io che la offro» (Giovanni 10,18), Shahbaz Bhatti ha potuto dire: «Non ho più parole da dire, dedico la mia vita a Gesù!». Non esiste un cristianesimo senza la croce. Il messaggio evangelico disturberà sempre. Ma l’amore dei cristiani per tutti sarà sempre luce, consolazione e solidarietà in mezzo alla violenza. Non mancheranno mai cristiani capaci di portare la luce del vangelo nell’umano senza distruggerlo, ma purificandolo, come ricordava il Santo Padre giorni fa, evocando san Francesco di Sales, il quale scrisse: «l’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è quella dello spirito e la carità quella dell’amore». 18 Il nostro Amico ha saputo condividere con molti in Pakistan quest’amore cristiano che non esclude nessuno. Se avrà esercitato un potere, sarà stato «il potere del cuore”. Mi vengono alla mente immagini commoventi delle due Eucarestie che ho celebrato in Islamabad e in Lahore, nel mese di novembre scorso. La domenica 28 novembre, il ministro Bhatti venne a salutarmi all’aeroporto di Lahore e mi disse: «So che mi uccideranno. Offro la mia vita per Cristo e per il dialogo interreligioso». A tutti i nostri fratelli e sorelle cattolici del Pakistan giunga il nostro messaggio di comunione nella fede, la speranza e la carità. Spesso si sentono soli, senza protezione. Aspettano molto dalla comunità internazionale. Stamane il Santo Padre li ha raccomandati alla preghiera di tutta la Chiesa. A tale Proposito, come non ricordare il 1° gennaio il Papa invitava « i leader delle grandi religioni del mondo e i responsabili delle nazioni a rinnovare il loro impegno per la promozione e la tutela della libertà religiosa, in particolare per la difesa delle minoranze religiose, le quali non costituiscono una minaccia contro l’identità della maggioranza, ma sono al contrario un’opportunità per il dialogo e per il reciproco arricchimento culturale. La loro difesa rappresenta la maniera ideale per consolidare lo spirito di benevolenza, di apertura e di reciprocità con cui tutelare i diritti e le libertà fondamentali in tutte le aree e le religioni del mondo». Possa Dio farci capire meglio cosa vuol dire «dare la propria vita per i fratelli». In fondo, il peccato, il mistero del male che sembra dominare la scena del mondo, ha forse molto semplicemente la funzione di dare a Dio la gioia di perdonare, e ci sprona a essere, sulle strade della vita dove gesù ci precede, araldi della sua presenza, convinti che da Lui «riceviamo adesso la riconciliazione” (cfr. Romani 5, 28), per essere a nostra volta riconciliatori degli uomini con Dio per mezzo della Croce. “Testamento spirituale” di Shahbaz Bhatti ROMA, domenica, 6 marzo 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito un “testamento spirituale” di Shahbaz Bhatti, il ministro per le minoranze religiose in Pakistan ucciso di recente in un agguato, pubblicato in Italia nel libro “Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza” (Marcianum Press, Venezia). Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune». Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Gli estremisti, qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato. Io dico che, finché avrò vita, fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri. Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi». I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro. Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati. 19 La primavera del mondo arabo Gesuita, professore nel Pontificio Istituto Orientale di Roma e nel Centre Sèvres (Facoltà gesuita di teologia e Filosofia) di Parigi. Occupa la stessa funzione nel Maqasid Institute di Beirut. È stato visiting professor nell’Università di Graz, a Tokyo, nell’Università Al-Azhar del Cairo e nella Georgetown University, oltre che presso il Center for Muslim-Christian Understanding di Washington, D.C., diretto da John Esposito. Samir è autore di oltre 40 libri e di più di 500 articoli. È consulente di numerosi uomini di Chiesa e di politici europei e vicino-orientali. I suoi principali campi d’indagine sono: l’Oriente cristiano, l’Islam e l’integrazione dei musulmani in Europa, nonché le relazioni fra cristiani e musulmani. Nel luglio del 2006 ha sviluppato un suo piano di pace per il Vicino Oriente. Ma soprattutto è un amico che speriamo possa essere presto ad Oropa. La fondazione Le vie della Parola lo ha invitato, infatti, nel nostro Santuario per la fine di maggio. Questo articolo costituisce veramente un punto di vista nuovo e interessante che ci permette di guardare con più realismo e anche speranza a quanto sta accadendo molto vicino a noi. la giustizia. Le dimostrazioni sono senza violenza e odio. Occorre un esame di coscienza dell’Europa e degli Stati Uniti che hanno sempre appoggiato i dittatori rimanendo ciechi verso le esigenze dei giovani di questi Paesi. Quanto stiamo vivendo in Africa del nord e in Medio Oriente è davvero una primavera del mondo arabo. Tutta questa regione sta cambiando e sta rivelando un aspetto che finora non era manifesto: l’importanza dei giovani. Non c’è fondamentalismo, né ideologia anti-israeliana nelle manifestazioni in Libia, Egitto, Tunisia, ecc… È un movimento di giovani spinti dalle strettezze economiche e da ideali quali la democrazia, l’uguaglianza, la libertà, 20 Rivoluzione dei giovani. Le persone che manifestano, che tengono i contatti, che diffondono le notizie sono tutti giovani sotto 30 anni. In questi Paesi la metà della popolazione è sotto i 30 anni. In tutti i Paesi del Medio oriente l’età media della popolazione è fra i 29 e i 31 anni. Il desiderio di questi giovani è di avere un lavoro, e magari di sposarsi (ma questo suppone avere dei soldi e perciò – ancora - un lavoro). Le loro richieste partono dunque da esigenze terra terra. A queste si aggiungono anche priorità di valori: democrazia, libertà, parità, giustizia. Questi sono i desideri di tutti i giovani del mondo, ma in quella situazione, con la grande percentuale di giovani, tali desideri sono divenuti una spinta fondamentale al cambiamento. Una seconda caratteristica è il minor interesse per i conflitti internazionali. In tutti questi movimenti non sono apparsi temi legati all’America, a Israele, alla lotta dei palestinesi, alla liberazione di Gerusalemme, ecc. Per decenni nel mondo arabo vi sono state manifestazioni così ideologizzate. Questi giovani sono invece centrati su problemi nazionali e sociali; non testimoniano nessuna ideologia, di destra o di sinistra. In tutti questi mesi nessuno ha bruciato una bandiera americana o israeliana, o ha fatto proclami in difesa dell’islam che deve dominare la terra. Essi non vogliono ideologie, ma realismo. Rivoluzione di solidarietà, senza fanatismo. Su questa linea, colpisce il fatto che i giovani vogliano sì la religione, ma senza fanatismo; è esclusa ogni opposizione fra gente di religioni diverse. Nei giorni scorsi ho potuto assistere a un raduno per la commemorazione della morte di Rafik Hariri in Libano il 14 febbraio. La cerimonia si svolgeva in una sala colma di centinaia di persone, grandi dignitari e gente comune, al Biel di Beirut. Sul palco prima della commemorazione, è stata ese- guita l’Ave Maria, cantata da una solista libanese cristiana, intrecciata con l’appello alla preghiera musulmana, eseguito da un cantautore islamico. Le due voci si mescolavano in una maniera così profonda e bella, che molti si sono messi a piangere per la commozione. C’è perciò in questo movimento un desiderio di unità, di pace, forse un po’ idealista, ma reale. Basta vedere le foto che abbiamo pubblicato su AsiaNews nei giorni scorsi (v. Rivoluzione egiziana: Cristiani e Musulmani uniti). Durante le manifestazioni in Egitto abbiamo potuto assistere a gesti anche nuovi e inusitati, come quelle donne che baciavano i soldati come se fossero loro figli, perché i soldati hanno deciso di non sparare sulla popolazione. Anche in Libia i militari si sono ammutinati, al punto che il governo ha dovuto chiamare dei mercenari sub-sahariani. Almeno 5 ambasciatori libici hanno dato le dimissioni; ministri si sono dimessi; altri soldati hanno rifiutato di bombardare alcune città. E’ un movimento che dice no alla dittatura, una vera primavera che speriamo non vada delusa. In questo ambito non appare mai una religiosità formale o eccessiva. Non fa problema che sulla piazza della liberazione ci sono dei “barbuti” (appartenenti a movimenti islamici). Ma essi non hanno fatto blocco fra loro, e si sono invece mescolati a tutta la folla. Questa unità è una novità. Rivoluzione pacifica Un altro elemento che balza evidente è che tutti hanno cercato di manifesta21 re e spingere al cambiamento in modo pacifico: in Egitto soprattutto, ma anche in Bahrain, in Tunisia e un po’ anche in Libia. E’ come se il mondo arabo aspirasse finalmente a un’era di pace. L’elemento pacifico è risaltato anche dal fatto che non c’è stata forte animosità contro Mubarak o contro Ben Alì. C’è qualcosa ovviamente, ma non vi è stata violenza. E questo indica una volontà di fare qualcosa di bello e di nuovo insieme. Un elemento che mi preoccupa e sorprende è l’assenza di leader. Forse questo dipende dal fatto che questi movimenti sono fatti da giovani che non hanno vene ideologiche o fondamentaliste. Questo è l’aspetto rischioso del movimento, che magari in futuro potrebbe essere sottomesso o soffocato da qualche leader indegno del loro slancio. D’altra parte questi movimenti ricordano quelli dell’89 nell’Europa dell’Est. Anche lì vi è stato un effetto domino per cui i regimi sono caduti uno ad uno senza colpo ferire. Questa impressione generale mi dà una certa sicurezza che i giovani non saranno manipolati da movimenti estremisti religiosi o ideologici. E l’Europa? Se guardiamo poi all’occidente, ciò che più stupisce è che tutti i governi europei confessano che questi cambiamenti sono accaduti in modo inaspettato. Come è possibile che l’Europa, che ha così tanti rapporti economici con questi Paesi, non si sia mai accorta di nessun segnale? Forse l’Europa, nei rapporti con queste regioni, si interes22 sava solo ai propri investimenti. Questa insensibilità o cecità è una lacuna sorprendente. Girano anche molte interpretazioni secondo cui questi stravolgimenti sono tutti orchestrati dall’America, che vuole in tal modo riaffermare il suo potere dal Marocco fino al Kuwait, ridisegnando la leadership di questi Paesi e controllando tutte le risorse petrolifere della regione. A me sembra che questa visione conceda agli Stati Uniti un ruolo da superpotenza manipolatrice che non ha. Invece, a questo punto, il compito dell’Europa è di aiutare senza intromettersi. La gente non vuole ingerenze esterne nella loro politica. Ma ha bisogno nello stesso tempo di essere sostenuta. Queste rivolte hanno causato forti disastri economici: lunghi scioperi, distruzioni, miseria. Sarebbe bene tendere la mano e aiutare a risolvere questi problemi. D’altra parte è tempo che l’Europa approfitti di questa nuova situazione per fare un esame di coscienza. Cosa abbiamo fatto con questi regimi? Di fatto, li abbiamo sostenuti. La Francia con la Tunisia, l’Italia con la Libia, gli Stati Uniti con l’Egitto: in un modo o in un altro questi Paesi hanno avuto degli sponsor occidentali. Quanto sta succedendo è un invito all’Europa a verificare gli appoggi che dà a questi regimi, per rendere in futuro più positivo l’apporto europeo verso gli altri Paesi. Da AsiaNews, 24 febbraio 2011 Scola: così Libia e Nord Africa possono “rifare” l’Europa Intervista al Cardinale Angelo Scola lunedì 28 marzo 2011 Sempre a proposito di Realismo, pubblichiamo qui un interessantissima intervista al Card. Scola, patriarca di Venezia. “Noi europei siamo vittime di una forte presunzione”, dice il Cardinale, riferendosi a quell’atteggiamento con cui spesso affrontiamo problemi complessi e delicati senza che nemmeno ci sfiori il dubbio che, forse, invece che fare proclami e dedurre da principi, dovremmo umilmente metterci alla scuola di chi vive in prima persona certe realtà. terre. E non esistono solo le pur importantissime istanze di partecipazione e di democrazia, ma anche le trasformazioni dell’islam. Una sfida nel quale si giocano i contorni spirituali dell’identità europea, e in particolare dell’Italia, cerniera tra nord e sud del mondo. All’Angelus di ieri Benedetto XVI ha rivolto un appello «a quanti hanno responsabilità politiche e militari, per l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi». «Che la pace ritorni al più presto per quelle popolazioni e si fermino tragedie ulteriori - dice a ilsussidiario.net il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia -, significa ridire con forza che ogni morto è di troppo. La pace però non è un automatismo utopistico, occorre costruirla ogni giorno nella realtà». «Noi europei - spiega ancora Scola - siamo vittime di una forte presunzione. Pensiamo di saper valutare e risolvere i problemi senza prendere in considerazione la testimonianza di chi vive in queste situazioni». A cominciare dai cristiani di quelle «Chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull’intera regione nord africana», aveva già detto Benedetto XVI all’Angelus di domenica 20 marzo. Che senso può avere parlare di pace quando la politica rivendica un’azione diretta a salvare le popolazioni dalla tirannia? Parlare di pace in queste circostanze significa ovviamente esigere che la violenza delle armi, anche in questo caso, finisca e ceda il posto alla trattativa. Che la pace ritorni al più presto per quelle popolazioni e si fermino tragedie ulteriori, significa ridire con forza che ogni morto è di troppo. La pace però non è un automatismo utopistico, occorre costruirla ogni giorno nella realtà. Per questo, per ottenere la pace, la 23 le vicende che riguardano la crisi libica, vediamo che tutto il Mediterraneo - a partire dagli attentati contro i cristiani della fine dell’anno scorso, poi con la crisi egiziana, etc. - vive una fase di instabilità senza precedenti. Che cosa sta cambiando? Io credo che, come sempre nelle vicende umane, è solo nel tempo che un processo, per giunta così esplosivo e complesso, può essere compreso. Dobbiamo avere la pazienza di lasciare che tutti i fattori vengano a galla. Certamente non si può sottovalutare l’energica domanda di libertà, di dignità di vita, di democrazia, di lavoro che emerge da questi movimenti, ma ci sono altri aspetti che ancora non riusciamo a vedere e dovremo, invece, con molta cura cercare di capire. Per esempio: quale evoluzione potranno avere i diversi Islam a partire da questi fatti? Nello stesso tempo avanza quel processo che io chiamo “meticciato di civiltà e culture”: un processo storico, che tiene dentro una parte di violenza, una parte di imprevedibile ed anche di speranza, che non chiede il permesso di accadere, ma che noi possiamo almeno tentare di accompagnare, di governare. Quanto la preoccupa la situazione dei cristiani in Medio Oriente? Si può ancora parlare - data la loro esiguità di presenza - di un loro particolare «compito» a fronte di queste circostanze? La situazione dei nostri fratelli cristiani in Medio ed Estremo Oriente è assai dolorosa. Non possiamo permetterci di restare passivi, di non ascoltare la loro voce e il loro grido di aiuto. La Chiesa veneziana, nel percorso della Visita pastorale che ha investito tutta la diocesi, ha potuto collaborare con due persone straordinarie come il vescovo Luigi Padovese, assassinato in Turchia, e Shahbaz Bhatti, il ministro cristiano vittima di un recente attentato in Pakistan. La loro testimonianza ci costringe ad agi24 preghiera si pone, contro ogni scetticismo, come strumento efficace. A ben vedere nemmeno le leve della realpolitik sembrano in grado di rispondere bene ai comandi. Questo da cosa dipende? Da una carenza di «strategia» o da un deficit culturale o di lungimiranza di altro tipo? Io non sono un esperto, quello che posso rilevare è che spesso noi europei siamo vittime di una forte presunzione. Pensiamo di saper valutare e risolvere i problemi senza prendere i considerazione la testimonianza di chi vive in queste situazioni. Questo ci impedisce sovente di considerare tutti i fattori in campo. Molti collaboratori di Oasis che vivono sul posto ci invitano in questi giorni a porre precisi distinguo: la situazione del Nord Africa è diversa da quella del Medio Oriente, anche se le due aree sono in ebollizione. Quello che sta accadendo è un fenomeno in larga parte inatteso o non previsto in questi termini, ma ha connotati assai diversi da Paese a Paese: la Libia non è l’Egitto, conosciamo molto poco della Libia, così com’è radicalmente diverso quanto è accaduto a Tunisi. E ancora diverso è ciò che sta avvenendo in Siria. E nello specifico, della Libia, Eminenza, cosa pensa? Per l’attuale guerra in Libia vorrei ricordare il parere del card. Angelo Bagnasco, espressione di tutti noi vescovi italiani. Mi sembra un giudizio realistico: non si può stare fermi quando sono a rischio molte vite e la società civile. Ciò che diventa complesso da capire è poi in che cosa debba consistere questo intervento. Allora diviene irrinunciabile ascoltare molto attentamente la voce di persone come il vescovo di Tripoli che è lì da anni e conosce la situazione dall’interno. Se ci allontaniamo per un attimo dal- re per la libertà minacciata della Chiesa in certi paesi a maggioranza musulmana. Il loro martirio ci documenta cosa significa vivere autenticamente da cristiani, cioè vivere del desiderio di seguire Gesù, di trovare un posto - come scrisse Bhatti nel suo testamento spirituale - ai piedi della sua croce per partecipare della sua risurrezione. Tutti o quasi sono d’accordo nel riconoscere che una grande emergenza umanitaria è alle porte. Che cosa devono fare la politica e la società per essere all’altezza del compito? Un conto è l’impeto di accoglienza, che dev’essere immediata verso chi si trova in una situazione di difficoltà così pesante. Un conto è la politica che deve essere ordinata ed organica anche in un caso di grave emergenza come questo. Il problema è assumersi tutti una corresponsabilità, tutta l’Europa è chiamata a giocarsi in questa situazione. Il nostro Paese deve predisporsi ad affrontare con realismo il fatto che si stanno presentando alle nostre porte decine di migliaia di persone. Certo, occorre tenere desto e lungimirante lo sguardo: le tragedie che segnano il Nord Africa e più in generale l’inizio del terzo millennio sono una provocazione formidabile della Provvidenza a pensare l’uomo del futuro. Che uomo vogliamo essere? Un io-in-relazione? Oppure un uomo che, certo, può avere a disposizione mezzi tecnoscientifici strabilianti, ma tende a fossilizzarsi in un’identità individuale e quindi ad involversi? Secondo lei questa crisi in atto sta anche «misurando» l’unità europea? Questo travaglio sta mostrando che l’Europa non può essere tenuta insieme solo dal cemento dell’euro, ma necessita di un’identità chiara, di una politica estera ed economica solida e di ampio respiro. Ma ciò sarà impossibile, lo ripeto, senza che uomini e popoli europei rispondano ad un grande quesito: “Chi vuol essere l’uomo del terzo millennio?” Forse la tragedia dell’arrivo di moltissimi uomini e donne dall’Africa, se saremo tutti più generosi, potrà provocatoriamente rappresentare un collante per la costruzione di un’Europa pacifica perché capace di aprirsi, con intelligente disponibilità, a chi è nel bisogno. Un’Europa che diventi espressione tangibile di quella condivisione tra i popoli indispensabile per il presente e il futuro e che noi, europei un po’ impagliati e seduti, ancora non siamo stati capaci di rendere progetto stabile di vita buona. Lei, fin dall’inizio del suo mandato, ha centrato la sua missione di pastore sull’essere la Chiesa di Venezia ponte di dialogo tra oriente e occidente. Esiste una missione particolare che essa può svolgere in questo preciso momento storico? Proprio in questo tempo, in cui in tutto il Nordest ci stiamo preparando ad accogliere l’ormai imminente visita del Santo Padre ad Aquileia e Venezia, stiamo aprendo gli occhi su una nuova sfida che attende Venezia e il Nordest intero: ritrovare l’originaria funzione di cerniera tra popoli e culture, ma non più solo tra l’Est e l’Ovest, ma anche tra il Nord e il Sud del mondo. Guardando alla carta geografica dell’area, balza all’occhio come l’Adriatico sia il vertice del Mediterraneo che qui, nelle nostre terre, entra nel cuore della vecchia Europa. Le circostanze ci stanno invitando a interrogarci su quale potrà essere questo necessario, “nuovo” Nordest, che come ai tempi dello splendore di Aquileia, da cui nacquero ben 57 Chiese, potrà ricomprendere Croazia, Slovenia, Austria, Baviera, parte dell’Ungheria. In una parola le regioni dell’Alpe Adria. 25 INTROVIGNE: «Non credenti, pregate il Dio ignoto» La Rassegna Stampa di Rosa Pubblicato il 29 marzo 2011 da Lugopress Sarebbe troppo lungo scrivere chi è Introvigne, per l’imponente mole di incarichi, riconoscimenti, pubblicazioni che lo riguardano, per non parlare delle associazioni, fondazioni, organismi di vario genere che presiede o di cui è membro. E’ sicuramente uno degli uomini più sapienti sulle realtà religiose attuali. Pubblichiamo questo suo articolo perché ci aiuti a rimanere attenti a quanto nella Chiesa sta nascendo per impulso di Benedetto XVI e che costituisce un concreto segno di speranza e un’indicazione di metodo per chi sa che Cristo, presente e vivo nella storia oggi, non ha rinunciato a trovare nuove vie e nuovi linguaggi per incontrare tutti gli uomini, anche lì dove sembra vincere il rifiuto di Dio. di Massimo Introvigne Dell’iniziativa del Cortile dei gentili organizzata dal cardinale Ravasi e appena conclusa a Parigi si parla in questi giorni soprattutto per gli interventi di due ex-maoisti, uno convertito al cattolicesimo, il filosofo Fabrice Hadjadi, che ha pronunciato una dura condanna dell’eugenetica e della cultura di morte eutanasica, e una non convertita ma affascinata dal cristianesimo, la semiologa Julia Kristeva. Vale la pena però di riflettere sul significato globale dell’iniziativa. Nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 21 dicembre 2009, Benedetto XVI aveva lanciato l’idea di un nuovo «Cortile dei gentili», con riferimento all’episodio evangelico dove Gesù caccia i mercanti dal cortile esterno 26 del Tempio. Questo cortile – come il Papa ha spiegato anche in Gesù di Nazaret. Seconda parte – era stato occupato abusivamente dai mercanti. Era infatti uno spazio riservato ai gentili, ai non Ebrei, che non potevano entrare nel Tempio ma che – incuriositi dalla religione d’Israele – da fuori ne seguivano i riti. I gentili del Cortile, spiegava il Papa in quel discorso del 2009, sono «persone che conoscono Dio, per così dire, soltanto da lontano; che sono scontente con i loro dèi, riti, miti; che desiderano il Puro e il Grande, anche se Dio rimane per loro il “Dio ignoto” (cfr. At 17,23). Essi dovevano poter pregare il Dio ignoto e così tuttavia essere in relazione con il Dio vero, anche se in mezzo ad oscurità di vario genere». Prima ancora della fondazione della Chiesa, con la sua apertura universale, già il popolo dell’Antico Testamento riserva almeno un cortile esterno del Tempio a persone immerse nel contatto con «dèi, riti, miti» che non sono il vero Dio né la vera adorazione, e che quindi li lasciano insoddisfatti e in ricerca. Oggi la situazione non è cambiata. «Dèi, riti, miti» diversi dal Dio cristiano abbondano, anzi si moltiplicano. Non si tratta solo delle altre religioni ma anche di idoli come la scienza, il denaro, il sesso, il potere: i veri dèi alternativi del nostro tempo. Non mancano neppure i mercanti del Tempio, che profittano di questa situazione per trarne profitti non sempre onesti. Che fare, allora? «Io penso — confidava il Papa nel 2009 — che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di “cortile dei gentili” dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto». Questa iniziativa, dopo un esordio a Bologna, ha ora appunto preso corpo a Parigi con un convegno di due giorni organizzato dal Pontificio Consiglio per la Cultura, cui hanno partecipato – accanto ai credenti – intellettuali non credenti in qualche modo incuriositi, come gli antichi gentili, dal fenomeno religioso e dal cristianesimo. Naturalmente, solo il tempo potrà pronunciarsi sull’efficacia di queste e simili iniziative. Alcuni dei raffinati intellettuali che hanno partecipato all’incontro di Parigi – tra cui Julia Kristeva – si sono affrettati a spiegare ai giornali che certo, la religione li interessa, ma atei sono e atei vogliono rimanere. Ma un aspetto di grande interesse della due giorni parigina è stata la partecipazione di giovani, molti dei quali hanno confidato ai giornalisti – francesi, perché i grandi giornali italiani come al solito hanno dedicato ben poco spazio a un evento organizzato dalla Chiesa Cattolica – di sentirsi anche loro «gentili», non credenti in ricerca di «qualcosa». Benedetto XVI con il videomessaggio trasmesso sul sagrato della cattedrale di Notre-Dame che il 25 marzo ha concluso la due giorni proprio ai giovani ha scelto di rivolgersi. A loro ha ricordato ancora una volta che cos’era il Cortile dei gentili, «quello spazio aperto sulla vasta spianata vicino al Tempio di Gerusalemme, che permetteva a tutti coloro che non condividevano la fede di Israele di avvicinarsi al Tempio e di interrogarsi sulla religione. In quel luogo, essi potevano incontrare degli scribi, parlare della fede ed anche pregare il Dio ignoto». C’è però una differenza fra quanto poteva accadere prima e dopo la venuta di Gesù. «Se, all’epoca, il Cortile era allo stesso tempo un luogo di esclusione, poiché i “Gentili” non avevano il diritto di entrare nello spazio sacro, Cristo Gesù è venuto per “abbattere il muro di separazione che divideva” ebrei e gentili”», riunendoli nella proposta di un’unica Chiesa. Il Papa sa che i giovani oggi si avvicinano spesso alla Chiesa partendo dalla bellezza e dall’arte, e li ha dunque invitati a contemplare per prima cosa «questo magnifico capolavoro della cultura religiosa francese, Notre-Dame di Parigi». Con i nuovi Gentili il dialogo del Papa è partito poi dai «grandi interrogativi dell’esistenza umana». Molti – la maggioranza tra i giovani in Francia, secondo i sociologi – «riconoscono di non appartenere ad alcuna religione», eppure hanno nel loro cuore l’aspirazione a «un mondo nuovo e più libero, più giusto e più solidale, più pacifico e più felice». Da questa esigenza i giovani non credenti sono spinti a guardare con attenzione «i credenti, esigendo da loro, in particolare, la testimonianza di una vita che sia coerente con ciò che essi professano e rifiutando qualsiasi deviazione della religione che la renda disumana». E quale dev’essere la risposta adeguata dei giovani credenti, che pure sono una minoranza? Dovete, ha detto il Papa, «dire ai vostri amici che questo tesoro racchiuso in voi merita una condivisione, un interrogativo, una riflessione. La questione di Dio non è un pericolo per la società, essa non mette in pericolo la vita umana! La questione di Dio non deve essere assente dai grandi interrogativi del nostro tempo». La Francia, ha aggiunto Benedetto XVI, si caratterizza per la laicità e per il frequente riferimento al motto della Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fraternità. Il Papa è tornato sulla distinzione, che aveva proposto nel viaggio in Francia del 2008, tra sana laicità e laicismo. «Le religioni – ha detto – non possono aver paura di una laicità giusta, di una laicità aperta che permette a ciascuno di vivere ciò che crede, secondo la propria coscienza». Quanto al motto che la Repubblica francese ha assunto come proprio, ovunque nel mondo esso è credibile solo se rispetta i diritti dei credenti accanto a quelli dei non credenti. «Se 27 si tratta di costruire un mondo di libertà, di uguaglianza e di fraternità, credenti e non credenti devono sentirsi liberi di essere tali, eguali nei loro diritti a vivere la propria vita personale e comunitaria restando fedeli alla proprie convinzioni, e devono essere fratelli tra loro». Il Papa ha ripetuto ai giovani due punti cruciali del suo Magistero. Il primo è che occorre comprendere come solo «l’incontro tra la realtà della fede e quella della ragione permetta all’uomo di trovare se stesso». Questo incontro è diventato difficile, perché al posto della ragione orientata al vero oggi domina una ragione strumentale orientata all’utile: «troppo spesso la ragione si piega alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscere quest’ultima come criterio ultimo. La ricerca della verità non è facile. E se ciascuno è chiamato a decidersi, con coraggio, a favore della verità, è perché non esistono scorciatoie verso la felicità e la bellezza di una vita compiuta». Il secondo punto è che se da una parte occorre riaffermare come in linea di diritto le verità e i valori che la ragione è in grado di riconoscere sono universali – dunque accessibili anche ai non credenti –, in linea di fatto in un mondo sempre segnato dal peccato originale e oggi confuso dalla dittatura del relativismo scoprire e difendere le verità naturali senza fondarle in Dio e in Gesù Cristo è difficile. La vera fraternità oggi di fatto fiorisce soltanto «riconoscendo che solo Dio, in Cristo, ci libera interiormente e ci dona la possibilità di incontrarci davvero come fratelli». Quanto alla libertà, non è forse azzardato mettere in relazione due discorsi che il Papa ha tenuto lo stesso giorno, ricordando che nella mattinata del 25 marzo, ricevendo i partecipanti al Corso sul Foro Interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, Benedetto XVI ha mostrato nella confessione sacramentale cattolica l’elemento decisivo di una pedagogia della libertà, e uno dei pochi luoghi dove tante persone che chiedono di essere ascoltate possono oggi trovare chi li ascolta. I confessionali sono davvero luoghi «nei quali la libertà personale e la consapevolezza di sé sono chiamate ad esprimersi 28 in modo particolarmente evidente. È forse anche per questo che, in un’epoca di relativismo e di conseguente attenuata consapevolezza del proprio essere, risulta indebolita anche la pratica sacramentale. «Nel nostro tempo caratterizzato dal rumore, dalla distrazione e dalla solitudine, il colloquio del penitente con il confessore può rappresentare una delle poche, se non l’unica occasione per essere ascoltati davvero e in profondità». Occorrerebbe anche essere consapevoli che «l’esame di coscienza ha un importante valore pedagogico: esso educa a guardare con sincerità alla propria esistenza, a confrontarla con la verità del Vangelo e a valutarla con parametri non soltanto umani, ma mutuati dalla divina Rivelazione. Il confronto con i Comandamenti, con le Beatitudini e, soprattutto, con il Precetto dell’amore, costituisce la prima grande “scuola penitenziale”». E tuttavia questa consapevolezza è un punto di arrivo, non di partenza. Giovani credenti e non credenti, ha spiegato il Papa nel videomessaggio alla folla di Parigi, possono anzitutto insieme cominciare a «rispettare, aiutare ed amare ogni essere umano, poiché esso è una creatura di Dio e in un certo modo la strada che conduce a Lui», senza dimenticare «coloro che vivono in povertà o in solitudine, coloro che soffrono per la disoccupazione, che attraversano la malattia o che si sentono ai margini della società». I non credenti sono infine convocati all’antica «preghiera al Dio Ignoto. Cari giovani non credenti, unendovi a coloro che stanno pregando all’interno di NotreDame, in questo giorno dell’Annunciazione del Signore, aprite i vostri cuori ai testi sacri, lasciatevi interpellare dalla bellezza dei canti e, se lo volete davvero, lasciate che i sentimenti racchiusi in voi si elevino verso il Dio Ignoto». «Il Dio che i credenti imparano a conoscere vi invita a scoprirLo e vivere di Lui sempre più. Non abbiate paura! Sulla strada che percorrete insieme verso un mondo nuovo, siate cercatori dell’Assoluto e cercatori di Dio, anche voi per i quali Dio è il Dio Ignoto. E che Colui che ama tutti e ciascuno di voi vi benedica e vi protegga». Stati vegetativi: un casco «dipinge» i loro pensieri Cercando di non rimanere succubi della potenza dei mass media, pubblichiamo questo incredibile articolo apparso su Avvenire, che getta un’interessante luce su dei temi che sembrano essere appannaggio di coloro che, invece di partire dalla realtà e dall’esperienza, calano i loro principi di morte, proprio su coloro che hanno più bisogno di essere difesi. Lucia Bellaspiga, che è già venuta ad Oropa per accompagnare e presentare Margherita Coletta (la vedova del Carabiniere di Nassirya), è una giornalista attenta e che non si lascia certo intimorire dalla cultura di morte di cui noi tutti siamo un po’ succubi. Al Don Orione di Bergamo la tecnologia dei caccia americani rivela volontà ed emozioni nei pazienti creduti «irrecuperabili» Lucia Bellaspiga Un caccia americano di ultima generazione sfreccia nel cielo. All’improvviso «sente» che il suo pilota è svenuto e inizia ad autoguidarsi. Come sa l’apparecchio che l’uomo ha perso i sensi? Sul casco del pilota, nella tuta e nell’impugnatura dei comandi ci sono sensori in grado di captare la coscienza... Solo fantascienza? No, una tecnologia già in uso da tempo, basata sul fatto che il nostro cervello quando pensa, cioè quando appunto ha coscienza , emette un segnale elettrico con delle frequenze, e i moderni sensori sanno leggere tali impulsi neuronali, in pratica «vedono» il pensiero prima che si traduca in azione. Quali enorme sorprese si potrebbero avere, allora, se un analogo caschetto venisse posto sulla testa delle persone in «stato vegetativo», cioè - secondo la diagnosi - del tutto «prive di coscienza e incapaci di qualsiasi relazione col mondo esterno»? «Lo abbiamo chiamato “Elu1” (pronunciato all’inglese eluàn) perchè è un software ideato proprio nei giorni del caso Englaro - spiega l’ingegnere Daniele Salpietro, da mesi impegnato tra i 24 stati vegetativi ricoverati al Centro Don Orione di Bergamo, proprio per provare a ricostruire un «dialogo» tra i pazienti e i loro cari -. Ai caschetti ormai in uso nei videogiochi dei ragazzi ho applicato un amplificatore cerebrale che moltiplica di un milione di volte gli impulsi neuronali, in modo da poter captare anche i minimi “spifferi” di volontà, e ho colle- gato il tutto al monitor di un computer...». Gli esperimenti che conduce davanti a noi parlano più di mille parole. «Dite ad Aldo che io sono felice» «Cristina se mi senti muovi gli occhi”, ordinava in passato l’ingegnere alla donna, che secondo la diagnosi era i uno «stato vegetativo irreversibile». E Cristina infatti non faceva nulla: non un battito di ciglia, non un’espressione diversa, nemmeno un lamento. «Ma con il caschetto che misura la volontà, ogni volta che le davo questo ordine vedevo schizzare a mille il segnale sul monitor. In pratca sentiva e desiderava pure obbedire, il problema quindi non era la coscienza, ma solo la possibilità di tradurla in movimento». Una situazione già raccontata da tanti “risvegliati” (il caso più noto quello di Max Tresoldi, uscito da 10 anni di “sonno” e testimone oggi del fatto che «coglievo tutto ma non riuscivo a dirvelo»), e una scoperta che apre nuove voragini nella conoscenza del cervello e degli stati vegetativi. «Il fatto di sentirsi capita ha cambiato la vita di Cristina, che ha preso a reagire, e quella di suo marito Aldo, perchè il parente è affranto quando per anni non sa se la persona amata coglie qualcosa o è del tutto inerte». Così Cristina ha cominciato a “uscire” ed è passata a quello che la medicina chiama “stato di minima coscienza”, fino addirittura a riuscire a parlare: «Dite ad Aldo che sono felice», sono le prime parole che ha detto. «Nessun miracolo e nessuna falsa speran29 za - chiarisce Salpietro - l’Elu1 misura la volontà, non guarisce nulla, ma in questo modo abbiamo potuto rilevare con grande anticipo che lei «c’era» e la paziente ha avuto la spinta per dare il tutto per tutto». 90 euro e ti compri il futuro Cosa che certo non avviene nei tanti reparti o nelle stanzette solitarie in cui migliaia di “stati vegetativi” in Italia attendono il nulla, mentre spesso anche i medici non si pongono più domande, considerandoli persi in partenza. Chissà quante volte sono invece persone che pensano, e la nostra incomprensione del loro muto “linguaggio” dev’essere il più feroce dei tormenti. «Tantissimi di loro sono stati definiti “vegetativi” magari dieci anni fa e nessuno li ha più rivisitati - spiega l’ingegnere -. Non dico di fare a tutti una Risonanza magnetica funzionale, esame raffinatissimo e molto costoso che dal 2006 “fotografa” a colori le attività del cervello, ma ormai con solo 90 euro si può costruire un casco come quello dei caccia americani o dei videogiochi più moderni», quelli con cui puoi fare la partita a tennis o guidare le macchine da corsa senza muovere un dito né premere un pulsante, solo con gli impulsi del cervello. «Nel 2008 chiesi al padre di Eluana di poter fare l’esperimento sulla figlia, di valutare cioè il suo grado di coscienza, ma non mi rispose. Certo che dagli indizi che abbiamo avrebbe dato risposte sorprendenti: una notte chiamò persino “mamma”, mentre il suo respiro cambiava all’udire le diverse voci e davanti a più testimoni alcune volte ha sorriso». L’effetto parente Già da tempo a livello internazionale si è accertato che per il 40% dei cosiddetti “stati vegetativi” la diagnosi è sbagliata. E il motivo è un errore di metodo: «In persone paralizzate o incapaci di inviare i comandi dal cervello agli arti, è assurdo usare come parametro il movimento - spiega l’esperto -. Invece è la loro volontà che va accertata. Ciò che conta è se, al nostro comando, il loro cervello invia l’ordine di fare una cosa, indipendentemente da fatto che poi la rie30 scano a fare davvero». E’ importante inoltre sapere che in ciascuno di noi tra l’impulso cerebrale di volontà e il movimento passa sempre un tempo minimo, «dunque ancor più negli stati vegetativi l’azione richiesta può avvenire minuti dopo, o addirittura ore, quando ormai il medico è uscito dalla stanza...». Ecco allora l’importanza del parente, «l’unico che osserva per giorni e notti, per mesi e anni, e, nonostante il neurologo parli di “coscienza zero”, rileva quei piccoli immensi segnali di vita lasciati inascoltati dalla scienza». La partita a ping pong Segnali di vita come quelli che abbiamo visto al Don Orione di Bergamo, leggendo sul monitor le forti reazioni emotive mentre il volto dello stesso paziente resta immobile e inespressivo. Cosi Domenico prende a “obbedire” solo quando gli ordini partono dalla voce della sorella, in dialetto bergamasco: il segnale sul video schizza in alto e, dopo una settimana, l’uomo ha già imparato a chiudere gli occhi su comando. E così Loredana (dismessa da un centro specialistico come “priva di coscienza”) quando le si avvicina improvvisamente la mano agli occhi non fa una piega, ma sul monitor rivela senza dubbio una rapida “risposta alla minaccia”: gli occhi non li chiude, ma ha la volontà di farlo. O così Mauro - complice la moglie che gli legge Fantozzi - si rilassa fino a sorridere. «Spesso i pazienti all’inizio non collaborano, perchè non vogliono - spiega Salpietro -, ma l’insistenza di u marito, di un genitore o d un figlio fanno miracoli». Molti poi ci prendono gusto e imparano rapidamente, qualcuno addirittura sul quel monitor riesce “muovere” col pensiero le racchette e a fare una partita a ping pong. Con viso inerte e sguardo fisso nel nulla. «Quando è così, riprendono in qualche modo possesso di sé... Ma allora è chiaro che hanno bisogno di una nuova riabilitazione mirata, non più solo di essere lavati e girati in un letto... ma quanto costa dar loro tutto questo? Più facile ed economico darli per persi e magari avviarli alla dolce morte, no? Donazione Torrione IMPORTANTE DONAZIONE DI STAMPE LITOGRAFICHE DI RELIGIOSITA’ POLOLARE FATTA DA CARLO E ANGIOLINA TORRIONE AL SANTUARIO DI OROPA Una importante donazione di stampe litografiche dell’Ottocento (ma qualcuna è anche più antica) è stata fatta dai coniugi professori Carlo e Angiolina Torrione al Santuario di Oropa proprio poche settimane prima della scomparsa, avvenuta il 7 marzo, alla veneranda età di 101 anni, del prof. Carlo, che, come è noto, era fratello dell’indimenticabile Cavalier Pietro Torrione, insigne studioso di storia locale e direttore della biblioteca e del museo civici di Biella, del quale quest’anno (all’inizio di novembre) ricorre il 40° anniversario della morte. Si tratta di una raccolta di oltre 500 quadri, con relativa cornice d’epoca, che il professore, appassionato collezionista qual’era, aveva messo insieme, si può dire, nell’arco di tutta la sua vita, acquistando i “pezzi”, man mano che apparivano sul mercato, dai vari antiquari (soprattutto torinesi) che glieli proponevano. Gran parte di essi furono prodotti dalle principali case litografiche torinesi, attivissime nella seconda metà dell’Ottocento e che rispondono ai nomi di Verdoni, Doyen, Cordey, Benedetto Torrione (certamente della stessa casata dell’odierno donatore) e altri, tra cui alcuni editori stranieri (specialmente della Francia e della Svizzera). Da una prima sommaria inventariazione, risulta che circa la metà del materiale donato riguarda un centinaio di Santi e Sante verso i quali maggiormente si rivolgeva la devozione popolare. Per alcuni di essi i quadri sono più di uno, magari anche solo con qualche piccola variante. Per esempio, di S. Giuseppe e S. Giovanni Battista ce ne sono oltre venti; di S. Antonio da Padova, 13; di S. Luigi Gonzaga, 12; di S. Maria Maddalena, pure; di S. Teresa e di S. Rosa da Lima, 8 ciascuna. La restante parte del materiale si può suddividere in altre particolari categorie. La più consistente è quella riguardante Maria Santissima: ben 91 quadri, di cui una trentina rappresentanti la Madonna di Oropa, 12 quella della Consolata di Torino, una cinquantina circa la Madre di Dio in raffigurazioni diverse. I quadri riguardanti Gesù o episodi della sua vita sono 35. Quelli raffiguranti i Sacri Cuori di Gesù e di Maria, da soli o insieme, una trentina, mentre altri 23 riguardano episodi biblici o comunque soggetti di natura religiosa. A questi vanno aggiunti 26 con soggetti che possiamo definire di natura profana: tra di essi figurano personaggi di casa Savoia da Carlo Alberto a Vittorio Emanuele III, generali del periodo risorgimentale, tra cui Garibaldi, gli imperatori Napoleone I e II (cioè il re di Roma), e via dicendo. Una quindicina sono poi i quadri con vedute panoramiche o monumentali riguardanti Oropa, Biella e anche qualche altra località: alcune di esse sono incisioni del Gonin, del Giarré, del Verico e perfino del Sevesi e del Bagetti. Ma la chicca è rappresentata da una cinquantina di quadri riguardanti diversi Santuari e luoghi di culto, sia italiani che stranieri. Tra i santuari biellesi ovviamente non mancano quelli di Graglia, Sala, Masserano e perfino quello della Madonna della Fontana di Crevacuore. Insomma, si tratta di una raccolta veramente importante e credo che la decisione dei coniugi Torrione di donarla al Santuario di Oropa, che l’ha accettata con tanta gratitudine, sia più che indovinata. Sicuramente l’amministrazione del Santuario, ben consapevole del valore culturale e religioso da essa rappresentato, quanto prima darà alla stessa una adeguata sistemazione, onde renderla fruibile a tutti coloro che per motivi di studio o anche solo di curiosità vorranno vederla. Mario Coda, Bibliotecario-archivista del Santuario di Oropa 31 Recensioni LETTURE CONSIGLIATE a cura di Giacomo Berchi “L’ISOLA DEL MONDO” Michael D. O’Brien, ediz. San Paolo Euro 26,00 IL PELLEGRINAGGIO DI UN UOMO, LA BELLEZZA DEL COSMO Non sono molte le opere di narrativa in grado di raggiungere un’intensità nel raccontare l’umano e la meraviglia dell’essere tale da chiamare in causa il cuore del lettore così profondamente. L’Isola del Mondo, del pittore e scrittore canadese Michael D. O’Brien, è senza dubbio una di queste. Nato e cresciuto in un felice villaggio montano della Croazia chiamato Rajska Polja, i Campi del Cielo, il piccolo Josip Lasta è l’unico superstite al massacro operato dai partigiani di Tito, prossimi dominatori di un popolo oppresso e carico di tensioni etnico-religiose, appena uscito dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Josip ha provato fin troppo presto l’atroce significato della perdita e del dolore, in un inferno di fiamme e sangue; attraverso la sua storia personale, la dura vita sotto il regime, la persecuzione, la prigionia, la fuga nel mondo occidentale come rifugiato, riguadagna luce e dignità la sofferenza di un popolo intero, quello croato, lungo un Calvario chiamato Novecento. Ma il miracolo di questo romanzo non si esaurisce qui. Vibra palpabile in queste pagine il Mistero dell’essere: nel vorticare gioioso delle rondini in riva al mare, nell’armonioso suono del violino della bella Ariadne, nel gusto dolce di uno spicchio d’aran32 cia assaporato sotto un albero, nello splendore della cosmologia, nelle lande sconfinate della poesia. Tornato a casa dopo il viaggio di una vita, Josip avrà imparato il sacrificio richiesto dall’Amore: un sacrificio che é dono di sé, fino al perdono. O’Brien parla al nostro cuore di uomini feriti dal dolore e dalla bellezza, raccontando in una vera e propria Odissea cristiana il pellegrinaggio di un uomo, “la crocifissione e la resurrezione di un’anima”. “LETTERE DI FEDE E DI AMICIZIA AD ANGELO MAJO” Luigi Giussani ediz. San paolo Euro 10,00 UNA VITA PER L’AMICIZIA DI GESU’ “Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione. E poi tra due amici profondi cosa si desidera? L’aspirazione dell’amicizia è l’unione, è quell’immedesimarsi, impastarsi, diventare la stessa persona, la stessa fisionomia dell’Amico” (fine agosto 1945). Vengono qui pubblicate le lettere spedite nel corso di vent’anni da Luigi Giussani (1922 – 2005) ad Angelo Majo (1926 – 2003). Nell’epistolario fra il sacerdote brianzolo padre di Comunione e Liberazione e l’amico compagno di seminario, futura figura di rilievo nelle iniziative culturali e pastorali del Duomo di Milano, si tocca con mano un vivo e commovente esempio di amicizia cristiana: un’umanità intensa e appassionata vissuta sempre con “pazzia e letizia”. Due cuori giovani innamorati della Presenza di Gesù: “L’amicizia tra di noi è tanto più propria e vera quanto più è per noi un vivo simbolo del nostro legame inenarrabile con Lui” (Vengono, 20 luglio 1945). Si tratti del ringraziamento per una cartolina dagli amati luoghi di montagna, o del commosso e delicato augurio per l’ordinazione al Diaconato, non può essere elusa, da parte del lettore, la domanda circa l’origine di una tale umanità. Un’Origine del tutto desiderabile, l’unica in grado di rendere per tutta la vita due giovani sacerdoti appassionati lottatori per la felicità degli uomini, veri amici del grande Amico. Chiudono il volume i ritratti delle due figure di Giuliano Vigini e Massimo Camisasca, preceduti da un Elogio dell’amicizia di Luigi Giussani. 33 “LA FAMIGLIA CHE RAGGIUNSE CRISTO” M. Raymond ediz. San Paolo Euro 19,00 “CHE GIOVA SEGUIRE CRISTO SE POI NON SI RIESCE A RAGGIUNGERLO?” Il padre, Tescelino il Sauro signore di Fontaines nel ducato di Borgogna; la madre Aletta di Montbar; poi i fratelli maggiori Guido, Gerardo, la sorella Umbelina e i minori Andrea, Bartolomeo e Nivardo. E infine lui, Bernardo. Tramite la penna di Raymond, monaco trappista nel Kentucky autore di “Tre frati ribelli”, rivive in queste pagine la storia del santo di Chiaravalle e della sua famiglia: non la storia di santi, ma di uomini diventati santi. La santità, vera e unica méta di ogni cristiano. Ciascun capitolo è incentrato sulla vita e chiamata di ogni membro della famiglia del castello di Fontaines. Il motore è Bernardo, l’uomo innamorato di Dio, capace di sfidare tutto e tutti certo della missione affidatagli; non sono in pochi a considerarlo pazzo quando, presentatosi inaspettatamente all’accampamento dell’esercito del duca, impegnato in un assedio, Bernardo chiama il fior fiore dei nobili cavalieri a seguirlo nelle paludi di Citeaux per raggiungere Cristo nel monastero. I suoi fratelli per primi sono i più refrattari, ma Bernardo non ha dubbi ed infine essi accettano, e con loro altri trenta nobili, certi della volontà di Dio. E’ l’inizio di una grande storia: la gloria pregustata nel cozzo delle armi non è il loro destino, essi sono ora cavalieri di un torneo più grande. Qual è però la ragione di tutto questo? Cristo. C’è forse un’altra valida motivazione per crescere una famiglia o fondare un monastero fra le paludi? Per crescere dei figli nella certezza della fede o bruciare d’amore zappando la terra e pregando per ogni giorno della propria vita? Una sola: Cristo è tutto e occorre raggiungerlo. “Egli spiega le cose, tutte le persone, tutti gli avvenimenti. Egli è la risposta a tutte le domande, a tutti i dubbi e a tutte le difficoltà. Egli è la ragione del vivere e la ragione del morire”. 34 Nei mesi scorsi, in risposta agli scandali dei nostri governanti, abbiamo avuto in tante città numerose manifestazioni in difesa della donna, della sua dignità, una “rivoluzione” al femminile, una larga protesta per stili di vita più morali. Certamente nei prossimi decenni la vera rivoluzione sarà quella delle donne, in tutto il mondo, una rivoluzione per avere più uguaglianza, più ascolto, più influenza nelle scelte e nelle famiglie e nella società e negli stati. E probabilmente questo processo durerà qualche secolo, perché la donna viene da milioni di anni di sottomissione. Ma in tutte queste giuste e sacrosante aspirazioni manca forse un po’ di autocritica. L’uomo e la donna insieme sono creati a immagine di Dio, ma insieme anche hanno peccato, il male ha colpito entrambi, il cammino di redenzione riguarda tutti e due e durerà fino alla fine del mondo. L’umanità non diventa più buona solo perché viene guidata da più donne. La conversione alla quale ci chiama il vangelo riguarda tutti. Senza conversione del cuore anche la donna farà ricadere su altri il disordine che porta in se, come tutti. Per la sua libertà sarà tentata di spegnere la vita che le nasce dentro, sarà incapace del sacrificio necessario a far crescere questa vita, le tante separazioni e i tanti divorzi che stanno disfacendo le famiglie in questo nostro tempo, non vengono dalle colpe di uno solo. Un nuovo modello di famiglia più rispettoso della dignità di ciascuno può nascere in un lungo cammino di conversione e con l’aiuto determinante della grazia di Dio come ci ricorda questo tempo di Pasqua. D.Silvano 35 Offerte al Santuario (gennaio/febbraio/marzo 2011) ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ 10.00 ˆ10.00 ˆ 14.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 15.00 ˆ 17.00 ˆ 17.00 ˆ 18.00 ˆ 18.00 36 NN - FRANCIA SAVIOLO SANTINA DI PEZZANA FINOTTI ANNA IN RINGRAZIAMENTO AIROLDI BEATRICE DI NOVARA CAPPIETTO MIRANDA FAMIGLIA LUGANI DI ROBBIO LOMELLINA AGUZZI FLORINDO DI CEVA REDONDI MILENA DI BUSTO ARSIZIO ALLA MADONNA FONTANETO FRANCA DI TRONZANO VERCELLESE YON LORENZINA IN RICORDO DEL MARITO SARDINO GIUSEPPE - SETTIMO VITTONE DELL’OLMO GIOVANNI DI VILLATA ALLA MADONNA- BESSONE CARLA- COSSATO GRIMALDI SIMONA - TORINO N.N. IN RINGRAZIAMENTO ALLA MADONNA - I NONNI DI HARLIN - SALUSSOLA ALMASIO AMALIA - BANCHETTE MANFRONI LAURA DI TORINO IVANA TARRONI IN MEM. DEL MARITO GIOVANNI PASSONE ALLA MADONNA-CORSO ORNELLA-ZUMAGLIA NN DI BIELLA MARCHISIO LUIGI CARLO DI MILANO ALLA MADONNA ROSALIA E ENRICO RINGRAZIANO - CASTIGLIONE OLONA N.N. ALLA MADONNA IN RINGRAZIAMENTO DANIELE PIETRO DI CASTAGNETO PO’ -TORINOIN MEMORIA DEI DEF. ARCADIO MARIO, MARCELLO, ANGELO E GIUSEPPINA SELVA GIUSEPPINA-PETTINENGO AINA ANGELA - CASALEGGIO LORIO EDDA DI CRESCENTINO ALLA MADONNA - N.N. FRANCESE GIOVANNA DI VERCELLI ALLA MADONNA BUCCINO ADOLFO DI MILANO ALLA MADONNA MAZZUCCO FRANCO DI VALLEMOSSO PASTORE ANGELA E SERGIO DI BRIGA NOVARESE VALMACCO MARIO DI VAREDO B.M. E B.P. MEROTTO MARIA LUISA DI BORGARO TORINESE SPINA ELENA - ROBBIO ARDITA ROSA DI MILANO SARTORE REGGIORE NADIA - COGGIOLA FAMIGLIA TARRONI IVANA IN MEM. DI COLOMBO MARIA LAURA ALLA MADONNA - R.L. DEF.IVES BURGAY DI CHAMBAVE CATERINA E ATTILIO PER PROTEZIONE ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 20.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 25.00 ˆ 28.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 30.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 32.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 35.00 ˆ 40.00 ˆ 40.00 ˆ 46.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 GRAZIA FRANCO - CENTO IN RINGRAZIAMENTO OPPEZZO LUCIANO E FRANCA - RIVE LA FAMIGLIA IN MEMORIA DI TOMATI EFREM - SAGLIANO MICCA BARIOGLIO ARMANDO - BIELLA MALARA MARIA STELLA DI VENARIA REALE ALLA MADONNA COLLURA ANGELA - PRIZZI - PA ZONCO MARGHERITA ALLA MADONNA PER UNA PREGHIERA ALZANI BARBARA DI VICOLUNGO CELORIA FEDERICO DI GRAZZANO BADOGLIO IN MEMORIA DI UGO, PIERINA, GIOVANNI E GIUSEPPINA PALENZONA IRENE E FERDINANDO DI NOVI LIGURE FAMIGLIA MOMO PER PROTEZIONE IRENE E STEFANO RICORDANDO IL 50° ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO PASQUALE ORSOLINA DI TORINO NN. PER OFFERTA ALLA MADONNA PELLEGRINI DALLA POLONIA IN MEMORIA DI EMILIANO VERCELLONE SCOTTI ROSINA DI VILLANOVA BIELLESE VUILLERMOZ MARIA GRAZIA - CHALLAND SAINT VICTOR ALLA MADONNA - TENGATTINI MARCO E FAM. TABASSO GURGO TERESA DI TORINO ALLA MADONNA IN MEMORIA DI RIOSA GIOVANNI MANTOAN FERRUCCIO E CANOVA GIANNA TORREANO EGIDIO E FIGLI DI BORGOFRANCO D’IVREA ALLA MADONNA BOCCARDO DON FRANCESCO DI CAMPOMORONE ALLA MADONNA MARCONE GREPPI LUIGINA DI PRAROLO ALLA MADONNA SCORRANO GIUSEPPE DI SANNICOLA ROBBIANO VIENNA DI SANTHIA’ - ALLA MADONNA COPPO ADA DI TRICERRO ALLA MADONNA COMAZIO FRANCA DI VIGLIANO BIELLESE - ALLA MADONNA CAMETTI RITA DI GATTINARA ROSAZZA PIERO E CELSA DI TORINO NN - AMENO PER PROTEZIONE FAM.PAIARIN GIANNI ELISABETTA E VALERIA RICOLFI VIOLA E MARIA PIA DI VERCELLI ASSOCIAZIONE VITA TRE DI BORGO D’ALE N.N. IN MEM. DI BOFFA TARLATTA SUSANNA 30 ANNIVERSARIO MATRIMONIO RACCANELLI ANGELO,ROCCON MAURA NN DI BIELLA FERRO ANTONELLA DI BUSTO ARSIZIO ALLA MADONNA BOLLEA MARA - CIGLIANO NN - TOLLEGNO NN DI MONGRANDO RICORDANDO IL 50° ANN.DI MATRIMONIO DI IRENE E STEFANO DI MASSERANO NN DI VILLA CORTESE (MILANO) N.N. ALLA MADONNA PER PROTEZIONE FAM. MIGLIAVACCA E VALLANIA PER PROTEZIONE - GARIAZZO SILVANO FAMIGLIA MONACO DI MONCRIVELLO ALLA MADONNA NN DI MEDE LOMELLINA PER I DUE ANNI DI ANNA TENGATTINI, BIELLA,ZIO ANDREA E NONNI CIMA ANGIOLINA ALLA MADONNA - BORGO D’ALE N.N. ALLA MADONNA LAVARINO LAURETTA DI IVREA NN - PIEDICAVALLO RANCATI SOMA BIANCA MARIA DI MILANO IN MEMORIA DI ENNIO NERVI FERRO GIANNA - CASALVOLONE DEON MARIO E TERESINA - BIELLA ALLA MADONNA - N.N. ELENA, MATTEO, FRANCESCO E VERONICA DI IVREA ALLA MADONNA LOMETTO GIOVANNA DI TOLLEGNO NN -BIOGLIO FAM. BOFFA PETRINI LUIGI VALMACCO TOMAS E GIADA PER PROTEZIONE ALLA MADONNA LOVATI CARLA DI GALLARATE MIGLIETTA GIUSEPPE DI TRECATE N.N. PER GRAZIA RICEVUTA MARCHETTI ALBERTO E STEFANO - MIRANDOLA IN MEM. DI ROLANDO,CORA,GUIDO,LINDA,LORENZO E BEPPINA PER LA PROTEZ. DELLA FAM. CODA ZABETTA ANGELO - PRALUNGO VALLE ALLA REGINA D’OROPA - N.N. NN ALLA MADONNA - SANTHIA’ PER CRISTIAN CHE NASCA BENE E SANO FIUME FERRUCCIO DI TORINO NN ALLA MADONNA 37 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 50.00 ˆ 60.00 ˆ 60.00 ˆ 60.00 ˆ 67.00 ˆ 71.00 ˆ 80.00 ˆ 85.00 ˆ 85.00 ˆ 85.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 100.00 ˆ 105.00 ˆ 110.00 ˆ 120.00 ˆ 120.00 ˆ 120.00 ˆ 134.00 ˆ 135.00 ˆ 140.00 ˆ 150.00 ˆ 150.00 ˆ 150.00 ˆ 150.00 ˆ 150.00 ˆ 182.00 ˆ 200.00 ˆ 250.00 ˆ 282.00 ˆ 300.00 ˆ 495.00 ˆ 520.00 ˆ 985.00 ˆ 1,000.00 ˆ 1,000.00 38 ALLARIA ELENA DI VOGHERA FALCIONE ANNA MARIA PER GRAZIA RICEVUTA - BURONZO CONIUGI FERRO- ABELLI OFFERTA ALLA MADONNA IN RINGRAZIAMENTO PER PROTEZIONE FAM.DUVIA FELICE FRANCA E LUCIANO OPPEZZO RIVE VERCELLESE MASPERO ZANOTTO SANTINA DI LENTATE SUL SEVESO ALLA MADONNA - MINUZZO PIETRO ED ELISABETTA N.N. ALLA MADONNA ALLA MADONNA- PISONI PARRELLO DR.ROMOLO BOTTA ALLA MADONNA-PER PROTEZIONE DELLA FAM. DI MERCANDINO BRUNO E EMMA NN IN MEMORIA DI DON GIUSEPPE FINOTTO MENTI CIOCCA ANNUNZIATA DI TRIVERO PER GRAZIA RICEVUTA ALLA MADONNA- VERONICA OLEARO N.N. ALLA MADONNA ALLA MADONNA- N.N. - SARONNO IN RINGRAZIAMENTO CROCE ROSSA-TORINO MISSIONARI OBLATI DI MARIA IMMACOLATA - VERCELLI ALLA MADONNA PER GRAZIA RICEVUTA - FERRARIS BRUNO-VERCELLI MARIA E PAOLO CUNEO PER IL BATTESIMO DI FRANCESCO T.P. - VERCELLI FAMIGLIA CORNALE DI LESSONA ALESINA GIUSEPPE IN RINGRAZIAMENTO CERRUTI GIOVANNI IN RINGRAZIAMENTO - SOPRANA FERRERIO CERNUSCHI MARIA - BORGOSESIA PER LA PROTEZIONE DELLA FAMIGLIA MONETTA ZONA - QUINCINETTO GRUPPO CL DI FORLI’ NN. PER PROTEZIONE ALLA MADONNA FAM. CELESIA BARIOGLIO ARMANDO - BIELLA N.N. ALLA MADONNA CONTI CARLO - CASALVOLONE GRUPPO AMICI BOTTINI PER USO SALE GIOVANNI PAOLO II ALLA MADONNA PER LA MADONNA GRUPPO CL, PER SALA DOTTRINA N.N. BIELLA CANTONO REMO E ROSANNA DI BIELLA FAMIGLIA ANDRIANO IN RINGRAZIAMENTO - CIRIE’ 25° ANNIV. MATRIMONIO FILISETTI ROBERTO E ROBERTA LA FAMIGLIA IN OCCASIONE DEL BATTESIMO DI RICCARDO ROVIERA PAOLO E FRANCESCA ROVIERA IN OCCASIONE DEL BATTESIMO DI RICCARDO GABRIELE E VALERIA GOZZANO GUIDO - CIRIE’ LA FAMIGLIA IN OCCASIONE DEL BATTESIMO DI FRANCESCO PIRULLI NN U.S.S.M. ANSELMINO RENATO - IN RINGRAZIAMENTO PER PROTEZIONE FAM. BOCCHIO PASTORMERLO ROSANGELA DI VIGEVANO RUSCHENA MARIA CARLA DI GENOVA IN RICORDO DI RUSCHENA GIOVANNI LA MAMMA PER GABRIELE NN DI BIELLA PER LA PROT. DELLA FAM. SALUSSOLIA RIA E ANDREA DI ALICE CASTELLO NN DI COSSILA SAN GRATO GRUPPO SCOUT PINO TORINESE 1 X UTILIZZO SALE CHIESA NUOVA GRUPPO GS DI IMOLA FAMIGLIE PINCELLI, MAZZON E SYLVIE, BORGOFRANCO D’IVREA NN TROVATI NELLA CASSETTINA OFFERTE DELL’UFFICIO OFFERTE FRATERNITA’ CONTINI - SESTO SAN GIOVANNI GRUPPO AGESCI PER USO SALE FRATERNITA’ CL - BIELLA, MAGENTA E BERGAMO ALLA MADONNA - N.N. FUGAZZA LUIGI MURELLI DI PIACENZA GIVONETTI ANDREA IN MEMORIA DI GIVONETTI DESIO GRUPPO CL DI TORINO PER PROTEZIONE CROCE ROSSA DI TORINO ALLA MADONNA - GRUPPO FRANCESCANI DI BOLOGNA LA BUFAROLA- PER USO SALA DEL PELLEGRINO VALERIA PER GRAZIA RICEVUTA IN RINGRAZIAMENTO PIETRO SIMONETTI ALLA MADONNA FAMIGLIA FRIDDINI ALLA MADONNA - CERRETO CASTELLO PER PROTEZIONE FAM.GERMANETTI UCID PIEMONTE IN OCCASIONE DEL CONVEGNO DELL’ OTTOBRE 2010 FAMIGLIA ZAFFAGNINI DI TORINO NN- ROVASENDA DOTT. VITTONE VITO DI BIELLA IL FIGLIO IN MEMORIA DELLA MAMMA CABIATI ERNESTINA - VERCELLI NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DI GILIO TROCCA E IN RICORDO DIIMARIA PIA OSSERVATORIO METEOROSISMICO DI OROPA GENNAIO FEBBRAIO MARZO Temperatura media 0.8 3.2 4.1 Temperatura media massima 3.2 6.1 7 Temperatura media minima -1.6 0.3 1.2 Temperatura massima 14 gen 10,2 6 feb. 12,7 24 mar 12,6 Temperatura minima 22 gen -6,1 23 feb -3,8 9 mar -4,4 22,6mm. 60,4mm. 318,2mm. 28cm. 55 cm. 48cm. Precipitazione massima pioggia 10 gen 6mm 15 feb 27mm 16 mar 160mm Precipitazione massima neve non fusa 30 gen 14cm 15 feb 20cm 13 mar 22cm Altezza massima neve 31 gen 22cm 16 feb 30cm 4 mar 27cm 8 6 17 4 feb 24km/h 1° mar 31km/h Precipitazioni pioggia e neve fusa Precipitazioni neve non fusa Giorni con precipitazioni Vento massima raffica 15 gen 44km/h inizio anno freddino ma poi l’inverno si è rivelato tiepido,neve sufficiente ma inferiore alla media del periodo,pioggie più che abbondanti a marzo. 11marzo2011 ore 6,58 registrato fortissimo terremoto del giappone 9.0. i sismografi di oropa hanno oscillato per molte ore. www.osservatoriodioropa.it Radio Oropa In diretta sul sito www.radioropa.eu dal Santuario e in collegamento via satellite con Blu Sat 2000. Orario S. Messe Ore 7.30-9-10.30-16.30 Notiziari Ore 8-12-13-14-18-21 Antologia Cristiana Ore 11,30 - 19,15 Orizzonti Cristiani Ore 15,30 - 17,30 Corona - Vespri Ore 18,15 Rosario in latino Ore 20,40 Frequenze Mhz 105.6 da Oropa 88.30 da Sandigliano 88.45 da Cossila 89.00 da Valdengo 89.10 da Candelo 89.90 da Cavaglià 90.30 da Pollone 96.60 da Pettinengo 102.30 da Pratrivero Pubblicazioni sul Santuario Acta Reginae Montis Oropae (Cartario) 3 tomi (1945-48-99) Storia del Santuario di Oropa di Mario Trompetto Grazie e Miracoli della Madonna d’Oropa di Basilio Buscaglia (rist. 1991) Gli Ori di Oropa Catalogo mostra (1996) Giovanni Paolo II Pellegrino ad Oropa (16 luglio 1989) I tempi di Oropa e il suo futuro di Fernando Marchi (1994) I quadri votivi del Santuario di Oropa di Angelo Stefano Bessone e Sergio Trivero 4 volumi (1995-99) Un mistero d’amore Foto Bini - testo Ca. G. Saino Recapiti telefonici (015) RISTORANTI: Bar Trattoria Latteria 24.55.900 - Caffè Deiro 24.55.925 - Caffè Oropa 24.55.917 - AI Tre Arc 24.55.906 - Croce Bianca 24.55.923 - Fornace 24.55.922 - Stazione 24.55.937 - Valfrè 24.55.942 - Croce Rossa 24.55.907 - Canal S. Antico 24.55.902 - Canal S. Trucco 24.55.944 - Cappelle 24.55.904 - Macellaio 24.55.905 Nocca 24.55.919 - Vittino 24.55.940 ESERCIZI COMMERCIALI: Erboristeria 24.55.995 - Alimentari, pane 24.55.933 - Biellarobe 24.55.952 - Tabaccheria 24.55.932 - Da Terry 338.34.33.820 ARTICOLI RICORDO: Del Chiostro 255.51.206 - I Ricordi di Oropa 25.55.804 - Popolare 24.55.943 - Il Portico 24.55.960 - Pezzana Claudio 338.34.33.820 - Coda Zabetta Manuela 24.55.926 - Vittone Marianelda 24.55.924 - Semplicemente... Oropa 24.55.948 Oropa Santuario della Madonna Nera di Carlo Caselli Il Santuario di Oropa di Delmo Lebole - 2 volumi (1997-99) Oropa e S. Eusebio di P. Emanuele Scaltriti Il cuore del monte Foto G. Bini - testo M. T. Molineris ORARI PULLMAN Partenza da Biella feriale: 6.30, 7.10, 7.15, 7.40, 9.10,10.35, 11.25, 12.15, 13.05,14.05, 14.35,15.25,16.35, 16.45 18.10, 18.25, 19.35 festivo: 7.15, 9.10, 10.35, 12.15, 14.35, 16.35, 18.25 Partenza da Oropa feriale: 8.00, 8.20, 9.50, 11.15, 12.15, 13.00, 13.45, 14.45, 15.15, 16.05, 17.30, 18.55, 19.05 festivo: 8.00, 9,50, 11.15, 13.00, 15.15, 17.30, 19.05 COMPAGNIA DEI DEVOTI DELLA MADONNA DI OROPA Scopo: Radunare in una grande famiglia tutti i devoti della Vergine Bruna, per incrementare la vera devozione e per contribuire al decoro del Santuario. Iscrizione: Perpetua per persona (vivi o defunti) Perpetua per famiglie (vivi o defunti) Nella Cripta alla Chiesa Grande Benefici Spirituali: Indulgenza plenaria alle solite condizioni, nel giorno dell’iscrizione e in varie feste dell’anno. Partecipazione ai meriti della S. Messa che si celebra ogni giorno per i vivi e per i defunti ai piedi della Madonna, ed ai frutti delle preghiere che si elevano in Santuario. ECO DEL Periodico trimestrale di spiritualità mariana. PORTA NELLA TUA CASA LA CRONACA DEGLI AVVENIMENTI, L’AGGIORNAMENTO DELLE ATTIVITA’, LA VOCE DELLA MADONNA. LEGGILO - SOSTIENILO - DIFFONDILO Si prega di segnalare per tempo eventuale cambio di domicilio indicando l’indirizzo vecchio e nuovo. Inviate i nominativi e indirizzi precisi di persone che gradiscono la nostra rivista. Si ringraziano i Signori Agenti Postali che ritornano con le notificazioni d’uso, i bollettini non recapitati. Il mittente si impegna a corrispondere la tassa dovuta.