il gelo nel cuore dell`europa

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il gelo nel cuore dell`europa
 IL GELO NEL CUORE DELL’EUROPA Di Frate Vento Quando son partito da Parigi, a fine gennaio, il gelo cominciava a scendere. Son stato costretto a indossare il giaccone, che risultava, sei ore dopo, un peso insopportabile con i 30 gradi di N’Djamena alle 22.00. Dall’Italia e dalla Francia giungevano lamenti di freddo intenso. Ho visto questo febbraio impietoso trasformare l’Europa in una zona artica su Euronews e France 2. Quest’ultima ha presentato, tra tanti, il caso di due donne francesi senza fissa dimora. Non son riuscito a cogliere il nome delle signore: una sessant’anni, l’altra trentasei. Non delle clochard, donne che lavorano, ma ormai con un reddito tanto esiguo da venire sfrattate e non poter trovare alloggio. Cittadine francesi, con un linguaggio che esprime, quanto meno, cultura media, hanno rifiutato il ricovero di mendicità per mantenere la loro privacy, dormendo nell’auto di proprietà, parcheggiata sotto la casa da cui son state scacciate. France 2 è stata tempestiva nel fare il servizio al primo freddo che scendeva. I giorni successivi sono stati terribili. Centinaia di persone, non solo “senza tetto”, sono morte per il freddo, in Francia, in Germania, in Italia … in Europa. Non in paesi poveri, ma nelle più rassodate democrazie del mondo i cittadini possono morire di freddo. D’accordo, si tratta di freddo eccezionale. Non bastava la crisi economica, ci voleva anche quella meteorologica. Eppure anche questa induce a riflessione. L’Europa è nata sulle macerie morali del nazifascismo, dal cuore caldo di desiderio di libertà e democrazia. I suoi alfieri hanno manifestato questo cuore con una politica seria, rigorosa, responsabile. Si chiamavano Alcide De Gasperi, Robert Schumann, Konrad Adenauer, Paul Henri Spaak: hanno dato il meglio delle loro vite per costruire la democrazia europea, hanno iniziato il più lungo periodo di pace mai vissuto tra i popoli d’Europa. Italia, Francia, Germania e Benelux sono stati i paesi fondatori di ciò che oggi è divenuto l’unione europea. Una comunità di stati che – piaccia o no – respirava l’ecumene romano e l’impero, da Cesare Augusto a Carlo Magno a Federico II, respirava il tessuto comune del cristianesimo, nelle sue due anime, cattolica e protestante, e il suo felice debito ereditario con l’ebraismo. Sul cadavere hitleriano del superuomo di Nietzsche, sorgeva una democrazia di uomini e donne liberi, popoli diversi, fratelli nella diversità per le comuni radici europee. Quanto sia mutato il sentire dell’Europa e dei suoi uomini, quanto i burocrati di Bruxelles siano lontani da questo sentire di “ricostruttori” lo lascio alla riflessione di ognuno. Ma non sono solo i politici ad aver perduto il respiro profondo dei padri dell’Europa. Trovo molto sensato l’adagio antico “ogni popolo ha il re che si merita”. A quest’Europa mancano i cittadini, a questa democrazia mancano gli innamorati della libertà. In un mondo che si è fatto molto più complesso di quanto fosse il 1945, l’esigenza fondamentale di una vera democrazia è che i suoi cittadini siano informati sui problemi e giudichino con libertà e coscienza. Essere cittadini oggi obbliga a leggere e informarsi, molto più che nel dopoguerra. Molti europei, tuttavia, preferiscono il veloce ascolto di un TG di parte. La profezia di George Orwell, che nel 1948, nel romanzo 1984, scrisse de il grande fratello, s’è fatta realtà mesta e televisiva. Quanti italiani perdono il loro tempo a farsi imbottire il cervello dal nulla. Personaggi che non hanno nulla da dire tengono il proscenio perché imposti. Il nulla che pervade il cuore di tanti spettatori si sente esaltato nell’incensazione del nulla del gruppetto che appare sullo schermo. Non è con questa informazione che risolveremo i problemi che la crisi economica ha accentuato. Giovanotti mollemente adagiati sulle gambe scoperte o sul seno di una o due tornite fanciulle mi ricordano il famoso dipinto di Thomas Couture, all’ingresso del Musée d’Orsay, Les Romains de la décadence, non le braccia oneste dei giovanotti italiani tra il ’45 e il ’68, quando l’Italia sconfitta vinse la pace ed entrò nel G 7. Gustavo Zagrebelsky ha scritto che quando la democrazia è in crisi … occorre più democrazia. La parafrasi è facile e ci convince: se l’Europa è in crisi … occorre più Europa. Possiamo tornare indietro? Ai localismi xenofobi di gente ignorante? Al nichilismo al profumo di gorgonzola di Bossi e Calderoli? Possiamo lasciare il campo alla destra nazionalista e sciovinista, che giunge a venature neonaziste in diversi paesi d’Europa? Abbiamo già dimenticato le leggi razziali e l’olocausto? Che incubo! Libera nos, Domine. Lasciar decadere l’idea e la prassi di un’Europa unita nei suoi valori antichi significa destabilizzare l’intero pianeta. Nel commercio, nella qualità dei manufatti, nelle libertà civili, nell’uguaglianza tra i sessi e le razze, nella tolleranza la luce viene ancora dall’Europa e – piaccia o no – dalle sue radici giudaico – cristiane. Il 1989 temevo ciò che poi è successo. E lo scrissi. La caduta del muro non ha portato ancora democrazia in Russia (quanti giornalisti sono “caduti” da una finestra per aver criticato il signor Putin?). I lupi del capitalismo più bieco e amorale son piombati sugli agnelli che respiravano appena, dopo la scomparsa della bandiera rossa, e hanno soffocato sul nascere i loro belati alla democrazia. La Cina sta espandendo nel mondo un modello di capitalismo dissociato da una vera democrazia e senza alcuna etica. Come si fa a produrre giocattoli tossici per i bambini? False Lacoste che portano il cancro a chi le indossa? Fuochi d’artificio che fanno saltare braccia e occhi a capodanno? Pietro Pettinaio, terziario francescano, nel medio evo fiorentino, buttava dal Ponte vecchio nell’Arno i pettini di legno che vedeva difettati, anche con un solo dente pronto a cadere: etica cristiana, nella produzione e nel commercio. La politica dell’Europa non può esser delegata ai burocrati di Bruxelles. Non possiamo tollerare che si rafforzi un’oligarchia del denaro, una dittatura del nulla, che toglie progressivamente dignità e libertà ai cittadini e le sostituisce con un telecomando TV. Occorre elevare il tono e marciare verso forme più vincolanti di democrazia Europea, verso un vero Parlamento rappresentativo e una politica europea. Il Regno Unito si chiamerà fuori? Non c’era nemmeno alla fondazione della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio, fondata col Trattato di Parigi nel 1951). Troveremo il modo di collaborare in maniera diversa con gli amici inglesi, ma dobbiamo ritornare al grande respiro dei padri, ai grandi sogni di democrazia e progresso … altro che grande fratello. Due giorni dopo France 2 ha continuato a narrare la storia delle due donne alloggiate in auto. Piangevano di gioia. Avevano ricevuto centinaia di e -­‐ mail di solidarietà. Hanno avuto l’imbarazzo della scelta per accettare l’ospitalità gratuita che tante famiglie avevano offerto. L’Europa ha ancora un cuore caldo, un cuore capace di condividere, spezzare il pane assieme, attizzare il fuoco per il pellegrino infreddolito, un cuore capace di scaldare le braccia che lavorano e le gambe che si muovono per chiedere sulle sue piazze più democrazia, unità, libertà. Il gelo ha mosso la solidarietà dei francesi. Che porti sangue caldo al cuore dell’Europa. © Antonio Belpiede - all rights reserved