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la Repubblica
LA DOMENICA
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SMART CITY
CON UN CLIC
SARÀ POSSIBILE
MONITORARE
IMPIANTI, COSE
E PERSONE
USANDO LA RETE
ELETTRICA
LED
DIODI
A EMISSIONI
LUMINOSE.
CONSENTONO
UN GRANDE
RISPARMIO
ENERGETICO
URBAN SOCIAL
LIGHTING
ILLUMINAZIONE
RESPONSIVA:
CONNETTE
LUOGHI,
ATTIVITÀ,
COMPORTAMENTI
PARASSITISMO
SPECIALI VERNICI
STRADALI
INTERAGISCONO
CON LA LUCE
E ILLUMINANO
PISTE CICLABILI
E VIALI
Non più semplici lampioni
ma una rete polifunzionale
sensibile ai nostri gesti
per darci wifi, meteo, traffic
controle tanto altro. A illuminarci
penserà il Dna delle lucciole
VALERIO GUALERZI
U
N CANE portato al guinzaglio fa la pipì contro un
lampione. Accade ogni giorno migliaia di volte, ma assistere a una scena simile potrebbe
diventare sempre più raro. Più facile immaginare che un padrone lasci il suo animale libero
di insozzare qualcosa molto più simile al terminale di una sofisticata centralina elettro-digitale piuttosto che all’attuale rozzo palo di acciaio posto a supporto di una vecchia lampada
al neon. Nelle metropoli dove vivranno i nostri
figli la rete dell’illuminazione pubblica sarà infatti qualcosa di molto diverso dalla semplice
sequenza di pali a cui siamo abituati oggi. Non solo porterà quartiere per
quartiere la linfa vitale della luce, ma diventerà una rete nervosa capace
di interagire attraverso le sinapsi dei lampioni. La città ipercablata, digitalizzata e interattiva del futuro, la “smart city”, per comunicare non avrà
neanche bisogno di una nuova infrastruttura, ma sfrutterà quella già esistente dell’illuminazione pubblica. Lo hanno intuito aziende del calibro di
Philips e Siemens, ma anche una piccola impresa italiana, la Umpi, che sta
iniziando a vendere in giro per il mondo il suo Minos System. «Con un semplice click puoi monitorare stato degli impianti, guasti, fabbisogni e inoltre trasforma gli impianti di illuminazione in una nuova rete di comunicazione territoriale e il lampione in
un supporto intelligente in grado di
attivare un’ampia gamma di servizi», spiega il direttore marketing Raf-
Le
Luci
della
città
faele Villa. La lista delle applicazioni
possibili è lunga e da Rotterdam a Milano, da Torino a Beirut molte città
stanno inziando a sperimentarle: le
vecchie lampade infatti potranno diventare ripetitori della rete wifi, sensori in grado di rivelare le condizioni
del meteo, del traffico e dell’inquinamento, di tenere sotto controllo la
stabilità di edifici storici, di tracciare
cose e persone, di monitorare livelli
idrometrici e smottamenti in aree a
rischio. Inoltre potrebbero trasformarsi in terminali della rete di ricarica per veicoli elettrici e dosare le giuste quantità di luce in base alle necessità del traffico, garantendo risparmi fino al 70 per cento. Ma se il sistema nervoso della rete elettrica diventa sempre più sofisticato,
bisogna che si evolvano anche gli “organi periferici”, a cominciare dai led,
i diodi a emissioni luminose. Il Laboratorio Luce del Politecnico di Milano
da anni lavora proprio allo studio di
questa tecnologia e alle sue possibili
applicazioni: «È fondamentale selezionare apparecchi e sistemi a led
con intelligenza integrata per il ri-
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Niente è grandioso
se non è sfolgorante
GABRIELE ROMAGNOLI
L PIÙ FAMOSO tra i romanzi di Jay McInerney (Le mille luci di New
York) aveva come titolo originale: Bright lights, big city. Ovvero:
«luci splendenti, grande città». Sembrava suggerire un rapporto
necessario: nessun luogo è grandioso se non è sfolgorante. La luce
vivifica. L’esempio più evidente è venuto dalla stessa New York
quando, per riempire il vuoto lasciato dalle Torri Gemelle, innalzò al
cielo due fasci luminosi. Negli uffici all’interno dei grattacieli i neon
restano accesi durante la notte: per segnalare agli aerei la presenza,
ma anche per dire che la città non dorme mai. Parigi si è costruita
una reputazione come “Ville lumiere” per aver, prima nel
mondo, illuminato elettricamente le sue strade. La funzione
dei lampioni oggi è diffusa: la svolgono insegne, colonnine,
cantieri. Per vedere una città non splendente ma attiva in
piena notte bisogna spostarsi dall’Europa all’Asia, a
Shanghai e Hong Kong, dove il firmamento sono le luci
dei palazzi in costruzione. Non c’è opulenza senza
luminosità, è l’opinione comune. Questo spiega
perché gli emirati semideserti al tramonto si
trasformino in decorazioni festive appese al quasi
nulla. Anni fa il lungomare di Dubai si popolò di
palme luminose. L’immagine apparve sui
giornali arabi e provocò una imitazione nel
quartiere più moderno del Cairo,
Mohandessin. Ne scaturì una polemica
estetico-religiosa. Le palme furono
ritenute contrarie al buongusto e al
Corano. Sparirono. Tempo fa mi è
sembrato di vederne una in un
giardino di Villa Literno. Ma è
stato un lampo nel retrovisore,
poi si è subito spenta.
I
INFOGRAFICA DI ANNALISA VARLOTTA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
sparmio», spiega Daria Casciani, una
delle ricercatrici coinvolte nel programma. «C’è poi — aggiunge — la
qualità dell’illuminazione: temperatura di colore, la distribuzione dello
spettro, la distribuzione luminosa
nello spazio, l’eliminazione dell’abbagliamento e dell’inquinamento luminoso». I led possono essere quindi
inseriti in nuovi apparecchi modulari, come il PLUS, messo a punto dal
Politecnico di Milano in collaborazione con l’Enea, valorizzando proprio
aspetti della luce quali contestualizzazione, dematerializzazione, flessibilità e parassitismo. Un concetto
questo, su cui si sta lavorando molto,
esplorando soluzioni alternative che
vanno dagli intonaci che permettono
agli edifici di interagire con la luce alle vernici stradali fluorescenti per auto-illuminare viali pedonali e piste ciclabili. Innovazioni tra esigenza di risparmio e voglia di abbellire gli spazi urbani. Obiettivi raccolti sotto la
definizione “urban social lighting”,
ovvero un’illuminazione orientata a
nuove esperienze sociali. Su questa
branca di ricerca si sta cimentando
anche il Laboratorio Luce. «Con l’illuminazione urbana adattabile — spiega ancora Casciani — i lighting designer progettano sensori avanzati e
sistemi di illuminazione “responsiva” che connettono i prodotti non solo ai luoghi urbani, ma anche alle attività e ai comportamenti».
Inoltre, nell’università di Eindhoven, è stato installato un sistema di
lampade a led che si accendono e modulano la loro intensità in base alla
quantità di persone presenti e ai loro
movimenti. Negli Stati Uniti si è puntato invece all’integrazione tra illuminazione e verde pubblico, avviando i lavori per la Energy Forest, un impianto che permette ai led di “sincronizzarsi” con un bosco di bambù, un
ruscello e il vento. Solo un assaggio di
quell’interazione tra tecnologia e natura che in futuro porterà ad avere alberi luminescenti utilizzabili come
lampioni viventi. Biologi molecolari
di mezzo mondo sono infatti sulla
buona strada per aggiungere parti
del Dna di lucciole, meduse e batteri
marini fluorescenti al genoma del
cloroplasto delle piante.
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