Bambini e media: un papa per la media education

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Bambini e media: un papa per la media education
Bambini e media: un papa per la media education
di Roberto Giannatelli, Presidente del MED
Dalla difesa all’attacco
Iniziamo da Bill Gates. Ha fatto il giro del mondo la notizia che il guru mondiale dei media abbia
limitato ai suoi figli (di 10 e 8 anni) l’accesso a internet a 45 minuti al giorno. Nel fine settimana,
un quarto d’ora in più di fruizione. Dunque, anche ai figli del numero uno della Microsoft è imposta
una severa dieta mediatica. E a ragione. La dieta, cioè il governo dei media, è il primo passo nel
rapporto educativo tra bambini e media. Peccato che Bill Gates non sia andato oltre. “Papà, gli
hanno chiesto i figli, ma sarà sempre così?”. “No, tesoro, quando andrai via di casa potrai far quello
che vorrai” (Corriere della sera, 22 febbraio 2007, p.29). Certamente Bill Gates non era informato
che una sua connazionale, Elisabeth Thoman, Direttrice del Center for Media Literacy di Los
Angeles, aveva già proposto dieci anni fa la dieta mediatica, ma inserita in un processo educativo
più ampio e… intelligente!
Si chiedeva Elisabeth Thoman: Che cos’è in definitiva la media education? E’ un’espressione
globale che include tre fasi che conducono il bambino al media empowerment o competenza
mediale:
1. la prima fase consiste nel gestire con equilibrio la dieta mediatica, la scelta e il tempo da
destinare ai media, cioè alla tv, ai video, ai videogames, ai cartoni animati, a internet;
2. la seconda fase si propone di far acquisire specifici skills of critical viewing o abilità di
lettura dei prodotti audiovisivi: che cosa appare sullo schermo? Come le immagini sono
state costruite? Che cosa è stato lasciato fuori? Come è stato manipolato il messaggio che si
vuole comunicare?
3. E che cosa c’è dietro lo schermo? Chi ha prodotto le immagini e per quale scopo? Chi ci
guadagna? Chi perde? Chi decide? In questa terza fase si analizzano i condizionamenti
sociali, politici, economici dei mass media e come ciascuno di noi ne viene influenzato.
Come si vede la media education non è solo dieta e tanto meno proibizioni. E’ piuttosto
l’acquisizione di competenze e di un atteggiamento proattivo: “dalla difesa all’attacco”, come aveva
scritto anni fa Chiara Salvadori sulla rivista “I problemi dell’informazione”.
Un Papa per la media education
Che un Papa, e più in generale la Chiesa cattolica, si pronunci per l’educazione ai media non è una
novità. La novità consiste nel modo con cui il problema viene trattato in questo messaggio per la
41.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (I bambini e i media: una sfida per
l’educazione, 24 gennaio 2007) e per il fatto che per ben tre volte il Papa usi l’espressione media
education (nel testo in inglese) che tra gli specialisti di educazione ai media ha un significato ben
preciso.
La Chiesa del XX secolo si è rivolta con coraggio ai professionisti dei media e agli educatori della
educazione ai media (i media educator). Il testo più autorevole è certamente il decreto conciliare
Inter mirifica (4 dicembre 1963) dove al n.16 si afferma: “Vengano incoraggiati i metodi di
educazione ai media, soprattutto per i più giovani, sviluppati e orientati secondo i principi dell’etica
cristiana. Ciò va realizzato a tutti i livelli delle scuole cattoliche e dei seminari”. La stessa
raccomandazione viene ripresa dall’istruzione pastorale Communio et progressio (1971): “La
Chiesa considera come uno dei suoi compiti importanti predisporre i mezzi per la formazione dei
recettori dei media secondo i principi dell’etica cristiana… L’educazione ai media dovrà trovare
regolare posto nei curricoli scolastici ed essere impartita sistematicamente ad ogni livello di
educazione” (nn. 67, 110, 113). Ed ancora nell’istruzione pastorale Aetatis novae (1992): “Si
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provveda a mettere in opera programmi di educazione ai media (media education) e di
comprensione dei media (media literacy) da proporre alla responsabilità degli insegnanti, dei
genitori e degli stessi studenti” (n.28). Anche nell’ultima lettera apostolica del grande Papa
comunicatore Karol Wojtyla, Il rapido sviluppo, veniva posto come impegno prioritario della
Chiesa nel campo dei media, quello della formazione: “i giovani devono essere educati all’uso
responsabile e critico dei media” (Giovanni Paolo II, Il rapido sviluppo, 24 gennaio 2005, n.11).
Questo Papa ci ha lasciato un magistero suggestivo per quel che riguarda i media “primo areopago
dei tempi moderni” (Redemptoris missio, 1990, n.37) e il loro imprescindibile ruolo nella società
moderna: “I mezzi della comunicazione sono il biglietto di ingresso di ogni uomo e ogni donna alla
moderna piazza di mercato dove si esprimono pubblicamente i pensieri, dove si scambiano le idee,
vengono fatte circolare le notizie e vengono trasmesse e ricevute le informazioni di ogni genere”
(Messaggio per 26.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 gennaio 1992). La media
education si propone di fornire questo “biglietto di ingresso” alle nuove generazioni.
La dottrina della Chiesa universale circa l’educazione ai media è molto chiara e impegnativa.
Peccato che la pratica sia risultata invece deludente. Secondo un’inchiesta condotta nel 1995 dal
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali in 500 diocesi, solo nel 25% dei seminari e delle
scuole cattoliche venivano praticati corsi di educazione ai media.
La Chiesa in Italia, con il convegno ecclesiale di Palermo (1995), ha inteso dare risalto nel proprio
programma pastorale alla comunicazione sociale. I capitoli IV e VI del Direttorio Comunicazione e
missione (2004) sono dedicati alla educazione dei giovani e alla formazione degli operatori della
comunicazione sociale; e in questo momento è in corso un grande corso nazionale on line per la
preparazione di 300 “animatori della comunicazione e della cultura” a servizio delle chiese locali
(www.anicec.it) .
Primo: formare i professionisti dei media
Il termine “industria dei media” viene ripreso più volte nel messaggio pontificio. Si tratta di un
segnale importante per significare che il problema educativo non va disgiunto da quello economico,
ideologico, politico. Tradizionalmente la media education aveva considerato questo aspetto
nell’ambito dell’esercizio della cittadinanza (oltre gli obiettivi dell’alfabetizzazione mediale e
dell’autonomia critica). Il messaggio del Papa non si limita a trattare della formazione dei bambini,
ma postula con uguale urgenza la formazione dei media (o dei professionisti dei media).
Le ragioni sono molteplici. L’educazione odierna non avviene in un ambiente neutrale, ma in un
mondo segnato profondamente dalla cultura dei media. “I media plasmano fortemente l’ambiente
culturale” (Giovanni Paolo II, Il rapido sviluppo, n.3). In verità, vi è chi afferma che l’influenza
formativa dei media è in competizione con quella della scuola, della Chiesa e, forse, con quella
della famiglia. “Per molte persone, la realtà corrisponde a ciò che i media definiscono come tale”
(Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, Aetatis novae, n.4).
Vi sono orientamenti operativi suggeriti dal messaggio del Papa a questo riguardo? Certamente sì:
• si tratta di attuare una reciprocità (n.2) tra media e fruitori (giovani, agenzie educative,
genitori, parrocchie). L’industria dei media non può sottrarsi agli imperativi etici della
propria responsabilità di fronte alla società civile; e gli utenti dei media non devono
ignorare il corrispondente imperativo etico della partecipazione attiva e critica. La media
education, estesa agli adulti, si propone appunto di sollecitare genitori ed educatori
all’esercizio della cittadinanza responsabile;
• si tratta di produrre (da parte dei professionisti dei media) programmi eccellenti perché
“ponendo i bambini di fronte a quello che è esteticamente e moralmente eccellente, essi
vengono aiutati a sviluppare la propria opinione, la prudenza e la capacità di discernimento”
(n.2);
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•
“non nuocere”. Il Papa invita a porre al centro di ogni valida comunicazione la dignità
umana (n.4), misura suprema di ciò che va fatto o evitato dai media. La dignità del bambino
esige rispetto, attenzione alla sua fragile personalità che è in formazione e non deve essere
compromessa da spettacoli gratuiti di violenza e sesso, messi in onda “pur di fare audience”.
Il solo sospetto di un “danno probabile” ai bambini, dovrebbe dissuadere l’industria dei
media a far passare programmi non adatti nelle ore in cui è prevista o altamente probabile la
presenza del pubblico infantile (Emilio Rossi, Presidente del Comitato TV e minori, in
Avvenire del 25 gennaio 2007, p.6). Il Papa pronuncia parole severe a questo riguardo:
“Mentre si afferma che molti operatori dei media vogliono fare quello che è giusto (cf.
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali, n.4),
occorre riconoscere che quanti lavorano in questo settore si confrontano con "pressioni
psicologiche e dilemmi etici speciali" (Aetatis Novae, n.19) che a volte vedono la
competitività commerciale costringere i comunicatori ad abbassare gli standard. Ogni
tendenza a produrre programmi - compresi film d’animazione e video games - che in nome
del divertimento esaltano la violenza, riflettono comportamenti anti-sociali o volgarizzano la
sessualità umana, è perversione, ancor di più quando questi programmi sono rivolti a
bambini e adolescenti. Come spiegare questo "divertimento" agli innumerevoli giovani
innocenti che sono nella realtà vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’abuso? A tale
proposito, tutti dovrebbero riflettere sul contrasto tra Cristo che "prendendoli fra le braccia (i
bambini) e imponendo loro le mani li benediceva" (Mc 10,16) e quello che chi scandalizza
uno di questi piccoli, per lui "è meglio che gli sia messa al collo una pietra da mulino" (Lc
17,2). Faccio nuovamente appello ai responsabili dell’industria dei media, affinché formino
ed incoraggino i produttori a salvaguardare il bene comune, a sostenere la verità, a
proteggere la dignità umana individuale e a promuovere il rispetto per le necessità della
famiglia” (n.3).
La bellezza salverà i media?
Il messaggio pontificio afferma che il principio risolutore del difficile rapporto bambini e media,
deve essere posto in chiave positiva e non censoria (n.2). Due esigenze vengono chiamate in causa:
la produzione di “programmi esteticamente e moralmente eccellenti” e l’azione educativa per
“sviluppare una opinione propria, la prudenza e la capacità di discernimento” (n.2). In definitiva: la
qualità dei media e la media education.
Il tema della bellezza non è nuovo nella prassi religiosa ed etica: “E’ vero, principe, che voi diceste
un giorno che il mondo lo salverà la bellezza? Signori – gridò forte a tutti – il principe afferma che
il mondo sarà salvato dalla bellezza… Quale bellezza salverà il mondo?” (F.Dostoevskij, L’idiota,
Mondadori, Milano 1998, p.645). Anche il card. Carlo Maria Martini aveva scritto una sua lettera
pastorale (Quale bellezza salverà il mondo? Milano, 8 settembre 1999) per indicare al mondo
abbruttito una via d’uscita alla sua disperazione e al suo fallimento. Nella stessa direzione Giovanni
Paolo II aveva rivolto un appello accorato agli artisti (Lettera del 4 aprile 1999).
Nel messaggio per la 41.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI collega
la bellezza alla questione educativa. L’educazione deve promuovere il contatto dei giovani con
l’arte e ogni opera di bellezza. “E’ importante riconoscere il valore fondamentale dell’esempio dei
genitori e i vantaggi nell’introdurre i giovani ai classici della letteratura infantile, alle belle arti e
alla musica nobile (ricordiamo che Benedetto XVI è lui stesso cultore di musica classica!). Mentre
la letteratura popolare avrà sempre il proprio posto nella cultura, la tentazione di far sensazione non
dovrebbe essere passivamente accettata nei luoghi di insegnamento. La bellezza, quasi specchio del
divino, ispira e vivifica i cuori e le menti giovanili, mentre la bruttezza e la volgarità hanno un
impatto deprimente sugli atteggiamenti ed i comportamenti” (n.2).
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Ecco indicato un compito centrale per la media education: bandire i programmi “brutti” della
televisione, del cinema, dei videogames, ecc. e promuovere la conoscenza e la fruizione dei
programmi “belli”.
Quale media education per i ragazzi d’oggi?
Il messaggio del Papa non approfondisce ovviamente i contenuti della media education. Ci sono per
questo scopo le opere degli specialisti. Il Papa dà alcune sobrie indicazioni che sono sufficienti per
“ispirare” ogni media educator. Le segnaliamo:
• l’educatore deve porsi il problema della media education proprio perché è educatore del
XXI secolo. E’ suo dovere procurarsi una competenza mediale. Come afferma una grande
media educator francese: “Ogni educatore deve essere oggi un educomunicatore” (cf
G.Jacquinot in Intermed. Marzo e ottobre 2000);
• ogni ragazzo d’oggi deve pertanto acquisire una sua competenza mediale. Accanto alle
competenze tradizionali del “leggere, scrivere e far di conto” deve anche sviluppare una
“competenza mediale”, essere cittadino nel villaggio globale dei media, possedere gli
strumenti che lo aiutino a interagire con la società odierna, sorretto in questo compito dalla
scuola e dalla famiglia;
• gli obiettivi della media education (alfabetizzazione, autonomia critica, cittadinanza)
devono essere sostenuti da strategie, percorsi, metodi. Il Papa ne ha indicato uno in modo
particolare: la via della bellezza. E poi quello dell’esercizio della libertà, della capacità
critica e di scelta. “Scegliere, non indiscriminatamente ma deliberatamente, tutto quello che
è buono, vero e bello. I genitori sono i guardiani di questa libertà e, dando gradualmente una
maggiore libertà ai loro bambini, li introducono alla profonda gioia della vita” (n.2);
• l’educazione ai media deve essere un’opera globale della comunità educativa: “le parrocchie
ed i programmi delle scuole dovrebbero essere all’avanguardia per quanto riguarda
l’educazione ai media (n. 4);
• l’educazione ai media è compito di tutta la società. L’industria dei media deve sentirsi
responsabile: la media education è anche compito politico, riguarda il bene comune della
nostra società. Media, educazione, democrazia o si coniugano insieme o crollano insieme.
La media education è un compito urgente e pieno di senso del nostro tempo.
Bibliografia
Buckingham David, Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea,
Erickson, Trento, 2006
Conferenza Episcopale Italiana, Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali
nella missione della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Roma, 2004
Felini Damiano e Beate Weyland, Media education tra organizzazione e fantasia. Esperienze
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Giannatelli Roberto e Maria Grazia Di Tullio, Il Festival della catechesi. Come “dire” oggi la fede
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Rivoltella Pier Cesare, Educare per i media. Strumenti e metodi per la formazione del media
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