Un paio di mutande per due. L`ideale della parità nel mondo

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Un paio di mutande per due. L`ideale della parità nel mondo
Charles Melman
Un paio di mutande per due.
L’ideale della parità nel mondo industriale
Come sapete noi facciamo del sesso una questione di sentimenti1. Il problema è che ciò
che primordialmente determina il sesso è una struttura completamente indifferente ai
sentimenti che possiamo provare e che ci piacerebbe comandassero la relazione.
È chiaro che se non siamo avvertiti delle particolarità strutturali che ordinano per noi il
sesso, continueremo sicuramente a vivere la relazione nella dimensione del sogno, della
rivendicazione, dell’utopia, del malessere e oggi anche, perché no?, della rivendicazione
sociale.
È evidente che su questo punto [….] si gioca un po’ la vita di ognuno, malgrado ciò che
se ne pensi o, direi, se ne sappia. Sulla questione della relazione sessuale e
dell’identificazione sessuale abbiamo, dopo la psicanalisi e in particolare dopo Lacan,
delle formulazioni avanzate che, è interessante constatarlo, restano essenzialmente fuori
dal movimento culturale. Intendo dire che tutto continua ad avvenire come se non fosse
stato proposto niente con la volontà certa d’immaginare le relazioni tra uomini e donne,
e quelle che ognuno ha col proprio sesso, meno conflittuali e che sfocino meno in ciò
che viviamo da decenni, cioè nella “guerra dei sessi”.
A che punto siamo con l’identificazione sessuale? [….] Per ognuno di noi
l’identificazione sessuale si gioca a livello di quattro fattori. Né più né meno. [….]
Il fattore della realtà del proprio sesso, del proprio sesso anatomico, quello con cui si è
venuti al mondo… e che ci colloca da un lato o dall’altro, dal lato uomo o dal lato
donna. È un’identificazione principale perché non è solo reale ma assume anche per
ognuno, e in generale per le famiglie, un senso simbolico perché sembra corrispondere
alla volontà di colui che avrebbe deciso la cosa, del potere tutelare che decide della
differenza dei sessi: l’anatomia assume perciò anche un carattere simbolico.
In altri termini: non è solo l’effetto del caso. Il 51%, il 49% ha determinato l’identità
del sesso ma è anche la “volontà tutelare” che colloca ogni individuo fin dalla nascita in
una delle due categorie.
(Il fattore) simbolico: ha dei sensi, come dire?
Può avere un senso molto preciso perché significa che l’identità, all’inizio “bestialmente
anatomica”, animale, se posso esprimermi così, si inscrive nella vocazione di chi nasce
Conferenza pronunciata a Parigi, alla Maison de l’Amérique Latine, il 14 maggio 2008 per il
ciclo “A che punto siamo con l’identità sessuale?”
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di trovarsi uomo o donna, vale a dire incaricato di un dovere. Di un dovere che, nel
caso, si prende gioco anche di ciò che potrebbe essere il suo piacere e che definirei la
sua determinazione singolare: se è Uomo oppure Donna viene al mondo con il compito
che fa sì che egli sia riconosciuto dai suoi simili a condizione di mostrarsi
rappresentante di questa potenza tutelare, uno dei suoi agenti, con il compito di
assicurare la posterità del lignaggio.
Questo vale per entrambi i sessi ma in modo eminente per il sesso femminile perché,
come sappiamo, la valutazione delle proprie qualità femminili è sottomessa alla
capacità, o alla volontà, di essere madre.
In genere assistiamo alla scomparsa del riconoscimento che la donna potrebbe aspettarsi
dei tratti della propria femminilità, una scomparsa rispetto a una ricerca voluta
socialmente e socialmente validata. Una ricerca di maternità che, più che i tratti
specifici della sua femminilità, la farebbero in qualche modo entrare nel cerchio sociale
[….]; ecco un carattere simbolico la cui brutalità, direi, ci fa intravvedere in che modo
esso sottometta la singolarità di ognuno a un regola culturale, sociale.
A parte il fatto che il termine Uomo o Donna non è solo sinonimo di un dovere da
compiere ma anche la cancellazione di quelli che potrebbero essere i desideri di questa
o di quello a profitto del compito che gli ritorna. Non ho bisogno di insistere su questo
punto, sappiamo in che modo lei (la donna che diventa madre) sia festeggiata dalla
famiglia e dal sociale.
Il terzo fattore dell’identificazione sessuale è il fattore immaginario. È un fattore
importante perché comanda nella specie umana tutto ciò che fa parte della parata
sessuale; è un fattore decisivo.
C’è dunque un certo numero di tratti che si possono celebrare, denunciare, il
maschilismo da un lato e la seduzione dall’altro, vale a dire modalità culturali di
rappresentarsi nelle manifestazioni della propria identità sessuale.
È evidente che i numerosi miti che testimoniano della violenza con cui ha potuto
effettuarsi il primo “ratto” di donne, rendono conto, senza alcun dubbio, della paura che
le donne ispirano alla specie maschile; nella misura in cui la verifica dell’identità
maschile, che all’inizio, in modo inaugurale, è assicurata di per sé, dipende poi dalla
loro accettazione, dal loro accordo.
Sappiamo anche che il patto tra un uomo e una donna non può essere che simbolico –
primordialmente non è un patto sottoscritto dal notaio – originariamente è un patto
simbolico. Si tratta dell’accettazione da parte dell’uno o dell’altro della mancanza che è
al centro della relazione di concubinaggio o coniugale e questa mancanza, questa
incompletezza, questa defezione, che riguarda l’uno e l’altra si dovrà assumere oppure
no rispetto a questo compito che, come sappiamo, può essere incessantemente ricusato.
È qui il motivo, la causa di tutte le recriminazioni che possiamo riscontrare nella
relazione sapendo che la sua insufficienza può essere denunciata, rifiutata in ogni
momento e che il patto si potrebbe così ritrovare sciolto. [….]
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Dopo aver abbordato le tre categorie che fissano l’identificazione di ognuno, Reale,
Simbolico e Immaginario, arriviamo alla quarta, l’identificazione caratterizzata dal
sintomo, vale a dire il tentativo di alleggerirsi di questo compito legato
all’identificazione sessuale.
Tutto ciò che la psicanalisi ha potuto mostrare riguardo all’organizzazione della nevrosi
illustra, beninteso, in che modo questo strano animale umano tenti di difendersi in tutti i
modi contro il compito legato all’identificazione sessuale. […]
Sviluppare [quest’affermazione] significherebbe aprire il capitolo delle nevrosi,
ossessive, isteriche, fobiche, tutte caratterizzate dalla difesa contro l’identità sessuale e
il compito da realizzare.
In questo contesto […] alle vecchie parole d’ordine rivoluzionarie “A ognuno secondo i
suoi bisogni” si sono sostituite, in maniera inedita, quelle (che recitano): “A ognuno
secondo i propri desideri”, il che è completamente diverso.
“A ognuno secondo i propri desideri” rompe, sfida il compito che ho appena evocato e
che è l’identificazione maschile o femminile, che deve compiersi nel matrimonio e nella
fecondità mettendo, direi, il coperchio sui propri desideri o secondo il modo borghese
tradizionale, vivendoli in modo laterale e più o meno nascosto. Ed ecco che appaiono
queste parole d’ordine che affermano il diritto, per ogni individuo, di operare, di vivere
pubblicamente secondo il proprio fantasma…
Gli effetti di queste parole d’ordine […] sono immediati ed hanno delle ripercussioni,
delle conseguenze che viviamo quotidianamente e che evidentemente toccano non solo
la libertà che ci si è presa rispetto al dovere di fecondità ma che ormai toccano anche la
libertà nei confronti dell’identità sessuale di cui ho appena ricordato i quattro tratti
costitutivi: Reale, Simbolico, Immaginario e sintomatico.
[A questo punto Melman parla dei transessuali come di coloro che hanno portato alle
ultime conseguenze queste parole d’ordine ]
Dunque queste parole d’ordine: “A ciascuno secondo i propri desideri” trovano posto in
una rivendicazione che è anche politica, la rivendicazione dell’eguaglianza. Non mi
soffermo su questo ma è sorprendente che la nozione di giustizia vada insieme a quella
di uguaglianza, che ha un’antica tradizione.
Innanzitutto sappiamo benissimo che l’eguaglianza non si è mai realizzata da nessuna
parte, in nessuna delle esperienze storiche che ci sono state tramandate e questo senza
dubbio perché ci sono ostacoli indipendenti dalla volontà dei partner per cui
l’eguaglianza resta sempre dell’ordine del sogno. In ogni caso questo non impedisce in
nessun modo che questa parola d’ordine si sia iscritta nel campo del politico con la
conseguenza, che non è una conseguenza qualsiasi, che l’eguaglianza sembra venirsi
iscrivere obbligatoriamente come la distribuzione generale di un tratto maschile.
Dopo tutto, non vedo perché debba essere scelto per forza questo tratto come indice
dell’eguaglianza che dovrebbe essere resa generale…
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Perché non potrebbe essere un tratto femminile? Sarebbe facile mostrare che dal punto
di vista della qualità non è certo inferiore a – e meno importante del – tratto maschile!
In ogni caso sembra che uguaglianza voglia dire questo.
Per questo ho parlato di parità nel mondo industriale, evidentemente è la grande
rivendicazione nell’ambito del lavoro un trattamento egualitario degli uomini e delle
donne, a partire da una giustificazione che è ben reale, quella del salario più basso delle
donne. Una rivendicazione che, beninteso, è del tutto legittima, ma che si estende ben al
di là. Questo ha oggi delle conseguenze molto sorprendenti sul destino di molte giovani
donne e fa sì che la loro realizzazione sociale preceda quella individuale e coniugale.
Per parte mia sono molto sensibile al fatto che tante giovani donne, ingaggiate in
carriere professionali, abbiano la più grande reticenza, la più grande resistenza – con
grande disperazione delle loro famiglie – a ingaggiarsi in una vita privata che
evidentemente le renderebbe inferiori sul piano della loro riuscita sociale.
Inversamente, o simmetricamente, i tanti giovani uomini che fanno carriera nel mondo
degli affari hanno la tendenza a voler commercializzare le loro relazioni sessuali per
non subire il costo psicologico, ma direi anche materiale, fisico o finanziario, e trovano
più “economico” commercializzare le loro relazioni sessuali che metter in piedi una
convivenza.
Queste modalità si collocano in una modificazione che definirei essenziale
dell’organizzazione del rapporto fra i sessi vale a dire il trionfo dell’eguaglianza, il fatto
di mettere l’uno e l’altra sullo stesso piano, nello stesso territorio.
Noi proveniamo da un’area culturale in cui una donna si distingueva per la sua alterità,
per il fatto che introduceva nel “mondo grigio e uniforme degli uomini” il tratto di
essere non solo un’estranea ma di essere “altra”. E per il fatto che reclamava
quest’alterità con tutta l’importanza che questa dimensione può avere nell’esercizio del
pensiero.
Il nostro pensiero, come sapete da Platone in avanti, ha la tendenza a omogeneizzarsi, a
passare dallo stesso allo stesso. È un’antica rivendicazione della nostra civiltà quella di
voler omogeneizzare tutto, cioè funzionare nell’“omo”.
Ebbene, nella nostra organizzazione culturale una donna teneva al suo charme dovuto al
fatto di essere irriducibilmente Altra, vale a dire in parte di questo mondo, in parte di un
aldilà, di un altrove, di avere al tempo stesso un aspetto certo temibile… ma anche
enigmatico, intrigante ecc.
In ogni caso questo faceva sì che lei non si rifacesse allo stesso tipo di ordine del suo
compagno.
Invece ecco che, col progresso culturale che viviamo – e utilizzo questo termine
“progresso” per designare ciò che viene prima e dopo, ciò che succede a ciò che c’era
prima – ebbene oggi siamo su un piano di uguaglianza che è alla fonte del rapporto di
relazione, di tipi di relazioni del tutto originali, nuovi, che talvolta rendono i matrimoni
simili a delle associazioni, ad amicizie di associati. Voglio dire: si dividono le spese, gli
incarichi, i compiti ecc.
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[…] In questa modificazione radicale […] ci sono molti meno inconvenienti se una
donna occupa una posizione maschile e, nell’esercitarla, dà prova di molta più libertà e
di autorità del suo compagno maschio. Le ragioni di questo sono di tipo strutturale: se il
suo compagno maschio è legato al fatto che un certo ordine sia stabilito e rispettato, una
donna che viene ad occupare la posizione maschile, invece, può benissimo testimoniare
che lei non ne è affatto serva.
Ci sono molti esempi nella storia di donne – che hanno occupato posti direttivi dello
Stato, ad esempio, o a livello d’impresa, che erano riservati agli uomini – che hanno
dimostrato una virilità superiore, molto più decisiva e apparentemente più disinvolta di
colui che occupava prima lo stesso posto…
Sono convinto di non dire niente di sorprendente perché conosciamo le tante situazioni
familiari in cui questo avviene quotidianamente. Davvero dovremmo essere rimasti
legati a una produzione d’immagini da bambini, desueta, da letteratura rosa – non so
quale – per non essere sensibili su questo punto.
Tanto che beninteso c’è oggi un movimento di femminismo che conosciamo e che
riguarda il gender che ricorda, direi con un certo fondamento, che la funzione maschile
non è mai così ben assunta, immaginariamente ma anche realmente che quando è
tenuta… da una donna. […]
In altri termini non c’è più alcun rapporto con le identificazioni maschili e femminili
che ho ricordato prima. [Ad esempio non c’è più] un tipo di donna la cui identità
sarebbe caratterizzata dall’estrazione radicale della nostra speculazione ordinaria che
riguarda l’istanza a cui si riferiscono il sesso maschile e il sesso femminile. […]
Su questi fenomeni, su questi sconvolgimenti, abbiamo dei giudizi d’ordine morale da
dare? E se sì, supportati da quale referente?
Secondo: questi movimenti sono vivibili nella misura in cui non sono utopistici ma si
sostengono per possibilità della struttura; oppure no? Se si ritiene che non lo siano – io
direi che si tratta di utopie che forzano ciò che la struttura permette – […] dobbiamo
comportarci come difensori della struttura, vale a dire di ciò che è possibile, di ciò che
si può e di ciò che non si può?
Infine, terza considerazione fra le altre ma che si potrebbe considerare edonista: le
parole d’ordine “A ciascuno secondo il proprio desiderio” esacerbano un individualismo
che non si vede come potrebbe accordarsi con un partner quale che sia. Fosse anche
somigliantissimo. Peraltro vivere con la propria immagine allo specchio è difficilmente
tollerabile.
Se poi fosse invece differente, romperebbe il patto perché danneggerebbe
l’affermazione che ognuno ha il diritto di vivere secondo il proprio desiderio. Lo
negherebbe, direbbe: «Bisogna che tu ti adatti al mio, al mio personale desiderio». […]
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Viviamo un momento interessante. Avere un’opinione, un punto di vista più o meno
corretto su queste questioni fa parte dell’elaborazione in cui vi impegnate. Grazie per la
vostra attenzione.
Trad. it. di M. Fiumanò
Segue una discussione animata. Si rinvia al testo originale, ritrovabile qui:
www.freud-lacan.com/Champs_specialises/Psychanalyse_psychiatrie/
Une_culotte_pour_deux_L_ideal_de_la_parite_dans_le_monde_industriel
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