Settore biomedico: quali linee guida per una strategia integrata sull

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Settore biomedico: quali linee guida per una strategia integrata sull
Comunità I talenti italiani all’estero
SETTORE BIOMEDICO:
QUALI LINEE GUIDA PER UNA STRATEGIA
INTEGRATA SULL’ASSE RICERCA,
INNOVAZIONE E FORMAZIONE?
Executive Summary
Interesse nazionale
Settembre 2014
Il rapporto è stato realizzato da:
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Paola Castagnoli (project leader), Singapore Immunology Network
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Ludovico Ciferri (project coordinator), International University of Japan
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Mario Raviglione, World Health Organization
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Marisa Roberto, The Scripps Research Institute
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Fabio Scano, World Health Organization
Le idee espresse in questo documento sono frutto di analisi e ricerche condotte dagli autori e non rappresentano
necessariamente il punto di vista delle rispettive organizzazioni di appartenenza.
© Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia
EXECUTIVE SUMMARY
Obiettivo
Obiettivo del presente documento, che nasce a valle della riflessione avviata nel gruppo di lavoro
Aspen sulla valorizzazione del settore biomedico in Italia, è discutere scelte strategiche per l’Italia
sull’asse della ricerca, innovazione e formazione, concentrandosi sulle applicazioni biomediche nel
settore biotech e nel farmaceutico. Inoltre, anche se in maniera più limitata, verranno presentate
alcune analisi e considerazioni relative al settore medtech (tecnologie/dispositivi medici).
Ricerca e innovazione come motori dello sviluppo economico
Produrre conoscenza e, contemporaneamente, trasformarla in un valore economico rappresenta la
chiave della crescita economica e del successo competitivo di ogni Paese. Diversi modelli
dimostrano come la velocità di sviluppo di un Paese sia strettamente correlata con gli investimenti
in ricerca e sviluppo (R&S). Coerentemente con queste evidenze, l’Unione Europea ha deciso di
adottare una strategia di sviluppo basata su conoscenza e innovazione, definendo cinque obiettivi
prioritari, fra cui quello di portare, entro il 2020, gli investimenti pubblici e privati in R&S al 3% del
PIL. Questo traguardo da solo permetterebbe all’Europa di creare circa 4 milioni di nuovi posti di
lavoro.
Situazione della ricerca e innovazione in Italia
L’Italia dovrà fare un grande sforzo per raggiungere nei prossimi sei anni tale obiettivo, dal
momento che è ferma ad un investimento inferiore all’1,5% del PIL. Alcuni indicatori europei
evidenziano questo divario, primo fra tutti il fatto che i contributi finanziari italiani ai programmi
di R&S europei siano pari a circa il 13,5% del totale, mentre il ritorno (per gruppi italiani
partecipanti) sia appena del 9%. Il limitato accesso alle opportunità di finanziamento esistenti in
campo europeo riflette l’assenza di una visione strategica e di una pianificazione sistemica delle
attività di promozione della R&S nel nostro Paese.
La limitata competitività del nostro sistema non è tuttavia il risultato della qualità della ricerca, che
nel settore biomedico presenta punte d’eccellenza, bensì la conseguenza di diversi fattori. I
principali sono:
* la scarsa percezione, nei settori sia pubblico sia privato, del valore strategico della ricerca nelle
scienze della vita come motore di innovazione e di sviluppo economico;
* la mancanza di una specifica policy (normativa) e il limitato finanziamento di cui soffre il
sistema italiano della ricerca e dell’innovazione nel campo delle scienze della vita; il
finanziamento, di modesta entità, è inoltre scarsamente selettivo, non prioritizzato e non
favorisce la costituzione della massa critica essenziale per lo sviluppo della ricerca;
* infine, la ridotta governance dei processi di controllo e di valutazione dei piani nazionali di
programmazione e coordinamento della ricerca.
Il limitato numero di ricercatori rispetto alla popolazione, l’incapacità di attrarre in Italia
ricercatori dall’estero e la scarsa internazionalizzazione del sistema italiano nel suo complesso
sono i primi segnali che evidenziano la limitata percezione dell’importanza del settore che si
riflette, come suggerito sopra, nella mancanza di policy, governance e finanziamenti per far fronte al
problema.
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Negli anni l’industria delle scienze della vita (life science) si è sviluppata partendo dalle infinite
applicazioni della biologia. È un settore che in Europa rappresenta uno dei pilastri per la crescita
economica. Anche per il nostro Paese deve rappresentare un obiettivo imprescindibile e in questa
direzione ci si deve posizionare per poter intercettare tale opportunità.
L’idea alla base è che in Italia ci sia ancora un potenziale, per quanto sempre più depleto, per
sviluppare i settori del biotech e del medtech. Le linee guida proposte a conclusione della riflessione
sono dunque pensate a beneficio della salute umana, ma anche a supporto della crescita economica
del Paese, in particolare per lo sviluppo industriale di piccole e medie imprese (PMI) e start-up del
biotech e medtech.
Raccomandazioni per un rapido progresso sull’asse ricerca-innovazione-formazione
Le linee guida emerse sono riconducibili ai tre ambiti della ricerca, dell’innovazione e della
formazione, per ognuno dei quali vengono suggeriti interventi per superare i problemi legati: alla
scarsa percezione dell’importanza del settore; alla mancanza di policy mirate e di governance
stringenti; all’inadeguato finanziamento di cui soffre il sistema italiano della R&S, in particolare
nel campo delle scienza della vita.
I – Ricerca
Per la ricerca, il principale problema consiste nella scarsa entità del finanziamento pubblico e
privato, che deve crescere molto rapidamente per allinearsi alle medie europee. L’obiettivo va
raggiunto attraverso un cambiamento di percezione del valore strategico della R&S per la crescita
economica del Paese.
L’accesso alle linee di finanziamento per la R&S deve avvenire attraverso misure di policy e
governance che scaturiscano dalla definizione strategica delle priorità nazionali, in base
all’eccellenza scientifica riconosciuta internazionalmente, in cui l’Italia abbia un documentabile
vantaggio competitivo.
Ciò richiede la capacità di riconoscere il merito e di valutare i risultati della ricerca; di costituire
una rete di nodi nazionali d’eccellenza; di sostenere in ambito europeo i nodi nazionali affinché
diventino parte integrante di una futura rete europea della conoscenza.
Si tratta di un obiettivo che va messo in atto, oltre che attraverso i canali tradizionali, mediante
alleanze pubblico-private che permettano il finanziamento della R&S in compartecipazione
strategica con l’industria nazionale e internazionale.
II – Innovazione
Per l’innovazione, il principale problema è la limitata percezione della rilevanza dei settori biotech
e medtech, una consapevolezza che deve affermarsi come priorità per la crescita economica del
Paese.
L’accesso alle linee di finanziamento per fare innovazione dovrebbe avvenire mediante interventi
di policy e governance volti a favorire la creazione di nuovi strumenti finanziari, ad esempio fondi
di fondi di venture capital, ma anche: un ripensamento del sistema degli incentivi alle imprese, del
credito d’imposta per gli investimenti in R&S e della garanzia pubblica sui finanziamenti degli
investitori istituzionali in imprese che realizzino progetti di innovazione industriale nelle filiere
produttive indicate dall’Unione Europea.
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Va promossa inoltre la creazione di nuovi fondi di venture capital, sulla base di schemi di cofinanziamento da parte della grande industria italiana e internazionale, e focalizzati su biotech e
medtech; questo permetterebbe di sostenere l’innovazione mediante il finanziamento delle fasi
iniziali di trial clinici (trial di fase I/II) per lo sviluppo di nuovi farmaci, dove maggiore è il rischio
d’impresa.
Va infine promosso un nuovo utilizzo delle partecipazioni pubbliche in investitori istituzionali e in
imprese industriali come strumento per indirizzare le imprese a posizionarsi in modo competitivo
sui mercati chiave per la crescita economica, dove il biotech e il medtech potrebbero fungere da
volano.
III – Formazione
Per la formazione, il principale problema è la mancata percezione dell’importanza e dell’impatto
futuro delle scienze della vita per il benessere delle società e lo sviluppo economico.
Si tratta di un problema che richiede l’adozione di misure di policy e governance volte a favorire lo
studio delle scienze della vita nelle scuole di ogni ordine e grado dell’istruzione pubblica e privata,
così come la sua diffusione mediante i mezzi di comunicazione di massa.
Ciò implica forme di finanziamento mirato per le iniziative volte allo sviluppo della creatività,
dell’imprenditorialità e della valorizzazione industriale del prodotto creativo, in particolare
nell’ambito delle scienze della vita.
Parimenti importante è garantire un forte sostegno all’internazionalizzazione del sistema
formativo ed alla sua interdisciplinarietà, in raccordo con le linee guida espresse dall’Unione
Europea e mediante l’utilizzo di fondi ad hoc (ad esempio il programma Marie-Curie rinnovato in
Horizon 2020), attivabili anche in modalità di cofinanziamento come nel caso di I-MOVE.
Conclusioni
Gli impegni assunti, con l’adozione della Strategia Europa 2020, prevedono l’obiettivo del 3% del
PIL per le spese in R&S, con una partecipazione del settore privato a due terzi di tale spesa. Nei
prossimi sei anni l’Italia dovrà quindi essere in grado di raddoppiare il proprio investimento in
R&S. Un grande sforzo, cui è chiamato tutto il nostro sistema pubblico e privato, ma anche una
grande opportunità per diventare protagonisti in una sfida cruciale del ventunesimo secolo: le
scienze della vita. Queste raccomandazioni sono il risultato di un’analisi che, se sviluppata
ulteriormente e concretizzata con la definizione di precisi obiettivi, dovrebbe tracciare il percorso
verso un concreto progresso scientifico ed economico nei prossimi anni.
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