vespasiano genuino architetto e scultore
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vespasiano genuino architetto e scultore
PEDE VESPASIANO GENUINO ARCHITETTO E SCULTORE GIOVAN BERARDINO GENUINO ARCHITETTO Vespasiano Genuino ebbe i natali in Gallipoli verso il 1350. Sua moglie fu Giulietta d'Aci. Il 24 agosto 1598 presentò al parroco di S. Agata in Gallipoli, per battesimo, la figlia Isabella, ed il 9 novembre 1600 il figlio Francesco. Ma già il 2 luglio 1595 il suo nome compariva fra quelli dei decurioni dell'Università di Gallipoli congregati in Consiglio Generale (Scritture con la Regia Cort,-Archivio del di Gallipoli — Biblioteca Comunak l' Gallipoli) • Egli fiorì sino al primo ventennio del 1600. Fu architetto e scolpì in legno. In iscultura ha quella tendenza che, spesso, s'immerge nel vero. Egli dimostra perizia nel disegno e conoscenza dell'anatonomia, lavora in modo risoluto ed a grandi colpi, è sintetico e rifugge da ogni meticolosità paziente trovansi le sue principali opere sculturali. A Gallipoli ed a Lecce, egli eseguì, nella chiesa di S. Maria delle Grazie il soffitto in legno a cassettoni, ora radicalmente rinnovato, ed il Crocifisso dell'altare che precede la sacrestia. Ho ammirato quest'ultima opera qualche anno fa, quando non aveva nessuna coperta di pittura, ma era invece come uscì dalle mani dell'artefice e nel medesimo colore del legname, che, col tempo, aveva acquistato una patina co me di bronzo. Vi si può notare ancora, malgrado il danno che grossamente l'ottenebra, aria di nobiltà nella testa e forza nel torso, nelle gambe e nelle braccia, ma spasimo della morte espresso in modo eccessivamente umano nelle mani contratte quasi ad artiglio. Nel Crocifisso del Convento dei Riformati in Gallipoli, benchè, anche questo abbia patito,' or son molti anni, una pessima colorazione, si nota bontà triste nella testa, perizia nella tecnica ed amor soverchio del naturale nelle mani convulse. Entrambi i lavori, ai quali principalmente è racciimandata la fama del Genuino come scultore, andrebberctinell'interesse dell'arte, al più presto ripristinati. L'impresa non sarebbe di grande fatica. Nella chiesa del Carmine a Lecce, sull'altare degli Stomeo, in una nicchia sormontata da putti sorreggenti un drappo e portanti corona (opera posteriore) ergeSi il suo Cristo battuto alla colonna, offerto, nel 1628, ai padri Carmelitani da D. Massimil ano Cafarelli Preside della Provincia (lo dice la settecentesca iscrizione latina, a sinistra dell'altare medesimo) Quivi l'artista non ci dà il dolore accorato e calmo dell'uomo-Dio, che si:ggerisca ed inculchi in chi guardi pietà cristiana e spirito di sacrificio ma crucio acerbo di un uomo qualunque flagellato a morte contorcentesi sotto nuova battitura. V'ha di più : l'Eroe della passione ha sulle labbra un sorriso pessimistico, quasi di scherno, negazione non solo di divinità, ma anche di fede. Quest'opera, come le altre due suddette, è di grandezza naturale, poco più, o poco meno. PgriMente suo è il Crocifisso nella chiesa di S. Fran- cesco d'Assisi nelia medesima città. che da L. De Simone (Lecce ed i suoi monumenti-Lecce) è tenuto cosa bella. Fu Vespasiano architetto ordinato, giudizioso, attaccato istintivamente al classico, ma poco arioso, ruvido, taciturno. La Chiesa di S. Chiara (1578?) dev'esser sua, ed è da reputarsi anche sua quella del Canneto, ch'io credo iniziata dopo il 1576, sita egualmente in Gallipoli, là di fronte alla antiqua fontana cingottante, al cospetto del castello dalle torri bigio-ferrigne ed ed in riva al mare che batte la sua eterna canzone. Con quest'ultima chiesa va dato a lui il 'cassettonato, l'una e l'altro terribilmente rimaneggiati nel 1700 e dopo. Da Vespasiano apprese evidentemente i primi mozzi dell' arte architettonica Giovan Berardino Cenuino. Il Can. Francesco D'Ella (La Chiesa Cattedrale di GallPoli — Gallipo'i), esibendo un documento della Curia Gallipolina, reintegra quest'ultimo nei suoi diritti di unico architetto di detta cattedradrale (il Lachibari ed il Bischetimi. furono capi mastri). Il sospetto del D'Elio ch'egli sia stato il figlio maggiore di Vespasiano è invece per me, la verità. Ed infatti dai registri del parroco di S. Agata mi risulta che Gio : Berardino chiama Giulia (come sua madre) una figlia battezzata il 1621, e Giuseppe Vespentiano (Vespasiano, come , il padre) un suo figlio battezzato il 13 dicembre 1602. Un'altra figliuola aveva avuto nel 1619. Da queste date si desume ch'egli nacque intorno al 159o. Il Duomo di Gallipoli, intitolato a S. Agata (1629-165o?) è il suo capolavoro e nel contempo uno dei più insigni monumenti archirettonici della Provincia (tralascio, per brevità, di occuparmi di altri edilizi suoi o supposti tali). Cosimo De Giorgi. (La Provincia di Lecce — Bozzetti — Lecce) e Pietro Marti (La Provincia di Lecce nella storia dell'Arte — Manduria) han per esso parole vibranti di consapevole entusiasmo. Gio : Berardino si può dire l'ultimo architetto del Rinascimento indugiantesi in pieno 600. Nel condurre il suo ed:fi :io, il complesso del quale offre un carattere singolare di grandezza, di energia e di gen-‘ tilezza sobrie, egli, pur accettando e tesaurizzando l'esperienza di nuovi sistemi costruttivi, e pur resistendo agli influssi della sua epoca, rivaluta ed esalta, facendola prevalere, la latinità senza esserne frigido imitatore, assumendo invece squisita e libera personalità propria. Dorico è in parte l'ordine della cattedrale, a forma di crete latina, a tre corsie parallele, divise da colonne dai fusti lisci con dado isolate e binate, sulle quali s'involtano con grazia lanciata archi tondi. E qui Gio : Berardino prende sino ad un certo punto il principal nutrimento vitale, non pure dalle T#1 7,- RIVISTA D'ARTE E DI CULTURA romane basiliche Atene di negozi, ma da quelle dei primi . cristiani, dalle primiere serene creazioni della Rinascita, atte ad accogliere numerosi i fedeli accorrenti alle religiose cerimonie e muove eziandio dalla precitata chiesetta del Canneto, cui bisogna alquanto rifarsi per rintracciare origini più p rossime alla Cattedrale; e così risolve il suo assunto di utilizzare al massimo lo spazio e di confermare lo stile dell'edifizio al l a sùa destinazione, ed ottiene altresì di far gravare l'alta muraglia (nella quale apre degli ampi finestroni a segmento d'arco), elevata sulla nave centrale, di far gravale dico sugli archi suddetti e non sulle colonne sottostanti. Con pochissimi fondi arconi tondi, addossati ai muri latenti', forma il posto degli altari delle navate minori; e fra l'uno e l'altro degli arconi medesimi incassa delle svelte colonne su piedistallo, dalle quali fa anche partire le volte delle mentovate navate. Nel centro dell'intersecazione delle braccia lancia quattro arcate a tutto sesto, anche queste di mezzo circolo perfetto, e sopra un muro soprastante ai pennacchi eleva un tetto cuspidato già coperto -interiormente da trovate, come il soffitto della grande navata mediana, entrambi ornati e dipinti di poi ; e getta infine delle volte ardimentose sulle ali. Nel tempio, la luce, -secondata dalla continuità rettilinea del cornLione della nave principale, si diffonde ugualmente, senza urti e senza bruschi passaggi, ed ogni • ci, mento architettonico, governato ed equilibrato da giusti ritmi e cadenze, concorre a realizzare bellezza e nob effetti di spazio, e se, talvolta, l'armonica linea viene attenuata e alternata, devesi principalmente a varianti e aggiunzioni della fine del 600 nonchè del 700, sia nell'interno sia nell'esterno: facciata nettamente barocca, separazione della disposizione interiore della fabbrica, come nell'interno: diversi stucchi, l'irrazionale sovraccarico di pitture • aeree dei Malinconico, il coro ingrandito e rifatto con nuovi criteri, occhi di bue nei vani del tamburo, tempietti nella crociera, balaustrate che recingono e parecchi altari dossali. Gio: Berardino, sempre logico, va dritta allo sciapo,:: ciò che qualche volta gli fa curar poco qualche detj.-' taglio, e rifugge quasi sempre alle ornamentazioni piene di sottigliezze e virtuosità e non essenziali, ma non sa rinunziare a quelle semplici che racchiuden come nelle chiese dei primi cristiani, un simbolico significato, come, per esempio, nel fregio dorico. Non può esser sua la transenna graziosissima con gioco di trafori adattata in sacrestia perchè di epoca anteriorè. • lo non credo che Gio: Berardino abbia visto .137 Ultimata la sua concezione. Il suo nome nori, 'compare più in alcun documento dopo il 165o (cavo ancora dalle citate Scritture con la Regia Corte, da un sommario o fugliello per li giudi paesani ed altre notizie inseritovi, che Gio ; Berardino il 18 febbraio 1646, insieme con Andrea Coppola, fu eletto sindìcalore del giudice uscente, ed mI 15 agosto 1650 deimlato dell'Università di Gallipoli). Egli fu religiosissimo. Sul gi-ì mentovato Registro di S. Agata si può osservare come molto egli si presenti, quasi a spiritual lavacro, al sacro fonte, per tener a battesimo figliuoli di suoi amici. Raramente vi si legge il nome di suo padre Vespasiano, forse perché la sua professione lo teneva per lungo tempo lontano da Gallipoli. Un'altra notizia : all'ombra della fabbrica di Gio: Berardino Genuino, si applicò per la prima volta proficuamente ai libri, all'età di 25 anni, dopo una vita neghitiosa e randagia trascorsa altrove, uno dei più grandi più simpatici, ma più reazionarii precettisti, Francesco Milizia. La tradizione popolare vuole un Vespasiano Genuino monaco e .cultore; ora a me pare che bisogna identificare questo con Giuseppe Vespentiano figlio di Gio : Berardino nonché con frate Francesco Maria da Gallipoli, scultore e Riformato, Bartolomeo Ravenna — Memorie Isloriche di Gallipoli — Napoli) e con padre Francesco da Gallipoli, predici.t ire e cappuccino, morto il ri.) gennaio 1868 e che fu, secondo lo stesso Ravenna, della famiglia Genuino (Francesco, figlio del vecchio Vespasiano, ebbe mogiie e figli). A questo secondo Vespasiano debbon darsi diversi dossali in il piccolo macabro gruppo dei due cwlaveri in putrefazione del Museo Comunale di Gallipoli, deturpato, circa 20 anni fa, in un modo — ahimè .!--- quasi, irreparabile; e la caratteristica e popolare testa in legno del mal ladrone, in cui è altra realisticamente espressa la pervicacia nel male di un moribondo perverso (Cappellone del Della Queva — Convento dei Riform-cti — Gallipoli). Tutti e due i lavori, dove alito ancora il fiore spirito del primo Vespasiano, han del valore, ma mostrano altresi evidenti sogni di decadenza. Vi fu un altro Vespa s ano Genuino operante nella prima metà del 700, e fu l'ultimo della lunga dinastia. Nelle Chiese dei Cappuccini e di S. Francesco d'Assisi in Gallipoli, trovansi due sue lignee statue del,' Immacola(a al disotto della grandezza naturale, non prive di qualche pregio, e diversi cori, Jos" sali armadi scolpiti egualmente in legno. Corrado Fos:arini LEGGETE E DIFFONDETE 4t FEDE RIVISTA D'ARTE E DI CULTURA :: Diretta da PIETRO PYIAR T DIREZIONE ED AMM!NISTRAZIONE Lecci. IP I A. Z "1:` r JE) L. A 14 LI lEZ ECCE