Il 4 aprile al via a Vescovato i “Laboratori del bene comune”,Dal
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Il 4 aprile al via a Vescovato i “Laboratori del bene comune”,Dal
Il 4 aprile al via a Vescovato i “Laboratori del bene comune” Prenderà il via ad aprile il primo dei “Laboratori del bene comune” promossi nelle diverse zone pastorali dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro. Si tratta di cinque incontri rivolti ai giovani-adulti delle zone VII e VIII che si terranno presso l’oratorio “La Rocca” di Vescovato. «Dopo l’esperienza degli scorsi anni del corso di alta formazione per l’impegno sociale e politico – spiega Sante Mussetola, responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro – abbiamo reimpostato la proposta formativa. Lo abbiamo fatto senza una ricetta prestabilita, ma con la volontà di interpellare le zone pastorali per individuare insieme a loro un percorso che rispondesse alle esigenze delle parrocchie». Quello dei “Laboratori del bene comune” è dunque un percorso tutto da inventare: non c’è un programma prestabilito da esportare nelle diverse parti della diocesi. «Noi abbiamo solo due punti fermi – continua Mussetola – da cui partire: da un lato la metodologia, che intende essere quella del laboratorio e non delle conferenze; e dall’altro lo spunto che Papa Francesco ci ha offerto con le encicliche Laudato si’ e Caritas in veritate». Lunedì 4 aprile inizia a Vescovato il percorso per le zone VII e VIII, ma l’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro ha interessato anche la città di Cremona, Caravaggio e Castelleone e l’area Casalasco/Mantovana. L’obiettivo è chiaro: una maggiore sensibilizzazione su queste tematiche, anche in vista di una prossima edizione del corso di alta formazione per l’impegno sociale e politico promosso in sinergia con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per quanto riguarda la città di Cremona la proposta si allarga a una serie di convegni tra maggio e settembre. Un primo appuntamento sarà nell’ambito delle festa dei lavoratori e vedrà intervenire il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta su “Economia, sviluppo e lavoro”. All’inizio di giugno, invece, il prof. Dino Rinoldi della Cattolica aiuterà a riflettere su “Partecipazione, rappresentanza e governabilità in Europa”. Terzo incontro a settembre guardando alla riforma costituzionale insieme al sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti e il costituzionalista Sabbioni, docente alla Cattolica. Paolo Laboratori del bene comune locandina Dal curare al prendersi cura: a Sospiro un corso per volontari che si occupano di assistenza ai malati terminali Prenderà il via nel mese di aprile un corso base per quanti desiderano, a titolo volontario, occuparsi dell’assistenza ai malati terminali. Un’iniziativa proposta dalla parrocchia di Sospiro, in collaborazione con l’ufficio diocesano di pastorale della salute, che si inserisce a pieno titolo nel contesto del Giubileo della misericordia e che si rivolge a quanti desiderano portare conforto e sostegno alle persone sofferenti, per le quali le cure mediche si rivelano poco risolutive. Si tratta dunque di una preziosa e delicata missione alla quale è necessario accostarsi non solo con grande motivazione, ma anche dopo aver maturato una adeguata formazione. “E’ sicuramente una iniziativa impegnativa, delicata, per sua natura estrema”, afferma don Federico Celini, parroco di Sospiro, commentando la grande sfida che il corso si pone. “Credo che non dobbiamo avere paura a offrire e vivere occasioni in cui esercitare profondamente e pienamente la misericordia, mettendoci in gioco fino in fondo”. “Vicino al morente. Dal curare al prendersi cura” è il titolo del corso base che prevede quattro incontri con diversi relatori che si svolgeranno presso la sala dell’oratorio di Sospiro. Il percorso si pone l’obiettivo di sviluppare nei volontari sensibilità e competenze utili per l’accompagnamento del malato, ma anche per il sostegno psicologico dei loro familiari. Ad aprire gli incontri, venerdì 8 aprile, sarà don Maurizio Lucini, Responsabile dell’ufficio di Pastorale della Salute, che introdurrà il tema della vicinanza alla sofferenza e alla morte, rileggendo l’esperienza della malattia alla luce della fede cristiana. Sarà poi la volta di Lino Miglioli, responsabile dei volontari dell’Hospice – struttura che da anni si occupa dell’assistenza e cure palliative al malato terminale – che venerdì 15 aprile tratterà del rapporto con i familiari del morente, in un incontro dal titolo “Accanto al morente e ai suoi familiari: le parole da non dire”. “La dimensione psicologica relazionale” sarà invece il tema di cui si occuperà la psicoterapeuta Arianna Lima nel terzo incontro di venerdì 22 aprile. Infine venerdì 8 maggio don Lucini chiuderà il corso, approfondendo il tema dell’accompagnamento spirituale, per riflettere sulla questione della fede vissuta nel difficile momento del dolore fisico che spesso genera anche sofferenza spirituale. Tutti gli incontri si svolgeranno a partire dalle ore 20.45. Il corso è gratuito ed è richiesta l’iscrizione. “Certamente il Signore ci sosterrà in questo cammino, in cui vogliamo onorare nei fratelli in situazione di fine vita Cristo Crocifisso, in attesa della Resurrezione – si augura don Celini -. Affidiamo tutto questo alla protezione della Madonna di Lourdes”. La locandina del Corso Deceduto mons. Carlo Abbiati, economo diocesano e canonico della Cattedrale. Il ricordo del vescovo emerito Lafranconi Mons. Carlo Abbiati, figura di spicco del clero cremonese, economo diocesano e direttore dell’Opera di Religione S. Omobono dal 1997, oltre che canonico della Cattedrale, è deceduto all’alba del 21 marzo, lunedì santo, nella clinica Ancelle della Carità dove era ricoverato da alcune settimane. Le esequie saranno celebrate dal vescovo Napolioni in Cattedrale, mercoledì alle ore 10. La camera ardente è allestita in Seminario (in sala Cazzani; apertura dalle 8 alle 19), dove fu vicerettore dal 1962 al 1966 ed economo dal 1966 al 1987: qui nel pomeriggio di martedì 22 marzo, alle 17, è in programma un momento di preghiera comunitario. Alle ore 9 di mercoledì 23 marzo il feretro lascerà il Seminario alla volta della Cattedrale. Dopo le esequie la salma sarà trasportate a Cassano d’Adda, suo paese d’origine: nella chiesa di San Zeno, alle ore 14.30, si terrà una celebrazione esequiale, poi il trasporto nel cimitero locale e la tumulazione nella cappella dei sacerdoti. Mons. Carlo Abbiati, nato il 7 febbraio 1939, il 16 giugno 1962 venne ordinato sacerdote insieme ad altri tre confratelli: mons. Floriano Danini, don Luigi Carrai e don Emilio Sarzi Amadè (deceduto nel 2013). Il suo primo incarico pastorale è stato come vicerettore del Seminario, di cui poi, dal 1966 al 1987, è stato economo. Dal 1985 al 1987, inoltre, è stato responsabile della Caritas diocesana. Quindi la promozione a parroco, con il vescovo Assi che gli affidò la prestigiosa comunità cittadina di S. Agata, che ha guidato con grande zelo dal 1987 al 1997. In quell’anno il vescovo Nicolini lo volle economo diocesano: incarico che ha ricoperto con diligenza e estrema precisione anche nell’episcopato di mons. Lafranconi e nell’inizio di quello di mons. Napolioni. Negli stessi anni è stato anche direttore dell’Opera di religione S. Omobono e assistente dell’Istituto Figlie di S. Angela Merici. Inoltre, dal 2004 era canonico del Capitolo della Cattedrale. Dal 1988 al 2000 mons. Abbiati è stato anche incaricato diocesano FACI (Federazione nazionale del clero italiano) e per alcuni mesi del 2015 delegato vescovile “ad interim” per il Santuario di Caravaggio. «Ha saputo servire la Chiesa con amore e competenza», così il vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, sintetizza la figura di mons. Abbiati. «L’ho conosciuto come economo – ricorda mons. Lafranconi – e l’ho apprezzato molto per la sua competenza. Ma soprattutto per la sua capacità di abbinare questo lavoro, a contatto con problemi economici e amministrativi, con un senso cristiano ed evangelico. Davvero ho potuto constatare la sua grande spiritualità sacerdotale, sempre attento al Signore e al servizio della Chiesa» Un sacerdote «molto religioso, sensibile e delicato». Lo ricorda così mons. Danini, suo compagno di Messa e arciprete emerito di Viadana. «Aveva un fondo di timidezza naturale. Purtroppo non aveva mai avuto fortuna nella salute: sin dal seminario e poi più tardi quando, negli ultimi anni, ha dovuto lottare contro un male difficile da curare». Sempre «attento e disciplinato», continua ancora mons. Danini ricordando il modo con il quale ha ricoperto per quasi vent’anni il compito di economo diocesano. «Un ruolo – precisa mons. Danini – svolto con particolare intelligenza, attenzione e lealtà al Vescovo e alle realtà diocesane». «Abbiamo lavorato insieme per tre anni – ricorda mons. Giansante Fusar Imperatore, parroco di Cassano San Zeno e nei suoi primi anni di ministero vicerettore del Seminario quando don Carlo era economo -. Di lui rammentò una dedizione puntuale e precisa ai suoi compiti. Aveva una passione immensa per il Seminario che ha sempre considerato la sua casa e uno stima grande per tutti i suoi confratelli, in modo particolare ricordo la profonda fraternità tra lui e mons. Maurizio Galli, che per lungo tempo, prima di diventare vescovo di Fidenza, è stato rettore del Seminario». Il Vescovo ai mille del PalaSport: «Non pompieri ma incendiari della misericordia di Dio» Alla fine è stato un lungo, caloroso abbraccio quello che i giovani cremonesi hanno riservato al vescovo Antonio durante la sua prima veglia delle palme celebrata nel tardo pomeriggio di sabato 19 marzo, al Palazzetto dello Sport di Cremona. L’evento, promosso dall’ufficio di pastorale giovanile, diretto da don Paolo Arienti, con l’ausilio dei collaboratori della Federazione Oratori nella caratteristica casacca gialla, ha avuto un inizio davvero suggestivo: la «costruzione» della croce della Gmg ad opera di due giovani che hanno visto la loro vita segnata dalla sofferenza, ma che hanno contemplato anche l’alba della risurrezione. Da un parte Filippo, 19 anni, reduce da una battaglia vinta contro la leucemia e dall’altra Iannik, profugo dalla Costa D’Avorio, testimone di uno degli infiniti viaggi della speranza per il Mediterraneo che per tante persone. E mentre i due giovani sollevavano la croce al centro della scena dal grande video è stato proiettato uno stralcio del messaggio di Papa Francesco per la Gmg di Cracovia del luglio prossimo dal titolo: «Beati i misericordiosi». Accolto da una vera ovazione da stadio, mentre il coro giovanile della diocesi, diretto da Mauro Viola, intovana “Emmanuel”, il noto inno della Gmg del grande Giubileo del 2000, intorno alle 18.10 è entrato il vescovo Antonio, accompagnato da don Francesco Gandioli, diacono del Seminario che nel prossimo giugno sarà ordinato sacerdote. Mons. Napolioni subito dopo il saluto liturgico ha ricevuto il saluto di un collaboratore F.O.Cr., Giovanni, a nome di tutti i ragazzi presenti. «Siamo contenti di incontrarla – ha esordito il giovane – e di lasciarci guidare dal suo entusiasmo e dalla sua preghiera». E poi ancora: «Questa sera vorremmo che il protagonista di questo incontro, l’ospite atteso, fosse Gesù Cristo, con il suo Vangelo di profezia, con la sua chiamata ad un amore vero, operoso e forte». E infine: «Grazie vescovo Antonio, per i primi passi che sta compiendo con noi nella Chiesa cremonese, e grazie per l’aiuto che anche stasera ci vorrà donare. La fede a volte per noi è difficile, e lei lo sa. Sia per noi maestro di una fede vera. La accogliamo un po’ come un nostro padre, proprio oggi che è la festa del papà». Ad iniettare ancora più entusiasmo, ma anche voglia di riflettere e meditare il canto dei Queen “Somebody to love”. Un invito ad amare che si è concretizzato nello svelamento del quadro del Buon Samaritano di Vincent Van Gogh. Un giovane lettore, quindi, ha rammentato provocatoriamente quanto le 14 opere di misericordia al giorno d’oggi siano considerate desuete, arretrate rispetto ad un mondo che si fa da sé e che lascia fatalmente indietro chi non è adatto. Meglio dunque sfruttare l’uomo piuttosto che servirlo, relegarlo a rango di oggetto o considerarlo come Pinocchio come una bambola che si può manovrare. Un breve, ma simpatico mimo di Stefano Priori e Sonia Balestrero, ha illustrato come la relazione vera conduca a considerare l’altro non tanto come una marionetta da manovrare, ma una persona da amare e ad accogliere. Allora le opere di misericordia non sono un qualcosa fuori dal tempo, ma realtà che si concretizzano nella cura verso l’altro. Come nel caso di Irene e Davide che spendono il loro servizio civile nella Casa dell’Accoglienza di Cremona accanto ai profughi e ai richiedenti asilo, oppure di Benedetta neuro psico motricista alla Casa del Sole di Mantova che si occupa di bambini diversamente abili, o di Angelo, educatore alla Tenda di Cristo di Acquanegra Cremonese, che ha perdonato la madre dopo che lo aveva abbandonato da piccolo con il padre dializzato e malato di cuore. Storie semplici che dicono che amare e possibile e che la vita può essere una chiamata, una vocazione. Le parole degli uomini hanno quindi lasciato lo spazio alla Parola di Dio. Il diacono Gandioli ha proclamato un brano del Vangelo di Marco nel quale Gesù invita i suoi discepoli a «servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Mons. Napolioni nella sua omelia, vero e proprio dialogo con i mille del PalaSport, ha toccato tutti i grandi temi cari ai giovani: i dubbi di fede, il senso vero della felicità, il servizio come autentica realizzazione della propria vita, la misericordia come unica strada per conquistare pace e felicità. Il vescovo Antonio, che all’inizio ha ricordato di aver vissuto tutta la sua vita sacerdotale in mezzo ai giovani, ha spronato in modo particolare i ragazzi a non vivere una vita stile «zapping», senza un filo rosso, ma di affidare a Cristo i propri desideri sapendo però che il Signore non può agire senza l’assenso della libertà umana. Quindi l’invito a «diventare grandi» senza però sgomitare o calpestare gli altri ma imparando da Gesù, il quale proprio sulla Croce manifesta che la vera realizzazione dell’uomo è nel dono totale di sè. E poi una domanda chiara: «Ci state ad aiutare il Vescovo e i sacerdoti a rendere trasparenza dell’amore di Cristo questa nostra Chiesa? Servire è amare! È vero che amare è un verbo ambiguo e abusato tanto che il papa usata il termine «Misericordiare» cioè tirare fuori la propria tenerezza verso chi più ha bisogno». «Bisogna trasmettere al mondo questo fuoco di misericordia – ha proseguito -. Non pompieri, ma incendiari non teneroni ma testimoni della misericordia ricevuta e donata». «Da dove viene la forza della Croce? Essa, come insegna il Santo Padre Francesco, è il segno più eloquente della misericordia di Dio: nella croce possiamo toccare la misericordia del Signore, possiamo lasciarci toccare dalla sua misericordia». La riflessione del vescovo Napolioni Parole che subito si sono tramutate in preghiera con una suggestiva adorazione della Croce. Il vescovo e i collaboratori della F.O.Cr. si sono posizionati in ginocchio dinanzi al grande legno mentre dallo schermo venivano proiettate immagini eloquenti di giovani e ragazzi la cui dignità è calpestata dalla cattiveria dell’uomo, ma anche fotografie di giovani con occhi pieni di speranza. Silenzio, canto e parole hanno unito in un’unica voce mons. Napolioni e i mille del PalaSport. C’è stato poi spazio per la raccolta delle offerte che quest’anno andrà a favore di Casa di Nostra Signora che una volta ristrutturata ospiterà donne in difficoltà in ricerca di un riscatto sociale. Le parole del Vescovo prima della consegna delle Palme Mons. Napolioni ha quindi consegnato ai rappresentati di tutti gli oratori e le associazioni – presenti in modo massiccio i Neocatecumenali e gli Scout – la palma e un “gancio” che ricorda la prossima Gmg di Cracovia. È stato proprio il vescovo Antonio ad annunciare che in Polonia alla fine di luglio andranno oltre 500 giovani cremonesi. Infine i ringraziamenti di don Paolo che ha anche ricordato l’immenente ordinazione di don Francesco: a lui è stato consegnato un calice e una patena ed è stata strappata la promessa di celebrare un’Eucaristia per i giovani della diocesi. Il saluto del Vescovo prima della benedizione finale La benedizione episcopale ha quindi concluso la prima parte della serata. Dopo la cena al sacco è stato messo in scena lo spettacolo “La sosta”, a cura del Teatro Minimo: una rivisitazione in chiave moderna della parabola del buon samaritano. Riflettori puntati su un locale che, a causa di un improvviso temporale, diventa luogo di incontro di alcuni personaggi. Costretti a condividere alcune ore insieme, scoprono che sono molti i punti che hanno in comune, legati alla strana vicenda di un barbone trovato sofferente sulla strada. Solo una sempre più approfondita conoscenza del gruppo permette di leggere quella vicenda con un’attenzione ben diversa. Claudio Rasoli Photogallery della serata: foto dei gruppi all’arrivo in attesa della veglia incontro con il Vescovo (1 parte) incontro con il Vescovo (2 parte) altre visuali delle veglia consegna delle palme spettacolo “La sosta” Il Vescovo tra gli ospiti della Fondazione Germani di Cingia Il vescovo Antonio ha dedicato l’intera mattinata di mercoledì 30 marzo alla visita della Fondazione Germani di Cingia de’ Botti, una delle Residenze Assistenziali Sanitarie più innovative e all’avanguardia dell’intero territorio cremonese. Il presule, che tra l’altro, per statuto, è a capo del Consiglio di amministrazione, è giunto poco dopo le 9.30 ed è stato accolto dal presidente Riccardo Piccioni, dal vice don Gian Paolo Mauri – parroco di Cingia -, dall’intero Consiglio e dai vertici amministrativa e sanitari. Tra di essi il direttore generale Marina Generali, la sua vice Alberta Seidenari, il direttore sanitario dottoressa Antonella Spina e il sindaco – che fa parte del consiglio – Pierpaolo Vigolini. Presente anche il presidente emerito Adelmo Mignoni al quale si devono i grandi cambiamenti strutturali e organizzativi della Fondazione. Mons. Napolioni per quasi un’ora si è intrattenuto con i vertici della casa di riposo. Piccioni in pochi minuti ha tratteggiato la storia della Fondazione, inaugurata nel maggio 1898, e sorta ad opera della commerciante Elisabetta Germani. Inizialmente destinata alla cura, assistenza e ricovero di cronici, infermi di malattie acute, poveri e dei dipendenti delle cascine di proprietà della Fondatrice nel corso degli anni si è trasformata in casa di riposo arrivando ad ospitare anche 400 persone. Dopo gli anni Novanta si è avviata una vera e propria trasformazione della struttura che ha visto la diminuzione dei posti letti – oggi sono 320 – e un raddoppio degli spazi e anche del personale. «Attualmente – ha spiegato la dottoressa Generali – alla Fondazione vi lavorano 250 persone. In questi anni, nonostante la crisi, abbiamo assunto più di quelli che sono andati in pensione, anche con contratti a tempo indeterminato. Teniamo molto al benessere dei nostri dipendenti, per questi investiamo tanto in formazione e abbiamo anche creato una palestra tutta per loro». Generali ha poi sottolineato i tanti servizi che la Fondazione offre: «Siamo in continua evoluzione, cerchiamo sempre di essere al passo con i tempi di esercitare la nostra creatività. Siamo stati i primi, per esempio, ad inaugurare un centro diurno integrato, che attualmente è il più grande della provincia ed è l’unico ad essere aperto anche il sabato e la domenica. Tra i progetti futuri c’è anche un giardino aperto alla cittadinanza: un modo per far entrare il paese dentro la nostra casa di riposo così che possa apparire, per i nostri ospiti e familiari, la più viva possibile». Piccioni ha anche ricordato come la Fondazione sia sempre stata aperta e accogliente anche verso altre tipologie di bisognosi: così fu per i profughi e gli sfollati delle due grandi guerre, i terremoti e da ultimi anche i richiedenti asilo giunti dall’Africa: in queste settimane sono presenti sei giovani del Mali che durante il giorno segue i percorsi di integrazione della dell’Accoglienza. Caritas diocesana presso la Casa Brevemente sono intervenuti anche gli altri consiglieri: il prof. Rescaglio ha auspicato un coinvolgemento maggiore delle parrocchie per avere nuovi e numerosi volontari, il sindaco Vigolini ha elogiato la vitalità della struttura che non solo perchè serve il paese in termini assistenziali, ma anche economico-lavorativi. Infine il nuovo consigliere Magnoni – figlio dell’ex presidente – ha augurato una maggiore apertura verso il territorio. Don Mauri ha brevemente illustrato il servizio religioso che viene offerto quotidianamente grazie anche alla presenza di una suora «Ancella della Carità» e di diversi volontari. Da parte sua mons. Napolioni ha spronato a continuare su questa linea di innovazione e di attenzione alle singole persone sottolineando come la valorizzazione dell’ultima stagione della vita dell’uomo dia qualità alla vita di tutti: «Difendere e promuovere la dignità dell’anziano – ha specificato -, ma anche la sua morte è un servizio che va a beneficio di tutti, soprattutto in questo tempo in cui la nostra società censura la morte». È quindi seguita la visita ad alcuni reparti e al centro diurno integrato dove gli ospiti stavano attendendo il pranzo. Particolarmente toccate l’incontro del presule con i degenti del padiglione mons. Bonomelli composto in prevalenza da disabili psichici. Per questi ragazzi l’arrivo del presule è stato un vero e proprio evento di gioia. Per mons. Napolioni tre regali tutti fatti dagli ospiti: un vasetto di fiori di stoffa, una cornice col nome del reparto e il suo stemma fatto a mano con la stoffa e incorniciato. Tutti doni che il vescovo Antonio ha gradito moltissimo. Durante la visita non sono mancati altri regali o lettere scritte dagli ospiti: «Vi risponderò presto» ha promesso mons. Napolioni. C’è stato tempo anche per una stretta di mano e una battuta con i profughi del Mali accompagnati da don Antonio Pezzetti, direttore della Caritas diocesana. Prima del congedo dalla struttura il Vescovo si è intrattenuto con il personale durante un piccolo rinfresco culminato con il taglio della torta. Photogallery Visita del vescovo Napolioni alla casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi” di Cremona Domenica delle Palme alquanto particolare per gli ospiti della casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi”, nell’ex clinica “La Pace” di via Massarotti, a Cremona. A presiedere l’Eucaristia è stato, infatti, il vescovo Antonio Napolioni, che ha poi visitato la struttura incontrando personalmente gli anziani insieme ai loro familiari presenti. Ad accogliere il Vescovo i dirigenti della Fondazione “La Pace onlus” insieme a una rappresentanza dello staff della struttura sanitaria. Insieme al presidente Umberto Lonardi erano presenti in particolare la direttrice generale Silvia Galli e il direttore sanitario Luciano Filippini. Presenti anche alcuni membri del Consiglio di questa fondazione che nasce dalla collaborazione delle case di riposo di Casalmorano, Castelverde, Cingia de’ Botti e San Bassano insieme alla “Società di mutuo soccorso e previdenza tra i sacerdoti della diocesi di Cremona” e alla Cooperativa “Armonia”. Ad accogliere mons. Napolioni sono stati quindi alcuni degli ospiti della struttura, sulle proprie carrozzine nel corridoio d’ingresso, quasi come uno schieramento d’onore, con i ramoscelli d’olivo in mano. È stata quindi celebrata la Messa, con alcuni dei degenti in cappella e altri che hanno seguito la liturgia attraverso un maxischermo allestito nel salone attiguo. Accanto a loro famigliari, volontari e gli operatori della Casa, con le suore Adoratrici che qui prestano servizio. Accanto al vescovo il cappellano don Achille Bolli e don Francesco Lucchi, ospite della casa, così come mons. Mario Cavalleri, don Enrico Prandini e don Luciano Sottili. C’erano poi il segretario vescovile don Flavio Meani, il presidente della Società di mutuo soccorso e previdenza tra i sacerdoti don Gianbattista Piacentini e don Marco d’Agostino, vicepreside del liceo Vida, presente settimanalmente nelle struttura con alcune studenti per un progetto didattico che vede coinvolti gli anziani ricoverati. Presenti anche i benefattori: il cavalier Giovanni Arvedi con la moglie Luciana insieme alla famiglia Caldonazzo. Dopo la lettura della Passione, mons. Napolioni nella sua riflessione ha indirizzato lo sguardo alla Settimana Santa: non una abitudine che si rinnova, ma il segno di una reale figliolanza divina, che dunque «coinvolge» ciascuno nella Passione. In particolare il Vescovo si è soffermato sull’immagine evangelica dell’asino usato da Gesù per entrare in Gerusalemme e con un richiamo all’asino presente della mangiatoia. «Nessuno di noi è mai inutile», ha ribadito con forza mons. Napolioni sottolineando come ciascuno è parte importante nel progetto di Dio. E proprio in questo senso il pensiero del Vescovo è andato a tutti coloro che si prendono cura degli anziani, «che nella società sono considerati scarti», in questa struttura: dallo staff dirigenziale agli operatori e i volontari, senza dimenticare neppure i benefattori che hanno reso possibile la realizzazione di questa importante opera. Poi l’augurio di poter sperimentare «la pace» del Signore, «frutto maturo della Pasqua» e espressione d’amore. Con il Vescovo che ha giocato facendo riferimento al nome della clinica presente in passato in questa struttura. «Il Signore ha bisogno di noi – ha concluso il Vescovo – e noi abbiamo bisogno degli altri. Lo riconosciamo e siamo in pace. Perché siamo onesti: le cose stanno così, non stanno come dice la cultura dominante per la quale chi non ha bisogno degli altri e fa tutto da sé si realizza con le sue forse sta in pace. No: ve lo dico nel nome del Signore. E preghiamo perché tutti se ne accorgano. E che questa pace raggiunga e contagi chi ancora non l’ha assaporata. Perché c’è ancora tanta sofferenza e tanta solitudine che attende di essere raggiunta dal Cristo, morto e risorto per noi, e dalle sue membra che siamo noi». L’omelia del vescovo Napolioni Al termine della Messa, dopo il saluto del cappellano don Bolli, il Vescovo ha ringraziato tutti coloro che, a diverso modo, operano nella struttura sanitaria. E ha voluto poi esprimere parole di particolare affetto e riconoscenza al «pezzetto sofferente ma preziosissimo del nostro presbiterio»: «Diciamo che abbiamo fatto un po’ di Messa Crismale – ha detto mons. Napolioni –. Grazie per la vostra testimonianza. Offrite ancora da sacerdoti la vostra sofferenza insieme alla Pasqua di Gesù». E poi, dopo un ricordo personale a sua mamma, vissuta negli ultimi cinque anni di vita in una casa di riposo, anche un monito a quanti hanno compiti di responsabilità in questa struttura, perché questa Casa possa essere sempre all’altezza dell’importante compito cui è chiamata a rispondere. E il riferimento è stato anche ai fatti di cronaca dei giorni scorsi: «Soffro terribilmente quando vedo immagini come quelle trasmesse dalla televisione, accadute non lontane da qui. Che il Signore ci tenga lontani, tutti, da quelle leggerezza, da quelle violenze, da quelle assurdità di cui la miseria umana è capace e possiamo andare fieri di come custodiamo i nostri anziani che, di turno, ci precedono nella fatica del cammino». Il saluto di don Bolli e le parole di mons. Napolioni Conclusa la Messa il coro formato da alcuni degli anziani della Casa ha intrattenuto il Vescovo con un breve momento musicale, inaugurato con la canzone Mamma. Lo stesso mons. Napolioni si è unito al canto, supportato anche da alcune volontarie Avulss. Poi proprio dal Vescovo la richiesta di una canzone: La Valsugana. Quindi in dono al Vescovo un cestino pasquale, completamente realizzato dagli ospiti della Casa. Mons. Napolioni ha quindi avuto modo di visitare i vari reparti, dove ha di nuovo incontrato gli ospiti, con i quali si è intrattenuto volentieri tra momenti di allegria e altri più profondi, in cui il Vescovo ha condiviso storie di vita e difficoltà della quotidianità. Una visita conclusa nel parco della struttura, per una preghiera davanti alla grotta della Madonna di Lourdes. La casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi”, aperta il 10 febbraio 2014 e ufficialmente inaugurata il 21 giugno dello stesso anno, conta circa un centinaio di ospiti tra RSA, comunità alloggio, alloggi protetti e centro diurno. Il complesso de “La Pace”, un tempo di proprietà della Congregazione delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda, è stato acquistato dal cavalier Giovanni Arvedi che l’ha donato alla Diocesi di Cremona che, a sua volta, l’ha messo a disposizione della Fondazione “La Pace onlus”. Sempre il Cavalier Arvedi ha deciso di accollarsi gli oneri dell’intervento di manutenzione straordinaria. Photogallery Mons. Napolioni nella veglia di Pasqua: «Rischiamo di fermarci a un Cristo sepolto e vivere un Cristianesimo che non produce vita» Per il prima volta il vescovo Antonio Napolioni ha conferito in diocesi i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Lo ha fatto nella solenne veglia pasquale di sabato 26 marzo, nella quale ha battezzato, cresimato e comunicato 14 catecumeni originari di Albania, Costa d’Avorio, Camerun e Iran. Segno di una «Chiesa viva», ha affermato il Vescovo sottolineato come solo l’incontro con volti e parrocchie ha saputo far nascere il desiderio di entrare a far parte della comunità dei discepoli di Cristo. Per questo mons. Napolioni ha voluto rivolgere un particolare ringraziamento non solo a don Antonio Facchinetti, responsabile diocesano per il Catecumenato, ma anche a tutti i parroci, i catechisti, i garanti e le famiglie che hanno accompagnato il percorso dei catecumeni. «Siete e siamo una Chiesa viva – ha detto il Vescovo – dove Cristo è vivo e parla e chiama e dona la fede a nuovi fratelli e sorelle». La lunga veglia è iniziata alle 21.30 nel cortile del Palazzo Vescovile dove, nella totale oscurità, è iniziata la liturgia della luce con il Vescovo che prima ha benedetto il fuoco e poi ha preparato il cero, simbolo di Cristo Risorto, dalla cui fiamma sono state accese le candele dei fedeli. Quindi, in processione verso la Cattedrale, per tre volte il diacono don Francesco Gandioli ha innalzato il grande cero acclamando a Cristo luce del mondo. La terza volta l’ha fatto nella navata centrale, ai piedi dell’altare. Solo allora anche le luci del massimo tempio cittadino sono stata accese. Poi, una volta incensato il cero pasquale, don Gandioli ha cantato l’Exultet, l’antico inno del preconio su musica di don Antonio Parisi. Ha quindi preso avvio la seconda parte della veglia, quella della liturgia della Parola, ascoltando i sette lunghi brani biblici che hanno ripercorso la storia della salvezza fino al solenne canto del Gloria, che ha di nuovo “sciolto” le campane e inondato di luce la Cattedrale. Poi la lettura dell’epistola di Paolo e il suggestivo annuncio dell’Alleluia con la proclamazione del Vangelo della Risurrezione. «Moltiplicassimo all’infinito il colore, la musica, i profumi, i segni della festa – ha esordito il Vescovo nell’omelia – per quante sono le cattedrali e le chiese della terra non basterebbe a esprimere lo stupore e la gioia per quello che questa notte custodisce e ci dona. Non solo la memoria di un fatto: Gesù risuscitò dai morti. Ma ciò che quel fatto ha reso possibile nel tempo, fino alla fine dei tempi». Mons. Napolioni guardando alla Risurrezione ha riflettuto su cosa significa nascere di nuovo. Eppure spesso l’uomo vive atteggiamenti del tutto opposti: «Ancora oggi in nome di Dio, o magari usando come scusa il nome di Dio, – ha ricordato il Vescovo – si uccide, si semina odio. Ancora oggi bestemmiamo Dio in mille modi: non tanto con le labbra, ma con la nostra vita. Profaniamo il tempio di Dio che è un ogni bambino, ogni creatura, il più povero, il più debole». E poi ha proseguito: «Abbiamo le nostre storie, le nostre culture, ma tutti rinasciamo da quell’acqua». «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati», ha ricordato ai catecumeni mons. Napolioni che, guardando all’etimologia del termine “puro”, ha proseguito: «Un cuore infuocato non congelato. Dunque non un cuore che, per paura, non tocca la vita, non si sporca, non si compromette. Ma un cuore che, come quello di Gesù, si spacca, si apre e genera la salvezza, la fraternità, la misericordia, il perdono, la speranza. Solo chi si lascia infuocare dallo spirito di Dio fa questa esperienza». Un cuore nuovo, dunque, non a motivo di «un trapianto», ha scherzato il Vescovo, ma a motivo del cambiamento che deriva dall’adesione al Vangelo. «Voi non avete un cuore di pietra – ha detto ancora – nessuno di noi pensa di averlo. Ma capita di indurirci tutte le volte in cui pensiamo di farcela da soli e assecondiamo i nostri istinti e diventiamo testardi e non dialoghiamo più: in famiglia non ci si capisce più e gli altri sbagliano sempre e crescono tra noi i muri, le divisioni e i conflitti. Diventiamo di pietra! Il cuore di carne che Gesù ci offre è il suo. Non è semplicemente intenerire i nostri sentimenti, ammorbidirci. No, ci dice: Io vivrò in te, tu puoi condividere tutto di me. Certo, passando per la croce, per la via stretta, unendoci alla sua passione, godendo del suo rapporto con il Padre, lasciandoci accendere dal suo stesso spirito». Poi il riferimento alla terza comunità neocatecumenale di S. Ilario e S. Agata presente con indosso le vesti bianche conferite proprio nei giorni precedenti dal Vescovo. «Alcuni fratelli – ha spiegato mons. Napolioni – indossano una veste bianca perché sono al culmine di un lungo cammino di riscoperta del Battesimo. Siamo pronti a morire e risorgere? Siamo pronti a diventare vivi del Cristo risorto e di un Cristianesimo che, dunque, non possiamo cercare tra i morti?». E ancora: «A volte rischiamo di fermarci a un Cristo sepolto e a vivere un Cristianesimo che non produce vita. Voi, invece, stasera – ha detto ancora rivolto ai catecumeni – ci aiutate a diventare tutti più vivi, più presenti, più palpitanti con la nostra umanità fatta di limiti e di peccati, ma abitata e trasfigurata dal Signore risorto che, non solo ci rigenera nel Battesimo, ma ci nutre continuamente con i Sacramenti, con l’Eucaristia: ci fa diventare il suo corpo, la sua presenza viva. Ecco perché la veglia pasquale è la madre del cammino della Chiesa». Infine un auspicio: «Mi auguro – per me e per voi e per tutti – che questa celebrazione ci seduca, cioè ci innamori di Cristo, ci porti a Lui, ci unisca a Lui e faccia di noi un segno visibile di Lui risorto. Non avremo il coraggio di dire, come san Paolo, “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Forse non riusciremo a dire “Per me vivere è Cristo e morire è un guadagno”. Ma lo Spirito Santo può dilatare il nostro cuore e può far crescere la nostra fede fino a pensieri e sentimenti come questi. Perché ce ne accorgeremo che solo in lui trova senso la nostra vita, solo in Lui vivente noi siamo vivi e immortali». La celebrazione è proseguita con la liturgia battesimale, aperta dalla chiamata degli eletti da parte di don Facchinetti. Il gruppo più consistente di Cremona: dalla parrocchia di S. Michele Rudina Mecaj, originaria dell’Albania, e Marie Beugre e Franck Dongo, della Costa d’Avorio; così come Carine Yedo Assoma, del Cambonino. Di origini ivoriane anche Sylvestre Yao N’goran di Bonemerse e Joelle Kouassi Ahou e Ange Gouanet Rostan di Piadena. Originari dell’Albania Todi Prendi e Juliana Prendi (di Scandolara Ravara), così come Bardhi Kaci e Eglantina Pjetri Kaci (di Casirate d’Adda) e Fran Biba (di Cassano d’Adda). Da Cassano anche Dominique Annette Naossi Nadia, originaria del Camerun. Originaria di Tehran (Iran) Fariba Zahmatkesh Oladi, di Casalmaggiore. Dopo il canto delle litanie, la benedizione dell’acqua e la professione di fede, ogni catecumeno, accompagnato dai propri padrini o madrine, si è avvicinato al fonte, posizionato al centro del presbiterio, per ricevere sul capo l’acqua benedetta, che mons. Napolioni ha imposto attingendo l’acqua dal fonte con la propria mano. La consegna della veste bianca da parte del Vescovo e della candela accesa con la fiamma del cero pasquale ai padrini e alle madrine, perché la consegnassero ai neobattezzati, hanno evidenziato la nuova dignità di figli di Dio di questi 14 adulti. A seguire mons. Napolioni ha amministrato il sacramento della Confermazione. Dopo la liturgia eucaristica, invece, i nuovi cristiani l’hanno ricevuto la Prima Comunione, sotto forma delle due specie. Insieme a mons. Napolioni hanno concelebrato il responsabile diocesano del Servizio per il Catecumenato, don Antonio Facchinetti, alcuni dei canonici del Capitolo con il presidente mons. Giuseppe Perotti e diversi altri sacerdoti, tra cui il rettore del Seminario, don Enrico Trevisi, e il direttore spirituale don Primo Margini, il delegato episcopale per la Pastorale, don Irvano Maglia, e i sacerdoti che hanno seguito il cammino dei catecumeni, oltre a don Franco Regonaschi (collaboratore parrocchiale a S. Ilario e S. Agata) e don Pierangelo Pedretti (incardinato nella diocesi di Roma) che insieme agli altri membri della terza comunità del Cammino neocatecumenale di S. Ilario lo scorso 21 marzo a Palazzo Vescovile hanno ricevuto da mons. Napolioni la veste bianca al termine del percorso di riscoperto del Battesimo durato 25 anni. La solenne veglia pasquale si è conclusa con un particolare saluto alla Madre del Risorto: mentre mons. Napolioni incensava la pala dell’Assunta che troneggia nell’abside, il Coro della Cattedrale (che sotto la direzione del maestro don Graziano Ghisolfi ha accompagnato l’intera liturgia, supportato dal suono dell’organo e di una tromba) ha intonato il “Regina coeli laetare”, il tipico canto mariano del tempo di Pasqua. Photogallery: Lucernario in Palazzo Vescovile e in Cattedrale Liturgia della Parola Battesimo dei Catecumeni Cresima dei Catecumeni Liturgia eucaristica «Lasciamoci prendere per mano dal vuoto di Dio»: l'invito del vescovo Antonio all'apertura della Settimana Santa Come in tutte le parrocchie della diocesi, anche in Cattedrale è stata celebrata dal vescovo Antonio la Santa messa della Domenica delle Palme, che apre la Settimana Santa, dopo le cinque settimane di Quaresima. Prima di iniziare la liturgia eucaristica in Duomo, presso la chiesa di San Girolamo, in via Sicardo, mons. Napolioni ha benedetto i rami di ulivo, dopodiché è stato proclamato il Vangelo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, avvenuto nei giorni precedenti la sua passione, morte e risurrezione. I fedeli, seguendo i presbiteri che recavano in mano rami di palme, hanno formato la processione che è entrata in Cattedrale dopo aver attraversato la gremita piazza del Duomo, tra la curiosità dei passanti. Tra i concelebranti anche il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi. A caratterizzare la celebrazione, la lettura della Passione secondo Luca, proclamata dalle voci dei diaconi Eliseo Galli e Cesare Galantini insieme a don Francesco Gandioli, che il prossimo giugno sarà ordinato sacerdote. Dopo il Passio, mons. Napolioni ha voluto riflettere sul modo in cui celebrare questa Pasqua, ormai alle porte, attraverso la quale la misericordia di Dio si manifesta e mostra tutta la sua bellezza. È duplice il significato di questa particolare giornata che inaugura la Settimana Santa: è sia domenica delle Palme, sia domenica di Passione. È dunque occasione di festa, di accoglienza, dove al centro c’è una folla che acclama, una città che fa spazio, dove si manifesta l’entusiasmo dei semplici, che vedono in Gesù il possibile messia. Ma è anche domenica di sofferenza – ha continuato il Vescovo – nella quale si ricorda, attraverso le parole di san Paolo, che Cristo svuota sé stesso. «Non è il Dio dei nostri applausi, delle nostre piazze. È un Dio che fa spazio, allarga l’orizzonte, si mette da parte e paga per tutti». Il vescovo Antonio ha dunque richiamato lo stile proprio del cristiano, che non deve pretendere di avere il controllo di tutto, lasciando invece agire l’amore di Dio. «Lasciamoci prendere per mano dal vuoto di Dio per fare vuoto anche dentro di noi», è stato l’invito di mons. Napolioni, all’inizio della Settimana Santa. L’affollamento di pensieri, le cose da fare devono lasciare spazio allo stupore, alla contemplazione del grande mistero di Dio. In questo viene in aiuto il Vangelo della Passione di Luca che raffigura questo atteggiamento con tre delicate pennellate: il pianto delle donne, la preghiera del ladrone e il perdono che Gesù rivolge ai suoi uccisori. Questi devono essere gli sguardi attraverso i quali vivere in pienezza la prossima Pasqua di Risurrezione. Durante la Settimana Santa il Vescovo presiederà in Cattedrale la Messa crismale con tutti i sacerdoti della diocesi (giovedì mattina) e le celebrazioni del Triduo pasquale che culmineranno con la Veglia di Pasqua, solenne celebrazione e centro di tutto l’anno liturgico, nella quale saranno battezzati undici catecumeni adulti. Photogallery Il Vescovo nel Pontificale del 27 marzo: «Mi auguro che Cremona sia una città della Pasqua» «Oggi sono molto emozionato e contento, perché il vescovo è il testimone del Risorto«». È con queste parole che mons. Antonio Napolioni ha aperto l’omelia della solenne Messa pontificale di Pasqua, presieduta in Cattedrale nella mattina di domenica 27 marzo. E subito il riferimento è andato al suo predecessore, anch’egli presente in presbiterio, e alla successione apostolica garanzia di quel lieto annunzio che è il cuore della Pasqua. «Io, Antonio, – ha affermato il Vescovo – non potrei essere testimone del Risorto se non avessi ricevuto da Dante, e lui da Sandro e ogni vescovo da colui che l’ha consacrato, il Vangelo, la notizia, il fatto, ciò che i primi discepoli hanno visto e udito». «Questa notizia che viene da lontano e che è affidata alla Chiesa si incarna in noi». Poi lo sguardo è andato alla bella Catterdale, «innalzata per la fede nel Risorto». «Tra un po’ compirà mille anni. Pensavo: resisterà ancora per secoli e, magari quando verranno un giorno da qualche altro pianeta e la vedranno, racconterà la nostra fede. Mi auguro non come quelle bomboniere bellissime che mettiamo sull’armadio e si impolverano. Da fuori questa Cattedrale è ricamata nella pietra, dentro canta le meraviglie di Dio. Ma se non ci fossimo noi a renderla viva, a riempirla, e a riaprirla sul mondo e sulla città, se non la facessimo vivere come casa di Dio e dei suoi figli, sarebbe triste, sarebbe la conferma di una storia inutile quella che è stata raffigurata con tanta arte, che è solo un museo». E ha continuato: «Mi auguro che Cremona sia bella come i suoi cremonesi e i cremonesi siano vivi come la loro cattedrale. Mi auguro che Cremona sia una città della Pasqua». «Una città della Pasqua – ha precisato – perché in essa si custodisce e si trasmette la gioia della fede, la certezza della fede e il dinamismo della fede». Facendo riferimento alle letture mons. Napolioni si è quindi soffermato su tre verbi: partire, correre e salire. Il riferimento è stato anzitutto a Pietro che, dopo il tradimento, ha saputo trovare il coraggio e partire per la missione di annunciatore del Regno. «Possiamo ripartire! – ha affermato il Vescovo – È un nuovo principio di vita quello che il Signore risorto ha posto nella storia. Non semplicemente il suo lieto fine, ma il nostro lieto inizio. L’inizio della speranza, l’inizio della capacità d’amare, l’inizio di una nuova giustizia». Poi la corsa delle donne dopo la scoperta della tomba vuota e la corsa degli apostoli al sepolcro. «Noi corriamo troppo per ciò che non ci dà speranza! – ha messo in guardia il Vescovo – Dobbiamo ritrovare la capacità di correre con l’anima, laddove il Signore ci dà appuntamento, dove si rivela, dove ci rincuora, dove si chiede di essere le sue mani e i suoi piedi per coloro che lo cercano e non ne hanno l’esperienza. Correre là dove c’è bisogno di servire, di amare, di annunciare il Vangelo». Infine «salire», rivolgendo il pensiero alle cose di lassù, ma non per una fuga dalle responsabilità: «I cristiani che credono nel Cristo morto e risorto – ha precisato il Vescovo – non si estraneo dalla storia, ma ne conoscono l’orizzonte definitivo. Sanno dove porta la sequela di lui. Queste verità ci fanno mobilitare allora tutte le energie della mente, del corpo, dello spirito per vivere pienamente l’oggi che c’è stato dato, ma senza paura che i giorni che passano ci sottraggano qualcosa». Da qui l’augurio per questo giorno di Risurrezione: «Viviamo allora il giorno di Pasqua – ha concluso il Vescovo – come un Natale, con un nuovo indirizzo, come un nuovo punto di partenza per noi e per le situazioni che più sentiamo appesantite e ingarbugliate. Preghiamo il Signore, che ci dona il suo spirito, perché ci suggerisca le parole e i gesti, i silenzi e i sorrisi, tutto ciò che sarà opportuno per testimoniare che davvero Lui il risorto e che la nostra vita ha un senso grande al quale egli è fedele, lo porterà a compimento. Questo giorno fatto dal Signore non tramonterà. E allora anche la notte non farà più paura». Insieme al vescovo Antonio hanno concelebrato l’Eucaristia l’emerito, mons. Dante Lafranconi, e i canonici del Capitolo, insieme anche al delegato episcopale per la Pastorale. A caratterizzare il canto della medievale “Sequenza di Pasqua” prima della proclamazione del Vangelo e l’aspersione dei fedeli con l’acqua benedetta all’inizio della celebrazione: la stessa acqua che durante la veglia pasquale è servita per battezzare 14 catecumeni che proprio mons. Napolioni ha voluto ricordare nella preghiera dei fedeli, insieme a tutti i ragazzi che nelle prossime settimane riceveranno, nelle proprie parrocchie, i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. La Messa, che ha visto la presenza per il servizio d’ordine dell’Associazione nazionale carabinieri, è stata animata con il canto dal Coro della Cattedrale, diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi. L’accompagnamento musicale è stato affidato agli organisti Fausto Caporali (al Mascioni) e Marco Ruggeri (al Positivo), insieme al trombettista Giovanni Grandi. Il servizio liturgico, coordinato dal cerimoniere vescovile don Flavio Meani, era affidato, come per tutte le celebrazioni della Settimana Santa, ai seminaristi diocesani, con il diacono don Francesco Gandioli che ha servito all’altare. La celebrazione, trasmessa in diretta televisiva su Cremona1, come le liturgie dell’intera Settimana Santa è stata trasmessa anche via radio su RCN e in streaming audio-video sul nostro portale, grazie alla sinergia con il centro di produzione televisiva diocesano diretto da mons. Attilio Cibolini. Alle 17 in Cattedrale l’ultimo appuntamento del Triduo Pasquale, con il canto dei Secondi Vespri di Pasqua presieduti dal vescovo Napolioni alla presenza dei Perinsigne Capitolo della Cattedrale. canonici del Al Palazzetto dello Sport l'abbraccio dei giovani al Vescovo Antonio Mancano ormai pochi giorni al grande incontro del nuovo vescovo di Cremona, mons. Napolioni, con i giovani della diocesi. L’occasione sarà la Veglia delle Palme, in programma sabato 19 marzo a partire dalle ore 18, al Palazzetto dello Sport di Cremona. Promosso dall’ufficio di pastorale giovanile, diretto da don Paolo Arienti, l’appuntamento di preghiera, riflessione e fraternità vedrà affluire oltre mille ragazzi dai 16 anni in su. «Quest’anno – racconta don Arienti – ci sono due novità: la prima, la presenza del vescovo Antonio che inaugura una serie di incontri con i ragazzi della diocesi; la seconda, l’orientamento della Veglia alla Gmg di Cracovia del luglio prossimo sul tema «Beati i misericordiosi». Di qui le parole del Vescovo, i gesti, le testimonianze, la centralità della croce di cui sarà proposta una suggestiva adorazione in rapporto a situazioni che proiettano la croce stessa, contemporaneamente, per i cristiani segno di dolore e di speranza, sull’orizzonte del mondo, con le sue urgenze e le sue grida di miseria». Il momento di preghiera avrà inizio con la «costruzione» della croce stessa, grazie al contributo di due giovani che porteranno, esprimendolo con gesti precisi e iconici, un vissuto che ha attraversato il mistero pasquale: Filippo, 19 anni, reduce da una battaglia vinta contro la leucemia, e Iannik, profugo dalla Costa D’Avorio, testimone di uno degli infiniti viaggi della speranza per il Mediterraneo. «A rilanciare poi la concretezza, spesso quotidiana delle opere di misericordia – precisa don Paolo -, tre interventi di giovani che testimonieranno prassi concrete su tre aree in cui idealmente è possibile articolare le 14 opere di misericordia: “quando c’è in ballo la sopravvivenza”, “quando il fratello chiede più del pane”, “quando occorre andare oltre ciò che si vede”. Parleranno Davide, Irene, Angelo e Benedetta che in forme e secondo esperienze diverse stanno tessendo nella loro esistenza il filo tenace della misericordia, scegliendo di guardare la vita con gli occhi differenti del Vangelo. La scenografia verrà completata da una riproduzione del Samaritano di Van Gogh che con i suoi colori e le sue movenze trasmetterà un ulteriore contributo di dinamismo». Tutto confluirà nel mandato del vescovo Antonio: «Accanto alle palme – prosegue don Paolo -, segno da riportare nelle comunità cristiane per la celebrazione della processione e ai «ganci» che ricordano la Gmg di Cracovia, ci sarà anche l’invito a costruire percorsi di misericordia beata, ovvero di cuore, gesti e stili di vita contenti di fare il bene, di operare con approccio giovane, con entusiasmo e passione, perché il mondo sia più luminoso e in questa luce vengano sollevati quanti giacciono nel male». Durante la serata saranno raccolte offerte che saranno devolute a Caritas Cremonese per sostenere i progetti della «Quaresima di carità»: quest’anno è stato scelto di finanziare la ristrutturazione di “Casa di Nostra Signora” in via Ettore Sacchi che diventerà un centro di accoglienza e inserimento sociale di ragazze in difficoltà. Dopo la cena al sacco, spazio alla pièce del Teatro Minimo «La sosta», suggestiva rilettura contemporanea della parabola del Samaritano. Come ogni anno, i giovani della diocesi inizieranno il cammino della Settimana Santa, confrontandosi con un invito pressante, concreto e praticabile, capace di donare al cuore di ciascuno un orizzonte di vita autentica, quella «vocazione» che è il grande obiettivo della pastorale giovanile. E così conclude don Arienti che propone un impegno: «Rileggere il messaggio di Francesco che ridice l’indole giubilare per i più giovani. A tutti verrà chiesto di sperimentare una misericordia che ha due facce: quella ricevuta, celebrata, accolta e quella donata, impastata nelle cose della vita, aperta alle domande dell’altro e della storia». Sul profilo facebook della diocesi si potrà seguire passo dopo passo l’intera serata, interagendo con commenti e suggestioni. Su Cremona1, canale digitale 211, la veglia sarà ripresentata, in differita la sera stessa, alle ore 21. Scarica la locandina della Veglia 2016