Il 4 aprile al via a Vescovato i “Laboratori del bene comune”,Dal

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Il 4 aprile al via a Vescovato i “Laboratori del bene comune”,Dal
Il
4
aprile
al
via
a
Vescovato i “Laboratori del
bene comune”
Prenderà il via ad aprile il primo dei “Laboratori del bene
comune” promossi nelle diverse zone pastorali dall’Ufficio
diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro. Si tratta di
cinque incontri rivolti ai giovani-adulti delle zone VII e
VIII che si terranno presso l’oratorio “La Rocca” di
Vescovato.
«Dopo l’esperienza degli scorsi anni del corso di alta
formazione per l’impegno sociale e politico – spiega Sante
Mussetola, responsabile dell’Ufficio diocesano per la
Pastorale sociale e del lavoro – abbiamo reimpostato la
proposta formativa. Lo abbiamo fatto senza una ricetta
prestabilita, ma con la volontà di interpellare le zone
pastorali per individuare insieme a loro un percorso che
rispondesse alle esigenze delle parrocchie».
Quello dei “Laboratori del bene comune” è dunque un percorso
tutto da inventare: non c’è un programma prestabilito da
esportare nelle diverse parti della diocesi.
«Noi abbiamo solo due punti fermi – continua Mussetola – da
cui partire: da un lato la metodologia, che intende essere
quella del laboratorio e non delle conferenze; e dall’altro lo
spunto che Papa Francesco ci ha offerto con le encicliche
Laudato si’ e Caritas in veritate».
Lunedì 4 aprile inizia a Vescovato il percorso per le zone VII
e VIII, ma l’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del
lavoro ha interessato anche la città di Cremona, Caravaggio e
Castelleone e l’area Casalasco/Mantovana.
L’obiettivo è chiaro: una maggiore sensibilizzazione su queste
tematiche, anche in vista di una prossima edizione del corso
di alta formazione per l’impegno sociale e politico promosso
in sinergia con l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Per quanto riguarda la città di Cremona la proposta si allarga
a una serie di convegni tra maggio e settembre. Un primo
appuntamento sarà nell’ambito delle festa dei lavoratori e
vedrà intervenire il sottosegretario all’Economia Pierpaolo
Baretta su “Economia, sviluppo e lavoro”. All’inizio di
giugno, invece, il prof. Dino Rinoldi della Cattolica aiuterà
a riflettere su “Partecipazione, rappresentanza e
governabilità in Europa”. Terzo incontro a settembre guardando
alla riforma costituzionale insieme al sottosegretario alle
Riforme Luciano Pizzetti e il costituzionalista
Sabbioni, docente alla Cattolica.
Paolo
Laboratori del bene comune locandina
Dal curare al prendersi cura:
a
Sospiro
un
corso
per
volontari che si occupano di
assistenza
ai
malati
terminali
Prenderà il via nel mese di aprile un corso base per quanti
desiderano, a titolo volontario, occuparsi dell’assistenza ai
malati terminali. Un’iniziativa proposta dalla parrocchia di
Sospiro, in collaborazione con l’ufficio diocesano di
pastorale della salute, che si inserisce a pieno titolo nel
contesto del Giubileo della misericordia e che si rivolge a
quanti desiderano portare conforto e sostegno alle persone
sofferenti, per le quali le cure mediche si rivelano poco
risolutive. Si tratta dunque di una preziosa e
delicata missione alla quale è necessario accostarsi non solo
con grande motivazione, ma anche dopo aver maturato una
adeguata formazione.
“E’ sicuramente una iniziativa impegnativa, delicata, per sua
natura estrema”, afferma don Federico Celini, parroco di
Sospiro, commentando la grande sfida che il corso si pone.
“Credo che non dobbiamo avere paura a offrire e vivere
occasioni in cui esercitare profondamente e pienamente la
misericordia, mettendoci in gioco fino in fondo”.
“Vicino al morente. Dal curare al prendersi cura” è il titolo
del corso base che prevede quattro incontri con diversi
relatori che si svolgeranno presso la sala dell’oratorio di
Sospiro. Il percorso si pone l’obiettivo di sviluppare nei
volontari sensibilità e competenze utili per l’accompagnamento
del malato, ma anche per il sostegno psicologico dei loro
familiari.
Ad aprire gli incontri, venerdì 8 aprile, sarà don Maurizio
Lucini, Responsabile dell’ufficio di Pastorale della Salute,
che introdurrà il tema della vicinanza alla sofferenza e alla
morte, rileggendo l’esperienza della malattia alla luce della
fede cristiana.
Sarà poi la volta di Lino Miglioli, responsabile dei volontari
dell’Hospice – struttura che da anni si occupa dell’assistenza
e cure palliative al malato terminale – che venerdì 15 aprile
tratterà del rapporto con i familiari del morente, in un
incontro dal titolo “Accanto al morente e ai suoi familiari:
le parole da non dire”.
“La dimensione psicologica relazionale” sarà invece il tema di
cui si occuperà la psicoterapeuta Arianna Lima nel terzo
incontro di venerdì 22 aprile.
Infine venerdì 8 maggio don Lucini chiuderà il corso,
approfondendo il tema dell’accompagnamento spirituale, per
riflettere sulla questione della fede vissuta nel difficile
momento del dolore fisico che spesso genera anche sofferenza
spirituale.
Tutti gli incontri si svolgeranno a partire dalle ore
20.45. Il corso è gratuito ed è richiesta l’iscrizione.
“Certamente il Signore ci sosterrà in questo cammino, in cui
vogliamo onorare nei fratelli in situazione di fine vita
Cristo Crocifisso, in attesa della Resurrezione – si augura
don Celini -. Affidiamo tutto questo alla protezione della
Madonna di Lourdes”.
La locandina del Corso
Deceduto mons. Carlo Abbiati,
economo diocesano e canonico
della Cattedrale. Il ricordo
del
vescovo
emerito
Lafranconi
Mons. Carlo Abbiati, figura di spicco del clero cremonese,
economo diocesano e direttore dell’Opera di Religione S.
Omobono dal 1997, oltre che canonico della Cattedrale, è
deceduto all’alba del 21 marzo, lunedì santo, nella clinica
Ancelle della Carità dove era ricoverato da alcune settimane.
Le esequie saranno celebrate dal vescovo Napolioni in
Cattedrale, mercoledì alle ore 10. La camera ardente
è allestita in Seminario (in sala Cazzani; apertura dalle 8
alle 19), dove fu vicerettore dal 1962 al 1966 ed economo dal
1966 al 1987: qui nel pomeriggio di martedì 22 marzo, alle 17,
è in programma un momento di preghiera comunitario. Alle ore 9
di mercoledì 23 marzo il feretro lascerà il Seminario alla
volta della Cattedrale. Dopo le esequie la salma sarà
trasportate a Cassano d’Adda, suo paese d’origine: nella
chiesa di San Zeno, alle ore 14.30, si terrà una celebrazione
esequiale, poi il trasporto nel cimitero locale e la
tumulazione nella cappella dei sacerdoti.
Mons. Carlo Abbiati, nato il 7 febbraio 1939, il 16 giugno
1962 venne ordinato sacerdote insieme ad altri tre
confratelli: mons. Floriano Danini, don Luigi Carrai e don
Emilio Sarzi Amadè (deceduto nel 2013). Il suo primo incarico
pastorale è stato come vicerettore del Seminario, di cui poi,
dal 1966 al 1987, è stato economo. Dal 1985 al 1987, inoltre,
è stato responsabile della Caritas diocesana.
Quindi la promozione a parroco, con il vescovo Assi che gli
affidò la prestigiosa comunità cittadina di S. Agata, che ha
guidato con grande zelo dal 1987 al 1997. In quell’anno il
vescovo Nicolini lo volle economo diocesano: incarico che ha
ricoperto con diligenza e estrema precisione anche
nell’episcopato di mons. Lafranconi e nell’inizio di quello di
mons. Napolioni. Negli stessi anni è stato anche direttore
dell’Opera di religione S. Omobono e assistente dell’Istituto
Figlie di S. Angela Merici. Inoltre, dal 2004 era canonico
del Capitolo della Cattedrale.
Dal 1988 al 2000 mons. Abbiati è stato anche incaricato
diocesano FACI (Federazione nazionale del clero italiano) e
per alcuni mesi del 2015 delegato vescovile “ad interim” per
il Santuario di Caravaggio.
«Ha saputo servire la Chiesa con amore e competenza», così il
vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, sintetizza
la figura di mons. Abbiati. «L’ho conosciuto come economo –
ricorda mons. Lafranconi – e l’ho apprezzato molto per la sua
competenza. Ma soprattutto per la sua capacità di abbinare
questo lavoro, a contatto con problemi economici e
amministrativi, con un senso cristiano ed evangelico. Davvero
ho potuto constatare la sua grande spiritualità sacerdotale,
sempre attento al Signore e al servizio della Chiesa»
Un sacerdote «molto religioso, sensibile e delicato». Lo
ricorda così mons. Danini, suo compagno di Messa e arciprete
emerito di Viadana. «Aveva un fondo di timidezza naturale.
Purtroppo non aveva mai avuto fortuna nella salute: sin dal
seminario e poi più tardi quando, negli ultimi anni, ha dovuto
lottare contro un male difficile da curare». Sempre «attento e
disciplinato», continua ancora mons. Danini ricordando il modo
con il quale ha ricoperto per quasi vent’anni il compito
di economo diocesano. «Un ruolo – precisa mons. Danini –
svolto con particolare intelligenza, attenzione e lealtà al
Vescovo e alle realtà diocesane».
«Abbiamo lavorato insieme per tre anni – ricorda mons.
Giansante Fusar Imperatore, parroco di Cassano San Zeno e nei
suoi primi anni di ministero vicerettore del Seminario quando
don Carlo era economo -. Di lui rammentò una dedizione
puntuale e precisa ai suoi compiti. Aveva una passione
immensa per il Seminario che ha sempre considerato la sua casa
e uno stima grande per tutti i suoi confratelli, in modo
particolare ricordo la profonda fraternità tra lui e mons.
Maurizio Galli, che per lungo tempo, prima di diventare
vescovo di Fidenza, è stato rettore del Seminario».
Il Vescovo ai mille del
PalaSport: «Non pompieri ma
incendiari della misericordia
di Dio»
Alla fine è stato un lungo, caloroso abbraccio quello che i
giovani cremonesi hanno riservato al vescovo Antonio durante
la sua prima veglia delle palme celebrata nel tardo pomeriggio
di sabato 19 marzo, al Palazzetto dello Sport di Cremona.
L’evento, promosso dall’ufficio di pastorale giovanile,
diretto da don Paolo Arienti, con l’ausilio dei collaboratori
della Federazione Oratori nella caratteristica casacca gialla,
ha avuto un inizio davvero suggestivo: la «costruzione» della
croce della Gmg ad opera di due giovani che hanno visto la
loro vita segnata dalla sofferenza, ma che hanno contemplato
anche l’alba della risurrezione. Da un parte Filippo, 19 anni,
reduce da una battaglia vinta contro la leucemia e dall’altra
Iannik, profugo dalla Costa D’Avorio, testimone di uno degli
infiniti viaggi della speranza per il Mediterraneo che per
tante persone. E mentre i due giovani sollevavano la croce al
centro della scena dal grande video è stato proiettato uno
stralcio del messaggio di Papa Francesco per la Gmg di
Cracovia del luglio prossimo dal titolo: «Beati i
misericordiosi».
Accolto da una vera ovazione da stadio, mentre il coro
giovanile della diocesi, diretto da Mauro Viola, intovana
“Emmanuel”, il noto inno della Gmg del grande Giubileo del
2000, intorno alle 18.10 è entrato il vescovo Antonio,
accompagnato da don Francesco Gandioli, diacono del Seminario
che nel prossimo giugno sarà ordinato sacerdote. Mons.
Napolioni subito dopo il saluto liturgico ha ricevuto il
saluto di un collaboratore F.O.Cr., Giovanni, a nome di tutti
i ragazzi presenti. «Siamo contenti di incontrarla – ha
esordito il giovane – e di lasciarci guidare dal suo
entusiasmo e dalla sua preghiera». E poi ancora: «Questa sera
vorremmo che il protagonista di questo incontro, l’ospite
atteso, fosse Gesù Cristo, con il suo Vangelo di profezia, con
la sua chiamata ad un amore vero, operoso e forte». E infine:
«Grazie vescovo Antonio, per i primi passi che sta compiendo
con noi nella Chiesa cremonese, e grazie per l’aiuto che anche
stasera ci vorrà donare. La fede a volte per noi è difficile,
e lei lo sa. Sia per noi maestro di una fede vera. La
accogliamo un po’ come un nostro padre, proprio oggi che è la
festa del papà».
Ad iniettare ancora più entusiasmo, ma anche voglia di
riflettere e meditare il canto dei Queen “Somebody to love”.
Un invito ad amare che si è concretizzato nello svelamento del
quadro del Buon Samaritano di Vincent Van Gogh.
Un giovane lettore, quindi, ha rammentato provocatoriamente
quanto le 14 opere di misericordia al giorno d’oggi siano
considerate desuete, arretrate rispetto ad un mondo che si fa
da sé e che lascia fatalmente indietro chi non è adatto.
Meglio dunque sfruttare l’uomo piuttosto che servirlo,
relegarlo a rango di oggetto o considerarlo come Pinocchio
come una bambola che si può manovrare.
Un breve, ma simpatico mimo di Stefano Priori e Sonia
Balestrero, ha illustrato come la relazione vera conduca a
considerare l’altro non tanto come una marionetta da
manovrare, ma una persona da amare e ad accogliere.
Allora le opere di misericordia non sono un qualcosa fuori dal
tempo, ma realtà che si concretizzano nella cura verso
l’altro. Come nel caso di Irene e Davide che spendono il loro
servizio civile nella Casa dell’Accoglienza di Cremona accanto
ai profughi e ai richiedenti asilo, oppure di Benedetta neuro
psico motricista alla Casa del Sole di Mantova che si occupa
di bambini diversamente abili, o di Angelo, educatore alla
Tenda di Cristo di Acquanegra Cremonese, che ha perdonato la
madre dopo che lo aveva abbandonato da piccolo con il padre
dializzato e malato di cuore.
Storie semplici che dicono che amare e possibile e che la vita
può essere una chiamata, una vocazione.
Le parole degli uomini hanno quindi lasciato lo spazio alla
Parola di Dio. Il diacono Gandioli ha proclamato un brano del
Vangelo di Marco nel quale Gesù invita i suoi discepoli a
«servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Mons. Napolioni nella sua omelia, vero e proprio dialogo con i
mille del PalaSport, ha toccato tutti i grandi temi cari ai
giovani: i dubbi di fede, il senso vero della felicità, il
servizio come autentica realizzazione della propria vita, la
misericordia come unica strada per conquistare pace e
felicità.
Il vescovo Antonio, che all’inizio ha ricordato di aver
vissuto tutta la sua vita sacerdotale in mezzo ai giovani, ha
spronato in modo particolare i ragazzi a non vivere una vita
stile «zapping», senza un filo rosso, ma di affidare a Cristo
i propri desideri sapendo però che il Signore non può agire
senza l’assenso della libertà umana.
Quindi l’invito a «diventare grandi» senza però sgomitare o
calpestare gli altri ma imparando da Gesù, il quale proprio
sulla Croce manifesta che la vera realizzazione dell’uomo è
nel dono totale di sè.
E poi una domanda chiara: «Ci state ad aiutare il Vescovo e i
sacerdoti a rendere trasparenza dell’amore di Cristo questa
nostra Chiesa? Servire è amare! È vero che amare è un verbo
ambiguo e abusato tanto che il papa usata il termine
«Misericordiare» cioè tirare fuori la propria tenerezza verso
chi più ha bisogno». «Bisogna trasmettere al mondo questo
fuoco di misericordia – ha proseguito -. Non pompieri, ma
incendiari non teneroni ma testimoni della misericordia
ricevuta e donata». «Da dove viene la forza della Croce? Essa,
come insegna il Santo Padre Francesco, è il segno più
eloquente della misericordia di Dio: nella croce possiamo
toccare la misericordia del Signore, possiamo lasciarci
toccare dalla sua misericordia».
La riflessione del vescovo Napolioni
Parole che subito si sono tramutate in preghiera con una
suggestiva adorazione della Croce. Il vescovo e i
collaboratori della F.O.Cr. si sono posizionati in ginocchio
dinanzi al grande legno mentre dallo schermo venivano
proiettate immagini eloquenti di giovani e ragazzi la cui
dignità è calpestata dalla cattiveria dell’uomo, ma anche
fotografie di giovani con occhi pieni di speranza. Silenzio,
canto e parole hanno unito in un’unica voce mons. Napolioni e
i mille del PalaSport.
C’è stato poi spazio per la raccolta delle offerte che
quest’anno andrà a favore di Casa di Nostra Signora che una
volta ristrutturata ospiterà donne in difficoltà in ricerca di
un riscatto sociale.
Le parole del Vescovo prima della consegna delle Palme
Mons. Napolioni ha quindi consegnato ai rappresentati di tutti
gli oratori e le associazioni – presenti in modo massiccio i
Neocatecumenali e gli Scout – la palma e un “gancio” che
ricorda la prossima Gmg di Cracovia. È stato proprio il
vescovo Antonio ad annunciare che in Polonia alla fine di
luglio andranno oltre 500 giovani cremonesi.
Infine i ringraziamenti di don Paolo che ha anche ricordato
l’immenente ordinazione di don Francesco: a lui è stato
consegnato un calice e una patena ed è stata strappata la
promessa di celebrare un’Eucaristia per i giovani della
diocesi.
Il saluto del Vescovo prima della benedizione finale
La benedizione episcopale ha quindi concluso la prima parte
della serata.
Dopo la cena al sacco è stato messo in scena lo spettacolo “La
sosta”, a cura del Teatro Minimo: una rivisitazione in chiave
moderna della parabola del buon samaritano. Riflettori puntati
su un locale che, a causa di un improvviso temporale, diventa
luogo di incontro di alcuni personaggi. Costretti a
condividere alcune ore insieme, scoprono che sono molti i
punti che hanno in comune, legati alla strana vicenda di un
barbone trovato sofferente sulla strada. Solo una sempre più
approfondita conoscenza del gruppo permette di leggere quella
vicenda con un’attenzione ben diversa.
Claudio Rasoli
Photogallery della serata:
foto dei gruppi all’arrivo
in attesa della veglia
incontro con il Vescovo (1 parte)
incontro con il Vescovo (2 parte)
altre visuali delle veglia
consegna delle palme
spettacolo “La sosta”
Il Vescovo tra gli ospiti
della Fondazione Germani di
Cingia
Il vescovo Antonio ha dedicato l’intera mattinata di mercoledì
30 marzo alla visita della Fondazione Germani di Cingia de’
Botti, una delle Residenze Assistenziali Sanitarie più
innovative e all’avanguardia dell’intero territorio cremonese.
Il presule, che tra l’altro, per statuto, è a capo del
Consiglio di amministrazione, è giunto poco dopo le 9.30 ed è
stato accolto dal presidente Riccardo Piccioni, dal vice don
Gian Paolo Mauri – parroco di Cingia -, dall’intero Consiglio
e dai vertici amministrativa e sanitari.
Tra di essi il direttore generale Marina Generali, la sua vice
Alberta Seidenari, il direttore sanitario dottoressa Antonella
Spina e il sindaco – che fa parte del consiglio – Pierpaolo
Vigolini. Presente anche il presidente emerito Adelmo Mignoni
al quale si devono i grandi cambiamenti strutturali e
organizzativi della Fondazione.
Mons. Napolioni per quasi un’ora si è intrattenuto con i
vertici della casa di riposo. Piccioni in pochi minuti ha
tratteggiato la storia della Fondazione,
inaugurata nel
maggio 1898, e sorta ad opera della commerciante Elisabetta
Germani. Inizialmente destinata alla cura, assistenza e
ricovero di cronici, infermi di malattie acute, poveri e dei
dipendenti delle cascine di proprietà della Fondatrice nel
corso degli anni si è trasformata in casa di riposo arrivando
ad ospitare anche 400 persone. Dopo gli anni Novanta si è
avviata una vera e propria trasformazione della struttura che
ha visto la diminuzione dei posti letti – oggi sono 320 – e un
raddoppio degli spazi e anche del personale. «Attualmente – ha
spiegato la dottoressa Generali – alla Fondazione vi lavorano
250 persone. In questi anni, nonostante la crisi, abbiamo
assunto più di quelli che sono andati in pensione, anche con
contratti a tempo indeterminato. Teniamo molto al benessere
dei nostri dipendenti, per questi investiamo tanto in
formazione e abbiamo anche creato una palestra tutta per
loro». Generali ha poi sottolineato i tanti servizi che la
Fondazione offre: «Siamo in continua evoluzione, cerchiamo
sempre di essere al passo con i tempi di esercitare la nostra
creatività. Siamo stati i primi, per esempio, ad inaugurare un
centro diurno integrato, che attualmente è il più grande della
provincia ed è l’unico ad essere aperto anche il sabato e la
domenica. Tra i progetti futuri c’è anche un giardino aperto
alla cittadinanza: un modo per far entrare il paese dentro la
nostra casa di riposo così che possa apparire, per i nostri
ospiti e familiari, la più viva possibile».
Piccioni ha anche ricordato come la Fondazione sia sempre
stata aperta e accogliente anche verso altre tipologie di
bisognosi: così fu per i profughi e gli sfollati delle due
grandi guerre, i terremoti e da ultimi anche i richiedenti
asilo giunti dall’Africa: in queste settimane sono presenti
sei giovani del Mali che durante il giorno segue i percorsi di
integrazione della
dell’Accoglienza.
Caritas
diocesana
presso
la
Casa
Brevemente sono intervenuti anche gli altri consiglieri: il
prof. Rescaglio ha auspicato un coinvolgemento maggiore delle
parrocchie per avere nuovi e numerosi volontari, il sindaco
Vigolini ha elogiato la vitalità della struttura che non solo
perchè serve il paese in termini assistenziali, ma anche
economico-lavorativi. Infine il nuovo consigliere Magnoni –
figlio dell’ex presidente – ha augurato una maggiore apertura
verso il territorio. Don Mauri ha brevemente illustrato il
servizio religioso che viene offerto quotidianamente grazie
anche alla presenza di una suora «Ancella della Carità» e di
diversi volontari.
Da parte sua mons. Napolioni ha spronato a continuare su
questa linea di innovazione e di attenzione alle singole
persone sottolineando come la valorizzazione dell’ultima
stagione della vita dell’uomo dia qualità alla vita di tutti:
«Difendere e promuovere la dignità dell’anziano – ha
specificato -, ma anche la sua morte è un servizio che va a
beneficio di tutti, soprattutto in questo tempo in cui la
nostra società censura la morte».
È quindi seguita la visita ad alcuni reparti e al centro
diurno integrato dove gli ospiti stavano attendendo il pranzo.
Particolarmente toccate l’incontro del presule con i degenti
del padiglione mons. Bonomelli composto in prevalenza da
disabili psichici. Per questi ragazzi l’arrivo del presule è
stato un vero e proprio evento di gioia. Per mons. Napolioni
tre regali tutti fatti dagli ospiti: un vasetto di fiori di
stoffa, una cornice col nome del reparto e il suo stemma fatto
a mano con la stoffa e incorniciato. Tutti doni che il vescovo
Antonio ha gradito moltissimo. Durante la visita non sono
mancati altri regali o lettere scritte dagli ospiti: «Vi
risponderò presto» ha promesso mons. Napolioni. C’è stato
tempo anche per una stretta di mano e una battuta con i
profughi del Mali accompagnati da don Antonio Pezzetti,
direttore della Caritas diocesana.
Prima del congedo dalla struttura il Vescovo si è intrattenuto
con il personale durante un piccolo rinfresco culminato con il
taglio della torta.
Photogallery
Visita del vescovo Napolioni
alla casa di riposo “Giovanni
e Luciana Arvedi” di Cremona
Domenica delle Palme alquanto particolare per gli ospiti della
casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi”, nell’ex clinica
“La Pace” di via Massarotti, a Cremona. A presiedere
l’Eucaristia è stato, infatti, il vescovo Antonio Napolioni,
che ha poi visitato la struttura incontrando personalmente gli
anziani insieme ai loro familiari presenti.
Ad accogliere il Vescovo i dirigenti della Fondazione “La Pace
onlus” insieme a una rappresentanza dello staff della
struttura sanitaria. Insieme al presidente Umberto Lonardi
erano presenti in particolare la direttrice generale Silvia
Galli e il direttore sanitario Luciano Filippini. Presenti
anche alcuni membri del Consiglio di questa fondazione che
nasce dalla collaborazione delle case di riposo di
Casalmorano, Castelverde, Cingia de’ Botti e San Bassano
insieme alla “Società di mutuo soccorso e previdenza tra i
sacerdoti della diocesi di Cremona” e alla Cooperativa
“Armonia”.
Ad accogliere mons. Napolioni sono stati quindi alcuni degli
ospiti della struttura, sulle proprie carrozzine nel corridoio
d’ingresso, quasi come uno schieramento d’onore, con i
ramoscelli d’olivo in mano.
È stata quindi celebrata la Messa, con alcuni dei degenti in
cappella e altri che hanno seguito la liturgia attraverso un
maxischermo allestito nel salone attiguo. Accanto a loro
famigliari, volontari e gli operatori della Casa, con le suore
Adoratrici che qui prestano servizio.
Accanto al vescovo il cappellano don Achille Bolli e don
Francesco Lucchi, ospite della casa, così come mons. Mario
Cavalleri, don Enrico Prandini e don Luciano Sottili. C’erano
poi il segretario vescovile don Flavio Meani, il presidente
della Società di mutuo soccorso e previdenza tra i sacerdoti
don Gianbattista Piacentini e don Marco d’Agostino,
vicepreside del liceo Vida, presente settimanalmente nelle
struttura con alcune studenti per un progetto didattico che
vede coinvolti gli anziani ricoverati.
Presenti anche i benefattori: il cavalier Giovanni Arvedi con
la moglie Luciana insieme alla famiglia Caldonazzo.
Dopo la lettura della Passione, mons. Napolioni nella sua
riflessione ha indirizzato lo sguardo alla Settimana Santa:
non una abitudine che si rinnova, ma il segno di una reale
figliolanza divina, che dunque «coinvolge» ciascuno nella
Passione. In particolare il Vescovo si è soffermato
sull’immagine evangelica dell’asino usato da Gesù per entrare
in Gerusalemme e con un richiamo all’asino presente della
mangiatoia. «Nessuno di noi è mai inutile», ha ribadito con
forza mons. Napolioni sottolineando come ciascuno è parte
importante nel progetto di Dio. E proprio in questo senso il
pensiero del Vescovo è andato a tutti coloro che si prendono
cura degli anziani, «che nella società sono considerati
scarti», in questa struttura: dallo staff dirigenziale agli
operatori e i volontari, senza dimenticare neppure i
benefattori che hanno reso possibile la realizzazione di
questa importante opera.
Poi l’augurio di poter sperimentare «la pace» del Signore,
«frutto maturo della Pasqua» e espressione d’amore. Con il
Vescovo che ha giocato facendo riferimento al nome della
clinica presente in passato in questa struttura.
«Il Signore ha bisogno di noi – ha concluso il Vescovo – e noi
abbiamo bisogno degli altri. Lo riconosciamo e siamo in pace.
Perché siamo onesti: le cose stanno così, non stanno come dice
la cultura dominante per la quale chi non ha bisogno degli
altri e fa tutto da sé si realizza con le sue forse sta in
pace. No: ve lo dico nel nome del Signore. E preghiamo perché
tutti se ne accorgano. E che questa pace raggiunga e contagi
chi ancora non l’ha assaporata. Perché c’è ancora tanta
sofferenza e tanta solitudine che attende di essere raggiunta
dal Cristo, morto e risorto per noi, e dalle sue membra che
siamo noi».
L’omelia del vescovo Napolioni
Al termine della Messa, dopo il saluto del cappellano don
Bolli, il Vescovo ha ringraziato tutti coloro che, a diverso
modo, operano nella struttura sanitaria. E ha voluto poi
esprimere parole di particolare affetto e riconoscenza al
«pezzetto sofferente ma preziosissimo del nostro presbiterio»:
«Diciamo che abbiamo fatto un po’ di Messa Crismale – ha detto
mons. Napolioni –. Grazie per la vostra testimonianza. Offrite
ancora da sacerdoti la vostra sofferenza insieme alla Pasqua
di Gesù».
E poi, dopo un ricordo personale a sua mamma, vissuta negli
ultimi cinque anni di vita in una casa di riposo, anche un
monito a quanti hanno compiti di responsabilità in questa
struttura, perché questa Casa possa essere sempre all’altezza
dell’importante compito cui è chiamata a rispondere. E il
riferimento è stato anche ai fatti di cronaca dei giorni
scorsi: «Soffro terribilmente quando vedo immagini come quelle
trasmesse dalla televisione, accadute non lontane da qui. Che
il Signore ci tenga lontani, tutti, da quelle leggerezza, da
quelle violenze, da quelle assurdità di cui la miseria umana è
capace e possiamo andare fieri di come custodiamo i nostri
anziani che, di turno, ci precedono nella fatica del cammino».
Il saluto di don Bolli e le parole di mons. Napolioni
Conclusa la Messa il coro formato da alcuni degli anziani
della Casa ha intrattenuto il Vescovo con un breve momento
musicale, inaugurato con la canzone Mamma. Lo stesso mons.
Napolioni si è unito al canto, supportato anche da alcune
volontarie Avulss. Poi proprio dal Vescovo la richiesta di una
canzone: La Valsugana. Quindi in dono al Vescovo un cestino
pasquale, completamente realizzato dagli ospiti della Casa.
Mons. Napolioni ha quindi avuto modo di visitare i vari
reparti, dove ha di nuovo incontrato gli ospiti, con i quali
si è intrattenuto volentieri tra momenti di allegria e altri
più profondi, in cui il Vescovo ha condiviso storie di vita e
difficoltà della quotidianità. Una visita conclusa nel parco
della struttura, per una preghiera davanti alla grotta della
Madonna di Lourdes.
La casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi”, aperta il 10
febbraio 2014 e ufficialmente inaugurata il 21 giugno dello
stesso anno, conta circa un centinaio di ospiti tra RSA,
comunità alloggio, alloggi protetti e centro diurno.
Il complesso de “La Pace”, un tempo di proprietà della
Congregazione delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento
di Rivolta d’Adda, è stato acquistato dal cavalier Giovanni
Arvedi che l’ha donato alla Diocesi di Cremona che, a sua
volta, l’ha messo a disposizione della Fondazione “La Pace
onlus”. Sempre il Cavalier Arvedi ha deciso di accollarsi gli
oneri dell’intervento di manutenzione straordinaria.
Photogallery
Mons. Napolioni nella veglia
di Pasqua: «Rischiamo di
fermarci a un Cristo sepolto
e vivere un Cristianesimo che
non produce vita»
Per il prima volta il vescovo Antonio Napolioni ha conferito
in diocesi i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Lo ha
fatto nella solenne veglia pasquale di sabato 26 marzo, nella
quale ha battezzato, cresimato e comunicato 14 catecumeni
originari di Albania, Costa d’Avorio, Camerun e Iran. Segno di
una «Chiesa viva», ha affermato il Vescovo sottolineato come
solo l’incontro con volti e parrocchie ha saputo far nascere
il desiderio di entrare a far parte della comunità dei
discepoli di Cristo. Per questo mons. Napolioni ha voluto
rivolgere un particolare ringraziamento non solo a don Antonio
Facchinetti, responsabile diocesano per il Catecumenato, ma
anche a tutti i parroci, i catechisti, i garanti e le famiglie
che hanno accompagnato il percorso dei catecumeni. «Siete e
siamo una Chiesa viva – ha detto il Vescovo – dove Cristo è
vivo e parla e chiama e dona la fede a nuovi fratelli e
sorelle».
La lunga veglia è iniziata alle 21.30 nel cortile del Palazzo
Vescovile dove, nella totale oscurità, è iniziata la liturgia
della luce con il Vescovo che prima ha benedetto il fuoco e
poi ha preparato il cero, simbolo di Cristo Risorto, dalla cui
fiamma sono state accese le candele dei fedeli.
Quindi, in processione verso la Cattedrale, per tre volte il
diacono don Francesco Gandioli ha innalzato il grande cero
acclamando a Cristo luce del mondo. La terza volta l’ha fatto
nella navata centrale, ai piedi dell’altare. Solo allora anche
le luci del massimo tempio cittadino sono stata accese. Poi,
una volta incensato il cero pasquale, don Gandioli ha cantato
l’Exultet, l’antico inno del preconio su musica di don Antonio
Parisi.
Ha quindi preso avvio la seconda parte della veglia, quella
della liturgia della Parola, ascoltando i sette lunghi brani
biblici che hanno ripercorso la storia della salvezza fino
al solenne canto del Gloria, che ha di nuovo “sciolto” le
campane e inondato di luce la Cattedrale. Poi la lettura
dell’epistola di Paolo e il suggestivo annuncio dell’Alleluia
con la proclamazione del Vangelo della Risurrezione.
«Moltiplicassimo all’infinito il colore, la musica, i profumi,
i segni della festa – ha esordito il Vescovo nell’omelia – per
quante sono le cattedrali e le chiese della terra non
basterebbe a esprimere lo stupore e la gioia per quello che
questa notte custodisce e ci dona. Non solo la memoria di un
fatto: Gesù risuscitò dai morti. Ma ciò che quel fatto ha reso
possibile nel tempo, fino alla fine dei tempi».
Mons. Napolioni guardando alla Risurrezione ha riflettuto su
cosa significa nascere di nuovo. Eppure spesso l’uomo vive
atteggiamenti del tutto opposti: «Ancora oggi in nome di Dio,
o magari usando come scusa il nome di Dio, – ha ricordato il
Vescovo – si uccide, si semina odio. Ancora oggi bestemmiamo
Dio in mille modi: non tanto con le labbra, ma con la nostra
vita. Profaniamo il tempio di Dio che è un ogni bambino, ogni
creatura, il più povero, il più debole». E poi ha proseguito:
«Abbiamo le nostre storie, le nostre culture, ma tutti
rinasciamo da quell’acqua».
«Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati», ha
ricordato ai catecumeni mons. Napolioni che, guardando
all’etimologia del termine “puro”, ha proseguito: «Un cuore
infuocato non congelato. Dunque non un cuore che, per paura,
non tocca la vita, non si sporca, non si compromette. Ma un
cuore che, come quello di Gesù, si spacca, si apre e genera la
salvezza, la fraternità, la misericordia, il perdono, la
speranza. Solo chi si lascia infuocare dallo spirito di Dio fa
questa esperienza». Un cuore nuovo, dunque, non a motivo
di «un trapianto», ha scherzato il Vescovo, ma a motivo del
cambiamento che deriva dall’adesione al Vangelo.
«Voi non avete un cuore di pietra – ha detto ancora – nessuno
di noi pensa di averlo. Ma capita di indurirci tutte le volte
in cui pensiamo di farcela da soli e assecondiamo i nostri
istinti e diventiamo testardi e non dialoghiamo più: in
famiglia non ci si capisce più e gli altri sbagliano sempre e
crescono tra noi i muri, le divisioni e i conflitti.
Diventiamo di pietra! Il cuore di carne che Gesù ci offre è il
suo. Non è semplicemente intenerire i nostri sentimenti,
ammorbidirci. No, ci dice: Io vivrò in te, tu puoi condividere
tutto di me. Certo, passando per la croce, per la via stretta,
unendoci alla sua passione, godendo del suo rapporto con il
Padre, lasciandoci accendere dal suo stesso spirito».
Poi il riferimento alla terza comunità neocatecumenale di S.
Ilario e S. Agata presente con indosso le vesti bianche
conferite proprio nei giorni precedenti dal Vescovo. «Alcuni
fratelli – ha spiegato mons. Napolioni – indossano una veste
bianca perché sono al culmine di un lungo cammino di
riscoperta del Battesimo. Siamo pronti a morire e risorgere?
Siamo pronti a diventare vivi del Cristo risorto e di un
Cristianesimo che, dunque, non possiamo cercare tra i morti?».
E ancora: «A volte rischiamo di fermarci a un Cristo sepolto e
a vivere un Cristianesimo che non produce vita. Voi, invece,
stasera – ha detto ancora rivolto ai catecumeni – ci aiutate a
diventare tutti più vivi, più presenti, più palpitanti con la
nostra umanità fatta di limiti e di peccati, ma abitata e
trasfigurata dal Signore risorto che, non solo ci rigenera nel
Battesimo, ma ci nutre continuamente con i Sacramenti, con
l’Eucaristia: ci fa diventare il suo corpo, la sua presenza
viva. Ecco perché la veglia pasquale è la madre del cammino
della Chiesa».
Infine un auspicio: «Mi auguro – per me e per voi e per tutti
– che questa celebrazione ci seduca, cioè ci innamori di
Cristo, ci porti a Lui, ci unisca a Lui e faccia di noi un
segno visibile di Lui risorto. Non avremo il coraggio di dire,
come san Paolo, “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in
me”. Forse non riusciremo a dire “Per me vivere è Cristo e
morire è un guadagno”. Ma lo Spirito Santo può dilatare il
nostro cuore e può far crescere la nostra fede fino a pensieri
e sentimenti come questi. Perché ce ne accorgeremo che solo in
lui trova senso la nostra vita, solo in Lui vivente noi siamo
vivi e immortali».
La celebrazione è proseguita con la liturgia battesimale,
aperta dalla chiamata degli eletti da parte di don
Facchinetti. Il gruppo più consistente di Cremona: dalla
parrocchia di S. Michele Rudina Mecaj, originaria
dell’Albania, e Marie Beugre e Franck Dongo, della Costa
d’Avorio; così come Carine Yedo Assoma, del Cambonino. Di
origini ivoriane anche Sylvestre Yao N’goran di Bonemerse e
Joelle Kouassi Ahou e Ange Gouanet Rostan di Piadena.
Originari dell’Albania Todi Prendi e Juliana Prendi (di
Scandolara Ravara), così come Bardhi Kaci e Eglantina Pjetri
Kaci (di Casirate d’Adda) e Fran Biba (di Cassano d’Adda). Da
Cassano anche Dominique Annette Naossi Nadia, originaria del
Camerun. Originaria di Tehran (Iran) Fariba Zahmatkesh Oladi,
di Casalmaggiore.
Dopo il canto delle litanie, la benedizione dell’acqua e la
professione di fede, ogni catecumeno, accompagnato dai propri
padrini o madrine, si è avvicinato al fonte, posizionato al
centro del presbiterio, per ricevere sul capo l’acqua
benedetta, che mons. Napolioni ha imposto attingendo l’acqua
dal fonte con la propria mano. La consegna della veste bianca
da parte del Vescovo e della candela accesa con la fiamma del
cero pasquale ai padrini e alle madrine, perché la
consegnassero ai neobattezzati, hanno evidenziato la nuova
dignità di figli di Dio di questi 14 adulti.
A seguire mons. Napolioni ha amministrato il sacramento della
Confermazione.
Dopo la liturgia eucaristica, invece, i nuovi cristiani
l’hanno ricevuto la Prima Comunione, sotto forma delle due
specie.
Insieme a mons. Napolioni hanno concelebrato il responsabile
diocesano del Servizio per il Catecumenato, don Antonio
Facchinetti, alcuni dei canonici del Capitolo con il
presidente mons. Giuseppe Perotti e diversi altri sacerdoti,
tra cui il rettore del Seminario, don Enrico Trevisi, e il
direttore spirituale don Primo Margini, il delegato episcopale
per la Pastorale, don Irvano Maglia, e i sacerdoti che hanno
seguito il cammino dei catecumeni, oltre a don Franco
Regonaschi (collaboratore parrocchiale a S. Ilario e S. Agata)
e don Pierangelo Pedretti (incardinato nella diocesi di Roma)
che insieme agli altri membri della terza comunità del Cammino
neocatecumenale di S. Ilario lo scorso 21 marzo a Palazzo
Vescovile hanno ricevuto da mons. Napolioni la veste bianca al
termine del percorso di riscoperto del Battesimo durato 25
anni.
La solenne veglia pasquale si è conclusa con un particolare
saluto alla Madre del Risorto: mentre mons. Napolioni
incensava la pala dell’Assunta che troneggia nell’abside, il
Coro della Cattedrale (che sotto la direzione del maestro don
Graziano Ghisolfi ha accompagnato l’intera liturgia,
supportato dal suono dell’organo e di una tromba) ha intonato
il “Regina coeli laetare”, il tipico canto mariano del tempo
di Pasqua.
Photogallery:
Lucernario in Palazzo Vescovile e in Cattedrale
Liturgia della Parola
Battesimo dei Catecumeni
Cresima dei Catecumeni
Liturgia eucaristica
«Lasciamoci prendere per mano
dal vuoto di Dio»: l'invito
del
vescovo
Antonio
all'apertura della Settimana
Santa
Come in tutte le parrocchie della diocesi, anche in Cattedrale
è stata celebrata dal vescovo Antonio la Santa messa della
Domenica delle Palme, che apre la Settimana Santa, dopo le
cinque settimane di Quaresima. Prima di iniziare la liturgia
eucaristica in Duomo, presso la chiesa di San Girolamo, in via
Sicardo,
mons. Napolioni ha benedetto i rami di ulivo,
dopodiché è stato proclamato il Vangelo dell’ingresso di Gesù
a Gerusalemme, avvenuto nei giorni precedenti la sua passione,
morte e risurrezione.
I fedeli, seguendo i presbiteri che recavano in mano rami di
palme, hanno formato la processione che è entrata in
Cattedrale dopo aver attraversato la gremita piazza del Duomo,
tra la curiosità dei passanti. Tra i concelebranti anche il
vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi.
A caratterizzare la celebrazione, la lettura della Passione
secondo Luca, proclamata dalle voci dei diaconi Eliseo Galli e
Cesare Galantini insieme a don Francesco Gandioli, che il
prossimo giugno sarà ordinato sacerdote.
Dopo il Passio, mons. Napolioni ha voluto riflettere sul modo
in cui celebrare questa Pasqua, ormai alle porte, attraverso
la quale la misericordia di Dio si manifesta e mostra tutta la
sua bellezza. È duplice il significato di questa particolare
giornata che inaugura la Settimana Santa: è sia domenica delle
Palme, sia domenica di Passione. È dunque occasione di festa,
di accoglienza, dove al centro c’è una folla che acclama, una
città che fa spazio, dove si manifesta l’entusiasmo dei
semplici, che vedono in Gesù il possibile messia. Ma è anche
domenica di sofferenza – ha continuato il Vescovo – nella
quale si ricorda, attraverso le parole di san Paolo, che
Cristo svuota sé stesso.
«Non è il Dio dei nostri applausi, delle nostre piazze. È un
Dio che fa spazio, allarga l’orizzonte, si mette da parte e
paga per tutti». Il vescovo Antonio ha dunque richiamato lo
stile proprio del cristiano, che non deve pretendere di avere
il controllo di tutto, lasciando invece agire l’amore di Dio.
«Lasciamoci prendere per mano dal vuoto di Dio per fare vuoto
anche dentro di noi», è stato l’invito di mons. Napolioni,
all’inizio della Settimana Santa.
L’affollamento di pensieri, le cose da fare devono lasciare
spazio allo stupore, alla contemplazione del grande mistero di
Dio. In questo viene in aiuto il Vangelo della Passione di
Luca che raffigura questo atteggiamento con tre delicate
pennellate: il pianto delle donne, la preghiera del ladrone e
il perdono che Gesù rivolge ai suoi uccisori. Questi devono
essere gli sguardi attraverso i quali vivere in pienezza la
prossima Pasqua di Risurrezione.
Durante la Settimana Santa il Vescovo presiederà in Cattedrale
la Messa crismale con tutti i sacerdoti della diocesi (giovedì
mattina) e le celebrazioni del Triduo pasquale che
culmineranno con la Veglia di Pasqua, solenne celebrazione
e centro di tutto l’anno liturgico, nella quale saranno
battezzati undici catecumeni adulti.
Photogallery
Il Vescovo nel Pontificale
del 27 marzo: «Mi auguro che
Cremona sia una città della
Pasqua»
«Oggi sono molto emozionato e contento, perché il vescovo è il
testimone del Risorto«». È con queste parole che mons. Antonio
Napolioni ha aperto l’omelia della solenne Messa pontificale
di Pasqua, presieduta in Cattedrale nella mattina di domenica
27 marzo.
E subito il riferimento è andato al suo predecessore,
anch’egli presente in presbiterio, e alla successione
apostolica garanzia di quel lieto annunzio che è il cuore
della Pasqua. «Io, Antonio, – ha affermato il Vescovo – non
potrei essere testimone del Risorto se non avessi ricevuto da
Dante, e lui da Sandro e ogni vescovo da colui che l’ha
consacrato, il Vangelo, la notizia, il fatto, ciò che i primi
discepoli hanno visto e udito». «Questa notizia che viene da
lontano e che è affidata alla Chiesa si incarna in noi».
Poi lo sguardo è andato alla bella Catterdale, «innalzata per
la fede nel Risorto». «Tra un po’ compirà mille anni. Pensavo:
resisterà ancora per secoli e, magari quando verranno un
giorno da qualche altro pianeta e la vedranno, racconterà la
nostra fede. Mi auguro non come quelle bomboniere bellissime
che mettiamo sull’armadio e si impolverano. Da fuori questa
Cattedrale è ricamata nella pietra, dentro canta le meraviglie
di Dio. Ma se non ci fossimo noi a renderla viva, a riempirla,
e a riaprirla sul mondo e sulla città, se non la facessimo
vivere come casa di Dio e dei suoi figli, sarebbe triste,
sarebbe la conferma di una storia inutile quella che è stata
raffigurata con tanta arte, che è solo un museo». E ha
continuato: «Mi auguro che Cremona sia bella come i suoi
cremonesi e i cremonesi siano vivi come la loro cattedrale. Mi
auguro che Cremona sia una città della Pasqua». «Una città
della Pasqua – ha precisato – perché in essa si custodisce e
si trasmette la gioia della fede, la certezza della fede e il
dinamismo della fede».
Facendo riferimento alle letture mons. Napolioni si è quindi
soffermato su tre verbi: partire, correre e salire. Il
riferimento è stato anzitutto a Pietro che, dopo il
tradimento, ha saputo trovare il coraggio e partire per la
missione di annunciatore del Regno. «Possiamo ripartire! – ha
affermato il Vescovo – È un nuovo principio di vita quello che
il Signore risorto ha posto nella storia. Non semplicemente il
suo lieto fine, ma il nostro lieto inizio. L’inizio della
speranza, l’inizio della capacità d’amare, l’inizio di una
nuova giustizia».
Poi la corsa delle donne dopo la scoperta della tomba vuota e
la corsa degli apostoli al sepolcro. «Noi corriamo troppo per
ciò che non ci dà speranza! – ha messo in guardia il Vescovo –
Dobbiamo ritrovare la capacità di correre con l’anima, laddove
il Signore ci dà appuntamento, dove si rivela, dove ci
rincuora, dove si chiede di essere le sue mani e i suoi piedi
per coloro che lo cercano e non ne hanno l’esperienza. Correre
là dove c’è bisogno di servire, di amare, di annunciare il
Vangelo».
Infine «salire», rivolgendo il pensiero alle cose di lassù, ma
non per una fuga dalle responsabilità: «I cristiani che
credono nel Cristo morto e risorto – ha precisato il Vescovo –
non si estraneo dalla storia, ma ne conoscono l’orizzonte
definitivo. Sanno dove porta la sequela di lui. Queste verità
ci fanno mobilitare allora tutte le energie della mente, del
corpo, dello spirito per vivere pienamente l’oggi che c’è
stato dato, ma senza paura che i giorni che passano ci
sottraggano qualcosa».
Da qui l’augurio per questo giorno di Risurrezione: «Viviamo
allora il giorno di Pasqua – ha concluso il Vescovo – come un
Natale, con un nuovo indirizzo, come un nuovo punto di
partenza per noi e per le situazioni che più sentiamo
appesantite e ingarbugliate. Preghiamo il Signore, che ci dona
il suo spirito, perché ci suggerisca le parole e i gesti, i
silenzi e i sorrisi, tutto ciò che sarà opportuno per
testimoniare che davvero Lui il risorto e che la nostra vita
ha un senso grande al quale egli è fedele, lo porterà a
compimento. Questo giorno fatto dal Signore non tramonterà. E
allora anche la notte non farà più paura».
Insieme al vescovo Antonio hanno concelebrato l’Eucaristia
l’emerito, mons. Dante Lafranconi, e i canonici del Capitolo,
insieme anche al delegato episcopale per la Pastorale.
A caratterizzare il canto della medievale “Sequenza di Pasqua”
prima della proclamazione del Vangelo e l’aspersione dei
fedeli con l’acqua benedetta all’inizio della celebrazione: la
stessa acqua che durante la veglia pasquale è servita per
battezzare 14 catecumeni che proprio mons. Napolioni ha voluto
ricordare nella preghiera dei fedeli, insieme a tutti i
ragazzi che nelle prossime settimane riceveranno, nelle
proprie parrocchie, i sacramenti dell’Iniziazione cristiana.
La Messa, che ha visto la presenza per il servizio d’ordine
dell’Associazione nazionale carabinieri, è stata animata con
il canto dal Coro della Cattedrale, diretto dal maestro don
Graziano Ghisolfi. L’accompagnamento musicale è stato affidato
agli organisti Fausto Caporali (al Mascioni) e Marco Ruggeri
(al Positivo), insieme al trombettista Giovanni Grandi.
Il servizio liturgico, coordinato dal cerimoniere vescovile
don Flavio Meani, era affidato, come per tutte le celebrazioni
della Settimana Santa, ai seminaristi diocesani, con il
diacono don Francesco Gandioli che ha servito all’altare.
La celebrazione, trasmessa in diretta televisiva su Cremona1,
come le liturgie dell’intera Settimana Santa è stata trasmessa
anche via radio su RCN e in streaming audio-video sul nostro
portale, grazie alla sinergia con il centro di produzione
televisiva diocesano diretto da mons. Attilio Cibolini.
Alle 17 in Cattedrale l’ultimo appuntamento del Triduo
Pasquale, con il canto dei Secondi Vespri di Pasqua presieduti
dal vescovo Napolioni alla presenza dei
Perinsigne Capitolo della Cattedrale.
canonici
del
Al Palazzetto dello Sport
l'abbraccio dei giovani al
Vescovo Antonio
Mancano ormai pochi giorni al grande incontro del nuovo
vescovo di Cremona, mons. Napolioni, con i giovani della
diocesi. L’occasione sarà la Veglia delle Palme, in programma
sabato 19 marzo a partire dalle ore 18, al Palazzetto dello
Sport di Cremona. Promosso dall’ufficio di pastorale
giovanile, diretto da don Paolo Arienti, l’appuntamento di
preghiera, riflessione e fraternità vedrà affluire oltre mille
ragazzi dai 16 anni in su. «Quest’anno – racconta don Arienti
– ci sono due novità: la prima, la presenza del vescovo
Antonio
che inaugura una serie di incontri con i ragazzi
della diocesi; la seconda, l’orientamento della Veglia alla
Gmg di Cracovia del luglio prossimo sul tema «Beati i
misericordiosi». Di qui le parole del Vescovo, i gesti, le
testimonianze, la centralità della croce di cui sarà proposta
una suggestiva adorazione in rapporto a situazioni che
proiettano la croce stessa, contemporaneamente, per i
cristiani segno di dolore e di speranza, sull’orizzonte del
mondo, con le sue urgenze e le sue grida di miseria».
Il momento di preghiera avrà inizio con
la «costruzione»
della croce stessa, grazie al contributo di due giovani che
porteranno, esprimendolo con gesti precisi e iconici, un
vissuto che ha attraversato il mistero pasquale: Filippo, 19
anni, reduce da una battaglia vinta contro la leucemia, e
Iannik, profugo dalla Costa D’Avorio, testimone di uno degli
infiniti viaggi della speranza per il Mediterraneo.
«A rilanciare poi la concretezza, spesso quotidiana delle
opere di misericordia – precisa don Paolo -, tre interventi di
giovani che testimonieranno prassi concrete su tre aree in cui
idealmente è possibile articolare le 14 opere di misericordia:
“quando c’è in ballo la sopravvivenza”, “quando il fratello
chiede più del pane”, “quando occorre andare oltre ciò che si
vede”. Parleranno Davide, Irene, Angelo e Benedetta che in
forme e secondo esperienze diverse stanno tessendo nella loro
esistenza il filo tenace della misericordia, scegliendo di
guardare la vita con gli occhi differenti del Vangelo. La
scenografia verrà completata da una riproduzione del
Samaritano di Van Gogh che con i suoi colori e le sue movenze
trasmetterà un ulteriore contributo di dinamismo».
Tutto confluirà nel mandato del vescovo Antonio: «Accanto alle
palme – prosegue don Paolo -, segno da riportare nelle
comunità cristiane per la celebrazione della processione e ai
«ganci» che ricordano la Gmg di Cracovia, ci sarà anche
l’invito a costruire percorsi di misericordia beata, ovvero di
cuore, gesti e stili di vita contenti di fare il bene, di
operare con approccio giovane, con entusiasmo e passione,
perché il mondo sia più luminoso e in questa luce vengano
sollevati quanti giacciono nel male».
Durante la serata saranno raccolte offerte che saranno
devolute a Caritas Cremonese per sostenere i progetti della
«Quaresima di carità»: quest’anno è stato scelto di finanziare
la ristrutturazione di “Casa di Nostra Signora” in via Ettore
Sacchi che diventerà un centro di accoglienza e inserimento
sociale di ragazze in difficoltà.
Dopo la cena al sacco, spazio alla pièce del Teatro Minimo «La
sosta», suggestiva rilettura contemporanea della parabola del
Samaritano. Come ogni anno, i giovani della diocesi
inizieranno il cammino della Settimana Santa, confrontandosi
con un invito pressante, concreto e praticabile, capace di
donare al cuore di ciascuno un orizzonte di vita autentica,
quella «vocazione» che è il grande obiettivo della pastorale
giovanile.
E così conclude don Arienti che propone un impegno: «Rileggere
il messaggio di Francesco che ridice l’indole giubilare per i
più giovani. A tutti verrà chiesto di sperimentare una
misericordia che ha due facce: quella ricevuta, celebrata,
accolta e quella donata, impastata nelle cose della vita,
aperta alle domande dell’altro e della storia».
Sul profilo facebook della diocesi si potrà seguire passo dopo
passo l’intera serata, interagendo con commenti e suggestioni.
Su Cremona1, canale digitale 211, la veglia sarà ripresentata,
in differita la sera stessa, alle ore 21.
Scarica la locandina della Veglia 2016