Legalizzare il mercato degli organi

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Legalizzare il mercato degli organi
Saggio n.2 – Switzerland Institute
Filippo Spagnoli
Legalizzare il mercato degli organi.
Un appello alla ragione
§1. Presentazione
In questo inizio di XXI secolo le scienze e la medicina stanno continuando a progredire, scoprendo
sempre nuove tecniche per salvare la vita degli esseri umani. Ci sono però ancora molte persone
che, a causa della mancanza di organi, sono costrette ad aspettare fino a sei anni in lista d’attesa per
poter effettuare un trapianto. Alcuni di loro, nel timore di non riuscire ad effettuare l’operazione, si
affidano al traffico illecito di organi. L’esistenza a livello mondiale del traffico illecito di organi
umani ai fini di trapianto è un fatto indiscutibile che costituisce un pericolo reale per la salute. I dati
pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano che un quinto dei 70 mila reni
trapiantati nel 2014 in tutto il mondo deriva da una transazione economica.
Secondo il Comitato Nazionale di Bioetica italiano, l’impressione è che non siano stati ancora
adottati, tanto a livello nazionale quanto a livello internazionale, strumenti efficaci per prevenire,
contenere e contrastare quest’attività criminale, la quale rappresenta un pericolo reale per la salute,
andando a violare i diritti fondamentali e la dignità dell’uomo.
Secondo molti autori, e secondo i dati del Ministero della salute di ogni singola nazione, la pratica
delle donazioni di organi non può più essere l’unica soluzione se si vuole migliorare le condizioni
di vita di numerosi pazienti poiché, oltre ad essere causa di molti morti, ha costi che, come
vedremo, stanno iniziando a essere insostenibili per la collettività.
Il cuore del problema è stabilire se viola di più la dignità dell’uomo il fatto di rimanere attaccato a
una macchina per sei lunghi anni con la consapevolezza di poter non arrivare in fondo
all’operazione oppure la retribuzione monetaria, fissata sul mercato libero, in cambio di un organo.
Vale di più la vita di una persona o un principio astratto?
La soluzione più sensata e sicura per prevenire, contenere e contrastare il mercato illegale degli
organi e sopperire la mancanza di donatori è la legalizzazione del mercato degli organi. In questo
paper cercherò di motivare il perché di questa tesi.
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§2. La legislazione attuale
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha, in plurime occasioni e nel corso degli anni, invitato gli
Stati ad adottare misure volte a proteggere i più poveri e i gruppi vulnerabili dal turismo del
trapianto e dalla vendita di organi.
Nel 2008 si è tenuto a Istanbul un vertice con oltre 150 rappresentanti di organizzazioni scientifiche
e mediche provenienti da tutto il mondo che ha formulato la dichiarazione (Dichiarazione di
Istanbul sul traffico di organi e sul turismo del trapianto) al fine di un inquadramento giuridico e
professionale che disciplini la donazione di organi e le attività di trapianto.
Il Consiglio d’Europa ha recentemente approvato una Convenzione mirata a reprimere il traffico di
organi umani e a formulare uno strumento giuridico internazionale.
La Convenzione rende il traffico di organi umani a scopo di trapianto un reato penale internazionale
ed è quindi uno strumento giuridico fondamentale che per la prima volta raggiunge le pratiche di
trapianto illecite collocandole all’interno di un quadro di diritto completo.
Su The Lancet è stato recentemente pubblicato un articolo che fornisce ulteriori informazioni sul
valore e sull’importanza di questa convenzione giuridicamente vincolante a livello internazionale.
La convenzione invita tutti i Governi a stabilire come reato il prelievo di organi umani sia da
cadavere che da vivente quando:
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Il prelievo viene eseguito senza esplicito e libero consenso informato del donatore
vivente o, nel caso di donatore cadavere, senza l’autorizzazione al prelievo ai
sensi delle disposizioni normative vigenti nel Paese;
In cambio del prelievo di organi da donatore vivente lo stesso donatore o soggetti
terzi ricevano un guadagno finanziario o profitti analoghi dall’atto;
In cambio del prelievo di organi da donatore cadavere soggetti terzi ricevano un
guadagno finanziario o profitti analoghi dall’atto.
La convenzione prevede anche misure di protezione e risarcimento delle vittime, nonché misure di
prevenzione per garantire la trasparenza e l’accesso equo alle pratiche di trapianto.
Grazie alla sua portata mondiale la Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri e non
membri del Consiglio d’Europa e la Spagna, uno dei Paesi leader nella donazione, ha offerto di
ospitare la cerimonia di apertura alla firma entro la fine del 2014.
Inoltre la Convenzione criminalizza l’uso, la preparazione, la conservazione, lo stoccaggio, il
trasporto, l’importazione e l’esportazione di organi illecitamente prelevati quando siano effettuati a
scopo di lucro. Colpisce, quindi, non solo coloro che in prima persona siano coinvolti nell’eventuale
traffico illecito, ma anche le figure professionali che, a vario titolo, si prestino a tale pratica illecita.
Contestualmente all’annuncio di adozione della Convenzione il Comitato dei Ministri ha ribadito la
volontà di continuare a sostenere qualsiasi misura di rafforzamento della stessa in un quadro
giuridico internazionale, al fine di favorire l’applicazione dei principi in essa contenuti per
contribuire alla creazione e al corretto funzionamento di adeguati sistemi di trapianto nel pieno
rispetto dei principi fondamentali per la tutela dei diritti umani1.
In Italia, partendo dall’art. 5 del c.c. “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando
cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari
alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.”, la disciplina del trapianto da vivente e da
cadavere ha visto l’avvicendarsi di una serie di provvedimenti normativi:
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L. 3.04.1957, n. 235 (prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico);
L. 26.06.1967, n. 458 (trapianto del rene tra persone viventi);
L. 2.12.1975, n. 644 (prelievi di parte del cadavere a scopo di trapianto terapeutico);
L. 12.08.1993, n. 301 (prelievi ed innesti di cornea);
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L. 1.04.1999, n. 91 (prelievi e trapianti di organi e di tessuti);
L. 16.12.1999, n. 483 (trapianto parziale di fegato) e
L. 19.09.2012, n. 167 (trapianto parziale di polmone, pancreas e intestino tra persone
viventi).
Se ne evince una graduale tendenza legislativa a ridurre i limiti di questa pratica sanitaria,
muovendo nella direzione di un ampliamento dell’ambito di liceità. In specie la legge 1.04.1999, n.
91 ha disciplinato sotto un triplice profilo la materia dei trapianti da cadavere: quello relativo alle
strutture e agli aspetti organizzativi; quello relativo alla sicurezza dei trapianti; quello relativo alla
modalità della formulazione del consenso al prelievo.
Tuttavia, si notano una scarsa regolamentazione e un ridotto apparato sanzionatorio in merito al
traffico clandestino degli organi.
La L. 26.06.1967, n. 458 sul trapianto del rene tra persone viventi all’art. 6 prevede che “qualsiasi
pattuizione privata che preveda un compenso in denaro o altra utilità in favore del donatore, per
indurlo all’atto di disposizione o destinazione è nulla e di nessun effetto” e all’art. 7 la reclusione da
tre mesi ad un anno e con multa da lire 100.000 a due milioni a chiunque a scopo di lucro svolga
opera di mediazione nella donazione di un rene.
La L. 1.04.1999, n. 91 sui prelievi di organi e tessuti da cadavere prevede sanzioni più severe per
chiunque procuri per scopo di lucro un organo o un tessuto prelevato da un soggetto di cui sia stata
accertata la morte, ovvero ne fa commercio: reclusione da due a cinque anni e con multa da lire 20
milioni a lire 300 milioni, oltre all’interdizione perpetua dall’esercizio della professione se il fatto è
commesso da persona che esercita la professione sanitaria. La pena risulta più contenuta nei
confronti di chi compie il reato senza scopo di lucro.
In entrambe le normative le sanzioni sono dunque previste esclusivamente a carico di chi svolge
attività di mediazione e dell’operatore sanitario che si avvale di organi frutto di commercio, ma
nessuna sanzione penale è prevista nei confronti di altre parti direttamente o indirettamente
coinvolte nell’illecito traffico.
La dichiarazione della volontà di donare gli organi è regolamentata dalla legge n.91 del 1 aprile
1999 e dal decreto ministeriale dell’8 aprile 2000.
L’art 4 della legge n.91/99 introduce il principio del silenzio assenso, in base al quale a ogni
cittadino maggiorenne viene chiesto di dichiarare la propria volontà sulla donazione dei propri
organi e tessuti, dopo essere stato informato che la mancata dichiarazione di volontà è considerata
quale assenso alla donazione. Tale principio non è ancora in vigore.
In questa fase transitoria, prima dell’applicazione del silenzio - assenso, la manifestazione della
volontà è regolamentata dall’art. 23 della stessa legge (disposizioni transitorie) che introduce il
principio del consenso o del dissenso esplicito.
A tutti i cittadini viene data la possibilità (non l’obbligo) di esprimere la propria volontà in merito
alla donazione dei propri organi.
§3. Costi e liste d’attesa in italia
L’Italia è al terzo posto in Europa per numero d’interventi, dopo Spagna e Francia, con una
percentuale di sopravvivenza del paziente che, nel caso dei trapianti di rene, supera il 96%2.
Grazie al “Sistema informativo trapianti”, aggiornato annualmente dal ministero della salute,
sappiamo che i pazienti in lista d’attesa al 31 dicembre 2014 sono 8827. La lista d’attesa con più
iscrizioni è quella del rene (6623 persone), mentre vi sono 1034 persone iscritte per il fegato, 706
per il cuore, 373 in attesa di un polmone, 221 per il pancreas e 25 per l’intestino.
Come possiamo vedere dall’andamento delle liste di attesa 2000-2014 (dati SIT al 12 marzo 2015),
il numero dei pazienti iscritti in lista è in ascesa e la causa di questo va soprattutto ricercata
nell’invecchiamento della popolazione.
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L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno comune a tutti i paesi industrializzati che pone
nuove sfide ai sistemi di protezione sociale. Secondo le stime Istat le persone over 80 dal 2000 al
2010 sono cresciute del 2%. Oggi gli ultraottantenni in Italia sono 3.5 milioni.
Andamento Liste di Attesa 2002-2014
Pazienti iscritti in lista
Il dott. Pozzi, direttore dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Bassini di
Milano, sostiene che in Lombardia come in tutte le regioni italiane c’è un aumento del 4-5% annuo
di persone che richiedono un trapianto renale.
A fine secolo vi è stato un aumento considerevole dei donatori di organi e la spinta è venuta da una
tragedia, quella di Nicholas Green, il bimbo americano ucciso nel 1994 a 7 anni durante un
tentativo di rapina, mentre percorreva in macchina la Salerno-Reggio Calabria. A quel punto siamo
passati dai 445 donatori utilizzati del 1994 ai 1174 del 2014 (dati del SIT definitivi al 31 dicembre
2014). Nonostante ciò, il numero dei donatori non riesce a soddisfare l’offerta.
Analizziamo ora i flussi di attesa del Sistema Nazionale trapianti in modo più dettagliato.
Rene
Il totale dei pazienti in attesa di un rene nel periodo dal 1/1/2014 al 31/12/2014 è di 8699; di questi
solo 1587 (18%) hanno eseguito il trapianto renale dopo un tempo medio di attesa di 5,3 anni. Dal
1/1/2014 al 31/12/2014 la mortalità in attesa è stata dell’1,8%: 153 pazienti.
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Fegato
Il totale dei pazienti in attesa di un fegato nel periodo dal 1/1/2014 al 31/12/2014 è di 2307; di
questi solo 1057 hanno eseguito il trapianto del fegato dopo un tempo medio di attesa di 2,5 anni.
Dal 1/1/2014 al 31/12/2014 la mortalità in attesa è stata del 6,5%: 151 pazienti.
Cuore
Il totale dei pazienti in attesa di un cuore nel periodo dal 1/1/2014 al 31/12/2014 è di 1062; di questi
solo 227 hanno eseguito il trapianto del cuore dopo un tempo medio di attesa di 3,8 anni. Dal
1/1/2014 al 31/12/2014 la mortalità in attesa è stata del 6,7%: 71 pazienti.
Polmone
Il totale dei pazienti in attesa di un polmone nel periodo dal 1/1/2014 al 31/12/2014 è di 561; di
questi solo 126 hanno eseguito il trapianto del fegato dopo un tempo medio di attesa di 2,3 anni.
Dal 1/1/2014 al 31/12/2014 la mortalità in attesa è stata del 9,3%: 52 pazienti.
Nel 2014 sono morte 421 persone in attesa di un organo e 8736 sono costrette ad aspettare da 2,5
anni (tempo per un fegato) a 5,3 (tempo per un rene) per effettuare il trapianto. Nel frattempo tutte
queste persone vengono tenute sotto osservazione quotidianamente.
§4. Costi insostenibili per la collettività
Il premio Nobel per l’Economia Gary Becker, in un articolo pubblicato il 18 gennaio 2014 sul Wall
Street Journal, ha proposto di rendere legale il mercato degli organi; in particolare quello dei reni,
facendo un’analisi del sistema sanitario statunitense e riportando la media attuale di attesa dei
pazienti.
Dopo aver svolto la tesi di dottorato sotto la guida di Milton Friedman, Gary Becker, ottenne il
premio Nobel per l’economia nel 1992 “per aver esteso la ricerca economica a discipline come la
sociologia, la demografia e la criminologia” e per aver mostrato come i fattori economici
influenzino il processo decisionale anche in aree che, in precedenza, i ricercatori consideravano
dominate da comportamenti abituali e spesso decisamente irrazionali. Secondo Becker, “l’unico
modo per aumentare la disponibilità di reni per i trapianti è permettere alle persone interessate di
vendere un proprio rene, in un vero e proprio mercato, con prezzi fissati dall’autorità pubblica”3.
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L’assistenza sanitaria statunitense, regolata da assicurazioni private, ha costi molto alti per i
trapianti. Con una media di attesa di circa 4-5 anni, la spesa complessiva per i trattamenti di
mantenimento, come ad esempio la dialisi, arriva a 350 mila dollari, da sommare alle spese per il
trapianto (sempre che si possa trovare un organo disponibile) che si aggirano intorno ai 150 mila
dollari. «Non bastano i volontari, che firmano un consenso informato scegliendo di donare in vita o
post mortem, e neanche il sistema di trapianti basato sul paired exchange (che prevede una
donazione incrociata tra i parenti di due malati): la domanda supera di gran lunga l’offerta», scrive
l’economista americano.
Quello della mancanza di donatori rispetto ai richiedenti, come analizzato nel capitolo precedente, è
un problema anche italiano. D’altra parte, in questo momento l’Iran è l’unico paese che permette la
vendita di un organo da parte di un donatore vivente.
Gary Becker e il suo collega argentino Julio J. Ellas propongono un contratto in vita che riguardi la
vendita degli organi solo dopo il decesso: il donatore avrà tre mesi per valutare consapevolmente la
propria scelta e sarà assistito da un servizio di consulenza, supporto e orientamento. Il donatore
potrà stipulare il contratto in età adulta con una promessa di risarcimento ai familiari nel momento
in cui gli organi saranno immessi nel mercato.
Le donazioni volontarie potrebbero dunque diminuire e l’incentivo economico potrebbe coinvolgere
in maggior misura il ceto più povero4.
Nanni Costa, presidente nazionale del centro trapianti, boccia la proposta di Becker sostenendo che
“in Italia la donazione degli organi deve essere un atto libero e gratuito. Una parte del corpo umano
non andrebbe mai venduta, non solo per i principi cristiani, ma per qualunque etica. Inoltre, dal
punto di vista della sicurezza, un mercato del genere sarebbe pericolosissimo, perché chi vende lo fa
sempre per necessità, e questa porta a nascondere eventuali problemi di salute”.5 La gratuità
imposta dalle nostre leggi e l’etica possono essere chiamate in causa solo se si dimentica l’enorme
gap tra ricettori e donatori, nonché il numero di morti in attesa di organi.
Citando ancora i dati forniti da Sally Satel, oggi circa 70 mila americani sono in attesa di un rene
proveniente da un donatore postumo. L’anno passato, solo 16 mila pazienti sono riusciti a ottenere
il trapianto. Circa la metà delle donazioni effettuate sono avvenute post mortem; l’altra metà da
donatori vivi. Nel frattempo, oltre quattro mila persone sono decedute nella vana attesa di un
trapianto. Si calcola che nel 2010 l’attesa media per un trapianto sarà di dieci anni, ben al di là del
tempo medio di sopravvivenza di un individuo in dialisi. Nonostante decenni di campagne
informative e sensibilizzazione, il numero dei donatori ufficialmente registrati è esiguo,
insufficiente rispetto alle esigenze dell’intera popolazione americana. Tra l’altro, anche nel caso dei
donatori regolarmente registrati, a decesso avvenuto non è sempre possibile procedere con una
donazione e quindi con un trapianto per motivi inerenti allo stato di salute e di conservazione
dell’organo in questione. I dati, oltre che il fallimento dell’attuale legislazione americana,
sottolineano la necessità di un cambio di rotta.
In Italia, partendo dai dati del documento d’indirizzo approvato dalla conferenza Stato-Regioni
dell’agosto 2014, sappiamo che il costo diretto annuo del trattamento di un paziente in dialisi va da
un minimo di 29.800 euro per quelli in dialisi peritoneale (calcolato come costo per ogni singola
prestazione a 83 euro per 7 sedute) fino a un massimo di 43.800 euro per quelli in emodialisi
(calcolato come costo medio per ogni singola prestazione di 281 euro per 3 sedute settimanali) a
questi costi diretti, sanitari e non sanitari, andrebbe aggiunta la quantificazione dei costi indiretti. I
costi del trapianto sono stimati in 52.000 euro per il primo anno e 15.000 euro per ogni anno
successivo al primo.
Nel 2001 in Italia l’1,8% del budget totale per le cure sanitarie è stato speso per pazienti in ESRD
(end stage renal disease) che rappresentano lo 0,083% della popolazione generale. I pazienti
sottoposti a trapianto hanno un costo sanitario che oscilla da un terzo fino a un quarto in meno della
spesa totale rispetto ai pazienti in dialisi.
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I dati sono quindi concordanti nell’affermare che il costo di una dialisi, a fronte
dell’invecchiamento della popolazione e quindi del numero sempre più elevato di pazienti in lista
d’attesa, si avvia a divenire insostenibile per la società6.
L’idea che debba essere sempre e soltanto l’istinto altruistico a guidare la scelta di offrire un
proprio organo è diffusa non soltanto negli ambienti burocratici di coloro che devono gestire le liste
d’attesa, ma anche in quelli più propriamente accademici. Il solo pensiero di poter stabilire un
prezzo positivo per l’acquisto di un organo sembra essere di gran lunga più disdicevole e immorale
che lasciare morire un ammalato con l’attuale sistema, senza che si possa fare oggettivamente nulla
per salvargli la vita.
Una possibile e ovvia soluzione al problema della carenza di organi da trapianto è data quindi dalla
creazione di un mercato di organi che funzioni parallelamente all’attuale sistema di donazioni.
§5. La forza della ragione
Prima di iniziare a esporre il perché sarebbe giunto il momento di affidarsi ad un mercato di organi
è bene mettere in chiaro alcune questioni.
La politica non può promettere agli uomini gioia e felicità, non può preoccuparsi direttamente dei
bisogni interiori degli uomini o delle esigenze spirituali e metafisiche. Con le politiche messe in
campo dai legislatori si possono certamente rendere gli uomini più ricchi o poveri, ma non si può
mai arrivare a renderli felici e a soddisfare i loro aneliti più intimi e profondi. Gioia e felicità
dipendono da ciò che è custodito nell’interiorità dell’uomo.
Al massimo, la politica può per ciò guardare all’incremento del benessere esteriore, materiale, degli
individui promettendo la massima soddisfazione possibile di tutti quei desideri che possono essere
soddisfatti mediante la disponibilità di oggetti del mondo esterno.7 Le scelte politiche dovrebbero
dunque fissare la propria attenzione esclusivamente sui beni materiali poiché ciò che di più alto e di
più profondo nell’uomo non può essere assoggettato a regole esterne
La politica deve dunque agire usando la ragione, non i sentimenti.
Se l’architetto consiglia al carpentiere di fare le fondamenta della casa come indicato nel progetto e
costui rispondesse: “So bene che i suoi consigli sono razionali, ma i miei sentimenti m’impediscono
di seguirli”, dopo aver accuratamente accertato che il carpentiere non stia scherzando l’architetto
non ci metterebbe un minuto a licenziarlo e a convincere la moglie a farlo ricoverare.
Qualsiasi cosa noi facciamo per raggiungere uno scopo, cerchiamo di farlo razionalmente. Chi
vuole scalare una montagna non sceglierà una cattiva giornata; chi vuole cucinare una pizza non lo
farà senza l’utilizzo degli ingredienti. Tutti questi esempi sembrano sciocchi, ma c’è chi ritiene che
nella politica le cose debbano andare proprio così: a decidere dovrebbero essere i sentimenti, e non
la ragione. Come dice Mises, “tutto ciò che l’uomo è, e che lo eleva al di sopra dell’animale, egli lo
deve alla ragione. Perché mai allora nella politica egli dovrebbe rinunciare all’uso della ragione e
affidarsi a sentimenti e istinti oscuri e confusi?”.7
In questo paper cercheremo quindi di esporre le nostre idee in modo razionale, guardando
all’incremento del benessere esteriore e materiale degli individui poiché la ricchezza spirituale non
può venire all’uomo dall’esterno, ma soltanto dalla sua interiorità.
§6. Perché il mercato
Oltre al premio Nobel Gary Becker, anche Freeman, Lockwhood, Harin e Harris – tra gli altri –
hanno proposto di rendere legale il mercato degli organi, adottando posizioni più o meno simili. Sul
tema Peter Singer, uno dei pensatori contemporanei più importanti nel campo dell’etica, sostiene
che il costo opportunità del commercio di organi è diverso a seconda delle possibilità economiche.
7
Come si nota dalle stime dell’Institute for Justice, un think-tank attento ai temi socio-giuridici, la
donazione ha un costo opportunità maggiore per i più poveri, poiché rinunciare a lavorare per essere
ospedalizzati e procedere alla donazione nel loro caso ha un impatto più tangibile rispetto alle
persone che hanno un reddito superiore.
Queste persone non hanno un incentivo a donare i loro organi comportando, oltre a una minore
disponibilità dei donatori, a far sì che uno sia pronto a sostenere il costo solamente nel caso in cui la
donazione vada a vantaggio di qualcuno che gli è caro e vicino nella cui sorte si sente coinvolto.
Come ha sostenuto Alberto Mingardi, “impedire che un certo bene sia oggetto di un processo di
scoperta del prezzo al quale alcuni sono disposti a vendere, altri a comprare, in presenza di una forte
scarsità, non ne rende impossibile lo scambio semplicemente lo circoscrive all’interno del piccolo
gruppo (…) i prezzi emergenti dalla negoziazione permettono l’incontro tra domanda e offerta: in
quella asta continua che è il libero mercato si perviene al valore opportuno perché chi vuole vendere
decida di farlo, trovando qualcuno che compra”8.
Il mercato serve a coordinare il comportamento di persone, a rendere gli scambi più veloci e i
traffici più intensi. Come disse Margaret Thatcher, esso non è l’invenzione di qualche economista
accademico, ma invece un processo.9 Come Becker, anche Milton Friedman sosteneva che “le
politiche interventiste sono una cura peggiore del male”. Pure Fritz Machlup era contrario ai
monopoli statali dei servizi, poiché – eliminando ogni concorrenza – essi producono numerosi
svantaggi:
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Conseguono una distribuzione antieconomica delle risorse;
Danno motivo all’estorsione del consumatore mediante prezzi più alti e qualità
inferiore dei prodotti;
Permettono lo sfruttamento dei lavoratori mediante salari più bassi e condizioni di
lavoro peggiori;
Eliminano le penalità che la concorrenza fa pagare alla inefficienza e all’indolenza
e promuovono così una direzione ed una manodopera inefficienti.
Rimuovono l’incentivo ad innovazioni tecnologiche e riducono il flusso
dell’investimento. Ostacolano la sistemazione dei mutamenti economici; ad es.
mediante prezzi rigidi, e contribuiscono così alla generale instabilità industriale;
Ritardano i miglioramenti del tenore di vita;
Aggravano la sperequazione della distribuzione del reddito mediante gli eccessivi
profitti e la concentrazione della ricchezza;
Minacciano l’esistenza della libera impresa privata e del governo rappresentativo10.
Per ottenere un numero maggiore di organi vi è allora necessità del libero mercato. In questo senso
la società capitalistica è l’unico ordine in grado di aiutare chi soffre, mentre i modelli sociali ispirati
da interventismo e statalismo producono solo conseguenze disastrose.
§7. Conclusioni
Il giornalista conservatore David Brooks colse lo stato d’animo degli Sati Uniti all’inizio della
presidenza Obama con queste parole:
Per dire (…) lo Stato è il problema, non potete avere fede nel governo federale (…)
non è lì il futuro della nazione11.
Lo Stato dovrebbe quindi tornare al proprio ruolo essenziale non scommettendo sul futuro dei suoi
sudditi con esperimenti keynesiani non testati e mal definiti. Per quanto riguarda il mercato degli
8
organi, bisognerebbe quindi lasciare libero campo all’iniziativa di associazioni, cooperative,
aziende e singoli, permettendo l’emergere di un mercato orientato al profitto che funzioni
parallelamente al sistema delle donazioni.
Tutti trarrebbero giovamento dal mercato concorrenziale degli organi, ma oggi sembra che nessuno
voglia la responsabilità di creare le condizioni necessarie alla sua emersione.
Il libero mercato è l’economia della sorpresa: è la libertà di scegliere e farsi scegliere. Fare ricorso
all’intelligenza collettiva del mercato è meno pericoloso che affidarsi alla saggezza di pochi saggi
regolatori, perché anche se ogni tanto la libertà è brutta e scomoda, essa – come disse Montesquieu
– è quel bene che ti fa godere di ogni altro bene.
NOTE
1. Marta López-Fraga, Beatriz Domínguez-Gil, Alexander M. Capron, “A needed Convention
against trafficking in human organs”, The Lancet, 2014; 11.
2. “Donazione-degli-organi”, La Stampa, 6 maggio 2015.
3. “Trapianti: proposta shock del nobel”, La Repubblica, 20 gennaio 2014.
4. Pierangelo De Pace, “Legalizzare il mercato degli organi? Se ne può e se ne deve parlare”,
sito Noise from Amerika, 7 giugno 2007.
5. “Il Nobel Gary Becker: creare un mercato dei reni”, Sole 24 Ore, 20 gennaio 2014.
6. Accordo ai sensi degli articoli 2, comma 2, lett. b) e 4, comma 1 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano
sul Documento di indirizzo per la malattia renale cronica, Conferenza Stato, regioni e
province autonome di Trento e Bolzano, Rep. Atti n. 101 del 5 agosto 2014.
7. Ludwig von Mises, Liberalismo, Milano, Biblioteca di Libero, 2005 (1927).
8. Albergo Mingardi, L’intelligenza del denaro, Venezia, Marsilio, 2013.
9. “The lady is not for turning”. I grandi discorsi di Margaret Thatcher, a cura di Stefano
Magni, Torino, IBL Libri, 2013.
10. Fritz Machlup, La concorrenza e il monopolio, Torino, Utet, 1956 (1952).
11. Citato in: Hunter Lewis, Tutti gli errori di Keynes, Torino, IBL Libri, 2012.
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L’autore
Filippo Spagnoli sta studiando Giurisprudenza all’Università di Trento. È uno dei fondatori
dell’associazione culturale Brixia Iuvenis, che è attiva nella promozione della cultura liberale. Il
lavoro qui pubblicato è stato realizzato all’interno del corso di Sociologia del diritto tenuto dal
professor Paolo Sommaggio.
L’istituto
Lo Switzerland Institute in Venice è un istituto sorto per iniziativa di Luigi Marco Bassani, Carlo
Lottieri e Daniele Velo Dalbrenta al fine di affrontare – particolarmente in ambito accademico – i
temi del diritto di secessione e della concorrenza istituzionale, da un lato, e della libertà e della
proprietà, dall’altro.
L’obiettivo è promuovere e sostenere ricerche che favoriscano una crescente legittimazione di
quelle iniziative politiche che meglio possono favorire la libertà d’impresa e l’autogoverno, traendo
lezione anche dall’esperienza storica della Svizzera. Il riferimento alla società elvetica nasce non
solo dall’intenzione di operare a cavallo tra il Ticino e il Veneto, ma anche perché i promotori
considerano la società svizzera un modello da imitare e un’occasione di riflessione per l’intera
Europa, e più specificamente per le aree di lingua italiana.
Scopo dell’istituto è mostrare come quella svizzera sia una sorta di “utopia realizzata”: un modello
imperfetto, naturalmente, ma che può aiutare a dirigersi nella giusta direzione.
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