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S OMMARIO 5 COMMENTARY Una realtà editoriale che non cambia A Journal that does not change di C. Romano 6 TOPIC HIGHLIGHT Intervista a Jean-Louis Bresson I "Claim" relativi alla salute e alla nutrizione Nutrition and Health Claim di M. Baldassarre 9 CLINICAL SYSTEMATIC REWIEV Ruolo dell’analisi molecolare nel bambino con sospetta diarrea congenita Role of molecular analysis in children with suspected congenital diarrhea di V. Pezzella e R. Berni Canani 14 PEDIATRIC HEPATOLOGY Terapia dell’epatite C cronica nel bambino Treatment of chronic hepatitis C in children di G. Indolfi, E. Bartolini, M. Regoli, A. Nesi, M. Resti 18 PEDIATRIC NUTRITION La dieta chetogena nel bambino neurologico The ketogenic diet for neurological disorders in childhood di E. Pironti, F. Martino, G. Catone, G. Coppola 21 CASE REPORT Il vomito cronico The chronic vomiting di F. Porcaro e C. Romano 22 IBD HIGHLIGHTS Prevenzione della recidiva post-chirurgica nella malattia di Crohn Prevention of post-surgical recurrence in Crohn’s disease di S. Renna, E. Orlando, A. Orlando, F. Civitelli, A. Dilillo, F. Viola 27 NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Disordine linfoproliferativo post trapianto nei bambini: diagnosi precoce, gestione e terapie innovative Post transplant lymphoproliferative disorder in children: early diagnosis, management and innovative therapies di S. Riva, F. Cirillo, M. Sciveres S 31 OMMARIO RECENT ADVANCE IN BASIC SCIENCE Nuove terapie nella Fibrosi Cistica New therapeutic approaches in Cystic Fibrosis di V. Raia e L. Maiuri 35 ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY Colonscopia incompleta: ruolo della colonscopia con videocapsula Incomplete colonoscopy: the role of colonoscopy with videocapsula di C. Spada, L. Minelli Grazioli, G. Costamagna 37 SIGENP UNITS PRESENTATION Chi siamo e cosa facciamo Who we are and what we do A. Staiano (NA) - S. Cucchiara (RM) 40 HEALTH AND FOOD SCIENCE Snack “tropicali” per una obesità nazionale “Tropical” snacks and National childhood obesity di V. L. Miniello, A. Colasanto, L. Diaferio, L. Ficele, E. Gallo, M. S. Lieggi, V. Santoiemma CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente Annamaria Staiano Vice-Presidente Valerio Nobili Segretario Sandra Brusa Tesoriere Flavia Indrio Consiglieri Giovanni Di Nardo, Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini, Silvia Salvatore COME SI DIVENTA SOCI DELLA Con il contributo di © 2013 Area Qualità S.r.l. DIRE T TORE R ES PONS ABILE Giovanna Clerici [email protected] L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentapresenta tori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da par parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dal 2013 i Soci possono scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Specializzandi: quota associativa annuale SIGENP senza DLD (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità. Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02/5512322 - Fax 02/73960564 E-mail: [email protected] E D ITO R E Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com RESPONSABIL E COMMIS S IONE EDITORIA Valerio Nobili [email protected] DIRE T TO RE EDITORIALE Claudio Romano [email protected] C APO REDAT TORE Ruggiero Francavilla [email protected] ASSISTENTI DI REDA ZIONE Andrea Chiaro [email protected] Donatella Comito donatella.comito@hotmail COMITATO DI REDA ZIONE Salvatore Accomando [email protected] Mariella Baldassarre [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Osvaldo Borrelli [email protected] Angelo Campanozzi [email protected] Fortunata Civitelli [email protected] Monica Paci [email protected] Filippo Torroni [email protected] COORD INAMENTO REDA ZIONALE Fiorenza Lombardi Borgia IM PAGINA ZIONE Elena Ribolini Redazione e Amministrazione Area Qualità S.r.l. Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02/5512322 - Fax 02/73960564 e-mail: [email protected] Stampa Grafiche Milani S.p.A. Via Marconi 17 - 20090 Milano Questa rivista è stampata su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile. Inoltre, con l'utilizzo di inchiostri vegetali senza uso di alcol isopropilico. Gestione operativa spedizioni postali Staff srl - 20090 Buccinasco MI Periodico bimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n. 208 del 29/04/09 Poste Italiane Spa - Sped in A.P.D.L. 353/03 (conv. in L. 27.02.04, n° 46) art. 1, c. 1 LO/MI Volume V - N°1/2013 - Bimestrale La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso. I VANTAGGI DI ESSERE SOCI SIGENP GLI SCOPI PRINCIPALI DELLA SOCIETÀ SONO: • Promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica, con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • Promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • Promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • Promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • Elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • Tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie dell’apparato digerente e del fegato; • Sviluppare le relazioni scientifiche con le altre Società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica; • Promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari. COME SI DIVENTA SOCI DELLA SIGENP L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dall’anno 2013 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Specializzandi: quota associativa annuale SIGENP senza DLD (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità. I BENEFICI CONCESSI AI SOCI SONO: • La possibilità di partecipare agli studi multicentrici proposti o di essere promotori lori stessi di nuovi; • La possibilità di accedere alle aree riservate del portale SIGENP che contengono le linee guida elaborate dalla Società, articoli scelti dalla letteratura nazionale ed internazionale, l’elenco dei progetti in corso ancora aperti, tutte le informazioni della vita della Società, i bandi delle borse di studio; • La possibilità di partecipare ai bandi per vincere le borse di studio che annualmente vengono bandite per premiare i progetti di studio più meritevoli; • L’abbonamento al Giornale SIGENP; • La quota ridotta di iscrizione al congresso nazionale. Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02 55 12 322 Fax 02 73960564 - e-mail: [email protected] Kaleidon IDRO è un prodotto dietetico per la reidratazione orale con aggiunta di Lactobacillus rhamnosus GG ATCC 53103 KALE 12 17 Dosi e modalità di assunzione consigliate: bere ad libitum. Sciogliere il contenuto della busta A e della busta B in circa 200 ml di acqua. C OMMENTARY a cura del Direttore Editoriale Claudio Romano Una realtà editoriale che non cambia C. ROMANO Tra le poche novità “2013” del nostro Giornale trovate in “prima battuta” quella relativa alla sostituzione dell’editoriale con la rubrica “Paper Alert” che, dal prossimo numero, prevederà un commento “critico” di un lavoro della letteratura di area gastroenterologica o “traslazionale”. Speriamo che questa scelta possa trovare il vostro consenso. Come da tradizione del nostro Editore è stata effettuata una indagine di lettura per conoscere l’opinione dei soci SIGENP, i cui risultati meritano di essere resi noti e commentati. Hanno risposto il 30% circa dei soci SIGENP ed oltre il 95% ritiene utile la lettura del nostro Giornale. Assiduamente e ad ogni uscita viene letto dall’80% dei soci con un dichiarato sostegno che il contenuto scientifico fornisce alle attività quotidiane ed alla soluzione di problematiche di tipo clinico-assistenziale (valutazione del 90% circa dei soci responders). È uno strumento di continuo aggiornamento professionale per oltre il 95% degli “intervistati” ed è un ausilio importante per l’autoformazione. Le rubriche che prevedono l’approfondimento di argomenti di ampio respiro quali il Topic Highlight, Continuing Medical Education Activities (da quest'anno si chiamerà Clinical Systematic Rewiev) e IBD Highlights raccolgono il maggiore interesse senza richiesta di particolari modifiche del piano editoriale. Appare inoltre interessante l’esigenza avanzata per numeri monotematici (47%) che possano essere considerati anche mezzi di formazione a distanza con relativi crediti (25%). In linea con questa indicazione, a partire da quest’anno abbiamo previsto 2 fascicoli monotematici di estremo interesse e che rappresenteranno una novità editoriale oltre che un ulteriore sforzo per la redazione e per lo sponsor Malesci che ci ha gratificato anche quest’anno con il suo sostegno. Volendo continuare la presentazione dell’edizione 2013, troverete qualche piccola novità sul piano grafico e l’inserimento di 2 nuove rubriche quali Health and Food Science, coordinata da Ruggiero Francavilla che propone temi per discutere i rapporti tra "alimentazione e salute" e SIGENP Units Presentation rubrica resa possibile grazie ad un "piccolo tour" in giro per l’Italia per conoscere quali attività vengano svolte presso i Centri di Gastroenterologia Pediatrica SIGENP e quali interessi vengano coltivati in ambito di ricerca di base e clinica. Tutto il resto può essere considerato sostanzialmente immodificato, anche se maggiore spazio ed un taglio più pratico daremo alla rubrica sulle IBD, dove oltre al “cross-talk” tra gastroenterologo pediatra e dell’adulto, è prevista la presentazione di alcuni casi clinici. Ogni numero sarà presentato con una newsletter ai soci “Il blog del Giornale SIGENP” in cui daremo anticipazioni sui contenuti e sugli autori. Il Comitato Editoriale è stato confermato in tutte le sue componenti ed abbiamo avviato le procedure per ottenere l’indicizzazione della rivista con un duplice obiettivo: da un lato assicurare maggiore diffusione ai contenuti che possano essere visibili su più vetrine “di impatto” e dall’altro per aumentarne il prestigio (un periodico di qualità è indicizzato da più banche dati). I tempi per ottenere questo obiettivo non saranno immediati e probabilmente sfruttabili non prima del prossimo anno. Buona lettura quindi e buon lavoro per il Comitato di Redazione, per l’Editore Area Qualità e per tutti gli Autori che hanno garantito il loro contributo per la programmazione editoriale di quest’anno. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):5 5 t gh i l N igh GHA DI H pic SP CURAARRE To - NA A SS N DA L A BA H A G L P EL RI ES MA In questo numero del Giornale ci occupiamo di corretta informazione alimentare, in particolare della regolamentazione delle descrizioni o messaggi pubblicitari (Claim: di difficile traduzione italiana, alla lettera significa asserzione, indicazione) che affermino, suggeriscano o sottintendano che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali o un preciso rapporto con la salute, in termini di riduzione del rischio di una malattia. Il Professore Jean-Louis Bresson è stato dal 2003 al 2012 membro dell’European Food Safety Authority (EFSA), la massima autorità europea in tema di corretta informazione alimentare, ed ha contribuito attivamente alla stesura del nuovo Regolamento, approvato di recente dal Parlamento Europeo. Le informazioni raccolte in questa breve intervista sono estremamente importanti e forse poco note alla maggior parte di noi. Key Words Nutrition claim 6 I NTERVISTA A JEAN-LOUIS BRESSON I “Claim” relativi alla salute e alla nutrizione MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari ‘Claim’ means any message or representation, which is not mandatory under Community or national legislation, including pictorial, graphic or symbolic representation, in any form, which states, suggests or implies that a food has particular characteristics. Scientific substantiation should be the main aspect to be taken into account for the use of claims. The food business operators using claims should justify them. Experience has shown that it is necessary to adopt measures aimed at guaranteeing that unsafe food is not placed on the market and at ensuring that systems exist to identify and respond to food safety problems. The EFS EFSA A (European Food Safety Authority) shall provide scientific advice and scientific and technical support for the Community's legislation and policies in all fields which have a direct or indirect impact on food and feed safety. Caro Professore, iniziamo questa intervista cercando di fare chiarezza sulle definizioni: asserzioni nutrizionali (nutrition claim), asserzioni sulla salute (health claim): a cosa ci riferiamo esattamente? Nel dicembre 2006 l'Unione europea ha fissato nuove norme circa le informazioni pubblicitarie relative agli alimenti diffusi nel mercato comune europeo, allo scopo di aumentare la tutela dei consumatori, di facilitare la circolazione delle merci, di aumentare il livello di certezza giuridica per gli operatori economici e di garantire una concorrenza leale. Devo sottolineare che la legislazione europea in merito alle “asserzioni nutrizionali e di salute (health and nutrition claim) si è perfezionata nel corso di numerosi anni. La Commissione Europea preposta a ciò, formata da rappresentanti di tutti gli Stati membri, ha presentato il regolamento finale al Parlamento Europeo che lo ha approvato. Non si è dunque trattato di un "incidente" giuridico, ma di un complesso percorso formativo. Nel corso di questa intervista farò riferimento a specifici articoli tratti da tale Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):6-8 regolamento. "Asserzione nutrizionale" (nutrition claim) (art. 8) è qualunque messaggio o rappresentazione, non obbligatorio in base alla legislazione comunitaria o nazionale, comprese le rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche in qualsiasi forma, che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari caratteristiche. Per "alimento" si intende qualsiasi sostanza o prodotto, trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito da esseri umani. Tra gli alimenti sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Non sono invece compresi i medicinali, gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato per il consumo umano, i vegetali prima della raccolta, i cosmetici, le sostanze stupefacenti o psicotrope, i residui e i contaminanti. Un'asserzione nutrizionale si riferisce alla composizione dei prodotti alimentari: "ricco di…", "fonte di…", "a basso Jean Louis Bresson is pediatrician at “Hôpital des Enfants Malades” in Paris and Professor of Nutrition at “Descartes” Medical School in Paris. He created and chaired the Clinical Research Center at “Hôpital des Enfants Malades” in 1993 and started research in nutrition (indirect calorimetry, isotope dilution). He has also been working for AFSSA (French EFSA) from 2000 to 2009 and for EFSA from 2003 to 2012. Hôpital Necker-Enfants Malades di Parigi (Francia) tenore di...". Le condizioni da soddisfare per poter fornire determinate informazioni sono descritte in un allegato alla legislazione in materia, che specifica in maniera assolutamente precisa qual è la concentrazione che quella determinata sostanza deve avere in quel determinato alimento. Ad esempio, un alimento è "a basso contenuto di zuccheri" solo se il prodotto contiene non più di 5 g di zuccheri per 100 g per i solidi o 2.5 g di zuccheri per 100 ml per i liquidi, oppure è "fonte di fibre" solo se contiene almeno 3 g di fibre per 100 grammi o 1.5 g di fibre per 100 kcal. Le asserzioni riguardanti la salute sono di due tipi. Il primo, più "ambizioso", si riferisce alla riduzione di un fattore di rischio per una determinata malattia che si può ottenere con un determinato alimento (Art. 14; es: colesterolo). Per ottenere la possibilità di asserire ad esempio che l’assunzione di tale alimento riduce il colesterolo, il richiedente deve presentare "a priori" un dossier corredato di tutta la documentazione scientifica a supporto di quanto si vuole affermare. Il secondo tipo di asserzione riguardante la salute (art. 13) descrive il ruolo fisiologico del nutriente nelle funzioni normali del corpo (es.: Il calcio è necessario alle ossa) o si riferisce ad un contributo positivo alla salute o al miglioramento di una funzione (ad esempio lo yogurt e l’ingestione del lattosio). Tutte le asserzioni nutrizionali che riguardano l’infanzia sono soggette alle disposizioni contenute nell'articolo 14 del presente regolamento (Art. 14. Riduzione dei rischi di malattia e indicazioni riguardanti lo sviluppo e la salute dei bambini). Qual è l’iter da compiere perché un alimento abbia determinate informazioni nutrizionali o relative alla salute e quali sono le massime autorità preposte a salvaguardia di ciò? Quando un produttore alimentare vuole corredare il suo prodotto di un’asserzione concernente alcune proprietà nutrizionali o a salvaguardia della salute (tali disposizioni sono contenute negli art. 14 e 13.5) deve presentare una domanda all'Autorità per la sicurezza alimentare del proprio paese dell'Unione Europea, che successivamente la trasmette all'EFSA (European Food Safety Authority) per la valutazione. L'EFSA redige un parere motivato (vi è/non vi è un rapporto di causa ed effetto tra l’alimento e l’effetto rivendicato). Per la gestione del rischio, un comitato ad hoc (costituito da rappresentanti della Commissione Europea e degli Stati membri), decide sulla base della recensione dell'EFSA se autorizzare la asserzione richiesta. Le indicazioni dell'EFSA sono state, finora, generalmente fatte proprie dal suddetto comitato. Il legislatore ha emesso due raccomandazioni: in primo luogo, per gli operatori economici, precisa che "la giustificazione scientifica dovrebbe essere l'aspetto principale di cui tenere conto nell'utilizzo di indicazioni nutrizionali"; la seconda raccomandazione è per i valutatori (EFSA) e gestori del rischio (Commissione e Stati membri) affinchè la "valutazione scientifica del più alto livello possibile" sia l'aspetto principale di cui tenere conto per l'uso delle indicazioni. Si propone pertanto che l'effetto indicato sia scientificamente dimostrato. Poiché non è possibile estrapolare le osservazioni negli animali agli esseri umani, ciò equivale Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):6-8 a chiedere che la prova dell'efficacia sia effettuata nella specie umana. Infine, va osservato che sono vietate le affermazioni inerenti alla prevenzione o cura delle malattie per quanto riguarda gli alimenti. Quindi la Commissione, gli Stati membri e il Parlamento europeo sono stati tutti d'accordo che la scienza tornasse in cima alla lista. Gli Stati membri hanno presentato alla Commissione preposta più di 40.000 domande che sono state riclassificate, ridotte a 4.400 e trasmesse all'EFSA per la valutazione (con le pubblicazioni scientifiche a supporto). Sono stati rilasciati circa 3.000 pareri e nel maggio 2012 è stato pubblicato un elenco di 226 indicazioni autorizzate relative all'articolo 13.1 (le cosiddette asserzioni funzionali). È stato anche creato un registro pubblico contenente le asserzioni tutte rifiutate sulla base della valutazione scientifica. Dal 15 dicembre 2012, tutti le asserzioni che non sono state autorizzate dovrebbero essere vietate. Il nuovo regolamento approvato dal Parlamento Europeo si applica a tutte le indicazioni fornite nella comunicazione commerciale. Esso non si applica alle indicazioni che figurano in comunicazioni non commerciali, quali gli orientamenti o i consigli dietetici espressi dalle autorità sanitarie. La mia sensazione personale è che tutto ciò rappresenti un miglioramento importante sia per i consumatori che sono molto critici nei confronti delle asserzioni diffuse attualmente, ma anche per l'agro-industria: le società che hanno progettato i propri prodotti in base alle loro ricerche, condotte con serietà, dovrebbero essere meglio tutelate rispetto a quelle che semplicemente "copiano". 7 Topic Highlight ESPGHAN - NASPGHAN Sulla base di questa normativa recente, credo sia aumentata quindi la veridicità delle “etichettature”, a rassicurazione di noi consumatori…. Con il termine "etichettatura" ci riferiamo intanto a tutto ciò che sia menzione, indicazione, marchio di fabbrica, nome commerciale, immagine o simbolo riferentesi ad un prodotto alimentare, figurante su qualsiasi imballaggio, documento, cartello, anello o fascetta che accompagna o si riferisce a tale prodotto alimentare. Tale informazione non deve essere falsa, ambigua o fuorviante, dare adito a dubbi sulla sicurezza e/o sull'adeguatezza nutrizionale di altri alimenti, incoraggiare il consumo eccessivo di un elemento, affermare, suggerire o sottintendere che una dieta equilibrata e varia non possa fornire quantità adeguate di sostanze nutritive, non deve quindi indurre in errore l'acquirente attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede né tantomeno attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana. Inoltre le asserzioni sulla salute sono consentite solo se nell’etichetta sono incluse le seguenti informazioni: a) una dicitura relativa all'importanza di una dieta varia ed equilibrata ed uno stile di vita sano tuazione molto diversa da quella che ha prevalso finora, in cui, accanto ad alcune affermazioni scientificamente fondate brulicavano asserzioni ingiustificate, per non parlare di imposture reali. CORRESPONDING AUTHOR JEAN-LOUIS BRESSON Direttore Centro di Ricerca Clinica Hôpital Necker-Enfants Malades 149 Rue de Sèvres - 75015 Paris (Francia) Tel. + 33 1 44 49 40 00 E-mail: [email protected] BIBLIOGRAFIA 1. Lenoir-Wijnkoop I, Nuijten MJ, GutiérrezIbarluzea I et al. Workshop Report: concepts and methods in the economics of nutrition-gateways to better economic evaluation of nutrition interventions. Br J Nutr 2012;108: 1714-20. 2. Buttriss JL, Benelam B. Nutrition and health claims: the role of food composition data. Eur J Clin Nutr 2010;64Suppl3:S8-13. 3. Vero V, Gasbarrini A. The EFSA health claims 'learning experience'. Int J Food Sci Nutr 2012;63Suppl1:14-6. 4. Hugas M, Tsigarida E, Robinson T et al. Risk assessment of biological hazards in the European Union. Int J Food Microbiol 2007;120:131-5. b) la quantità dell'alimento e le modalità di consumo necessarie per ottenere l'effetto benefico c) se necessario, una dicitura rivolta alle persone che dovrebbero evitare di consumare l'alimento d) un'appropriata avvertenza per i prodotti che potrebbero presentare un rischio per la salute se consumati in quantità eccessive. Il rispetto della legge da parte di tutte le parti interessate dovrebbe ridare ai consumatori fiducia nei confronti degli operatori economici del settore. Ci troviamo certamente in una si- 8 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):6-8 Key Points • Esiste attualmente in ambito europeo un Regolamento redatto dall’European Food Safety Authority (EFSA) che contiene nuove norme circa le informazioni pubblicitarie relative agli alimenti diffusi nel mercato comune europeo, allo scopo di aumentare la tutela dei consumatori, e di garantire una concorrenza leale. • Le informazioni autorizzate dall’EFSA fanno riferimento al più alto livello di evidenza scientifica al momento disponibile. • Le indicazioni fornite sull’etichetta non devono indurre in errore l'acquirente attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede né tantomeno attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana. ic at v m ie te ys Rew i S ad I l ica in Cl L VA u r E LL a cORR B DO OS Ruolo dell’analisi molecolare nel bambino con sospetta diarrea congenita Vincenza Pezzella e Roberto Berni Canani Dipartimento di Medicina Traslazionale - Sezione Pediatrica, Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti (ELFID), Università degli Studi di Napoli "Federico II” INTRODUZIONE Le diarree congenite (CDD) sono un gruppo di rare enteropatie ereditarie caratterizzate da un tipico inizio nelle prime settimane di vita (1,2). Nonostante la maggior parte di queste patologie sia caratterizzato da un quadro clinico in gran parte simile, le cause, la gestione e la prognosi delle varie forme di CDD sono molto diverse. Per gran parte di queste condizioni, la diarrea cronica severa rappresenta la principale manifestazione clinica, più raramente la diarrea è soltanto una componente di un quadro multiorgano più complesso. Nella maggior parte dei casi, la terapia appropriata deve essere avviata immediatamente per prevenire la disidratazione e gravi complicanze a breve e lungo termine (1). Esistono anche forme relativamente più lievi di CDD, con un quadro clinico meno grave e che possono rimanere non diagnosticate fino all’età adulta. Ad oggi, nella maggior parte dei casi di CDD sono noti i geni responsabili di malattia. Pertanto, l'analisi molecolare ha assunto un ruolo fondamentale nell’approccio diagnostico in queste patologie. Recentemente abbiamo proposto una classificazione delle CDD in quattro gruppi in relazione al principale meccanismo fisiopatologico responsabile (3): Congenital diarrheal disorders (CDDs) are a group of inherited enteropathies with a typical onset early in the life. Infants with these disorders have frequently chronic diarrhea of sufficient severity to require parenteral nutrition. For most CDDs the disease-gene is known and molecular analysis may contribute to an unequivocal diagnosis. We review CDDs on the basis of the genetic defect, focusing on the significant contribution of molecular analysis in the complex, multistep diagnostic work-up. New entities were also presented. I II III IV difetti di digestione, assorbimento e trasporto di nutrienti ed elettroliti difetti di differenziazione e polarizzazione degli enterociti difetti della differenziazione delle cellule enteroendocrine difetti di modulazione della risposta immunitaria intestinale Questa classificazione può essere un pratico punto di partenza per il complesso approccio diagnostico ai pazienti con sospetta CDD. EPIDEMIOLOGIA Come è facile osservare dai dati riportati in Tabella 1 fatta eccezione per il malassorbimento di fruttosio (FM) (3), le CDD sono generalmente molto rare. Alcune CDD sono più frequenti nei gruppi etnici dove sono consueti le unioni tra consanguinei o in alcune aree geografiche a causa dell’effetto fondatore (2,3). In un recente studio nazionale italiano, è stata descritta un’incidenza di 3 casi di CDD su 5.810 neonati ricoverati per diarrea in terapia intensiva neonatale, in un periodo di tre anni (4). Uno studio della Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP nel 1999 denominata SIGEP) ha stimato che le cause più comuni di CDD sono l’alterata modulazione della risposta immunitaria intestinale e i difetti di differenziazione e polarizzazione degli enterociti (5). Key Words Chronic diarrhea, genes, enteropathies, prenatal diagnosis, total parenteral nutrition APPROCCIO DIAGNOSTICO Il moderno approccio diagnostico alle CDD è un processo a più fasi che prevede l'attenta valutazione dei dati anamnestici e clinici, i comuni esami di laboratorio e l’analisi molecolare. In alcuni casi può essere necessario il ricorso a procedure strumentali [Figura 1]. Una storia familiare positiva per diarrea cronica ad esordio precoce, polidramnios e/o evidenza ecografica di anse intestinali dilatate durante la gravidanza sono elementi altamente suggestivi di CDD. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):9-13 99 Clinical Systematic Rewiev Tabella 1 Classificazione, Epidemiologia e Geni coinvolti nelle principali forme di CDD Gene OMIM Esone number Nome Posizione Proteina Trasmissione e incidenza AR, 1:60.000 in Finlandia; più bassa in altri gruppi etnici AR, 1:5.000; più alta incidenza in Groenlandia, Alaska e Canada 1. Difetti di digestione, assorbimento e trasporto di nutrienti ed elettroliti Deficit congenito di lattasi (LD) Deficit congenito di sucrasi-isomaltasi (SID) Deficit congenito di maltasi-glucoamilasi (MGD) Malassorbimento glucosio-galattosio (GGM) LCT (Lattasi) 603202 17 2q21.3 Lattasi-prolizina ad attività idrolasica SI (Sucrasi-Isomaltasi) 609845 48 3q26.1 Sucrasi-isomaltasi MGAM (Maltasi-Glucoamilasi) 154360 7q34 Attività maltasi-glucoamilasi Pochi casi descritti SLC5A1 182380 22q13.1 Cotrasportatore intestinale Na/glucosio (SGLT1) AR, poche centinaia di casi descritti 15 126650 21 7q31.1 SLC7A7 603593 11 14q11.2 SLC10A2 601295 6 13q33.1 CFTR PRSS7 602421 27 25 7q31.2 21q21 Trasportatore Glucosio/fruttosio (GLUT5) Trasportatore basolaterale di glucosio 2 (GLUT2) Trasportatore Intestinale zinco-specifico Scambiatore cloro/bicarbonato Trasportatore basolaterale di AA Trasportatore ileale di Sali biliari dipendente da sodio CFTR Inibitore di serina-proteasi PRSS1 276000 5 7q34 Tripsinogeno cationico SPINK1 167790 4 5q32 Inibitore della secrezione di tripsina pancreatica Deficit congenito di lipasi pancreatica (APL) PNLIP 246600 13 10q25.3 Lipasi pancreatica Abetalipoproteinemia (ALP) MTTP 157147 17 4q27 Proteina microsomiale che trasferisce trigliceridi AR, circa 100 casi descritti; più alta la frequenza tra Ashkenazi Ipobetalipoproteinemia familiare (HLP) Apo B 107730 26 2p24.1 Apolipoproteina B 100/48 Autosomica co-dominante 5q31.1 SAR 1B proteina che interviene nel traffico intracellulare di chilomicroni AR, circa 40 casi descritti 19q13.2 Inibitore dell'attivatore del fattore di crescita degli epatociti (HGF) AR Sconosciuta AR Malassorbimento di fruttosio (FM) SLC2A5 (?) Sindrome di Fanconi-Bickel (FBS) 138230 SLC2A2 Acrodermatite enteropatica (ADE) SLC39A4 Cloridorrea congenita (CCD, DIAR 1) SLC26A3 Intolleranza alla proteina lisinurica (LPI) Malassorbimento primitivo di acidi biliari (PBAM) Fibrosi Cistica (CF) Deficit enterochinasi 1p36.2 138160 10 3q26.2 607059 12 8q24.3 Pancreatite ereditaria (HP) Malattia da accumulo di chilomicroni (CRD) SAR1B 607690 Diarrea Congenita da perdita di Sodio (CSD, DIAR 3) SPINT2 (solo nella forma sindromica) 605124 SBDS 607444 Sindrome di Shwachman-Diamond (SDS) Diarrea associata a mutazione di DGAT1 Diarrea familiare associata a mutazione di GUCY2C 8 DGAT1 Sintesi di trigliceridi GUCY2C Gene codificante la guanilato-ciclasi intestinale più di 40% AR, raro, più alta frequenza tra consanguinei AR, 1:500.000 AR, sporadico; frequente in alcune etnie AR, circa 1:60.000 in Finlandia e Giappone; rara in altri gruppi etnici AR AR, 1:2.500 AR AR, casi con mutazioni composte in diversi geni; le mutazioni di SPINK1 possono provocare una pancreatite tropicale 2. Difetti nella differenziazione e polarizzazione degli enterociti Atrofia congenita dei microvilli (DIAR 2) MYO5B Enteropatia congenita a ciuffi (DIAR 5) EpCAM Diarrea Sindromica TTC37 SKIV2L 606540 185535 40 18q21.1 Miosina B Molecole di adesione di cellule epiteliali Proteina con 20 tetratricopeptidi AR, rara; più alta la frequenza tra Navajo AR, 1:50-100.000; più alta tra gli Arabici 9 2p21 45 5q15 2 10q21.3 Fattore di trascrizione basico elica-doppia-elica AR, pochi casi descritti 5q15-q21 Enzima per elaborazione della proinsulina di tipo I AR Xp11.23-q13.3 Fattore di trascrizione X-linked, molto rara 21p22.3 Fattore di regolazione autoimmunitario AR, 1:400.000 3. Difetti nella differenziazione di cellule enteroendocrine Diarrea congenita malassorbitiva (CMD, DIAR 4) NEUROG3 604882 Deficit di Proproteina convertasi 1/3 (PCD) PCSK1 162150 4. Difetti di modulazione della risposta immunitaria intestinale Dsfunzione immunitaria, FOXP3 poliendocrinopatia, X-linked (IPEX) Sindrome IPEX-like 11 Sconosciuto Sindrome polighiandolare AIRE autoimmune tipo I (APSI) o APECED 10 304790 Enteropatia autoimmune associata ad immunodeficienza Sconosciuto Enteropatia autoimmune associata a colite Sconosciuto Non X-linked 607358 14 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):9-13 AR, AD (1 famiglia) Ruolo dell’analisi molecolare nel bambino con sospetta diarrea congenita Bisogna tener conto che anche durante le prime settimane di vita infezioni e allergie alimentari sono cause frequenti di diarrea cronica (3), e che tali condizioni, oltre alle malformazioni del tratto gastrointestinale, devono essere sempre preliminarmente escluse (1,2). Un passo importante nel processo diagnostico della CDD è l'identificazione di una diarrea conseguente a meccanismo osmotico o secretorio attraverso la misurazione degli elettroliti fecali (Na+ e K+) [Figura 1]. È sempre importante misurare anche la concentrazione di Clnelle feci per escludere una cloridorrea congenita (CLD), caratterizzata da un’elevata perdita fecale di tale ione (> 90 mmol / L) (6). Successivamente grazie al risultato di altri esami di laboratorio o strumentali e alla risposta ad eventuali diete speciali il percorso diagnostico proseguirà sino all'analisi molecolare, oggi disponibile per la maggioranza dei casi [Figura 1]. DIAGNOSI MOLECOLARE La maggior parte dei geni responsabili della CDD non sono particolarmente grandi, e questo ha permesso di utilizzare tecniche come il sequenziamento genico per l'analisi molecolare (1). La Tabella 1 mostra che solo in pochi casi non può essere eseguita una diagnosi molecolare. L’analisi delle mutazioni nei geni responsabili di CDD può aiutare a predire il fenotipo della malattia, sulla base dell'effetto della mutazione (una mutazione “nonsense” che abolisce completamente l'attività della proteina dovrebbe dar luogo ad una malattia più grave di un “missense”, che coinvolge una regione di proteina con Sospetto di CDD Elettroliti fecali Osmotica Normale istologia/ME Malassorbimento generalizzato Monosaccaridi o formula priva di CHO Na>145mM/L Sindrome intestino corto Normale lunghezza intestino Malassorbimento di fruttosio No infiammazione Infiammazione cronica estesa alla lamina propria Anti-cromogranina A Tri<10mg/dl Chol. 25-40mg /dl No cellule enteroendocrine con altre cellule normali Abetalipoproteinemia APOB Ipobetalipoproteinemia Normal TG e APOB MTP Fruttosio + formula priva CHO Neurog3 H2 test glucosio SGLT1 SARA2 Malattia da accumulo di chilomicroni Normali cellule caliciformi di Paneth, enteroendocrine ed epiteliali Anendocrinosi enterica Disendocrinosi enterica DRA Cloridorrea congenita No infiammazione variabile astrofia dei villi Colestiramina ASBT Malassorbimento di acidi biliari primari Enteropatia Autoimmune Epitelio a ciuffi EpCAM Foxp3 S.IPEX-like Enteropatia a ciuffi IPEX Inclusioni microvillari intracitoplasmatiche al ME Enteropatia autoimmune associata a immunodeficienza Malassorbimento di glucosio-galattosio Sodiorrea congenita CI>90mM/L Infiammazione cronica, iperplasia delle cripte e astrofia dei villi Rx digerente H2 breath test al fruttosio Normale istologia Enterociti ricchi di grassi Malassorbimento di nutrienti specifici Secretiva MY05B Enteropatia autoimmune con colite M. da inclusione dei microvilli AIRE S. Polighiandolare autoimmune Sangue Breath test Trial dietetico/terapeutico Analisi molecolare Istologia Elettroliti fecali Figura 1 Indicazioni per un moderno approccio diagnostico alle principali forme di CDD Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):9-13 11 Clinical Systematic Rewiev attività meno critica). Tuttavia, una chiara correlazione genotipo-fenotipo non è sempre facile da dimostrare. Inoltre, in alcune forme di CDD come la CLD è stato suggerito il ruolo di geni modificatori del fenotipo, ereditati indipendentemente dal gene-malattia (7). Tabella 2 Analisi molecolare disponibili presso il nostro Centro malattia gene Deficit congenito di sucrasi-isomaltasi (SID) SI Malattia da accumulo di chilomicroni (CRD) SAR1B RECENTI PROGRESSI Malassorbimento di acidi biliari primari (PBAM) SLC10A2 La ricerca nel campo delle CDD è molto Acrodermatite enteropatica (ADE) SLC39A4 attiva e nell’ultimo anno sono stati ottenuti interessanti risultati con la dimostrazione di Intolleranza alla proteina lisinurica (LPI) SLC7A7 due nuove entità. In due fratelli appartenenti ad una famiglia di Ebrei Ashkenazi è stata Cloridorrea congenita (CCD) SLC26A3 identificata e caratterizzata una rara mutaMalassorbimento glucosio-galattosio (GGM) SLC5A1 zione nel gene DGAT1, uno dei due enzimi che catalizza la sintesi dei trigliceridi (8). La Malattia da accumulo di microvilli (DIAR 2) MYO5B perdita di funzione in omozigosi è associata Enteropatia a ciuffi (DIAR5) EpCAM a CDD e la mutazione riguarda una delezione dell'esone 8 e un allele nullo. Come il Fibrosi Cistica (CF) CFTR deficit di DGAT1 provochi diarrea non è SPINK1 ancora completamente chiaro, probabilPancreatite ereditaria (HP) PRSS1 mente un accumulo di substrati lipidici come diacilgliceroli o acil CoA a livello intestinale risulta tossico per gli enterociti. Clinicamente entrambi i bambini presentavano pochi giorni dopo la nascita vomito, dolori addominali, diarrea acquosa non ematica severa (8-10 evacuazioni/die), con sviluppo di acidosi metabolica e disidratazione, enteropatia protido-disperdente (con valori di α1 anti-tripsina fecale tra 8 e 20 mg/g e ipoalbuminemia). In entrambi i casi si è resa necessaria la nutrizione parenterale ed infusioni di albumina. La seconda nuova condizione riguarda una forma di CDD di tipo secretivo secondaria ad una mutazione eterozigote missenso (c.2519G "T) nel gene GUCY2C (9). La sostituzione coinvolge il sito catalitico e probabilmente altera l’attività guanilato-ciclasica del recettore della guanilina. La guanilina è un peptide secretivo endogeno in grado di attivare la guanilato ciclasi e aumentare i livelli intracellulari di cGMP. L’esposizione del recettore mutante alla guanilina determina un abnorme aumento della produzione di cGMP in grado di provocare iperattivazione del CFTR con conseguente significativo aumento della secrezione di fluidi da parte degli enterociti. La mutazione è stata identificata studiando 32 membri di una famiglia norvegese. Le caratteristiche cliniche ricorrenti tra i membri erano diarrea acquosa, meteorismo, dolori addominali, disidratazione, acidosi metabolica e squilibri elettrolitici, distensione addominale e dilatazione delle anse del piccolo intestino. Dati recenti, infine, si sono resi disponibili riguardo la diarrea sindromica/sindrome trico-epato-enterica (SD/ THE), una grave e rara malattia intestinale (prevalenza stimata 1/1.000.000 nascite, trasmissione autosomica recessiva). Durante il loro decorso clinico, la maggior parte dei bambini richiede nutrizione parenterale e spesso la supplementazione di immunoglobuline. La prognosi dipende dalla gestione ed è in gran parte relativa alla presenza di complicanze legate alla nutrizione parenterale o alle infezioni. Anche con una gestione ottimale, la maggior parte dei bambini riporta ritardo di crescita, bassa statura e lieve ritardo mentale nella metà dei casi. In uno studio condotto in Francia, presso l’Università di Marsiglia, sono state individuate mutazioni a livello della RNA elicasi SKIV2L (10). Questo gene, al pari di TTC37 (già in precedenza associato a questa condizione) codifica per co-fattori del complesso SKI putativo umano. Il complesso SKI è un cofattore eterotetramerico che assicura il controllo della qualità dei mRNA. La forma classica è caratterizzata da 9 segni clinici, di cui 5 si trovano in più dei 2/3 dei pazienti: diarrea congenita severa ad esordio nel primo mese di vita che di solito porta a scarsa crescita e richiede nutrizione parenterale; dismorfismi facciali (caratterizzati da fronte prominente, radice nasale larga ed ipertelorismo); anomalie dei capelli descritti come “lanosi” e fragili; anomalie immunitarie per difetto a carico di immunoglobuline o della produzione di anticorpi; scarsa crescita intrauterina; anomalie cutanee come macchie caffè-latte o xerosi cutanea; epatopatie; difetti cardiaci; e anomalie del palato. Grazie a queste recenti evidenze la diagnosi SD/THE può adesso essere confermata dal sequenziamento diretto di TTC37 e SKIV2L. 12 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):9-13 Ruolo dell’analisi molecolare nel bambino con sospetta diarrea congenita UN SITO DEDICATO Per favorire l’approccio diagnostico-terapeutico al bambino con sospetta CDD abbiamo recentemente creato un sito web dedicato a queste condizioni: www.congenitaldiarrhealdisorders.net La consultazione del sito permette, oltre alla conoscenza dei più recenti sviluppi in queste patologie, anche un accesso rapido all’analisi molecolare ed altre procedure diagnostiche. In Tabella 2 sono riportate le patologie in cui è disponibile l’analisi molecolare presso il nostro Centro. Il sito funge, inoltre, da piattaforma per un database dedicato ai pazienti. Questa banca dati fornirà informazioni utili per futuri studi collaborativi. RINGRAZIAMENTI Il lavoro è stato supportato da un finanziamento dell’Agenzia Italiana del Farmaco (prot. n° MRAR08W002) Corresponding author Vincenza Pezzella e Roberto Berni Canani Dipartimento di Medicina Traslazionale - Sezione Pediatrica Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti (ELFID) Università degli Studi di Napoli "Federico II" Via Sergio Pansini, 5 - 80131 Napoli (NA) Tel. + 39 081 7462680/3266 Fax + 39 081 5451278 E-mail: [email protected] Key Points Le diarree congenite (CDD) • sono un gruppo di rare e severe enteropatie ereditarie, caratterizzate da un tipico inizio nei primi giorni di vita. • Nella maggior parte dei casi, la terapia appropriata deve essere avviata immediatamente per prevenire la disidratazione e complicanze a volte anche molto gravi. • La maggior parte dei geni responsabili della CDD non sono particolarmente grandi, permettendo di utilizzare tecniche come il sequenziamento genico per l'analisi molecolare. • L'approccio diagnostico alle diarree congenite è un processo a più fasi che prevede l'attenta valutazione dei dati anamnestici e clinici, i comuni esami di laboratorio, le procedure strumentali e l’analisi molecolare. BIBLIOGRAFIA 1. Berni Canani R, Terrin G, Cardillo G et al. Congenital diarrheal disorders: improved understanding of gene defects is leading to advances in intestinal physiology and clinical management. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010;50:360-6. 2. Berni Canani R, Cirillo P, Terrin G. Chronic and intractabile diarrhea. In: Guandalini S, ed. Essential pediatric gastroenterology hepatology and nutrition. Chicago: McGraw-Hill, Medical Publishing Division 2005;25-47. 3. Terrin G, Tomaiuolo R, Passariello A et al. Congenital diarrheal disorders: an updated diagnostic approach. Int J Mol Sci 2012;13:4168-85. 4. Passariello A, Terrin G, Baldassarre ME et al. Diarrhea in neonatal intensive care unit. World J Gastroenterol 2010;16:2664-68. 5. Catassi C, Fabiani E, Spagnuolo MI et al. Severe and protracted diarrhea: results of the 3-year SIGEP multicenter survey. Working Group of the Italian Society of Pediatric Gastroenterology and Hepatology (SIGEP). J Pediatr Gastroenterol Nutr 1999;29:63-68. 6. Berni Canani R, Terrin G, Cirillo P et al. Butyrate as an effective treatment of congenital chloride diarrhea. Gastroenterology 2004;127:630-34. 7. Salvatore F, Scudiero O, Castaldo G. Genotype-phenotype correlation in Cystic Fibrosis: the role of modifier genes. Am J Med Genet 2002;111:88-95. 8. Haas JT, Winter HS, Lim E et al. DGAT1 mutation is linked to a congenital diarrheal disorder. J Clin Invest 2012;122:4680-84. 9. Fiskerstrand T, Arshad N, Haukanes BI et al. Familial diarrhea syndrome caused by an activating GUCY2C mutation. N Engl J Med 2012;366:1586-95. 10.Fabre A, Charroux B, Martinez-Vinson C et al. SKIV2L mutations cause syndromic diarrhea, or trichohepatoenteric syndrome. Am J Hum Genet 2012 Apr 6;90(4):689-92. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):9-13 13 gy ia c tri d Pe o tol pa He VA DI R A ILI U B A C NO IO R LE Terapia dell’epatite C cronica nel bambino GIUSEPPE INDOLFI, ELISA BARTOLINI, MARTA REGOLI, ALESSANDRO NESI, MASSIMO RESTI Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer, Pediatria Medica, Epatologia Pediatrica di Firenze The main purposes of the present review are to provide the reader with a comprehensive overview of the current available therapies for chronic hepatitis C in children. The combined treatment with pegylated interferon and ribavirin in children infected with genotype 2 or 3 has been demonstrated to be highly effective (sustained virological response > 90%). One out of two children infected with genotype 1 will achieve sustained virological response with pegylated interferon and ribavirin. Key Words Hepatitis C virus, treatment, pegylated interferon, interleukin 28B, protease inhibitor 14 TERAPIA DELL’EPATITE C Il trattamento combinato con interferone pegilato α-2b e ribavirina è stato recentemente approvato in Italia per l’utilizzo nel bambino con infezione cronica da virus dell’epatite C. Obiettivo di questa revisione è descrivere le principali caratteristiche di questo trattamento in termini di efficacia e sicurezza e valutare le prospettive terapeutiche future riassumendo le molteplici novità affermatesi per l’adulto con epatite C cronica. LA STORIA NATURALE DELL’EPATITE C CRONICA IN ETÀ PEDIATRICA Modalità di infezione e progressione della malattia Il virus dell’epatite C (hepatitis C virus, HCV) nei paesi occidentali è la prima causa di epatopatia cronica a eziologia infettiva nel bambino. Fino agli inizi degli anni ’90, prima dell'inserimento e dell’implementazione del controllo dei prodotti da trasfusione, la principale modalità di trasmissione dell'infezione da HCV in età pediatrica era mediante trasfusione di sangue o emoderivati infetti (1). Attualmente la trasmissione da madre a bambino è diventata la più importante fonte d’infezione da HCV in età pediatrica. Globalmente il rischio di trasmissione perinatale da madre viremica (cioè con HCV RNA rilevabile nel sangue periferico mediante reazione polimerasica a catena) si attesta intorno al 4% (2). Sebbene molteplici fattori siano stati identificati in diversi studi riguardo al rischio di trasmissione perinatale di HCV, il meccanismo ultimo della trasmissione non è ancora noto. La trasmissione perinatale è quasi esclusivamente limitata a madri viremiche (2). A seguito della trasmissione perinatale, la clearance spontanea di HCV RNA, con conseguente normalizzazione delle transaminasi, è un evento che si verifica in circa il 20% dei bambini infetti e solitamente nei primi tre anni di vita. Più della metà dei bambini che elimina spontaneamente il virus presenta nella fase pre-clearance una spiccata ipertransaminasemia (alanina transaminasi > 5 x valore normale), è più spesso infettata dal genotipo virale 3 e presenta il genotipo C/C del polimorfismo dell’interleuchina 28B (interferone λ3). Nei bambini che non eliminano spontaneamente il virus, l'infezione cronica da HCV persiste in età adulta. La maggior parte dei bambini con epatite C, quindi, contribuirà al pool di pazienti adulti con infezione cronica (1). I bambini con epatite cronica da virus C sono spesso asintomatici. L’epatomegalia è riscontrata in circa il 10% dei pazienti (3). La malattia epatica avanzata con cirrosi epatica e insufficienza funzionale è possibile in un piccolo gruppo di pazienti stimato inferiore al 3% degli infetti (1,3). Nel complesso, sebbene alcuni studi dimostrino che la fibrosi epatica correli con età del paziente e durata della malattia, l’epatite C cronica in età pediatrica è solitamente una malattia lieve con fibrosi modesta o assente. OBIETTIVO DEL TRATTAMENTO Sulla base di quanto esposto, se si eccettuano i rari casi d’infezione a rapida progressione, l’obiettivo del trattamento dell’epatite cronica C in età pediatrica è l’eradicazione dell’infezione. La scelta di trattare il bambino deve basarsi sulla Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):14-17 valutazione della terapia in termini di efficacia, sicurezza e tollerabilità. In questo contesto, nel processo decisionale che porta a proporre o rimandare la terapia di un bambino, un occhio attento deve essere posto anche alle novità e continue nuove acquisizioni sul trattamento della popolazione adulta. LA TERAPIA IN ETÀ PEDIATRICA: DOVE SIAMO La duplice terapia combinata con interferone pegilato α-2b (1,5 µg/Kg/settimana per via sottocutanea) e ribavirina (15 mg/Kg/die in due somministrazioni per via orale) è stata approvata per l’utilizzo nel bambino con età superiore a tre anni dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel novembre 2010. Tale approvazione ha seguito quella della Food and Drug Administration (FDA) americana di dicembre 2008 e dell’European Medicines Agency (EMA) di dicembre 2009. La terapia combinata con interferone pegilato α-2a (100 µg/m2/settimana per via sottocutanea) e ribavirina è stata approvata dalla sola FDA nel dicembre 2009. La durata della terapia per entrambe le preparazioni interferoniche è quarantotto settimane per le infezioni da genotipo 1, 4, 5, 6 e ventiquattro settimane per i genotipi 2 e 3. LA TERAPIA IN ETÀ ADULTA: DOVE SIAMO E DOVE ANDIAMO La triplice terapia combinata con interferone pegilato (indifferentemente α-2a o α-2b), ribavirina e un inibitore della proteasi virale NS3/4a (boceprevir o telaprevir) è stata recentemente definita nuova standard of care per il paziente adulto con epatite C cronica da genotipo 1 (4). I due inibitori delle proteasi sono stati approvati per l’utilizzo in Italia dall’AIFA nel novembre 2012. Per tutti gli altri genotipi la standard of care rimane la duplice terapia combinata con interferone pegilato e ribavirina (4-6). Nella più recente letteratura (7), nel 2012 al congresso dell’European Association for the Study of The Liver e, più recentemente, in occasione del congresso dell’American Association for the Study of Liver Diseases tenutosi a Boston a novembre 2012, sono state presentate molte novità riguardanti sperimentazioni cliniche per la cura dell'epatite C cronica nell’adulto, con terapie somministrate per via orale, senza interferone e per periodi generalmente inferiori a ventiquattro settimane. La maggior parte di questi trial di fase 2 riguarda il trattamento del genotipo 1. Tali trattamenti, qualora i risultati preliminari dovessero essere confermati, saranno disponibili in Italia per il paziente adulto, presumibilmente, tra il 2016 e il 2020. I tempi per la sperimentazione in età pediatrica e l’eventuale approvazione sono ovviamente più lunghi e, al momento, non facilmente prevedibili. I POLIMORFISMI DELL’INTERLEUCHINA 28B Studi sulla popolazione adulta hanno permesso di dimostrare che il più forte predittore di risposta virologica sostenuta (negatività di HCV RNA nel sangue periferico ventiquattro settimane dopo l’interruzione del trattamento) in corso di terapia combinata con interferone pegilato e ribavirina è il polimorfismo di un singolo nucleotide (C o T) situato sul cromosoma 19 nella sequenza del promotore del gene umano che codifica per l’interleuchina 28B (8). I pazienti adulti con genotipo rs12979860 C/C hanno un tasso di risposta virologica sostenuta due - tre volte maggiore rispetto a quello dei pazienti con genotipo T/T. Risultati preliminari in età pediatrica sembrano confermare questa associazione. Il genotipo rs12979860 C/C è stato associato a una maggior probabilità di ottenere la clearance spontanea del virus sia in età pediatrica che adulta (8). I RISULTATI DELLA TERAPIA NEL BAMBINO E NELL’ADULTO L’efficacia della duplice terapia combinata interferone pegilato e ribavirina nel bambino, misurata in termini di risposta virologica sostenuta, è circa 55% nei trattati con infezione cronica da genotipo virale 1/4 e maggiore del 90% nei trattati con infezione cronica da genotipo virale 2/3 (9). Nei diversi studi pediatrici pubblicati non è emersa alcuna differenza di efficacia nell’utilizzo dell’interferone pegilato α-2a e α-2b (9). Questi risultati Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):14-17 15 Pediatric Hepatology sono migliori rispetto a quelli ottenuti dalla duplice terapia nell’adulto che, come riportato e riassunto nelle recenti linee guida americane e europee, è in grado di determinare risposta virologica sostenuta nel 45% dei soggetti non precedentemente trattati con infezione cronica da genotipo Polimorfismo C/C del gene dell’interleuchina 28B 1/4 e nell’80% di quelli con infezione da genotipo 2/3 (4Genotipo virale 2/3 6). La risposta virologica alla duplice terapia migliora negli adulti in funzione di alcuni parametri identificati come preCarica virale < 600.000 UI/mL dittori positivi di risposta (riassunti in Tabella 1) e in particoEtà < 40 anni lar modo in funzione del genotipo IL28B. La triplice terapia combinata (interferone pegilato, ribavirina e boceprevir/ Razza caucasica telaprevir) nei pazienti che non hanno mai ricevuto alcun Assenza di malattia epatica avanzata (setti porto - portali, cirrosi) trattamento antivirale, dagli studi registrativi, determina Assenza di insulino - resistenza globalmente un incremento dei tassi di risposta virologica sostenuta del 20-30% circa rispetto alla duplice terapia. Più Peso < 75 Kg nel dettaglio, telaprevir si è dimostrato efficace nel 75% e Valori di alanina transaminasi 3 x valore normale boceprevir nel 66% dei pazienti trattati (4). L’efficacia della terapia e la prevenzione del fenomeno della "resistenza", Sesso femminile ovvero la comparsa di varianti del virus che sfuggono all'azione dei farmaci, con gli attuali inibitori delle proteasi dipende dalla costanza nell’assunzione (4). Questi farmaci devono Tabella 2 Tabella riassuntiva dei valori di risposta virologica sostenuta ottenuti essere somministrati tre volte al nel bambino e nell’adulto in relazione ai diversi trattamenti e ai predittori pre-trattamento di risposta giorno e nel caso del telaprevir con cibo che contenga 15-20 g di G1 G 2,3 grassi. Queste caratteristiche li bambino (9) 55% >90% rendono poco agevoli nella somministrazione ai bambini. Negli adulto naïve al trattamento (5,6) 45% 80% Interferone pegilato + ribavirina adulti trattati, sono stati segnalati adulto naïve al trattamento effetti collaterali che riguardano 86% ------IL28B CC, caucasico, F0-2 (10) prevalentemente l’inibizione della poiesi midollare (linea rossa e Interferone pegilato + ribavirina + telaprevir adulto naïve al trattamento (4) 75% ------bianca) più marcata rispetto a Interferone pegilato + ribavirina + boceprevir adulto naïve al trattamento (4) 66% ------quella segnalata con la duplice terapia e possibili effetti collaterali soggettivi anche gravi come reazioni cutanee con telaprevir e disgeusia (sapore amaro o metallico) con boceprevir (4). Considerazioni su efficacia, sicurezza e di farmaco-economia hanno spinto a un’attenta valutazione dell’applicabilità della triplice terapia. La superiorità della triplice terapia in età adulta è particolarmente evidente nel ritrattamento dei pazienti con precedente fallimento terapeutico mentre in alcuni gruppi selezionati il guadagno legato all’utilizzo della triplice terapia in termini di probabilità di eradicazione dell’infezione rispetto alla duplice è assente o modesto (risultati riassunti nella Tabella 2). Per questo motivo l’AISF, ad esempio, in un recente position paper (scaricabile @ webaisf.org) sull’onda di quanto riportato in letteratura, in pazienti naïve con infezione da genotipo 1 e fattori predittivi di risposta al trattamento consiglia l’utilizzo della duplice terapia. Tabella 1 Predittori pre-trattamento di risposta virologica alla terapia combinata con interferone pegilato e ribavirina in età adulta (3,4) GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA DUPLICE TERAPIA Nei diversi studi la quasi totalità dei bambini trattati ha presentato effetti collaterali. In una recente meta-analisi è stato dimostrato che il 4% dei bambini interrompe la terapia per gli effetti avversi (9). I sintomi simil-influenzali (febbre, diminuzione dell'appetito, astenia e stanchezza) sono stati osservati in genere durante le prime settimane di trattamento. Altri effetti collaterali riguardano il possibile sviluppo di tiroidopatia e 16 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):14-17 Terapia dell’epatite C cronica nel bambino l’inibizione dose dipendente della poiesi midollare. Anemia (11%), leucopenia (32%) e neutropenia (54%) sono gli effetti collaterali più comuni. Perdita di capelli reversibile con l’interruzione dei farmaci, eritema e prurito nella sede di iniezione sono stati descritti nel 15%, 27% e 6% dei bambini trattati. Il trattamento si associa a un modesto rallentamento della velocità di crescita staturo-ponderale. Tale effetto è limitato alla durata della terapia. Alcuni autori hanno descritto un aumento compensatorio del peso dopo l’interruzione della terapia ma non è ancora chiaro se nel lungo termine i bambini trattati presentino crescita staturale compensatoria. La terapia nel bambino è tollerata meglio che in età adulta (9). CONCLUSIONI L’unica terapia approvata in Italia per il trattamento dei bambini con infezione cronica da virus dell’epatite C è la duplice terapia combinata con interferone pegilato α-2b e ribavirina. I risultati presenti in letteratura e confermati dai dati preliminari dello studio italiano SIGENP sul trattamento combinato con interferone pegilato α-2b e ribavirina attualmente in corso (consultabile @ sigenp.org), confermano l’elevata efficacia nella cura dell’infezione da genotipo 2/3 (>90%). Circa 1 paziente su 2 con infezione da genotipo 1 ottiene la risposta virologica sostenuta con il duplice trattamento. Gli studi attualmente in corso devono mirare all’identificazione dei predittori di risposta positiva alla terapia che permetteranno una migliore selezione dei pazienti da sottoporre al trattamento. Gli studi sulla popolazione adulta aprono, a lungo termine, interessanti prospettive di trattamenti altamente efficaci con regimi terapeutici all oral, interferon free. Key Points • L’epatite C in età pediatrica è un’infezione cronica, lieve e nella maggior parte dei casi asintomatica. • 80% dei bambini infetti entrerà a far parte del pool dei pazienti adulti con infezione cronica. • L’unica terapia attualmente approvata in Italia per l’utilizzo in età pediatrica è il trattamento combinato con interferone pegilato α-2b e ribavirina. • L’efficacia della duplice terapia riportata in letteratura è > 90% nei bambini con infezione da genotipo 2/3 e > 50% nei bambini con infezione da genotipo 1. I dati preliminari dello studio SIGENP attualmente in corso sul trattamento combinato con interferone pegilato α-2b e ribavirina sembrano confermare tali risultati anche nei bambini italiani. CORRESPONDING AUTHOR GIUSEPPE INDOLFI A.O.U. Meyer, Pediatria Medica Viale Pieraccini, 34 - 50139 Firenze Tel. + 39 055 5662410 Fax + 39 055 5662400 E-mail: [email protected] BIBLIOGRAFIA 1. Bortolotti F, Verucchi G, Cammà C et al. Long-term course of chronic hepatitis C in children: from viral clearance to end-stage liver disease. Gastroenterology 2008;134:1900-7. 2. Indolfi G, Resti M. Perinatal transmission of hepatitis C virus infection. J Med Virol 2009;81:836-43. 3. European Paediatric Hepatitis C Virus Network. Three broad modalities in the natural history of vertically acquired hepatitis C virus infection. Clin Infect Dis 2005;41:45-51. 4. Ghany MG, Nelson DR, Strader DB et al. 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Thompson AJ, Muir AJ, Sulkowski MS et al. Interleukin 28B polymorphism improves viral kinetics and is the strongest pretreatment predictor of sustained virological response in genotype 1 hepatitis C virus. Gastroenterology 2010;139:120-9. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):14-17 17 it utr La dieta chetogena nel bambino neurologico O EL Erica Pironti, Federica Martino, Gennaro Catone, Giangennaro Coppola U.O.C. Neuropsichiatria Infantile, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno ion cN ri iat d Pe G AN di r a ZZI u O a c AN MP CA The ketogenic diet is a high-fat, adequate- protein and low-carbohydrate diet, which is mainly used for the treatment of drugresistant epilepsy and in case of serious intolerance to antiepileptic drugs; furthermore, it is a firstline therapy of metabolic disorders such as GLUT-1 deficiency syndrome and pyruvate dehydrogenase complex (PDC) deficiency. It may be as well considered in a variety of other neurologic, metabolic, oncologic, neurodegenerative and psychiatric disorders, such as autism, depression, migraine and brain trauma. Key Words Ketogenic diet, refractory epilepsy, metabolic disorders, neurologic diseases, childhood 18 INTRODUZIONE La dieta chetogena è un regime alimentare calcolato individualmente e controllato rigidamente, che fornisce una quota elevata di acidi grassi, un adeguato apporto di proteine e un basso apporto di carboidrati. Essa è utilizzata non solo nel trattamento delle crisi epilettiche farmaco-resistenti, ma anche di altre patologie neurologiche. Attualmente sono utilizzati essenzialmente tre tipi di dieta chetogena: “classica”, MCT (medium chain trglycerides) e MCT modificata. Mentre nella forma “classica” (rapporto tra acidi grassi e proteine-carboidrati di 4 a 1) il 90% dell’apporto calorico viene fornito dagli acidi grassi, il 6% dalle proteine ed il 4% dai carboidrati, nelle altre due forme la quota di acidi grassi si abbassa al 71% (di cui il 60% è rappresentato dall’olio MCT e l’11% da acidi grassi a catena lunga nella “MCT”, mentre il 30% dall’olio MCT ed il 41% dagli acidi grassi nella “MCT modificata”), con conseguente aumento della quota riservata alle proteine (10%) e ai carboidrati (19%). Ad oggi, i meccanismi ipotizzati alla base del suo funzionamento sono diversi: il cambiamento del pH cerebrale, essendo i canali ionici sensibili alla concentrazione protonica; il cambiamento dell’equilibrio idro-elettrolitico; l’azione inibitoria diretta degli acidi grassi, quali, ad esempio, gli acidi grassi polinsaturi (polyunsaturated fatty acids, PUFAs); le alterazioni dei neurotrasmettitori; i cambiamenti del metabolismo energetico. Le prime due ipotesi sono state, nel corso degli anni, ridimensionate. Nel 1978 l’introduzione dell’acido valproico, con la sua efficacia a largo spettro, potenziò notevolmente la terapia farmacologica delle epilessie, inducendo ad una drastica riduzione dell’impiego del trattamento dietetico. Dalla metà degli anni ’90, si riaccese l’interesse per la dieta chetogena a causa del persistere di circa il 30% di pazienti con epilessia farmacoresistente; vi fu inoltre una estensione delle sue applicazioni terapeutiche anche ad altre patologie di natura neurologica (emicrania, crisi epilettiche), oncologica, metabolica, neurodegenerativa (morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica) e psichiatrica (depressione), ed in condizioni quali lo stroke, l’angina e l’autismo. LA DIETA CHETOGENA NELLA PATOLOGIA NEUROLOGICA Dal punto di vista epilettologico, la dieta chetogena si è dimostrata efficace nel ridurre la frequenza e l’intensità delle crisi in un gran numero di sindromi, comprese quelle condizioni ad esordio nei primi anni di vita che, per la loro gravità, vengono definite “epilessie catastrofiche”. Uno studio su 38 pazienti affetti da tali encefalopatie epilettiche ha dimostrato una riduzione di > 50% delle crisi nella metà dei pazienti dopo 1 anno di dieta chetogena (1). Nello specifico, la dieta si è mostrata utile nel controllo delle crisi nella sindrome di Dravet e nell’epilessia mioclono-astatica di Doose, inducendo una risposta significativa in 9/17 ed in 6/11 pazienti, rispettivamente (2). Hong et al (3) hanno evidenziato, in uno studio effettuato su 104 pazienti affetti da spasmi infantili (sindrome di West) in trattamento con dieta chetogena per 24 mesi, la scomparsa delle crisi nel 33% dei pazienti ed un miglioramento della sintomatologia nel 44%. Nelle crisi parziali associate a sclerosi tuberosa, la dieta chetogena ha indotto la scomparsa delle crisi in 2 pazienti su tre, favorendo la riduzione delle “crisi di caduta” in un altro paziente (4). Anche nella sindrome di Angelman la dieta che- Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):18-20 togena si è dimostrata efficace nel controllare le crisi farmaco-resistenti, così come in un bambino con sindrome di Alpers-Huttenlocker in cui ha permesso il controllo delle crisi parziali continue e un miglioramento del quadro elettroencefalografico. Infine, la dieta può risultare efficace sia in bambini affetti da epilessia associata a diabete di tipo I che in casi di encefalopatia epilettica refrattaria indotta da febbre in bambini in età scolare (FIRES). LA DIETA CHETOGENA NELLA PATOLOGIA METABOLICA La dieta chetogena è considerata il trattamento di prima scelta in caso di disturbi metabolici, quali il deficit di GLUT-1 e il deficit di piruvato deidrogenasi [Tabella 1]. Il deficit di GLUT-1 è un disordine a trasmissione autosomica dominante caratterizzato dall’assenza del trasportatore del glucosio GLUT-1; tale trasportatore, espresso nelle cellule endoteliali della barriera emato-encefalica e negli eritrociti, è responsabile dell’ingresso del glucosio all’interno delle cellule neuronali. La sindrome fu descritta per la prima volta nel 1991 da De Vivo ed è causata, nella maggior parte dei pazienti, da mutazioni a carico del gene SCL2A1 (1p35-31.3), costituito da 10 esoni con 2.842 coppie di basi che codificano per 493 aminoacidi. Un recente studio su 57 pazienti (5) ha permesso di ritrovare 49 differenti mutazioni: Dieta chetogena Forma Classica 90% acidi grassi 6% proteine 4% carboidrati MTC e MTC modificata 71% acidi grassi 10% proteine 19% carboidrati 37 mutazioni non note (13 missense, 5 nonsense, 13 frame-shift, 4 splice-site e 2 translation initiation mutations), 6 mutazioni note e 6 delezioni esoniche multiple. Tutte le mutazioni comportano l’assenza o la perdita di funzione di uno degli alleli di SCL2A1. Sono stati riconosciuti 3 differenti fenotipi: fenotipo classico (84%, di cui il 65% presenta un esordio precoce ed il 18% un esordio tardivo); fenotipo non classico (15%), caratterizzato da ritardo mentale, alterazioni del movimento, senza epilessia; deficit in età adulta (un unico caso), caratterizzato da sintomi minimi. Il ritardo diagnostico del fenotipo classico è stato in media 6.6 anni (da 1 mese a 16 anni); in tutti i pazienti la concentrazione di glucosio nel liquor cerebrospinale è risultata inferiore a 2.5 mmol/l (range 0.9-2.4 mmol/l) ed il rapporto tra il glucosio presente nel liquor e quello nel plasma inferiore a 0.50 in tutti i pazienti tranne uno; il lattato nel liquor è risultato basso o normale in tutti i pazienti. Il tipo di mutazione si è rivelato correlato alla severità del ritardo mentale ed alla presenza di alterazioni motorie complesse. La dieta chetogena si è dimostrata efficace nell’86% dei pazienti affetti da epilessia nell’ambito del deficit del GLUT-1; è stata in grado, inoltre, di ridurre le alterazioni motorie nel 48% dei pazienti con fenotipo classico e nel 71% dei pazienti con fenotipo non classico. Gli autori affermano che la puntura lombare rappresenta lo strumento diagnostico di scelta e può ridurre il ritardo diagnostico, consentendo l’inizio precoce di una terapia con dieta chetogena. Il deficit di GLUT1 è senz’altro sottodiagnosticato; esso inoltre andrebbe preso in considerazione in ogni bambino con epilessia tipo assenza ad esordio precoce o disturbi del movimento anche se sono presenti solo lievi difficoltà di apprendimento. Il deficit di piruvato deidrogenasi è causato da mutazione a carico del DNA mitocondriale, e configura una patologia che, sebbene abbia uno spettro clinico ampio, presenta un fenotipo dominante caratterizzato da insorgenza dei sintomi nel primo anno di vita, degenerazione neurologica e neuromuscolare, con alterazioni cerebrali evidenziate dalle neuroimmagini, Tabella 1 Indicazioni e controindicazioni della dieta chetogenica Indicazioni alla dieta chetogenica Patologie metaboliche: • Deficit di GLUT-1 • Deficit di piruvato deidrogenasi • Malattie mitocondriali (deficit del complesso 1) • Deficit di fosfofruttochinasi • Glicogenosi di tipo V Epilessia: • Epilessie farmacoresistenti • Intolleranza grave agli AED Controindicazioni alla dieta chetogenica Patologie metaboliche: • Deficit primitivo di carnitina: - Deficit di carnitina palmitoiltransferasi (CPT) I e II - Deficit di carnitina traslocasi • Difetti della β-ossidazione degli acidi grassi: - Deficit di acil-coA deidrogenasi a media catena (MCAD) - Deficit di acil-coA deidrogenasi a lunga catena (LCAD) - Deficit di acil-coA deidrogenasi a corta catena (SCAD) - Deficit di 3-idossiacil-coA a lunga catena • Deficit di piruvato carbossilasi • Porfirie Scarsa compliance Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):18-20 19 Pediatric Nutrition Key Points •La dieta chetogena è un regime alimentare calcolato individualmente e controllato rigidamente, che fornisce una quota elevata di acidi grassi, un adeguato apporto di proteine e un basso apporto di carboidrati. •Essa è utilizzata soprattutto nel trattamento di encefalopatie epilettiche resistenti quali la sindrome di Dravet e l’epilessia mioclono-astatica di Doose, gli spasmi infantili refrattari e le crisi associate a sclerosi tuberosa. •La dieta chetogena è considerata il trattamento di prima scelta in caso di disturbi metabolici, quali il deficit di GLUT-1 e il deficit di piruvato deidrogenasi. •La dieta chetogena può essere efficace anche nel deficit di PFK e nella malattia di McArdle. acidosi lattica e un rapporto lattato/piruvato ematico superiore a 20. Le opzioni terapeutiche prevedono l’uso di sodio bicarbonato, tiamina, dieta chetogena e dicloroacetato (6). Anche il deficit di fosfofruttochinasi (7) e il deficit dell’isoforma muscolare della glicogeno fosforilasi (malattia di McArdle o glicogenosi tipo 5) sono stati trattati con la dieta chetogena con un significativo miglioramento della sintomatologia (8). Non va dimenticato, a proposito dei disturbi del metabolismo, che la dieta chetogena è assolutamente controindicata nel deficit di carbossilasi e nel deficit di β-ossidazione, in quanto può indurre gravi stati di acidosi metabolica. Nelle malattie mitocondriali, al contrario, può essere impiegata ed anche con buoni risultati (9). Altra patologia in cui può essere presa in considerazione la dieta chetogena è l'emiplegia alternante dell'infanzia (EA), che è una rara malattia caratterizzata da episodi ricorrenti di emiplegia e disturbi parossistici associati a ritardo dello sviluppo psicomotorio e ritardo mentale. L’incidenza è di circa 1:1000.000; in Italia sono presenti circa 50 casi, 1.000 nel mondo. Sono state individuate, nei pazienti affetti da tale patologia, mutazioni a carico del gene ATP1A3 (19q13.3), che causano una riduzione dell’attività dell’ATPasi (10); in un paziente è stata ritrovata la stessa mutazione a carico del gene SCL2A1 che di norma causa del deficit di GLUT1. Lo studio tramite PET del metabolismo cerebrale nel periodo intercritico ha mostrato una ridotta attività metabolica nel lobo frontale e nel cervelletto. Si sta valutando la possibilità di introdurre come presidio terapeutico, anche in tali pazienti, la dieta chetogena. CONCLUSIONI Come accennato all’inizio, vi sono patologie neurologiche o psichiatriche dell’età evolutiva oltre l’epilessia per il cui trattamento è stata presa in considerazione la dieta chetogena. Va precisato, però, che si tratta spesso di studi preliminari e limitati a casi aneddotici; tra queste ricordiamo le neoplasie cerebrali, la cefalea resistente, i disturbi dello spettro autistico e comportamentali gravi, i traumi cranio-encefalici e la patologia ipossico-ischemica, in base al possibile ruolo neuroprotettivo riconosciuto alla dieta, basato soprattutto sulla sua azione a livello mitocondriale. Attualmente, la dieta chetogena ha un ruolo sempre più riconosciuto nel trattamento delle epilessie farmaco-resistenti. Essa è, infatti, considerata precocemente nel trattamento della sindrome di Dravet e nella sindrome di Doose. Quanto ai disturbi del metabolismo, la dieta chetogena è una terapia di prima scelta nel deficit di GLUT1 e di piruvatodeidrogenasi. Studi iniziali indicano che essa è efficace anche nel deficit di fosfofruttochinasi e nella malattia di McArdle (glicogenosi tipo V). BIBLIOGRAFIA Corresponding author Giangennaro Coppola U.O.C. Neuropsichiatria Infantile Facoltà di Medicina e Chirurgia Università di Salerno Ospedale S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona Largo Città di Ippocrate 84131 Salerno Tel./Fax + 39 089 672578 E-mail: [email protected] 20 1. Coppola G, Verrotti A, Ammendola E et al. Ketogenic diet for the treatment of catastrophic epileptic encephalopathies in childhood. Eur J Paediatr Neurol 2010;14:229-34. 2. Fejerman N, Caraballo R, Cersosimo R. Ketogenic diet and Dravet Syndrome and myoclonic epilepsies in infancy and early childhood. Adv Neurol 2005;95:299-305. 3. Hong AM, Turner Z, Hamdy RF et al. Infantile spasms treated with the ketogenic diet: prospective single-center experience in 104 consecutive infants. Epilepsia 2010;51:1403-7. 4. Coppola G, Klepper J, Ammendola E et al. Effects of the ketogenic diet in refractory partial seizures with reference to tuberous sclerosis. Eur J Paediatr Neurol 2006;10:148-51. 5. Leen WG, Klepper J, Verbeek MM et al. 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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):18-20 t or ep eR as C CL D AU DI R A NO U A A C OM R IO 16 month old female was admitted for recurrent and post-prandial vomiting episodes started at 11 months of age and failure to thrive. The differential diagnosis of chronic vomiting includes many conditions that may be required. Il vomito cronico FEDERICA PORCARO E CLAUDIO ROMANO Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Messina PRESENTAZIONE CLINICA Sabrina è una bambina di 16 mesi giunta alla nostra osservazione per episodi di vomito alimentare “a getto”, prevalentemente postprandiali, con frequenza di 3-4 episodi/settimana, insorti dopo lo svezzamento ed associati ad una deflessione della curva ponderale durante gli ultimi 3 mesi (dal 10° a < 5° centile). L’obiettività addominale evidenziava solo uno spiccato meteorismo addominale. Lo sviluppo psicomotorio appariva adeguato all’età. L’anamnesi familiare risultava positiva per ernia diaframmatica congenita paterna trattata chirurgicamente. L’anamnesi personale remota evidenziava storia di reflusso gastroesofageo (GER) di grado lieve nei primi mesi di vita, trattato in maniera conservativa. Scenario clinico: paziente con vomito cronico a carattere ingravescente e failure to thrive. ESAME OBIETTIVO Addome diffusamente dolente, soprattutto in sede epigastrica. DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE 1. Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE) Commento: ipotesi poco probabile poiché il vomito non è sinonimo di GER, di MRGE o di patologia acido-correlata; l’assenza di altra sintomatologia associata (pirosi, epigastralgia, disfagia) o familiarità positiva per malattia peptica o ernia iatale consente l’esclusione di tale ipotesi. 2. Patologia infettiva o infiammatoria Commento: ipotesi poco probabile, data l’assenza di sintomi sistemici o suggestivi di infezione d’organo. 3. Patologia endocrino/metabolica Commento: ipotesi da prendere in considerazione per amminoacidopatie, organicoacidurie nonostante l’assenza di sintomatologia neurologica o ritardo dello sviluppo psicomotorio. 4. Patologie del sistema nervoso centrale Commento: ipotesi da prendere in considerazione per lesioni determinanti l’incremento della pressione endocranica, sebbene i caratteri del vomito (postprandiale, alimentare) e l’assenza di sintomi neurologici non appaiono tipici del vomito “neurogeno” (spesso mattutino o notturno, non correlato ai pasti). 5. Cause anatomiche Commento: ipotesi da prendere in considerazione per alterazioni anatomiche dell’apparato gastrointestinale (atresia/stenosi esofagea, diverticolo di Zenker, diaframma duodenale, malrotazione, volvolo). Key Words Postprandial vomiting, chronic gastric volvulus, anterior and fundal gastropexy La soluzione del caso clinico a pagina 39 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):21 21 hts g hli ig H BD I FO U RT N DI R A LL I U E A C IVIT C A AT CASO CLINICO 1 Ragazza di 14 anni con malattia di Crohn (MC) stenosante dell’ileo-terminale in terapia con budesonide e mesalazina: l’endoscopia di controllo evidenzia stenosi non valicabile a circa 5 cm dalla valvola ileo-cecale (VIC). Dopo due dilatazioni endoscopiche non risolutive, per la ricomparsa di sintomi sub occlusivi, viene sottoposta a resezione chirurgica del tratto stenotico. Dalla dimissione terapia con metronidazolo, ben tollerato, per 6 mesi e mesalazina di mantenimento. Al follow-up post-chirurgico benessere clinico, metodiche di imaging ed endoscopia nella norma a 6 mesi, 1 e 2 anni dall’intervento. CASO CLINICO 2 Ragazza di 16 anni con MC ileo-colonica giunge alla nostra osservazione per sintomi sub-occlusivi. Le metodiche di imaging e l’endoscopia evidenziano esteso interessamento ileale, stenosi serrata della VIC e tramite fistoloso con il colon trasverso. Viene sottoposta a resezione ileo-colica con anastomosi latero-laterale ed affondamento di fistola sul trasverso. Inizia subito ciclo di terapia con metronidazolo e dopo tre mesi azatioprina 2.5 mg/kg. L’endoscopia di controllo a 6 mesi evidenzia recidiva a livello dell’anastomosi e del colon trasverso (Rutgeers score i3) per cui inizia terapia biologica con Adalimumab, con remissione clinica ed endoscopica a 1 e 2 anni dall’intervento. Key Words Crohn’s disease, post-surgical recurrence, prevention, aminosalicilates, immunosuppressants, biologics 22 Prevenzione della recidiva post-chirurgica nella malattia di Crohn SARA RENNA, EMANUELE ORLANDO, AMBROGIO ORLANDO DI.BI.MIS., U.O. di Medicina Interna, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti ‘‘Villa Sofia-V. Cervello’’ di Palermo FORTUNATA CIVITELLI, ANNA DILILLO, FRANCA VIOLA UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma Up to 70% of Crohn’s disease patients undergo intestinal resection. After After 1 y year ear from surgery 70% of patients show endoscopic recurrence and 20% have clinical relapse. Several treatments have been evaluated in the prevention of post-surgical recurrence. The efficacy of 55-A ASA AS SA is modest. Antibiotics seem to be effective but not well tolerated. 5-ASA The efficacy of immunosuppressants is based on scant evidence. Data on biologics are promising but further studies are needed. INTRODUZIONE Nonostante i progressi in campo farmacologico, la chirurgia può essere considerata una valida opzione terapeutica nella MC. Oltre l’80% dei pazienti va infatti incontro ad un intervento chirurgico nel corso della sua vita. In età pediatrica, il rischio chirurgico è pari al 20% dei pazienti a 3 anni dalla diagnosi ed al 34% circa a 5 anni (1). La terapia chirurgica della MC è riservata alle complicanze intestinali, quali l’ostruzione secondaria a stenosi, ed extra-intestinali (ascessi, fistole, malattia perianale). L’indicazione alla chirurgia può essere però rappresentata anche dal fallimento della terapia medica che, nel paziente pediatrico, ha come obiettivo non solo la remissione della malattia in quanto tale, ma anche garantire la crescita staturo-ponderale e lo sviluppo puberale. Data la lunga aspettativa di vita del bambino e dell’adolescente e l’andamento cronico-recidivante della malattia, il timing della terapia chirurgica va attentamente valutato. L’intervento chirurgico non rappresenta però una cura definitiva per la MC, infatti, circa il 70% dei pazienti presenta una recidiva endoscopica ad 1 anno dall’intervento e nel 25% dei casi questa è già una recidiva severa. Inoltre circa il 20% dei pazienti operati manifesta una recidiva clinica entro 1 anno dall’intervento e dal 30 al 70% dei pazienti richiede un nuovo intervento entro 10 anni dal primo. L’identificazione di fattori predittivi di Recidiva Post Operatoria (RPO) potrebbe rivelarsi assai utile nella pratica clinica, poiché consentirebbe di stratificare i pazienti in base al rischio e quindi di formulare linee guida per la profilassi medica da mettere in atto per prevenire le recidive. Vari studi hanno analizzato, con risultati contrastanti, i possibili fattori di rischio di RPO precoce nella MC e quelli maggiormente imputati sono risultati essere: il fumo, la malattia fistolizzante e la malattia ileale estesa (2-3). Recentemente sono risultati fattori di rischio associati a RPO anche la durata breve di malattia prima della chirurgia, dato questo molto importante in pediatria, ed il coinvolgimento del tratto gastrointestinale superiore (3) [Tabella 1]. DIAGNOSI DI RECIDIVA L’esame endoscopico, che secondo le linee guida ECCO dovrebbe essere eseguito entro un anno dall’intervento chirurgico (4), è considerato il gold standard per la diagnosi di recidiva endoscopica, la cui severità è comunemente valutata utilizzando lo score di Rutgeerts et al (5) [Tabella 2]. La comparsa di lesioni endoscopiche a livello dell’anastomosi e dell’ileo pre-anastomotico precede la comparsa dei sintomi clinici, ed è stata riportata una correlazione tra la Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):22-26 Tabella 1 Potenziali fattori di rischio di recidiva post-operatoria. Modificata da De Cruz et al. Inflamm Bowel Dis 2012 (3) severità delle lesioni endoscopiche e la probabilità di recidiva clinica nei 5 anni successivi all’intervento (5). Molto entusiasmo nella comunità scientifica è oggi rivolto al miglioramento delle metodiche non-invasive (videocapsula endoscopica, ecografia standard e con mezzo di contrasto orale -SICUS- ed entero-RM) per la diagnosi di RPO ed al tentativo di definire degli scores per ognuna di queste, in grado di prevedere il rischio di recidiva e di stratificare il paziente in base ad esso. Queste metodiche sono meglio accettate dal paziente, specialmente pediatrico, non necessitano di sedazione, richiedono una minore preparazione intestinale e non presentano complicanze che possono essere invece associate alla colonscopia. Inoltre, per problematiche di aderenze postoperatorie, la colonscopia a volte può essere tecnicamente difficile, tanto da essere interrotta senza permettere la visualizzazione della zona pre-anastomotica. Fattori correlati al paziente - Fumo - Storia familiare di IBD Fattori correlati alla malattia - Sede di malattia (ileo vs colon, interessamento del tratto gastrointestinale superiore) - Malattia penetrante - Precedente intervento di resezione - Giovane età di insorgenza di malattia - Breve durata di malattia prima dell’intervento - Estensione di malattia/lunghezza del segmento asportato - Attività della malattia al momento della resezione - Genetica: (NOD2/CARD15) - Sierologia: ASCA + - Presenza di granulomi all’istologia Fattori correlati all’intervento - Tipo di intervento (open vs laparoscopia) - Tipo di anastomosi - Margini di resezione interessati da malattia attiva - Complicanze post-operatorie - Necessità di trasfusioni post-intervento Tabella 2 Score di Rutgeerts per la valutazione della severità delle lesioni anastomotiche e dell’ileo pre-anastomotico (5) i0 Assenza di lesioni nella sede dell’anastomosi e nell’ileo preanastomotico TRATTAMENTO i1 Presenza di meno di 5 afte Gli studi in letteratura circa la prevenzione e il trattamento delle recidive della MC operata riPresenza di più di 5 afte con mucosa circostante normale o ulcere confinate i2 guardano prevalentemente l’età adulta, mentre all’anastomosi con diametro < 1 cm sono scarsi quelli relativi all’ età pediatrica. Difi3 Presenza di afte diffuse con mucosa circostante infiammata ferenti approcci terapeutici sono stati valutati allo scopo sia di prevenire la recidiva endoscoi4 Presenza di larghe ulcere, diffusa ileite, modularità o stenosi dell’anastomosi pica che di trattarla e prevenire così una probabile successiva recidiva clinica. I farmaci per i quali vi è una maggiore evidenza in letteratura sono: gli aminosalicilati, gli antibiotici, i probiotici, gli immunosoppressori e, negli ultimi anni, i farmaci biologici. Riportiamo di seguito le evidenze della letteratura sull’efficacia dei singoli trattamenti. Aminosalicilati Diversi studi hanno valutato l’efficacia della mesalazina nella prevenzione della RPO, confrontandola con il placebo o con altri farmaci. Una recente metanalisi della Cochrane (6) ha mostrato una modesta efficacia della mesalazina rispetto al placebo nel prevenire la recidiva clinica (RR 0.76; 95% CI 0.62 a 0.94, NNT = 12) ed endoscopica severa (RR 0.50; 95% CI 0.29 a 0.84, NNT = 8) a 12 mesi dall’intervento. Confrontando però l’efficacia della mesalazina con quella dell’azatioprina, tra i due farmaci non è stata riportata una differenza significativa. È da considerare però l’estrema eterogeneità degli studi inclusi in questa metanalisi, in cui sono stati utilizzati diverse formulazioni di mesalazina, diversi dosaggi, diversi follow-up e diverse definizioni di recidiva. Messaggio Sulla base di questi dati il ruolo della mesalazina nella prevenzione della RPO della MC merita di essere confermato in altri e più estesi trials clinici. Antibiotici Due studi hanno valutato l’efficacia del metronidazolo somministrato per 3 mesi al dosaggio di 20 mg/kg, e dell’ornidazolo somministrato per 12 mesi al dosaggio di 1 gr/die nella prevenzione della RPO. In entrambi gli studi il rischio di recidiva clinica ed endoscopica severa a 1 anno dall’intervento è risultato minore nei pazienti trattati con terapia antibiotica rispetto al placebo. Tuttavia la percentuale di eventi avversi, che ha motivato l’interruzione del trattamento, è risultata elevata in entrambi gli studi. Pertanto gli antibiotici, pur essendo potenzialmente efficaci nel preveni- Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):22-26 Messaggio Questi dati confermano l’utilità della terapia con metronidazolo nella prevenzione della RPO nella MC. 23 IBD Highlights re la RPO, sono poco tollerati a lungo termine e questo limita il loro utilizzo (6). Uno studio più recente (7) ha valutato l’efficacia di una terapia di 3 mesi con metronidazolo associato ad azatioprina, supportando il vantaggio di questa combinazione terapeutica nel prevenire la recidiva endoscopica a 12 mesi dall’intervento. In questo studio 81 pazienti sono stati randomizzati a ricevere il trattamento combinato o solo un ciclo di 3 mesi con metronidazolo. Dopo 12 mesi il 44% dei pazienti trattati con metronidazolo + azatioprina presentava una recidiva endoscopica, contro il 69% dei pazienti solo in metronidazolo (p = 0.048). Tuttavia, considerando il totale dei pazienti inclusi nello studio, la percentuale di recidiva endoscopica severa (Rutgeerts i3 o i4) a 12 mesi dall’intervento era del 23%, più bassa rispetto a quella riportata negli altri studi. Immunosoppressori Messaggio La reale efficacia degli immunosoppressori nella prevenzione della RPO rimane dubbia e sono necessari ulteriori studi su ampi numeri e con una corretta metodologia per poter inserire a pieno titolo questi farmaci nel protocollo di trattamento dei pazienti con MC sottoposti ad intervento chirurgico. COSA SUGGERISCONO LE LINEE GUIDA LINEE GUIDA ECCO (2010): • Statement 8F. La profilassi farmacologica è raccomandata dopo la resezione intestinale (EL1, RG A). Le tiopurine sono più efficaci della sola mesalazina o degli antibiotici (metronidazolo) nel prevenire le recidive sia cliniche che endoscopiche (EL1, RG A). Nel paziente con un fattore di rischio di recidiva post-chirurgica il farmaco di scelta è l’azatioprina/mercaptopurina (EL3, RG C). La mesalazina ad alte dosi è un’opzione valutabile nei pazienti con resezione ileale isolata (EL 1b, RG B). Gli antibiotici (metronidazolo) sembrano essere efficaci nel post-operatorio ma non sono ben tollerati a lungo termine (EL 1a, RG A). • Statement 8G. È bene iniziare la profilassi farmacologica entro due settimane dall’intervento chirurgico (EL5, RG D). • Statement 8H. La durata del trattamento di profilassi farmacologica deve essere di almeno 2 anni (EL 1a, RG B). 24 Una metanalisi della Cochrane del 2009 (6) ha confrontato l’efficacia delle tiopurine con quella del placebo nella prevenzione della RPO, riscontrando un ridotto rischio di recidiva clinica (RR 0.59; 95% CI 0.38 - 0.92, NNT = 7) ed endoscopica severa (RR 0.64; 95% CI 0.44 - 0.92, NNT = 4) a 12 mesi nei pazienti trattati con tiopurine. Quando però l’efficacia delle tiopurine è stata confrontata con quella della mesalazina non è stata evidenziata una differenza significativa, né in termini di recidiva clinica né di recidiva endoscopica severa. In una più recente metanalisi (8) le tiopurine sono risultate più efficaci dei controlli nel prevenire la recidiva clinica ed endoscopica severa a 12 mesi dall’intervento, seppur meno tollerate. Quest’ultima metanalisi è però metodologicamente discutibile, perché ha analizzato studi molto diversi tra di loro, con differenti popolazioni, diversi dosaggi e diversi farmaci di confronto. In particolare gli autori hanno inserito in un unico gruppo di controllo sia i pazienti trattati con placebo che con mesalazina, non tenendo conto degli studi precedenti, in cui la mesalazina è risultata, seppur modestamente, più efficace del placebo. È stato recentemente pubblicato un trial di confronto tra azatioprina e mesalazina nella prevenzione della recidiva clinica in pazienti in cui è stata già evidenziata una recidiva endoscopica. Dopo 1 anno di trattamento il tasso di recidiva clinica è risultato lievemente minore nei pazienti trattati con azatioprina rispetto a quelli trattati con mesalazina, ma la percentuale di eventi avversi è risultata maggiore nel primo gruppo (9). Biologici Dati recentemente pubblicati fanno ipotizzare un ruolo promettente degli antiTNFα nella prevenzione della RPO. In un piccolo studio (10) pubblicato nel 2009, 24 pazienti con MC sottoposti a resezione ileo-colica sono stati trattati con Infliximab (IFX) o placebo entro 4 settimane dall’intervento. Dopo 1 anno di follow-up oltre il 90% dei pazienti trattati con IFX ha mantenuto la remissione endoscopica contro il 15% del gruppo placebo. Nessun paziente trattato con IFX ha manifestato una recidiva clinica. In un altro studio recente (11) 31 pazienti con MC, sottoposti a resezione ileo-colica nelle precedenti 4 settimane, sono stati randomizzati a ricevere trattamento con IFX al dosaggio di 5 mg/kg ogni 8 settimane per 36 mesi o nessun trattamento. Tutti i pazienti inclusi nei 2 bracci ricevevano trattamento con mesalazina. A 12 e 36 mesi di follow-up il 100% ed il 93% rispettivamente dei pazienti trattati con IFX aveva mantenuto la remissione, contro il 69% e 56% rispettivamente dei pazienti non trattati (P < 0.03). Inoltre nei pazienti trattati con IFX la percentuale di remissione endoscopica a 12 mesi era maggiore rispetto ai pazienti non trattati (79% vs 19%; P= 0.004). In uno studio prospettico (12) è stata infine valutata l’efficacia dell’IFX nella prevenzione della recidiva clinica in pazienti in cui era stata evidenziata una recidiva endoscopica 6 mesi dopo l’intervento, confrontandola con quella della mesalazina e dell’azatioprina. Ventisei pazienti sono stati randomizzati a ricevere mesala- Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):22-26 Prevenzione della recidiva post-chirurgica nella malattia di Crohn zina (3 gr/die), azatioprina (50 mg/die) o IFX (ogni 8 settimane, senza fase di induzione). Dopo un follow-up di 6 mesi una recidiva clinica è stata riportata: in nessun paziente trattato con IFX, in 3 trattati con azatioprina (38%) ed in 7 trattati con mesalazina (70%). Un miglioramento delle lesioni endoscopiche è stato inoltre riscontrato nel 75% dei pazienti trattati con IFX, nel 38% di quelli trattati con azatioprina e in nessuno trattato con mesalazina. Dati preliminari sull’efficacia dell’adalimumab (ADA) nella prevenzione RPO giungono da piccoli studi non randomizzati. Un recente studio prospettico (13) ha valutato l’efficacia di ADA in un gruppo di 23 pazienti ritenuti ad elevato rischio di recidiva, trattati con il farmaco subito dopo l’intervento (8 pazienti) o dopo il riscontro di recidiva endoscopica a 6 mesi dall’intervento (15 pazienti) nonostante trattamento con mesalazina, azatioprina o IFX. Nel primo gruppo una recidiva endoscopica è stata riscontrata in 1 paziente a 6 mesi ed in 1 paziente a 24 mesi dall’inizio del trattamento. Nel secondo gruppo di pazienti il 60% (9/15) ha ottenuto una guarigione delle lesioni endoscopiche dopo 24 mesi di trattamento con ADA. CONCLUSIONI In relazione alle evidenze della letteratura, non è possibile ad oggi definire con chiarezza quale possa essere considerata la strategia terapeutica più corretta da utilizzare nella prevenzione primaria della RPO nella MC. Ovvero, la recidiva endoscopica va prevenuta o trattata? E ancora, quando è più opportuno eseguire il controllo endoscopico? Secondo le Linee Guida ECCO (4), i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico dovrebbero essere valutati endoscopicamente ad un anno dall’intervento. Uno studio italiano ha recentemente riportato la presenza di una elevata percentuale di recidiva endoscopica già dopo 6 mesi, ipotizzando il vantaggio di eseguire un controllo endoscopico precoce (a 6 mesi piuttosto che a 1 anno dall’intervento) in modo da selezionare i pazienti che più precocemente necessitano di FATTORI DI RISCHIO un trattamento di prevenzione delFumo attivo, malattia penetrante, lesioni perianali, malattia ileale estesa, precedente resezione intestinale la recidiva clinica (14). Se volessimo ipotizzare un algoritmo diagnostico-terapeutico per i ≥ 2 FATTORE DI RISCHIO NO FATTORI DI RISCHIO 1 FATTORE DI RISCHIO pazienti con MC sottoposti ad ine/o IFX da ≥ 6 mesi al momento della chirurgia tervento chirurgico, che ci aiuti nella pratica clinica, noi suggeriremmo un trattamento con metroniNo trattamento Tiopurine + Antibiotici Anti-TNFα dazolo per 3 mesi dopo l’intero 5-ASA (+Anti-TNFα) vento, ed un successivo controllo endoscopico a 6 mesi dall’intervento chirurgico. Colonscopia a 6 mesi Colonscopia a 6 mesi Colonscopia a 6 mesi In presenza di recidiva endoscopica il paziente andrebbe trattato con immunosoppresRutgeerts Rutgeerts Rutgeerts Rutgeerts Rutgeerts Rutgeerts score < 2 score > 2 score < 2 score > 2 score < 2 score > 2 sori o con farmaco biologico, la cui scelta andrebbe correlata con le caratteristiche e la Tiopurine storia clinica del paziente. Se Anti-TNFα No terapia e/o Anti-TNFα Tiopurine Anti-TNFα o switch non è presente una recidiva o 5-ASA Anti-TNFα terapia endoscopica a 6 mesi dall’intervento il paziente potrebbe essere trattato con mesalaziFigura 1 Algoritmo diagnostico-terapeutico per la prevenzione della recidiva post-chirurgica della MC. Modificato da Buisson A et al. Dig Liv Dis 2012 (2) na [Figura 1]. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):22-26 25 IBD Highlights Key Points • È importante eseguire un controllo endoscopico entro 6-12 mesi dall’intervento chirurgico, perché la recidiva endoscopica precede quasi sempre la recidiva clinica. • L’efficacia della mesalazina nella prevenzione della RPO della MC è modesta. • Gli antibiotici sono potenzialmente efficaci nel prevenire la RPO, ma sembrano essere poco tollerati a lungo termine. Un breve ciclo di trattamento con metronidazolo subito dopo l’intervento può essere utile. • Alla luce dei dati della letteratura la reale efficacia degli immunosoppressori nella prevenzione della RPO rimane ad oggi dubbia. • I dati sull’efficacia dei biologici sono promettenti ma sono necessari studi più ampi per poterla confermare. ed il trattamento pr • La prevenzione ottimale della RPO e la scelta di un atteggiamento terapeutico più o meno aggressivo dovrebbero sempre esser fatti tenendo conto dei fattori di rischio e della storia clinica del singolo paziente. 26 In età pediatrica, sebbene non esistano delle linee guida specifiche, maggiore valore hanno oggi le metodiche di imaging non invasivo, in particolare l’ultrasonografia e la entero-RM che, secondo la nostra esperienza, potrebbe essere utile effettuare già dopo 3 mesi dall’intervento. Questa proposta di gestione della prevenzione post-chirurgica del paziente con MC deve essere adattata al singolo paziente e fenotipo di malattia. L’utilizzo precoce della terapia biologica nel post-operatorio in presenza di fattori di rischio, deve essere considerata una valida opzione specialmente in età pediatrica, in relazione al decorso in genere più aggressivo della malattia e delle recenti evidenze circa la maggiore efficacia della terapia top-down rispetto al tradizionale approccio step-up già alla diagnosi di MC. CORRESpONDING AuTHOR AMBROGIO ORLANDO DI.BI.MIS., U.O. di medicina interna Azienda Ospedaliera "Villa Sofia-V. Cervello" Via Trabucco, 180 - 90146 Palermo Tel. + 39 3385942487 Fax + 39 0916885111 E-mail: [email protected] BIBLIOGRAFIA 1. Vernier-Massouille G, Balde M, Salleron J et al. Natural history of pediatric Crohn's disease: a population-based cohort study. Gastroenterology 2008;135(4):1106-13. 2. Buisson A, Chevaux JB, Bommelaer G et al. 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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):22-26 c tri y a i ed olog y P g r n s i ente colo DI w R A ACI Ne stro rma U A C CA P Ga Pha NI O M Disordine linfoproliferativo post trapianto nei bambini: diagnosi precoce, gestione e terapie innovative SILVIA RIVA, FRANCESCO CIRILLO, MARCO SCIVERES Epatologia Pediatrica e Trapianto di Fegato, ISMETT - University of Pittsburgh Medical Center di Palermo INTRODUZIONE I disordini linfoproliferativi post-trapianto (PTLD) costituiscono un gruppo clinicamente ed istologicamente eterogeneo di malattie che hanno a fattore comune l’insorgenza dopo un trapianto d’organo solido o ematologico (1). La cellula d’origine (T o B), l’attitudine proliferativa, il grado di atipia cellulare e il potenziale aggressivo della malattia variano in maniera considerevole secondo lo specifico sottotipo e si possono avere da forme di linfoproliferazione policlonale, a scarsissimo potenziale maligno ma suscettibili di progressione (Early Lesions), a forme linfomatose estremamente maligne paragonabili a quelle che insorgono nel paziente non trapiantato [Tabella 1]. In età pediatrica la maggioranza (80%) e la quasi totalità delle forme precoci (entro i sei mesi dal trapianto) sono a partenza da cellule B infettate ed immortalizzate da Epstein Barr virus (EBV). Le forme non EBV-correlate, in genere più tardive e più aggressive (2), sono rappresentate principalmente da PTLD T-cellulari. L’incidenza è variabile in base all’età del paziente ed all’organo trapiantato: inferiore al 5% dopo trapianto di rene, inferiore al 10% dopo trapianto di fegato, raggiunge il 10-32% dopo trapianto di polmone ed intestino, sia per l’utilizzo di schemi immunosoppressivi più impegnativi sia per la presenza di abbondante tessuto linfoide intrinseco nel graft (3). Le forme “Early” possono essere completamente asintomatiche o presentare una sintomatologia sfumata come ipertrofia adenotonsillare con ostruzione nasale, microadenomegalia diffusa, diarrea recidivante, astenia, calo ponderale, febbricola; nelle forme monoclonali, al contrario, prevale la focalità per cui ai sintomi generali si associano i segni dovuti alla presenza di una massa infiltrante in maniera non dissimile ai linfomi del paziente non trapiantato [Figura 1]. Epstein Barr virus (EBV) is frequently related to post-transplant lymphoproliferative disorder (PTLD). Early diagnosis and treatment of polyclonal variants could probably avoid progression toward malignant disease. Treatment strategies for PTLD D include reduction of immunosuppression, targeting of B-cells with monoclonal antibodies, or chemotherapy. Adoptiv A Adoptive doptive doptive immunotherapy with EBVspecific C CTLs to restore a cellular immune response to EBV is an innovative and safe treatment option. Tabella 1 Classificazione OMS 2008 dei PTLD Key Words Post-transplant lymphoproliferative disorder, EBV-specific cytotoxic T-cell response, early detection and diagnostics, risk factors, adoptive T-cell therapy CATEGORIA CLONALITÀ STATO EBV Lesioni precoci (iperplasia plasmacitica - mononucleosi-like) Policlonale Sempre EBV positivo PTLD Polimorfico Monoclonale Sempre EBV positivo PTLD Monomorfico Linfoma B cellulare Linfoma T cellulare Monoclonale Monoclonale Frequentemente EBV positivo Raramente EBV positivo PTLD Linfoma di Hodgkin like Monoclonale Sempre EBV positivo EBV, Epstein-Barr virus; PTLD, disordine linfoproliferativo post trapiant. Modificato da [1] Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):27-30 27 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology EBV - MECCANISMO DI INFEZIONE E PATOGENESI DEL PTLD EBV è un virus oncogeno, che appartiene alla famiglia herpes virus e ne condivide la caratteristica costante di determinare un’infezione latente che fa seguito ad una fase acuta, replicativa. L’infezione primaria nell’individuo immunocompetente avviene nell’orofaringe mediante l’interazione tra la glicoproteina virale GP340 e il recettore di superficie cellulare dei linfociti B: comporta l'inizio di un ciclo replicativo virale e la morte della cellula infettata per lisi cui segue il rilascio di nuove particelle virali complete ed infettive. Al termine della fase replicativa EBV cambia strategia: il genoma virale inizia la sintesi di alcune proteine nucleari (EBNA-1, EBNA-2, EBNA-3A, EBNA-3B, EBNA-3C) e di membrana (LMP-1, LMP-2A e LMP-2B) che governano il ciclo di latenza e determinano un'attivazione permanente dei linfociti B (immortaFigura 1 Localizzazione sinusale con invasione lizzazione cellulare). Alcuni di questi blasti entrano in fasi di latenza intraorbitaria di PTLD B monomorfo (linfoma B a grandi non proliferativa come cellule memoria capaci di brevi riattivazioni cellule) a partenza dal tessuto adenoideo, insorto dopo 6 periodiche del ciclo litico. La maggior parte, tuttavia si replica indemesi dal trapianto di polmone in una bambina di 7 anni. La piccola aveva manifestato a 2 mesi dal trapianto la finitamente, sebbene a basso ritmo (4). Il controllo dell’infezione riprima infezione EBV con viremie elevatissime. Al momento chiede entrambi i meccanismi di risposta immunitaria, cellulare ed della diagnosi di PTLD la carica viremica era minima umorale: la produzione di anticorpi limita la diffusione del virus nella forma infettiva, mentre l'attivazione del meccanismo di sorveglianza T cellulare agisce sulla proliferazione delle cellule B-memoria EBV infette, dimostrandosi efficace nel controllare la diffusione delle cellule trasformate. Nel paziente immunosoppresso la funzione T-cellulare è deficitaria (i farmaci inibitori delle calcineurine limitano principalmente la funzione dei linfociti T) consentendo, quindi, ai linfociti B immortalizzati dal virus di andare incontro ad una proliferazione incontrollata ed allo sviluppo di malattia linfoproliferativa (5) MONITORAGGIO EBV E DIAGNOSI PRECOCE Il fattore di rischio più significativo per PTLD è l’età al trapianto, per cui i bambini sono ipso facto una popolazione a rischio. Tale rilievo è chiaramente un epifenomeno che rimanda a quanto detto circa il ruolo patogeno dell’EBV. Il reale fattore di rischio, molto comune nei bambini, è infatti lo status di sieronegatività per EBV al momento del trapianto. Tale condizione minimizza la possibilità di sviluppo di un'efficace risposta immune e, in ultima analisi, la citolisi dei blasti proliferanti EBV+. Anche il tipo di trapianto effettuato porta con sè un potenziale di rischio: quello di organi con una maggiore quantità di tessuto linfoide o che richiedono un’immunosoppressione più profonda (es. polmone, cuore o intestino) implica un rischio di PTLD notevolmente maggiore. Altri fattori di rischio minori, non universalmente riconosciuti, sono il matching tra un ricevente EBV- ed un organo EBV+ (la prima infezione nei riceventi di organi EBV- è solo ritardata, non evitata), la concomitante infezione da CMV ed il tipo di immunosoppressione (tacrolimus più di ciclosporina) (1,3). Il monitoraggio per PTLD del bambino trapiantato, in mancanza di un singolo parametro efficace ed affidabile, si basa su un insieme di parametri clinici e bioumorali. In primo luogo vi è necessità di seguire l’andamento dell’infezione da EBV, specie dopo l’avvenuta prima infezione o riattivazione del virus. Lo strumento più utile e quello su cui vi è maggiore esperienza è la viremia EBV. È piuttosto forte infatti l’evidenza che, al momento della fase replicativa, quindi in genere precocemente dopo il trapianto, alte viremie EBV rappresentino un importante fattore di rischio. Nel tempo la tecnica di rilevazione del DNA si è evoluta e si è passati dalla semplice PCR su plasma, che misura principalmente le copie di DNA “libero” provenienti dalla lisi cellulare, alla misurazione delle copie presenti all’interno delle cellule mononucleate (PBMC, peripheral blood mononuclear cells). Quest’ultima tecnica offrirebbe un quadro molto più preciso del numero di linfociti B EBV-carrier in fase di latenza (6). Tuttavia non sempre è documentata una correlazione fra PTLD e “viral load”. La recente introduzione del test di valutazione della risposta linfocitotossica EBV-specifica appare promettente. La rilevazione di una risposta cellulo-mediata ridotta o assente, espressa come numero di linfociti T del paziente producenti Interferon-gamma dopo attivazione con antigeni di EBV (ELISPOT), indica 28 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):27-30 TIPO DI PTLD TERAPIA DI PRIMA SCELTA Riduzione dell'immunosoppressione (RI)b Lesioni precoci Sistemico Polimorfico Localizzato RI, se possibileb e: • Solo Rituximab o • Chemioimmunoterapiae RI, se possibileb e: • RT ± Rituximab o • Chirurgia ± Rituximab o • Solo Rituximab RI, se possibileb e/o: Monomorficoa • Solo Rituximabd o • Chemioimmunoterapiac RISPOSTA INIZIALE TERAPIA DI SECONDA SCELTA Risposta completa Gestione immunosoppressionee e monitoraggio EBV PCR Persistenza o progressione della malattia Rituximab and monitor EBV PCR Risposta completa Persistenza o progressione della malattia Risposta completa Persistenza o progressione della malattia Si consideri la profilassi per la sindrome lisi tumorale (vedi NHODG-B) Vedi anticorpo monoclonale e riattivazione virale (NHODG-B) aIl trattamento si basa unicamente sull’istologia altamente sintomatici o che non tollerano la chemioterapia a causa di comorbidità e strettamente monitorati; la RI deve essere coordinata con Il reincremento dell’immunosoppressione deve essere individualizzato, tenendo in considerazione il livello di RI l'equipe di trapianto iniziale ed il tipo di trapianto d'organo. Tali decisioni cChemioimmunoterapia concomitante o sequenziale devono essere prese in collaborazione con il team di dCome parte di un approccio graduale in pazienti che non sono trapianto. bLa risposta alla RI è variabile ed i pazienti devono essere Monitoraggio EBV PCR e: • Osservazione o • Continuare RI, se possibile ± mantenimento Rituximab Chemioimmunoterapiac o Sperimentazione clinica o Immunoterapia cellulare con linfociti T citotossici EBV specifici (se EBV correlate) Vedere le linee guida istologiche appropriate per il follow-up Se RI era la terapia di prima scelta, poi Rituximab o Chemioimmunoterapiac o Se Rituximab era la monoterapia di prima scelta, poi Chemioimmunoterapiac o Sperimentazione clinica o Immunoterapia cellulare con linfociti T citotossici EBV specifici (se EBV correlate) Note: Tutte le raccomandazioni sono categoria 2A, se non diversamente indicato. Sperimentazioni cliniche: NCCN crede che la migliore gestione di qualsiasi malato di cancro sia la sperimentazione clinica. La partecipazione a sperimentazioni cliniche è particolarmente incoraggiata. Figura 2 Trattamento del PTLD. Linee guida 2013 del National Comprehensive Cancer Network infatti un deficit del paziente a sviluppare una risposta citotossica nei confronti di cellule EBV-positive. I limiti di tale tecnica sono la scarsa standardizzazione (diversi tipi di melange antigenici) e l’assenza di una reale validazione “sul campo” come predittiva di sviluppo di PTLD (7). Accanto alla sorveglianza virologica, l’attento follow-up clinico riveste un ruolo cruciale. È necessario valorizzare prontamente quei segni e sintomi, spesso sfumati o aspecifici, non riconducibili ad una causa nota ed alternativa. L’ipertofia adenotonsillare, comune nel bambino, nel paziente trapiantato assume un'importanza completamente diversa. È infatti noto che l’anello linfatico orofaringeo rappresenta il principale serbatoio di replicazione del virus EBV ed è precocemente sede di fenomeni di iperplasia linfoide (8) istologicamente non dissimili da quello che si osserva nella mononucleosi infettiva, salvo il fatto che non tendono alla autolimitazione spontanea. Il tessuto adenotonsillare, infatti, è la sede più frequente di PTLD focali monoclonali nel bambino (3), verosimile evoluzione di quadri inizialmente policlonali e benigni. L’obiettivo di una diagnosi precoce non può che essere perseguito tramite un campionamento istologico dei tessuti accessibili in maniera mini-invasiva (adenoidi, tonsille, tessuto linfoide associato alla mucosa intestinale) o la biopsia di una lesione focale sospetta. L’individuazione di un paziente con sintomi compatibili, in assenza di chiare lesioni focali, offre la preziosa opportunità di evidenziare un processo linfoproliferativo in stadio precoce e scarsamente aggressivo. Presso il nostro Istituto è operativo un programma di screening istologico precoce che, in pazienti selezionati sulla base di elementi clinici, ha permesso di dimostrare un'incidenza superiore all'80% di forme “Early” (9) e di avviare precocemente un'adeguata presa in carico terapeutica. Tale modus operandi riteniamo sia il principale determinante della completa assenza di diagnosi di PTLD monomorfi nella nostra coorte di pazienti trapiantati che ormai approssima i 5 anni di follow-up mediano. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):27-30 29 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology Key Points • I disordini linfoproliferativi post trapianto rappresentano un gruppo clinicamente ed istologicamente eterogeneo di malattie, con ampio spettro clinico: da lesioni benigne a forme linfomatose. • l principale fattore di rischio è rappresentato dall'infezione primaria da EBV che avviene dopo il trapianto, in quanto nel paziente immunosoppresso la funzione T-cellulare è deficitaria consentendo ai linfociti B immortalizzati dal virus di andare incontro ad una proliferazione incontrollata ed allo sviluppo di malattia linfoproliferativa. • Il monitoraggio dell'infezione si avvale della determinazione della viremia EBV mediante PCR e del test di valutazione della risposta linfocitotossica EBVspecifica. • La diagnosi precoce richiede un’attenta sorveglianza clinica ed il campionamento istologico dei tessuti accessibili in maniera mini-invasiva (adenoidi, tonsille, tessuto linfoide associato alla mucosa intestinale) o la biopsia di una lesione focale sospetta. • L'approccio terapeutico dipende soprattutto dal sottotipo di disordine: tuttavia la terapia più innovativa, clinicamente validata, è rappresentata dall’uso di linee cellulari T-linfocitarie autologhe addestrate in vitro ad aggredire i linfoblasti portatori di EBV e ripristinare l’immunosorveglianza virus specifica. 30 TERAPIE INNOVATIVE Il trattamento delle diverse forme di PTLD è schematizzato in Figura 2. Le forme linfomatose si avvalgono della combinazione di Rituximab (anticorpo monoclonale antiCD 20), capace di eliminare la maggioranza dei linfociti B, con cicli brevi di chemioterapia che limita le popolazioni cellulari rapidamente proliferanti. Con questa combinazione la frequenza di remissione completa supera l’80%. Il novero di presidi terapeutici tradizionalmente adoperati nel caso di forme “Early” policlonali è al contrario molto limitato. La relativa benignità del quadro non giustifica infatti l’uso del Rituximab (che non presenta un profilo di sicurezza ideale) e l’unico approccio storicamente adoperato è stato la riduzione o la sospensione della immunosoppressione. Sebbene il tasso di regressione sia molto elevato, tale approccio comporta un rischio elevato e non accettabile di rigetto acuto o cronico e di perdita del graft. Un possibile approccio alternativo può essere l’uso di farmaci immunosoppressori differenti dal tacrolimus senza ridurre significativamente l’impegno immunosoppressivo globale. Esistono in letteratura diversi dati che indicano negli inibitori delle m-TOR delle valide alternative al tacrolimus e la nostra esperienza preliminare con la rapamicina è stata più che positiva. L’approccio più innovativo, tuttavia, è l’uso di linee cellulari Tlinfocitarie autologhe addestrate in vitro ad aggredire i linfoblasti portatori di EBV che presentano un profilo di immunogenicità particolarmente favorevole. L’esperienza con queste cellule, dette CTL (Cytotoxic T Lymphocytes) EBV specifiche è ormai consolidata ed i risultati sono eccellenti (10). Il principale ostacolo al loro utilizzo è la disponibilità di una Cell-Factory capace di prepararle per ogni singolo paziente. CORRESPONDING AUTHOR SILVIA RIVA Epatologia Pediatrica e Trapianto di Fegato ISMETT - University of Pittsburgh Medical Center di Palermo Via Tricomi, 1 - 90127 Palermo Tel. + 39 091 2192111 Fax + 39 091 2192201 E-mail: [email protected] BIBLIOGRAFIA 1. Kamdar KY, Rooney CM, Heslop HE. Posttransplant lymphoproliferative disease following liver transplantation. Curr Opin Organ Transplant 2011 Jun;16(3):274-80. 2. Pinho-Apezzato ML, Tannuri U, Tannuri AC et al. Multiple clinical presentations of lymphoproliferative disorders in pediatric liver transplant recipients: a single-center experience. Transplant Proc 2010 Jun;42(5):1763-8. 3. Allen UD, Farkas G, Hébert D et al. Risk factors for post-transplant lymphoproliferative disorder in pediatric patients: a case-control study. Pediatr Transplant 2005 Aug;9:450-5. 4. Snow AL, Martinez OM. Epstein-Barr virus: evasive maneuvers in the development of PTLD. Am J Transplant 2007 Feb;7(2):271-7. 5. Martinez OM, de Gruijl FR. 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Long-term outcome of EBV-specific T-cell infusions to prevent or treat EBV-related lymphoproliferative disease in transplant recipients. Blood. 2010;115:925-35. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):27-30 e nc e a v c Ad cien t DI en ic S R A DO c U N A C MA Re Bas CO n C i EA S TO VA AL Nuove terapie nella Fibrosi Cistica R VALERIA RAIA1 E LUIGI MAIURI2,3 1Dipartimento di Pediatria, Centro Regionale Fibrosi Cistica, Università di Napoli "Federico II" 2European Institute for Research in Cystic Fibrosis, Istituto Scientifico San Raffaele di Milano 3Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Foggia INTRODUZIONE La Fibrosi Cistica (FC), la più comune malattia genetica della popolazione caucasica a prognosi severa, è causata da mutazioni del gene CFTR che codifica per una proteina (CFTR) espressa sugli epiteli di diversi organi ed apparati. Ha un’incidenza variabile che oscilla fra 1 su 2.500 e 1 su 3.500 nati vivi; la frequenza dell’ eterozigote è compresa tra 1:25 e 1:30. È caratterizzata da malattia polmonare cronica ostruttiva, ricorrenti infezioni delle basse vie respiratorie, insufficienza pancreatica esocrina e aumento della concentrazione di elettroliti nel sudore. L’apparato gastrointestinale è compromesso a vari livelli e nelle diverse fasce di età in circa il 90% dei pazienti FC. L’ileo da meconio è la manifestazione clinica più precoce ed interessa circa il 10-20% dei neonati con diagnosi di FC, mentre nelle età più avanzate la Sindrome da Ostruzione Intestinale Distale (DIOS) è caratterizzata da quadri di subocclusione intestinale correlata prevalentemente alla stasi di materiale fecale. Iperacidità gastrica, alterazione della composizione degli acidi biliari, disfunzioni della motilità intestinale, predisposizione alla sindrome dell’intestino infetto sono tutti elementi che in varia misura possono concorrere a modificare il compenso digestivo e lo stato nutrizionale (1). Attualmente le terapie sono prevalentemente indirizzate a monitorare l’andamento della malattia, diagnosticare precocemente le complicanze ed instaurare un’adeguata terapia delle singole manifestazioni cliniche. Negli ultimi anni numerosi studi in vitro, ex vivo e in vivo hanno correlato il deficit funzionale della proteina CFTR alla disregolazione della risposta infiammatoria. Tuttavia, le terapie antiinfiammatorie attualmente utilizzate in FC sono indirizzate alla correzione degli eventi causati dal difetto funzionale della CFTR e pertanto agiscono a valle del difetto di base della malattia (2). Sebbene la terapia genica sia in teoria il gold standard per la cura dei pazienti con FC, i risultati ottenuti sono stati insoddisfacenti (3). La terapia cellulare è ancora in fase di studio e non ci sono al momento risultati che consentano la trasferibilità al paziente. We focus on the manipulation of proteostasis and autophagy as a new option of CFTR-repairing -repairing therapy therap to rescue functional F508delCFTR TR in CF. We highlight how targeting the intracellular environment surrounding the misfolded mutant TR instead of protein CFTR itself could constitute an attractive therapeutic option to sensitize F508del-CFTR patients to the beneficial action of CFTR TR potentiators on lung inflammation. Key Words CFTR,CFTR correctors and potentiators, tissue transglutaminase, proteostasis regulators, autophagy,inflammation LA CORREZIONE DEL DIFETTO DI BASE IN FC La conoscenza dei meccanismi attraverso cui le oltre 1800 mutazioni identificate nel gene CFTR conducono alla difettiva funzione della proteina mutata ha aperto la strada alla cosiddetta "CFTR repairing therapy". Questa terapia si basa sull'uso di molecole capaci di incrementare la funzione della CFTR mutata (potenziatori) o di molecole capaci di correggerne il difetto di traffico intracellulare della proteina (correttori) (4). Una di queste molecole, il potenziatore VX770 (Ivacaftor, Kalideco, Vertex Co.), identificato attraverso tecniche di "highthroughput screening", si è rivelato efficace in vivo nel migliorare la funzione polmonare in pazienti con una rara mutazione, la G551D, che codifica per una proteina capace di essere correttamente trasportata sulla superficie cellulare ma che presenta un difetto della funzione di canale del cloro (5). Il successo di tale terapia ha portato alla sperimentazione del VX-770 in pazienti con la Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):31-34 31 Recent Advance in Basic Science più comune mutazione della CFTR, la delezione di fenilalanina in posizione 508 (F508del), presente nel 70% circa dei pazienti FC (1-3). Tale mutazione codifica per una proteina “misfolded” che è trattenuta nel reticolo endoplasmico (RE) e prematuramente degradata, non riuscendo a trafficare verso il Golgi per essere glicosilata e quindi essere trasportata sulla membrana cellulare, sede di attività del canale ionico CFTR. Pertanto, come atteso, il potenziatore VX-770 si è rivelato inefficace in questi pazienti FC. La F508del-CFTR conserva la funzione di canale ionico, sia pur incompleta, ma teoricamente sufficiente a prevenire le manifestazioni FC, se viene trasportata in membrana mediante manipolazioni sperimentali o attraverso l'uso di molecole "chaperons". Pertanto, l'identificazione di molecole capaci di favorire il traffico della F508del-CFTR verso la membrana cellulare (correttori) è di grande interesse per la clinica. Fra queste, il correttore VX-809 si è rivelato il più efficace in sistemi in vitro. Tuttavia, i risultati di un trial clinico su pazienti F508del-CFTR omozigoti sono stati insoddifacenti (6). È attualmente in corso uno studio clinico che prevede la combinazione del VX-809 e del potenziatore VX-770. Sebbene il trial clinico sia ancora in corso, i risultati preliminari indicano l'inefficacia della terapia nel migliorare nei pazienti trattati il test del sudore, identificato come outcome primario. La scarsa efficacia di questa combinazione terapeutica è motivata da studi recenti (7) che dimostrano come, una volta trasportata in membrana dai correttori, la F508delCFTR è instabile ed è rapidamente ubiquitinata ed avviata verso la degradazione lisosomiale. Questo secondo meccanismo di controllo di qualità non consente alla F508del-CFTR di risiedere in membrana tanto a lungo da essere disponibile per l'azione dei potenziatori. Pertanto, la principale necessità della “drug discovery” in FC è quella di identificare molecole capaci non solo di favorire il traffico della F508del-CFTR verso la superficie cellulare, ma anche di stabilizzarla in membrana per favorire l'azione dei potenziatori. ALTERAZIONI DELLA PROTEOSTASI IN FC L'attuale strategia di identificazione di nuovi e più potenti correttori mediante "highthroughput screening" (approccio “top-down”) è basata sulla ricerca di molecole che interagiscono con la proteina CFTR mutata favorendone il traffico verso la membrana. Studi recenti del nostro gruppo suggeriscono percorsi alternativi per favorire il traffico della F508del-CFTR che si basano sulla identificazione di modulatori specifici di “pathways” compromesse dal difetto funzionale di CFTR (approccio “bottom-up”). I nostri studi hanno offerto la prima dimostrazione che il difetto funzionale di CFTR conduce ad una cascata di eventi in cui un incremento dei livelli di Specie Reattive all'Ossigeno (ROS) determina una persistente attivazione della Transglutaminasi Tissutale (TG2), una proteina multifunzionale e con variegata localizzazione intracellulare che, se attivata, induce “cross-linking”, ubiquitinazione e sequestro in stazioni di deposito intracellulare (aggresomi) di varie proteine-substrato, fra cui il PPARγ e l'IK-Bα, con conseguente risposta pro-infiammatoria (8). L'attivazione della TG2 induce "cross-kinking" di BECN1, proteina cuciale nel processo di autofagia, un meccanismo di degradazione che la cellula adotta in condizioni di stress. Il crosslinking di BECN1 spiazza il complesso di proteine fondamentali per l'autofagia che interagiscono con BECN1 (Vps34, Vps15, AMBRA1, ATG14) dal RE, sede di azione fisiologica, e lo sequestra in aggresomi. Cio' porta ad inibizione della autofagia con accumulo di p62/SQSTM1, una proteina legante ubiquitina che favorisce la formazione degli aggresomi (9). La rilevanza pre-clinica di questo meccanismo patogenetico, schematizzato in Figura 1, è evidenziata dal fatto che, ripristinando i livelli di BECN1 sia mediante diretta overespressione genica che con molecole che inibiscono l'attività della TG2, quali cistamina o cisteamina, non solo si ripristina la risposta autofagica, ma si ottiene un efficace controllo della infiammazione polmonare in vivo in un modello murino omozigote per la F508delCFTR. Questi trattamenti ripristinano anche il traffico verso la membrana plasmatica e 32 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):31-34 Nuove terapie nella Fibrosi Cistica A B ∆FCFTR ∆FCFTR ∆FCFTR ∆FCFTR ∆FCFTR ∆FCFTR Figura 1 (A) Il difetto di CFTR induce un aumento di ROS con conseguente persistenza di elevati livelli di TG2. L'attivazione della TG2 induce cross-linking di beclin 1 e sequestro funzionale dell'interattoma di BECN1 con conseguente blocco dell'autofagia con aumentati livelli di p62 e accumulo di proteine ubiquitinate in aggresomi.Questo processo sostiene un circolo vizioso che induce ulteriori incrementi di ROS e infiammazione. La F508del-CFTR, in parte degradata attraverso il proteasome, accumula anche in aggresomi a causa del blocco di autofagia con sovraccarico del proteasome e non può raggiungere il Golgi per essere glicosilata e trasportata in membrana. (B) Il trattamento con cisteamina interrompe il circolo vizioso e favorisce una normale risposta autofagica. Conseguentemente, la F508del-CFTR traffica verso la membrana plasmatica ove e' stabilizzata anche dopo sospensione del trattamento con cisteamina. Ciò consente l'azione dei potenziatori che risultano così efficaci nel favorire il controllo dell'infiammazione la funzione della DFCFTR: F508del-CFTR (9,10). Pertanto, il difetto di funzione della CFTR innesca un circolo vizioso che, attraverso l'asse ROS/TG2, induce inibizione di autofagia e infiammazione e compromette il suo stesso traffico intracellulare. UNA NUOVA STRATEGIA TERAPEUTICA PER LA F508DEL-CFTR Queste evidenze indicano che l'uso di molecole in grado di correggere l'alterazione della proteostasi, correlata alla difettiva funzione della CFTR, anzichè interagire con la CFTR mutata, è una opzione alternativa per favorire il traffico della F508del-CFTR verso la membrana cellulare. Il goal della terapia riparatrice del difetto di base della CFTR è non solo quello di garantire un corretto traffico della proteina mutata verso la superficie cellulare, ma anche e soprattutto quello di stabilizzare la proteina in membrana per consentire l'azione dei potenziatori della CFTR. Un nostro recente studio (10) ha dimostrato che la cistamina (o la cisteamina), ma non i noti correttori della CFTR, stabilizza la F508del-CFTR in membrana e consente ai potenziatori di migliorare il controllo dell'infiammazione polmonare in topi F508del-CFTR omozigoti anche dopo oltre una settimana di sospensione del trattamento con cisteamina. La potenziale rilevanza clinica di questi dati consiste nel fatto che l'efficacia dei potenziatori è strettamente dipendente dalla normalizzazione del traffico intracellulare e dalla stabilizzazione in membrana della F508del-CFTR in- Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):31-34 33 Recent Advance in Basic Science Key Points • La F508del-CFTR è precocemente degradata e non raggiunge la membrana plasmatica delle cellule epiteliali. • Il traffico intracellulare della F508del-CFTR può essere ripristinato mediante l'uso di correttori ma la CFTR mutata è poco stabile sulla membrana plasmatica ed è rapidamente degradata. • Il difetto funzionale della CFTR inibisce l'autofagia attraverso l'azione della Transglutaminasi tissutale. • Molecole regolatrici della proteostasi, ripristinano l'autofagia, stabilizzano la F508del-CFTR in membrana e favoriscono l'azione dei potenziatori con conseguente controllo dell'infiammazione polmonare. dotti dal trattamento con cisteamina. La F508del-CFTR funzionalmente attiva presente in membrana può in tal modo interrompere il circolo vizioso che porta all'autofagia e all'infiammazione e sostenere la sua stessa permanenza in membrana (10). Questi studi indicano che la correzione del difetto di base della CFTR mediante regolatori della proteostasi, controlla l'infiammazione polmonare, la principale causa di morbidità e mortalità in FC. Gli effetti della cisteamina sono stati validati oltre che in topi F508del omozigoti, anche in modelli ex vivo su cellule da brushing nasali di pazienti omozigoti per la F508del-CFTR. Se questi dati saranno confermati in trials clinici in pazienti FC con mutazione F508del-CFTR, si potrebbe ipotizzare una nuova strategia terapeutica che prevede l'uso sequenziale di un regolatore della proteostasi, quale la cisteamina, seguito da un potenziatore della CFTR. CORRESPONDING AUTHOR VALERIA RAIA Centro Regionale Fibrosi Cistica Dipartimento di Pediatria, Università di Napoli Federico II Via S. Pansini, 5 - 80131 Napoli Tel. + 39 081 746 3273 Fax + 39 39 081 746 3273 E-mail: [email protected] BIBLIOGRAFIA 1. O'Sullivan BP, Freedman SD. Cystic fibrosis. Lancet 2009 May 30;373(9678):1891-904. 2. Belcher CN, Vij N. Protein processing and inflammatory signaling in Cystic Fibrosis: challenges and therapeutic strategies. Curr Mol Med 2010 Feb;10(1):82-94. 3. Amaral MD. Targeting CFTR: how to treat cystic fibrosis by CFTR-repairing therapies. Curr Drug Targets 2011 May;12(5):683-93. 4. Verkman AS, Galietta LJ. Chloride channels as drug targets. Nat Rev Drug Discov 2009 Feb;8(2):153-71. 5. Ramsey BW, Davies J, McElvaney NG et al. A CFTR potentiator in patients with cystic fibrosis and the G551D mutation. N Engl J Med 2011 Nov 3;365(18):1663-72. 6. Clancy JP, Rowe SM, Accurso FJ et al. Results of a phase IIa study of VX-809, an investigational CFTR corrector compound, in subjects with cystic fibrosis homozygous for the F508del-CFTR mutation. Thorax 2012 Jan;67(1):12-8. 7. 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Autophagy 2012 Nov;8(11):1657-72. 34 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):31-34 ar Le Colonscopia incompleta: ruolo della colonscopia con videocapsula y op y c s r do ra DI En Lib R A ONI g U A C RR nin IP FIL PO TO CRISTIANO SPADA, LEONARDO MINELLI GRAZIOLI, GUIDO COSTAMAGNA U.O.C. di Endoscopia Digestiva, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma Complete colonic evaluation is a measure of colonoscopy colonoscop quality. Unfortunately, cecal intubation is often lower than the target of ≥ 90%, even when colonoscopy is performed by experienced endoscopists. Multiple endoscopic and radiological techniques were described to complete colonoscopic Recently,, colon R examinations. Recently capsule endoscopy ((CC (CCE) E) has been released. Preliminary data suggest that CCE is feasible and safe in patients with incomplete colonoscopy. Key Words Colon capsule endoscopy, incomplete colonoscopy, CT-colonography PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO Riportiamo il caso di un paziente con indicazione ad una colonscopia per screening del cancro del colonretto. Nonostante un’adeguata sedazione, la colonscopia era risultata incompleta a causa di una diverticolosi severa e di una scarsa compliance del paziente che avevano impedito la prosecuzione dell’esame oltre il sigma medio. La completa valutazione del colon è uno dei parametri per la valutazione della qualità nella colonscopia. Purtroppo, il tasso di intubazione del cieco nella pratica quotidiana è spesso inferiore al target del ≥ 90%. Infatti, anche quando eseguita da endoscopisti esperti, circa il 6-26% delle colonscopie sono incomplete (1, 2). Diverse tecniche endoscopiche e radiologiche (come clisma opaco, colonscopia virtuale, colonografia MR) sono indicate come test complementari in caso di colonscopia incompleta. Il clisma opaco è stato tradizionalmente usato per completare la visualizzazione del colon, tuttavia, i dati in letteratura suggeriscono una sua performance sub-ottimale nell’identificazione di lesioni coliche (1,2). La colonscopia virtuale (CTC) ha sostanzialmente sostituito le tecniche di radiologia tradizionale ed oggi è generalmente accettato che la CTC sia più accurata del clisma nella diagnosi di lesioni cancerose e precancerose del colon. Infatti la Società Americana di Gastroenterologia (AGA) riconosce la CTC come la modalità di imaging di scelta in caso di colonscopia incompleta (3). All’armamentario del Gastroenterologo, più recentemente, si è aggiunta anche la colonoscopia con videocapsula (CCE) (4,5) che è una tecnica non-invasiva, che permette la visualizzazione diretta della mucosa del colon senza far ricorso all’endoscopio tradizionale né a radiazioni e che può essere impiegata in caso di colonscopia incompleta (6). Attualmente è in commercio la seconda generazione di capsula del colon (PillCam Colon Capsule Endoscopy 2 - CCE-2) che include importanti miglioramenti. La nuova CCE-2 ha dimensioni di 11.6 x 31.5 mm. Dispone di 2 cupole ottiche con un angolo di visualizzazione di 172° gradi per ogni cupola, consentendo una copertura di quasi 360° della mucosa del colon. Inoltre, al fine di migliorare la visualizzazione del colon e per risparmiare la batteria, la capsula è dotata di un sistema automatico di adattamento di acquisizione delle immagini (Adaptive Frame Rate - AFR). Mediante l’AFR, la CCE-2 cattura 35 immagini al secondo quando è in movimento e 4 immagini al secondo quando è ferma. Ad oggi, solo due studi hanno valutato la CCE-2 mostrando risultati sovrapponibili con una sensibilità per polipi ≥ 6 mm dell'8489% ed una specificità del 64-76% e per polipi ≥ 10 mm una sensibilità dell’88% ed una specificità dell’89-95% (4, 5). SVILUPPO DEL CASO CLINICO Nel presente caso, per il completamento della valutazione del colon, il paziente ha effettuato una CCE dopo una preparazione intestinale specifica che prevede oltre alla soluzione di polietilene glicole, uno o due stimolanti la motilità intestinale (fosfato di sodio) allo scopo di accelerare il transito della capsula attraverso l’intestino (4,5,6). Il paziente ha facilmente ingerito la capsula che è stata espulsa dopo circa 4.30 ore. La qualità della preparazione era adeguata. Nel piccolo intestino esplorato non Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):35-36 35 Endoscopy Learning Library sono state evidenziate lesioni significative. Nel colon di sinistra, in corrispondenza della regione della flessura splenica, nella porzione di colon non visualizzato dalla precedente colonscopia, prossimalmente rispetto alla regione diverticolare [Figura 1], la capsula ha evidenziato un polipo di circa 18 mm [Figura 2]. Alla successiva colonscopia eseguita con strumento pediatrico ed in sedazione profonda il polipo è stato confermato [Figura 3] e rimosso. CONCLUSIONI Il caso descritto suggerisce che la CCE rappresenta una valida tecnica complementare alla colonscopia nei casi in cui quest’ultima risulti incompleta. L'applicazione di questa tecnica e le relative indicazioni in età pediatrica necessitano di essere validate attraverso trials clinici ampi e numerosi. Figura 1 Diverticoli visualizzati alla colonscopia con videocapsula CORRESPONDING AUTHOR CRISTIANO SPADA Università Cattolica del Sacro Cuore Policlinico "A. Gemelli" U.O. di Endoscopia Digestiva Chirurgica Largo A. Gemelli, 8 - 00168 Roma Tel. + 39 06 30156580 Fax + 39 06 30156581 E-mail: [email protected] BIBLIOGRAFIA Figura 2 Polipo della regione del colon di sinistra visualizzato alla colonscopia con videocapsula. Il software di seconda generazione include un sistema di misurazione dei polipi 1. Schrock TR. Colonoscopy versus barium enema in the diagnosis of colorectal cancer and polyps. Gastrointest Endosc Clin N AM 1993;3:585-610. 2. Culpan DG, Mitchell AJ, Hughes S et al. Double contrast barium enema sensitivity; a comparison of studies by radiographers and radiologists. Clin Radiol 2002;57:604-07. 3. Laghi A, Rengo M, Graser A et al. Current status on performance of CT colonography and clinical indications. Eur J Radiol 2012, http://dx.doi. org/10.1016/j.ejrad.2012.05.026. 4. Spada C, Hassan C, Munoz-Navas M et al. Second-generation colon capsule endoscopy compared with colonoscopy. Gastrointest Endosc 2011;19:581-89. 5. Eliakim R, Yassin K, Niv Y et al. Prospective multicenter performance evaluation of the second-generation colon capsule compared with colonoscopy. Endoscopy 2009;41:1026-31. 6. C. Spada, C. Hassan, J.P. Galmiche et al. Colon capsule endoscopy: European Society of Gastrointestinal Endoscopy (ESGE) Guideline. Endoscopy 2012;44:527-36. Key Points Figura 3 Il polipo visualizzato dalla CCE è confermato alla colonscopia tradizionale e sottoposto a polipectomia 36 o inferiore al target del ≥ 90%. • Il tasso di colonscopie complete è spess scopisti esperti, circa il 6-26% Infatti, anche quando eseguita da endo . plete incom sono e scopi delle colon rologia (AGA) riconosce la • La Società Americana di Gastroente in caso di colonscopia scelta di ing imag di lità moda CTC come la incompleta. a con videocapsula ha buoni • La seconda generazione di colonscopi parametri di accuratezza. valida tecnica complementa• La colonscopia con videocapsula è una a risulti incompleta. ’ultim quest cui in casi nei a scopi colon alla re popolazione pediatrinella la • Il ruolo della colonscopia con videocapsu to. valuta ente uatam adeg stato ra anco ca non è Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):35-36 S s nit n U P io EN ntat DI G R A NO SI ese U A A C OM Pr R D AU CL IO SIGENP "UNIT" CHI SIAMO E COSA FACCIAMO SIGENP presenta SIGENP, chi siamo e cosa facciamo. Una "vetrina" dedicata ai Centri presenti sul territorio nazionale è un atto dovuto verso una gastroenterologia pediatrica italiana moderna ed al passo con i tempi. In questo numero, il Presidente Annamaria Staiano ed il past-President, Salvatore Cucchiara ci accompagnano in un viaggio virtuale all'interno delle loro Units presentando le varie attività ed i particolari interessi di natura clinico-assitenziale. Unità di Endoscopia e Motilità Digestiva Pediatrica Centro di Riferimento Regionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Età Evolutiva Dipartimento Clinico di Pediatria Generale e Specialistica Università di Napoli “Federico II” ELEONORA GIANNETTI, ERASMO MIELE, ANNAMARIA STAIANO L’Unità di Endoscopia e Motilità Digestiva Pediatrica del Dipartimento Clinico di Pediatria Generale e Specialistica dell’Università di Napoli “Federico II” fornisce assistenza multidisciplinare sia in ambiente ospedaliero che ambulatoriale. Tale Unità offre servizi completi di diagnostica gastroenterologica e rappresenta un centro di riferimento per ANNAMARIA STAIANO la diagnosi e cura dei disordini della motilità esofagea, della stipsi cronica, della malattia di Hirschsprung, della malattia da reflusso Gastroesofageo, dei disordini funzionali gastrointestinali e dei disordini gastrointestinali del bambino diversamente abile. Inoltre, presso tale Struttura è stato istituito il primo Centro di Riferimento Regionle per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) dell’età evolutiva (Bollettino Ufficiale della Regione Campania - n. 45 del 13 agosto 2007), nell’ambito del quale vengono regolarmente seguiti circa 250 pazienti. Responsabile del Centro è la Prof.ssa Annamaria Staiano, Professore Ordinario di Pediatria. La Prof.ssa Staiano è coadiuvata nella sua opera da un Ricercatore Universitario, Erasmo Miele, da un Medico Contrattista Eleonora Giannetti, da Infermieri Pediatrici, da Assistenti in Formazione, da Nutrizioniste e da uno Psicologo. Servizi Diagnostici L’Unità effettua più di 1.000 procedure strumentali all’anno che includono: endoscopie digestive alte e basse, studio del piccolo intestino con videocapsula, manometrie ad alta risoluzione, pH-impedenzometrie, biopsie rettali; tale Centro inoltre è stato riconosciuto quale Centro prescrittore di farmaci biologici per le malattie infiammatorie croniche intestinali. Presso il Centro vengono utilizzati i più moderni strumenti diagnostici, tra cui videogastroscopi, videoenteroscopio, videocolonoscopi, videocapsula endoscopica, apparecchi pH-impedenzometrici, manometro ad alta risoluzione. DIAGNOSTICA STRUMENTALE Inoltre, presso il Centro è possibile effettuare la più sofisticata Esofagoduodenogastroscopia Breath Test (H2, C13) diagnostica di laboratorio e per immagini dei disordini del tratto Ileocolonoscopia gastrointestinale. L’attività si espleta mediante ambulatori Radiologia tradizionale specialistici, Day Hospital e ricoveri ordinari. Sono dedicati ai Videocapsula endoscopica Scintigrafia intestinale pazienti con patologie gastrointestinali 24 posti letto di pH-impedenzometria esofagea ricovero ordinario e 12 di Day Hospital. Presso il Centro diretto Test allergologici cutanei Biopsia rettale per suzione dalla Prof.ssa Staiano si svolge un’intensa attività di ricerca sia Ultrasonografia standard clinica che di base, con la collaborazione di importanti Centri Manometria digestiva ad alta risoluzione e dinamica (SICUS) Europei e del Nord America e sono in corso trial clinici Risonanza Magnetica del tratto intestinale Terapia Biologica internazionali sulla sperimentazione di nuovi trattamenti per (con contrasto orale e gadolinio) le malattie gastrointestinali in età pediatrica. PUBBLICAZIONI • Gyawali CP, Bredenoord AJ, Conklin JL, Fox M, Pandolfino JE, Peters JH, Roman S, Staiano A, Vaezi MF. Evaluation of esophageal motor function in clinicalpractice. Neurogastroenterol Motil 2013;25:99-133. • Miele E, Giannetti E, Martinelli M,Tramontano A, Greco L, Staiano A. Impact of the Rome II paediatric criteria on the appropriateness of the upper and lower gastrointestinal endoscopy in children. Aliment Pharmacol Ther 2010;32:582-90. • Campanozzi A, Boccia G, Pensabene L, Panetta F, Marseglia A, Strisciuglio P, Barbera C, Magazzù G, PettoelloMantovani M, Staiano A. Prevalence and natural history of gastroesophageal reflux: pediatric prospective survey. Pediatrics 2009;123:779-83. • Miele E, Pascarella F, Quaglietta L, Giannetti E, Greco L,Troncone R, Staiano A. Altered intestinal permeability is predictive of early relapse in children with steroid-responsive ulcerative colitis. Aliment Pharmacol Ther 2007;25:933-9. • Boccia G, Manguso F, Miele E, Buonavolontà R, Staiano A. Maintenance therapy for erosive esophagitis in children after healing by omeprazole: is it advisable? Am J Gastroenterol 2007;102:1291-7. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):37-38 RECAPITI TELEFONICI Prof.ssa A. Staiano Tel. 081 7462679 E-mail: [email protected] Dott. E. Miele Tel. 081 7464565 E-mail: [email protected] Centro Unico di Prenotazione Tel. 081 7464418- 419-420-421 Day Hospital Tel. 081 7464231 Fax 081 5451278 Reparto Tel. 081 7463266 37 S SIGENP Units Presentation Unità Operativa Complessa Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica Policlinico Umberto I, Sapienza - Università di Roma SALVATORE OLIVA, SALVATORE CUCCHIARA L’Unità Operativa Complessa (UOC) di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica è diretta dal Prof. Salvatore Cucchiara, Ordinario di Pediatria della Facoltà di Medicina e Odontoiatria presso la Sapienza Università di Roma, e Direttore del Dipartimento Universitario di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile della stessa Facoltà. La UOC si articola nei seguenti Servizi: Day Hospital dotato di 8 posti letto e di confortevoli locali per l’accoglienza e l’effettuazione di test diagnostici e procedure terapeutiche di III SALVATORE CUCCHIARA livello; reparto di degenza (10 posti letto) in un ambiente moderno e confortevole; laboratorio di Motilità Gastrointestinale in cui si eseguono tecniche di valutazione della funzionalità intestinale; servizio di Endoscopia Digestiva diagnostica e operativa, dotato di una strumentazione all’avanguardia soprattutto in alcuni ambiti (come ad esempio nella valutazione del piccolo intestino con l’enteroscopia a singolo pallone e l’endoscopia capsulare) e dove si esegue un’ampia gamma d’interventi terapeutici (dilatazioni, applicazioni di stent, scleroterapia e legatura di varici esofagee, estrazione di corpi estranei, gestione delle lesioni da caustici, applicazioni di gastrostomie, polipectomie complesse, trattamento fistole tracheo-esofagee); locali dedicati al trattamento terapeutico avanzato quali la somministrazione di farmaci biologici; ambulatori per la malattia celiaca, le allergie alimentari (con esecuzione di test cutanei), le malattie infiammatorie intestinali, l’epatologia, la reumatologia, e per la gestione multidisciplinare dei pazienti neurologici; Servizi di diagnostica per immagini di livello eccellente (radiologia convenzionale, risonanza magnetica, ultrasonografia, scintigrafia). La UOC è a livelli d’eccellenza soprattutto nell’ambito delle malattie infiammatorie intestinali e dell’endoscopia digestiva diagnostica ed operativa, con notevoli risultati in campo clinico e scientifico, che ne fanno uno dei Centri Accademici più accreditati a livello internazionale in questo settore. Attualmente nella UOC lavorano 7 dirigenti medici di I livello e 18 unità infermieristiche (6 dedicate alle degenza diurna e 12 a quella ordinaria). Sul piano della ricerca di base sono in attuazione numerosi progetti (in collaborazione con altre Università e Enti di Ricerca, nazionali e internazionali) che mirano allo studio dei meccanismi di malattia e all’identificazione di marcatori precoci d’infiammazione nelle malattie infiammatorie intestinali; mentre la ricerca clinica si focalizza soprattutto nella validazione e DIAGNOSTICA STRUMENTALE utilizzo di nuove tecniche diagnostiche e Endoscopia con videocapsula terapeutiche in ambito endoscopico. Endoscopia diagnostica e terapeutica del piccolo intestino e del colon Negli ultimi anni, infatti l’Unità è diventata pH-Impedenzometria Manometria ad alta risoluzione riferimento per la valutazione e il trattamento endoscopico delle patologie del piccolo Ultrasonografia standard e dinamica Breath Test (H2, C13) intestino. Viene anche svolta un’intensa attività (SICUS) di educazione post-graduata, sia nell’ambito Risonanza Magnetica del tratto intestinale Radiologia tradizionale (con contrasto orale e gadolinio) della scuola di specializzazione in Pediatria, sia della Pediatria Ospedaliera e del territorio, con Scintigrafia intestinale Ecografia articolare organizzazione di Corsi di formazione, Congressi Test allergologici cutanei Terapia Biologica e Master in Gastroenterologia, Epatologia e Endoscopia Digestiva Pediatrica. PUBBLICAZIONI • Di Nardo G, Rossi P, Oliva S, Aloi M, Cozzi DA, Frediani S, Redler A, Mallardo S, Ferrari F, Cucchiara S. Pneumatic balloon dilation in pediatric achalasia: efficacy and factorspredictingoutcomeat a single tertiary pediatric gastroenterology center. Gastrointest Endosc 2012;76:927-32. • Di Nardo G, Aloi M, Oliva S, Civitelli F, Casciani E, Cucchiara S. Investigation of small bowel in pediatric Crohn's disease. Inflamm Bowel Dis 2012;18:1760-76. • Di Nardo G, Oliva S, Aloi M, Rossi P, Casciani E, Masselli G, Ferrari F, Mallardo S, Stronati L, Cucchiara S. Usefulness of single-balloon enteroscopy in pediatric Crohn's disease. GastrointestEndosc. 2012;75:80-6. • Vitali R, Stronati L, Negroni A, Di Nardo G, Pierdomenico M, del Giudice E, Rossi P, Cucchiara S. Fecal HMGB1 is a novel marker of intestinalmucosalinflammation in pediatric inflammatoryboweldisease. Am J Gastroenterol 2011;106:2029-40. • Negroni A, Costanzo M, Vitali R, Superti F, Bertuccini L, Tinari A, Minelli F, Di Nardo G, Nuti F, Pierdomenico M, Cucchiara S, Stronati L. Characterization of adherent-invasive Escherichia coli isolated from pediatric patients with inflammatoryboweldisease. Inflamm Bowel Dis 2012;18:913-24. 38 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):37-38 RECAPITI TELEFONICI Segreteria UOC Tel. 06 49979269 - 49979324-326 Prof. A. Cucchiara E-mail: [email protected] Day Hospital Tel. 06 49979318 Fax 06 49979325 Reparto Tel. 06 49979320 Fax 06 49979352 E-mail: [email protected] http://www.gastropediatrriaroma.it Soluzione del caso clinico di pagina 21 rt o ep R e as C C UD LA Il vomito cronico DI R A NO U A A C OM R IO FEDERICA PORCARO E CLAUDIO ROMANO Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Messina SVILUPPO DEL CASO CLINICO Sabrina è stata sottoposta ad indagini di laboratorio al fine di escludere processi infettivi/infiammatori, ovvero alterazioni di tipo endocrino/metabolico quali cause del vomito. La valutazione neurologica (fundus oculi ed EEG) risultava nella norma. L’esame Rx con pasto baritato dell’apparato digerente documentava, invece, marcata ectasia e orizzontalizzazione dello stomaco con associato ritardo dello svuotamento gastrico [Figura 1]. L’esame endoscopico (eseguito per completezza diagnostica) non evidenziava alterazioni mucosali. Alla luce dell’esito delle suddette indagini si poneva diagnosi di volvolo gastrico (GV) cronico di tipo organo-assiale. Dopo counseling medico-chirurgico, si decideva di procedere ad intervento chirurgico di gastropessi anteriore e fundica senza funduplicatio in relazione ad alcuni fattori: età, ingravescenza dei sintomi, fallimento della terapia conservativa e presenza di segnali d’allarme (failure to thrive). SPUNTI DI RIFLESSIONE Figura 1 Ectasia e orizzontalizzazione La diagnosi di GV cronico risulta spesso complessa in relazione all’assoluta gastrica all’Rx con pasto baritato aspecificità della sintomatologia (1). L’indagine radiologica con pasto baritato è diagnostica (2) poiché individua la rotazione dello stomaco lungo i suoi assi e la dilatazione gastrica conseguente al suo rallentato svuotamento. Il GV può essere considerato nella diagnostica differenziale del vomito cronico non biliare in età pediatrica (1). L’incidenza e la prevalenza risultano sottostimate, frequentemente è idiopatico, raramente associato ad altre alterazioni anatomiche dell’apparato gastrointestinale. L’approccio è prevalentemente conservativo - specie nel primo anno di vita - e la sintomatologia clinica tende ad autolimitarsi spontaneamente durante lo sviluppo (3). L’eventuale scelta chirurgica è dettata dalla presenza di segnali d’allarme (failure to thrive, ingravescenza e persistenza dei sintomi dopo il primo anno di vita o dopo lo svezzamento). L’intervento chirurgico prevede l’esecuzione della gastropessi anteriore con o senza funduplicatio (4). Questo caso clinico ribadisce la necessità di individualizzare la gestione clinica e diagnostica del bambino con vomito cronico, ponendo particolare attenzione ai caratteri e al contenuto del vomito, oltre che alla presenza di segnali d’allarme (arresto di crescita o failure to thrive). Key Points CORRESPONDING AUTHOR FEDERICA PORCARO Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche Università degli Studi di Messina Tel. + 39 090 2212918 E-mail: [email protected] BIBLIOGRAFIA 1. Cribbs RK, Gow KW, Wulkan ML. Gastric volvolus in infant and children. Pediatrics 2008;122;e752. 2. Menuck L. Plain film findings of gastric volvulus herniating into the chest. Am J Roentgenol 1976;126:1169-74. 3. Al-Salem AH. Acute and chronic gastric volvulus in infants and children:who should be treated surgically? Pediatr Surg Int 2007 Nov; 23(11):1095-9. 4. Hsu YC, Perng CL, Chen CK et al. Conservative management of chronic gastric volvulus: 44 cases over 5 years. World J Gastroenterol 2010 September 7;16(33):4200-05. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):39 •Il volvolo gastrico rappresenta una delle cause di vomito non biliare in etàpediatrica. •L’incidenzaelaprevalenzadelvolvolo gastricocronicoinetàpediatricanon sononote. •L’aspecificitàdelquadroclinicorende spessoladiagnosidifficileetardiva. •Laradiografiaconpastobaritatorappresental’indaginegoldstandard. •Ilvolvolo gastricocronicorichiedeun trattamento conservativo, sebbene possa essere necessario l’intervento chirurgico nelle formead espressività clinicapiùsevera. 39 od Fo ce d n i an cie ad lth S u r LL A ea H RU GG IER O I a cCAV N FRA The worldwide prevalence of obesity has increased at an alarming rate not only in adults but also in children. Although there are other contributing factors such as reduced physical activity, the increase in snacking is considered a major factor. One way to reduce the amount of saturated fats in the snacks and limit saturated fat consumption to less than 7% of total daily calories is to limit consumption of foods containing “tropical oils” (coconut, palm and palm kernel oils). Snack “tropicali” per una obesità nazionale Vito Leonardo Miniello, Angela Colasanto, Lucia Diaferio, Laura Ficele, Elisabetta Gallo, Maria Serena Lieggi, Valentina Santoiemma U.O. “Bruno Trambusti” Azienda Ospedaliero Universitaria “Consorziale” Policlinico-Giovanni XXIII di Bari “Globesity” Nel corso delle ultime due-tre decadi è stato registrato in tutto il mondo, e particolarmente in contesti socio-economici industrializzati, un drammatico incremento della prevalenza di obesità che non risparmia, tra l’altro, Paesi ad economia emergente (1). Per tale pandemia, lo statunitense Centre for Disease Control and Prevention ha coniato il neologismo “globesity”. Nell’ambito europeo il nostro Paese detiene il primato negativo sulla prevalenza di bambini in età scolare affetti da sovrappeso/obesità (36%). I recentissimi risultati di “Okkio alla Salute” (2), la più vasta indagine epidemiologica realizzata in Italia (condotta su un campione rappresentativo di 45.590 bambini delle scuole primarie) prospettano uno scenario inquietante: il 23.6% dei soggetti esaminati risulta essere in sovrappeso mentre il 12.3% è affetto da obesità. Indagine epidemiologica Italiana su 49.590 bambini delle scuole primarie • 23.6% risulta essere in sovrappeso • 12.3% è affetto da obesità Lo studio, che fa parte del Progetto OMS-Regione Europea “Childhood Obesity Surveillance Initiative”, ha evidenziato sensibili differenze territoriali, risultando più penalizzate le regioni centro-meridionali. Solide evidenze scientifiche hanno dimostrato inconfutabilmente che l’obesità rappresenta il principale fattore di rischio di patologie cronico-degenerative quali ipertensione, dislipidemia, insulino-resistenza, diabete mellito tipo 2, steatosi epatica, apnea notturna, osteo-artropatie e malattia coronarica (3,4). Tra l’altro, non va trascurato in tempi di congiuntura e spending review l’impatto socio-economico che tale patologia comporta; un recente rapporto dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) riferisce che la spesa sanitaria di un soggetto obeso risulta essere superiore del 25% rispetto a quella di un individuo normopeso. Key Words childhood obesity, snacking, TV advertising, saturated fats, tropical oils 40 “Consigli per gli acquisti” Ad oggi le strategie preventive nei confronti dell’epidemia di obesità, indirizzate soprattutto all’età scolare e adolescenziale, sono naufragate in risultati deludenti. Risulta pertanto necessario adottare un nuovo approccio operativo e soprattutto culturale, finalizzato a consolidare l’educazione ad una sana alimentazione e a corretti stili di vita che devono partire dall’ambito famigliare. In un editoriale del 2003, Sue Kimm sottolinea la “trasmissione culturale di un comportamento obesogeno dai genitori ai figli” (5), concetto ripreso nel Policy Statement dell’American Academy of Pediatrics in cui si conferma che l’obesità “corre in fami- Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):40-43 glia”. Nelle società occidentali l’inattività fisica, l’affrancamento dal lavoro duro e il desk-eating (assunzione di pasti davanti al televisore, computer, videogiochi) rappresentano i principali induttori di obesità. Il desk-eating incrementa le opportunità di consumare bevande e snack ad alto densità energetica, proposti da messaggi pubblicitari che strategicamente imperversano in TV nella fascia oraria destinata ai piccoli (6). La tutela del minore, sancita nel 1989 dalla Convenzione delle Nazioni Unite, non deve prescindere dalla pressione pubblicitaria a cui sono sottoposti bambini e adolescenti. La presenza pervasiva della pubblicità è in grado di alterare le interazioni tra bambino e genitori, plasmare valori e scelte in misura sensibilmente maggiore di quanto faccia con un soggetto adulto. Il nuovo marketing manda messaggi più o meno latenti che tendono a sminuire l’autorevolezza genitoriale sulle scelte alimentari, rendendo il bambino protagonista di una sorta di rozza indipendenza che lo autorizza a decidere cosa, come e quando mangiare (7). Dai risultati di “Okkio alla salute” emerge una larga diffusione di scorretti comportamenti alimentari: • l’11% dei bambini non fa colazione • il 28% lo fa in maniera inadeguata • l’82% consuma a scuola uno snack qualitativamente non corretto • il 41% fa un uso giornaliero di bevande zuccherate La pubblicità, intesa nelle sue varie articolazioni (cartellonistica, spot, televendite, telepromozioni, sponsorizzazioni) invade il nostro quotidiano, ma la forma decisamente più insidiosa è quella distillata nell’ambito delle mura domestiche attraverso la televisione. Al fine di tutelare il minore, nel nostro Paese vige il “Codice di autoregolamentazione TV e minori”, sottoscritto nel 2002 come atto di natura privata e normato nel 2004 dalla Legge 112/04, successivamente confluita nel Testo Unico per la Radiotelevisione (D.Lgs. 177/2005). Per quanto riguarda la pubblicità il Codice prevede 3 livelli di protezione (generale, rafforzata e specifica), in base alle fasce orarie di programmazione. La cosiddetta protezione specifica si applica nella fascia oraria in cui si presume che l’ascolto da parte del pubblico in età minore non sia supportato dalla presenza di un adulto (dalle 16.00 alle 19.00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori). Purtroppo, in tale fascia sensibile il Codice vieta espressamente la pubblicità di: • bevande superalcoliche e alcoliche… • servizi telefonici a valore aggiunto… • profilattici e contraccettivi… ignorando paradossalmente l’affollamento pubblicitario dedicato a snack e bevande zuccherate. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):40-43 41 Healt and Food Science Si fa presto a dire “olio vegetale” L’interesse riversato negli ultimi anni sulla scienza della nutrizione ha enfatizzato il tam-tam informativo solo quantitativamente ma non qualitativamente. è indubbio che le sirene mediatiche hanno avuto buon gioco per una carente educazione nutrizionistica. Un esempio paradigmatico è rappresentato dai cosiddetti “oli tropicali” (olio di cocco, di palma e di palmisti o nocciolo del frutto di palma), vera beffa della natura. Infatti, al contrario di altri oli vegetali (olio d’ooli tropicali liva, oli di semi) quelli tropicali contengono un’elevata percentuale di acidi grassi saturi (92% nell’olio di cocco, 82% nell’olio di pal% acidi grassi oli misti e 50% in quello di palma), prerogativa dei grassi di origine saturi animale (60% nel burro). Gli oli tropicali hanno ormai invaso il • olio di cocco 92% nostro quotidiano ma per una inaccettabile lacuna normativa • olio di palmisti 82% vengono “sdoganati” sull’etichetta del prodotto finito con il termi• olio di palma 50% ne rassicurante di “oli vegetali” mentre altri grassi notoriamente saturi e radicati nella nostra cultura territoriale (latte, burro e uova) hanno finito per essere demonizzati da riviste pseudoscientifiche e santoni della nutrizione. Gli oli tropicali vengono utilizzati dall’industria alimentare e nella ristorazione in quanto garantiscono larghi margini di guadagno, una seducente lunga vita di scaffale, resistenza alle elevate temperature della frittura e palatabilità anche dopo una settimana di utilizzo intensivo. L’olio di palma in particolare viene utilizzato per la produzione di prodotti da forno (fette biscottate, crackers, grissini, merendine), patatine fritte, gelati e creme spalmabili. L’olio di palma rappresenta l’olio commestibile più prodotto al mondo (circa 38 milioni di tonnellate). La sua versatilità nella lavorazione industriale ed economicità (costa un terzo meno dell’olio di soia) hanno favorito la rapida espansione della sua coltivazione in Indonesia e Malesia che forniscono l’85% della produzione mondiale. Sul fronte della sostenibilità ambientale il WWF ed altre Ong hanno però denunciato il devastante impatto ambientale che la produzione intensiva di palma da frutto comporta. Secondo le Nazioni Unite, due terzi dell‘attuale espansione delle coltivazioni di palma in Indonesia avviene sulla conversione di foreste pluviali con conseguente distruzione degli habitat naturali e della biodiversità. I grassi alimentari comportano una ricaduta clinico-metabolica differente. è stato recentemente dimostrato che l’acido palmitico (saturo), ma non l’oleico (monoinsaturo), induce la produzione della interleuchina (IL)-1β, citochina proinfiammatoria con un ruolo chiave nel determinismo di insulino resistenza e diabete di tipo 2 (8). La produzione deregolata o eccessiva di IL-1β è in grado di causare danno tissutale (isole pancreatiche) e patologie infiammatorie (sistema cardiovascolare). Questa ed altre evidenze confermano la stretta associazione tra grassi alimentari saturi, flogosi ed insulino resistenza (9,10). Al fine di fornire ai consumatori una corretta informazione sulla composizione dei grassi espressa sulle etichette, la Commissione Europea ha recentemente pubblicato (8 novembre 2012) il Regolamento sull’informazione al consumatore n. 1047/2012. In realtà ci si è limitati a normare l’indicazione “a tasso ridotto di grassi saturi” senza l’obbligo di svelare la tipologia degli “oli vegetali”, rimandando la trasparenza al 14 dicembre 2014, data fatidica indicata dal nuovo Regolamento (UE), quando sarà 42 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):40-43 Snack “tropicali” per una obesità nazionale obbligatorio specificare sulle etichette dei prodotti alimentari il tipo di olio e di grasso utilizzati. Ma i cugini d’oltralpe non sono rimasti ad aspettare… Dopo la vicenda della tassa sui cosiddetti junk food, che aveva coinvolto i gruppi Coca Cola e Schweppes, la Commissione per gli affari sociali del Senato francese ha varato nel novembre 2012 un emendamento al prossimo progetto di legge finanziaria sul welfare, che punta ad incrementare sensibilmente (300%) la tassa sull’olio di palma, uno dei principali ingredienti della crema spalmabile più amata nel mondo, affinché le industrie agroalimentari “sostituiscano quest’olio con nuove composizioni più rispettose della salute umana”. Corresponding author Vito Leonardo Miniello U.O. “Bruno Trambusti” Azienda Ospedaliero Universitaria “Consorziale” Policlinico-Giovanni XXIII Via Amendola, 207 - 70126 Bari Tel. + 39 080 5594075 Fax + 39 080 5592287 E-mail: [email protected] “The ‘obesogenic’ environment needs to be tackled at the highest levels. It is not adequate to focus on the individual, especially the child, and expect them to exercise self-control against a stream of socially-endorsed stimuli designed to encourage the consumption of excess food calories.” House of Commons Health Committee, London. Obesity: third report of session 2003-04. BIBLIOGRAFIA 1. Han JC, Lawlor DA, Kimm SY. Childhood obesity. Lancet 2010;375:1737-48. 2. www.salute.gov.it/”Okkio alla salute”. 3. Pulgarón ER. Childhood obesity: a review of increased risk for physical and psychological comorbidities. Clin Ther 2013;35:18-32. 4. Ciccone MM, Miniello VL, Marchioli R et al. Morphological and functional vascular changes induced by childhood obesity. Eur J Cardiovasc Prev Rehabil 2011;18:831-5. 5. Kimm SY. Nature versus nurture in childhood obesity: a familiar old conundrum. Am J Clin Nutr. 2003;78:1051-2. 6. Potvin Kent M, Dubois L, Wanless A. A nutritional comparison of foods and beverages marketed to children in two advertising policy environments. Obesity 2012;20:1829-37. 7. Nestle M. Food marketing and childhood obesity--a matter of policy. N Engl J Med. 2006 15;354:2527-29. 8. Wen H, Gris D, Lei Y et al. Fatty acid-induced NLRP3-ASC inflammasome activation interferes with insulin signaling. Nat Immunol 2011;12:408-15. 9. Reynolds CM, McGillicuddy FC, Harford KA et al. Dietary saturated fatty acids prime the NLRP3 inflammasome via TLR4 in dendritic cells-implications for diet-induced insulin resistance. Mol Nutr Food Res 2012;56:1212-22. 10.Vandanmagsar B, Youm YH, Ravussin A et al The NLRP3 inflammasome instigates obesity-induced inflammation and insulin resistance. Nat Med 2011;17:179-88. Key Points evolutiva. • La pandemia di obesità coinvolge l’età i da prevalenza di bambini in età scolare affett sulla eo europ to prima il ne • L’Italia detie sovrappeso/obesità (36%). frutto di o, di palma e di palmisti o nocciolo del • I cosiddetti “oli tropicali” (olio di cocc di prodotti ette etich sulle ti indica sono , saturi palma), particolarmente ricchi di acidi grassi la rassicurante dicitura “oli vegetali”. da forno, gelati e creme spalmabili con Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(1):40-43 43