Modalità di affidamento del servizio pubblico di spazzamento

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Modalità di affidamento del servizio pubblico di spazzamento
AMBITO DI RACCOLTA OTTIMALE
A.R.O. N. 5 / PROVINCIA DI BARI
Sede legale: Municipio di Gioia del Colle – Piazza Margherita di Savoia n° 10
70023 GIOIA DEL COLLE
Codice fiscale e Partita I.V.A.
ORIGINALE
DELIBERAZIONE N° 7 DELL’ASSEMBLEA IN DATA 4.7.2013
OGGETTO: modalità di affidamento del servizio pubblico di spazzamento, raccolta e
trasporto r.u. conforme ai principi dell’U.E.: scelta della procedura;
L’anno duemilatredici addì quattro del mese di luglio nella Sala Giunta del Municipio di Gioia
del Colle, a seguito di convocazione effettuata dal Sindaco del Comune di Gioia del Colle
(nota prot. n° .…….. del …………..), si è riunita l’Assemblea dell’A.R.O. N. 5 / PROVINCIA DI
BARI.
Sono presenti i Signori:
PRESENTE
1.
Sergio Povia
ASSENTE
X
SINDACO DEL COMUNE DI GIOIA DEL COLLE
2.
Francesco Bruno
X
ASSESSORE DEL COMUNE DI ACQUAVIVA
DELLE FONTI
3.
4.
COMUNE DI ADELFIA
Domenico Birardi
X
X
SINDACO DEL COMUNE DI CASAMASSIMA
5.
Filippo Boscia
X
SINDACO DEL COMUNE DI SAMMICHELE DI
BARI
6.
Onofrio Resta
X
SINDACO DEL COMUNE DI TURI
Assiste il Segretario Generale Dott. Giuseppe Dioguardi anche con funzioni di Segretario
dell’Assemblea.
E’ presente il Direttore dell’A.R.O. Avv. Giacomo P. Colapinto.
1
Sono altresì presenti il Vice Sindaco del Comune di Casamassima Avv. Michele Bovino,
l’Assessore del Comune di Sammichele di Bari Dott.ssa Giulia Lotito, l’Assessore del Comune
di Gioia del Colle Geom. Giuseppe L. Masi, nonché i funzionari comunali componenti l’Ufficio
Comune di A.R.O. Arch. Donato Capacchione del Comune di Casamassima, Dott. Giuseppe
Santoiemma del Comune di Gioia del Colle e Signora Rosa Giuliani del Comune di Turi.
Il Sindaco di Gioia del Colle, Sergio Povia, assume la presidenza e, constatata la legalità
dell’adunanza, dichiara aperta la seduta invitando l’Assemblea a deliberare sull’oggetto in
epigrafe indicato.
L’ASSEMBLEA DELL’A.R.O. N. 5 / PROVINCIA DI BARI
PREMESSO:
che, giusta Deliberazione n° 6 del 3.5.2013, l’Assemblea ha costituito l’Ufficio Comune
dell’A.R.O. N. 5 ed ha confermato che allo stesso Ufficio Comune sono affidati i compiti e
le funzioni come previste dalla Convenzione sottoscritta e, nell’immediato, la redazione
della relazione che renda conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti
dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta, indicando le
compensazioni economiche se previste, sì da consentire all’Assemblea di deliberare in
merito alle modalità di affidamento unico del servizio di spazzamento, raccolta e
trasporto dei rifiuti urbani e assimilati;
che il Direttore ha convocato le riunioni del 14 e 21 maggio 2013 presso il Comune di
Gioia del Colle;
che - nelle citate riunioni - i funzionari dell’Ufficio Comune dell’A.R.O. hanno analizzato la
vigente normativa europea, nazionale e regionale, condividendone l’interpretazione al
fine di predisporre compiutamente la richiesta relazione;
che al termine dei lavori sono state approntate n. 4 relazioni che di seguito si allegano:
n. 1
PROCEDURA AD EVIDENZA PUBBLICA
- NOZIONE
L'evidenza pubblica è la procedura principale e necessaria con la quale la pubblica
amministrazione svolge la sua attività negoziale nell'individuazione di un contraente per il
reperimento sul libero mercato di forniture, servizi e opere. Nonostante la piena adozione
delle norme comunitarie è stata mantenuta la dizione tradizionale "evidenza pubblica" meglio
definita "procedura per la definizione degli offerenti" dall'art.54 del Codice dei contratti
pubblici.
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La procedura ad evidenza pubblica si può articolare sinteticamente in 3 distinte fasi:
1) Deliberazione a contrarre;
2) Aggiudicazione;
3) Conclusione e approvazione del contratto;
E' regolata dal D.Lgs 163/2006 "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE": nonostante il mercato di
riferimento a cui attingere sia quello libero, il particolare fine della tutela dei pubblici interessi
e della trasparenza e legalità impongono il riferimento a procedure normate dal diritto
amministrativo. L'equilibrio della procedura di evidenza pubblica è stato creato per conciliare
le esigenze di legalità e autonomia della pubblica amministrazione nel perseguimento del
pubblico interesse con le esigenze di trasparenza e libertà di accesso dei partecipanti nonché
della garanzia del corretto reperimento delle risorse sul libero mercato nell'ottica di
economicità, efficienza ed efficacia (art.106 Costituzione).
1) Deliberazione a contrarre. Inizialmente l'amministrazione procedente emette un atto nel
quale evidenzia l'oggetto contrattuale e la sua valutazione (a corpo, a misura) motivando le
ragioni che la portano a contrattare in vista dell'interesse pubblico che vuole perseguire, e lo
strumento negoziale, ovvero il tipo di procedura scelta tra:
a) procedura aperta ovvero pubblico incanto o asta pubblica che svolge con la Pubblicazione
dell'avviso d'asta e prosegue con la verifica dei requisiti di legge dei candidati per poi arrivare
al vero e proprio svolgimento dell'asta (esperimento della gara e formazione del prezzo) fino
all'aggiudicazione;
b) procedura ristretta (o licitazione privata), nella quale invece vengono invitati solo un
numero chiuso di contraenti qualificati;
c) procedura negoziata (o trattativa privata): l'unico contraente con il quale intavolare la
trattativa viene scelto in modo riservato;
d) dialogo competitivo (o appalto concorso): solo i concorrenti ritenuti idonei sono invitati a
presentare progetti tecnici di lavori e forniture che verranno opportunamente valutati;
2) Aggiudicazione: il Codice dei contratti pubblici prevede la scelta fra il criterio del prezzo
più basso e quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa dove quest'ultima
considera una più ampia gamma di fattori rispetto al mero prezzo. Dopo i pertinenti Controlli
nelle Gare disciplinati nel Codice dei contratti pubblici avviene l'aggiudicazione;
3) L'aggiudicazione non equivale ad approvazione, infatti per la Conclusione devono
passare 60 gg dopo la scelta del concorrente in base ai due criteri qui sopra, in questo lasso
di tempo l'aggiudicatario ha diritto di recedere o di approvare il contratto, ma non prima di
35gg (D.Lgs 53/10) dall'avviso dell'esito della gara dei cointeressati;
Le fasi presentano complessità differenti a seconda della tipologia e dell'importo degli
affidamenti, poiché si inseriscono altri procedimenti specifici che prevedono ulteriori subprocedimenti e vengono definite le soglie comunitarie: gli importi per tipologia di contratto
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(forniture, servizi e lavori) al di sopra dei quali l'appalto è considerato di interesse o rilevanza
comunitaria e quindi soggetto a particolari procedure.
La procedura ad evidenza pubblica è finalizzata alla individuazione del “giusto” contraente
dell’amministrazione, vale a dire del contraente che offra le migliori garanzie al prezzo più
conveniente per la corretta esecuzione dell’opera pubblica. A tale esigenza di tutela degli
interessi pubblici si è aggiunta, sotto la spinta dei principi e delle direttive comunitarie,
l’esigenza di tutela della libertà di concorrenza e di non discriminazione tra le imprese.
Il sistema dell’evidenza pubblica e i principi cardine
Nell’ambito delle attività con cui le pubbliche amministrazioni, avvalendosi della propria
capacità di diritto privato, operano attraverso strumenti giuridici di matrice privatistica,
particolare rilievo assume l’attività contrattuale, che, oltre che dal diritto comune, è regolata
da norme specifiche, proprie dell’ordinamento contabile, oggi confluite nel Codice dei
contratti pubblici, d.lgs. n. 163/06 e s.m.i..
L’attività contrattuale della P.A. è attività definita ad evidenza pubblica, concetto che attiene
ad un modello procedimentale disciplinato da norme di carattere pubblicistico che regolano
l’attività contrattuale dell’amministrazione, con particolare riguardo alla procedura di
individuazione del contraente.
Il sistema dell’evidenza pubblica presuppone che l’amministrazione operi come:
- “amministrazione imparziale”, nel senso che l’azione della P.A. deve ispirarsi al principio
di trasparenza sancito dall’art. 97 Cost., e come
- “amministrazione neutrale”, e cioè un’amministrazione che sceglie il proprio contraente,
applicando rigide regole di evidenza pubblica, cui si vincola, ed effettuando una valutazione
comparativa delle offerte al fine di individuare la proposta effettivamente più vantaggiosa ed
idonea a soddisfare l’interesse pubblico sotteso al contratto. I principi cardine dell’evidenza
pubblica sono quelli della trasparenza, efficacia, efficienza, par condicio, massima
concorrenzialità, etc. che trovano nella loro concreta applicazione, gradazioni distinte che
saranno evidenziate nell’esame delle procedure di gara.
Il Codice dei contratti pubblici, nel disciplinare le procedure di individuazione del contraente,
abbandona le tradizionali definizioni di pubblico incanto, licitazione privata, trattativa privata
e appalto concorso, e recepisce le nuove definizioni comunitarie di procedure di scelta del
contraente e le corrispondenti definizioni comunitarie, come delineate dall’art. 28 della
direttiva 2004/18/CE.
Tale articolo dispone, infatti, che “Per aggiudicare gli appalti pubblici, le amministrazioni
aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate ai fini della presente direttiva. Esse
aggiudicano tali appalti pubblici mediante procedura aperta o mediante procedura ristretta.
Alle condizioni specifiche espressamente previste all’articolo 29 le amministrazioni
aggiudicatrici possano aggiudicare gli appalti pubblici mediante il dialogo competitivo. Nei
casi e alle condizioni
specifiche espressamente previsti agli articoli 30 e 31, esse possono ricorrere a una procedura
negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara”.
La norma in parola, dunque, indica quali procedure ordinarie di aggiudicazione di contratti
pubblici, la procedura aperta (ex pubblico incanto o asta pubblica) e la procedura ristretta
(ex licitazione privata), mentre restringe il ricorso alla procedura negoziata – preceduta o
meno dalla pubblicazione del bando – e al dialogo competitivo al ricorrere di casi e
condizioni tassativamente previsti, configurando tali modalità di scelta del contraente quali
procedure a carattere eccezionale (cfr. artt. 29, 30 e 39 della direttiva 2004/18).
Nel d.lgs. n. 163/06, il Legislatore nazionale, recependo l’impostazione comunitaria,
individua tre tipi di procedure:
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a. procedure aperte;
b. procedure ristrette;
c. procedure negoziate, con o senza pubblicazione del bando.
A tali procedure si aggiungono, poi, il dialogo competitivo e l’accordo quadro (disciplinati
rispettivamente dagli artt. 58 e 59 del Codice), che possono aver luogo mediante procedura
aperta o ristretta, in base alle esigenze dell’amministrazione.
Le procedure aperte
Le procedure aperte, storicamente conosciute come pubblici incanti nella legislazione di
contabilità di Stato, sono definite dall’art. 3, comma 37, d.lgs. n. 163/06, come “le procedure
in cui ogni operatore economico interessato può presentare un’offerta”. Trattasi, quindi, di
procedure nelle quali, a seguito della pubblicazione del bando, qualsiasi impresa in possesso
dei requisiti prescritti può presentare offerta, senza necessità di essere appositamente invitata
dalla stazione appaltante.
Elemento essenziale ed imprescindibile di tali procedure risulta essere proprio la
pubblicazione del bando, ovvero dell’atto con cui la stazione appaltante manifesta all’esterno
la propria volontà di affidare un contratto pubblico di lavori, servizi e forniture, rivolgendosi a
qualunque operatore interessato ed in possesso dei requisiti di qualificazione necessari alla
partecipazione alla procedura selettiva, requisiti che vanno indicati nella legge di gara.
Alle procedure aperte possono partecipare tutti gli operatori interessati che posseggano i
requisiti di qualificazione indicati nel bando. Il ricorso alla procedura aperta, alla luce del
disposto dell’art. 55 del Codice, è ammesso in via generale, limitandosi il Legislatore a
stabilire, al comma 5, che nelle procedure aperte gli operatori economici presentano le proprie
offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara.
La procedura aperta consta delle seguenti fasi:
o redazione e pubblicazione del bando di gara, contenente la descrizione dell’oggetto e
delle condizioni di realizzazione della prestazione;
o presentazione delle offerte;
o svolgimento della procedura di gara;
o aggiudicazione e stipula del contratto.
Le procedure ristrette
La licitazione privata nasce come sistema eccezionale di scelta del contraente, ammesso
soltanto in ipotesi tassative previste dagli artt. 38 e 39 R.D. n. 824/1927 (Regolamento per la
contabilità generale dello Stato).
In tale assetto normativo la licitazione privata era caratterizzata da una ampia discrezionalità
della stazione appaltante nella scelta delle imprese da invitare a presentare offerta, scelta
pressoché insindacabile, in forza degli artt. 89 e 68 del suddetto Regolamento. In seguito, tale
connotato di eccezionalità veniva superato, tant’è che con la cd. Merloni bis (legge n. 415/98),
l’art. 23 della legge n. 109/94 veniva novellato prevedendo che alle licitazioni private di
qualsiasi importo venissero invitati tutti i soggetti che ne avessero fatto richiesta e che fossero
in possesso dei requisiti di qualificazione previsti nel bando.
In ambito comunitario, invece, la licitazione privata, denominata “procedura ristretta”,
viene configurata come procedura cui partecipano solo le imprese scelte dalla stazione
appaltante, impostazione questa confermata nelle recenti direttive appalti del 2004.
Il Legislatore del Codice dei contratti pubblici, a seguito del secondo decreto correttivo, ha
recepito la configurazione della licitazione privata delineata dalla Merloni per i lavori
pubblici, disciplinando la procedura ristretta come procedura ordinaria di individuazione
dell’affidatario di contratti pubblici, del tutto equivalente rispetto alla procedura aperta.
Infatti, sebbene la definizione di procedura ristretta sia aderente a quella comunitaria (art. 3,
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comma 38, d.lgs. n. 163/06: “procedure alle quali ogni operatore economico può chiedere di
partecipare e in cui possono presentare offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle
stazioni appaltanti, con le modalità stabilite dal presente Codice”), al successivo art. 55,
comma 6, è stabilito che alla procedura ristretta debbono essere invitati tutti i soggetti che ne
abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti stabiliti dal bando.
Sotto tale profilo, dunque, la procedura ristretta nazionale si differenzia da quella comunitaria,
e diviene totalmente equiparabile alla procedura aperta, salvo che per la pluralità di fasi
procedurali
(domanda di partecipazione ed inviti).
L’unica ipotesi, peraltro piuttosto marginale, di limitazione del numero dei concorrenti nelle
procedure ristrette è prevista dall’art. 62, in base al quale nelle ristrette relative a lavori di
importo pari o superiore a 40 milioni di Euro, nonché nelle procedure negoziate con
pubblicazione del bando e nel dialogo competitivo relativi ad appalti di lavori di qualsiasi
valore, le amministrazioni possono indicare il numero minimo ed eventualmente anche il
numero massimo dei concorrenti, che selezioneranno sulla base di criteri oggettivi
predeterminati (cd. meccanismo della forcella).
Con riferimento al tipo di procedura da espletare, se aperta o ristretta, l’amministrazione ha
un’ampia discrezionalità, limitandosi il Legislatore a consigliare agli enti appaltanti di
adottare le procedure ristrette soltanto nei casi in cui l’appalto ha ad oggetto attività
progettuale dopo l’aggiudicazione, ovvero quando il criterio di aggiudicazione è quello
dell’offerta economicamente più vantaggiosa (cfr. art. 55, comma 2); nei casi, cioè, in cui
sussiste una pluralità di elementi da valutare in sede di gara, tra cui generalmente vi è anche la
progettazione definitiva (ed eventualmente esecutiva) da parte dei concorrenti.
Quanto allo svolgimento della procedura ristretta, essa si articola nelle
seguenti fasi:
o pubblicazione del bando;
o ricezione delle domande di partecipazione;
o preselezione dei candidati sulla base dei requisiti di qualificazione previsti nel bando;
o spedizione della lettera d’invito a presentare offerta ai soggetti qualificati;
o presentazione delle offerte;
o svolgimento della gara;
o aggiudicazione e stipula del contratto.
Le procedure negoziate
Con il d.lgs. n. 163/06 abbandonando, peraltro, la vecchia espressione “trattativa privata” ed
adottando la nozione comunitaria di “procedura negoziata” che trova la sua definizione
nell’art. 3, comma 40: “le procedure negoziate sono le procedure in cui le stazioni appaltanti
consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le
condizioni dell’appalto”.
Le negoziate, dunque, si caratterizzano per essere delle procedure “bifasiche”, nelle quali la
prima fase è diretta all’individuazione degli operatori economici da invitare a presentare
offerta, mentre la seconda fase consta nella negoziazione che sarà avviata con uno o più
concorrenti, secondo quanto previsto nel bando e/o nell’invito. In particolare, nel d.lgs. n.
163/06 sono previste due forme di
procedura negoziata, ovvero:
- le procedure con previa pubblicazione di un bando di gara (art. 56),
- le procedure senza previa pubblicazione di un bando di gara (art. 57).
Le disposizioni di cui agli artt. 56 e 57 del Codice trovano applicazione a tutti i contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, sia di importo superiore alla soglia comunitaria, sia di
importo inferiore alla suddetta soglia.
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n. 2
SOMMARIO:
1. Nozione.
2. Le società in house.
3. Il requisito della totale partecipazione pubblica.
4. Il requisito del controllo analogo.
5. Il requisito della prevalenza dell’attività.
6. Il carattere eccezionale degli affidamenti in house.
1. Si ha <gestione in house> allorché le pubbliche amministrazioni realizzano le attività di
loro competenza attraverso propri organismi, senza quindi ricorrere al mercato per procurarsi
(mediante appalti) i lavori, i servizi e le forniture ad esse occorrenti o per erogare alla
collettività (mediante affidamenti a terzi) prestazioni di pubblico servizio.
Nelle gestioni in house non vi è alcun coinvolgimento degli operatori economici
nell’esercizio dell’attività della pubblica amministrazione, per cui le regole della concorrenza,
applicabili agli appalti pubblici e agli affidamenti dei pubblici servizi a terzi, non vengono in
rilievo. Il diritto comunitario e quello interno derivato non impongono, infatti, che le
pubbliche amministrazioni osservino le procedure volte a garantire l’effettiva concorrenza
quando esse non ricorrono al mercato, ma si avvalgono di propri organismi facenti parte della
organizzazione amministrativa che fa loro capo.(1)
Gli organismi in house, pur essendo parte del sistema amministrativo facente capo alla
pubblica amministrazione, non devono necessariamente costituire un’articolazione interna
dell’amministrazione stessa priva di soggettività giuridica.(2) E’, pertanto, ben possibile che
gli organismi in house siano dotati di una propria personalità giuridica, distinta, cioè, da
quella dell’amministrazione di appartenenza. Trattasi, tuttavia, di una distinzione che rileva
sul piano formale, ma non su quello sostanziale. Gli organismi in house, infatti, anche se sono
formalmente distinti dall’amministrazione pubblica, non hanno alcuna autonomia decisionale,
in quanto essi rappresentano solo un modulo organizzativo di cui l’amministrazione
stessa si avvale per soddisfare proprie esigenze.
2. Nel settore dei pubblici servizi locali, l’ordinamento interno conosce da gran tempo
<forme> di gestione in house: tali sono, infatti, le gestioni c.d. in economia e quelle a mezzo
di istituzioni, aziende speciali comunali, provinciali e consortili. La scelta operata dal
legislatore (con l’art. 113, c. 5, del TUEL) di non consentire l’esercizio dei pubblici servizi
locali aventi “rilevanza economica” tramite le suddette forme di gestione ha indotto il
legislatore medesimo ad istituire, per l’affidamento “diretto” di tali servizi, una nuova
forma di gestione, quella, cioè, appunto, delle società in house.
Le società in house sono quelle:
1. il cui capitale è interamente pubblico.
2. sulle quali l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale pubblico esercitano un
controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.
3. che realizzano la parte più importante della loro attività con l’ente o con gli enti
pubblici che le controllano [art. 113, c. 5, lett. c), TUEL].(3)
4. Il requisito della “totale partecipazione pubblica” si giustifica con la circostanza che
non può essere considerato un organismo appartenente all’organizzazione della
pubblica amministrazione una società al cui capitale partecipino soci privati.
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L’affidamento diretto di un pubblico servizio locale ad una società in house può, invero,
ammettersi solo se non vi è il coinvolgimento degli operatori economici nell’esercizio del
servizio, posto che, diversamente, dovrebbero trovare applicazione le regole della concorrenza
previste dal diritto comunitario e da quello interno derivato.
Inoltre, come ha di recente stabilito la Corte di giustizia con la sentenza 11 gennaio 2005, in
C-26/03, Stadt Halle, la partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata al capitale di
una società alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice esclude in ogni caso
che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che
essa esercita sui propri servizi.
Sulla base di tali presupposti, deve ritenersi superato l’orientamento giurisprudenziale che
configurava come in house le gestioni dei pubblici servizi locali affidate alle società miste.(5)
Con il che non si intende negare che l’affidamento di un pubblico servizio locale ad una
società mista non debba avvenire “direttamente”, ma solo precisare che tale affidamento non
può considerarsi in house, oltre per quanto detto, anche perché, nel caso delle società miste, a
differenza degli affidamenti in house, si è in presenza di una gara [art. 113, c. 5, lett. b),
TUEL], ancorché questa riguardi non la scelta dell’affidatario o del concessionario del
servizio, ma del socio privato con il quale l’ente locale costituirà la società che dovrà erogare
il servizio stesso. (6) Il che ha delle evidenti ricadute in ordine, ad esempio, al divieto di
partecipazione alle gare previsto dall’art. 113, c. 6, del TUEL, che deve ritenersi applicabile
alle società in house, ma non a quelle miste.
In merito al requisito del “controllo analogo” si è espresso il Consiglio di Stato, il quale,
con decisione della sezione V del 18 settembre 2003, n. 5316 (antecedente, quindi, alle
modificazioni apportate all’art. 113 del TUEL con l’art. 14 del d.l. 269/03), ha ritenuto che il
detto controllo esiste allorché il comune (o i Comuni) possiede almeno “il 51% del capitale
della società affidataria” e purché tale prevalenza del capitale pubblico permanga – per
obbligo statutario – “per tutta la durata della società”.
Il controllo in questione si ha anche quando le disposizioni dello statuto conferiscono “al
comune una posizione dominante” come accade quando al comune medesimo è riservato
l’assenso “in caso di trasferimento di azioni da parte di altri soci” e perciò “il controllo
sull’assemblea”, nonché nel caso in cui al comune viene riservata la maggioranza “in sede
di nomina e reintegrazione degli amministratori, con intuibili riflessi anche in ordine
alla nomina degli altri amministratori e del collegio sindacale”.
Il riferito orientamento giurisprudenziale appare, tuttavia, al pari di quello a cui si è fatto
dianzi cenno a proposito delle società miste, decisamente superato dalla nuova formulazione
dell’art. 113, c. 5, del TUEL e dalla sentenza Stadt Halle della Corte di giustizia.
Tutt’ora valida, deve, viceversa, ritenersi, in mancanza di decisioni sul punto della Corte di
giustizia, la posizione assunta dalla Commissione europea (cfr. nota 26 giugno 2000
indirizzata al Governo italiano), la quale ha osservato che affinchè sussista il requisito del
“controllo analogo” non è “sufficiente il semplice esercizio degli strumenti di cui dispone il
socio di maggioranza secondo le regole proprie del diritto societario”. Il controllo
contemplato dalla sentenza Teckal “fa infatti riferimento ad un rapporto che determina,
da parte dell’amministrazione controllante, un assoluto potere di direzione,
coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto partecipato, e che riguarda
l’insieme dei più importanti atti di gestione del medesimo. In virtù di tale rapporto il
soggetto partecipato, non possedendo alcuna autonomia decisionale in relazione ai più
importanti atti di gestione, si configura come un’entità distinta solo formalmente
dall’amministrazione, ma che in concreto continua a costituire parte della stessa”. Pertanto,
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per escludere rapporto di terzietà ….“solo a tali condizioni si può ritenere che fra
amministrazione e aggiudicatario non sussista, agli effetti pratici, un rapporto di terzietà
rilevante ai fini dell’applicazione delle regole comunitarie in materia di appalti pubblici”.(7)
Le società in house, in virtù dell’art. 113, c. 5, lett. c) del TUEL, possono essere partecipate
da più enti pubblici. In tal caso, la funzione di controllo sulla società, non potendo essere
esercitata individualmente da ogni singolo ente, deve necessariamente essere esercitata
collettivamente ossia dall’insieme della compagine pubblica partecipante alla società. Il
significato della partecipazione di un ente pubblico ad una società partecipata “interamente”
da altri enti pubblici sta, infatti, nell’apprestare una formula organizzativa che consenta
l’esercizio in comune di servizi da parte di enti pubblici aventi interessi omogenei. Ciò spiega
perché la norma, nel prevedere la partecipazione di più enti pubblici, riferisca la “totalità” del
capitale, attraverso la quale si esplica il controllo sulla società, all’insieme degli enti e non a
ciascuno di essi singolarmente considerato. Il che, d’altronde, sotto il profilo logico, non
sarebbe materialmente possibile, giacchè la partecipazione totalitaria dell’uno escluderebbe
necessariamente la partecipazione alla società di qualsiasi altro ente pubblico.(8)
5. Le società in house si caratterizzano per il fatto che il servizio pubblico viene ad esse
affidato in gestione “direttamente” ossia senza il previo espletamento di una pubblica gara.(9)
Ciò comporta che tali società sono tenute a realizzare la parte più importante della loro attività
con l’ente o con gli enti pubblici che le controllano. Le regole della concorrenza
risulterebbero, infatti, violate nel caso di affidamento diretto di un pubblico servizio da parte
di un’amministrazione pubblica ad un’impresa che sta sul mercato, posto che tale impresa
verrebbe favorita rispetto alle altre imprese, che pure stanno sul mercato, alterando la par
condicio tra imprese concorrenti. Non è, invece, così quando si tratta di organismi che non
stanno sul mercato o che vi stanno in posizione del tutto trascurabile, quali, appunto, sono
quelli che operano esclusivamente o quasi esclusivamente a favore degli enti pubblici che li
controllano. (preliminare necessaria verifica dell’attivtà del soggetto)
Inteso in tal modo il requisito della prevalenza dell’attività, ne consegue che esso va
valutato sotto il profilo quantitativo e non qualitativo ossia in termini economici e non di
“importanza” del servizio affidato in gestione alla società. E’, insomma, al fatturato della
società che occorre fare riferimento, per cui se quello che riguarda l’attività svolta a favore
degli enti locali è più ampio rispetto a quello concernente la restante attività della società
stessa, il requisito della prevalenza dell’attività può considerarsi soddisfatto.
La prevalenza dell’attività deve, peraltro, essere significativa, in quanto non è una minima
prevalenza che può indurre a far ritenere che la società opera, se non esclusivamente, almeno
quasi esclusivamente a favore degli enti locali che la controllano.(10) La legge non indica la
misura della prevalenza dell’attività, sicchè spetterà all’interprete individuarla, tenendo
presente la ratio della norma che prevede gli affidamenti in house e facendo riferimento, ove
possibile, a disposizioni che regolano casi analoghi. A tale proposito possono essere utilmente
richiamate le disposizioni comunitarie (art. 13, direttiva 93/38/CEE e art. 23, direttiva
2004/17/CE) e di diritto interno derivato (art. 8, d.l.vo 17 marzo 1995, n. 158), le quali
consentono, nei settori c.d. esclusi o speciali, che le amministrazioni aggiudicatrici affidino
direttamente appalti (di servizi e, dopo l’entrata in vigore della direttiva 17, anche di lavori e
forniture) ad un’impresa collegata, purchè almeno l’80% del fatturato medio realizzato da tale
impresa negli ultimi tre anni provenga dallo svolgimento di servizi o di lavori o dalla fornitura
di prodotti all’amministrazione a cui è collegata. La ragione che giustifica l’affidamento
diretto di un appalto ad una società collegata è, invero, la medesima che giustifica
l’affidamento diretto di un pubblico servizio ad una società in house, in quanto, in entrambi i
casi, l’avvalersi di società collegate o controllate rappresenta una scelta autorganizzativa della
pubblica amministrazione, la quale evita, in tal modo, di rivolgersi al mercato. Il parametro
dell’80% del fatturato realizzato dalla società in house per la gestione dei servizi pubblici ad
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essa affidati dall’amministrazione che la controlla può, quindi, considerarsi un valido criterio
dal quale può ragionevolmente desumersi quando il requisito della prevalenza dell’attività sia
da ritenere soddisfatto.
6. La scelta di realizzare la gestione di un pubblico servizio mediante l’affidamento diretto ad
una società in house risponde, come si è visto, ad una legittima modalità organizzativa
dell’amministrazione pubblica, la quale, avvalendosi di un soggetto che fa parte della
medesima struttura amministrativa, non vìola la normativa comunitaria e il principio della
concorrenza, che la ispira.(11) Trattasi, oltretutto, di una scelta ampiamente discrezionale
sottratta, perciò, al sindacato di legittimità. Ciò ha indotto a dubitare della conformità dell’art.
113, c. 5, del TUEL al diritto comunitario. La citata norma, lasciando alle amministrazioni
piena discrezionalità in ordine alla scelta del modello gestionale da adottare per la gestione
dei pubblici servizi locali, sarebbe, infatti, suscettibile di stravolgere “alla stregua dei principi
comunitari, il rapporto tra i diversi modelli di affidamento dei servizi pubblici, in forza del
quale il ricorso a procedure di evidenza pubblica dovrebbe configurarsi come la regola e
l’affidamento in house come eccezione”. Di qui la devoluzione della questione alla Corte di
giustizia, che dovrà, quindi, stabilire se sia compatibile con il diritto comunitario, ed in
particolare con gli obblighi di trasparenza e libera concorrenza di cui agli artt. 46, 49 e 86 del
Trattato, l’art. 113, c. 5, del TUEL, “nella parte in cui non pone alcun limite alla libertà di
scelta dell’amministrazione pubblica tra le diverse forme di affidamento del servizio pubblico,
ed in particolare tra l’affidamento mediante procedura di gara ad evidenza pubblica e
l’affidamento diretto a società da essa interamente controllata”.(12)
***
(1) Corte di giustizia 18 novembre 1999, in C-107/98, Teckal; 8 maggio 2003, in C- 349/97,
Spagna/Commissione; 11 gennaio 2005, in C-26/03, Stadt Halle.
(2) Cons. St., sez. V, 18 settembre 2003, n. 5316.
(3) L’art. 113, c. 5, lett. c) del TUEL, nell’individuare le caratteristiche delle società in house,
riproduce i parametri individuati dalla c.d. sentenza Teckal della Corte di giustizia sovra
citata.
(4) La ratio della regola enunciata dalla Corte di giustizia nella sentenza Teckal, ad avviso del
Consiglio di Stato (v. sez. V, 18 settembre 2003, n. 5316), “va individuata nel fatto che, nei
confronti di un soggetto controllato e che svolga la sua prevalente attività per il soggetto
controllore, non sarebbero ravvisabili situazioni di pregiudizio per la parità di trattamento
degli altri operatori economici e per il rispetto delle regole di concorrenza”
(5) Secondo il Consiglio di Stato (sez. V, 30 giugno 2003, n. 3864), il modello delle società a
prevalente capitale pubblico locale già previsto dall’art. 22, c. 3, lett. e), della l. 142/90 e,
poi, dall’art. 113, c. 1, lett. e), del TUEL (nel testo originariamente vigente) “va qualificato
come gestione diretta del servizio (Cons. St., Sez. V, 19 febbraio 1998, n. 192), assimilabile
all’affidamento c.d. in house di matrice comunitaria”; il fondamento dell’affidamento senza
gara del servizio alle società in questione va rinvenuto “negli atti costitutivi della società ed in
quelli di selezione del socio privato, da valersi quali provvedimenti genetici del soggetto
giuridico per mezzo del quale (seppur in regime convenzionale) l’ente locale svolge il
servizio”.
(6) Cons. St., sez. V, 3 febbraio 2005, n. 272, secondo cui la società mista è “costituita
attraverso procedura pubblica e allo specifico scopo di affidarle i servizi pubblici dell’ente
locale che la ha costituita” per cui è “immediatamente consequenziale che il relativo
affidamento debba avvenire in modo diretto”.
(7) Il Consiglio di Stato, sez. V, con ordinanza 22 aprile 2004, n. 2316, ha rimesso alla Corte
di giustizia la questione sulla compatibilità con il diritto comunitario, e in particolare con la
libertà della prestazione di servizi, il divieto di discriminazione e l’obbligo di parità di
trattamento, trasparenza e libera concorrenza, di cui agli artt. 12, 45 e 46 e 86 del Trattato,
10
“l’affidamento diretto, ossia in deroga ai sistemi di scelta del contraente di cui alla direttiva
92/50/CEE, della gestione dei parcheggi pubblici a pagamento, ad una società per azioni, a
capitale interamente pubblico, ai sensi dell’art. 44, c. 6, lett. b) della legge della Regione
Trentino-Alto Adige 4 gennaio 1993, n. 1, modificato dall’art. 10 della legge regionale del 23
gennaio 1998, n. 10”. E’, peraltro, da osservare che nella citata ordinanza il Consiglio di Stato
fa presente che, nella specie, si tratta di un affidamento diretto a “società per azioni, del tutto
autonome, salvo l’esercizio dei poteri propri del possessore della maggioranza delle azioni,
secondo le norme del diritto commerciale comune”. Il che sembra configurare un’ipotesi
diversa da quella prevista dall’art. 113, c. 5, lett. c), del TUEL e da quelle esaminate dalla
Corte di giustizia. Non è, inoltre, esatto che l’impiego sempre più frequente degli affidamenti
in house comporti, come sostiene il Consiglio di Stato nella citata decisione, “la sottrazione di
aree assai ampie di attività economiche all’iniziativa imprenditoriale privata, in contrasto con
la stessa ragion d’essere dell’Unione Europea”. Le aree di attività economiche in cui è
utilizzabile l’istituto degli affidamenti in house sono, infatti, già sottratte “all’iniziativa
imprenditoriale privata” trattandosi di attività non liberalizzate.
(8) Cons. St., sez. V, 6 maggio 2002, n. 2418, sia pure con riferimento alle società a
“prevalente capitale pubblico locale” di cui all’art. 22, c. 3, lett. e), della l. 142/90 e all’art.
113 del TUEL (nel testo originario).
(9) Nel caso degli affidamenti in house manca, quindi, “un vero e proprio rapporto
contrattuale tra i due soggetti”: Cons. St., sez. VI, 22 novembre 2004, n. 7636 e 7637.
(10) Nella sentenza 8 maggio 2003, in C-349/97, Spagna/Commissione, la Corte di giustizia
ha affermato che l’organismo in house deve svolgere “la parte essenziale” della propria
attività insieme con l’ente o con gli enti territoriali che lo controllano.
(11) cfr. Cons. St., sez. VI, 22 novembre 2004, n. 7636 e n. 7637.
(12) TAR Puglia, Bari, sez. III ord. 22 luglio 2004 (data dec.), n. 885. La circostanza che l’in
house providing costituisca un’eccezione all’applicazione delle direttive in materia di appalti
pubblici è esplicitamente affermato dalla Corte di giustizia nella citata sentenza
Spagna/Commissione.
n. 3
1. PREMESSA
La Corte Costituzionale, con la sentenza 20 luglio 2012, n. 199 ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla l.
14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni (dal titolo “Adeguamento della
disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall'Unione
europea”), per violazione dell’art. 75 della Cost.. Di seguito i passi di rilievo della sentenza:
- “La normativa all'esame costituisce ripristino della normativa abrogata, considerato che
essa introduce una nuova disciplina della materia, «senza modificare né i principi ispiratori
della complessiva disciplina normativa preesistente né i contenuti normativi essenziali dei
singoli precetti», in palese contrasto, quindi, con l'intento perseguito mediante il referendum
abrogativo. Né può ritenersi che sussistano le condizioni tali da giustificare il superamento
del predetto divieto di ripristino, tenuto conto del brevissimo lasso di tempo intercorso fra la
11
pubblicazione dell'esito della consultazione referendaria e l'adozione della nuova normativa
(23 giorni), ora oggetto di giudizio, nel quale peraltro non si è verificato nessun mutamento
idoneo a legittimare la reintroduzione della disciplina abrogata”;
- la“normativa comunitaria,…consente, anche se non impone (sentenza n. 325 del 2010),
la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell'ente locale, allorquando l'applicazione
delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la «speciale missione» dell'ente
pubblico (art. 106 TFUE), alle sole condizioni del capitale totalmente pubblico della società
affidataria, del cosiddetto controllo "analogo" (il controllo esercitato dall'aggiudicante
sull'affidatario deve essere di "contenuto analogo" a quello esercitato dall'aggiudicante sui
propri uffici) ed infine dello svolgimento della parte più importante dell'attività
dell'affidatario in favore dell'aggiudicante”;
- “Le poche novità introdotte dall'art. 4 accentuano, infatti, la drastica riduzione delle
ipotesi di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali che la consultazione referendaria
aveva inteso escludere”.
Così, la Corte Costituzionale, mentre ha salvato in gran parte - con la sentenza n. 200
emessa nella stessa data del 20 luglio 2012 - il principio di liberalizzazione delle attività
economiche affermato nell’art. 3 del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n.
148/2011, con la sentenza n. 199/2012 ha azzerato la normativa in materia di servizi pubblici
locali di rilevanza economica di cui all’art. 4 del medesimo decreto legge.
La Corte ha inteso salvaguardare il risultato referendario del giugno 2011. La sentenza n.
199/2012 è, infatti, conseguenza diretta della sentenza della medesima Corte 26 gennaio
2011, n. 24 aveva ammesso il referendum sull’intero testo dell’art. 23-bis del d.l. 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, e successive
modificazioni ; ma non è del tutto in linea con la sentenza 17 novembre 2010, n. 325 che
aveva riconosciuto la conformità costituzionale dell’art. 23-bis.
Subito dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012, accertata la mancanza di
“una disciplina di taglio generale sull’affidamento dei servizi locali a rilevanza economica”, si
era ritenuto, “in attesa che il legislatore rielabori una nuova, organica e coerente normativa”,
che la materia fosse “direttamente soggetta alle regole ed ai principi europei, che sono invero
piuttosto definiti ed in grado di orientare immediatamente – oltre alle scelte della politica
nazionale – il comportamento delle amministrazioni e le decisioni dei giudici”
Si era così venuta a creare una situazione identica a quella immediatamente successiva al
referendum abrogativo del citato art. 23-bis per effetto del cui esito era stato emanato il d.P.R.
18 luglio 2011, n. 113 che aveva abrogato, con efficacia ex nunc, l’art. 23-bis e comportato la
caducazione del regolamento attuativo, approvato con d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168.
12
La Corte Costituzionale, invero, con la sentenza n. 24/2011 aveva ritenuto che
“…all'abrogazione dell'art. 23-bis, da un lato, non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle
norme abrogate da tale articolo (reviviscenza, del resto, costantemente esclusa in simili
ipotesi sia dalla giurisprudenza di questa Corte - sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997 -,
sia da quella della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato); dall'altro, conseguirebbe
l'applicazione immediata nell'ordinamento italiano della normativa comunitaria (come si è
visto, meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole
concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l'affidamento della gestione
di servizi pubblici di rilevanza economica”.
Si era così arrestato quel “dinamismo normativo” che negli ultimi anni aveva caratterizzato
la materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
2. La normativa applicabile subito dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.
199/2012.
All’azzeramento della normativa contenuta nell’art. 4 del d.l. n. 138/2011, convertito, con
modificazioni, dalla l. n. 148/2011, ad opera della sentenza della Corte Costituzionale n.
199/2012, consegue un effetto di semplificazione; con la conseguente applicazione, nella
materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, oltre che della disciplina di settore
non toccata dalla detta sentenza, della normativa e dei principi generali dell’ordinamento
europeo, nonché di quelli affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e di quella
nazionale. Mentre non si applica il codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006,
n. 163
Rimangono le tre modalità di organizzazione dei servizi pubblici, o meglio di scelta del
soggetto gestore e/o affidatario:
a) ricorso al mercato;
b) partenariato pubblico-privato istituzionalizzato (cosiddetto PPPI);
c) affidamento in house.
La prima è il modello della così detta evidenza pubblica, ossia della scelta del soggetto
affidatario previa gara, rispettosa del regime comunitario di libera concorrenza.
La seconda è il fenomeno delle società miste (che a livello comunitario è conosciuto come
quello del PPPI), il quale si realizza attraverso la cosiddetta gara a doppio oggetto
(riguardante sia la qualità di socio che la gestione del servizio), in cui la società viene
costituita per una specifica missione in base a una gara che ha ad oggetto la scelta del socio e
l’affidamento della missione medesima (ipotesi che fa da contraltare a quella, diversa e non
consentita, in cui si intendono affidare direttamente ulteriori appalti a una società mista già
13
costituita). Il modello è stato ammesso dalla Corte di Giustizia la quale, a sua volta, ha aderito
alla comunicazione interpretativa della Commissione europea in data 5 febbraio 2008
“sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai
partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)”
Quindi ammissibilità dell’affidamento a una società mista previa gara a doppio oggetto e
senza alcuna previsione di percentuali minime di partecipazione (pubblica o privata).
La terza è il cosiddetto in house che consente l’affidamento diretto, senza previa gara, a un
soggetto solo formalmente, e non sostanzialmente, diverso dall’ente affidante. Il che è
consentito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’U.E. in presenza di tre
condizioni:
a) totale partecipazione pubblica;
b) controllo analogo sulla società affidataria a quello che l’ente o gli enti affidanti
esercitano sui propri servizi;
c) realizzazione, da parte della società affidataria, della parte più importante della propria
attività con l’ente o gli enti che la controllano.
Quindi ammissibilità dell’affidamento in house senza deroghe e senza eccezioni.
3. L’art. 3-bis del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 148/2011.
Pur dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012 continua ad applicarsi l’art. 3bis del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 148/2011, dal titolo “Ambiti
territoriali e criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali”. La relativa
disciplina è la seguente:
A) Con riguardo solo ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica:
- Comma 1:
a) “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzano lo svolgimento
dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica definendo il perimetro degli ambiti o
bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di
differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio e istituendo o designando gli
enti di governo degli stessi, entro il termine del 30 giugno 2012”;
b) “La dimensione degli ambiti o bacini territoriali ottimali di norma deve essere non
inferiore almeno a quella del territorio provinciale”;
c) “le regioni possono individuare specifici bacini territoriali di dimensione diversa da
quella provinciale, motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socioeconomica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle
caratteristiche del servizio, anche su proposta dei comuni presentata entro il 31 maggio 2012
14
previa lettera di adesione dei sindaci interessati o delibera di un organismo associato e già
costituito ai sensi dell'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267”;
d) “fermo restando il termine di cui al primo periodo del presente comma che opera anche
in deroga a disposizioni esistenti in ordine ai tempi previsti per la riorganizzazione del
servizio in ambiti, è fatta salva l'organizzazione di servizi pubblici locali di settore in ambiti o
bacini territoriali ottimali già prevista in attuazione di specifiche direttive europee nonché ai
sensi delle discipline di settore vigenti o, infine, delle disposizioni regionali che abbiano già
avviato la costituzione di ambiti o bacini territoriali in coerenza con le previsioni indicate nel
presente comma”;
e) “decorso inutilmente il termine indicato, il Consiglio dei Ministri, a tutela dell'unità
giuridica ed economica, esercita i poteri sostitutivi di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno
2003, n. 131, per organizzare lo svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini
territoriali ottimali e omogenei, comunque tali da consentire economie di scala e di
differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio”.
B) Con riguardo a tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica:
a) incentivi alle gare:
- comma 2: “In sede di affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica,
l'adozione di strumenti di tutela dell'occupazione costituisce elemento di valutazione
dell'offerta”. E’ la cosiddetta clausola sociale;
- comma 3: “A decorrere dal 2013, l'applicazione di procedura di affidamento dei servizi a
evidenza pubblica da parte di regioni, province e comuni o degli enti di governo locali
dell'ambito o del bacino costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli stessi ai
sensi dell'articolo 20, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111”;
- comma 4: “Fatti salvi i finanziamenti ai progetti relativi ai servizi pubblici locali di
rilevanza economica cofinanziati con fondi europei, i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi
a valere su risorse pubbliche statali ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della
Costituzione sono prioritariamente attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini
territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio selezionati tramite procedura ad
evidenza pubblica o di cui comunque l'Autorità di regolazione competente abbia verificato
l'efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti
dall'Autorità stessa”;
b) vincoli in capo ai soggetti affidatari in house:
15
- commi 5 e 6: “5. Le società affidatarie in house sono assoggettate al patto di stabilità
interno secondo le modalità definite dal decreto ministeriale previsto dall'articolo 18, comma
2-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni. L'ente locale o l'ente di governo locale
dell'ambito o del bacino vigila sull'osservanza da parte delle società di cui al periodo
precedente dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno.
6. Le società affidatarie in house sono tenute all'acquisto di beni e servizi secondo le
disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. Le
medesime società adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento
del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3
dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché delle disposizioni che
stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale,
contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitarie e
per le consulenze anche degli amministratori”.
La legittimità della previsione di vincoli in capo ai soggetti affidatari in house non pare
possa essere messa in dubbio dall’intervento della sentenza della Corte Costituzionale n.
199/2012, seguendo logiche diverse che conseguono alla sostanziale assimilazione delle
società in house alla pubblica amministrazione.
4. La nuova normativa di cui all’art. 34 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito,
con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221: a) comma 20.
Il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n.
221, dal titolo “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, all’art. 34 (“Misure urgenti
per le attività produttive, le infrastrutture e i trasporti locali, la valorizzazione dei beni
culturali ed i comuni”) contiene in otto commi – dal 20 al 27 – la nuova disciplina in materia
di servizi pubblici locali di rilevanza economica. Sei erano invece i commi (dal 13 al 18)
contenuti nell’originario art. 34 del d.l. n. 179/2012.
Innanzitutto, nel titolo dell’art. 34 in sede di conversione è scomparso il termine servizi
pubblici locali, che era nel titolo dell’articolo del decreto legge. E’ una prima stranezza della
norma. Anche se in sede di conversione viene aggiunto “locali” a trasporti, è evidente che la
nuova normativa non si applica solo ai trasporti locali, ma anche ad altri servizi pubblici,
quali i rifiuti e quelli innominati (tra cui il servizio di illuminazione votiva, espressamente
disciplinato).
Il citato art. 34, al comma 20, prevede che “Per i servizi pubblici locali di rilevanza
economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori,
16
l'economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di
riferimento, l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata
sul sito internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti
previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i
contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le
compensazioni economiche se previste”.
La norma, del tutto eguale a quella di cui al comma 13 dell’art. 34 del d.l. n. 179/2012,
prevede la necessità, ai fini dell’affidamento del servizio, della redazione e della
pubblicazione di una relazione, con duplice contenuto:
a) indicazione delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento
europeo per la forma di affidamento prescelta;
b) definizione dei contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio
universale, indicando le compensazioni economiche se previste.
Ossia, si “istituzionalizza” l’obbligo di motivare, e pubblicizzare, il ricorso all’affidamento
diretto o all’affidamento tramite gara.
Una prima domanda consegue: la norma ha comportato l’equiordinazione dei modelli di
affidamento? Ossia, una volta che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 199/2012, ha
ritenuto che l’in house non possa essere un modello derogatorio ed eccezionale, in contrasto
con la volontà scaturita dall’esito referendario sul più volte citato art. 23-bis, l’in house è
diventato modello alternativo alla gara e posto sullo stesso piano della stessa?
Al riguardo va precisato che:
a) l’art. 106, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)
prevede che “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o
aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare
alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti
all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”; ossia,
nella materia, il principio di concorrenza può essere derogato solo se esso ostacoli
l’adempimento della specifica missione – costituita dalla soddisfazione dell’interesse generale
– loro affidata;
b) è vero che il diritto europeo è neutro rispetto alle scelte operate dalle amministrazioni
sulla modalità di gestione dei servizi di interesse economico generale; scelte che rientrano
nella libertà e nel potere (di autorganizzazione) delle stesse. Tuttavia, se è vero che la scelta di
non trasferire ad un soggetto terzo la funzione amministrativa idonea a soddisfare la domanda
relativa ad un pubblico servizio costituisce per la pubblica amministrazione una facoltà
legittima, ciò non esclude che comunque la decisione di ricorrere ad una società in house
17
anziché ad un soggetto terzo debba essere effettuata previa valutazione comparativa dei
rispettivi servizi offerti
c) l’affidamento in house senza gara costituisce pur sempre un’eccezione alle direttive
comunitarie che vanno interpretate restrittivamente
Ne consegue che alla domanda andrebbe data risposta negativa, dato che la gara costituisce
pur sempre la modalità principale di scelta del soggetto a cui affidare la gestione del servizio.
Tra l’altro, la disciplina comunitaria consente ma non impone agli Stati membri di prevedere
con determinate cautele la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale.
Ma allora se così è, che bisogno c’è di motivare sul ricorso all’evidenza pubblica - previa
gara normale o gara a doppio oggetto (per la costituzione di un società mista) - rispetto
all’affidamento in house?
E’ vero semmai il contrario. Ma si tratta di una delle stranezze della nuova normativa.
5. b) comma 21.
L’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, al comma
21, così dispone: “Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto
non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il
termine del 31 dicembre 2013 pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista al
comma 20. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza gli enti competenti
provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano
il rapporto un termine di scadenza dell'affidamento. Il mancato adempimento degli obblighi
previsti nel presente comma determina la cessazione dell'affidamento alla data del 31
dicembre 2013”.
La norma, in parte diversa da quella contenuta nell’art. 34, comma 14, del d.l. n. 179/2012,
riguarda gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del d.l. n. 179/2012 ed ha un
contenuto duplice.
La prima parte riguarda gli affidamenti “non conformi ai requisiti previsti dalla normativa
europea”; i quali vanno adeguati entro il 31 dicembre 2013 “pubblicando, entro la stessa data,
la relazione prevista al comma 20”.
Il che comporta che gli affidamenti non conformi alla normativa europea (ed esempio un in
house nel quale manca la totale partecipazione pubblica, il controllo analogo o la prevalenza
dell’attività, oppure una società mista costituita a seguito di gara che ha avuto ad oggetto solo
la qualità di socio e non anche l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del
servizio) devono essere oggetto di autoannullamento da parte dell’amministrazione affidante;
18
che dovrà provvedere ad affidare il medesimo servizio con modalità conformi al diritto
europeo e sulla base dell’apposita relazione di cui al comma 20.
La seconda parte riguarda tutti gli affidamenti, sempreché conformi ai requisiti previsti
dalla normativa europea, nei quali non è prevista una data di scadenza. Gli enti competenti
devono provvedere ad inserire nel contratto di servizio, o negli altri atti che regolano il
rapporto, un termine di scadenza dell'affidamento.
In entrambe le fattispecie, in caso contrario - ossia qualora entro il 31 dicembre 2013 non
si provveda a far cessare l’affidamento non conforme al diritto europeo e, per gli affidamenti
conformi ma senza scadenza, non si inserisca il termine di scadenza - è prevista la cessazione
ex lege dell’affidamento in essere alla data del 31 dicembre 2013.
La norma non fissa alcun limite sul termine di scadenza da prevedere. Così che qualunque
termine fissato, indipendentemente dalla sua lunghezza, evita l’effetto della cessazione ex lege
al 31 dicembre 2013. Ma la fissazione del termine, da disporre comunque con un
provvedimento, potrà essere contestata con riguardo alla sua congruità mediante gli ordinari
strumenti di tutela esperibili innanzi al giudice amministrativo.
6. c) comma 22.
L’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, al comma
22, così dispone: “Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a
partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi
dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o
negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di
scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente
affidante, il 31 dicembre 2020”.
La norma, del tutto eguale a quella di cui al comma 15 dell’art. 34 del d.l. n. 179/2012,
fissa la disciplina transitoria degli affidamenti diretti alle società quotate; affidamenti che,
effettuati direttamente (senza gara) a società miste (quali sono le società quotate in borsa) e
quindi non in house - di conseguenza non conformi al diritto europeo - trovano una nuova
copertura legislativa una volta venuta meno quella costituita dall’art. 4, comma 32, lett. d), del
d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 148/2011.
Si prevedono due sole alternative di cessazione:
a) alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto;
b) al 31 dicembre 2020, per gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza.
La conformità comunitaria della norma è tutta da dimostrare. Ma si sa che, in ipotesi di
diritto transitorio, ovvero di norme disposte per assicurare il graduale passaggio da un vecchio
19
a un nuovo regime, la Corte di Giustizia della U.E. è di maglie larghe. E’ evidente però che la
scadenza del 2020 potrebbe essere ritenuta eccessivamente lunga da parte dei competenti
organi dell’Unione (quella precedentemente fissata si fermava al 2015).
7. d) comma 23.
L’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, al comma
23, inserisce un nuovo comma (1-bis) dopo il comma 1 dell'art. 3-bis del d.l. n. 138/2011,
convertito, con modificazioni, dalla l. n. 148/2011, e successive modificazioni, del seguente
tenore:
“Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica,
compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di
determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione
e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini
territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo”.
L’originaria norma, contenuta nel comma 16 del d.l. n. 179/2012, riprendeva quasi
pedissequamente il comma 35-bis dell’art. 4 del citato d.l. n. 138/2011.
L’attuale norma di cui al comma 23 è in parte cambiata e si riferisce solo ai servizi
pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti
urbani.
Essa integra la disciplina di cui all’art. 3-bis del d.l. n. 138/2011 prevedendo che l’esercizio
delle diverse funzioni in materia (organizzazione dei servizi, scelta della forma di gestione,
determinazione delle tariffe, affidamento della gestione e controllo sulla stessa) avvenga solo
da parte degli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui (e in
conformità) al comma 1 del medesimo articolo
8. e) comma 24.
L’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, al comma
24, abroga la lett. b) all'art. 53, comma 1, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con
modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134.
La norma, del medesimo tenore di quella di cui al comma 17 dell’art. 34 del d.l. n.
179/2012, compie un’operazione di drafting normativo, dato che vengono eliminate le
modifiche apportate all’art. 4 del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n.
148/2011, dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 199/2012;
modifiche che erano state apportate da una legge di alcuni giorni successiva alla sentenza
20
stessa che aveva dichiarato incostituzionale l’articolo modificato. Sembra un paradosso ma
nel nostro ordinamento accade anche questo!
9. f) comma 25.
L’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, al comma
25, prescrive che “I commi da 20 a 22 non si applicano al servizio di distribuzione di gas
naturale, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, al servizio di distribuzione di
energia elettrica, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e alla legge 23 agosto
2004, n. 239, nonché alla gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n.
475. Restano inoltre ferme le disposizioni di cui all'articolo 37 del decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134”.
La norma è eguale a quella di cui al comma 18 dell’art. 34 del d.l. n. 179/2012.
Si tratta delle così dette esclusioni di settori che, essendo oggetto di normativa specifica,
erano rimasti al di fuori del campo di applicazione sia dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008,
convertito, con modificazioni, dalla l. n. 133/2008, che dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011,
convertito, con modificazioni, dalla l. n. 148/2011, nonché della salvezza di altre disposizioni
in tema sempre di settori esclusi.
10. g) comma 26.
L’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, al comma
26, così dispone: “Al fine di aumentare la concorrenza nell'ambito delle procedure di
affidamento in concessione del servizio di illuminazione votiva, all'articolo unico del decreto
del Ministro dell'interno 31 dicembre 1983, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 17
gennaio 1984, al numero 18) sono soppresse le seguenti parole: «e illuminazioni votive».
Conseguentemente i comuni, per l'affidamento del servizio di illuminazione votiva, applicano
le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e in particolare l'articolo 30 e,
qualora ne ricorrano le condizioni, l'articolo 125”.
La norma, inserita ex novo dalla legge di conversione, riguarda il servizio di illuminazione
votiva e lo considera espressamente oggetto di “affidamento in concessione”.
In primo luogo si modifica l’articolo unico del d.m. dell’interno 31 dicembre 1983, ad
oggetto “Individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale”,
eliminando dall’elenco delle “categorie dei servizi pubblici a domanda individuale” le
“illuminazioni votive”. Ciò al dichiarato fine di “aumentare la concorrenza” nell'ambito delle
relative procedure di affidamento in concessione.
21
Il che vorrebbe dire che il servizio di illuminazione votiva non è più considerato dalla
legge un servizio pubblico bensì un appalto pubblico di servizi. Ma, contraddittoriamente, la
legge continua a parlare del relativo servizio come oggetto di concessione; istituto che esiste
solo nell’ambito dei servizi pubblici e dei beni pubblici, mentre nella materia degli appalti
pubblici è prevista unicamente la concessione di costruzione e gestione relativamente ai
lavori.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato, al riguardo, ha inquadrato il servizio di
illuminazione votiva nell’ambito dei servizi pubblici a rilevanza economica. Ritenendo,
conseguentemente, l’applicazione della relativa normativa (art. 113 del d.lgs. n. 267/2000, art.
23-bis del d.l. n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 133/2008 e art. 4 del d.l.
n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 148/2011) e dell’art. 30 del d.lgs. n.
163/2006 in tema di concessione di servizi, nonché l’impossibilità, per l’ente locale, di gestire
il medesimo servizio in economia.
Quanto affermato dal Consiglio di Stato secondo cui nessuna norma obbliga i Comuni ad
affidare all'esterno determinati servizi (illuminazione pubblica, centri assistenziali, case di
accoglienza, case di riposo, case famiglia, assistenza domiciliare per anziani e handicappati,
asili nido, mense scolastiche, scuola-bus, biblioteche, impianti sportivi), ove preferiscano
amministrarli in via diretta e magari in economia, è stato di recente ridimensionato dal
medesimo Consiglio di Stato il quale ha ritenuto che la precedente statuizione si riferisse ad
attività di modesto impegno finanziario e, quindi, a ipotesi di servizi pubblici privi di
rilevanza economica.
Da quanto prescritto nel primo periodo del comma 26 dell’art. 34 in commento se ne fa
derivare, come conseguenza, il disposto del secondo periodo, prevedendo che i Comuni, per
l'affidamento del servizio di illuminazione votiva, devono applicare le norme di cui al d.lgs. n.
163/2006, ossia del codice sui contratti pubblici, e in particolare l'art. 30 (dal titolo
“Concessione di servizi”) e, qualora ne ricorrano le condizioni, l'art. 125 (dal titolo “Lavori,
servizi e forniture in economia”).
Una certa confusione ne consegue.
Se l’intenzione del legislatore, intervenendo sull’elenco del d.m. 31 dicembre 1983, è
quella di non considerare più il servizio di illuminazione votiva come un servizio pubblico
bensì come un appalto pubblico di servizi e, conseguentemente, di applicare la normativa e le
procedure del d.lgs. n. 163/2006, compresa la possibilità della gestione in economia alle
condizioni e nei limiti di importo previsti dal medesimo decreto legislativo, è incomprensibile
il richiamo all’applicazione dell’art. 30 di quest’ultimo; il quale disciplina un settore escluso
dall’operatività del codice, quale quello dei servizi pubblici, per i quali si prevede solo il
22
rispetto dei principi del TFUE e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, nonché
l’applicazione della parte IV (sul contenzioso) e, in quanto compatibile, dell’art. 143, comma
7.
E allora delle due l’una. O si applicano le norme e le procedure del codice dei contratti
pubblici, soprattutto in ambito di procedure da seguire per la scelta del contraente,
formalmente e dettagliatamente disciplinate dallo stesso, o si applica solo l’art. 30 del codice,
nel quale la procedura di evidenza pubblica non è formalizzata ma deve rispettare solo i
principi enunciati.
La norma, così come formulata, e data anche la sua premessa, non può che comportare
l’applicazione - al servizio di illuminazione votiva - dell’intera disciplina fissata per gli
appalti pubblici di servizi e, in particolare, delle procedure di gara. Mentre quanto previsto
dall’art. 30 del codice è alternativo alle rimanenti disposizioni dello stesso (il comma 1,
infatti, prevede che, “Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice
non si applicano alle concessioni di servizi”).
11. h) comma 27.
L’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, al comma
27, sopprime, all'art. 4, comma 8, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,
dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, le parole: “e a condizione che il valore economico del servizio o
dei beni oggetto dell'affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro
annui”.
La norma, novità della legge di conversione, elimina le restrizioni all’in house che erano
state previste dall’art. 4, comma 8, del d.l. n. 95/2012 (spending review), secondo cui “A
decorrere dal 1° gennaio 2014 l'affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a
capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla
giurisprudenza comunitaria per la gestione in house e a condizione che il valore economico
del servizio o dei beni oggetto dell'affidamento sia complessivamente pari o inferiore a
200.000 euro annui”.
La disposizione, che si applicava anche ai servizi pubblici locali - siccome l’esclusione nei
riguardi delle società che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza
economica, disposta dal comma 3 del citato art. 4, riguarda solo le disposizioni di cui al
comma 1 del medesimo articolo - non era più conforme ai contenuti della sentenza della Corte
Costituzionale n. 199/2012 che aveva ritenuto illegittime le limitazioni quantitative al ricorso
all’in house.
23
In mancanza dell’intervenuta soppressione normativa non si sarebbe potuto che seguire
un’interpretazione costituzionalmente orientata, nel senso di escludere l’applicazione del
limite dei 200.000 euro all’in house quanto meno per i servizi pubblici locali di rilevanza
economica.
12. Gli adempimenti e il ruolo degli enti affidanti.
I conseguenti adempimenti a carico degli enti affidanti a seguito della nuova normativa in
materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica risultano semplificati rispetto a quelli
che derivavano dall’art. 4 del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n.
148/2011. Si tratta, in sostanza, della redazione e della pubblicazione della relazione - in
entrambe le ipotesi previste dai commi 20 e 21 dell’art. 34 del d.l. n. 179/2012, convertito,
con modificazioni, dalla l. n. 221/2012 - nonché della previsione di un termine di scadenza
degli affidamenti conformi al diritto europeo qualora non sia stata stabilita una data di
scadenza.
Il ruolo degli enti locali rimane centrale, dato che l’“organizzazione dei servizi pubblici di
interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale”
rientra tra le funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. p),
della Cost. Norma derogata solo per i servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, le
cui funzioni di organizzazione sono esercitate dagli enti di governo degli ambiti o bacini
territoriali ottimali e omogenei (art. 3-bis, comma 1-bis, del citato d.l. n. 138/2011).
La scelta sulle modalità di affidamento e di gestione viene, come sempre, rimessa agli enti
affidanti, che eserciteranno un potere discrezionale, ma nel doveroso rispetto:
a) dei principi europei: di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei
servizi;
b) dell’obbligo di motivazione;
c) dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.
Principi, questi ultimi, che inducono a favore non solo della scelta meno onerosa o più
vantaggiosa per l’amministrazione, ma anche di quella più idonea a soddisfare gli interessi
degli appartenenti alla comunità di riferimento, in quanto soggetti utenti dei servizi.
Il che corrobora l’idea che il ricorso all’in house non sia “liberalizzato” ed equiordinato
agli altri modelli di gestione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012;
dovendosi, invece, ai fini dell’affidamento, necessariamente valutare, e conseguentemente
motivare, sulla convenienza, soprattutto economica e finanziaria, rispetto al modello
dell’evidenza pubblica (gara semplice o a doppio oggetto). Tanto più che il ricorso all’in
house non consente all’ente affidante di usufruire degli incentivi (anche economici) previsti in
24
caso di procedura ad evidenza pubblica (art. 3-bis, commi 3 e 4, del d.l. n. 138/2011). E
questo, in un momento un cui la spending review diviene uno dei principali obiettivi da
perseguire nelle politiche di governo, non è di poco conto.
Alcuni contenuti dell’art. 4 del citato d.l. n. 138/2011 continuano a mantenere validità.
Si tratta dei principi che devono essere rispettati nelle procedure di evidenza pubblica
indette per la scelta del soggetto affidatario del servizio (comma 8). Si applicano data la loro
derivazione europea e comunque si trovano pur sempre enunciati nell’art. 30 del d.lgs. n.
163/2006.
Gli enti affidanti, poi, nell’indizione delle gare, ben possono inserire, nei contenuti dei
bandi o delle lettere di invito, quanto era previsto nel comma 11 e, specificamente per le gare
a doppio oggetto, nelle lettere a), b) e c) del comma 12 dell’art. 4 del citato d.l. n. 138/2011.
I relativi provvedimenti degli enti affidanti sono poi pur sempre soggetti al potere di
impugnativa dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi dell’art. 21-bis
della l. 10 ottobre 1990, n. 287, sia con riguardo alle scelte relative alle modalità di
affidamento che ai contenuti dei bandi; potere che si aggiunge a quello ordinario di
impugnazione innanzi al giudice amministrativo da parte dei soggetti lesi.
Anche l’interesse al corretto funzionamento del mercato dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica viene tutelato siccome interesse giuridicamente rilevante, che ha ad
oggetto il bene della vita della concorrenza. E nel caso del citato art. 21-bis la posizione
differenziata viene per legge riconosciuta al soggetto pubblico istituzionalmente chiamato a
tutelare la concorrenza, ossia l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Rimangono due domande in tema di servizi pubblici locali di rilevanza economica.
1. E’ possibile la gestione diretta o in economia e il ricorso all’azienda speciale?
Quanto alla gestione diretta o in economia la questione, risolta in modo affermativo dalla
legge solo con riguardo al servizio di illuminazione votiva, nel silenzio normativo andrebbe
esclusa per gli altri servizi pubblici locali; anche in conformità a quanto recentemente
affermato dal Consiglio di Stato (si rimanda al paragrafo 10). Dovendosi applicare la
normativa europea, l’unica possibilità di gestione diretta è quella a favore di società a capitale
interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza
comunitaria per la gestione in house. Relativamente all’azienda speciale, l’art. 114, comma 5bis, del d.lgs. n. 267/2000, aggiunto dall’art. 25 del d.l. n. 1/2012, convertito, con
modificazioni, dalla l. n. 27/2012, ha assoggettato le aziende speciali e le istituzioni, a
decorrere dall'anno 2013, al patto di stabilità interno e ha previsto, nei loro confronti,
l’applicazione delle disposizioni del codice sui contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006), nonché
di quelle che stabiliscono, a carico degli enti locali: divieto o limitazioni alle assunzioni di
25
personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o
indennitaria e per consulenza anche degli amministratori; obblighi e limiti alla partecipazione
societaria degli enti locali così sottoponendo le aziende speciali agli stessi limiti e condizioni
previsti per le società affidatarie in house dall’art. 3-bis del citato d.l. n. 138/2011.Il che non
vuol dire però che la legge abbia (implicitamente) consentito l’affidamento diretto ad
un’azienda speciale di un servizio pubblico locale di rilevanza economica. Nel silenzio della
legge, trattandosi di ente pubblico economico strumentale dell’ente locale con autonomia
imprenditoriale il relativo affidamento, qualora rientri nei limiti e nelle condizioni dell’in
house (controllo analogo e prevalenza dell’attività), sarà tendenzialmente ammissibile. Il
diritto europeo, infatti, non sembra imporre l’affidamento in house solo a favore di un
soggetto societario.
n. 4
IPOTESI A) AFFIDAMENTO DIRETTO A SOCIETA’ CONSIDERATE IN HOUSE
SECONDO LA DISCIPLINA DELL’U.E.
L’istituto dell’affidamento in house (noto anche come in house providing, come tale
contrapposto al contracting out o outsourcing), ancor prima del suo sostanziale recepimento
nella disciplina italiana in tema di servizi pubblici, è stato elaborato dalla giurisprudenza
comunitaria a partire dalla celebre sentenza resa nel caso Teckal, nella quale sono stati
individuati i due criteri cumulativi, la cui contemporanea sussistenza consente di sottrarre alle
procedure di aggiudicazione previste per gli appalti pubblici tutti quei rapporti intercorrenti
tra una pubblica amministrazione ed un ente soggetto all’influenza dominante di quest’ultima.
L’espressione “in house” richiama, appunto, una gestione in qualche modo riconducibile allo
stesso ente affidante o alle sue articolazioni, ragion per cui l’affidamento diretto di un servizio
è consentito tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidarne la gestione al di fuori di
una gara, avvalendosi di una società esterna che presenti, in realtà, caratteristiche tali da
qualificarsi come una longa manus dell’ente stesso. Trattasi, in sostanza, di un modello di
organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica, non
soggetto alla disciplina comunitaria dei pubblici appalti che si applica, invece, quando l'ente
affidatario è distinto dall'amministrazione aggiudicatrice sul piano formale ed è autonomo sul
piano
sostanziale.
Difatti, quale conseguenza del "controllo analogo" e della "destinazione prevalente
dell'attività", l'ente in house non può ritenersi terzo rispetto all'amministrazione controllante
ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa. Per tale motivo
non è necessario che l'amministrazione ponga in essere procedure di evidenza pubblica per
l'affidamento
di
appalti.
Sul punto, le recenti pronunce della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato hanno chiarito
che i requisiti dell'in house providing, costituendo un'eccezione alle regole generali del diritto
comunitario, vanno interpretati restrittivamente.
In relazione al requisito del controllo analogo, la dottrina distingue tra controllo strutturale,
che consiste nel potere di nomina della maggioranza dei soggetti che compongono gli organi
di amministrazione, direzione o vigilanza dell’aggiudicatario, e controllo sull’attività, che
costituisce la valutazione della conformità dell’attività svolta dall’ente gestore ad un
parametro legale o di efficienza.
26
Nel controllo analogo va escluso in presenza di una compagine societaria composta anche da
capitale privato, in quanto in tal caso l’amministrazione non potrebbe esercitare lo stesso
controllo che svolge sui propri servizi.
Pertanto, è necessario che l'ente possegga l'intero pacchetto azionario della società affidataria.
Caratteristiche, vantaggi e criticità dello strumento.
1) Le società in house l’assoggettamento al patto di stabilità interno e limiti assunzionali.
2) Dal punto di vista burocratico essendo la società costituita da soggetti pubblici.
Iscrizione all’albo gestori ambientali, (prima iscrizione con difficoltà). Obbligatorio
assunzione del personale dipendente dalle gestioni sul territorio viene meno la
possibilità di una attenta e scrupolosa selezione del personale.
3) Ricavi vanno alla società
IPOTESI B) “l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica ai fini
dell’aggiudicazione del servizio”
L’indizione di procedura ad evidenza pubblica, ai fini dell’affidamento dei servizi di raccolta,
trasporto R.s.u e Differenziata e Spazzamento stradale in ambito dell’ARO ad un soggetto
esterno, è disciplinata dal Codice degli Appalti ovvero dal D.L.gs n.163/2006 e s.m.i. .
L’avvio di tale procedura presuppone a monte, un attento studio e conseguente redazione di
un dettagliato Piano Industriale operativo che, in considerazione della non omogeneità del
territorio e delle peculiarità proprie dei Comuni aderenti all’ARO 5, partendo dalla
ricognizione dello stato attuale dei servizi erogati, dei costi sostenuti dai comuni e
dall’attuale assetto impiantistico, individui:
• Le azioni da intraprendere nel breve e medio periodo per la riorganizzazione ed
implementazione degli attuali sistemi di Raccolta e trasporto R.S.U. e Differenziata
sulla scorta delle Linee guida della Carta dei Servizi all’uopo predisposta dalla
Regione Puglia;
•
Le azioni da intraprendere per l’ottimizzazione del servizio di spazzamento manuale e
meccanico delle strade ed aree pubbliche;
•
Le criticità che possono influenzare la progettazione dei servizi quali ad esempio la
viabilità, le caratteristiche del patrimonio immobiliare la presenza di spazi
condominiali ecc., al fine di procedere all’eventuale suddivisione di aree omogenee
per tipologia di servizio;
•
I tempi per il graduale passaggio dagli attuali sistemi di raccolta
Differenziata al sistema porta a porta;
•
Altri servizi complementari di igiene urbana, che possono essere considerati
R.S.U. e
1. Piano economico degli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi previsti nel
breve e medio periodo;
•
Previsione del costo di gestione del servizio;
•
Passaggio dal sistema di tassa al sistema di tariffa il cui obiettivo finale è quello della
copertura integrale del costo del servizio.
27
2. Tale Piano Industriale dovrà essere, dopo l’approvazione dell’Assemblea dell’ARO,
sottoposto all’approvazione dei rispettivi consigli comunali;
3. Elaborazione di Regolamento che stabilisca ai sensi dell’art.195 c.2 del D.lgs 152/06
le modalità di assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai
rifiuti urbani che a seguito approvazione dell’Assemblea di ARO sarà sottoposto
all’approvazione dei rispettivi C.C.
4. Predisposizione di cartografie aggiornate;
5. Elaborazione di C.S.A. e disciplinare tecnico-prestazione con indicazione delle voci di
costo dei servizi da porre a base di gara;
6. Predisposizione di DUVRI con valutazione dei rischi derivanti da interferenza e
valutazione dei costi per la sicurezza;
7. Predisposizione di bando. Predisposizione di determina a contrarre con indicazione
della procedura che si intende seguire ovvero procedura aperta o procedura ristretta ai
sensi dell’art.55 commi 5 e 6 del D.L.gs.n163/2006 s.m.i., secondo il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art.83 del medesimo
D.L.gs163/2006 . Nella scelta della procedura elemento importante da valutare è il
tempo occorrente per l’espletamento delle stesse, di seguito si riportano sinteticamente
i tempi occorrenti:
a) “procedura aperta “ così come definita dall’art.3 comma 37 del D.L.gs
n.163 ovvero “Le procedure aperte sono le procedure in cui ogni operatore
economico interessato può presentare un’offerta”;
•
Fasi della procedura aperta ai sensi dell’art.55 del D.L.gs.163/2006 e
s.m.i.:
•
redazione del bando sulla base di modelli tipo approvati dall’Autorità (nel
quale devono essere indicati il tipo di procedura, l’oggetto del contratto, gli
estremi del decreto o della determina a contrarre, i requisiti e le modalità di
partecipazione, la documentazione a comprova degli stessi ed i termini
entro i quali gli operatori economici dovranno presentare la propria
offerta),
•
pubblicazione dell’estratto sulla GUCE, sulla GURI, sul BURP, all’Albo
comunale, su due dei maggiori quotidiani nazionali e locali, sul Profilo del
committente e sul sito internet, trattandosi di importo sopra la soglia
comunitaria; termine minimo previsto per la presentazione delle offerte
gg.52 dalla data di pubblicazione sulla GURI;
•
successivamente alla data di scadenza della presentazione delle offerte,
nomina della commissione giudicatrice che provvederà in seduta pubblica
alla verifica della documentazione amministrativa, all’ammissione delle
ditte alla fase successiva della valutazione del progetto offerta, alla
verifica dell’anomalia ed all’aggiudicazione provvisoria;
28
•
aggiudicazione definitiva,(entro 40 gg.) verifica requisiti generali
aggiudicatario definitivo, comunicazioni ai partecipati ammessi
dell’avvenuta aggiudicazione;
•
stipula del contratto entro 60 gg. da efficacia aggiudicazione definitiva ma
non prima di gg.35 dall’ultima comunicazione dell’aggiudicazione ai
controinteressati(ex art.79) .
b) “Procedura ristretta” così come definita dall’art.3 comma 38 del D.L.gs
n.163 ovvero “Le procedure ristrette sono le procedure alle quali ogni
operatore economico può chiedere di partecipare e in cui possono presentare
un’offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti con
le modalità stabilite nel Codice;
•
Fasi della procedura ristretta ai sensi dell’art.55 del D.L.gs.163/2006 e
s.m.i.:
•
redazione del bando sulla base di modelli tipo approvati dall’Autorità (nel
quale devono essere indicati il tipo di procedura, l’oggetto del contratto,
gli estremi del decreto o della determina a contrarre, i requisiti, le modalità
di partecipazione ed i termini entro i quali gli operatori economici
dovranno presentare la propria richiesta di invito);
•
pubblicazione dell’estratto sulla GUCE, sulla GURI, sul BURP, all’Albo
comunale, sui maggiori quotidiani nazionali e locali, sul Profilo del
committente e sul sito internet, trattandosi di importo sopra la soglia
comunitaria; termine minimo previsto per la presentazione delle domande
di partecipazione gg.37 dalla data di pubblicazione sulla GURI;
•
verifica dei requisiti previsti dal bando ed invito scritto a tutti gli ammessi
a presentare l’offerta – termine previsto non meno di gg.40 per presentare
il progetto offerta;
•
successivamente alla data di scadenza della presentazione delle offerte,
nomina della commissione giudicatrice che provvederà in seduta pubblica
alla verifica della documentazione amministrativa, all’ammissione delle
ditte alla fase successiva della valutazione del progetto offerta, alla
verifica dell’anomalia ed all’aggiudicazione provvisoria;
•
aggiudicazione definitiva, verifica requisiti generali aggiudicatario
definitivo, comunicazioni ai partecipati ammessi dell’avvenuta
aggiudicazione;
•
stipula del contratto entro 60 gg. da efficacia aggiudicazione definitiva ma
non prima di gg.35 dall’ultima comunicazione dell’aggiudicazione ai
controinteressati(ex art.79) .
CRITICITÀ
29
I tempi per la conclusione dell’iter concorsuale, oltre quelli minimi stabiliti dal
Codice dei contratti già menzionati alle lett.a e b), non sono preliminarmente
prevedibili poiché dipende dal numero di offerte pervenute, dal tempo occorrente
alla commissione per la valutazione dei progetti presentati, dalla verifica dei
requisiti delle ditte partecipanti .
La redazione del Piano Industriale, inoltre, comporta un’attività complessa ed
articolata in relazione alla specificità intrinseca allo strumento stesso. Tanto
elevato è il dettaglio e la precisione del P.I. e tanto maggiore sarà la garanzia che il
servizio appaltato ne risulti rispondente. Pertanto, l’attività di redazione del piano
dovrà essere affidata ad un gruppo multidisciplinare di professionisti esperti con
competenze specifiche nei vari settori afferenti alla materia, di comprovata
esperienza. La selezione dei professionisti dovrà avvenire secondo le procedure di
cui al Codice dei contratti.
IPOTESI C)
La costituzione di una società a capitale misto, pubblico e privato, rientra nell’ambito del
cosiddetto partenariato pubblico-privato istituzionalizzato (PPPI) inteso come cooperazione
tra partner pubblici e privati che costituiscono un’entità a capitale misto, dotato di personalità
giuridica propria, per la realizzazione e/o gestione di un servizio. L’apporto privato consiste
nel conferimento di capitali o altri beni e nella partecipazione attiva all’esecuzione dei compiti
assegnati all’entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità. Al socio privato è
attribuita una partecipazione non inferiore al 40% del capitale.
Con riguardo alle società miste con partecipazione pubblico-privata, gli strumenti di
controllo da parte dell’ente pubblico sono posti a presidio dell’interesse pubblico, in
considerazione del rapporto di strumentalità tra le attività dell’impresa e le esigenze pubbliche
che l’ente controllante è chiamato a soddisfare, e non già a tutela della posizione del socio
privato. Quest’ultimo, ove ritenga che gli atti di gestione societaria siano lesivi della propria
sfera giuridica, non può che ricorrere al giudice ordinario, e ciò è tanto più evidente quando,
come nel caso di specie, il socio privato contesta l’azione degli organi societari per violazione
di atti di natura pattizia stipulati antecedentemente alla formazione della società con il socio
(pubblico) di maggioranza.
Procedura per la costituzione della società mista.
La creazione di una società mista pubblico-privata può avvenire sia attraverso la creazione di
una nuova entità detenuta congiuntamente dal settore pubblico e dal settore privato, sia
tramite l’entrata di un socio privato in un’impresa pubblica già esistente.
Con riferimento alle modalità di scelta del socio privato, tralasciando la disanima delle
modifiche normative nonché delle diverse posizioni giurisprudenziali e dottrinali che si sono
succedute nel tempo sul tema, va evidenziato che la selezione del partner privato (sia di
maggioranza che di minoranza) attraverso procedure ad evidenza pubblica, costituisce oggi
una regola ormai acquisita nel nostro ordinamento interno. Infatti l’art. 1, comma 2 del D.
Lgs. 163/2006 statuisce che “nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di
società miste per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta
del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica”.
Caratteristiche, vantaggi e criticità dello strumento.
La società mista presenta le seguenti caratteristiche generali:
- la sua costituzione può avvenire soltanto per iniziativa di un soggetto pubblico, che
prima della ricerca del socio privato dovrà deliberare di voler costituire una società
mista, definendone quote, attività e finalità;
-
la ricerca del socio o dei soci privati deve avvenire seguendo le procedure
dell’evidenza pubblica, utilizzando le metodologie della gara pubblica previste per la
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stipulazione dei contratti da parte delle amministrazioni pubbliche; il bando di gara per
la selezione del socio privato dovrà stabilire requisiti, prestazioni accessorie, durata,
diritti, oggetto dell’attività, nonché la quota del capitale sociale da attribuire al futuro
partner privato;
-
la regolamentazione dei rapporti tra attori pubblici e privati è contenuta nello Statuto
sociale e/o in contratti parasociali;
-
l'ente pubblico promotore deve avere propri rappresentanti negli organi sociali, poiché
la presenza del capitale pubblico e il perseguimento di finalità pubbliche non
consentono di affidare la gestione soltanto ai soggetti privati;
-
qualora la gara per la selezione del socio privato sia "a doppio oggetto", la società
mista diviene automaticamente affidataria dell'attività da svolgere per conto
dell'amministrazione pubblica che ne ha promosso la costituzione.
I vantaggi che l'utilizzo dello strumento della società mista può offrire sono diversi:
-
il ridimensionamento dell’impegno economico-finanziario e strutturale dell’Ente
pubblico nell’erogazione di un servizio e nella realizzazione e gestione di un servizio;
-
la garanzia di un livello di controllo relativamente elevato sullo svolgimento delle
operazioni da parte del partner pubblico, il quale può adattarlo nel tempo in funzione
delle circostanze, attraverso la propria presenza nella partecipazione azionaria e in
seno agli organi decisionali dell'impresa comune;
-
l'apporto nell'ambito della società mista del know how tecnico, organizzativo e
gestionale, maturato dal privato nelle singole aree strategiche di affari, che permette al
partner pubblico di sviluppare un'esperienza propria e di arricchire il proprio
patrimonio cognitivo, riguardo alla fornitura del servizio o la realizzazione e gestione
di un'opera pubblica;
-
l'implementazione di una gestione imprenditoriale, improntata a criteri di efficacia,
efficienza ed economicità, nella conduzione dei progetti, gestione delle strutture e
fornitura dei servizi, con conseguente ottimizzazione dei costi per il settore pubblico,
anche attraverso il corretto dimensionamento dei servizi/opere in funzione dell'utenza;
-
l'opportunità per gli enti locali soci della società mista di partecipare all'ottenimento
del risultato economico;
-
autonomia imprenditoriale e flessibilità più ampia nella gestione del servizio,
alleggerimento delle procedure che in alcuni casi consentono - ove previsto dalla
norma - un'azione di stampo più privatistico e l'utilizzo di strumenti che il diritto
comune offre in materia societaria e contrattuale, seppure nelle forme prescritte ed in
ossequio alla disciplina comunitaria;
-
la società mista rappresenta uno strumento particolarmente idoneo a coinvolgere nella
realizzazione di opere pubbliche e nella gestione delle infrastrutture per servizi di
pubblica utilità imprenditori privati, i quali trovano - nella cooperazione diretta con il
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partner pubblico nel quadro di un ente dotato di personalità giuridica propria - la
garanzia della riduzione del rischio di ritardi negli adempimenti da parte
dell'amministrazione e di una maggiore responsabilizzazione degli enti territoriali
sull'adeguamento delle tariffe.
Vanno evidenziate anche alcune criticità/difficoltà che possono essere incontrate dalle società
miste con finalità pubbliche, riguardanti principalmente i seguenti aspetti:
- l'individuazione delle procedure "corrette" da utilizzare in tutte le operazioni nelle
quali la società mista deve agire in veste di soggetto privato, ma con finalità pubbliche;
-
l'individuazione di obiettivi che, pur rispettando le finalità pubbliche delle operazioni,
considerino l'obbligo della società di rispondere a bilanci e regole di funzionamento di
una società privata;
-
la necessità di rispondere a corrette politiche di bilancio, obbliga a dover affrontare la
contraddizione esistente tra le finalità di un soggetto che si muove dentro al mercato e
che ha quindi obiettivi di natura prevalentemente economico-finanziaria e i rischi a cui
la società si espone nel momento in cui attua operazioni chiaramente fuori da tale
logica, ma ispirate da pur legittime finalità politiche e sociali, di cui è portatore il
socio pubblico.
RILEVATO
che le quattro relazioni sono state notificate ai Sindaci dei Comuni dell’A.R.O. unitamente
all’avviso di convocazione dell’odierna Assemblea;
DATO ATTO
che l’Assessore Bruno del Comune di Acquaviva delle Fonti chiede breve rinvio della
trattazione dell’argomento in quanto la recentissima elezione dei rappresentanti del
Comune non ha consentito di comprendere per tempo l’intera problematica e che,
comunque, risulta necessario, specie nella fase di redazione degli atti, il coinvolgimento
delle Associazioni e dei Comitati Ambientali;
che i Sindaci dei Comuni di Casamassima e di Sammichele di Bari insistono per
l’immediato avvio della gara finalizzata all’individuazione del gestore unico dei servizi
d’igiene ambientale sul territorio dell’A.R.O., specie considerando che i contratti di
servizio sono ormai datati ed inidonei al raggiungimento di maggiori obiettivi di raccolta
differenziata;
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dopo breve discussione, visti gli artt. 9 e 10 della Convenzione, ad unanimità di voti espressi
ed accertati per alzano di mano
DELIBERA
1.
di condividere e, per l’effetto, di approvare le quattro relazioni come predisposte
dall’Ufficio Comune;
2.
di scegliere, quale modalità per l’affidamento del servizio di spazzamento, raccolta e
trasporto rifiuti urbani ed assimilati ad unico gestore sul territorio, quella della procedura
ad evidenza pubblica col criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più
vantaggiosa;
3.
di dare atto d’indirizzo all’Ufficio Comune di A.R.O., che ha manifestato disponibilità, per
la redazione dei piani industriali operativi quali atti da porre in gara;
4.
di riservare ogni successivo provvedimento per la quantificazione dei compensi in favore
dei componenti l’Ufficio Comune per l’attività di cui al punto 3);
5.
di trasmettere copia del presente verbale ai Comuni associati per la pubblicazione nei
rispettivi Albi Pretori, a cura del Segretario Generale.
Letto, approvato e sottoscritto.
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