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intro alle rel int201617 - Dipartimento di Comunicazione e
Corso di Sociologia delle Relazioni Internazionali 2016-17
Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale
TESTI D’ESAME 2016-­2017
1. Ken Booth: Relazioni Internazionali: Fondamenti e prospettive sociopolitiche del sistema internazionale contemporaneo, 2015, Mimesis
Editore
2. Giuseppe Anzera, 2011, Geopolitica dello stato e processi rivoluzionari,, Bonanno editore
3. Giuseppe Anzera: Flussi di armamenti e politica internazionale, 2010, Guerini Editore
4. Marcello Fedele, Giuseppe Anzera, Francesca Belotti: 2014, Idropolitica
nel Mediterraneo, Aracne Editore (da p. 1 a p. 100)
5. Giuseppe Anzera, Marco Bruno, Roberto Gritti, 2015, "Framing Isis. Ideologia, strategie e comunicazione", in Comunicazionepuntodoc, n.13, pp. 57-­90
6. Roberto Gritti, Giuseppe Anzera: I partigiani di Ali, 2007, Guerini
Editore
La sociologia delle relazioni internazionali
Il termine relazioni internazionali si riferisce alle forme di interazione, sostenute o meno dai governi, tra i membri di società separate
L’analisi delle relazioni internazionali descrive e spiega le caratteristiche e le dinamiche dell’insieme dei rapporti che gli stati intrattengono tra di loro e con altri attori operanti a livello internazionale (organi intergovernativi, Ong, associazioni transnazionali, ecc.)
Titolo P resentazione
01/03/11
Gli approcci classici e le metodologie per l’analisi delle relazioni internazionali • Approcci e dibattiti
1. La natura della politica internazionale
REALISMO vs. IDEALISMO
2. Oggetto di studio delle relazioni internazionali
STATOCENTRISTI vs. GLOBALISTI
3. Metodologie di analisi delle relazioni internazionali
COMPORTAMENTISTI vs. CLASSICI
Le Relazioni Internazionali dalla teoria alla realtà: i modelli di sicurezza applicati
Risoluzione del dilemma della sicurezza
Tecniche (anche) violente
Tecniche non violente
REALISMO
Balance of power
Deterrenza convenzionale e nucleare
IDEALISMO
Sicurezza collettiva
Trattati sul disarmo
MULTILATERALISMO E LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO
L'etichetta “post-bipolare”
La retorica del disordine
“After Victory” - La ri-costruzione dell'ordine da parte del vincitore
La peculiare conclusione della Guerra fredda e l'unipolarismo
3 fasi di peacemaking: 1989-91 e l'espansione del liberalismo,
1992-2001 e l'ascesa del multilateralismo, 2001-2008: l'era
dell'unilateralismo
Il ruolo delle armi nucleari e la fine delle 'guerre costituenti'
L'ascesa dei conflitti interni agli stati e la privatizzazione della sicurezza
Il problema della governance e del mutamento delle regole costitutive
Il mondo postbipolare: le grandi novità rispetto all'era della guerra fredda
1
La fine del sistema
westphaliano e la perdita di centralità dello
stato-­nazione
2
La diminuzione delle guerre
interstatali e l'aumento
della conflittualità
intrastatale
Il modello della turbolenza e la dottrina multicentrica (Rosenau)
Gli stati non sono più gli unici attori fondamentali del sistema internazionale: interazione continua tra attori sovereignty free vs. attori sovereignty bound
organi sovrastatali
Movimenti
transnazionali religiosi e
politici, terrorismo
internazionale
STATO
gruppi etnici
Attori economici
Fattore Mondo statocentrico Mondo multicentrico Numero di attori essenziali Principale scopo degli attori Meno di 200 Migliaia Autonomia e aumento delle interconnessioni nei processi di globalizzazione Stimolo alla governance Risorse ultime per realizzare i propri scopi Modalità di collaborazione Suscettibilità al cambiamento Sicurezza e conservazione dell’integrità nazionale e della sicurezza fisica Forza armata Alleanze formali quando possibili Relativamente bassa Coalizioni temporanee Relativamente alta Il multicentrismo e la prospettiva sociologica
Caratteristiche e criticità:
– Eterogeneità degli attori
– Problemi di predicibilità degli eventi
– Incapacità di identificare i centri di potere
– Il rapporto tra stati e attori non statali
– Lo stato tra fine e resurrezione: lo stato è ancora la più importante forma di organizzazione collettiva planetaria
Alcuni esempi di attori non statali di rilievo
L'imperfetta alleanza (Susan Strange): stato e attori non statali
Attori non s tatali in conflitto con lo s tato
organizzazioni c riminali c on c onnessioni e interessi transnazionali
Attori non s tatali in relazione positiva con lo s tato:
grandi compagnie assicurative o di c onsulenza
Attori non s tatali in posizione ambigua rispetto allo s tato
multinazionali e c artelli t ransnazionali (Hertz – La c onquista s ilenziosa).
Attori sovrastatali
Fondo Monetario Internazionale e la World Bank.
Le Ong
Il numero delle Ong e dei loro affiliati è c resciuto enormemente negli ultimi decenni. Le Compagnie private di sicurezza e il loro ruolo di c rescente importanza nei c onflitti e nelle aree di c risi
Rapporto c on gli s tati mutevole:
In c erti c asi dei preziosi alleati per gli s tati, ma in altre s ituazioni irritante fonte di imbarazzo
Esempio: Amnesty International.
IMPORTANTI RISULTATI RECENTI DI STUDI
A CARATTERE SOCIOLOGICO
Gli studi di Sageman sul terrorismo internazionale:
anticipazione del passaggio da Al Qaeda prime alla leaderless jihad e al terrorismo in franchising (AQIM – AQAB, derivati dell’Isis)
Walden Bello: analisi dei rischi di crisi alimentare e anticipazione dei disordini
interni legati al cibo Le nuove sfide per lo stato
Le sfide del XXI secolo e la dimensione “intermestica”
-­ Integrazione politico-­ economica tra aree avanzate e Cina, India, Asia meridionale e Mercosur (riforma del CdS dell'Onu)
-­ La governance della globalizzazione economico-­
finanziaria (WB e FMI)
-­ Le prospettive di crescita degli stati poveri:il Bottom Billion tra forme di cooperazione, questione del debito e sviluppo democratico
-­ La capacità di affrontare concretamente il “caos climatico”
Il revival etnonazionalistico
-­ Il braccio di ferro tra sovranità e autodeterminazione:
Autodeterminazioni: la prima ondata (seconda metà dell'Ottocento),
la seconda ondata dopo la prima guerra mondiale (Europa orientale, Balcani), la terza ondata con la fine del colonialismo in Africa e in Asia
La sovranità durante la guerra fredda
Tipologie di conflitto nell'era bipolare: conflitti tra stati divisi (Corea e Vietnam), intervento delle superpotenze contro stati 'riottosi' (Nicaragua, Grenada, Ungheria, Cecoslovacchia), intervento delle superpotenze per sostenere governi 'amici' (Salvador, Afghanistan), conflitti avulsi dalla guerra fredda (India e Pakistan, Medio Oriente, Falkland) La politica dell’identità nelle RI
•
L’ascesa di nuovi attori substatali dopo il bipolarismo: mobilitazione politica etnie, nazionalismi e appartenenza religiosa
•
Oltre l’immutabilità dello stato: le comunità immaginate (Anderson), processi di morte e resurrezione degli stati
•
Conseguenze: creazione dei failed states, aumento delle diaspore, diffusione delle reti transnazionali di tipo etnico, ma anche terroristico o criminale (la società ‘incivile’ globale)
•
I rischi (Kaldor): pol. delle identità vs. pol. delle idee, creazione di entità sovrane monoetniche e non democratiche, effetto domino dell’epidemia separatista, il rischio di un mondo di micro-­stati.
•
Le spiegazioni di tipo geopolitico
Parker: sovraestensione etnica
Horowitz: squilibri socio-­economici interni, clima del sistema internazionale (autodeter o sovranità), aiuti esterni Hechter: presenza di organizzazione politica regionale, bassa dipendenza economica, percezione della debolezza dello stato
I problemi connessi al'etnonazionalismo
Fonte di disgregazione per gli stati e instabilità del sistema internazionale
a) crisi di confini rispettati e stabiliti da tempo
b) problemi di riconoscimento politico dei neo-­stati (es. Kosovo, Abkhazia, Ossezia del sud)
c) rifugiati e IDP
d) destabilizzazione regionale mediante un conflitto etnico (es. area dei Grandi Laghi in Africa)
e) crisi della non ingerenza
f) gestione delle crisi e difficoltà per la comunità internazionale;; la costruzione del consenso, le condizioni per un intervento efficace di peacekeeping.
La previsione dei conflitti etnici
-­ Eterogeneità situazionali
-­ Difficile identificazione delle parti in causa
Problematiche nella prevenzione da parte della comunità internazionale
-­ Difficoltà di intervento in questioni interne agli stati -­ Paura della destabilizzazione.
-­ Scarsa sensibilità delle opinioni pubbliche
-­ Necessità di assenso da parte dei governi in crisi -­ Riluttanza dei governi a cedere il controllo delle proprie forze armate -­ Costi elevati delle operazioni di peacekeeping
L'intervento della comunità internazionale
-­ Il tasso di violenza dei conflitti etnici: l'ascesa del numero delle vittime tra i civili
Peacekeeping inefficace quando:
-­ i negoziati sono falliti o hanno una scarsa probabilità di successo -­ è imminente un’azione violenta da una delle parti
-­ dopo crescenti ostilità ed un aumento delle capacità di offesa le parti avviano una spirale violenta Peacekeeping efficace quando: -­ le parti in conflitto hanno già sperimentato le conseguenze della violenza -­ i belligeranti hanno una potenziale possibilità di scegliere opzioni non violente
-­ le parti in conflitto hanno qualcosa da guadagnare dal successo della pacificazione.
Le variabili cruciali:
Legittimazione nei confronti dell'intervento di peacekeeping, livello di forza applicata, organizzazioni militari coinvolte (militari, guerriglia, paramilitari).
Partitioning o macchie di leopardo?
Ripartizione territoriale o coesistenza?
Le due soluzioni: modus vivendi senza secessioni o ripartizione territoriale?
Ripartizione territoriale diviene molto complessa quando si scende da un piano teorico ad uno pratico
Gli argomenti filo – partizionisti: a) è sbagliato cercare la pace a tutti i costi;;
talvolta la separazione è preferibile alla disomogeneità
b) La coesistenza non soddisfa il dilemma della sicurezza
Gli argomenti anti – partizionisti:
a) Le divisioni territoriali su basi etniche non incoraggiano analoghe (e pacifiche) divisioni in altre aree di scontro.
b) Gli stati derivati dalla spartizione territoriale possono essere nuove fonti di conflitti etnici. c) La cooperazione etnica è possibile senza che sia necessaria una netta divisione.