"Il risveglio popolare", recensione

Transcript

"Il risveglio popolare", recensione
P
S
O
V
E
R
P
G
O
IL
A
R
E
I
Il risveglio popolare
11 giugno 2010
Daniele COMBERIATI
LA QUARTA SPONDA
Caravan Edizioni
Etiopia, Eritrea, Libia e Somalia: la storia del colonialismo italiano è stata
raccontata, finora, dai colonizzatori che hanno tentato di proporla come
"morbida" e "umana", come civilizzatrice, come portatrice di benessere, di
infrastrutture di cui l'Africa non disponeva. Si è diligentemente occultato il
lato negativo, la violenza delle invasioni (come l'iprite, un gas altamente
tossico, in Etiopia), il madamismo che permetteva agli italiani di avere
conviventi africane, ma non riconosceva né l'unione né i figli nati da essa, le
leggi razziali, le scuole e le strade fatte soltanto per gli italiani e a cui gli
africani non avevano accesso, il razzismo, le tensioni create tra popolazioni
fino a quel punto in pace tra loro, le ricchezze accumulate a danno della
popolazione locale. Un proverbio africano dice che finché i leoni non avranno
i loro storici, nei racconti di caccia si continuerà a magnificare i cacciatori.
Oggi la parte dei leoni è nelle mani di donne: scrittrici, poetesse, giornaliste
hanno scritto una storia diversa, quella della "(dis)avventura del colonialismo
italiano in terra d'Africa, con le conseguenze sui destini singolari e collettivi".
Daniele Comberiati ha incontrato nove autrici diverse per età e stile narrativo,
tutte provenienti da ex colonie italiane: nate in Africa da famiglie africane o
meticce (Igiaba Scego e Cristina Ubax Ali Farah) e da famiglie italiane
(Erminia Dell'Oro e Luciana Capretti), provenienti da famiglie miste (Gabriella
Ghermandi e Maria Abbedù Viarengo) e da famiglie africane in Paesi
colonizzati (Martha Nasibù, Elisa Kidané e Ribka Sibhatu). Oggi tutte vivono
in Italia e hanno scelto la nostra lingua per raccontare la loro storia, la loro
nostalgia, un Paese amato che hanno dovuto lasciare, ma anche la storia
della dominazione italiana, mettendoci di fronte e costringendoci a fare i
conti con pagine drammatiche che abbiamo quasi totalmente cancellato dalla
nostra storiografia ufficiale. Rimozione che non ha permesso di svolgere
"quel processo di autocritica e di decolonizzazione necessario per affrontare
il passato coloniale e il presente postcoloniale". È ora, ce lo dicono le autrici,
che l'Italia abbia il coraggio di assumersi le sue responsabilità, abbandonare
lo snobismo, il razzismo e un'idea falsa e distorta dell'Africa. "Io m’arrabbio dice la Kidané – quando sento dire che l'Africa è povera: no, l'Africa non è
della dominazione italiana, mettendoci di fronte e costringendoci a fare i
conti con pagine drammatiche che abbiamo quasi totalmente cancellato dalla
nostra storiografia ufficiale. Rimozione che non ha permesso di svolgere
"quel processo di autocritica e di decolonizzazione necessario per affrontare
il passato coloniale e il presente postcoloniale". È ora, ce lo dicono le autrici,
che l'Italia abbia il coraggio di assumersi le sue responsabilità, abbandonare
lo snobismo, il razzismo e un'idea falsa e distorta dell'Africa. "Io m’arrabbio dice la Kidané – quando sento dire che l'Africa è povera: no, l'Africa non è
povera, l'Africa è impoverita, è una cosa ben diversa. I programmi di aiuto,
alcune ong, spesso non fanno altro che perpetuare una nuova forma di
colonialismo, più sottile ma non per questo meno dannoso e violento". Figlie
di diversi Paesi, di diverse lingue, i testi delle autrici sono originali,
particolarmente vivi, propongono affascinanti e nuove strutture linguistiche e
stilistiche che riflettono la loro storia e le culture che hanno attraversato, che
sono segno di ricchezza e di novità, oltre che portatrici di indispensabili e
sconvolgenti notizie sulla nostra storia nascosta e dimenticata.
Gabriella Bona