3 MARZO 2014 MANIFESTAZIONI. Badanti, operai e lavoratori del

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3 MARZO 2014 MANIFESTAZIONI. Badanti, operai e lavoratori del
3 MARZO 2014
MANIFESTAZIONI. Badanti, operai e lavoratori del Paese ex sovietico riuniti
in Bra per iniziativa dell'associazione Malve
Gli ucraini: «Pace e indipendenza»
Elena Cardinali
Lumini accesi e cartelli contro la guerra.La preoccupazione di tutti è per le
famiglie rimaste in patria
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 7
Bandiere e palloncini giallo-azzurri, un banchetto con dei lumini accesi, preghiere. Ma
anche distribuzione di volantini per ricordare i fatti sanguinosi di piazza Maidan a Kiev
e artigianali cartelli di protesta con le scritte «Putin no war» ma anche «Assassini».
Così in Bra è andata in scena l'iniziativa di sensibilizzazione per l'Ucraina, voluta da
«Malve» di Veronetta, l'associazione delle donne ucraine presieduta da Ivana Buryak,
41 anni, da dieci in Italia come badante. Alla manifestazione si sono aggregati diversi
cittadini ucraini, come Stefan Davedyak, un operaio cinquantenne di Leopoli in Italia
da 14 anni, o come Marina Sorina, 40 anni, in Italia dal '95, che a Verona lavora come
guida turistica e insegnante di russo.
Le persone di origine ucraina nel Veronese sono oltre 1.200, poco più di 500 in città,
per la maggior parte donne venute a lavorare come domestiche o badanti, ma anche
studenti. Fra loro ci sono anime diverse, perchè in Ucraina i filorussi rappresentano
circa il 30 per cento della popolazione e anche ieri pomeriggio in Bra c'era chi si
esprimeva decisamente contro lo «zar» Putin e la sua iniziativa di inviare truppe
armate in Crimea, e chi, invece, sosteneva che l'Ucraina dovrebbe dividersi a metà,
l'Est e l'Ovest.
Tutti, però, hanno espresso grande preoccupazione per quello che sta succedendo nel
loro Paese dove ancora vivono le loro famiglie. Stefan, ad esempio, che è vedovo, ha
una figlia, studentessa, che vive da sola a Leopoli. «C'è molta incertezza per il
futuro», spiega, «e non si capisce che piega stanno prendendo gli eventi. Dopo gli
scontri a Kiev, adesso si profila il rischio di un'occupazione militare da parte della
Russia. Ogni giorno sento mia figlia per capire come stiano le cose. C'è molta
tensione».
Marina Sarina, originaria dell'Est dell'Ucraina, dove prevale un sentimento filorusso,
spiega che «anche se ci sono persone russofone l'invasione russa non la vuole
nessuno. Il prossimo 25 maggio ci saranno le elezioni presidenziali in Ucraina: ci
lascino scegliere in pace chi ci governerà. Noi non crediamo che l'iniziativa di Putin sia
mirata ad aiutare i russi che vivono in Ucraina: questa è solo una scusa. Non è un
aiuto fraterno quello di chi va a menare il fratello. O a sparargli addosso. Gli ucraini,
tutti, sono solo filoucraini: la Russia non deve interferire. L'Ucraina per la sua storia è
un Paese europeo. Ed è indipendente. Chiediamo al mondo di far rispettare la nostra
sovranità».
Ivana Buryac vorrebbe una mobilitazione generale per la pace nel suo Paese. «Ogni
sera preghiamo e andiamo a letto pensando a quello che succede nella nostra patria.
E al mattino ci svegliamo con lo stesso pensiero. E preghiamo ancora perchè non
succeda nulla a chi è rimasto a casa ma anche per il Paese, che non venga cancellato
dalla carta geografica. Siamo molto preoccupati perchè il Governo attuale sta già
mobilitando gli uomini per organizzare un eventuale fronte di difesa. Il problema è che
noi ucraini non abbiamo armi. I russi ci avevano già portato via tutto. Se ci invadono
non sapremo nemmeno come difenderci»
E c'è chi è pessimista, come Vania, «in Italia da dieci anni a pulire sederi per
consentire ai figli di studiare, grazie governo ucraino», che teme che l'iniziativa russa
e le minacce arrivate dagli Stati Uniti finiscano per creare solo un motivo d'intervento
straniero in Ucraina, «per farla a pezzi come si fece per la ex Iugoslavia e poi
insediarci basi militari straniere». E anche lei teme che anni di sacrifici possano venir
vanificati dalla spirale di violenza che sta travolgendo il suo Paese. «Sarebbe meglio
dividerlo in due, una parte che stia con l'Europa e l'altra con la Russia. Ma almeno in
pace, senza più spargimenti di sangue».
STATISTICA. A livello nazionale, le presenze di persone regolari superano le
duecentomila unità
Oltre 15mila i residenti nel Veneto
Nella nostra provincia sono 1.255
Tra le diverse iniziative di sostegno c'è pure quella dell'associazione scaligera
insieme al consolato
Lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 7
Tra le diverse iniziative a sostegno del popolo ucraino e del difficile momento che sta
vivendo c'è anche quella attivata dall'Associazione Scaligera Italia-Ucraina di Verona,
costituitasi ufficialmente l'11 marzo 2004, di cui è presidente Claudio Beccalossi, e da
allora in collaborazione con il Consolato generale d'Ucraina di Milano. Il sodalizio ha
espresso solidarietà al popolo ucraino, e in particolare vuole essere vicina agli ucraini
che vivono in Italia, nel Veneto e in provincia di Verona che, stando a stime risalenti al
gennaio 2011 e che fanno riferimento alle presenze regolari, sono rispettivamente
200.730, 15.179 e 1.255. Verona città ne conta 504, con stragrande maggioranza
femminile ed un risicato 23 per cento di maschi.
Da informazioni avute da cittadini ucraini con parenti in quel Paese con cui
l'associazione è quotidianamente in contatto, alcuni convogli con generi d'aiuto
umanitario sono bloccati ai confini con la Polonia in attesa dei permessi d'accesso.
Inoltre, la popolazione di Leopoli (L'viv) ha bloccato la strada di comunicazione
internazionale che immette al check point del confine Ucraina-Polonia. Una situazione
complessa dato che le merci non possono arrivare dalla Polonia od uscire dall'Ucraina.
Molti si tengono in contatto con familiari ed amici tramite il social network russo
Odnoklassniki (Compagni di scuola), molto utilizzato, o tramite skipe.
I collegamenti telefonici dall'Italia all'Ucraina risultano spesso interrotti o non
funzionanti. Gli ucraini, preoccupati per i loro cari e per la loro nazione, stanno
facendo in casa loro o nei punti d'aggregazione quello davanti al Consolato Generale
d'Ucraina, a Milano, dove nei giorni scorsi sono state accese candele e recitate
preghiere ortodosse, come è avvenuto anche ieri sera in Bra, affinchè cessino tensioni
e violenze e il Paese possa tornare alla normalità.
SINISTRA. La lista correrà alle elezioni
«Europa dei diritti» A Verona nasce il Comitato Tsipras
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 8
A livello nazionale personalità come la giornalista Barbara Spinelli, lo scrittore Andrea
Camilleri, il poeta, musicista, attore e scrittore Moni Ovadia, lo storico e giornalista
Adriano Prosperi hanno già sposato la causa de «L'altra Europa» di Alexis Tsipras,
leader di Syriza e della sinistra greca, candidato alla presidenza della Commissione
Ue. Anche a Verona si è costituito il comitato che sostiene la lista L'Altra Europa con
Tsipras alle prossime elezioni europee. Esso è composto da persone impegnate in
associazioni, movimenti e partiti.
«La lista L'Altra Europa con Tsipras», si legge in un comunicato dei referenti veronesi
Simonetta Venturini e Enrico Bertelli, «nasce da un appello di alcuni intellettuali
(Andrea Camilleri, Barbara Spinelli, Marco Revelli, Paolo Flores D'Arcais, Luciano
Gallino e Guido Viale) che ha già raccolto più di 30mila adesioni di cittadini,
intellettuali, attivisti e persone che vogliono un cambiamento realmente democratico
dell'Unione Europea».
Il Comitato, fanno sapere i promotori, «promuoverà una serata di presentazione della
lista e diverse iniziative in tutto il territorio veronese e a breve partirà la raccolta firme
per poter presentare la lista». L'appello, le adesioni e il programma sono disponibili sul
sito www.listatsipras.eu.
Alexis Tsipras, leader del partito della sinistra greca Syriza è stato indicato come
candidato alla presidenza della Commissione europea dal Partito della sinistra europea
e tutte le liste nazionali che si riconoscono in questo percorso sovranazionale hanno
sottoscritto un programma comune: Change Europe».
«Viviamo sulla nostra pelle», spiegano i promotori veronesi della lista per Tsipras, «gli
effetti drammatici delle politiche di austerità imposte da questa Europa ai governi
nazionali. Le politiche di rigore e il ricatto del debito hanno messo in ginocchio la
Grecia e aggravano sempre di più la crisi in tutti i paesi d'Europa, soprattutto della
fascia mediterranea».
E sottolineano: «Non siamo antieuropeisti e non pensiamo che l'uscita dall'euro
rappresenti una soluzione. Pensiamo invece», conclude la nota, «che questa Europa
vada cambiata: siamo per l'Altra Europa, quella dei diritti e dell'uguaglianza e non
quella della finanza, perché vogliamo un'Europa democratica, sociale ed economica».
«Il sindaco ha fallito, si dimetta»
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«Sinistra ecologia e libertà da molto tempo ha denunciato l'esistenza di una grave
questione morale e per questo prima il sindaco Tosi si dimette, meglio è per la città e
per il suo futuro». A parlare è Dino Facchini, coordinatore regionale di Sel. «Le
pesantissime accuse di concussione e di “nuova corruzione” addebitate all'ex vice
sindaco Giacino riguardavano l'attività edilizia e le scelte urbanistiche che non
potevano non essere a conoscenza del “sindaco d'Italia”. In più», continua Facchini,
«Tosi è protagonista di una incredibile vicenda, nella quale ha addirittura anticipato il
servizio televisivo di Report, rivolgendosi alla magistratura. Tramonta così in modo
inglorioso la stella del “Renzi di centro-destra” insieme a un sistema di potere che ha
portato la città a un ruolo di marginalità avvilente». Il dirigente di Sel parla di
«degrado della città» e di «mancanza di prospettive per tutte le aziende pubbliche:
dall'Agec alla Fondazione Arena, dal Consorzio Zai all'aeroporto Catullo, all'Agsm. E
conclude: «Non si capisce perché il deputato Pd Dal Moro escluda le dimissioni di Tosi
e solleciti trasparenza e discontinuità, L'unica discontinuità è quella nei riguardi del
blocco di potere che ha sostenuto Tosi».
LA PETIZIONE. Grande adesione all'iniziativa nei 108 gazebo allestiti in città
e provincia
Lega, 13mila firme per fare il referendum
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 8
«Non avrei mai immaginato un'adesione così entusiastica, questa d'ora in poi sarà la
principale battaglia della Lega». Il segretario provinciale del Carroccio, Paolo
Paternoster, parla di quasi 13mila firme raccolte nel fine settimana a sostegno della
richiesta di referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto. In città e in tutta la
provincia la Lega ha schierato 108 gazebo.
L'iniziativa era stata lanciata la scorsa settimana dal leader federale della Lega nord
Matteo Salvini e dal segretario veneto del movimento, il sindaco Flavio Tosi. Lo stesso
Tosi, sabato all'Hotel dei Cavalieri a Milano, è poi intervenuto a nome della Fondazione
Ricostruiamo il Paese, che lo candida alle primarie del centrodestra, insieme al sindaco
di Pavia Alessandro Cattaneo.
Salvini, accompagnato da Paternoster, ha visitato i militanti di Legnago, dove sono
state raccolte circa 300 firme, di San Pietro Incariano dove ci sono state oltre
duecento adesioni e di Peri dove le firme sono state più di un centinaio. «Il
maltempo», sottolinea il segretario provinciale, «non ha fermato le adesioni e nel
prossimo fine settimana replicheremo l'iniziativa. In piazza Bra, dove c'era il
consigliere regionale Paolo Tosato e dove abbiamo raccolto ben 550 firme, abbiamo
addirittura terminato i moduli prima di chiudere il banchetto, al Basson hanno firmato
in 250 sotto la pioggia, il giorno prima allo Stadio le firme sono state 160». E
continua: «Da Sona il nostro ex sindaco Gualtiero Mazzi ci comunica il traguardo delle
250 firme raccolte... Questi dati ci dicono che la nostra gente è stufa di dover pagare
per la cattiva gestione altrui e un esempio è il terzo vergognoso decreto salvaRoma».
Alla giornata di mobilitazione, afferma il segretario, hanno partecipato più di mezzo
migliaio di militanti. «Grazie a Salvini e a battaglie come queste», continua
Paternoster, «abbiamo ritrovato l'entusiasmo delle origini e su questi temi
proseguiremo la lotta affinché i veneti non siano più costretti a pagare i debiti di chi, a
Roma e non solo, butta i soldi dalla finestra». Esulta anche l'eurodeputato veronese
Lorenzo Fontana: «Le oltre 100mila sottoscrizioni raccolte nei 549 gazebo in tutto il
Veneto legittimano ancor di più la battaglia che la Lega sta facendo in Regione, con la
proposta di legge all'esame del Consiglio, e in Europa, dove pochi giorni fa è stata
accolta la mia petizione sulla legittimità dei referendum consultivi per l'indipendenza e
l'autodeterminazione dei popoli».
A sostegno della petizione per il referendum si era schierato anche il presidente della
Regione Luca Zaia. «Queste firme», sottolinea Paternoster, «serviranno a sostenere la
richiesta, accanto ai Comuni che hanno già votato per l'autodeterminazione».
Secondo l'ex deputata leghista Paola Goisis, padovana, ora leader di Prima il Veneto.
onvece, è invece «sconfortante vedere come la Lega cerchi di cavalcare la questione
del referendum per l'indipendenza a soli fini elettorali. La questione è stata portata
avanti con tenacia dagli indipendentisti per molti mesi, mentre la Lega non ha fatto
nulla a sostegno di questa battaglia».E.S.
ENTI. Il consigliere di amministrazione lancia una proposta al sindaco
«La Marangona base per nuovo sviluppo»
Montagnoli: «Il Comune dia 3 milioni al Consorzio Zai vincolati a creare là
imprese e occupazione»
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 10
Stanziare i tre milioni presi in più dal Comune, rispetto alla base d'asta, vendendo
l'area dell'ex mercato di fronte alla Fiera, al Consorzio Zai, vincolandoli allo sviluppo
della Marangona — l'area destinata all'innovazione — per far insediare nuove imprese
e creare sviluppo e occupazione. È la proposta di Giancarlo Montagnoli, esponente del
Pd, consigliere di Amministrazione del Consorzio Zai, di cui sono soci con un terzo
ciascuno delle quote il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio.
«Capisco che in questo momento la politica locale abbia altro per la testa, ma fuori dal
Palazzo i problemi delle famiglie e delle imprese continuano e, se possibile, si
aggravano», dice Montagnoli. «Il segretario provinciale della Cisl ha recentemente
denunciato l'assenza di peso della politica locale sulle crisi aziendali in atto e la
mancanza di atti concreti orientati alla ripresa. Il sindacato si preoccupa, giustamente,
di tutelare nell'immediato i posti di lavoro, ma tocca alla politica indicare la
prospettiva».
«La scelta di privilegiare l'insediamento della grande distribuzione da parte di chi
detiene le leve del comando può essere letta, anche, come un alzare bandiera bianca
da parte della politica locale di fronte a quanto sta avvenendo», aggiunge il
consigliere, che esorta a rilanciare il ruolo del Consorzio Zai, «che ha funzionato
sessant'anni, di acquisire aree in zone previste dal piano regolatore e concederle o
venderle a chi intende mettere su impresa. Ora, il meccanismo, che ha funzionato
anche quando le buche per terra erano conseguenza delle bombe e non della pioggia,
non riesce più a far fronte da solo alla nuova complicata situazione. Ne è una prova la
Marangona, un'area a sud del Quadrante Europa, 1.400.000 metri quadrati di cui circa
600.000 già in possesso del Consorzio. Il resto è proprietà di privati che da tempo
vedono bloccato ogni possibile futuro su quei terreni. E qui entra in gioco la politica».
L'idea di vincolare i tre milioni alla Marangona, dice Montagnoli, «ha un precedente
analogo della fine degli anni '80 (l'ultima volta che il Comune ha concretamente
sostenuto il Consorzio), in quella occasione il vincolo riguardò la sistemazione di via
Sommacampagna». Secondo il consigliere, «se il problema della Marangona è che
bisogna accelerare e che occorre trovare uno spunto per dare l'avvio alla nuova zona
industriale, perché non dire chiaramente che l'insediamento dell'Ikea in quell'area,
invece che sui terreni di Biasi in Borgo Roma, potrebbe essere una opportunità? Certo,
non sarà il massimo previsto dalle linee guida, non diventerà necessariamente un'area
dell'innovazione (almeno per la parte occupata dall'Ikea) ma potrebbe assumere la
valenza di volano per l'industrializzazione che il semplice accordo tra privati non
sarebbe in grado di garantire».E.G.
IL CASO. Stasera se ne parla in Consiglio
San Massimo, il palasport torna in circoscrizione
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 8
Palazzetto
dello
sport
di
San
Massimo:
a
che
punto
siamo?
È un esponente della maggioranza in terza circoscrizione, il capogruppo leghista Vito
Comencini, a pretendere lumi sull'iter per la costruzione della megapalestra prevista in
via Friuli.
Comencini ha protocollato un'interrogazione (firmata anche dai colleghi di partito
Roberto Simeoni e Angelo Fermo) indirizzata al presidente della circoscrizione,
Massimo Paci, e al vicesindaco nonché assessore ai lavori pubblici, Stefano Casali. Già
nella prossima seduta del parlamentino di via Sogare, stasera, si andrà
sull'argomento.
Il palasport di San Massimo è fortemente voluto da Paci e sostenuto, a suo tempo,
anche dall'ex vicesindaco, Vito Giacino, che mesi fa era andato di persona a illustrare
il progetto ai residenti. Tuttavia è qualche mese che non se ne sente più parlare. La
struttura sportiva, da realizzare con le risorse degli oneri di urbanizzazione del Piano
degli interventi, aveva quasi provocato una frattura nella maggioranza
circoscrizionale. La Lega e parte della Lista Tosi, infatti, si erano espresse contro
l'investimento per il palazzetto - circa tre milioni - giudicato eccessivo in tempi di
vacche magre.
Dopo alcune assemblee infuocate, con il tentativo di difesa del progetto da parte di
Paci, il consiglio della Terza aveva infine raggiunto un compromesso. Che la spesa
preventivata per il palazzetto, cioè, fosse ridotta di 500mila euro, da utilizzare, questi,
per i lavori più urgenti nei quartieri: asfaltature, sistemazioni di marciapiedi e arredo
urbano.
Comencini era stato il primo a proporre e ottenere il ridimensionamento della cifra.
Ora, la sua interrogazione suona come un controllo sul destino di quel mezzo milione,
piuttosto che un interessamento al progetto del palasport. «Vorremmo sapere quando
la somma risparmiata sarà investita per le manutenzioni urbane, che oggi ci sembrano
prioritarie», spiega il capogruppo della Lega. «Ci auguriamo che venga dato seguito a
quanto deciso dal consiglio della circoscrizione, visto che nel nostro territorio ci sono
molte strade dissestate, e su alcune si è dovuto addirittura imporre il limite dei 30
all'ora».L.CO.
AMBIENTE E SALUTE. Quarta
documento all'unanimità
circoscrizione,
il
Consiglio
approva
un
«Cava Prati oltre i limiti Fermiamo il degrado»
Chiara Bazzanella
Riscontrate emissioni di benzene cinque volte superiori alla legge «Non
rinnovare l'autorizzazione e fare la bonifica dell'area»
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 10
La cava Ca' Facci di via Mantovana è al centro della discussione
Degrado estetico, ma soprattutto ambientale, con uno sforamento nelle emissioni di
benzene cinque volte superiore a quello previsto dalla legge.
È questo l'infelice quadretto rilevato dai consiglieri della quarta circoscrizione
all'interno della cava Ca' Facci in via Mantovana 121 dove, oltre all'estrazione della
ghiaia, si produce anche il catrame della Veneta Bitumi. Un'area che, nell'ordine del
giorno discusso venerdì sera in un consiglio straordinario convocato da Francesco
Centon e Mirko Martinelli della Lista Tosi, con la sottoscrizione di Pd e 5 Stelle, viene
definita come esemplare delle «profonde ferite inferte dalla mano dell'uomo al
territorio».
Da qui la richiesta rivolta a Regione Veneto, Provincia e Comune di Verona, non solo
di non prorogare l'autorizzazione alla cava che scadrà a fine anno, e pretendere per
quel giorno la completa ricomposizione ambientale, ma anche di monitorare
puntualmente le emissioni in atmosfera dei camini e verificare l'effettivo rispetto di
tutta la normativa. Il documento, pur con qualche divergenza nella formulazione, è
stato accolto all'una- nimità. Soltanto Alberto Padovani del Pdl non ha partecipato al
voto.
«L'impianto di bitumi ha già sforato i parametri di benzene per due volte», riferisce
Centon, «tanto da star provocando un danno atmosferico che ha portato la Provincia a
sospendere l'autorizzazione in essere».
Il provvedimento risale al 5 dicembre scorso, con una diffida che ha determinato
appunto la «temporanea sospensione dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera
della Veneta Bitumi srl».
I cittadini di Madonna di Dossobuono e Santa Lucia, però, esasperati da odori
nauseabondi e fumi, riferiscono di qualche irregolarità, con l'avvistamento di camion di
catrame in uscita dall'area. Precisa Centon: «Non siamo contro l'impianto, ma
esigiamo che sia fatto tutto a norma».
«Avrebbe avuto più senso chiedere prima i controlli e poi la chiusura della cava, ma la
salute pubblica viene prima di tutto e quindi il voto è favorevole e unanime», precisa il
presidente in quarta, Daniele Bernato che ha autorizzato i grillini alla ripresa video
integrale del partecipato consiglio.
Tra il pubblico, infatti, hanno preso posto numerosi cittadini e, pur senza intervenire,
si sono seduti anche il proprietario della cava (e al 10 per cento della Veneta Bitumi),
Sergio Prati, e il proprietario al 90 per cento dell'impianto di bitumi, Giannantonio
Parolini. Commenta il capogruppo del Pd Francesco Casella: «La cava è attiva da più
di 34 anni e ormai è giunta al livello della falda acquifera».
Il capogruppo 5 Stelle Alessando Gennari, rimarcando la pericolosità dell'impianto di
bitumi, conclude: «I cittadini lamentano bruciori a occhi e gola: questa storia deve
finire, con tutti gli accertamenti del caso».
CANTIERE INFINITO. A San Michele si aspettano le opere di compensazione
in via Guglielmi
«Incuria, rifiuti e abbandono al posto di piante e ciclopiste»
Luciano Purgato
Il consigliere Vallani (Pd) denuncia: «Tre mesi fa la Giunta aveva chiesto di
accelerare, ma è ancora tutto fermo. Anche per gli alloggi»
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 10
La zona di San Michele tra via Unità d'Italia e via Guglielmi. I residenti chiedono un
intervento
Un terreno che doveva diventare un grande spazio verde, con alberi e piste ciclabili,
che da tre anni versa nel più totale degrado.
Un angolo del quartiere di San Michele, nella zona tra via Unità d'Italia e via Guglielmi,
adiacente alle nuove abitazioni di edilizia convenzionata che si sta sempre più
degradando come spiega il consigliere comunale del Pd Stefano Vallani. «Nel
novembre dello scorso anno la Giunta si è espressa chiedendo agli uffici che in tempi
brevi venissero completate le opere di compensazione nella zona di Fondo Frugose.
Sono trascorsi più di tre mesi, ma ad oggi non s'è fatto niente», spiega Vallani, «la
situazione di abbandono in cui versa la zona è sotto gli occhi di tutti ed è ora di
intervenire per realizzare l'area verde, che comprende la piantumazione di alcuni
alberi e il completamento delle opere di urbanizzazione per rendere decorosa la parte
adiacente a via Guglielmi dove sono stati realizzati gli alloggi di edilizia
convenzionata». Una denuncia che si aggiunge a quella di tanti cittadini della zona che
da tempo attendono che si realizzino le opere di urbanizzazione che spettano alla
Seeste Bau, ditta costruttrice con il controllo Agec.
Tutto fermo anche per il completamento delle quattro unità residenziali previste, una
in regime di edilizia convenzionata e tre a prezzo di libero mercato con piano terra a
destinazione commerciale, parcheggi, verde pubblico e un campo giochi.
«C'è anche da aggiungere», spiega Vallani, «che la Seeste Bau, ditta costruttrice, con
il controllo di Agec a cui era stata affidata la sorveglianza per l'esecuzione delle opere,
ha ottenuto nel tempo alcune varianti di volume e un finanziamento dalla Regione di
un milione e mezzo di euro per la realizzazione dei settanta alloggi di edilizia
convenzionata a cui sono legate le opere di urbanizzazione che sono state realizzate in
parte».
Insomma un cantiere aperto da oltre tre anni, non solo per le opere di urbanizzazione
ma anche per la realizzazione delle altre due, delle tre unità residenziali a prezzo di
mercato, previste nel progetto iniziale. «Sulla questione ci sono risvolti giudiziari fra
Agec e un imprenditore che faranno il loro corso secondo la legge», dice Vallani. «A
me e ai cittadini interessa che si ponga fine al degrado e che vengano assicurate
quelle opere minime di urbanizzazione che gli abitanti aspettano ormai da anni».
OGGI si festeggia una delle maschere più antiche del Bacanal, il Duca de la
Pignata
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 9
OGGI si festeggia una delle maschere più antiche del Bacanal, il Duca de la Pignata,
che ha la sua giornata di festa nel Luni Pignatar, a Santo Stefano, dalle 15.30, a cui si
aggiungerà la Festa di Veronetta, dalle 14, con Simeon de l'Isolo e le altre maschere
del quartiere, Festa anche al Ducato di Santo Stefano, col Duca de la Pignata e il Re
de l'Oro.
L'altra faccia del Carnevale
Alessandra Galetto
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 9
L'altra faccia del Carnevale, quella che sarebbe stato bello non dover mai vedere e che
invece si è tristemente verificata proprio davanti ad un luogo sacro, sul sagrato della
chiesa di San Giorgio in Braida. Il Venerdì Gnocolar, al di là della sua lunga sfilata di
carri e figuranti, è stato segnato, anche quest'anno, da più di qualche episodio di
disordine che poco ha a che vedere con la festa.
Non va in pensione insomma nemmeno nell'era dei nativi digitali la barbarie dei chili di
farina e delle centinaia di uova sprecati, per un evidente fraintendimento dell'idea di
«trasgressione», da centinaia di ragazzini che hanno imbrattato vie e edifici della città.
Ne ha fatto le spese, appunto, la chiesa di San Giorgio, le cui mura venerdì sera
apparivano imbrattate da uova lanciate da giovanissimi, mentre su tutto il piazzale
restavano i segni della poco nobile battaglia combattuta con uova, farina, sardine e
altro cibo, purchè buono a sporcare il più possibile, meglio se puzzolente.
«Non ho visto chi è stato nè il momento in cui è accaduto questo triste episodio, ma
uscire dalla chiesa e trovare quel disastro mi ha lasciato allibito», spiega monsignor
Piergiorgio Rizzini, parroco di San Giorgio. «Sono sconcertato all'idea che dei ragazzi
abbiano pensato di lanciare le uova contro la chiesa e l'ho spiegato anche durante la
messa di questa mattina (ieri per chi legge, ndr.). Non si tratta solo del gesto di forte
maleducazione, di assoluta mancanza di rispetto per un luogo sacro, e lo stesso
discorso varrebbe comunque per qualsiasi luogo pubblico, ma anche di un
atteggiamento di spreco, di sperpero e disprezzo verso quel bene che è il cibo. In un
tempo in cui tante famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese, in cui il valore della
sobrietà dovrebbe essere tanto più considerato come necessario e dovuto da parte di
chi ha di più verso chi è meno fortunato, il gesto di questi ragazzi spicca in tutto il suo
non senso».
Monsignor Rizzini spiega che «anche lo scorso anno era accaduto, il giorno del Venerdì
Gnocolar, qualcosa di analogo: allora era stata imbrattata anche parte del lungadige,
dove quest'anno sono in corso lavori che evidentemente hanno graziato quel tratto di
strada dallo scempio cui era stato soggetto un anno fa». Di fronte a quanto accaduto
venerdì, alcuni parrocchiani hanno anche pensato di sporgere denuncia contro ignoti:
un segnale contro l'inciviltà.
TRA GLI ESPOSITORI. Anche sotto la pioggia, ad ArtAntique centinaia di
appassionati a caccia di curiosità e pezzi rari Antiquariato, il mercato di San
Zeno promosso anche dai collezionisti
«Verona piazza interessante e i turisti sono un valore aggiunto: si fanno
buoni affari»
lunedì 03 marzo 2014 CRONACA, pagina 9
Per la terza volta consecutiva, pioggia. Il tempo non mostra troppa simpatia nei
confronti del mercatino dell'antiquariato ArtAntique, che anche ieri mattina, come ogni
prima domenica del mese, ha esordito a San Zeno sotto l'acqua. E, come hanno
ribadito gli espositori, «è la terza domenica di fila che piove».
Eppure, nonostante sotto un cielo più clemente la passeggiata a caccia di curiosità
risulterebbe certamente più invitante, anche ieri questa manifestazione, che all'inizio
era collocata nello spazio a fianco a Porta Palio e da oltre un anno ha traslocato tra
piazza San Zeno, piazza Corrubbio, piazza Pozza, via San Procolo, via Lenotti e via
Porta San Zeno, ha registrato un grande successo di pubblico. Fin dal mattino, tanta
gente camminava tra i circa 250 banchi in cui si trova un po' di tutto: oggettistica di
antiquariato, soprammobili, mobili, tappeti, modernariato, vintage e collezionismo. È
insomma evidente che l'iniziativa ha colto nel segno: piace molto ai veronesi ed è
capace di attirare anche molti visitatori, con una positiva controtendenza rispetto al
vento poco roseo che tira tra le attività commerciali in generale, per le quali la crisi
sembra non voler mollare.
«Sono venuto tutte le domeniche, da quando il mercato si è trasferito qui a San
Zeno», spiega Giorgio Tonsi, espositore e collezionista che arriva dalla Val Camonica.
«Questa di Verona per me si è rivelata da subito una piazza interessante, perchè non
solo si vende ma si trovano anche oggetti da acquistare, c'è molta gente esperta del
settore, per chi vive in questo mondo del collezionismo si possono concludere buoni
affari».
Tra le «chicche» che Tonsi esponeva ieri, un fonografo databile tra fine Ottocento e
primi Novecento, valutato 250 euro, per il quale intorno a mezzogiorno le richieste
erano già diverse; un set da pittura fatto come un'automobilina in acciaio, degli anni
Trenta, «che è un classico sui mercati inglesi e americani ma qui da noi è una vera
rarità».
Patrizia Tiramonte è invece una collezionista di Verona. «Non si può negare che anche
in questo settore del modernariato e antiquariato la crisi c'è», ammette. «Però devo
dire che se uno risce a specializzarsi in un ambito particolare, il mercato c'è. Io ad
esempio propongo pezzi di Art Déco e oggetti Liberty e vedo che c'è un pubblico
interessato, che si ferma e chiede e talvolta acquista proprio perchè colleziona questo
genere. Oggi ad esempio ho una coppia di vasi Legros francesi del 1910».
Sull'interesse del mercato veronese è d'accordo anche Giulio, che arriva da Vicenza e
porta oggetti di collezionismo, modernariato e vecchie pubblicità in ferro smaltato,
come un pannello dello Stock Brandy degli anni Sessanta e uno dell'Agip: «Qui ci sono
persone interessate, e anche molti turisti, soprattutto per questo Verona è una piazza
in cui molti tengono ad essere presenti: si lavora bene». A.G.
BOSCO CHIESANUOVA. La tormenta era iniziata sabato, già dalla notte i
mezzi hanno lavorato per liberare gli accessi Strade inagibili per la bufera
San Giorgio isolata dalla neve
Vittorio Zambaldo
La stazione sciistica raggiunta dai mezzi spazzaneve solo ieri pomeriggio: gli
accumuli causati dal vento arrivano a tre metri
lunedì 03 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 16
Ennesimo fine settimana di maltempo e questa volta anche di bufera che ha isolato
Malga San Giorgio per un'intera giornata.
«Ero sceso con la turbina sabato pomeriggio alle 17 incontrando il mio socio che saliva
con il camion spazzaneve», racconta Severino De Silvestri che ha l'appalto per la
pulizia della strada provinciale dei Lessini da Bosco Chiesanuova a San Giorgio, «ma è
ritornato poco dopo dicendomi che c'erano già le prime auto bloccate e in difficoltà per
i cumuli di neve che si stavano creando». Con la tormenta e il buio della sera è stato
impossibile garantire l'apertura della strada che è stata chiusa. Stessa sorte è toccata
alla strada alternativa che sale da Velo raggiungendo Malga San Giorgio da Conca dei
Parpari. Pur mettendosi in strada alle 3 di notte, con i più grossi mezzi a disposizione,
camion spazzaneve e turbina, solo ieri pomeriggio tra le 15.30 e le 16 sono riusciti ad
arrivare alla stazione sciistica dai due versanti. Da una parte il blocco più impegnativo
è stato trovato all'altezza di Conca dei Parpari, dall'altra nell'ormai noto Colle di
Branchetto, quando condizioni meteo ventose, accompagnate da abbondante
precipitazioni nevose, rendono impossibile mantenere aperta la strada.
«Dalla parte di Branchetto abbiamo aperto il collegamento ma non sulla strada»,
aggiunge De Silvestri, «perché era impossibile per la troppa neve. Abbiamo dovuto
spostarci sul parcheggio a lato della strada per tracciare due piste che permettono ora
di arrivare e tornare da San Giorgio. Il lavoro è stato immane», rivela, «perché
abbiamo impiegato cinque ore per aprire 300 metri».
Ieri sera era ancora chiuso il collegamento per il rifugio Bocca di Selva e già dalla
mattina Malga Lessinia aveva avvertito i suoi clienti di non mettersi in strada perché la
Malga non sarebbe stata aperta per l'impossibilità di raggiungerla. «A Bocca di Selva
invece abbiamo aperto», fa sapere il gestore Marco Melotti, «ma ci siamo arrivati a
piedi. Abbiano perfino organizzato una ciaspolata nei dintorni con i pochi coraggiosi
che si sono aggregati», aggiunge.
Piste di fondo chiuse, e lo saranno anche oggi per diversi chilometri, per permettere il
lavoro di tracciatura. Il problema è sempre la neve riportata dal vento e accumulata in
posizioni difficili da sgomberare in tempi brevi. La nevicata è stata comunque di
proporzioni importanti: «Per arrivare alla biglietteria di Malga San Giorgio ho
camminato su almeno un metro e mezzo di neve fresca, sprofondando fino alla
cintola», racconta Marco Giani, direttore tecnico della stazione sciistica. «Presumo che
ci siano complessivamente almeno 2,5 metri di neve dove è stata riportata, ma ci
sono punti in cui l'accumulo supera i tre metri».
Nel tardo pomeriggio aveva già scaldato i motori dei gatti per cercare di tracciare le
piste: «Stiamo tutti lavorando ma c'è molto da fare perché i ganci della risalita sono
tutti affondati nella neve. Per lunedì mattina mettiamo sicuramente in funzione lo
skilift del Valon e confidiamo in giornata di aprire anche la seggiovia. C'erano tante
prenotazioni per i corsi e le scuole e cercheremo di accontentare tutti nel limite del
possibile, ma la situazione è veramente difficile. Inutile dire che a noi più che la neve
adesso servirebbe il sole». Invece purtroppo le previsioni sono tutt'altro che tranquille,
anche se il peggio sembra essere passato: nel pomeriggio di lunedì ci sarà un'ulteriore
intensificazione della copertura nuvolosa con lieve peggioramento del tempo, specie
verso sera, con deboli precipitazioni e limite della neve fra i 900-1100 metri di quota.
ENOLOGIA. La Cantina di Negrar individua lo «Spigamonti» e lo sta
sviluppando nei vigneti
Scoperto nuovo vitigno per produrre l'Amarone
Ha un Dna mai censito prima ed è stato autorizzato dalla Regione Veneto alla
coltivazione nella provincia di Verona
lunedì 03 marzo 2014 AGRICOLTURA, pagina 18
Una foto scattata nel vigneto «Spigamonti» della nuova varietà
Una nuova varietà di uva dal Dna mai censito va ad arricchire il patrimonio dei vitigni
autoctoni italiani, è lo Spigamonti, dal nome della località in cui si è stata individuata,
vicino a Montecchio di Negrar, a 450 metri d'altezza, nel vigneto di un socio viticoltore
di Cantina Valpolicella Negrar.
Lo Spigamonti è entrato ufficialmente tra i vitigni italiani, spiega una nota della
Cantina, con la registrazione a fine gennaio nell'elenco delle varietà di uve da vino
ammesse dalla Regione Veneto alla coltivazione nella provincia di Verona.
«Si tratta di un importante recupero di quell'enorme patrimonio viticolo di vitigni
ormai dispersi (oltre 200 varietà a bacca rossa) che Luigi Sormanni Moretti (18341908, ndr) evidenziava nella "Monografia su la Provincia di Verona" già a fine '800»,
dice Daniele Accordini, enologo e direttore della Cantina.
A raccontare la scoperta è Claudio Oliboni, tecnico di campagna della cantina
cooperativa. «Nell'estate del 2000, durante una visita al vigneto del socio Angelo
Annechini, mancato nel 2013, ho notato tra i filari di uve Corvina, Rondinella,
Corvinone e Molinara una vigna che aveva le bacche già invaiate, mentre le altre
varietà avevano ancora gli acini verdi. I grappoli di questa pianta erano molto
spargoli, con il rachide rosso e le foglie molto scure e arrossate. Angelo mi raccontò
che, quando era giovane, aveva innestato nel suo vecchio impianto le gemme di una
pianta che aveva trovato in una vecchia corte e che queste si erano poi riprodotte.
Incuriosito a mia volta», prosegue Oliboni, «ho aspettato allora che i grappoli della
vigna sconosciuta maturassero e poi, insieme a Daniele Accordini e ai colleghi di
laboratorio Denis Andreis, Emanuele Marchesini e Carlo Caliari, ne abbiamo analizzato
il succo. Subito siamo rimasti impressionati dal colore molto intenso del mosto».
Raccolta l'uva, racconta Oliboni, «l'abbiamo in parte pigiata e in parte appassita.
Avevamo quindi a disposizione due vini, uno fresco e uno da uve appassite, prodotti
da questa varietà che si presentava molto rustica, resistente a malattie e, come
abbiamo constatato nel tempo, anche con buona resistenza alla grandine».
Confortati dai primi risultati, i tecnici della Cantina hanno proseguito la ricerca in
laboratorio e fatto poi altre micro-vinificazioni e sperimentazioni di appassimento in
collaborazione con Emanuele Tosi del Centro Viticolo di San Floriano, l'ufficio
Agricoltura della Provincia di Verona e Diego Tomasi del Cra (Centro di Ricerca
Agricola) di Conegliano. Al Cra è stata anche fatta l'analisi del Dna, rivelando che non
c'era alcun collegamento con varietà finora censite.
«Ci vorrà qualche anno per arrivare a produzioni di una certa quantità, ma è appurato
che basta anche una piccola percentuale per fare la differenza. Il vino prodotto con la
varietà Spigamonti, troppo potente per essere consumato da solo, usato nell'uvaggio
Valpolicella può dare risultati straordinari, grazie alla struttura e ai tannini che porta in
dote».
Ammessa la coltivazione del vitigno, Cantina Valpolicella Negrar potrà quindi vinificare
con la nuova varietà. «Spigamonti è un'uva unica e particolare, che si è rivelata
ottima per l'appassimento e per la produzione di Amarone», spiega Accordini. «Nel
disciplinare del 2010, prima annata Docg per l'Amarone, è stata introdotta la
possibilità di inserire un 10% di vitigni classificati autoctoni e lo Spigamonti darà ai
nostri vini una maggiore unicità e irripetibilità».