PRESENTAZIONE CODICE DEONTOLOGICO

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PRESENTAZIONE CODICE DEONTOLOGICO
IL CODICE DEONTOLOGICO
Possedere un codice etico costituisce la caratteristica fondamentale di una professione ed è
manifestazione di solidarietà all’interno di una professione, di solidarietà con il paziente, di
garanzia verso il pubblico e ogni singolo malato dei livelli professionali e di condotta morale che
la professione intende adottare. Uno dei compiti più importanti e urgenti per l’infermiere è quello
di riflettere e confrontarsi sulla natura della professione, sui principi ed i valori universali in
gioco, sulla norme deontologiche essenziali, sul metodo scientifico di ricerca, per creare un
terreno solido su cui poggiare il piede della condotta professionale.
Certamente il singolo infermiere messo a confronto con la massa di informazioni e con il flusso
quotidiano di novità, può sentirsi sempre più frastornato ed incerto, ma proprio per questo egli ha
bisogno di un fondamentale “terreno solido” costituito da una visione chiara della natura, della
professione e degli scopi dichiarati della stessa, dai principi e dai valori che entrano in gioco nel
lavoro infermieristico, dalle norme deontologiche, dall’adozione di un metodo scientifico di
ricerca.
La natura della professione deriva dalla qualità del soggetto intorno al quale l’infermiere svolge
la sua attività, che è “ la persona umana” con i suoi bisogni, la sua libertà, le sue aspirazioni alla
trascendenza. L’infermiere incontra la “persona umana” quando essa è alla ricerca di aiuto per
proteggere o recuperare quel bene fondamentale che è la salute, oppure quando ha bisogno di
aiuto per vivere il morire. Nella natura della professione è implicita la “mentalità” di servizio. Lo
spirito di servizio negli operatori sanitari è coerente con la natura del loro lavoro quando si pone
come obiettivo quello di essere un aiuto adeguato e competente, per la persona che ha problemi di
salute, nel rispetto della sua dignità, come autonomia ed integrità e libertà, come giustizia e
responsabilità. I principi ed i valori etici fondamentali non hanno bisogno di giustificazione in
quanto sono dettati dalla ragione; essi si riferiscono ai comportamenti umani in generale e sono
applicabili alle situazioni particolari attraverso le norme di comportamento.
I principi ed i valori che la professione infermieristica ha posto a fondamento della sua condotta
sono l’inviolabilità della vita umana in ogni momento della sua esistenza, il rispetto dei limiti
invalicabili posti dalla coscienza morale a difesa della vita e della salute secondo giustizia e
necessità, il raggiungimento della massima competenza possibile per poter fare il meglio per la
persona nella situazione in cui si trova ad operare, il rispetto della “totalità”, della
multidimensionalità, dell’integrità e globalità della persona assistita nel senso di riconoscere i
suoi bisogni integrali, biofisici, psicologici, sociali, culturali, spirituali, religiosi, ed infine, il
rispetto del segreto professionale.
Numerose sono le situazioni in cui i principi entrano in conflitto determinando problemi, dilemmi
conflitti etici talora di notevole gravità. La norma deontologica costituisce allora la guida sicura
quando attiva il processo decisionale etico per la scelta dell’azione o del comportamento più
coerente con il modello etico fondamentale ed i principi ed i valori in gioco. Il processo
decisionale etico si avvale della metodologia per la soluzione dei problemi adattata alle esigenze
dell’etica infermieristica: conoscere, confrontare, riflettere, comprendere e valutare. Se l’eticità è
assente viene meno l’integrità professionale che rimane privata di una componente importante,
ma se presente, illumina l’attività, la rende desiderata e confortevole.
Che cos’è un Codice Deontologico?
Oltre al processo di evoluzione professionale e alle disposizioni legislative relative al sistema
sanitario il Codice Deontologico rappresenta una coordinata fondamentale che può orientare
l’attività di assistenza infermieristica in maniera da risultare non solo tecnicamente avanzata, ma
anche consapevole, responsabile, etica.
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Va ricordato che, mentre nel 1965 il Codice Internazionale di Etica dell’infermiera all’art.7
dichiarava che : “L’infermiera è tenuta ad eseguire gli ordini del medico in maniera intelligente e
leale” , nel 1973 il Codice del Consiglio Internazionale delle infermiere indicò un cambiamento
di rotta nel ruolo attribuito alle infermiere: la “responsabilità primaria” non è più nei confronti dei
medici, ma dei pazienti e cioè “di coloro che hanno bisogno della cura dell’infermiera”
richiamando allo stesso tempo ad una azione “collaborativa con coloro che lavorano insieme a lei
“. Questa nuova prospettiva ha tra l'
altro portato, in tempi diversi, all’adeguamento dei codici
deontologici nei vari paesi e nel nostro Paese, prima nel 1977, nel 1999 e nel 2009.
Così la centralità dell’assistito è ora costantemente ribadita, per esempio, nei punti relativi a:
i rapporti con la persona, l’informazione, il pluralismo etico, il consenso agli atti sanitari,
l’autonomia e l’autodeterminazione dei pazienti, i dolori e i sintomi, il limite alle cure, il ruolo
dei famigliari, il lavoro di équipe.
Il Codice è un insieme convenuto di regole e aspettative per orientare la pratica della professione
(..) con la funzione anche di promuovere e mantenere gli standard etici di condotta professionale
(Johnstone, 1999). Rappresenta da sempre un modello nel campo dei doveri professionali ma ora,
dopo la nuova normativa della professione infermieristica, è anche un discorso sulla
responsabilità. In particolare la legge 26 febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di
professioni sanitarie” (che ha abolito il mansionario) all’art. 1 si precisa infatti che “… il campo
proprio di attività e di responsabilità sanitari è rappresentato dai contenuti degli specifici codici
deontologici”. Questo contribuisce a rendere il Codice Deontologico sempre più uno strumento
reale e un riferimento concreto per la professione.
Un Codice avrà senso solo come documento dinamico se applicato negli ambiti della assistenza
infermieristica e sanitaria in una società in continua evoluzione. Per consentire il raggiungimento
di questo obiettivo, il Codice deve essere compreso, interiorizzato e utilizzato dagli infermieri in
tutti gli aspetti della loro attività.
Dà indicazioni di principio, rispetto alle quali il singolo professionista deve operare una
contestualizzazione in riferimento ai processi da attuare per giungere a certi standard di
comportamento.
Le direttive espresse dalle norme deontologiche insistono più sugli orientamenti generali e sui
risultati da perseguire che non sui relativi processi, che vanno lasciati alla determinazione del
singolo professionista; le norme interiorizzate determinano punti di forza.
Le norme deontologiche delineano un orizzonte etico che incide notevolmente sui
comportamenti.
L’elaborazione di un codice dovrebbe coinvolgere il maggior numero di professionisti, in modo
da esprimere la ricchezza valoriale presente nel gruppo professionale.
Un codice, richiede frequenti aggiornamenti; la sua revisione, può costituire un momento
aggregante e di crescita per la professione, rappresenta un contributo alla società in cui la
professione stessa vive e opera.
Il codice può costituire un input per la promozione della crescita morale dei professionisti.
Un contributo alla spiegazione del significato dei Codici Deontologici può essere fornito da un
sintetico esame delle loro origini. Dal momento in cui una serie di professioni ha cominciato ad
ottenere un consistente riconoscimento sociale, è sorta la necessità per le stesse di acquisire e
mantenere determinate caratteristiche o attributi. Alla loro definizione ha contribuito fra gli altri il
sociologo E. Greenwood, uno dei più accreditati esponenti del cosiddetto approccio definitorio
allo studio delle professioni.
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Gli attributi individuati da Greenwood e da altri studiosi che a lui si riferiscono, sono costituiti
da:
1. un corpo di conoscenze teoriche sistematiche, organizzate in un sistema coerente che definisca
il campo d’azione della professione, le sue finalità, le sue funzioni specifiche e le capacità
necessarie per esercitarle;
2. un’autorità professionale intesa come un insieme esclusivo di competenza tecnica, autonomia,
responsabilità e leadership;
3. una utilità sociale espressa dal riconoscimento che proviene dall’utenza, dagli altri
professionisti e dalla società in generale;
4. una cultura professionale, consistente nell’insieme dei valori, delle norme e delle regole interne
del gruppo di professionisti, unito al loro sapere teorico-tecnico specifico;
5. un Codice Deontologico, cioè un documento che esprime il corpus di regole autodeterminate
dalla professione a tutela dei rapporti tra professionisti con l’utenza.
Attuale validità dei Codici Deontologici
La validità di un codice dipende dalla sua formulazione, dalla sottolineatura del ruolo del
professionista, dei diritti del cliente, ecc. I codici deontologici sono utili alla società ed in
particolare a tutti coloro che esercitano la professione, anche perché le norme di legge che
regolamentano l’esercizio professionale non comprendono l’ambito deontologico, di cui il codice
è strutturato per eccellenza.
Nel Codice deontologico della professione infermieristica l’operatore può trovare un supporto
ai conflitti derivanti dall’esercizio e nell’esercizio professionale sulla base di modelli di
riferimento certi e condivisi dalla comunità infermieristica nazionale. Il Codice deve esprimere
l’insieme dei principi e dei valori che la comunità professionale condivide al di là di ogni visione
filosofica e/o religiosa di ciascuno dei sui membri. Inoltre i documenti di questo tipo non possono
utilizzare, com’è accaduto in passato, un tono rigidamente prescrittivo. Al giorno d’oggi si ritiene
che il Codice non possa dare altro che indicazioni di principio, rispetto alle quali il singolo
professionista deve operare (con autonomia e responsabilità) una contestualizzazione soprattutto
in riferimento ai processi da attuare per poter giungere a certi standard di comportamento. Le
direttive espresse dalle norme deontologiche insistono più sugli orientamenti generali e sui
risultati da perseguire che non sui relativi processi che devono essere lasciati alla determinazione
del singolo professionista.
Il Codice deontologico degli infermieri va visto come una guida e un riferimento per l’esercizio
quotidiano della loro attività, in un contesto nel quale sono venute aumentando sia la complessità
dei problemi da affrontare, sia l’autonomia e la responsabilità professionale: non quindi un
libretto di istruzioni da seguire acriticamente. Come l’applicazione di linee guida o di un
protocollo va adattata al singolo caso, così il rispetto se pur rigoroso di una norma codificata non
garantisce da solo la correttezza e la pienezza dell’espressione morale. Un infermiere autonomo e
responsabile ha il dovere di non sottrarsi al compito di comprendere la peculiarità della situazione
dell’individuo che gli sta di fronte, ma di accettare il rischio e l’imprevedibilità che è
ineliminabile in ogni relazione umana vissuta sinceramente.
L’autonomia e l’assunzione di responsabilità dei professionisti trovano nelle norme
deontologiche un supporto, ma sicuramente la qualità delle decisioni del singolo infermiere
dipende molto dalla sua maturità etica. Egli è, infatti, un agente morale, ovvero una persona che
compie scelte di natura etica poiché il suo agire è condizionato, ma non interamente determinato,
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dalle disposizioni che riceve, dall’organizzazione del lavoro e dalle richieste degli altri
professionisti della salute.
“Un professionista senza etica è come un corpo senza anima o un cammino senza meta”1.
I
valori che il Codice deontologico richiama nell’esercizio della pratica infermieristica, sono gli
stessi enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e sono così importanti da
essere ritenuti addirittura costitutivi dell’essere umano; rappresentano inoltre un riferimento
insostituibile per i professionisti, come l’infermiere, i quali si trovano ad affrontare eventi e
situazioni che incidono sulla vita, l’integrità psico-fisica e la qualità della vita delle persone.
Il Codice Deontologico dell’Infermiere in Italia: origini, evoluzione, struttura
Per una piena comprensione delle caratteristiche essenziali del Codice deontologico del 2009, è
opportuna una sintesi della storia di cui è espressione, in particolare della storia dei codici
deontologici che l’hanno preceduto.
Nella professione sanitaria è connaturata una tendenza che da corpo di dottrina e sostanza di
comandamenti alle regole di condotta professionale, non tanto nell’ambito tecnico, quanto in
quello relazionale: tale tendenza ha precedenti arcaici e nobilissimi, tra i quali spicca la
deontologia pragmatica, che già nel v secolo a.C. presso la scuola di Cos si traduceva nel
giuramento di Ippocrate pronunciato dai medici.
Per quanto riguarda gli infermieri, il primo documento di respiro etico è il giuramento di
Florence Nightingale.
Il primo vero Codice deontologico per Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici di
Infanzia risale al 1960, rappresenta una tappa importante della professionalizzazione. All’inizio
degli anni 60 la formazione delle infermiere professionali (solo donne) avviene all’interno di
scuole convitto, molte attività assistenziali sono svolte da personale di qualificazione inferiore, la
popolazione infermieristica è costituita per lo più da personale religioso. Ciò influì sui contenuti
del Codice che nell’introduzione recita “L’esercizio della professione sanitaria ausiliaria è al
servizio della persona umana e si ispira ai principi del diritto e della morale naturale”, parole
che richiamano concetti enunciati dalla Chiesa Cattolica. È un documento prescrittivo più che
propositivo di principi, emergono modelli di comportamento paternalistici, propri di quel tempo,
e scarsamente orientati al senso di responsabilità dell’infermiera, che ha bisogno di essere
richiamata al dovere di indossare la divisa con dignità e decoro. Dal mancato sviluppo del tema
della relazione di aiuto come guida al rapporto infermiere-utente si conclude come questo Codice
assegni a questa figura più il ruolo di assistente del medico che di professionista. Sono però già
affermati alcuni diritti fondamentali dell’uomo e soprattutto il diritto alle cure senza distinzioni di
razza, sesso, religione, ecc.
Il 25 giugno del 1977 la Federazione Nazionale Collegi IPASVI approva il nuovo Codice
deontologico della professione infermieristica italiana. La sua formulazione presenta rilevanti
cambiamenti formali e sostanziali rispetto al codice precedente. Si distinguono una premessa,
dichiarativa delle finalità dell’infermiere nell’agire professionale, e tre parti tematiche, incentrate
su dimensione umana, rapporti sociali e impegno tecnico-operativo. Rispetto alla versione
precedente migliora l’articolazione del testo e soprattutto l’immagine dell’infermiere è resa più
congruente con quella richiesta da un professionista della salute (art. 4 e 5). Si riafferma per
l’infermiere l’importanza di rispettare il segreto professionale non solo per obbligo di legge, ma
per intima convinzione e come risposta concreta alla fiducia che l’assistito ripone nell’infermiere.
Anche l’ambito morale rimane analogo a quello del 1960 con delle contraddizioni che suscitano
1
E. Sgreccia, 1986
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dubbi e domande risolti poi con l’emanazione del Codice Deontologico della professione
infermieristica del 1999, il quale entra in vigore in un momento caratterizzato da cambiamenti
complessi, riguardanti il sistema sanitario nel suo complesso e questa professione in particolare.
Le principali innovazioni degli anni Novanta sono:
• Il Riordino del Servizio sanitario nazionale, DLgs 502/92, DLgs 517/93.
• L’Accreditamento
• L’Istituzione del Corso di Diploma Universitario per Infermiere
• Il Profilo professionale dell’infermiere
• L’Approvazione del Piano sanitario nazionale 1998- 2000
• L’Abrogazione del mansionario L. 42/99
Tutto questo unito ad una revisione dei precedenti Codici ha messo in risalto la necessità di una
revisione che rendesse chiaro a quali modelli di comportamento si deve attenere l’infermiere di
oggi, partendo dalla sua natura, e sulla base di quali principi. La natura della professione
infermieristica è di prendersi cura e il Codice ricorda all’infermiere l’agire secondo il come
Il nuovo Codice è stato promulgato in occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere del
1999 e preceduto dal Patto Infermiere/Cittadino, presentato nella Giornata Internazionale
dell’Infermiere del 1996.
Il Patto Infermiere/Cittadino è dunque parte integrante del Codice, poiché contiene gli impegni
che l’infermiere si assume nei confronti della persona. Questo patto è un’alleanza terapeutica che
cerca di ridurre, nella relazione, la distanza tra l’infermiere e la persona assistita, proprio perché
tiene conto del fatto che è un rapporto che nasce di per sé squilibrato, giacché uno ha più bisogno
dell’altro. Si arriva così ad accorciare tale distanza se si comprende che anche quando si è “sani”
si ha comunque bisogno degli altri2. Come professionisti abbiamo il dovere di osservare l’altro,
accorgerci di lui. È importante riflettere su ogni parola del Patto e notare la convergenza di
espressioni tra questo ed il Codice, che anche se emanati in momenti differenti, dimostrano che la
professione infermieristica dispone di un’etica consolidata e coerente.
Il Codice deontologico del 1999, inizia con una premessa che, in cinque articoli, dichiara chi è
l’infermiere, che tipo di servizio eroga e con quali interventi, quali sono le sue responsabilità
generali, quali sono le funzioni del Codice e quali gli scopi della partecipazione dell’infermiere ai
propri organi di rappresentanza. Seguono cinque parti, ciascuna con un titolo che ne indica il
contenuto: Principi etici della professione, Norme generali, Rapporti con la persona assistita,
Rapporti professionali con colleghi e altri operatori, Rapporti con le istituzioni. La settima ed
ultima sezione, Disposizioni finali, dichiara il carattere vincolante delle norme contenute nel
Codice e afferma l’impegno dei Collegi IPASVI a garantire la qualificazione dei professionisti.
I verbi sono utilizzati per lo più al tempo presente (promuove, ascolta, attiva, rispetta, coinvolge)
affinché chiunque lo legga lo trovi sempre attuale, in qualunque momento. L’uomo infatti è solo
padrone dell’oggi e del qui, ieri è già consegnato al passato ed il domani non sappiamo se ci sarà,
dunque ciò che conta è quello che facciamo oggi. Oggi possiamo cambiare, oggi possiamo
incidere nel mondo, in modo positivo o negativo, ma solo oggi.
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Il bisogno di relazione è un bisogno umano fondamentale, irrinunciabile. L’uomo è l’essere sociale per eccellenza,
se vive nella completa solitudine non potrà realizzare tutte le potenzialità di persona. Nella relazione occorre
mantenere il senso dell’alterità, in altre parole l’altro è simile a me ma diverso da me.
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Dunque il Codice è certamente utile a chi esercita la professione di infermiere in qualsiasi
contesto, poiché le norme che ne regolano l’esercizio non ricomprendono l’ambito deontologico.
Nel Codice deontologico, invece, è possibile trovare un supporto per affrontare sia i conflitti
derivanti dall’esercizio, sia quelli che si sviluppano al suo interno. Il Codice propone modelli di
comportamento condivisi dalla comunità infermieristica, al di là di ogni visione religiosa,
filosofica, ideologica. Va infatti oltre le scelte etiche del singolo, per loro natura soggettive, e in
ogni caso fornisce indicazioni di principio che il singolo professionista potrà, di volta in volta,
contestualizzare.
PREMESSA si rintraccia la dichiarazione della mission infermieristica: si definisce chi è
l’infermiere e si ribadiscono sia il concetto di assistenza infermieristica, sia le finalità perseguite
dalla professione. Il Codice si propone come guida allo sviluppo di un’identità professionale e
come stimolo per un comportamento eticamente corretto, esplicitando i comportamenti dell’agire
professionale. L’infermiere nell’aderire ai propri organismi di rappresentanza manifesta la sua
appartenenza al gruppo professionale e l’accettazione dei valori del Codice. Sentirsi parte di un
organismo è importante perché soddisfa il bisogno fondamentale umano di appartenenza.
PRINCIPI ETICI DELLA PROFESSIONE si apre con l’affermazione che l’infermiere si
riconosce nei diritti fondamentali dell’uomo, universalmente dichiarati, riconosciuti ed accettati,
patrimonio di ogni cittadino, primo punto di riferimento per ogni individuo. Si rafforza il
principio di uguaglianza di ogni persona rispetto ai bisogni di assistenza. Principio etico della
professione è ‹‹assistere la persona›› indipendentemente da ciò che ha determinato il bisogno di
assistenza e dalle scelte personali dell’assistito. Nel caso in cui l’infermiere si trovi (comma 2.5)
di fronte a volontà in contrasto sia con i principi etici della professione sia con la sua coscienza
personale, può avvalersi del diritto all’obiezione di coscienza (che si traduce in un numero
limitato di situazioni, comunque previste da leggi dello stato). Gli ultimi 2 commi (2.6, 2.7)
sottolineano chiaramente come l’infermiere nel suo agire professionale debba costantemente
richiamarsi ai tre principi della bioetica riferiti al paziente (autonomia, beneficità e giustizia),
senza dimenticare il sistema sanitario nel quale opera e per il quale deve adoperarsi per un uso
ottimale delle risorse. In loro carenza è chiamato a ‹‹individuare le priorità›› in base ai criteri
condivisi dalla comunità professionale.
NORME GENERALI vengono indicati i modelli di comportamento del professionista con
particolare riferimento agli ambiti di responsabilità dell’esercizio professionale. Aggiornamento,
formazione permanente, riflessione critica sulla propria esperienza, revisione e valutazione delle
proprie conoscenze e ricerca acquisiscono rilevanza deontologica nella misura in cui l’infermiere
diviene responsabile della costruzione di questo bagaglio conoscitivo e della sua costante
revisione e validazione. Al diritto dell’infermiere di avere limiti conoscitivi e diversi livelli di
abilità, si accompagna l’obbligo di riconoscerli e, in tal caso, di chiedere la consulenza e/o la
supervisione di colleghi esperti, nonché strumenti di formazione per superarli. È alto il valore
della consulenza, vista sia come strumento di integrazione per migliorare la risposta assistenziale,
sia come offerta delle proprie specificità: il patrimonio professionale e personale di ciascuno deve
cioè essere a disposizione di tutti. Si aprono così le porte al confronto, all’analisi critica
dell’esperienza e al riconoscimento dei meriti e delle capacità dei singoli.
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RAPPORTI CON LA PERSONA ASSISTITA rappresenta il focus del Codice ed è la parte più
descrittiva e articolata. Esamina infatti l’esercizio professionale in modo completo (anche se
generale) fornendo un modello di riferimento forte per interpretare le questioni deontologiche che
possono scaturire dall’agire professionale. Rilevante il peso che viene dato alla relazione
infermiere/persona in termini di comunicazione a diversi livelli. Questa non è solo il dirittodovere di ricevere e fornire informazioni sugli aspetti di tipo clinico-assistenziale, ma va anche
intesa in senso più ampio come ascolto, coinvolgimento e informazione, come strumento per
valutare assieme, per esprimere le proprie scelte, per favorire i rapporti e adeguarsi ai livelli di
comprensione, riservatezza, fiducia. Tutto ciò fa della relazione l’elemento primario del processo
assistenziale e soprattutto promuove sia il ruolo attivo della persona e della rete di supporto
socio-familiare, sia il ruolo attivo e autonomo dell’infermiere. La figura professionale che ne esce
gestisce dati e documenti non per obbligo giuridico, ma per intima convinzione poiché il rapporto
è basato sulla fiducia: in caso di conflitto infatti il ruolo preminente è sempre quello della persona
alla quale sono riferite le informazioni. Nel momento di raccogliere i dati il professionista deve
procedere con grande cautela usando come riferimento nella scelta, la loro pertinenza, l’utilità, la
necessità e non la loro semplice raccolta. Medico ed infermiere conferiscono l’informazione
clinica: all’infermiere viene affidato il compito di strutturarla in modo globale, con particolare
attenzione al contesto; ciò impone di tener presenti specifici aspetti legati alla metodologia
diagnostica, alla somministrazione di farmaci ecc. Gli viene inoltre riconosciuta la responsabilità
di favorire un clima organizzativo positivo ed efficace coinvolgendo e vigilando sul personale di
supporto. Continuando si entra nel particolare di alcune situazioni, possibili cause di conflitti
deontologici. Il problema della contenzione fisica e farmacologia è regolato dalla
contrapposizione tra l’interesse della persona e l’interesse dell’istituto; tra l’occasionalità
motivata e l’abitudine di ricercare altre forme di accadimento, nella logica del rispetto della
dignità della persona. Il sistema dei valori professionali prende in esame ogni situazione
ghettizzante, ogni forma di violazione dei diritti della persona, ogni sopruso; il singolo infermiere
è direttamente responsabile di comportamenti che tollerano o inducono tali situazioni. La
professione dichiara di essere contraria ad ogni forma di accanimento terapeutico che non
consideri la volontà della persona assistita. L’infermiere si impegna a tutelare il diritto
dell’individuo a porre dei limiti alle cure se queste sono in contrasto con la sua concezione di
qualità della vita. In ogni caso però il rispetto delle scelte individuali non permette l’adesione alla
richiesta di interventi finalizzati a provocare la morte.
RAPPORTI PROFESSIONALI CON COLLEGHI ED ALTRI OPERATORI l’infermiere
opera in organizzazioni multiprofessionali nelle quali nessuno svolge la sua attività in solitudine,
bensì in contatto continuo con altri che perseguono un identico obiettivo e che mirano tutti al
raggiungimento di un comune risultato: la salute. Il numero di professionisti che operano nelle
organizzazioni sanitarie è elevato e il risultato finale di un intervento sanitario è strettamente
correlato all’integrazione che questi professionisti sono in grado di esprimere. L’infermiere al
pari degli altri esprime la propria competenza cooperando, dando il proprio contributo e
rispettando i diversi specifici apporti, richiedendo riconoscimento e rispetto per il proprio.
L’infermiere ha il dovere di autovalutarsi (5.3) e di sottoporre il suo operato alla verifica tra pari.
L’autovalutazione deve essere considerata come la prima fase del miglioramento individuale e
professionale, seguita e sostenuta da sistemi di valutazione professionale collettivi basati
sull’analisi- verifica tra pari. Il professionista ha anche il dovere di tutelare la propria immagine e
quella della sua professione. Il comma 5.6 richiama l’infermiere che fa parte di una collettività
professionale e di un’organizzazione, al dovere di rilevare i comportamenti contrari ai principi
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della professione e della tutela dell’utente. I comportamenti contrari alla deontologia possono
essere confusi, sopportati, accettati o non rilevati. Il nuovo Codice chiede invece ad ogni
infermiere di esercitare la propria responsabilità individuale segnalando i comportamenti scorretti
perseguibili per via disciplinare. L’infermiere quindi ha una doppia responsabilità, sia verso
l’autorità professionale, sia verso l’azienda/ organizzazione in cui opera.
RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI si inserisce in un contesto istituzionale ed organizzativo
del quale l’infermiere è protagonista attivo e responsabile e nel quale agisce per garantire: 1) il
rispetto dei diritti della persona assistita, 2) un utilizzo delle risorse che privilegi il principio di
parsimonia nell’organizzazione, nello sviluppo delle attività e nell’erogazione delle prestazioni,
3) la valorizzazione del ruolo professionale. In una logica di cooperazione professionale e
nell’interesse dell’utente, di fronte a carenze o disservizi, l’infermiere deve ricreare o mantenere
una situazione il più favorevole possibile e contemporaneamente ha la responsabilità di segnalare
all’organo di riferimento istituzionale, l’evento e le soluzioni applicate. L’infermiere ha
comunque la responsabilità di evidenziare i limiti di eventuali compensazioni quando queste da
eccezionali divengano normalità (ad esempio la carenza di organico) e finiscano col pregiudicare
il mandato professionale.
DISPOSIZIONI FINALI ricorda come il Codice Deontologico è lo strumento principe che
guida l’agire professionale e costituisce parte integrante dell’essere professionisti. La sua
inosservanza da parte del singolo coinvolge l’intera professione: responsabilità dell’infermiere
quindi è quella di segnalare comportamenti anomali, mentre il Collegio deve sanzionarli.
Non si pensi quindi al Codice come ad un testo normativo emanato da organi istituzionali esterni,
ma piuttosto come l’essenza della professione, un insieme di valori e contenuti che essa si è
autonomamente data e su cui riflettere costantemente.
II Nuovo Codice deontologico dell'Infermiere, approvato il 17 gennaio 2009 dal Consiglio
nazionale della Federazione dei Collegi Ipasvi, rappresenta il fondamentale testo di riferimento
nel quale gli esercenti la professione infermieristica trovano definiti i criteri e i valori ai quali
devono improntare, oggi, il loro lavoro quotidiano. Ma non è soltanto questo. È anche un
documento meritevole di ricevere l'
attenzione di chiunque sia interessato a comprendere la
portata e a valutare le implicazioni di quel processo di trasformazione in atto da alcuni decenni a
questa parte, nella realtà sanitaria del nostro non meno che di altri Paesi dell'
area occidentale, nel
quale il ripensamento dei modelli organizzativi e assistenziali è andato, e va tuttora, di pari passo
con la ridefinizione dei ruoli dei diversi soggetti coinvolti nelle relazioni di cura. Senz'
altro del
ruolo del paziente, non più destinatario di interventi posti in essere nel suo interesse ma
unilateralmente decisi dal medico, bensì titolare di un incomprimibile diritto all'
informazione e
alle scelte sulle cure e parte attiva nel processo decisionale clinico. Ma anche del ruolo dell'
infermiere, non più operatore sanitario chiamato ad assolvere compiti rigidamente definiti da un
mansionario, e in rapporto di subordinazione gerarchica rispetto al medico, bensì professionista
sanitario, investito di competenze clinico-assistenziale complementari ma specifiche, e, in relazione a queste, di un'
ampia gamma di interventi nella cui attuazione opera autonomamente
rispetto al medico, assumendosene appieno la responsabilità, prima di tutto nei confronti
dell'
assistito con cui entra direttamente in relazione.
Sottolineare le sopra richiamate valenze del nuovo Codice deontologico dell'
infermiere è
importante per comprendere e per apprezzare il Commentario, recentemente pubblicato a cura di
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Annalisa Silvestro, presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi, con contributi
della stessa Silvestro, di Giannantonio Barbieri, di Ada Masucci, di Daniele Rodriguez e di
Antonio G. Spagnolo.
II volume costituisce, innanzitutto, un prezioso strumento destinato a rendere gli infermieri
consapevoli del percorso difficile, ma costellato di importanti risultati, attraverso il quale la
professione infermieristica ha acquisito l'
identità che esce delineata dal nuovo Codice
deontologico, e a guidarli nella corretta interpretazione dei cinquantuno articoli di cui il Codice
deontologico si compone, favorendo la comprensione delle implicazioni che le previsioni normative, in esso contenute, hanno sull'
attività di assistenza alla persona, nella quale gli infermieri
sono quotidianamente impegnati. Assai utile, a quest'
ultimo proposito, risulta la terza parte del
volume, dedicata alla presentazione e alla discussione di alcuni casi emblematici, al centro dei
quali sono delicate questioni che l'
infermiere deve essere in grado di affrontare, adottando una
linea d'
azione eticamente adeguata: dal segreto professionale alla comunicazione della diagnosi e
della prognosi, dal rispetto della volontà dell’assistito, all'
attenzione per i bisogni assistenziali
correlati alla sua appartenenza culturale. L'
interesse del Commentario per una cerchia di lettori
ben più ampia di quella degli esercenti la professione infermieristica si deve, però, alla presenza,
negli interventi, di approfondimenti e di spunti di riflessione alla luce dei quali il Codice del 2009
assume la valenza di osservatorio privilegiato per affrontare questioni eticamente e giuridicamente rilevanti, che interessano l'
attività sanitaria nel suo complesso e tutti gli attori che vi svolgono
un ruolo.
Innanzitutto, la questione delle condizioni da porre in essere, delle strategie da adottare e degli
impegni da assumere per far sì che la centralità della persona, tanto frequentemente evocata in
relazione all'
organizzazione e alle prassi sanitarie, non rimanga uno slogan ad effetto. Ampio
rilievo è riservato nel Commentario al ruolo di tutela della volontà dell'
assistito, anche della
volontà "di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati alla sua condizione clinica
e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità della vita" (art.36) che all'
infermiere è
attribuito da numerosi importanti articoli del Codice. Non solo dagli articoli che qualificano il
rispetto della libertà e della dignità, accanto al rispetto della vita e della salute (art.3), oppure la
considerazione dovuta ai valori etici, religiosi e culturali degli assistiti (art.4) come veri e propri
criteri orientatori dell'
attività dell'
infermiere, ma anche dagli articoli (contenuti nel Capo IV) che,
investendo l'
infermiere del compito di "adoperarsi affinché l'
assistito disponga di tutte le informazioni necessarie ai suoi bisogni di vita" (art.23), e possa così compiere consapevolmente le sue
scelte (art.24), privano di giustificazione l'
acquiescenza o, peggio, la connivenza dell'
infermiere
rispetto al "minimalismo informativo" al quale ancora troppi medici improntano la loro relazione
col paziente. Ne discende l'
importante messaggio che l'
obiettivo di un'
assistenza sanitaria che
ponga realmente al centro la persona può essere sì conseguito, ma solo se alla condizione
necessaria, ma non sufficiente, dell'
offerta di interventi di qualità, terapeuticamente appropriati
rispetto alle diverse situazioni di malattia, si associa l'
ulteriore, imprescindibile condizione
rappresentata dalla messa in atto, nella prospettiva della collaborazione integrata
multiprofessionale (art.23), di attenzioni e di azioni sempre improntate al riconoscimento che il
destinatario delle prestazioni è un soggetto al quale competono, in relazione alla sua salute,
valutazioni e scelte che non possono essere ignorate dai sanitari, se non all'
alto prezzo e con la
pesante implicazione, di cui si devono assumere la gravosa responsabilità, di annullare la libertà e
di calpestare la dignità di coloro che sono affidati alle loro cure. Altra questione, di fondo, toccata
nel volume è quella del modello organizzativo in grado di assicurare un'
assistenza sanitaria
“patient oriented”. Il commento del Capo VI del Codice, dedicato a definire il ruolo e le
responsabilità dell'
infermiere all'
interno dell'
organizzazione dei servizi sanitari, offre l'
occasione
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per porre in evidenza che il sistema, nel quale l'
infermiere è chiamato dal Codice ad assolvere
impegnativi compiti non solo di garanzia dei diritti e della sicurezza degli utenti, ma anche di
attivazione per compensare le eventuali carenze del sistema stesso e per consentirne il
miglioramento, deve necessariamente conformarsi al modello organizzativo di un'
assistenza
costantemente assoggettata a controlli, che può coniugare qualità ed efficienza con il buon uso
delle risorse, grazie alla previsione di un dovere diffuso, esistente in capo ad ogni figura
professionale, di vigilanza e di segnalazione, alle apposite istanze, di tutte le situazioni che
possono compromettere la qualità dei servizi. Infine, un'
ultima questione, sulla quale è
particolarmente acceso il dibattito e il confronto sul piano bioetico e su quello giuridico, quella
dell'
obiezione di coscienza. La questione, assai delicata per le ripercussioni che le soluzioni per
essa prospettate possono avere sulla complessiva configurazione della relazione terapeutico assistenziale, è affrontata in diversi contributi del volume, a commento dell'
articolo del Codice in
base al quale, "nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche" che non si siano risolti
tentando la strada del dialogo, l'
infermiere può avvalersi "della clausola di coscienza, facendosi
garante delle prestazioni necessarie per l'
incolumità e la vita dell'
assistito", in presenza di "una
richiesta di attività in contrasto con i principi etici della professione e con i propri valori" (art.8).
Alla clausola di coscienza si è fatto ricorso, negli ultimi tempi, per rivendicare il diritto anche di
professionisti diversi dai medici, ad esempio dei farmacisti, di astenersi da determinate prestazioni (come la cosiddetta "pillola del giorno dopo") da essi ritenute in contrasto con le loro
convinzioni etiche, al di là delle specifiche situazioni (aborto, procreazione assistita e
sperimentazione animale) in cui l'
obiezione di coscienza è disciplinata, nel nostro Paese dalla
legge, che ne stabilisce, restrittivamente, le condizioni. Intesa in questa ampia accezione, la
clausola di coscienza rischia di trasformarsi in un pericoloso strumento di limitazione del diritto
alla salute, inteso come diritto di ogni individuo di accedere volontariamente a legittime
prestazioni sanitarie. Tra i motivi di apprezzamento del Commentario va segnalata la presa di
distanza dall’interpretazione della clausola di coscienza, messa a disposizione dell'
infermiere, come di una sorta di "cambiale in bianco", che, in nome del primato della coscienza, lo autorizzi,
con prese di posizione estemporanee e, magari, opportunistiche, a far sempre e comunque
prevalere i suoi valori su quelli dell'
assistito, negandogli prestazioni clinicamente appropriate o,
al contrario, imponendogli trattamenti da lui rifiutati. Un'
interpretazione, questa, da cui è
opportuno mettere in guardia, diffondendo la consapevolezza che, il farla propria, significherebbe
svuotare di significato quel "rispetto della persona assistita" nel quale il Codice deontologico del
2009 ha il fondamentale valore di riferimento. In questo caso l’operatore si pone come scopo da
perseguire l’effetto positivo che ha un peso maggiore fra i due effetti. La parte negativa si accetta,
poiché è insita in quell’azione ed è da essa imprescindibile. Tale principio dunque afferma che
“posta un’azione buona o indifferente in sé, che produce due effetti, uno positivo e l’altro
negativo, occorre proporsi il fine positivo ed accettare quello negativo”. Un professionista
consapevole e maturo tiene sempre presenti tutti questi principi e cerca di mettere in atto
congiuntamente.
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CODICE DEONTOLOGICO
Approvato dal Comitato centrale della Federazione Nazionale Collegi IPASVI
con deliberazione n. 1/09 del 10.01.2009 e dal Consiglio nazionale della Federazione
Nazionale Collegi IPASVI nella seduta svoltasi in Roma in data 17.01.09
Capo I
Articolo 1
L'
infermiere è il professionista sanitario responsabile dell'
assistenza infermieristica.
Articolo 2
L'
assistenza infermieristica è servizio alla persona, alla famiglia e alla collettività. Si realizza
attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura intellettuale, tecnicoscientifica, gestionale, relazionale ed educativa.
Articolo 3
La responsabilità dell'
infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della
persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'
individuo.
Articolo 4
L'
infermiere presta assistenza secondo principi di equità e giustizia, tenendo conto dei valori
etici, religiosi e culturali, nonché del genere e delle condizioni sociali della persona.
Articolo 5
Il rispetto dei diritti fondamentali dell'
uomo e dei principi etici della professione è condizione
essenziale per l'
esercizio della professione infermieristica.
Articolo 6
L'
infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della
collettività e si impegna a tutelarla con attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione.
Capo II
Articolo 7
L’infermiere orienta la sua azione al bene dell'
assistito di cui attiva le risorse sostenendolo nel
raggiungimento della maggiore autonomia possibile, in particolare, quando vi sia disabilità,
svantaggio, fragilità.
Articolo 8
L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare la
soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto
con i principi etici della professione e con i propri valori, si avvale della clausola di coscienza,
facendosi garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita dell’assistito.
Articolo 9
L’infermiere, nell'
agire professionale, si impegna ad operare con prudenza al fine di non nuocere.
Articolo 10
L'
infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l'
uso ottimale delle
risorse disponibili.
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Capo III
Articolo 11
L'
infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze attraverso
la formazione permanente, la riflessione critica sull'
esperienza e la ricerca. Progetta, svolge e partecipa
ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa alla ricerca e cura la diffusione dei risultati.
Articolo 12
L’infermiere riconosce il valore della ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale per
l’evoluzione delle conoscenze e per i benefici sull’assistito.
Articolo 13
L'
infermiere assume responsabilità in base al proprio livello di competenza e ricorre, se necessario,
all'
intervento o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti. Presta consulenza ponendo le proprie
conoscenze ed abilità a disposizione della comunità professionale.
Articolo 14
L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l'
integrazione interprofessionale sono
modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito.
Articolo 15
L’infermiere chiede formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza.
Articolo 16
L'
infermiere si attiva per l'
analisi dei dilemmi etici vissuti nell'
operatività quotidiana e promuove il
ricorso alla consulenza etica, anche al fine di contribuire all’approfondimento della riflessione bioetica.
Articolo 17
L’infermiere, nell'
agire professionale è libero da condizionamenti derivanti da pressioni o interessi di
assistiti, familiari, altri operatori, imprese, associazioni, organismi.
Articolo 18
L'
infermiere, in situazioni di emergenza-urgenza, presta soccorso e si attiva per garantire l'
assistenza
necessaria. In caso di calamità si mette a disposizione dell'
autorità competente.
Capo IV
Articolo 19
L'
infermiere promuove stili di vita sani, la diffusione del valore della cultura della salute e della tutela
ambientale, anche attraverso l’informazione e l'
educazione. A tal fine attiva e sostiene la rete di
rapporti tra servizi e operatori.
Articolo 20
L'
infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, anche al fine
di esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte.
Articolo 21
L'
infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall'
assistito, ne favorisce i rapporti con la comunità e
le persone per lui significative, coinvolgendole nel piano di assistenza. Tiene conto della dimensione
interculturale e dei bisogni assistenziali ad essa correlati.
Articolo 22
L’infermiere conosce il progetto diagnostico-terapeutico per le influenze che questo ha sul percorso
assistenziale e sulla relazione con l’assistito.
Articolo 23
L’infermiere riconosce il valore dell’informazione integrata multiprofessionale e si adopera affinché
l’assistito disponga di tutte le informazioni necessarie ai suoi bisogni di vita.
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Articolo 24
L'
infermiere aiuta e sostiene l’assistito nelle scelte, fornendo informazioni di natura assistenziale in
relazione ai progetti diagnostico-terapeutici e adeguando la comunicazione alla sua capacità di
comprendere.
Articolo 25
L’infermiere rispetta la consapevole ed esplicita volontà dell’assistito di non essere informato sul suo
stato di salute, purché la mancata informazione non sia di pericolo per sé o per gli altri.
Articolo 26
L'
infermiere assicura e tutela la riservatezza nel trattamento dei dati relativi all’assistito. Nella raccolta,
nella gestione e nel passaggio di dati, si limita a ciò che è attinente all’assistenza.
Articolo 27
L'
infermiere garantisce la continuità assistenziale anche contribuendo alla realizzazione di una rete di
rapporti interprofessionali e di una efficace gestione degli strumenti informativi.
Articolo 28
L'
infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima convinzione
e come espressione concreta del rapporto di fiducia con l'
assistito.
Articolo 29
L'
infermiere concorre a promuovere le migliori condizioni di sicurezza dell'
assistito e dei familiari e lo
sviluppo della cultura dell’imparare dall’errore. Partecipa alle iniziative per la gestione del rischio
clinico.
Articolo 30
L'
infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da
prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali
Articolo 31
L'
infermiere si adopera affinché sia presa in considerazione l'
opinione del minore rispetto alle scelte
assistenziali, diagnostico-terapeutiche e sperimentali, tenuto conto dell'
età e del suo grado di maturità.
Articolo 32
L'
infermiere si impegna a promuovere la tutela degli assistiti che si trovano in condizioni che ne
limitano lo sviluppo o l'
espressione, quando la famiglia e il contesto non siano adeguati ai loro bisogni.
Articolo 33
L'
infermiere che rilevi maltrattamenti o privazioni a carico dell’assistito mette in opera tutti i mezzi per
proteggerlo, segnalando le circostanze, ove necessario, all'
autorità competente
Articolo 34
L'
infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché
l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari.
Articolo 35
L'
infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita
dell’assistito, riconoscendo l'
importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico,
relazionale, spirituale.
Articolo 36
L'
infermiere tutela la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati
alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita.
Articolo 37
L’infermiere, quando l’assistito non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto
da lui chiaramente espresso in precedenza e documentato.
Articolo 38
L'
infermiere non attua e non partecipa a interventi finalizzati a provocare la morte, anche se la richiesta
proviene dall'
assistito
13
Articolo 39
L'
infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, in particolare nella evoluzione
terminale della malattia e nel momento della perdita e della elaborazione del lutto.
Articolo 40
L'
infermiere favorisce l’informazione e l’educazione sulla donazione di sangue, tessuti ed organi quale
atto di solidarietà e sostiene le persone coinvolte nel donare e nel ricevere.
Capo V
Articolo 41
L'
infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori di cui riconosce e valorizza lo specifico
apporto all'
interno dell'
équipe.
Articolo 42
L'
infermiere tutela la dignità propria e dei colleghi, attraverso comportamenti ispirati al rispetto e alla
solidarietà.
Articolo 43
L'
infermiere segnala al proprio Collegio professionale ogni abuso o comportamento dei colleghi
contrario alla deontologia.
Articolo 44
L'
infermiere tutela il decoro personale ed il proprio nome. Salvaguarda il prestigio della professione ed
esercita con onestà l’attività professionale.
Articolo 45
L’infermiere agisce con lealtà nei confronti dei colleghi e degli altri operatori.
Articolo 46
L’infermiere si ispira a trasparenza e veridicità nei messaggi pubblicitari, nel rispetto delle indicazioni
del Collegio professionale.
Capo VI
Articolo 47
L'
infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del
sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l'
utilizzo equo ed appropriato
delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.
Articolo 48
L'
infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, di fronte a carenze o disservizi provvede a darne
comunicazione ai responsabili professionali della struttura in cui opera o a cui afferisce il proprio
assistito.
Articolo 49
L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono
eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone
le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato
professionale.
Articolo 50
L'
infermiere, a tutela della salute della persona, segnala al proprio Collegio professionale le situazioni
che possono configurare l’esercizio abusivo della professione infermieristica.
14
Articolo 51
L'
infermiere segnala al proprio Collegio professionale le situazioni in cui sussistono circostanze o
persistono condizioni che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza o il decoro dell'
esercizio
professionale.
Disposizioni finali
Le norme deontologiche contenute nel presente Codice sono vincolanti; la loro inosservanza è
sanzionata dal Collegio professionale.
I Collegi professionali si rendono garanti della qualificazione dei professionisti e della competenza da
loro acquisita e sviluppata.
15
Riferimenti bibliografici
•
A.A.V.V. Guida all’esercizione della professione di infermiere- C. G. Ed Medico
Scientifiche- Torino, 3 ed. 2002. aggiornamento 2009
•
Commentario al Nuovo Codice deontologico dell’infermiere- C. Calamandrei,
L. D’Addio Ed. McGraw Hill, Milano, 1999
•
Commentario al Nuovo Codice deontologico dell’infermiere- a cura di Annalisa
Silvestro con il contributo di Gianantonio Barbieri, Ada Ma succi, Daniele Rodriguez,
Antonio G. Spagnolo Federazione Nazionale Collegi Ipasvi, Ed. McGraw Hill, Milano,
2009
•
Il Codice Deontologico dell’Infermiere – Federazione Nazionale Collegi Ipasvi- Roma,
2009