Il finanziamento del diritto allo studio universitario

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Il finanziamento del diritto allo studio universitario
Università Commerciale Luigi Bocconi
Econpubblica
Centre for Research on the Public Sector
SHORT NOTES SERIES
Il finanziamento del diritto allo studio universitario:
problemi e prospettive
Proposte per una qualificazione della spesa pubblica nel
settore
Tommaso Agasisti
Short note n. 19
June 2007
www.econpubblica.unibocconi.it
Il finanziamento del diritto allo studio universitario:
problemi e prospettive
Proposte per una qualificazione della spesa pubblica nel settore
Tommaso Agasisti, Politecnico di Milano
1. Introduzione
Il sistema di finanziamento del diritto allo studio universitario (DSU), in Italia, presenta
diverse criticità. Occorre affermare che grandi passi in avanti si sono fatti, dal 1997 in
avanti, ma oggi, a 10 anni di distanza, si avverte l’esigenza di un cambio di rotta. In
questo paragrafo introduttivo, verranno presentati alcuni dati che cercano di dimostrare,
in modo più o meno diretto, quali sono i “sintomi” di un sistema oramai inadeguato.
Il presente contributo si focalizza, principalmente, sul tema degli aiuti finanziari (borse
di studio) e dei posti alloggio, poiché è comune opinione, tra gli addetti ai lavori, che
queste due categorie siano le più importanti, come rilevanza, per il miglioramento della
condizione degli studenti.
1.1. Gli aiuti finanziari agli studenti universitari
In primo luogo, si osservi il numero di beneficiari di un aiuto finanziario (borsa di
studio) sul totale degli iscritti nelle università italiane (tabella 1). È facile vedere che la
capacità del sistema del diritto allo studio di offrire un aiuto finanziario agli studenti
universitari è molto limitata: il numero di beneficiari è una percentuale molto ridotta
della popolazione studentesca complessiva.
Tabella 1.
Il diritto allo studio universitario in Italia: numero di borse di studio erogate e numero di studenti
Numero totale di
studenti
2001/02
136,896
1,684,533
2002/03
132,315
1,771,553
2003/04
133,714
1,785,424
2004/05
139,113
1,820,148
2005/06
139,032
1,823,886
Fonte: elaborazione su dati CNVSU (www.cnvsu.it) e MUR (www.miur.it).
Anno accademico
Borse erogate
Copertura %
8.13%
7.47%
7.49%
7.64%
7.62%
Tale limitato numero di interventi non è giustificato dal loro elevato importo unitario. Si
potrebbe infatti immaginare che la ragione di una bassa incidenza del numero di
interventi sul totale degli studenti sia dovuta ad una “concentrazione” degli stessi su una
o più particolare categoria di studenti. Se così fosse, la “selettività” degli interventi
potrebbe anche essere vista come un indicatore, positivo, di chiarezza nel
perseguimento di determinate politiche. Invece, gli importi delle borse di studio sono
decisamente scarsi. La normativa nazionale che regola la materia (DPCM 9 aprile 2001)
prevede importi minimi davvero contenuti: per la categoria degli studenti “fuori sede”,
che devono sostenere costi rilevanti di vitto e di alloggio, la borsa di studio ammonta a
-1-
circa euro 4.300 (su base annua). E’ evidente, dunque, che il basso numero di borse di
studio è anche accompagnato da un loro ammontare pro-capite modesto. Peraltro, le
indagini più recenti hanno dimostrato come tali importi siano inadeguati alla copertura
dei veri costi di mantenimento, soprattutto nel caso degli studenti fuori sede (Catalano e
Fiegna, 2003; Laudisa, 2003).
1.2. Strumenti per l’accoglienza degli studenti universitari: i posti alloggio
Un ulteriore dato che fornisce la dimensione del problema è quello legato al numero di
posti alloggio a tariffa agevolata, destinati a studenti universitari capaci e meritevoli,
anche se privi di mezzi (tabella 2). Tali posti alloggio dovrebbero contribuire alla
riduzione dell’incidenza di una delle maggiori fonti di elevato costo per gli studenti: il
costo di alloggio (le più recenti indagini sui costi di mantenimento degli studenti
universitari mostrano, con chiarezza, che questa è la spesa più consistente che essi
devono affrontare nel caso decidano di studiare presso una città diversa da quella di
residenza – si veda Catalano e Fiegna, 2003).
Tabella 2.
Il numero di posti alloggio nel sistema universitario italiano, 2000-2005
Anno di riferimento
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Fonte: MUR, Ufficio II.
Numero di posti alloggio
Incremento su base annua (%)
29,072
30,269
32,082
33,255
34,166
34,828
4.12%
5.99%
3.66%
2.74%
1.94%
Se si confrontano tali dati con il numero di posti alloggio negli altri paesi europei, il
quadro che emerge è sconfortante. Infatti, i dati Eurostudent 2005 mostrano, per sistemi
universitari comparabili come dimensione (Francia, Germania, Spagna, Regno Unito)
un numero di posti alloggio straordinariamente superiore in questi paesi (figura 1). Una
recente analisi dell’Osservatorio Regionale per il diritto allo studio universitario della
Regione Lombardia ha dimostrato che anche in questa Regione, dove il numero di posti
alloggio è nettamente superiore alla media del Paese, esso è gravemente insufficiente a
soddisfare la domanda potenziale espressa dalla popolazione studentesca (ORDAS,
2006).
-2-
Figura 1.
Le residenze universitarie in alcuni paesi europei (2003)
700,000
580,000
600,000
500,000
400,000
350,000
260,000
300,000
200,000
130,000
100,000
34,000
0
Francia
Germania
Gran Bretagna
Italia
Spagna
Fonte: rielaborazioni su dati EUROSTUDENT, 2005.
Sintetizzando, il nostro sistema di diritto allo studio universitario è oggi caratterizzato
da tre problematiche strutturali:
• Scarsità nel numero di interventi;
• Inadeguatezza degli importi pro-capite degli interventi;
• Insufficienza di posti alloggio a tariffe agevolate.
Tali problemi sono tutti riconducibili a modalità di finanziamento del settore
inadeguate; da un lato (1) le ristrettezze delle finanze pubbliche, dall’altro (2) una poco
chiara ripartizione dell’onere del finanziamento tra Stato e Regioni, determina
prestazione oramai troppo insufficienti.
In questo lavoro, si intendono analizzare sinteticamente alcune criticità “di sistema” e
gestionali nel settore del diritto allo studio, conseguenti ai problemi di tipo finanziario
testé esposti, e alcuni possibili rimedi attuabili nel breve/medio periodo.
2. I problemi del Diritto allo Studio Universitario (DSU) in Italia
2.1. Il fenomeno degli “idonei non beneficiari”: le sperequazioni a livello regionale
La legislazione nazionale relativa al DSU prevede che il finanziamento delle borse di
studio debba essere effettuato con:
• le risorse proprie delle Regioni;
• un fondo statale integrativo “per borse di studio e prestiti d’onore”;
• il gettito di una tassa regionale ad hoc, pagata da tutti gli studenti che si
iscrivono all’università - ad eccezione degli idonei a ricevere la borsa stessa.
Nell’a.a. 2005/06, come anche negli anni precedenti, la maggior parte della spesa è stata
finanziata da questa terza fonte (tassa regionale pagata dagli studenti), mentre la quota
minoritaria di finanziamento deriva dalle risorse proprie regionali (figura 2).
-3-
La gestione operativa è affidata ad organismi regionali appositamente istituiti (enti per il
diritto allo studio), che hanno caratteristiche istituzionali e nomi molto differenti nelle
diverse Regioni. Peraltro, anche a valle della riforma del titolo V della Costituzione,
alcune Regioni hanno esercitato la propria autonomia nella direzione di una
sperimentazione di forme gestionali differenti: ad esempio la Regione Lombardia ha
affidato tali compiti direttamente alle università (l.r. n. 33/04).
Figura 2.
Il finanziamento delle borse di studio in Italia, a.a. 2005/06, per fonte di finanziamento
Fondo
integrativo
37%
Tassa
regionale
studenti
40%
Risorse
proprie
regionali
23%
Fonte: elaborazioni su dati MUR, Ufficio II.
Questa impostazione del finanziamento del sistema ha creato nel corso degli anni forti
disparità tra regioni, fallendo di fatto l’obiettivo dell’equità di trattamento sul territorio
nazionale, pur in un quadro di incremento delle risorse disponibili e degli interventi
erogati. Vi sono infatti notevoli differenze tra le regioni: prendendo ad esempio come
riferimento l’a.a. 2004/05, ve ne sono alcune che hanno erogato la borsa di studio a tutti
gli studenti idonei (Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Toscana, Valle
d’Aosta, Province Autonome di Trento e Bolzano), mentre altre non hanno soddisfatto
neppure il 50% degli aventi diritto (Campania, Molise, Sicilia) – si veda la tabella 3.
Perché vi sono queste differenze? Le ragioni sono ovviamente riconducibili, in parte, ad
una differente (1) priorità politica del tema nel contesto regionale e (2) a differenti
abilità gestionali – anche in termini di efficienza della spesa; tuttavia, la ragione
principale risiede nella differente capacità di spesa pubblica propria delle Regioni. Non
a caso, le Regioni “low performer” sono quasi tutte nel sud del Paese; e difatti le
Regioni che hanno notoriamente un benessere economico maggiore (quelle che hanno
PIL/procapite maggiori) sono maggiormente in grado, in media, di erogare la borsa di
studio al 100% degli aventi diritto.
-4-
2.2. La spesa pubblica non può sostenere aumenti considerevoli degli interventi per il
diritto allo studio universitario
Le dinamiche della spesa pubblica, dunque, giocano un ruolo fondamentale nel
determinare i livelli di performance delle diverse Regioni, in termini di abilità nel
soddisfacimento della domanda espressa dagli studenti universitari capaci e meritevoli,
anche se privi di mezzi. Tuttavia, se il diritto di questi studenti a ricevere un sostegno
finanziario deriva direttamente dalla Costituzione (art. 34), appare dunque necessario
individuare le modalità più opportune affinché tale diritto sia soddisfatto. Questo lavoro
non tratta le implicazioni politiche di tale affermazione, e dunque le forme di sanzione
da apprestare per contrastare il fenomeno degli studenti “idonei non beneficiari”; il
focus dell’attenzione è qui rivolto alla necessità di incrementare la spesa nel settore.
Tabella 3.
Il numero di idonei e le borse di studio in Italia, a.a. 2005/06
Regioni - Province autonome
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna
Friuli Venezia Giulia
Lazio
Liguria
Lombardia
Marche
Molise
Piemonte
Puglia
Sardegna
Sicilia
Toscana
Umbria
Valle d'Aosta
Veneto
Provincia Bolzano
Provincia Trento
Totale
Numero idonei
concessione borse
di studio a.a.
2005/2006 al
31.12.2005
Numero borse di
studio a.a.
2005/2006
Rapporto %
6,299
2,129
11,713
18,733
14,400
2,789
18,389
3,470
16,458
4,736
1,294
11,836
13,280
7,793
23,450
12,442
4,680
158
10,642
702
2,211
187,604
3,522
284
7,586
9,473
12,556
3,028
15,898
2,400
15,385
4,169
479
11,762
6,669
5,341
11,030
12,208
4,706
158
9,531
636
2,211
139,032
55.91
13.34
64.77
50.57
87.19
108.57
86.45
69.16
93.48
88.03
37.02
99.37
50.22
68.54
47.04
98.12
100.56
100.00
89.56
90.60
100.00
74.11
Fonte: MUR, Ufficio II.
Quello che, in ogni caso, appare evidente, è che l’aumento delle risorse a disposizione
per il finanziamento di strumenti di sostegno agli studenti universitari non può più fare
leva, come nel passato, sul bilancio statale. Si prenda ad esempio in considerazione
-5-
l’a.a. 2005/06. Quanto spesa sarebbe stata necessaria per dare la borsa a tutti gli idonei?
Si osservi la tabella 4. In essa è riportato:
• l’ammontare di risorse effettivamente utilizzato nel 2005/06 per l’erogazione di
borsa di studio, calcolato sulla base dell’importo medio della borsa di studio –
tale importo è “pesato” per tipologia di studente idoneo (riga d),
• l’ammontare di risorse che sarebbero state teoricamente necessarie per
soddisfare tutta la domanda, in termini di idonei, (riga e).
Tali simulazioni sono effettuate considerando alcune ipotesi semplificatrici: gli importi
minimi della borsa (DPCM 9 aprile 2001) ed una identica distribuzione degli aventi
diritto tra fuori sede, in sede e pendolari.
Tabella 4.
Simulazioni su spesa necessaria per aumento platea dei beneficiari di borsa di studio
a
Numero di idonei
b
Numero di borsisti
c
Importo medio borsa di studio
d
Spesa per borse di studio a.a. 2005/06 (c*b)
e
Spesa per soddisfacimento domanda (c*a)
Fonte: elaborazioni su dati MUR, Ufficio II
187,604
139,032
€ 2,936.09
€ 408,210,513
€ 550,822,293
È evidente, da queste simulazioni, che i differenziali di spesa necessari per un
soddisfacimento della domanda (erogare borsa di studio a tutti gli idonei) o addirittura
aumentare la platea degli idonei non sono compatibili con il periodo di limitazioni
stringenti delle finanze pubbliche statali – il capitolo di bilancio statale destinato al
fondo integrativo è stato costantemente aumentato, tranne che nel 2002 e nel 2003, ma a
tassi nettamente inferiori a quelli necessari per sostenere aumenti considerevoli del
numero di interventi (Agasisti e Catalano, 2006).
Tali vincoli, peraltro, si riflettono sulla capacità di spesa pubblica regionale; le Regioni,
avendo altri rilevanti compiti istituzionali di competenza esclusiva, che assorbono gran
parte delle proprie risorse (ad esempio, la Sanità) tendono a non prevedere aumenti di
spesa significativi nei prossimi anni per il DSU. Infine, la normativa vigente impone
vincoli alle Regioni nella determinazione dell’importo della tassa regionale (terza, ma
principale, fonte di finanziamento delle borse di studio) che oggi non può essere fissata
ad un importo superiore ad euro 103,2 (equivalente a 200.000 lire, il limite determinato
dalla – obsoleta – normativa in materia).
Il settore si trova dunque in una situazione di empasse: le tradizionali modalità di
finanziamento risultano oggi non adeguate a garantire i livelli quali-quantitativi degli
interventi. Si noti, peraltro, che il finanziamento statale per l’altro servizio al centro di
questo lavoro (i posti alloggio) è legato prevalentemente, negli ultimi anni,
all’attuazione della legge n. 338/2000, la quale certamente mette a disposizione molte
risorse, ma a scadenze piuttosto lunghe nel tempo. Il primo bando, emanato nel 2001, ha
avuto i suoi effetti finali solamente a partire dal 2005, ed è stato in grado di generare
circa 14.000 nuovi posti alloggio. Il traguardo raggiunto è dunque importante, ma il
nostro sistema di posti alloggio per studenti universitari ha bisogno di crescere in modo
molto più consistente e rapido.
-6-
3. Alcune possibili soluzioni: indicazioni dalla letteratura e dall’esperienza
internazionale
Il problema della sostenibilità finanziaria degli strumenti di sostegno agli studenti
universitari non è nuovo, e si è presentato, pur con forme e modalità diverse, in
numerosi paesi che hanno deciso di riformare il settore. Uno dei casi più recenti, da
questo punto di vista, è quello del Regno Unito, dove nel 2004 il Governo Blair ha
introdotto un sistema di sostegno per tutti gli studenti, aumentando però al contempo, in
misura significativa, le tasse universitarie. Inoltre, in numerosi paesi (ad esempio Paesi
Bassi, Germania, Australia), si è da tempo abbandonato l’utilizzo di forme di sostegno
“a fondo perduto” (borse di studio), per adottare invece modalità di prestito agli
studenti, per consentire il recupero delle risorse pubbliche investite per tali finalità .
La letteratura internazionale, e le sperimentazioni di politiche nel settore, sembrano
dunque suggerire alcune soluzioni ai problemi descritti nei paragrafi precedenti: esse
vengono dettagliate nelle sezioni successive, evidenziando possibili adattamenti al
sistema universitario nel nostro Paese.
3.1. Un sistema meno pesante per la spesa pubblica e più responsabilizzante: la
borsa/prestito
Come visto, un meccanismo di sostegno agli studenti interamente fondato su borse di
studio a fondo perduto è troppo oneroso nel medio/lungo periodo, e non permette di fare
politiche di ampio respiro, coinvolgendo porzioni crescenti di studenti. Il sistema deve
dunque diventare capace, gradualmente, di autoalimentarsi mediante il recupero delle
somme investite.
La letteratura economica ha pertanto suggerito, per tali finalità, l’adozione dello
strumento del prestito agli studenti (Barr, 2004; Chapman, 1997). La riforma dei sistemi
di sostegno verso queste modalità è stata avviata, nel corso degli anni novanta, in
numerosi paesi: Germania, Australia, Stati Uniti, Regno Unito, Paesi Bassi.
La legge n. 390/1991 aveva l’obiettivo di introdurre un sistema di prestiti anche nel
nostro paese; e, tuttavia, in Italia una vera politica di prestiti non è mai stata attuata,
anche perché le condizioni definite dalla normativa erano troppo stringenti (tasso di
interesse nullo, periodo di restituzione molto lungo, ecc.) e gli istituti di credito non si
sono resi disponibili a dare attuazione alla norma (per un approfondimento su questo
tema, si veda Agasisti, 2006).
I citati contributi della letteratura illustrano numerose ragioni, anche dal punto di vista
teorico, che giustificano una preferenza verso lo strumento dei prestiti, in particolare gli
elevati rendimenti privati dell’istruzione universitaria e la responsabilizzazione del
corpo studentesco. Tuttavia, questo articolo concerne l’aspetto finanziario della gestione
degli interventi agli studenti, e dunque non sono approfonditi questi aspetti, per i quali
si rimanda, tra gli altri, ad un recente contributo di Dal Bianco (2006).
Tornando al tema del finanziamento, la forma del prestito ha il pregio di permettere un
coinvolgimento di una più ampia platea di studenti. La modalità applicativa dei prestiti,
infatti, dovrebbe prevedere il ruolo di erogatore agli istituti di credito, e il ruolo del
settore pubblico dovrebbe limitarsi alla corresponsione di contributi in c/interesse e
c/capitale (per diminuire l’onere a carico degli studenti) e alla predisposizione di un
fondo di garanzia, per tutelare il rischio sostenuto dagli istituti di credito.
La proposta qui presentata è un “adattamento” del modello di prestito tradizionalmente
presentato in letteratura: si ritiene, infatti, che il nuovo strumento debba rappresentare
-7-
un graduale adeguamento dello strumento borsa ad uno strumento misto borsa/prestito.
La ragione è che un brusco passaggio da un sistema fondato sulle borse di studio, ad
uno fondato interamente sui prestiti, potrebbe rivelarsi inefficace, anche a causa della
avversione al debito delle famiglie italiane – specialmente quelle che versano in
condizioni economiche più svantaggiate (che rappresentano i destinatari di questa
politica). Si potrebbe immaginare che, a partire da un determinato anno accademico,
l’importo della borsa di studio rimanga costante, e si offra allo studente la possibilità di
accedere ad un prestito agevolato, dove eventualmente il grado di agevolazione sia
funzione delle condizioni economiche: questa modalità “graduale” di introduzione dello
strumento, peraltro, è stata quella sperimentata con successo nel Regno Unito. In questo
modo, non si metterebbe in crisi il nostro sistema di sostegno agli studenti, e le risorse
aggiuntive, anche se limitate, permetterebbero di aumentare in modo significativo le
risorse a disposizione di ciascuno studente. Inoltre, prestiti meno agevolati potrebbero
essere offerti ad una platea più ampia di studenti, coloro cioè che non presentano
condizioni economiche svantaggiate.
Le condizioni del prestito dovrebbero essere definite da ciascuna convenzione tra istituti
di credito e università, entro certi limiti (molto generali) definiti a livello statale o,
meglio ancora, regionale. Ciascuna regione, in fase di programmazione delle proprie
attività con le università, dovrebbe poter svolgere delle simulazioni dei costi e dei
benefici, in termini di dinamiche della spesa pubblica regionale, derivanti da tale
innovazione. Il fondo statale dovrebbe continuare ad aumentare, ma ad ogni aumento
dovrebbe corrispondere un aumento più che proporzionale del numero e degli importi
degli interventi.
3.2. Il “cost-sharing”: il ruolo degli studenti nel finanziamento del settore
Il secondo passo fondamentale riguarda la partecipazione degli studenti al costo del
sistema per il diritto allo studio. Le ragioni teoriche che giustificano un maggiore
coinvolgimento degli studenti nel finanziamento delle attività universitarie sono state
ben analizzate nella letteratura economica. In particolare, Johnstone (2003) sottolinea
come vi siano motivazioni legate all’equità e all’efficienza. Sotto il profilo dell’equità,
far pagare le famiglie più abbienti consente di direzionare le risorse verso le famiglie
che versano, invece, in condizioni economiche svantaggiate. In termini di efficienza,
d’altro canto, qualora gli studenti partecipino al costo del servizio la loro attenzione
verso la qualità dello stesso aumenta, generando così un effetto di “attenzione al cliente”
da parte delle università. Infine, si sottolinea anche il ruolo “responsabilizzante” della
partecipazione ai costi, che induce gli studenti ad impegnarsi per ottenere migliori
risultati, in tempi più rapidi.
Queste ragioni teoriche appaiono convincenti, e di recente alcuni paesi stanno
ripensando il proprio approccio nei confronti della tassazione studentesca. I casi più
eclatanti non sono solo quelle inglese, già citato in precedenza, ma anche quello
tedesco: nel 2006, la Corte Costituzionale tedesca ha ufficialmente attribuito autonomia
ai Lander nella possibilità di introdurre forme di tassazione studentesca. Si noti che il
sistema universitario tedesco, tradizionalmente, è stato tra i più avversi verso questa
tematica; e, tuttavia, già alcuni Lander hanno introdotto meccanismi contributivi di un
qualche rilievo.
Anche in questo caso, le indicazioni della teoria e i trend internazionali potrebbero
essere recepite nel nostro Paese, utilizzando peraltro uno strumento già esistente. Infatti,
-8-
la tassa regionale per il diritto allo studio universitario già oggi svolge questo ruolo, ma
con importi molto ridotti e vincolati all’erogazione di borse. La finalità legata all’equità
ed alla redistribuzione delle risorse è implicita nel meccanismo di questa tassa: essa
infatti viene pagata da tutti gli studenti, e serve a finanziare le borse di studio per gli
studenti meno abbienti (i quali sono, ovviamente, esonerati dal pagamento della tassa
stessa). Si potrebbe ipotizzare di agire in due passi successivi, per migliorare l’efficacia
di questo strumento:
• il limite massimo dell’importo della tassa regionale dovrebbe essere aumentato,
almeno del 100% (portando quindi il limite a 200 euro circa). Si noti che, con
questo intervento sostanzialmente non incisivo in termini di maggiore pressione
tributaria a carico dello studente (la tassa regionale rappresenta oggi, come
percentuale sulla tassa media pagata dagli studenti universitari, circa il 10%),
sarebbe possibile raddoppiare le risorse derivanti da questa fonte, con effetti
significativi sull’importo dei singoli interventi di sostegno;
• inoltre, ciascuna Regione dovrebbe poter istituire una propria sovrattassa, il cui
pagamento potrebbe essere lasciato alla facoltà di ciascuno studente, il cui
gettito potrebbe essere destinato alle priorità regionali nel settore DSU, anche ad
esempio per aumentare l’agevolazione dei prestiti erogati.
Si noti che entrambe queste linee di intervento non configurano un mero aumento della
contribuzione studentesca, ma avrebbero invece finalità fortemente redistributive,
poiché i gettiti sarebbero rivolti ad interventi di diverso tipo, non necessariamente per
borse di studio a fondo perduto, e comunque rivolte alle fasce della popolazione
studentesca meno abbienti, per le quali l’investimento in istruzione universitaria appare
più costoso e più rischioso. In ogni caso, l’utilizzo del gettito per favorire la diffusione
dello strumento del prestito farebbe in modo che gli studenti che ricevono questa
opportunità siano poi vincolati al rimborso, una volta entrati nel mondo del lavoro, delle
somme ricevute dalla collettività (sotto forma di aiuti con risorse pubbliche).
Si sottolinea, infine, che la previsione di una sovrattassa (che potrebbe anche essere
dello stesso importo della tassa) ad adesione volontaria, permette (1) di stimolare da un
lato la partecipazione attiva degli studenti più abbienti al problema delle pari
opportunità, senza imporre “dall’alto” una tassa di scopo senza una adeguata
informazione, e (2) di favorire la crescita della coesione sociale tra gli stessi studenti.
4. Riflessioni conclusive
In questo lavoro, si sono evidenziati i maggiori problemi di tipo finanziario di cui soffre
il sistema italiano di diritto allo studio universitario. Comprendere a fondo questi
problemi è assolutamente necessario per convincersi che un sistema, pensato
tradizionalmente come insieme di interventi di stampo assistenzialistico, non possa più
“reggere l’urto” del cambiamento; e questo, dal punto di vista della finanza pubblica,
perché le risorse pubbliche regionali e statali che possono essere utilizzate per queste
finalità sono in costante diminuzione (non tanto in termini assoluti, ma in termini di
capacità di crescita dei relativi capitoli di bilancio).
Il presente lavoro delinea anche alcune possibili direttrici per la riforma del settore,
nell’ottica di un contenimento della spesa pubblica, a cui però corrisponda anche un
aumento quali-quantitativo del livello dei servizi (in questo caso, degli interventi
-9-
finanziari a favore degli studenti universitari). Tali direttrici sono dettate (1) sia da una
letteratura, oramai piuttosto sviluppata, su queste tematiche, (2) sia da esperienze
internazionale piuttosto consolidatisi negli ultimi anni.
In conclusione, vi è anche un ultima raccomandazione da fare. La legislazione sulle
modalità operative di gestione degli interventi finanziari dovrebbe essere snellita a
livello statale, e molta più autonomia dovrebbe essere assegnata al livello di governo
regionale. Tuttavia, come noto, la ricerca di un equilibrio tra competenza dello Stato e
competenza delle Regioni è non solo un ardito problema di tipo giuridico (si veda, a tal
fine, Violini, 2005) ma anche finanziario. Infatti, nel momento in cui si delineassero in
modo preciso le diverse competenze, dovrebbero essere anche identificate le diverse
modalità di partecipazione al finanziamento dei servizi.
Il tema del federalismo nella gestione decentrata delle risorse è oggi molto dibattuto in
termini teorici e politici. La sfida del prossimo futuro è proprio quella di cominciare a
sperimentare, nel concreto, l’autonomia e la responsabilità regionale nel settore,
nell’ambito di quadri di regolazione e di finanziamento definiti dallo Stato.
Riferimenti bibliografici
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Milano, Guerini Editore, pp. 39 - 59.
Agasisti, T., Catalano, G., (2006), “Riformare il sistema di sostegno agli studenti
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