NUVOLE DI CIPRIA

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NUVOLE DI CIPRIA
Comunicato Stampa
NUVOLE DI CIPRIA
Stefania Romano
CASE CHIUSE, CORPI APERTI
I bordelli si chiamavano così perché avevano sede in
case piccole e scalcagnate, ovvero in una tipologia di
edifici che, nel francese delle origini, veniva designata
con il termine bordel. Sto parlando ovviamente di un
tempo molto lontano, che ha avuto termine all’incirca
con l’età dei lumi, quando anche in Italia, per indicare
il luogo in cui avviene la prostituzione, si è preferito usare un sinonimo più aggraziato, qual è casino. Anche
questa parola tuttavia, non diversamente da bordello, risulterebbe inappropriata per definire gli ambienti evocati
dalle fotografie di Stefania Romano. Entrambi i termini
infatti suggeriscono un senso di rumore, di concitazione:
l’esatto contrario del silenzio appagato e del senso di indecifrabile intimità (con il proprio corpo, ancor prima che
con quello di un ipotetico “cliente”) a cui tendono le case
chiuse di Stefania.
È noto quanto la pittura del tardo Ottocento e del primo
Novecento debba a tali case. Parecchie opere di Degas
e di Toulouse-Lautrec; Les demoiselles d’Avignon; Rissa
in galleria e altri dipinti futuristi ambientati nella Galleria
Vittorio Emanuele, cioè il luogo a più alto tasso di prostituzione della Milano novecentesca: non sono che alcuni esempi del legame (conturbante ma innegabile) tra
meretricio e modernità estetica. Le foto di Stefania Romano però sembrano impregnate di un’altra cultura e di
un’altra atmosfera. Anzitutto di quelle di certa fotografia
degli anni venti e trenta, ma anche di certo cinema dello
stesso periodo: fotografia e cinema attraversati imman
cabilmente da ombre che a volte tracimano in tenebre,
ma più spesso si assestano in un enigmatico chiaroscuro. Le case chiuse del cinema e della letteratura francese
dell’entre deux guerres sono torbide ed eleganti come i
luoghi nei quali immaginiamo siano state scattate queste
fotografie, ma forse è bene che il riferimento al contesto
si fermi qui e che a parlare siano direttamente le foto e i
corpi che esse raffigurano.
Corpi osservati (e in parte spiati) attraverso inquadrature
anomale, corpi riflessi in specchi, corpi circoscritti in ovali che li rendono tanto stranianti quanto seducenti. Corpi
anonimi, ma paradossalmente tutt’altro che impersonali,
privi di volto, ma dotati almeno apparentemente di una
personalità spiccata quanto le loro forme. Corpi obliqui,
capovolti, corpi inscatolati ma tutt’altro che chiusi alle
sensazioni, anzi aperti a uno spettro di possibilità percettive che include ovviamente il piacere, ma un piacere instabile e sottilmente minaccioso. Corpi a volte eloquenti,
talora contornati da orpelli che sembrano avere una funzione sonora, cioè rendere acustico (ancor prima che
tattile o visivo) il piacere; più spesso corpi dal linguaggio
cadenzato, dalla risonanza contratta, dall’espressività
restia a dire tutto, anzi propensa a tacere di molto, ma
non dell’essenziale. Corpi anomali, nel panorama della fotografia contemporanea, perché non identitari e
tutt’altro che esibiti, anzi caratterizzati da una reticenza
che ne preserva il mistero senza vietarli allo sguardo.
Inaugurazione 15 maggio ore 18.00
15 maggio/30 maggio 2015
A cura di Pino Diecidue - Testo critico Roberto Borghi - Direzione City Art Angelo Caruso
Roberto Borghi
Via Dolomiti 11 20127 Milano Tel. 02-87167065
www.cityart.it [email protected]