alcune note sulle isometrie piane - Dipartimento di Scienze Umane

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alcune note sulle isometrie piane - Dipartimento di Scienze Umane
ZZ
A
Giulio Caiati
Angelica Castellano
ALCUNE NOTE
BO
SULLE ISOMETRIE PIANE
2
ZZ
A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
In questo breve scritto ci proponiamo di indagare la natura delle trasformazioni
isometriche del piano.
Consideriamo un piano e l’insieme dei punti che lo definiscono. Diciamo che
1
una trasformazione geometrica del piano è una corrispondenza biunivoca1
fra i punti del piano.
Se indichiamo con A l’insieme dei punti di un piano, abbiamo che una trasformazione del piano è una qualsiasi corrispondenza biunivoca f definita in A e a valori
in A, f : A −→ A.
2
Un’isometria (del piano) è una trasformazione geometrica del piano che conserva le distanze.
BO
Prima di vedere alcuni esempi di isometrie, soffermiamoci sui termini della definizione precedente e su alcune proprietà.
Osserviamo innanzitutto che un’isometria è una corrispondenza biunivoca del piano in sé e, quindi, è una trasformazione di tutto il piano in sé, ovvero una legge che
fa corrispondere biunivocamente a ogni punto del piano un altro punto del piano.
Notiamo inoltre che può accadere che i due punti coincidano, ossia che l’isometria
associ a ogni punto del piano il punto stesso2 .
Questa prima riflessione sulla definizione di isometria ci permette di puntualizzare
subito una proprietà che caratterizza tutte le trasformazioni geometriche che tratteremo, ovvero il fatto di essere trasformazioni di tutto lo spazio ambiente in sé.
Un’isometria piana è una legge che ad ogni punto del piano, essendo i punti gli
elementi dell’insieme piano, associa biunivocamente, cioè in maniera iniettiva e
suriettiva, uno e un solo punto del piano.
Pur avendo definito le isometrie come trasformazioni dell’intero piano, fare geometria significa occuparsi delle figure quindi concentreremo la nostra attenzione
sulle figure geometriche. Prima di procedere abbiamo, però bisogno di definire
cosa intendiamo con il termine figura geometrica.
3
Una figura geometrica piana, per noi, è un qualsiasi insieme di punti del
piano.
In questo senso diciamo quindi che un’isometria f associa ad una figura F la figura
F ′ se a ciascun punto P di F f associa un punto P ′ di F ′ e, viceversa, ciascun punto P ′ di F ′ è il corrispondente tramite f di un punto P di F. Ricordiamo che due
punti che sono associati da una corrispondenza biunivoca sono detti essere l’uno
l’immagine dell’altro. Abbiamo quindi nel nostro caso che P ′ è l’immagine di P,
f (P) = P ′ . Per estensione, è logico dunque chiamare F ′ figura immagine di F
1 Si
2 Si
veda ad esempio [CC].
veda la definizione 10 .
3
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ZZ ZZ
A A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
tramite l’isometria f . F ′ può essere indicata anche come l’immagine isometrica,
tramite f , della figura F. Nel caso in cui l’immagine, tramite una trasformazione,
di un punto sia il punto stesso allora il punto si dice punto fisso della trasformazione. Nel caso in cui invece l’immagine di una retta rispetto a una trasformazione
sia la retta stessa, ovvero l’immagine di ciascun punto della retta è ancora un punto
della retta (anche se non necessariamente lo stesso) allora la retta si dice retta fissa
della trasformazione.
La definizione di isometria precisa, inoltre, che le isometrie sono corrispondenze
del piano che conservano le distanze. L’etimologia stessa del termine isometria lo
specifica. La parola infatti ha origini greche e si compone dei due termini, isos che
significa uguale e metros che significa misura. Per dare significato a questa seconda
proprietà delle isometrie abbiamo bisogno di chiarire il concetto di distanza.
4
Nel piano la distanza fra due punti si riferisce alla lunghezza del segmento
che ha per estremi i due punti dati.
Ricordiamo che un segmento è un tratto di retta di lunghezza finita. Consideriamo
ad esempio due punti A e B nel piano quadrettato sottostante la cui distanza sia
AB = 5 q, dove q sta per quadretto. Sia f una isometria del piano che associa ai
punti A e B rispettivamente i punti A′ e B ′ , ossia f (A) = A′ e f (B) = B ′ , avremo
allora che la distanza fra le immagini è A′ B ′ = 5 q.
B′
+
A
B
+
+
A′
+
√
Infatti abbiamo che AB = 5 quadretti e A′ B ′ = 32 + 42 = 5 quadretti. Si osservi che quando usiamo il termine “quadretto” per unità di misura di lunghezze,
intendiamo il lato di un quadretto.
Questa seconda riflessione sulle isometrie ci permette di classificarle come particolari esempi di trasformazioni geometriche rigide ovvero corrispondenze dell’intero spazio ambiente individuate dalle immagini di un insieme finito di punti.
Cerchiamo di capire meglio il senso di questa affermazione nel caso delle isometrie
piane.
Il fatto che le isometrie conservino le distanze ci permette di identificare una isometria quando quello che conosciamo è soltanto il suo effetto su un “pezzo” di piano.
Ci chiediamo, quindi, di che “pezzo” di piano si tratti. Sappiamo che un’isometria
4
BO
OZZZ
ZAA
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piana è una trasformazione geometrica del piano, sappiamo altresı̀ che un piano è
individuato in maniera univoca da 3 punti non allineati. Affermiamo quindi che:
dati 3 punti non allineati A, B e C e una corrispondenza (biunivoca) f ′ che
associa A′ ad A, B ′ a B e C ′ a C in modo tale che A′ B ′ = AB, A′C ′ = AC e
B ′C ′ = BC, allora è unica l’isometria del piano f che estende f ′ .
5
|
+
||
+
|
+
A
+
+
||
+
C
C′
+
+
B′
B
A′
D IMOSTRAZIONE .
Partiamo dalla corrispondenza f ′ e consideriamo una sua “estensione” f a
tutti i punti del piano, ovvero una corrispondenza fra i punti del piano tale
che
f (A) = f ′ (A) = A′
f (B) = f ′ (B) = B ′
f (C) = f ′ (C) = C ′
e che l’immagine di un qualsiasi punto P del piano sia un punto del piano
P′ = f (P), che specificheremo fra poco. Supponiamo inoltre che f sia una
isometria. Il nostro obiettivo è quello di provare che f è l’unica isometria
che associa ai 3 punti A, B e C rispettivamente i punti A′ , B ′ e C ′ . Sfruttiamo
il fatto che f conserva le distanze per individuare il punto P ′ immagine di P.
Se mostriamo che questo punto è unico, per l’arbitrarietà con cui abbiamo
scelto P abbiamo dimostrato il teorema.
Siccome f è un’isometria abbiamo, ad esempio, che la distanza di P ′ da
A′ deve essere uguale alla distanza di P da A, e quindi 3 quadretti, e la
distanza di P ′ da C ′ deve essere uguale alla distanza di P da C, e quindi
di 4 quadretti. Già pensando solo a queste due condizioni non troviamo
molti punti del piano che le verificano: possiamo tracciare la circonferenza
di centro A′ e raggio 3 quadretti e la circonferenza di centro C ′ e raggio
4 quadretti e osservare che queste due circonferenza si intersecano in due
punti. Il punto P ′ è necessariamente uno di questi due e, per decidere
quale dei due, possiamo per esempio controllare quale dei due ha da B ′ una
distanza uguale alla distanza uguale alla distanza di P da B.
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A
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B′
+
+
+
A
B
+
A′
+
C
+
P
+
+
C′
P′
Abbiamo cosı̀ individuato in maniera unica l’immagine P ′ del generico punto P del piano; la medesima costruzione può essere ripetuta per qualsiasi
altro punto del piano. Ciò significa che fissando le immagini dei 3 punti A,
B e C rimane fissata in maniera univoca l’immagine di qualsiasi punto del
piano, ossia rimane individuata l’unica isometria.
Quello che è notevole in questo ragionamento è che abbiamo utilizzato soltanto il
fatto che la trasformazione che stiamo cercando di individuare è una isometria: ci
basta sapere che A è associato ad A′ , B a B ′ e C a C ′ per sapere che c’è una sola
isometria con queste caratteristiche e per costruire esplicitamente il corrispondente
di un qualsiasiasi punto del piano tramite questa isometria.
Questo è un fatto molto potente ed è l’elemento concettuale che ci “autorizza” a
descrivere un’isometria con un’immagine che rappresenti soltanto una figura corrispondente (sarebbe un bel disastro se per descrivere un’isometria dovessimo rappresentare i corrispondenti di tutti i punti del piano!). Naturalmente la figura non
può essere troppo “misera”: deve contenere almeno tre punti non allineati!
E SEMPIO . Consideriamo la seguente immagine.
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BO
Z
Z
ZA A
6
B′
C′
F′
D′
E′
G′
F
′
A
G
C
E
D
A
B
Diciamo che il poligono A′ B ′C ′ D ′ E ′ F ′ G ′ corrisponde al poligono ABCDEFG
tramite l’isometria f che associa ciascun vertice al corrispondente vertice con
l’apostrofo. L’utilizzo dell’articolo determinativo è voluto in quanto, definito il
comportamento della trasformazione f sull’insieme finito di punti formato dai
vertici (che sono 7!) del poligono preso in esame, la trasformazione rimane
definita univocamente in tutto lo spazio ambiente: preso, quindi, un qualunque
punto P siamo in grado di definire l’immagine P ′ tramite f , cosı̀ come ci insegna
il teorema 5 . Il come è molto semplice!
B′
C′
F′
D′
E′
G′
F
P
+
C
+
A′
G
P′
E
D
A
B
Basta sfruttare il fatto che le isometrie conservano le distanze e per far ciò utilizziamo la quadrettatura. Osserviamo che il corrispondente P ′ di P rispetto
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Z
ZA Z
A
7
all’isometria f deve essere un punto le cui distanze dai vertici con l’apostrofo
devono essere rispettivamente uguali alle distanze di P dai corrispondenti vertici non con l’apostrofo, ovvero P ′ A′ = PA, P ′ B ′ = PB, P ′C ′ = PC, P ′ D ′ = PD,
P ′ E ′ = PE, P ′ F ′ = PF, P ′ G ′ = PG. Come abbiamo visto le condizioni sono molte, ma sappiamo che non dobbiamo tenerle tutte presenti per determinare la posizione dell’immagine del punto P : ci è sufficiente considerare che
P ′ A′ = PA, P ′ E ′ = PE e P ′ G′ = PG e l’immagine P ′ rimane individuata in maniera univoca.
Qualche proprietà delle isometrie
Occupiamoci ora di alcune fondamentali proprietà delle isometrie che derivano dal
fatto di essere trasformazioni rigide che conservano le distanze.
Iniziamo verificando che le isometrie conservano, oltre alle distanze, altre fondamentali grandezze geometriche.
Le isometrie conservano le aree delle figure.
D IMOSTRAZIONE .
Prima di iniziare la dimostrazione, partiamo come sempre dall’analisi dell’enunciato e osserviamo che nella proposizione si parla di area di una figura.
Stiamo quindi considerando soltanto le figure, descritte nella definizione 3 ,
delimitate da una linea chiusa mista, composta da segmenti e tratti curvilinei.
In questo caso non siamo in grado, considerando gli strumenti di geometria
elementare contenuti in questa breve dispensa, di dimostrare il teorema per
qualsiasi tipo di figura geometrica, ci limiteremo quindi a provare la proposizione per tutti i poligoni, ossia le figure delimitate da linee spezzate (costituite soltanto da segmenti) non intrecciate.
Consideriamo quindi il seguente poligono P e la sua immagine isometrica
P ′.
B
O
Z
6
P
D′
E
F
D
E′
O′
F′
C′
O
C
A
A′
B′
P
′
B
Prendiamo, come in figura, un punto O interno a P e congiungiamo O con
tutti i vertici del poligono. Otteniamo cosı̀ una famiglia di triangoli tali che la
somma delle loro aree dà esattamente l’area di P. Determiniamo l’immagine
isometrica O ′ di O e operiamo su P ′ la medesima suddivisione in triangoli.
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BO
Z
Z
ZZ
A
A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
Per dimostrare che le isometrie conservano le aree dei poligoni, possiamo
quindi dimostrare che le isometrie conservano le aree dei triangoli.
Per costruzione, abbiamo che il triangolo A′ B ′ O ′ è l’immagine isometrica
del triangolo ABO: i due triangoli hanno i lati corrispondenti congruenti
AB = A′ B ′
AO = A′ O ′
BO = B ′ O ′
Per il terzo criterio di congruenza dei triangoli abbiamo che i due triangoli
sono uguali (congruenti) e quindi hanno la stessa area. Dal momento che il
medesimo ragionamento si può ripetere per tutti i triangoli in cui abbiamo
suddiviso P e, siccome possiamo sempre effettuare la suddivisione di un
poligono in triangoli, abbiamo dimostrato che le isometrie conservano le
aree dei poligoni.
Sempre considerando soltanto la definizione 2 possiamo anche dimostrare che
7
Le isometrie conservano l’ampiezza degli angoli.
Passiamo ora a considerare una figura geometrica: la circonferenza. Cos’è l’immagine isometrica di una circonferenza?
8
L’immagine isometrica di una circonferenza è sempre una circonferenza avente la stessa area.
C′
O′
P′
C
O
P
Abbiamo inoltre che
9
l’immagine di una retta è ancora una retta.
Al termine di questa carrellata, vogliamo sottolineare ancora una volta che nella
dimostrazione di queste proprietà si sfrutta soltanto il fatto che le trasformazioni
che consideriamo conservano le distanze: ciò ci permette di verificare, in un colpo
solo, tali proprietà per tutte le isometrie!
Alcuni esempi di isometrie del piano
Ora ci occupiamo di esaminare qualche esempio di trasformazione del piano di cui
diamo una definizione operativa, ossia una definizione che ci permette, data una
9
BO
Z
Z
ZZ A
A
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figura geometrica, di determinarne concretamente l’immagine.
Prima di proseguire introduciamo il concetto di isometria identica. Fra le infinite
trasformazioni geometriche del piano c’è quella banale rispetto alla quale ciascun
punto corrisponde con la propria immagine, ossia a ciascun punto del piano viene
fatto corrispondere se stesso. Tale isometria è l’identità:
10
l’isometria, per la quale ogni punto del piano è fisso e che viene anche detta
trasformazione banale, è l’identità.
Fino ad ora non ci siamo ancora occupati di partire da una figura e di determinarne l’immagine isometrica, ora invece vogliamo farlo. Partiamo quindi definendo
alcune trasformazioni del piano e verifichiamo in un secondo momento che sono
delle isometrie.
Traslazioni
Prima di definire che cosa sia una traslazione del piano abbiamo bisogno di ricordare la definizione di vettore.
Un vettore è un segmento orientato congiungente una coppia ordinata di
11 punti del piano. Il verso indicato dalla freccia definisce quale, fra i due
punti del piano, è il primo e quale il secondo.
v
U N VETTORE . . . TANTI SEGMENTI
Alla luce della definizione 11 osserviamo che un vettore non è semplicemente un segmento, bensı̀ un qualcosa che al tempo stesso è più
complesso e più generale. Presi comunque due punti del piano per i
quali sia fissato un ordine, questi definiscono un vettore.
Considerando due coppie ordinate di punti, queste individuano lo stesso vettore se, considerando i due segmenti orientati definiti dalle due
coppie, abbiamo che:
- le lunghezze dei due segmenti sono uguali;
- l’inclinazione delle due rette cui appartengono i due segmenti è
la medesima (ovvero le due rette sono parallele);
- il verso di percorrenza dei due segmenti evidenziato dalle frecce
è lo stesso.
La prima condizione definisce il modulo del vettore, la seconda la direzione del vettore e la terza il verso del vettore.
In sostanza abbiamo che un vettore è una classe di segmenti orientati,
per la precisione un vettore è una classe di equivalenza (in proposito si
veda [CC]) di coppie ordinate di punti. Quindi, quando ci viene dato
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BO
Z
ZZ ZA
A
A
10
un vettore, questo non è altro che un rappresentante della classe; per
trovare un altro elemento della medesima classe è sufficiente considerare un’altra coppia ordinata di punti del piano che abbia medesimo
modulo, direzione e verso rispetto a quelli del rappresentante.
Abbiamo quindi che, una volta fissati una lunghezza, una direzione
e un verso, i segmenti orientati con queste caratteristiche sono infiniti: chiamiamo quindi vettore l’insieme di tutti questi segmenti e un
modo per indicarlo può essere quello di considerare la terna (lunghezza, direzione, verso) che individua in maniera univoca tutti i segmenti
orientati equivalenti, ovvero che individuano il medesimo vettore.
Abbiamo ora tutti gli elementi per definire la nostra nuova trasformazione!
−
Una volta fissato il vettore →
v , la traslazione corrispondente è una trasfor-
12
+
mazione che associa a ciascun punto del piano P un punto del piano P ′
−
v.
costruito in modo tale che il segmento orientato PP ′ sia →
P
+
v
P′
Dimostriamo ora che
13
le traslazioni sono delle isometrie.
D IMOSTRAZIONE .
Dobbiamo verificare che le traslazioni sono trasformazioni del piano che
conservano le distanze. Innanzitutto osserviamo che le traslazioni sono
trasformazioni del piano, in quanto con la definizione 12 siamo in grado
di individuare per qualsiasi punto del piano la sua immagine, viceversa,
un qualsiasi punto del piano è immagine di uno e un solo punto del piano
(è sufficiente posizionare sul primo punto la “testa” del vettore, ossia la
freccia, la “coda” del vettore ci indicherà il punto del piano la cui immagine
è proprio il punto dato!).
Per dimostrare, invece, che le traslazioni conservano le distanze dobbiamo
provare che comunque presi due punti A e B del piano, la distanza fra A e B
è uguale alla distanza fra i due punti corrispondenti A′ e B′ . Consideriamo
quindi la seguente figura.
A
v
B
v
A′
B′
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BZO
ZZAZA
A
11
A′ e B ′ sono rispettivamente le immagini di A e B rispetto alla traslazione
−
individuata dal vettore →
v . I segmenti AA ′ e BB ′ sono pari al modulo del vet→
−
tore v : abbiamo quindi che AA ′ = BB ′ . Inoltre i due segmenti in questione
sono anche paralleli fra loro, perché hanno entrambi la stessa direzione del
−
vettore →
v . Abbiamo, dunque, che il quadrilatero ABB ′ A′ è un parallelogramma. In particolare, anche i due segmenti AB e A′ B ′ sono uguali.
I punti A e B che abbiamo scelto sono punti qualunque e la dimostrazione
fatta può essere ripetuta per una coppia qualsiasi di punti del piano, quindi
abbiamo dimostrato che le traslazioni sono delle isometrie.
Vediamo un esempio di traslazione considerando il poligono ABCD.
v
B
D
C
B′
D′
A
C′
A′
−v del poligono ABCD possiaPer costruire l’immagine della traslazione di vettore →
mo limitarci a individuare i punti immagine tramite la traslazione data dei vertici
A, B, C, D: il poligono immagine si otterrà congiungendo questi punti seguendo
l’ordine con cui sono congiunti dal perimetro della figura iniziale.
−
Cominciamo con il vertice A, la sua immagine tramite la traslazione di vettore →
v è
−v . Individuiamo
un punto del piano A′ tale che il vettore AA′ sia uguale al vettore →
con il medesimo criterio le immagini B ′ , C ′ e D ′ degli altri tre vertici e, infine,
congiungiamo questi quattro punti immagine fra loro allo stesso modo in cui sono
congiunti fra loro i vertici del poligono iniziale. Abbiamo cosı̀ ottenuto il poligono
−v del poligono ABCD.
A′ B ′C ′ D ′ che è l’immagine tramite la traslazione di vettore →
Torniamo sulla figura precedente. Possiamo notare che i lati corrispondenti dei due
poligoni giacciono su rette parallele. Ci chiediamo se sia un caso oppure se questa
proprietà caratterizzi le traslazioni.
+
D IMOSTRAZIONE .
Consideriamo due punti P e Q e le rispettive immagini, rispetto alla
−
traslazione f descritta dal vettore →
v , P ′ e Q ′.
+
P
+
v
+
Q
v
Q′
P′
12
ZZ
A
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Sappiamo che PQ = P ′ Q ′ in quanto f è una isometria, inoltre, dal momento
che si tratta di una traslazione, siamo sicuri che PP ′ = QQ ′ . Per costruzione,
→
infatti, entrambi i segmenti sono lunghi quanto il modulo del vettore −
v.
′
′
Abbiamo dunque che il quadrilatero PP Q Q possiede i lati opposti uguali,
ossia, è un parallelogramma e quindi possiede i lati a due a due paralleli. In
conclusione, i due segmenti PQ e P ′ Q ′ sono paralleli.
Abbiamo dunque provato, dal momento che tanto la scelta dei due punti quanto
−
quella del vettore →
v è stata casuale, che
14
le traslazioni conservano le direzioni, cioè mandano rette parallele in rette
parallele.
BO
Prima di passare al paragrafo successivo, osserviamo che nella definizione non
abbiamo specificato se il vettore dovesse possedere modulo strettamente positivo.
Osserviamo che un vettore con modulo nullo è rappresentato da un unico punto: i
due punti estremi del vettore coincidono in quanto la lunghezza del segmento che
li unisce deve essere zero. Fino a ora, però, abbiamo analizzato soltanto esempi
di traslazioni di vettore con modulo strettamente positivo. Tale scelta è stata fatta
considerando il fatto che una traslazione di vettore nullo altro non è che l’identità.
Infatti, se consideriamo una traslazione di vettore nullo, abbiamo che la lunghezza
di tutti segmenti che congiungono i punti con le loro immagini deve essere zero,
ovvero ciascun punto deve coincidere con la propria immagine e quindi ciascun
punto del piano deve essere un punto fisso dell’isometria. Possiamo dunque affermare che l’identità può essere vista come una traslazione banale, ovvero di vettore
nullo.
Concludiamo questa sezione osservando che le traslazioni non banali non hanno
punti fissi: la lunghezza del segmento che congiunge ciascun punto del piano alla
propria immagine è pari al modulo del vettore, che abbiamo supposto essere non
nullo.
Esercizi
−v e considerate la traslazione rispetto a questo vettore.
1. Disegnate un vettore →
- Riuscite a trovare delle rette che tramite la traslazione vengono mandate
in se stesse? Ricordate che una retta potrebbe essere mandata in se stessa
anche se tutti i suoi punti non sono punti fissi, è sufficiente che l’immagine
di ogni punto della retta sia un altro punto della stessa retta.
- Riuscite a trovare dei segmenti che vengono mandati in se stessi?
- Riuscite a trovare delle circonferenze che vengono mandate in se stesse?
- Riuscite a trovare dei poligoni che vengono mandati in se stessi?
13
BO
Z
Z
ZZ A
A
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Rotazioni
Prima di iniziare a trattare le rotazioni dobbiamo occuparci del concetto di angolo3 ,
quindi prima di definirle dobbiamo stabilire il senso con cui intendiamo percorrere
la regione di piano delimitata dai due lati dell’angolo, ovvero dalle due semirette che lo delimitano. Tale scelta è puramente una convenzione, ciò significa che
hanno pari dignità tanto il senso orario quanto il senso antiorario di percorrere il
piano. L’importante è che, dichiarate le regole, queste non vengano cambiate “in
corsa”, ovvero vengano osservate sino alla fine. Nel nostro caso scegliamo il senso
antiorario.
Siamo ora pronti per definire questa nuova trasformazione.
Una rotazione del piano è definita da un punto O, detto centro della rotazione, e da un angolo α . Tale trasformazione associa ad ogni punto del piano
[′ abbia ampiezza e senso
P un punto del piano P ′ in modo tale che l’angolo POP
′
dell’angolo α e che PO = P O, ovvero la distanza dell’immagine P ′ dal centro di
rotazione sia pari a quella di P da O.
15
+
P′
O
+
+
α
P
Osserviamo che per la definizione che abbiamo dato, e quindi per le rotazioni in
generale, ci interessa soltanto la misura dell’angolo modulo4 (360◦ ). Abbiamo
infatti che per la definizione 15 la rotazione di centro O e angolo 28◦ descrive
la medesima trasformazione del piano definita dalla rotazione avente il medesimo
centro O e angolo ampio 388◦ ≡ 28◦ mod 360◦ .
Prima di analizzare le proprietà di queste trasformazioni, verifichiamo innanzitutto
che anche
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le rotazioni sono delle isometrie.
Vediamo ora un esempio di rotazione del piano in cui è rappresentato un quadrilatero.
3 Si
veda il capitolo 1 di [C].
la definizione della relazione di congruenza modulo n, con n ∈ N, si veda [CC].
4 Per
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
B
BO
OZZZ
ZA
A
14
B′
C′
A′
D′
+
α
O
D
B
C
A
In virtù del fatto che tutte le rotazioni sono delle isometrie, per individuare l’immagine della figura ABCD possiamo limitarci a determinare le immagini dei vertici A,
B, C e D seguendo le indicazioni descritte nella definizione 15 . Una volta individuate le immagini A′ , B ′ , C ′ e D ′ , le congiungiamo seguendo l’ordine alfabetico
(che è l’ordine in cui si susseguono percorrendo il perimetro nel quadrilatero originale) e otteniamo l’immagine del poligono di partenza.
Con qualche esempio abbiamo cominciato a prendere confidenza con le rotazioni.
Per individuare i punti fissi delle rotazioni dobbiamo cercare quei punti del piano la
cui immagine coincide con il punto stesso, ovvero quei punti per i quali la distanza
fra il punto e la sua immagine è zero. In questo senso allora possiamo affermare
che l’unico punto fisso delle rotazioni non banali è il centro.
Passiamo ora a esaminare qualche proprietà delle rotazioni. Osserviamo che il lato
AB del poligono non è parallelo al lato A′ B ′ della figura immagine quindi, a differenza delle traslazioni, le rotazioni, in generale, non conservano le direzioni.
Esistono però delle particolari rotazioni per le quali è possibile “prevedere” la direzione dei segmenti immagine. Cerchiamo di capire in che cosa consista questa
possibilità.
E SEMPIO . Consideriamo la seguente immagine che rappresenta due figure che
si corrispondono in una rotazione di centro O e angolo α = 180◦ .
15
B
BOOZ
Z
ZZ A
A
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A′
B
O
+
B′
A
Possiamo osservare che in questo caso la rotazione ha mantenuto le direzioni.
Cerchiamo di sviscerare meglio il perchè di questo comportamento.
Consideriamo ad esempio i punti A e B e le loro immagini, A′ e B ′ . Innanzitutto osserviamo che ciascun punto, il centro di rotazione e il punto immagine del primo sono allineati: per la definizione di rotazione, abbiamo che
[′ =BOB
[′ = 180◦ . Inoltre, il centro di rotazione O è il punto medio tanto
AOA
′
di AA quanto di BB ′ , in quanto per la definizione di rotazione AO = A′ O e
BO = B ′ O. Considerando, dunque, il quadrilatero ABA′ B ′ , sappiamo che si tratta di un parallelogramma, in quanto le due diagonali si bisecano, e quindi, in
particolare, i due lati opposti AB e A′ B ′ sono paralleli. Osserviamo che il ragionamento seguito prescinde sia dalla posizione nel piano dei punti A, B ed O che
dalla posizione dei primi due relativamente al centro di rotazione ma dipende
soltanto dall’angolo di rotazione che abbiamo considerato, nel senso che questo
è l’unico dato che abbiamo utilizzato per dimostrare il parallelismo fra i due
segmenti che si corrispondono nell’isometria. Questa precisazione conferisce al
nostro ragionamento la dignità di dimostrazione della proprietà.
Esercizi
2. Esistono altre rotazioni per le quali siamo in grado di sapere a priori come si
modificano le direzioni?
3. Provate a cercare nel vostro libro di geometria della scuola secondaria superiore qualche affermazione che si possa giustificare facilmente usando una
traslazione, una rotazione o una riflessione.
Prima di concludere il paragrafo soffermiamoci sulle rotazioni il cui angolo è di
360◦ , le quali corrispondono alle rotazioni con angolo pari a 0◦ . In questo caso,
indipendentemente dal centro di rotazione fissato, otteniamo che ciascun punto
del piano corrisponde alla propria immagine, ovvero ciascun punto del piano è
un punto fisso dell’isometria, ma la trasformazione del piano con tale proprietà
è l’identità. Abbiamo, quindi, che l’identità, che consiste in un’unica isometria,
può essere definita in due modi differenti, come traslazione di vettore nullo oppure
come rotazione con centro arbitrario e angolo di 360◦ (0◦ ).
16
BO
Z
OZ ZA
ZA
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
Esercizi
4. Disegnate un punto O e immaginate tre rotazioni di angolo pari a 60◦ , 90◦ e
180◦ rispetto a questo punto. Rispondete alle stesse domande dell’esercizio 1
rispetto a ciascuna rotazione.
Riflessioni
Una riflessione del piano è definita da una retta r detta asse della riflessione. Questa trasformazione associa a ciascun punto del piano P quel punto
P ′ che appartiene alla perpendicolare a r passante per P e che ha distanza da r
pari alla distanza di P da r. Sulla perpendicolare s a r passante per P ci sono, in
generale, due punti che hanno questa caratteristica, uno è lo stesso P, scegliamo
allora l’altro punto come immagine P′ , abbiamo quindi che PH = P ′ H.
17
r
+
P
+
H
+
P′
s
Osserviamo che, se il punto P non appartiene all’asse di riflessione r, si ha che
l’immagine P ′ è quel punto del piano tale che r risulta asse del segmento PP ′ ,
ovvero r è perpendicolare a PP ′ e passa per il suo punto medio. Nel caso invece
in cui il punto P appartenga all’asse di riflessione abbiamo che, per la definizione
17 , la sua immagine P′ coincide con P stesso essendo nulla (pari a 0) la distanza
di P dall’asse.
Analogamente a quanto fatto nei precedenti paragrafi, abbiamo che
18
le riflessioni sono delle isometrie.
Vediamo ora un esempio di riflessione.
17
B
OZ
BO
Z
ZZ ZZ
A
A A
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A′
D′
C′
A
B′
C
B
D
Per il teorema appena dimostrato, per individuare l’immagine A′ B ′C ′ D ′ del quadrilatero ABCD ci siamo limitati a costruire le immagini dei vertici del poligono.
Per ciascuno di questi punti abbiamo disegnato il rispettivo punto immagine in modo tale che l’asse di riflessione r risultasse asse del segmento da essi formato, cosı̀
come osservato a proposito della definizione 17 , abbiamo infatti che nessuno vertice del poligono di partenza è anche punto dell’asse di riflessione r.
In questo caso, appunto, l’asse di riflessione non interseca il poligono del quale
si vuole costruire l’immagine isometrica. Può però accadere il contrario, ovvero
che l’asse di riflessione attraversi la figura. Anche in questo caso, però, la costruzione dell’immagine riflessa rispetto alla retta r rimane la medesima, ossia quella espressa dalla definizione 17 . Consideriamo, ad esempio, la seguente figura
ABCD.
A′
D′
C′
D
B
C
A
B′
Individuiamo la figura immagine rispetto alla riflessione di asse r: determiniamo
l’immagine di ciascun vertice del poligono ABCD utilizzando la definizione 17 .
Osserviamo che accade sempre che le immagini dei vertici si trovino nel semipiano opposto rispetto alla retta r rispetto a quello cui appartengono i vertici originali.
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BO
ZZ ZZ
A A
18
Inoltre abbiamo che i punti del poligono che appartengono anche all’asse di riflessione sono punti fissi della trasformazione, ovvero coincidono con la propria
immagine.
Da questo esempio possiamo allora ipotizzare che
19
i punti fissi di una riflessione sono i punti dell’asse di riflessione.
Torniamo a esaminare le immagini precedenti. Possiamo notare che, analogamente
a quanto accade per le rotazioni, in generale le riflessioni non conservano le direzioni, ovvero i lati che si corrispondono nella trasformazione non sono paralleli.
Ci sono però delle eccezioni.
E SEMPIO . Sapresti dire in quali condizioni un segmento e la sua immagine
tramite una riflessione risultano paralleli?
Vediamo ora un problema geometrico che può essere elegantemente risolto con le
isometrie.
E SEMPIO .
Determinare quale fra i triangoli con area fissata ha perimetro minimo.
r
A
B
Osserviamo che per considerare tutti i triangoli con la medesima area possiamo
considerare un segmento AB e una retta r parallela a tale segmento. I triangoli
ABC aventi il terzo vertice C appartenente alla retta r hanno tutti la medesima
area, avendo la stessa base AB e la stessa altezza, data dalla distanza del punto C
dalla base, ovvero dalla distanza fra la retta r e il segmento AB. Per determinare
quale sia quello con il perimetro minimo dobbiamo trovare la posizione di C su r
in modo tale che AB + BC + AC abbia il valore minimo. Per far ciò consideriamo
l’immagine A′ del vertice A rispetto alla riflessione di asse r. L’immagine del
punto C è C stesso, dal momento che il punto appartiene all’asse di riflessione.
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BBOO
Z
Z ZA
19
A′
C1
C2
C3
C
r
A
B
Abbiamo quindi, essendo la riflessione una particolare isometria, che AC = A′C,
quindi avremo che il perimetro AB + BC + AC = AB + BC + A′C. Individuare la
posizione di C in modo tale per cui il perimetro sia minimo significa determinare
la posizione di C affinché BC + A′C sia minimo, in quanto la base AB è la stessa
per tutti i triangoli ABC. Osserviamo, quindi, in figura a cosa corrisponde tale
somma di segmenti. Dall’immagine risulta evidente che la lunghezza BC + A′C
è minima se il punto C è allineato con A′ e B, ovvero se la linea che congiunge
A′ con B è una retta e non una spezzata: sappiamo che nel piano la linea di lunghezza minima che congiunge due punti è il segmento che li unisce. Abbiamo,
dunque, che il triangolo ABC di aera fissata e perimetro minimo è quello in cui
il vertice C è il punto medio del segmento A′ B, dove A′ è l’immagine tramite la
riflessione di asse r del vertice A. In definitiva quindi, abbiamo che, fra i triangoli di area fissata, quello con perimetro minimo è il triangolo isoscele, essendo
AC = CB.
Esercizi
5. Disegnate una retta r e immaginate la riflessione rispetto a questa retta. Rispondete alle stesse domande dell’esercizio 1 riferendole a questa riflessione.
Quante sono le isometrie?
Nel paragrafo precedente abbiamo visto tre esempi di isometrie. Viene quindi
naturale chiedersi se ne esistano altre oppure se una qualsiasi isometria sia per forza
una traslazione o una rotazione o una riflessione. Per rispondere a una domanda di
questo tipo possiamo provare a pensare alla nostra esperienza quotidiana.
Immaginiamo un uccello che cammini sula neve con passo regolare e guardiamo
le impronte che lascia.
20
ZZ
ZA A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
Quale può essere la trasformazione del piano che fa “avanzare di un passo” tutta
la catena di impronte? Ci aspettiamo che sia un’isometria perché ciascun orma
è identica all’altra, ma non può essere una rotazione né una traslazione perché il
corrispondente di un’orma della zampa destra è un’orma della zampa sinistra e
quindi non riusciremmo a sovrapporle con le traslazioni o rotazioni. Non può essere neppure una riflessione perché se la applichiamo due volte di seguito otteniamo
una trasformazione che fa avanzare l’uccello di due passi, mentre applicando una
riflessione due volte di seguito si torna al punto di partenza. Si tratta in effetti di
un’altra trasformazione del piano che chiamiamo glissoriflessione5 .
Glissoriflessioni
Vediamo in cosa consistono queste trasformazioni del piano.
Una glissoriflessione è una trasformazione del piano definita da una retta
−
r, detta asse della glissoriflessione, e un vettore →
v ad essa parallelo. Tale
trasformazione associa a ciascun punto del piano P un punto del piano P ′ costruito
considerando l’immagine di P rispetto alla riflessione di asse r e successivamente
−
all’immagine di tale punto rispetto alla traslazione di vettore →
v.
BO
20
P′
r
v
P
Osserviamo innanzitutto che l’ordine con cui abbiamo eseguito le due isometrie
è indifferente, cioè avremmo individuato lo stesso punto P ′ anche se avessimo
5 Dal
greco glisso, scivolo. Altri termini usati per individuare questa trasformazione sono antitraslazione o glissosimmetria.
21
Z
ZAZ
A
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−v e successivamente la riflessione
applicato a P prima la traslazione di vettore →
di asse r. La possibilità di non dover necessariamente specificare l’ordine con cui
eseguire le due isometrie è garantita dal fatto che il vettore di traslazione è parallelo
all’asse di riflessione.
Esercizi
−v non parallelo a r, verificare che effettuando
6. Data una retta r e un vettore →
−
prima la riflessione di asse r e poi la traslazione di vettore →
v si ottiene una trasformazione diversa rispetto a quella ottenuta applicando prima la traslazione
−v e poi la riflessione di asse r.
di vettore →
Analogamente alle traslazioni, alle rotazioni e alle riflessioni, anche
21
le glissoriflessioni sono delle isometrie.
Vediamo ora l’immagine del seguente quadrilatero rispetto a una glissoriflessione.
A′
D
′
r
C′
e
A
B
′
B
OZO
A
e
C
C
D
e
B
A
B
e
D
v
C
B
D
Trattandosi di una isometria, per individuare l’immagine del poligono, possiamo
limitarci a determinare le immagini dei punti A, B, C e D rispetto alla glissoriflessione. Determiniamo quindi le immagini A′ , B ′ , C ′ e D ′ di ciascun vertice appli−
cando la riflessione di asse r e la traslazione di vettore →
v . Congiungendo i punti
22
ZZ
A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
cosı̀ determinati seguendo l’ordine alfabetico, otteniamo l’immagine di ABCD rispetto alla glissoriflessione.
Per completare la descrizione di questo nuovo tipo di isometria non ci resta che
indagare i suoi punti fissi, ossia quei punti del piano che coincidono con la propria immagine rispetto a una glissoriflessione. Iniziamo l’indagine considerando il
fatto che le glissoriflessioni si ottengono componendo riflessioni e traslazioni con
vettore parallelo all’asse di riflessione. Sappiamo che le traslazioni di vettore non
nullo non possiedono punti fissi6 , ciò ci porta a supporre che anche le glissoriflessioni non possiedano punti fissi. Consideriamo però il fatto che le riflessioni hanno
dei punti fissi, quelli dell’asse7 ! Proviamo quindi a partire da questi punti e vediamo se sono punti fissi per la glissoriflessione. Applichiamo a questi punti prima
la riflessione e poi la traslazione di vettore parallelo all’asse: un qualsiasi punto
dell’asse corrisponde a se stesso rispetto alla riflessione, applicandogli successivamente la traslazione di vettore parallelo all’asse abbiamo che l’immagine finale non
è il medesimo punto (perché il vettore di traslazione non è nullo), ma è un punto
che appartiene ancora all’asse di riflessione (perché il vettore è parallelo all’asse).
I punti dell’asse sono gli unici candidati ad essere punti fissi per le glissoriflessioni. Abbiamo però che neanche i punti dell’asse sono fissi: le glissoriflessioni non
possiedono punti fissi. Le glissoriflessioni, però, possiedono una retta fissa, l’asse
della glissoriflessione: le immagini di tutti i punti di questa retta sono ancora punti
della medesima retta, sostanzialmente l’immagine dell’asse è l’asse stesso.
Esercizi
BO
−v v parallelo a r e immaginate la glissori7. Disegnate una retta r e un vettore →
→
−
flessione rispetto a r e a v . Rispondete alle stesse domande dell’esercizio 1
riferendole a questa glissoriflessione.
Composizione di isometrie
Fino ad ora abbiamo visto quattro tipi differenti di isometrie, ci chiediamo se ne
esistano altre. Una strada per trovarle potrebbe essere quella, già intrapresa in
modo più o meno esplicito con le glissoriflessioni, di comporre le isometrie già
note. Vediamo dunque che cosa significa in generale comporre due trasformazioni.
La composizione di due trasformazioni geometriche è la trasformazione
geometrica che si ottiene eseguendo prima una trasformazione e poi l’altra,
applicandola al risultato della prima.
22
La composizione di due isometrie si definisce in maniera analoga, è però interessante il fatto che
6 Si
7 Si
veda a pagina 12.
veda a pagina 18.
23
23
ZZ
A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
la composizione di due isometrie è ancora una isometria.
Una volta stabilito una volta per tutte che la composizione di due isometrie è ancora
una isometria, possiamo anche pensare che riusciremo a trovare tutta una miniera
di nuove isometrie: cosı̀ come abbiamo ottenuto qualcosa di nuovo (la glissoriflessione) componendo una traslazione e una riflessione, possiamo provare a comporre
una rotazione e una riflessione, oppure una traslazione e una rotazione, oppure . . .
e avremo una quantità di nuove isometrie.
E invece no!
È vero che componendo due isometrie si ottiene un’altra isometria, ma non otteniamo più nulla di nuovo, otteniamo solo isometrie che già conosciamo. Anche
se andiamo avanti a comporre 17 rotazioni, 25 riflessioni, 82 traslazioni, . . ., otterremo sempre una corrispondenza del piano che potrà essere solo di uno di questi
quattro tipi:
• una traslazione;
• una rotazione;
• una riflessione;
• una glissoriflessione.
Questo non è un risultato banale, non è immediato da giustificare e non ne daremo
una giustificazione completa.
Vediamo però qualche esempio che ci aiuta a comprendere meglio quest’affermazione.
BO
E SEMPIO . Che cos’è la composizione di due traslazioni? È un’operazione commutativa?
Vediamo quindi il nostro primo vero esempio di composizione. Consideriamo
−
−
due vettori →
v e→
w , non necessariamente uguali. Per capire il tipo di isometria
che otteniamo dobbiamo prendere in considerazione una figura geometrica costituita da almeno 3 punti non allineati8 e determinare qual è la sua immagine
−
−
rispetto alla composizione delle due traslazioni di vettori →
v e→
w.
8 Si
veda il teorema 5 .
24
ZZ
A
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BO
Per determinare l’immagine del triangolo ABC rispetto alla composizione delle
due traslazioni, trattandosi ancora di una isometria, possiamo limitarci a individuare le immagini dei vertici A, B e C del triangolo, congiungendoli otteniamo
poi ciò che stavamo cercando. Per determinare l’immagine A′ di A applichiamo
−
ad A prima la traslazione di vettore →
v , ottenendo il punto A′′ , e successivamente
−
a quest’ultimo punto applichiamo la traslazione di vettore →
w . Il risultato di que′
ste due trasformazioni è il punto A . In maniera analoga possiamo determinare
anche le immagini B ′ e C ′ dei punti B e C. Il triangolo ottenuto congiungendo i tre punti immagine è l’immagine di ABC rispetto alla composizione delle
−v e →
−
due traslazioni di vettori →
w . Osserviamo che congiungendo i punti che si
corrispondono, otteniamo i tre segmenti orientati AA′ , BB ′ e CC ′ . Questi hanno
la medesima direzione, verso e lunghezza. Per il teorema 5 possiamo quindi
affermare che l’isometria rispetto alla quale si corrispondono i due triangoli è
una traslazione il cui vettore di traslazione è, ad esempio, il segmento orientato
AA′ .
L A REGOLA DEL PARALLELOGRAMMA A pagina 9 abbiamo definito i vettori, non abbiamo però detto che è possibile anche som−
−
marli. Se consideriamo una coppia di vettori →
v e→
w , la loro somma
→
−
→
−
→
−
u = v + w è ancora un vettore. Per determinare il nuovo vettore
→
−
u , possiamo applicare la seguente regola:
- disegniamo i due vettori in modo tale che il loro estremo privo
di freccia sia lo stesso punto;
- disegniamo gli altri due lati del parallelogramma definito dai
−
−
due vettori →
v e→
w
- tracciamo la diagonale del quadrilatero cosı̀ ottenuto uscente
−
−
dal punto in comune fra i due vettori →
v e→
w.
25
ZZ
A
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BO
Il vettore individuato dalla diagonale tracciata, con verso uscente
−
−
−
dal punto già in comune ai vettori →
v e→
w è il vettore →
u , somma
dei due vettori dati.
Nel caso in cui i due vettori siano paralleli, ossia possiedano la
medesima direzione, costruendo il prallelogramma come indicato
si ottiene un quadrilatero degenere in cui tutti e quattro i lati appartengono alla medesima retta e gli angoli sono nulli o piatti. Senza
perderci d’animo, possiamo però determinare ugualmente il vettore somma, stando attenti a individuare correttamente la diagonale.
Alla luce di quanto visto nell’approfondimento precedente possiamo quindi af−v e →
−
fermare che la composizione di due traslazioni di vettori →
w è ancora una
→
−
→
−
′
traslazione di vettore u (il segmento orientato AA ), dove u è la somma dei
→
−
vettori −
v e→
w.
Osserviamo che il risultato che abbiamo ottenuto componendo le due traslazioni è
−v e →
−
indipendente dai due vettori →
w scelti: comunque li avessimo scelti, avremmo
−
sempre potuto determinare il vettore somma →
u , sfruttando la regola del parallelogramma, e il risultato della composizione sarebbe stato ancora una traslazione di
−
vettore →
u.
Osserviamo che, a priori, la composizione di due trasformazioni non è commutativa, ossia scambiando l’ordine con cui eseguiamo le trasformazioni cambia anche
il risultato finale.
Esercizi
26
ZZ
A
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8. Determinare qual è l’isometria che si ottiene componendo due riflessioni del
piano fra loro.
9. Quale isometria di ottiene componendo una glissoriflessione con se stessa?
10. Prendete una traslazione: cosa succede se la si itera (cioè la si compone con se
stessa)? E se la si compone con se stessa tre, quattro, dieci volte? Che trasfor−
mazioni si ottengono? Disegnate un vettore →
v e un poligono F e determinate
−
il poligono corrispondente a F rispetto alla traslazione di vettore →
v e per le
trasformazioni ottenute componendo questa traslazione con se stessa due, tre,
quattro, . . . volte. Quando vi fermate?
11. Rispondete alle stesse domande del problema 8 nel caso di una rotazione. Le
risposte dipenderanno dall’angolo di rotazione, quindi fate un po’ di esempi
con angoli diversi (per esempio 90◦ , 60◦ , 270◦ , 180◦ , 135◦ , . . .) fino a rendervi
conto dei fenomeni che possono succedere.
12. Rispondete alle stesse domande del problema 8 nel caso di una riflessione.
Questa volta l’analisi è molto più semplice: perché?
13. Dimostrare che la composizione di una riflessione con una traslazione qualsiasi
è sempre riconducibile alla composizione di una riflessione e di una traslazione
con vettore parallelo all’asse di riflessione.
BO
Dopo aver presentato tutti i tipi di isometrie, possiamo ricordarli brevemente considerando il numero di punti fissi. Iniziamo dall’identità per la quale qualsiasi punto
del piano è fisso; ci sono poi le riflessioni che possiedono infiniti punti fissi, tutti
i punti dell’asse di riflessione; le rotazioni non banali possiedono un solo punto
fisso, il centro di rotazione; infine, abbiamo le traslazioni non banali e le glissoriflessioni che non hanno alcun punto fisso.
Un’altra proprietà che distingue tra le varie isometrie del piano è la conservazione
dell’orientazione del piano. Non è facile dire in modo rigoroso che cosa significhi e qui ci accontentiamo di un livello descrittivo, esprimendo in un modo un po’
impreciso il fatto che le riflessioni e le glissoriflessioni “scambiano la destra con la
sinistra”. Consideriamo, ad esempio, le immagini isometriche del poligono ABCD
rispetto a una traslazione, a una rotazione, a una riflessione e a una glissoriflessione, cosı̀ come alle pagine 11, 13, 16 e 21. Osservando le prime due e le seconde
due e leggendo i nomi dei vertici in ordine alfabetico, ci accorgiamo che in un caso
percorriamo il perimetro del poligono i senso orario e nell’altro in senso antiorario,
sebbene i nomi dei vertici del poligono di partenza siano gli stessi in tutti e quattro
i casi. Per ogni isometria possiamo osservare cosa succede a tre punti non allineati:
se le immagini sono tre punti che “si leggono nello stesso senso” diciamo che si
tratta di una isometria diretta, se il senso di lettura viene invertito, invece, diciamo
che si tratta di una isometria inversa. In questo senso possiamo allora suddividere
le isometrie in due “famiglie”: traslazioni e rotazioni sono isometrie dirette, mentre
riflessioni e glissoriflessioni sono isometrie inverse.
27
ZZ
A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
Caccia all’isometria
Ripartendo dalla conclusione del paragrafo precedente, consideriamo quindi due
punti del piano P e P ′ che si corrispondono in un’isometria.
Quante sono le isometrie del piano per le quali P ′ risulta immagine di P?
Esercizi
14. Determinare una traslazione, una rotazione, una riflessione e una glissoriflessione che associano P ′ a P. Quante traslazioni, rotazioni, riflessioni e glissoriflessioni puoi trovare?
BO
Come abbiamo visto nel caso di un singolo punto possiamo sempre trovare quante
isometrie vogliamo che lo mandano in un altro fissato. Ciò è possibile per la semplicità della figura geometrica da cui partiamo, il punto. Se, però, complichiamo
un po’ la faccenda, il gioco può risultare ben più intrigante e complicato.
Consideriamo due coppie di punti A e B e A′ e B ′ .
E SEMPIO . Quante isometrie possiamo trovare che associano A′ ad A e B ′ a B?
Iniziamo a verificare se esiste una isometria tale per cui A′ è immagine di A e
B ′ di B: in questo caso, a differenza del precedente, dobbiamo preliminarmente
verificare la conservazione delle distanze, ovvero se AB = A′ B ′ . Considerando
la quadrettatura, abbiamo che AB = A′ B ′ = 5. Ha senso quindi proseguire nella
risoluzione dell’esempio.
28
ZZ
A
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BO
A prima vista ci accorgiamo che abbiamo molta meno libertà rispetto al caso
precedente. Possiamo quindi, come nella risoluzione di qualsiasi problema, iniziare con qualche tentativo senza dimenticare, però, ciò che abbiamo imparato
fino ad ora sulle isometrie, cioè la teoria.
Iniziamo con le traslazioni e ci chiediamo: esiste una traslazione che associa A′
ad A e B ′ a B? Senza perdere molto tempo possiamo subito escludere questa
possibilità perché sappiamo che le traslazioni conservano le direzioni, ma le due
rette individuate rispettivamente da A e B e da A′ e B ′ non sono parallele.
Passiamo quindi alle rotazioni. Considerando le proprietà delle rotazioni, possiamo soltanto escludere che ci sia una rotazione di 180◦ (non essendo conservate le direzioni). Osserviamo che le due rette individuate rispettivamente dalla
prima coppia di punti e dalla seconda sono perpendicolari, quindi intuitivamente
l’angolo di rotazione dovrà essere di 90◦ . Non ci resta quindi che individuare
il centro della rotazione. Sappiamo che si tratta di un punto del piano equidistante da ciascun punto e dalla sua immagine. Nel nostro caso, il punto O del
piano che stiamo cercando deve essere tale che AO = A′ O ′ e che BO = B ′ O ′ .
Consideriamo quindi gli assi dei due segmenti AA′ e BB ′ : il punto O deve appartenere contemporaneamente a entrambi, ossia O è il punto di intersezione di
tali rette. Abbiamo cosı̀ determinato una rotazione tramite la quale A′ e B ′ sono
rispettivamente le immagini di A e B.
29
ZZ
A
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BO
Una volta determinata una isometria, non fermiamo la nostra ricerca: sappiamo
infatti (si veda il teorema 5 ) che due punti non sono sufficienti per individuare
una isometria, ne servono almeno 3 non allineati! Visti i ragionamenti fatti finora
non cerchiamo altre isometrie dirette, ma passiamo a considerare quelle inverse,
ossia riflessioni e glissoriflessioni. Non possiamo, infatti, escludere a priori il
fatto che esista un’isometria inversa che associa A′ ad A e B ′ a B: due soli punti
non sono sufficienti per fissare l’orientamento del piano! Per individuare l’isometria inversa che fa al caso nostro, dobbiamo innanzitutto individuare l’asse
di riflessione: nel caso l’isometria cercata sia una riflessione, il nostro compito
terminerà qui, mentre nel caso di una glissoriflessione, dovremo poi trovare il
vettore della traslazione. Torniamo allora a considerare le direzioni delle rette individuate rispettivamente da A e B e da A′ e B ′ nella quadrettatura: una è
orizzontale mentre l’altra è verticale. Abbiamo quindi che l’asse di riflessione
deve necessariamente essere inclinato di 45◦ , in modo tale che gli angoli formati
dalla retta passante da A e B e l’asse e quello formato dalla retta passante da A′
e B ′ siano uguali. Disegnando quindi un asse passante per A e inclinato di 45◦ e
applicando la riflessione di tale asse ai punti A e B non otteniamo direttamente
A′ e B ′ , è necessario applicare a questi primi due punti immagine ancora una
traslazione di vettore parallelo all’asse.
A questo punto abbiamo terminato la nostra ricerca: i possibili tipi di isometria
sono soltanto quattro e noi abbiamo esaminato tutti e quattro i casi.
30
ZZ
A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
Con questo esempio abbiamo toccato con mano ciò che avevamo già visto nel
teorema 5 . Nonostante la figura presa in considerazione (i due punti A e B) fosse
molto semplice, non è comunque stato banale determinare le isometrie (la rotazione
e la glissoriflessione). Ripercorrendo il ragionamento, osserviamo che inizialmente
è necessario porre l’attenzione sullo studio dell’esistenza e del numero di isometrie
fra la prima figura e la seconda. Solo successivamente ci si occupa di determinarne
il tipo e solo in ultima analisi ci si preoccupa di identificarle esplicitamente.
Consideriamo quindi una situazione più generale rispetto a quelle esaminate in
precedenza, ovvero consideriamo due generiche figure F ed F ′ .
BO
Per stabilire se esiste un’isometria fra F e F ′ , è sufficiente verificare se le due figure sono “uguali”9 , ossia se, ad esempio, hanno lo stesso numero di lati e angoli,
se i lati corrispondenti hanno la medesima lunghezza, ecc. . . Nel caso le figure F
ed F ′ siano poligoni noti possiamo applicare i criteri di congruenza dei triangoli.
Ricordiamo che è sufficiente che due segmenti corrispondenti abbiano lunghezza
distinta, piuttosto che due angoli corrispondenti abbiano ampiezza distinta, piuttosto che il numero di vertici o di lati non sia il medesimo, per poter affermare con
certezza che non esiste alcuna isometria fra le due figure.
Nel nostro caso, F e F ′ sono “uguali”, quindi passiamo a stabilire quante sono le
isometrie tali per cui la seconda figura è immagine della prima. Dal momento che
F contiene almeno 3 punti non allineati, deduciamo che l’isometria è unica.
Terminata quest’analisi preliminare, passiamo alla parte più interessante e avvincente: qual è l’isometria che fa corrispondere F ′ a F? Per rispondere senza perder
troppo tempo, dobbiamo sfruttare le definizioni e le proprietà dei quattro tipi di
isometrie. Iniziamo a stabilire a quale famiglia appartiene l’isometria che stiamo
cercando: se è un’isometria diretta oppure inversa. Essendo sicuri che esiste un’unica isometria fra F e F ′ , dobbiamo stabilire innanzitutto se la trasformazione che
stiamo cercando conserva o no l’orientamento del piano. Possiamo stabilirlo paragonando l’orientamento indotto dalla figura F sul piano con quello indotto da
F ′ . Per far ciò possiamo dare un nome con le lettere dell’alfabeto ai vertici di F,
seguendo l’ordine alfabetico e percorrendo il perimetro. Stabilito il corrispondente
9 Si
veda il paragrafo a pagina 32 per una trattazione approfondita del concetto di uguaglianza fra
figure geometriche.
31
ZZ
A
Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
di ciascun vertice di F in F ′ , lo denominiamo con la medesima lettera e con un
apice (′ ). In questo modo siamo in grado di determinare se la trasformazione che
stiamo cercando conserva l’orientamento del piano.
BO
Nel nostro caso abbiamo che l’orientamento non viene conservato: si tratta quindi
di un’isometria inversa, di una riflessione o di una glissoriflessione! Siamo quasi giunti alla meta, non ci rimane che stabilire di quale di queste due isometrie si
tratta. Ricordando la definizione 17 , abbiamo che nel caso di una riflessione i
segmenti aventi come estremi un vertice e la rispettiva immagine devono essere
tutti paralleli fra loro (perché tutti perpendicolari a una medesima retta, l’asse di
riflessione). Nel nostro caso ciò non accade, quindi siamo certi che si tratta di
una glissoriflessione! Un ragionamento analogo vale anche nel caso in cui si sia
stabilito che l’isometria da determinare è diretta: se le direzioni sono conservate
allora si può trattare o di una traslazione o di una rotazione di 180◦ , altrimenti si
tratta di una rotazione di angolo diverso. Per discriminare nel primo caso fra una
traslazione e la rotazione è sufficiente verificare se i segmenti congiungenti punti
corrispondenti sono paralleli (traslazione) oppure incidenti (rotazione).
Infine, c’è l’ultimo passaggio che consiste nel determinare non solo il tipo ma proprio l’isometria che mette in corrispondenza la figura F e la figura F ′ . Quest’ultimo
punto non sempre è necessario: spesso è sufficiente sapere il tipo di isometria, oltre al fatto che non è sempre banale identificare la trasformazione. Vi sono, però,
casi in cui ciò è relativamente immediato. Nel caso si sia stabilito che si tratti di
una traslazione, il vettore è individuato congiungendo due qualsiasi punti che si
corrispondono nell’isometria. Nel caso, invece, si tratti di una rotazione, per individuare il centro e l’angolo di rotazione è sufficiente determinare l’intersezione fra
gli assi di due segmenti i cui estremi sono due coppie di punti corrispondenti, tale
punto è il centro di rotazione e l’angolo è individuato dal centro e da una qualsiasi
coppia di punti corrispondenti. Se dobbiamo individuare una riflessione, abbiamo invece bisogno di determinare l’asse di riflessione, che è l’asse del segmento
avente per estremi una qualsiasi coppia di punti corrispondenti. Veniamo, infine,
al nostro caso, ossia a determinare una glissoriflessione: è necessario individuare un asse e un vettore a esso parallelo. Possiamo innanzitutto concentrarci sulla
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direzione di due segmenti corrispondenti, sappiamo che dovendoci essere un asse
di riflessione, questo deve essere parallelo alla bisettrice di qualsiasi angolo formato dalla coppia di rette su cui giacciono due generici segmenti corrispondenti.
In questo modo determiniamo la direzione dell’asse di riflessione, dopodiché per
determinarne l’esatta posizione nel piano possiamo considerare che la distanza di
due punti corrispondenti da tale retta deve essere stessa. Una volta fissato l’asse di
riflessione, il vettore di traslazione rimane individuato dalla figura immagine e da
quella ottenuta per riflessione rispetto all’asse fissato della figura di partenza.
Esercizi
15. Che trasformazione del piano manda questa lettera d in questa lettera b? E in
questa p? E questo 6 in questo 9? Sapete trovare altri esempi di numeri o lettere
che differiscono per una trasformazione del piano (naturalmente dipenderà dal
carattere in cui sono scritti)?
Esiste una isometria che mandi d in q? Come potreste descriverla?
Forme uguali
Cosa intendiamo dire quando diciamo che due figure sono “uguali”? Che operazioni compie il nostro cervello quando identifica una certa forma, un certo profilo,
e quindi arriva alla conclusione che questa forma è “uguale” a un’altra? Si tratta
di domande nient’affatto ovvie e la cui risposta non appare scontata. In questa sezione fissiamo le idee su cosa possa significare, in geometria, essere “uguali”. Una
strategia che si è rivelata molto proficua è pensare che:
BO
due figure sono “uguali” se si può trovare una trasformazione di tutto lo
spazio ambiente che mandi una figura nell’altra.
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Le “regole” che usiamo quando, implicitamente o esplicitamente, raggruppiamo
degli oggetti in classi, pensando poi che due qualsiasi oggetti della stessa classe
sono, da un certo punto di vista, “uguali”, sono le regole delle relazioni di equivalenza10 . Mettiamo due oggetti nella stessa classe quando sono in relazione fra loro
e, perché le cose “funzionino”, abbiamo bisogno di partire non da una relazioni
qualsiasi, ma da una relazione che sia:
- riflessiva, ossia tale che ogni elemento è in relazione con se stesso;
- simmetrica, ossia tale che se a è in relazione con b, allora anche b è in
relazione con a;
- transitiva, ossia tale che se a è in relazione con b e b è in relazione con c,
allora anche a è in relazione con c.
10 Si
veda, ad esempio, [CC].
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Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
Una relazione di questo genera “funziona” da uguaglianza.
Abbiamo quindi che due figure sono in relazione, cioè sono “uguali”, se si ottengono l’una dall’altra mediante un’isometria del piano. Questa è una relazione di
equivalenza:
dato l’insieme delle figure del piano, la relazione che associa due figure
soltanto se si possono ottenere l’una dall’altra mediante un’isometria del
piano è una relazione di equivalenza.
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Questa affermazione è giustificata in gran parte dal fatto che l’insieme delle isometrie del piano è un gruppo, vediamo perché.
D IMOSTRAZIONE .
Sappiamo che le isometrie del piano formano un gruppo quindi esiste l’unità
del gruppo (l’identità), per ciascun elemento del gruppo il suo inverso è ancora un elemento del gruppo (l’isometria inversa) e la composizione di due
qualsiasi elementi del gruppo è ancora un elemento del gruppo (l’isometria
risultante dalla composizione delle due di partenza). Abbiamo quindi tutti
gli elementi per verificare che la relazione che associa due figure piane soltanto se si corrispondono in un’isometria soddisfa le proprietà delle relazioni
di equivalenza. Abbiamo infatti che
- la relazione è riflessiva, in quanto data una qualsiasi figura piana esiste
la trasformazione identità che manda ogni punto in se stesso e quindi
associa alla nostra figura essa stessa;
BO
- la relazione è simmetrica perché se abbiamo che due figure piane A e B
sono in relazione, ossia esiste un’isometria piana per la quale la figura
B è l’immagine della figura A, sappiamo che di tale isometria esiste
l’inversa che è ancora un’isometria piana e che associa alla figura B la
figura A, abbiamo cioè che la figura B è in relazione con la figura A;
- e infine, la relazione è transitiva poiché se la figura A è in relazione
con la figura B e la figura B, a sua volta, è in relazione con la figura C,
significa che esistono due isometrie piane, la prima delle quali associa
alla figura A la B e la seconda delle quali associa alla B la C, abbiamo
allora necessariamente che la loro composizione, che è un’isometria
piana, associa alla A la figura C, ovvero la figura A è in relazione con
la figura C.
D’ora in poi quando useremo la parola “uguale” ci riferiremo a questa relazione
di equivalenza, useremo cioè la parola “uguale” come sinonimo di “isometrico”,
intendendo che esiste un’isometria piana che manda un figura nell’altra. Questa
non è l’unica relazione di equivalenza che può essere definita sull’insieme delle
figure geometriche Anche gli altri casi che abbiamo discusso rappresentano però
delle relazioni di equivalenza e quindi potrebbero funzionare come una nozione
di uguaglianza. Quel che ci interessa soltanto mostrare è come questo non sia
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Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
cosı̀ scontato e sottolineare il fatto che “quello che ci sta sotto” è una relazione di
equivalenza.
Esercizi
16. In Sicilia si usa la parola “apparpagno”, in muratura, per indicare che due rette
sono o parallele oppure perpendicolari. Verificare che si tratta di una relazione
di equivalenza.
BO
17. Definiamo una relazione tra i poligoni del piano dicendo che sono in relazione
se hanno lo stesso numero di lat: verificare che si tratta di una relazione di
equivalenza. Quali sono le classi di equivalenza?
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Caiati Castellano ALCUNE NOTE SULLE ISOMETRIE PIANE
Bibliografia
[C] M. Cazzola, Per non perdere la bussola, collana Quaderni a quadretti, Ed.
Decibel Zanichelli, Bologna, 2001.
[CC] G. Caiati, A. Castellano, In equilibrio su una linea di numeri, collana
Quaderni a quadretti, Ed. Mimesis, Milano, 2007.
[D1] M. Dedò, Trasformazioni geometriche, dispense stampate a cura del
Dipartimento di Matematica F.Enriques, Milano, settembre 2001.
BO
[D2] M. Dedò, Misura, proporzionalità, similitudine, dispense stampate a cura del
Dipartimento di Matematica F.Enriques, Milano, settembre 2001.
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Indice analitico
angoli
adiacenti, 27
consecutivi, 27
angolo, 27
lati di un, 27
asse
del segmento, 27
di riflessione, 14
circonferenza, 28
composizione
di isometrie, 19
di trasformazioni, 19
distanza
fra punti, 27
nel piano, 2
punto-retta, 27
figura
geometrica
piana, 1
isometrica, 1
uguale, 24
glissoriflessione, 18
relazione
di equivalenza, 25
retta fissa
di una glissoriflessione, 19
di una trasformazione, 2
rette
parallele, 27
riflessione
del piano, 14
rotazione
del piano, 11
trasformazione geometrica
banale, 7
del piano, 1
rigida, 2
traslazione
del piano, 8
vettore, 7
vettori
somma di due, 20
BO
identità, 1, 7, 13
immagine
di un punto, 1
di una figura, 1
isometria
del piano, 1
diretta, 22
inversa, 22
di una glissoriflessione, 19
di una riflessione, 15
di una rotazione, 12
di una trasformazione, 1
di una traslazione, 10
orientazione
del piano, 22
parallelogramma, 28
regola del, 20
proiezione
punto su una retta, 27
punti fissi
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